Il decreto legislativo 122/2005 e sua applicazione alle cooperative di abitazione
Il decreto legislativo 122/2005 e sua applicazione alle cooperative di abitazione
di Mauro Iengo
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 166/2006/I
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 1/2007, p. 218 ss..

Nell’ambito di una riflessione più complessiva che il Consiglio nazionale del Notariato intende compiere sul modello delle società cooperative di abitazione, mi è stato affidato il compito di approfondire il tema relativo all’applicazione del decreto legislativo 122/2005, con particolare riguardo al rilascio della garanzia fideiussoria, previsto dagli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto medesimo.
Occorre premettere che il decreto 122 è stato ampiamente approfondito dallo stesso Consiglio nazionale del Notariato, il quale ha dedicato al tema un convegno i cui atti rappresentano una fonte inestimabile di informazioni, valutazioni ed interpretazioni sul testo normativo, ai quali ho attinto ampiamente.
Anche per ciò che riguarda l’impatto della disciplina sulle società cooperative di abitazione.
Ovviamente, si parla delle cd. cooperative a proprietà divisa, poiché le tutele previste dal decreto sono esplicitamente riferite agli acquirenti della proprietà o di un diritto reale di godimento su immobili da costruire. 
Al contrario, le cd. cooperative a proprietà indivisa attribuiscono ai propri soci un diritto di godimento di carattere obbligatorio, a fronte del quale il socio paga un corrispettivo: in altre parole, il socio versa un corrispettivo alla cooperativa avendo il godimento di un alloggio finito. Per queste ragioni pare fuori di dubbio che le cooperative a proprietà indivisa siano fuori dal novero dei soggetti interessati dal decreto (1).
Prima di entrare nel merito delle questioni affidatemi, è tuttavia opportuno che svolga un’ulteriore anticipazione, che peraltro giustifica tale mio contributo: sono convinto che l’impianto di tutele e garanzie che il Legislatore ha inteso assicurare agli acquirenti non sia in realtà convincente, in quanto consente alle parti contrattuali di adottare comportamenti diversi da quelli stabiliti dal decreto. In altre parole, nella disciplina in esame si registrano incongruenze tali da permettere alle imprese interessate di non rilasciare la garanzia fideiussoria (anche con il consenso dell’acquirente) e di concludere l’iter contrattuale senza che l’acquirente possa o voglia esercitare l’azione di nullità del contratto, unica sanzione prevista in caso di inadempimento dei presunti obblighi previsti dal decreto.
D’altra parte, il Sen. Caruso, presidente della Commissione Giustizia del Senato nella precedente Legislatura, si espresse senza particolari parafrasi sul decreto in via di approvazione, rappresentandolo come un “pannicello caldo”.
Cercherò di riassumere brevemente le disposizioni che qui interessano.
Il decreto legislativo 122/05, affida l’attuazione della tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti a specifici obblighi di garanzia da porre a carico del costruttore:

  • procurare e consegnare all’acquirente, prima o contestualmente alla stipula del contratto preliminare, una fideiussione a garanzia delle somme riscosse ed ancora da riscuotere sino al momento del contratto definitivo di compravendita, con esclusione di quelle per le quali è pattuito debbano essere erogate da un eventuale soggetto mutuante, nonché i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia;
  • fornire all’acquirente le garanzie per il risarcimento per vizi e difformità che si siano manifestati successivamente alla stipula dell’atto definitivo di assegnazione

Si tratta di un sistema di garanzie molto rigido che implica oneri economici piuttosto elevati i quali si ripercuotono inevitabilmente sulla formazione dei corrispettivi di vendita.
La fideiussione deve essere quindi consegnata prima o all’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire.
In generale, la nuova normativa troverà applicazione in presenza di:

  • Contratti ad effetti obbligatori come il contratto preliminare (anche di leasing);
  • Contratti ad effetti reali differiti: vendita di cosa futura, vendita di fabbricato da costruire di proprietà di terzi; vendita con riserva di proprietà; vendita soggetta a condizione sospensiva; vendita con previsione di termine contratto definitivo di leasing di immobile da costruire;
  • Contratti che abbiano la finalità di far acquisire al cliente la proprietà di un fabbricato da costruire: permuta di area con unità da costruire, contratto preliminare di opzione, etc (2).

Che la disciplina in esame si applichi alle società cooperative di abitazione è sin troppo evidente dalla semplice lettura delle norme citate.
Non entrerò nella questione delle peculiarità del rapporto tra soci e cooperative di abitazione, peraltro affrontata in occasione del citato convegno (3). Il tema merita una trattazione approfondita e auspicabilmente slegata da vicende particolari, ancorché importanti come quella che qui si cerca di affrontare.
Solo per tentare di prefigurare uno schema di ragionamento, io credo che non si possa semplificare né in un senso – quello cioè che sostiene l’unicità del rapporto tra socio e cooperativa, i cui passaggi fondamentali corrispondono alle fasi di un iter amministrativo e/o contrattuale che porta all’assegnazione dell’alloggio – né in un altro – quello che distingue nettamente il rapporto sociale che intercorre tra socio e cooperativa e il rapporto commerciale sottostante.
In realtà, non vi possono essere dubbi sul fatto che i due rapporti si condizionino a vicenda. La cooperazione di abitazione appartiene sicuramente all’area della mutualità di utenza, ma ne rappresenta un’esperienza molto peculiare in considerazione dell’obiettivo finale, l’assegnazione di un alloggio in proprietà o in godimento.
L’adesione di un cittadino ad una cooperativa di abitazione è motivata dalla prospettiva di acquistare la propria abitazione ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato. Tuttavia, le peculiarità del contesto cooperativo non si esauriscono con il vantaggio economico.
I soci di una cooperativa di abitazione possono partecipare ai processi decisionali più importanti dell’impresa, essere informati delle condizioni strutturali e finanziarie della stessa, valutare la congruità del prezzo finale dell’alloggio in relazione all’istituto del ristorno (4), partecipare stabilmente, anche sotto il profilo finanziario, alla realizzazione di ulteriori programmi edilizi che la cooperativa intenda promuovere.
In altre parole, il modello legale delle cooperative, la loro particolare governance, influenza le caratteristiche dell’operazione commerciale che esse compiono per soddisfare l’interesse dei soci.
Quindi, che il decreto si applichi alle società cooperative di abitazione si evince già dall’articolo 1, in occasione della definizione delle figure del costruttore e dell’acquirente. Per ciò che riguarda la prima figura, la cooperativa è equiparata all’imprenditore che prometta in vendita o che venda un immobile da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto la cessione o il trasferimento non immediato in favore di un acquirente della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire.
Con riguardo alla definizione di acquirente, egli è colui che, ancorché non socio abbia assunto obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa.
Secondo l’articolo 2, l'atto equipollente a quello comportante il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento consiste in quello con il quale siano state versate somme o assunte obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa.
Si tratta quindi di ogni atto con il quale siano state versate somme o assunte obbligazioni verso la cooperativa per ottenere l’assegnazione.
Il meccanismo che conduce il socio a conseguire la proprietà o altro diritto reale di abitazione si articola in una serie di negozi variamente denominati nelle diverse realtà cooperative.
In via generale sono:

  • la prenotazione, la quale -secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti- equivarrebbe ad un contratto preliminare di compravendita di cosa futura, dal quale sorgerebbe a carico della cooperativa l’obbligo di costruire, per poi trasferirlo, un alloggio con caratteristiche predeterminate;

Se la prenotazione del socio ha ad oggetto un determinato alloggio è la proprietà di questo che dovrà essere trasferita unitamente alla quota di comproprietà sulle parti comuni. Quindi il successivo contratto di trasferimento della proprietà dovrà conformarsi al contenuto del primo.

  • L’assegnazione è l’atto finale e tipico in cui si concreta lo scambio mutualistico nelle cooperative di abitazione (5).

Negli Atti del Convegno curato dalla Fondazione italiana per il Notariato (6), ritroviamo con maggiore dettaglio le diverse vicende che possono caratterizzare il rapporto tra cooperativa e socio:

  • Può avvenire che l’iniziativa sia della cooperativa e quindi l’avvio della contrattazione assuma le fattezze della offerta al pubblico [La cooperativa “. . . “ propone alloggi con ottime finiture in Comune di . . ., facenti parte dell’iniziativa in corso di realizzazione in via . . . assegnazione a partire da € . . . al mq.].

Se qualcuno aderisce a una siffatta proposta, e, per ottenere l’assegnazione in proprietà di uno di quegli alloggi, assume l’obbligo di versare somme alla cooperativa, è possibile affermare che un contratto si è concluso.
Alla domanda di ammissione alla cooperativa (7) si accompagna la prenotazione dell’alloggio (talvolta chiamata anche domanda di assegnazione). Questa prenotazione, in quanto adesiva alla proposta contenuta nella offerta al pubblico, ove ne ricorrano i presupposti di cui all’art. 1336 c.c., determinerà, per l’appunto, la conclusione di un contratto (il più delle volte preliminare) di vendita (se del caso di cosa futura). Esso sarà la fonte (art. 1173 c.c.) delle obbligazioni nei confronti della cooperativa. Ove non possa considerarsi accettazione in quanto non sia configurabile una precedente proposta della cooperativa, tale prenotazione sarà essa stessa proposta e la conclusione del contratto avverrà - secondo le regole - quando il proponente (acquirente e aspirante socio) avrà conoscenza della accettazione. È poi possibile che tale manifestazione di volontà si esaurisca in apposita delibera dell’organo amministrativo, comunicata al neo-socio insieme alla delibera di ammissione. In questa fattispecie, tranne il fatto che è necessario diventare socio, la posizione dell’assegnatario-socio rientra in quella dell’acquirente, tutelata dal decreto. 

  • Ma le cose possono andare diversamente. Può avvenire cioè che, prima che si determini l’interesse per un determinato immobile, si produca un generico interesse del privato ad acquisire una porzione immobiliare e, in funzione prodromica al soddisfacimento di tale interesse, costui si iscriva alla cooperativa.

Il nuovo socio può così valutare le iniziative e i programmi edilizi che la cooperativa concretamente intraprende e aderirvi quando li ritenga confacenti ai suoi interessi. Di regola, in questa ipotesi, l’iniziativa spetta al socio che inoltra alla cooperativa la prenotazione (o domanda di assegnazione) cui fa seguito la delibera dell’organo amministrativo della cooperativa che accetta la domanda. Anche in questo caso l’iter determina la conclusione di un contratto che, il più delle volte, consiste in un preliminare di vendita.
Poiché si opera all’interno di un altro rapporto (quello sociale), le dichiarazioni attraverso le quali si forma il contratto spesso non sono formalizzate per mezzo di un unico documento.
In entrambe le ipotesi un contratto non manca e, pertanto, ove ricorra anche il presupposto oggettivo (quello che riguarda, cioè, la qualità di immobile da costruire ai sensi della lettera d) dell’articolo 1 del decreto), non vi sono dubbi in merito alla applicabilità della disciplina in esame.

  • Può accadere che, dopo essere divenuto tale in funzione di un generico interesse alla assegnazione di una porzione immobiliare ancora non individuata né individuabile, il socio inizi ad accantonare somme che destinerà poi all’acquisto dell’immobile, affidandole nel frattempo alla cooperativa. Ciò può avvenire per iniziativa del socio oppure su sollecitazione della cooperativa. Anche qui il contratto non manca, solo che si tratta di un contratto che non ha per oggetto l’immobile, bensì il danaro.
  • Può accadere, ancora, che somme di danaro siano versate dal socio alla cooperativa (il più delle volte su sollecitazione di quest’ultima), proprio nel momento in cui gli amministratori individuano l’opportunità di acquisire un’area sulla quale realizzare un intervento edificatorio. Tali versamenti vengono effettuati in concomitanza con una dichiarazione del socio di avere interesse per una o più unità immobiliari. Questa dichiarazione, ancora una volta, viene denominata “prenotazione” e, quando l’area divisata è oggetto di un piano di edilizia economica e popolare, più specificatamente tale dichiarazione viene detta “prenotazione al bando” (8).

Abbiamo già visto che le ipotesi sub a) e b) rientrano nell’ambito di applicazione del decreto. Al contrario, l’ipotesi sub c) è evidentemente estranea alla normativa in commento, così come quella sub d).

Su quest’ultima occorre ricordare che, in base al secondo comma dell’art. 2,

per le società cooperative, l'atto equipollente a quello indicato al comma 1 consiste in quello con il quale siano state versate somme o assunte obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa.

nei confronti di una cooperativa edilizia, il versamento di somme o l’assunzione di obbligazioni ha la medesima efficacia (è equipollente) del contratto di cui al primo comma, quando:

  • viene effettuato per ottenere l'assegnazione;
  • riguarda un immobile da costruire.

Il che significa che la fideiussione è dovuta solo se:

  • la cooperativa è obbligata all’assegnazione. Versare per ottenere non può che indicare un nesso di consequenzialità effettuale: non è sufficiente che il versamento avvenga in base ad una mera spinta motivazionale del socio;
  • l’immobile di cui si tratta ha i requisiti per essere definito da costruire ai sensi dell’art. 1 del decreto: deve trattarsi, cioè di un fabbricato (o una o più parti di esso) per il quale sia stato richiesto il permesso di costruire e che sia ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità.

Un’interpretazione diversa, anticipando l’obbligo a carico delle cooperative al momento nel quale ancora non è stato richiesto il permesso di costruire, amplierebbe la tutela riservata ai loro soci in misura non omogenea a quella stabilita per gli acquirenti da altri costruttori. Ciò esporrebbe la norma ad una censura di incostituzionalità.
In considerazione di quanto sopra esposto, i versamenti fatti dal socio, nel momento in cui l’oggetto della futura assegnazione non è ancora definibile come immobile da costruire, sono sforniti della tutela specifica introdotta dal D. Lgs 122/2005, conformemente a quanto avviene per le somme che, prima della richiesta del permesso di costruire, siano versate ad altri costruttori.
Al contrario, ai fini della determinazione dell’ammontare della fideiussione, pur avendo le cooperative la possibilità di “assegnare al costo” (il corrispettivo, cioè, non sarebbe definitivamente stabilito in anticipo, essendo soggetto, quale che ne sia il segno algebrico, a conguaglio), per le stesse esiste un contratto con il quale le parti stabiliscono il corrispettivo, il suo ammontare, le modalità e i termini secondo i quali deve essere riscosso.
Come ogni altro contratto, anche questo potrà contenere clausole di revisione prezzi, di indicizzazione e quant’altro usualmente si utilizza per adeguare il sinallagma al decorso del tempo. La fideiussione dovrà tenere conto di ciò secondo le regole comuni (9).

Nullita’ relativa

L’inadempimento dell’obbligo di garanzia

L’articolo 2 del decreto stabilisce che il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto, a procurare il rilascio e a consegnare all’acquirente una fideiussione (10). La nullità può essere fatta valere unicamente dall’acquirente.
Si tratta quindi di una nullità relativa che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente e che viene chiamata anche “nullità di protezione”.
Con tale termine si intende fare riferimento ad alcune fattispecie normative recenti, spesso dettate da sollecitazioni comunitarie, che stabiliscono determinate nullità allo scopo di proteggere un singolo contraente (solitamente consumatore oppure cliente) quello che versi, secondo la legge, in condizione di debolezza nei confronti della controparte contrattuale (11).
L’avere circoscritto la tutela dell’interesse con lo strumento della nullità negoziale, a vantaggio di una sola parte, ha spesso determinato anche un restringimento della usuale disciplina codicistica prevista per le nullità negoziali: anziché ammettere l’impugnabilità generalizzata dell’atto nullo, il legislatore ha previsto un’impugnabilità limitata, riservata soltanto ai soggetti portatori degli interessi salvaguardati dalla norma. Ciò significa che l’altro contraente (vale a dire colui che appartiene alla categoria di soggetti non protetti dalla norma stessa) non può far valere la nullità con una propria azione in giudizio.
Si tratta di vera nullità? L’ingresso della categoria delle nullità relative ha prodotto tanti schemi astratti cui bisogna rapportare i singoli negozi: non si ha una nullità sola, da riscontrare in concreto analizzando la fattispecie, ma si hanno tante distinte tipologie di nullità. Ciò deriva dal fatto che la nullità è raccordata  all’interesse negoziato e ritagliata in sintonia con questo: tante figure distinte di nullità quanti sono i tipi di interesse da salvaguardare, anche di carattere personale e talvolta derivanti da circostanze ultronee rispetto all’atto posto in essere.
In questo quadro si tiene conto non soltanto del contratto, bensì del comportamento che ruota intorno al contratto. Cioè l’invalidità può incidere anche su vizi di ordine comportamentale anteriori o successivi all’atto, incidendo talvolta più sugli effetti dell’atto, che sulla sua struttura (12).
La nullità relativa in un primo tempo ha posto in crisi la dottrina, che vedeva in essa il superamento di uno dei cardini della disciplina codicistica sulla nullità: l’interesse pubblico generale afferente alla nullità assoluta contrapposto all’interesse particolare di un determinato soggetto o di una determinata categoria afferente alla nullità relativa; la legittimazione a proporre l’azione di nullità riconosciuta a chiunque ne avesse interesse, anziché una legittimazione riservata soltanto a determinati soggetti.
Tant’è vero che alcuni Autori, o si sono limitati a valutare la nullità relativa alla stessa stregua dell’annullabilità (13), oppure hanno posto in discussione l’impianto stesso della disciplina codicistica, giudicato ormai come sistema da rivedere, o addirittura da valutare come disciplina residuale nell’ambito della legislazione che andava sovrapponendosi su impulso della normativa comunitaria (14).
Il problema non è stato ancora sciolto e si continua a dibattere se qualificare la nullità relativa come un’eccezione rispetto alla nullità assoluta disegnata dal codice civile, oppure come istituto autonomo, che gode di una disciplina sua propria, non comparabile con la disciplina codicistica. E si intuisce come questo dilemma passi per una riconsiderazione della struttura del contratto, che impone un ripensamento del ruolo che vengono ad assumere in un contratto sia le parti contraenti che il pubblico ufficiale chiamato a formalizzarne il contenuto in atto pubblico.
Lo sforzo maggiore che si verifica in dottrina è quello di appurare se la nullità relativa sia vizio strutturale del negozio, oppure uno strumento posto a disposizione del contraente debole, allo scopo di consentirgli di recuperare una parità negoziale posta in discussione in linea di principio, in considerazione della diversa qualità soggettiva dei contraenti (15).

Rilevabilità d’ufficio

La nullità può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice?
Le posizioni sono piuttosto variegate. Secondo alcuni, tale ipotesi è da rilevare con molta cautela, considerando anche che la rilevabilità d’ufficio e l’imprescrittibilità della nullità potrebbero inficiare la validità del contratto e la stessa successiva circolazione del fabbricato (16).
Altri sono più netti, dichiarando inammissibile la rilevabilità d’ufficio della nullità (17).
Vi sono letture ancora più articolate (18). In primo luogo, si tratta di sapere se queste norme intendano tutelare esclusivamente l’interesse della categoria di soggetti espressamente previsti, oppure se, ferma restando questa tutela, la norma intenda salvaguardare anche un interesse più ampio.
E a questo quesito si risponde in dottrina affermativamente, cioè nel senso che, al di là dell’interesse proprio dei soggetti a favore dei quali è stata espressamente prevista la legittimazione ad agire in giudizio per far dichiarare la nullità, esiste un altro interesse di portata più generale che la norma intende salvaguardare. E si parla in tal caso di efficienza del mercato, oppure di un interesse della legge al traffico giuridico.
Ora, allorquando il legislatore ha previsto la legittimazione di una sola parte negoziale, è possibile che, pur nel silenzio della legge, la nullità sia rilevata d’ufficio dal giudice? Parte della dottrina è dell’avviso che l’ammettere la competenza d’ufficio del giudice non snatura la norma che prevede la legittimazione in capo ad una sola delle parti negoziali, come del resto si desume da qualche norma che espressamente prevede la legittimazione di una sola parte e contemporaneamente la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice e come deve affermarsi nel quadro di un discorso che deve pur attribuire una qualche valenza al concetto di nullità introdotto dal legislatore.
Tuttavia, si afferma poi che il giudice, pur competente a rilevare d’ufficio l’esistenza della nullità, non dovrebbe svolgere il suo ruolo in danno del contraente favorito: pertanto si ammette che il rilievo d’ufficio possa avvenire soltanto a vantaggio della parte favorita e non a suo danno.
D’altra parte, non può essere considerato del tutto casuale che il legislatore abbia omesso di prevedere la rilevabilità d’ufficio del giudice, quando in altri contesti legislativi aveva invece previsto tale possibilità (articolo 36, comma 3, d.lgs 206/2005).
In effetti caratteristica della nullità relativa è quella di attribuire al solo soggetto interessato il compito di decidere se far valere l’esistente nullità, oppure di rinunciare ad agire in giudizio, nell’ipotesi che egli trovi più comodo tacere, per evitare che sia posto nel nulla l’intero contratto o comunque ad evitare che l’intera operazione posta in campo abbia per lui risvolti negativi.
Al riguardo, si è affermato che la sorte del negozio appartiene alla parte negoziale debole, per la salvaguardia di un suo interesse particolarmente protetto dal legislatore, per cui la nullità rappresenta una sorta di strumento improprio offerto in mano ad un determinato soggetto negoziale, cui spetta la facoltà di utilizzazione e quindi indirettamente cui spetta di stabilire se una determinata clausola vietata possa o meno comparire nel negozio posto in essere (19).

Ruolo dell’acquirente

Ora, visto che è l’acquirente ad avere la titolarità esclusiva dell’azione di nullità relativa, può in via preventiva rinunciare alla azione di nullità?
Secondo alcuni, la risposta deve essere negativa perché la ratio della normativa è quella di riequilibrare i rapporti di forza tra contraenti (20).
Cosa diversa è la rinuncia all’azione di nullità, quando l’immobile sia stato completato e consegnato. È stato osservato che risulterebbe incongruo escludere che l’acquirente, attraverso apposita dichiarazione possa rinunciare ad esperire l’azione di nullità per un vizio, la mancanza della fideiussione, che non può più pregiudicare la sua posizione. Anzi, si potrebbe forse ipotizzare che, una volta consegnato il bene e quindi venuti meno quei rischi contro i quali la tutela è stata imposta, l’invalidità possa considerarsi automaticamente sanata (21).
Parte della dottrina, così come per la rilevabilità d’ufficio della nullità, afferma l’inammissibilità della proposizione della relativa azione dopo l’avvenuto acquisto della proprietà (o del diritto reale oggetto del contratto), anche in assenza di apposita rinuncia in tal senso da parte dell’acquirente (22).
Si profila quindi un orientamento che configura la nullità relativa, non tanto come uno strumento a favore del contraente debole, quanto come uno strumento contro il contraente forte, strumento lasciato alla mercé del soggetto debole, che potrebbe (per calcoli di equilibrio contrattuale, oppure per evitare di sobbarcarsi gli elevati costi processuali, o ancora per una valutazione di scarsa influenza della clausola nella valutazione complessiva degli interessi negoziali) trovare il suo strumento di soddisfacimento proprio rinunciando ad esercitare l’azione di nullità (23).

Ruolo del notaio

Non resta che esaminare il ruolo del notaio, il quale è chiamato a vigilare che gli interessi generali dello Stato non siano contraddetti da alcun assetto negoziale, in misura tale la legge non solo lo facultizza, ma addirittura gli impone di non prestare il suo ministero allorquando il negozio divisato abbia forti vizi di legittimità. Il tutto con la comminatoria di forti sanzioni disciplinari e le intuibili conseguenze sul piano della responsabilità per danni che possono ricavarsi dai comuni principi che governano il contratto di prestazione d’opera professionale.
L'atto proibito dalla legge cui fa richiamo l’art. 28 legge notarile corrisponde all’atto nullo; l’atto nullo significa atto contrario a norme imperative; atti contrari a norme imperative e come tali proibiti dalla legge e pertanto vietati ex art. 28 sono tutti gli atti nulli, senza che abbia alcun rilievo la motivazione della nullità (per motivi di contenuto o per carenza di forma). In questo modo la Cassazione finisce per attribuire al temine “nullità” il significato di “contrarietà a norme tale da non consentire possibilità di esenzione dalla sua osservanza per alcuni dei destinatari della norma stessa”.
Ciò detto, le nullità di protezione sono da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione dell’art. 28 n. 1 legge notarile? In altre parole, allorquando il notaio sia chiamato ad esercitare il controllo di legalità sull’atto posto in essere, deve egli rifiutare l’atto (o la singola clausola) se essi diano luogo ad una delle fattispecie sanzionate con la nullità di protezione? Si tratta, insomma, di fattispecie normative estranee all’art. 28, oppure deve affermarsi che anche in tal caso il notaio deve rifiutare di ricevere l’atto?
L’opera del notaio è caratterizzata da un preventivo colloquio con le parti, per accertare il loro volere negoziale; dalla formulazione per iscritto, in termini tecnico-legali appropriati; dalla dichiarata volontà negoziale delle parti; dalla lettura dell’atto alle parti e dall’interrogativo finale (ancorché non legislativamente previsto per esso, ma sostanzialmente avallato dalla prassi professionale notarile) se lo scritto corrisponde alla volontà delle parti.
Di fronte ad un iter contrattuale viziato dall’assenza della garanzia fideiussoria, il notaio non può non rilevarla e comunicarla all’acquirente, informandolo –se già non lo sapesse- che può esercitare l’azione di nullità.
Se la parte protetta dall’Ordinamento afferma che l’atto corrisponde alla sua volontà, con ciò rinunciando esplicitamente ad esercitare l’azione, il notaio non può rifiutare di ricevere l’atto definitivo di assegnazione dell’alloggio e il suo comportamento non determina violazione dell’articolo 28, né dà luogo ad azioni disciplinari.

Conclusioni

Ritorniamo quindi alle conclusioni già anticipate all’inizio della mia relazione.
La disciplina presenta incongruenze tali che consentono alle imprese di eludere gli obblighi ivi previsti e tale elusione coinvolge anche gli acquirenti, i quali, informati dei maggiori costi derivanti dal rilascio della fideiussione, vi rinunciano spontaneamente.
Indubbiamente, ambedue le parti corrono rischi. L’impresa di subire l’azione di nullità da parte dell’acquirente, prima di arrivare alla stipula dell’atto definitivo. L’acquirente di essere investito dalla crisi dell’impresa senza avere il paracadute della fideiussione.
Tuttavia, se l’acquirente non agisce per far dichiarare la nullità dell’atto e giunge a stipulare l’atto di compravendita o di assegnazione, non vi sono elementi oggettivi o soggettivi che possano invalidare l’atto medesimo.
Le critiche al decreto sono peraltro diffuse. In un convegno tenuto a Novara nel maggio 2006 (24), l’Unione tutela consumatori, insieme a numerosi docenti universitari, ha sottoscritto un documento con il quale si afferma che “il decreto non prevede alcuna sanzione a carico del costruttore che violi l’obbligo di consegnare la fideiussione, privando di fatto la norma, pur formalmente imperativa, di concreta forza cogente. La sola sanzione della nullità relativa del contratto, pare del tutto inadeguata a tutelare l’interesse protetto atteso che il promissario acquirente che volesse azionare la nullità si troverebbe da un lato senza più il titolo e dall’altro privo di qualsivoglia garanzia in ordine all’effettivo recupero delle somme precedentemente versate”.
Autorevole dottrina ha dichiarato in occasione del medesimo convegno che “l’acquirente e solo lui avrà la possibilità di chiedere l’invalidazione del contratto col conseguente diritto alla restituzione delle somme versate e ai danni. Peccato però che in questo caso il diritto alla restituzione non sia assistito da alcuna garanzia. Ed è qui in effetti che si tocca il punto più debole della legge, costituito da un sistema sanzionatorio poco incisivo che di fatto, non prevedendo sanzioni amministrative nei confronti del costruttore che non rilascia la fideiussione, di fatto incentiva comportamenti elusivi dell’obbligo: basta infatti fare balenare al compratore un sicuro minor costo dell’immobile, argomento quasi sempre vincente in queste circostanze”. D’altra parte, “avendo peraltro tale misura (la fideiussione) una valenza solo per gli immobili da costruire, a pena di far lievitare i costi in questo comparto rispetto alle vendite di immobili già esistenti, essa non poteva essere accompagnata da misure sanzionatorie troppo rigide in caso di omissione di questo obbligo. In questo modo però la scelta della nullità relativa è strumento sul piano dell’efficacia sicuramente a scartamento ridotto” (25).
Potrei concludere così il mio contributo, ma credo che la cooperazione non possa non farsi carico delle esigenze che il legislatore ha inteso tutelare, ancorché in modo insufficiente.
A mio parere, una cooperativa di abitazione non può –in primo luogo- discriminare l’ammissione nella compagine sociale di un cittadino in relazione al tema della fideiussione.
Né tantomeno “nascondere” all’aspirante socio o ai soci già presenti quanto prevede il decreto 122. Il rapporto deve essere avviato e condotto rispettando criteri di trasparenza.
Ciò significa che all’atto di prenotazione la cooperativa, ai sensi di quanto sopra detto, deve informare i soci interessati che essi possono attivare le tutele previste dal decreto e richiedere quindi il rilascio della fideiussione. Qualora non la richiedano, per i motivi già detti (fiducia verso la cooperativa o decisione di evitare i costi aggiuntivi che la fideiussione implica), essi debbono essere comunque informati della possibilità di eccepire la nullità del contratto alla cooperativa in virtù del mancato rilascio della fideiussione, attraverso l’esercizio del diritto di recesso dalla stessa ovvero attraverso la risoluzione del contratto di prenotazione, mantenendo in questo caso il rapporto sociale. In ambedue i casi, il socio sarà obbligato a rispettare i tempi necessari alla cooperativa per la sua sostituzione, allo scopo di reperire le risorse finanziarie sufficienti per rimborsare le somme già versate ai fini dell’assegnazione dell’alloggio (per le somme versate a titolo di capitale o di prestito sociale saranno applicate, in caso di recesso, le relative norme civilistiche e speciali).


(1) Dello stesso avviso E. Poli, Immobili da costruire: obblighi della cooperativa edilizia e tutela del socio, in Supplemento di “Cooperative e Consorzi” n. 7/2006, e D. De Stefano, “L’assegnazione dell’alloggio ai soci di cooperativa (nell’ambito della tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire)”, in Atti del Convegno “Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazione del d.lgs 122/2005 e prospettive”, a cura della Fondazione italiana per il Notariato, 2006
(2) E. Poli, op. ult. cit.
(3) D. De Stefano, op. ult. cit.
(4) Si vedano al riguardo le tesi del Notariato, con le quali si sostiene che “nelle cooperative edilizie è ammissibile una clausola statutaria che escluda la ripartizione di ristorni tutte le volte che sia previsto il conseguimento da parte del socio di un vantaggio mutualistico adeguato al momento del perfezionamento dello scambio mutualistico. Tuttavia, la valutazione dell’adeguatezza del vantaggio mutualistico deve essere rimessa:
-alla decisione dei soci in sede di approvazione dell’operazione se la cooperativa opera con richiamo residuale della disciplina delle s.r.l.;
-alla assemblea che approva il bilancio se la cooperativa opera con richiamo residuale della disciplina delle s.p.a.
(5) E. Poli, op. ult. cit.
(6) Il contributo è del Notaio D. De Stefano
(7) Lo stesso Notaio De Stefano precisa che: “essendo necessari gli adempimenti previsti dall’art. 2528 c.c., l’ammissione alla cooperativa non è, di regola, contemporanea alla domanda. Questa considerazione vale a spiegare l’inciso «ancorché non socio» contenuto nella definizione normativa di acquirente di cui all’art. 1 del decreto: tale locuzione sta a significare «sebbene non ancora socio». Il legislatore non intendeva riferirsi a colui che acquista da cooperativa senza esserne – né mai divenirne – socio: tale ipotesi, infatti, rientra nella previsione generale di chi acquista (o si obbliga ad acquistare) da qualsiasi «costruttore» e non avrebbe richiesto una specifica previsione”.
(8) Lo stesso Notaio De Stefano precisa che “in questi casi, la prenotazione produce effetti vantaggiosi tanto per il socio (il quale si colloca in una graduatoria nell’ambito della quale, quantomeno ai fini della scelta dell’alloggio, si tiene conto anche della priorità temporale) quanto per la cooperativa (la quale, oltre al vantaggio finanziario dovuto ai versamenti, dal numero e dai requisiti dei soci trae vantaggio ai fini della graduatoria che l’ente preposto – di regola il Comune – deve formare per l’assegnazione dell’area)”.
(9) D. De Stefano, op. ult. cit
(10) La sanzione sarà applicabile non solo laddove la fideiussione manchi del tutto, ma anche nel caso in cui sia prestata per importi inferiori a quelli da garantire ovvero di fideiussione prestata da soggetto diverso da quelli indicati dalla legge, nel caso di fideiussione rilasciata senza la previsione della rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, nel caso di mancata consegna del relativo documento; di durata inferiore a quella legale.
(11) G. Casu, Il compito del notaio alla luce delle recenti norme in tema di nullità di protezione, Studio n. 6057/C del 2 dicembre 2005
(12) G. Casu, op. ult. cit
(13) V. per informazioni in tal senso BONFIGLIO, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Riv. dir. priv., 2004, 861 e ss.
(14) G. Casu, op. ult. cit
(15) G. Casu, op. ult. cit
(16) E. Poli, op. ult. cit.
(17) F. Macario, Il contenuto della garanzia fideiussoria ex d.lgs 122/2005 e le conseguenze della sua incompletezza ed erroneità, in Atti del Convegno “Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazione del d.lgs 122/2005 e prospettive”, a cura della Fondazione italiana per il Notariato, 2006
(18) G. Casu, op. ult. cit
(19) G. Casu, op. ult. cit
(20) E. Poli, op. ult. cit.; A. Zoppini, La garanzia fideiussoria vista dall’angolo visuale del costruttore: costi, rischi e problemi, in Atti del Convegno “Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazione del d.lgs 122/2005 e prospettive”, a cura della Fondazione italiana per il Notariato, 2006
(21) E. Poli, op. ult. cit.
(22) F. Macario, op. ult. cit.
(23) G. Casu, op. ult. cit
(24) Il tema del Convegno era esattamente “L’acquisto sicuro della casa: ci si può difendere dal fallimento del costruttore? Le nuove norme a tutela degli acquirenti”
(25) G. Bonfante, “La garanzia fideiussoria nella novità del dlgs. N. 122/05 con riferimenti specifici alle cooperative edilizie”.
A conferma di quanto esposto, in base a dati forniti da CONSAV (consorzio deputato alla gestione del Fondo di solidarietà previsto dal medesimo decreto), su 270.000 alloggi in via di costruzione sono stati stipulati circa 9000 contratti di fideiussione.

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