Giurisprudenza - Novità nell'imposizione tributaria relativa agli immobili ed ai trasferimenti per causa di morte o a titolo gratuito
Giurisprudenza
Cassazione, sentenza 18 giugno 2008, n. 16412, sez. V civile
In tema di imposta di successione, nel caso in cui il contribuente, all'atto della denuncia di successione, per la determinazione del valore di un immobile compreso nell'asse, non ancora iscritto in catasto, abbia dichiarato di volersi avvalere del sistema automatico di determinazione della base imponibile previsto dall'art. 12 del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154, è da ritenersi illegittima la determinazione della rendita catastale, operata dall'UTE, in base a regole diverse da quelle ordinarie e per finalità specifiche e/o per un tempo circoscritto, atteso che il fine perseguito dalla norma è solo quello di consentire al contribuente di avvalersi della valutazione cosiddetta parametrica, prevista per gli immobili forniti di rendita catastale, anche per gli immobili privi di tale rendita.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della commissione regionale tributaria che aveva ritenuto illegittimo l'avviso di liquidazione emesso sulla base di rendite catastali provvisoriamente predisposte dall'UTE esclusivamente per permettere il calcolo dell'imposta all'Ufficio del registro).
Cassazione, sentenza 26 maggio 2008, n. 13523, sez. V civile
Per la determinazione dell’imposta di successione, in caso di trasferimento a causa di morte della proprietà di azioni non quotate in borsa, rileva il valore reale, avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società al momento dell'apertura della successione del dante causa. Al riguardo, occorre tenere conto - oltre che della rivalutazione degli immobili e degli impianti - anche dell'avviamento, al fine di accertare quelle riserve non apparenti che concorrono a determinare un plusvalore del titolo non quotato rispetto al suo valore nominale.
Cassazione, sentenza 19 maggio 2008, n. 12611, sez. V civile
In materia di successioni, i beni culturali sono esclusi dall'attivo ereditario, purché sia certificato che gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo siano stati assolti; ne deriva la corretta inclusione dell'immobile vincolato nella dichiarazione di successione, nel caso in cui questo non potesse godere dell'esenzione d'imposta, essendo stato negato dalla sopraintendenza l'attestato di assolvimento degli obblighi indicati.
Cassazione, sentenza 15 maggio 2008, n. 12219, Sez. V civile
Ai fini dell'imposta sulle successioni, il valore delle azioni non ammesse alla quotazione di borsa e delle quote di società non azionarie, comprese nell'attivo ereditario, deve essere determinato - ai sensi dell’art. 16, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 346/1990 (nel testo applicabile ratione temporis) - avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società, ossia assumendo quali elementi di valutazione i dati contabili desumibili dal bilancio di esercizio o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato e, in difetto di questi, al valore complessivo dei beni e diritti appartenente all'ente, detratte le passività.
Cassazione, sentenza 15 maggio 2008, n. 12238, sez. V civile
In tema di imposta di successioni, il valore netto dell’asse ereditario deve cumularsi con il valore delle donazioni effettuate in vita dal de cuius ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili al fine di assicurare, nell’ambito del carattere unitario del prelievo fiscale a carico delle donazioni e successioni mortis causa, la progressività della tassazione, avuto riguardo anche alla quota di esenzione spettante a ciascun erede.
Cassazione, sentenza 7 maggio 2008, n. 11129, sez. V civile
In tema di imposta di successione, ai fini dell'esclusione dall'attivo ereditario di beni alienati a titolo oneroso dal defunto con scrittura privata non autenticata, occorre che la data dell'atto, anteriore di oltre sei mesi all'apertura della successione, risulti nei modi indicati dall'art. 2704 cod. civ., non costituendo elemento idoneo a conferire certezza alla data la menzione della scrittura in un altro documento proveniente da un privato, che sia privo a sua volta di data certa.
Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 29 aprile 2008, n. 13378/05
La Corte di Strasburgo, nella sua più ampia composizione, ha stabilito che non c’è discriminazione tra il regime di tassazione dell'eredità previsto nei confronti di coppie unite in matrimonio o costituite ai sensi della speciale legislazione introdotta per le coppie civili (Civil Partnership Act 2004 che riconosce alle coppie omosessuali che assumono pubblicamente un impegno di convivenza a tempo indeterminato un regime di diritti e responsabilità che si affianca a quello sancito in favore delle coppie coniugate) e quello previsto per le convivenze tra fratelli.
(Dopo aver ricordato che per sollevare una questione di discriminazione ai sensi dell’art. 14 CEDU deve verificarsi una differenza di trattamento - non sorretto da una giustificazione oggettivamente ragionevole - tra soggetti in situazioni simili, i Giudici affermano che gli Stati aderenti alla CEDU godono di un certo margine di autonomia nel decidere se assegnare a situazioni apparentemente simili un trattamento differenziato e questo margine diviene ampio qualora si tratti di misure di politica economica o sociale. Lo Stato, in via di principio, è libero di decidere la sua politica fiscale, potendo esentare dall’imposta di successione qualsivoglia erede superstite. E’, quindi, ragionevole la differenziazione del regime fiscale successorio nelle convivenze tra fratelli - la cui unione, a prescindere dalla loro durata, è tra consanguinei e, come detto, non retta da alcun impegno pubblico e vincolante – rispetto a quello previsto per le coppie sposate, od unite ai sensi del Civil Partnership Act – che, invece, sono contraddistinte dalla manifestazione di un pubblico impegno cui conseguono una serie di diritti e di doveri di natura contrattuale e, per loro natura, vietate ai consanguinei).
Comm. prov. di Forlì, sentenza 16 aprile 2008, n. 50
Atteso il disposto di cui all’art. 55 del D.Lgs. n. 346/2007, e considerato che alle donazioni non sono applicabili le norme in materia di imposta di registro, in presenza di atti di liberalità esenti da imposta progressiva di donazione, in quanto aventi ad oggetto beni e diritti per un valore complessivo inferiore al limite di imponibilità, non è dovuta l’imposta di registro in misura fissa.
Cassazione, sentenza 28 marzo 2008, n. 8033, sez. V civile
In tema di imposta di successione, qualora, dopo la presentazione della relativa dichiarazione sopravvenga un evento che dà luogo ad un mutamento della devoluzione dell'eredità, ed il contribuente non si avvalga del potere di presentare una dichiarazione sostitutiva o integrativa, ai sensi dell'art. 28, comma sesto, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 326, l'Ufficio rimane vincolato dalla legge a liquidare l'imposta in base alla sua unica dichiarazione originaria non sostituita né integrata.
Cassazione, sentenza 14 marzo 2008, n. 6961, sez. trib.
Ove il defunto abbia devoluto ad un ente ospedaliero (che gode dell’esenzione dall’imposta sulle successioni) il ricavo della vendita di un bene (ancora di proprietà del defunto al momento della sua morte) il lascito non è soggetto a imposta di successione a carico degli eredi poiché è loro consentito detrarre l’onere dall’asse ereditario. Debbono, invece, venire corrisposte le imposte ipotecarie e catastali poiché il bene in questione, alla morte del de cuis, si trasferisce nel loro patrimonio.
Cassazione, sentenza 10 marzo 2008, n. 6327 sez. V civile
Ai fini dell’applicazione delle imposte di successione non vi è perfetta coincidenza fra gli istituti di diritto civile che regolano l’acquisto della qualità di erede e l’attribuzione di soggetto passivo del tributo. Conseguentemente, non rileva - dal punto di vista fiscale - l’impugnazione della curatela del fallimento del chiamato all’eredità che vi abbia rinunciato al quale sia subentrato, per rappresentazione, il discendente in linea retta di primo grado.
Cassazione, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4755, sez. trib.
Il contribuente può, entro il termine prescrizionale (ancorché sia scaduto il termine per la correzione della dichiarazione), chiedere il rimborso dell’imposta di successione illegittimamente pagata ove nel dichiarare il valore dei beni ereditari abbia commesso un errore.
Cassazione, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4751, sez. V civile
In tema di imposta di successione, l'art. 9, comma 2, del d.lgs 31 ottobre 1990, n. 346 - che prevede che il denaro, i gioielli e la mobilia si presumono compresi nell'attivo ereditario per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore - deve essere interpretato nel senso che il valore presunto di tali beni comprenda anche quanto eventualmente dichiarato dal contribuente, con la conseguenza che è illegittima la pretesa del fisco di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento sull'attivo ereditario, dopo avere aggiunto il valore dichiarato dall'erede per denaro, gioielli e mobilia. In presenza, pertanto, di un valore dichiarato inferiore a quello presunto, l'imposta principale di successione deve essere sempre calcolata, per quanto riguarda i beni mobili, sul valore presunto, mentre l'imposta complementare deve essere liquidata sulla differenza tra valore presunto e quello dichiarato.
Cassazione, sentenza 22 febbraio 2008, n. 4627, sez. trib.
La presunzione legale di appartenenza all’attivo ereditariodei titoli posseduti dal defunto posta dall’art. 11 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, può essere vinta attraverso la prova contraria che può essere fornita con tutti gli strumenti probatori consentiti dal processo tributario e, quindi anche con prova presuntiva che abbia i caratteri (di gravità, precisione e concordanza) previsti dal primo comma dell’art. 2729 cod. civ. Non è sufficiente che tale prova sia tale da rendere “verosimile” la non appartenenza al defunto dei titoli, ma deve consentire al giudice di valutare come effettiva questa non appartenenza.
Cassazione, sentenza 21 febbraio 2008, n. 4419, sez. V civile
La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l'erario. Quest'ultimo, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell'avviso di liquidazione nei confronti dell'erede (anche nel caso in cui questi abbia rilasciato i beni ereditari in favore dei creditori), non può liquidare od esigere nei confronti dell'erede l'imposta ipotecaria, catastale o di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell'erede.
In caso di rilascio dei beni ereditari in favore dei creditori e dei legatari, a seguito di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'Amministrazione finanziaria, pur non potendo insinuare nella procedura di liquidazione il proprio credito relativo all'imposta di successione, il quale sorge nei confronti dell'erede in relazione a quanto residuerà a seguito della definitività dello stato di graduazione, può controllare le operazioni della procedura, notificando l'avviso di liquidazione, oltre che all'erede, anche al curatore nominato ai sensi dell'art. 508 cod. civ., il quale è legittimato ad impugnarlo, in qualità di assegnatario ed amministratore dell'eredità medesima, risultando "inutiliter data" una sentenza eventualmente pronunciata in assenza di uno dei predetti soggetti.
In tema di imposta di successione, ed ai fini della determinazione della base imponibile, i soli debiti ereditari deducibili sono quelli liquidi ed esigibili. Pertanto le eventuali fideiussioni prestate dal "de cuius" non costituiscono passività deducibili, a meno che al momento dell'apertura della successione sussista l'insolvibilità del debitore garantito o l'impossibilità di esercitare l'azione di regresso, con il conseguente effettivo depauperamento dell'attivo ereditario.
Cassazione, sentenza 18 gennaio 2008, n. 1051, sez. trib.
Costituisce elemento dell'attivo da computarsi al fine del calcolo dell'imposta di successione il contributo richiesto dal de cuius in base alla Legge 14 maggio 1981, n. 291 sulle provvidenze in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981.
Cassazione, sentenza 10 dicembre 2007, n. 25728, sez. trib.
La rinuncia all'eredità posta in essere, dopo la scadenza del termine di cui all'art. 485 cod. civ., dal chiamato all'eredità che si trovi nel possesso dei beni ereditari, è assoggettabile ad imposta di registro in misura fissa, e non già proporzionale, non essendo in alcun caso configurabile come rinuncia ad effetti traslativi: quest'ultima, infatti, presuppone l'avvenuto trasferimento del diritto, mentre alla scadenza del termine per l'effettuazione dell'inventario il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice, con la conseguente inefficacia della rinuncia.
Cassazione, sentenza 26 novembre 2007, n. 24548, sez. trib.
In materia di imposta di successione, il disconoscimento di passività meramente indeducibili, ma esistenti, deve compiuto dall'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 33 comma secondo, d.lgs. n. 346 del 1990, nell'esercizio dei suoi poteri di liquidazione dell'imposta in base alla dichiarazione e non con lo strumento dell'avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta, regolato dall'art. 34 del medesimo d.lgs., per la diversa ipotesi di dichiarazione incompleta o infedele. Ne deriva che il termine per la notifica dell'atto impositivo teso al recupero di passività indeducibili ma esistenti è quello di tre anni dalla data di presentazione delle dichiarazione, previsto dall'art. 27, comma secondo, d.lgs. n. 346 del 1990 e non quello di due anni dal pagamento dell'imposta principale, previsto dal comma terzo del medesimo art. 27, per la rettifica e liquidazione di maggior imposta in ipotesi di dichiarazione infedele o incompleta.
Cassazione civile, sez. trib., 16 maggio 2007, n. 11212
(in Giust. civ. Mass. 2007, 7-8)
In tema di imposte ipotecarie e catastali, l'art. 2, comma 1, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347, secondo cui "l'imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni e donazioni", va inteso nel senso della identità del solo valore in sé - cioè del valore in re - dei beni immobili e non pure di quello minore derivante dalla detrazione di passività aziendali o di debiti caduti in successione. La base imponibile delle imposte ipotecarie e catastali per il trasferimento, "inter vivos" ovvero "mortis causa", di beni immobili, quando compresi nell'ambito di una azienda trasferita o caduta in successione, attesa la diversità di oggetto propria di ogni singola imposta - trasferimento di ricchezza mobiliare o immobiliare per l'imposta di registro o di successione; formalità che riguardano solo i beni immobili per le altre due imposte - va determinata tenendo conto del valore dell'immobile in sé considerato e delle sole passività ad esso strettamente inerenti.
Cassazione civile, sez. trib., 15 dicembre 2006, n. 26910
(in Giust. civ. Mass., 2006, 12)
In tema di in.v.im., imposta ipotecaria e imposta catastale relative ad immobile facente parte di un complesso aziendale oggetto di successione, il fatto che l'imponibile debba essere rapportato al valore attribuito ai fini dell'imposta (di registro o) sulle successioni e donazioni (art. 6 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 e art. 2 e 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347), non fa venir meno la diversità di oggetto propria di ogni singola imposta, con la conseguenza sia che la base imponibile ai fini di tali imposte va determinata tenendo conto del valore degli immobili in sé considerati, e dei debiti ad essi strettamente inerenti, ma non anche delle passività relative all'azienda in cui sono compresi, sia della non invocabilità del giudicato esterno sulla sola imposta di successione relativa al medesimo bene nel giudizio tributario avente ad oggetto la liquidazione delle altre tre imposte. Né il diverso commisurarsi ai valori venali di riferimento, da parte delle imposte menzionate, introduce una disparità di trattamento rilevante sotto il profilo costituzionale, atteso che lo stesso dato può essere legittimamente preso in considerazione dall'ordinamento fiscale sotto diversi profili, purché espressivi di capacità economico - contributiva.
Cassazione civile, sez. trib., 7 luglio 2006, n. 15532
(in Giust. civ., 2007, 1, 151)
In tema di imposta di successione, l'osservanza delle forme e dei termini per la redazione dell'inventario prescritto dall'art. 9, comma secondo, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non risponde alla finalità di limitare la responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti del "de cuius", ma a quella di fissare un sistema probatorio per la ricostruzione della consistenza dell'eredità devoluta: avuto riguardo a tale esigenza, nonché all'espresso richiamo degli artt. 769 e ss. cod. proc. civ. da parte della norma in esame, l'inventario, per poter vincere la presunzione di esistenza di denaro, gioielli e mobilia nell'attivo ereditario, dev'essere quindi valido sostanzialmente e formalmente, e cioè dev'essere completo (ossia comprendere realmente tutti i beni facenti parte dell'attivo relitto), nonchè redatto secondo il regime formale dettato in via generale per tutti gli inventari, ed in particolare per quelli del corrispondente tipo, onde quello afferente all'accettazione beneficiata dell'eredità dev'essere stato preceduto dall'adempimento della preventiva sigillazione, quando questa sia prescritta a pena d'invalidità dell'inventario.
Cassazione civile, sez. trib., 17 maggio 2006, n. 11569
(in Foro it., 2007, 4, I, 1256)
In tema di imposta di successione, la violazione dell'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, a norma del quale la denuncia di successione dev'essere presentata entro sei mesi dalla data di apertura della successione, non è più sanzionata specificamente, a meno che non trasmodi in vera e propria omissione, la quale, come si evince dall'art. 33, comma 1, si verifica allorché, scaduto il termine, l'accertamento d'ufficio preceda la dichiarazione del contribuente: l'art. 50 del medesimo d.lg., come sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. d, d.lg. 18 dicembre 1997 n. 473, a far data dal 1° aprile 1998, si limita infatti a sanzionare l'omissione della denunzia, mentre l'art. 52 si riferisce al solo pagamento dell’imposta oltre il termine a tal fine stabilito dall'art. 37. Poiché, inoltre, ai sensi dell'art. 3 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 472, applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° aprile 1998, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile, la nuova disciplina sanzionatoria può essere utilmente invocata anche in riferimento alle violazioni commesse anteriormente alla predetta data.
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