Primi commenti alla modifica del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni
Primi commenti alla modifica del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni
di Ugo Friedmann
Gaetano Petrelli
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 113/2000/T
Pubblicato nella rivista Studi e materiali CNN, Milano, 1/2002, pag. 189 ss.

1. Premessa

Fu con il r.d.l. 4 maggio 1942 n. 434, in vigore dal 12 maggio 1942, che venne istituita un'imposta sull'asse ereditario con carattere autonomo di fronte alla normale imposta sulle successioni, la cosiddetta "Globale sull’asse ereditario netto".

Detta imposta si sovrappose(1) al tributo sull'entrata dei singoli successori, venne giustificata dall'emergenza del periodo bellico e coesistette con la già esistente imposta sulle quote.

Il venire meno delle ragioni di tale coesistenza è stato oggi, almeno in apparenza, riconosciuto con la novella in commento(2).

Più coerente al principio costituzionale della capacità contributiva appare il riportare la tassazione a carico delle singole quote ereditarie e l'abolizione della progressività a scaglioni.

La novella in commento è contenuta nell'art. 69 della legge n. 342/2000 (cosiddetta "Collegato alla Finanziaria 2000") (3) pubblicata sul supplemento ordinario della Gazzetta ufficiale del 25 novembre 2000 .

I principi tecnici ispiratori della modifica al Testo Unico vigente sono da ricercare nella esigenza di un ampliamento della base imponibile, attraverso il duplice canale della eliminazione della progressività delle aliquote e della loro drastica riduzione e razionalizzazione, e in un potenziamento degli strumenti antielusivi a disposizione della amministrazione.

La norma in commento non può essere tuttavia definita un semplice "ritorno al passato", e cioè al regime previgente l'introduzione dell’imposta globale, perché due elementi in particolare costituiscono rilevante novità: da un lato, la previsione di sole aliquote proporzionali e non più progressive; dall'altro lato, la previsione di una franchigia per ciascuno dei beneficiari, di misura mobile a seconda della qualità dei beneficiari stessi.

Invero, se di sola abolizione della globale si fosse trattato, il riprendere la dottrina e la giurisprudenza formatesi sotto il vigore del passato regime avrebbe non poco aiutato l'interprete. Le perplessità che nascono dalla mancata modifica di articoli, quali quelli sulla base imponibile (art. 8), sull'attivo ereditario (art. 9), e dalla parziale modifica di quello sulle presunzioni (art. 11) - disposizioni che nella loro operatività sembrano supporre il sussistere di una tassazione sul valore “globale” dell’attivo ereditario – avrebbero, infatti, potuto trovare risposta(4).

In relazione alle prime osservazioni sopra riportate può nascere l'interrogativo se vada ripensato il meccanismo della solidarietà passiva tra gli eredi, che alla luce della novella pare possa forse formare oggetto di una nuova eccezione di incostituzionalità(5).

Come può infatti ritenersi sostenibile che un chiamato debba rispondere di un tributo chiaramente nascente da un rapporto tributario facente carico ad un altro soggetto?

Se si potesse ipotizzare il venire meno della solidarietà nel rapporto tributario si potrebbe, ad esempio, ritenere ammissibile una dilazione di pagamento della imposta relativa a una sola quota.

Collegato al problema della solidarietà passiva e di non minore rilevanza è quello relativo alla territorialità dell'imposta, che era stata giustificata, nella precedente impostazione del testo normativo, proprio per l’esistenza di un asse globale tassabile.

Lo spostamento sul beneficiario del presupposto della tassazione rende l'attuale sistema sicuramente incoerente e suggerisce una radicale modifica dello stesso.

Invero già a seguito della novella si riscontra una palese discrepanza tra il criterio (immutato) previsto dall'art. 2 del d.lgs. n. 346/1990 e il criterio introdotto per la tassazione delle donazioni estere.

La novella prevede poi che ad una serie di meccanismi (quale quello relativo alla liquidazione in vita dell'imposta) si dia attuazione a mezzo di emanandi regolamenti, secondo il non nuovo metodo di giungere a modificare norme di rango superiore con norme regolamentari, e che, una volta emanati i regolamenti, debbano intendersi abrogate le norme in contrasto con la novella. Quest’ultima previsione potrebbe significare che, a seguito dell’emanazione della norma regolamentare, vi potranno essere norme di legge le quali, in quanto in contrasto con il regolamento, dovranno intendersi abrogate.

Si osserva che tale impostazione pare attribuire un eccesso di potere all'estensore della norma regolamentare.

In relazione ai rapporti della novella con gli altri tributi non può che vedersi con favore la soppressione dell'INVIM per le donazioni e dell'INVIM sostitutiva per le successioni, mentre nulla è mutato in materia di imposte ipotecaria e catastale e di imposta sul bollo, eccezion fatta soltanto per la previsione dell’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale quando ricorrano i requisiti per la "prima casa".

Le imposte ipotecaria e catastale, essendo sempre relative a formalità, andranno applicate nel modo oggi usato, con la precisazione che, nel caso di debenza di imposta proporzionale e dell'imposta fissa di cui sopra, quest’ultima verrà assorbita dalla prima (6).

Ci si deve domandare se alla luce della novella il criterio previsto dall'art. 28 del d.lgs. n. 346/1990 debba riferirsi all'intero asse relitto ovvero alle quote lasciate ai singoli chiamati che rientrino nelle categorie che la norma indica.

Al momento prudenza vuole che ci si abbia a riferire all'intero asse relitto.

Merita un cenno anche il fatto che la novella contiene norme che incidono su testi normativi estranei, ancorché collegati a quello sulle successioni e donazioni, come ad esempio il d.p.r. n. 131/1986, di cui viene modificato l'art. 26, con la soppressione della impossibilità della prova contraria ivi prevista (peraltro già cassata da una recente pronuncia della Corte Costituzionale) e con la previsione di una nuova presunzione relativa ai "trasferimenti di partecipazioni sociali", la quale non sarà di agevole applicazione.

Il presente commento si propone, senza pretese di esaustività e senza voler offrire soluzioni certe, viste le notevoli carenze di coordinamento tra la novella e il testo del d.lgs. n. 346/1990, di effettuare una rapida rassegna, necessariamente problematica, delle principali novità introdotte.

Merita anche premettere che, tutte le volte in cui nello studio si auspica un chiarimento da parte del legislatore fiscale, si vorrebbe che tale chiarimento non fosse contenuto in circolari ministeriali, strumento di istruzioni gerarchiche per gli uffici, ma negli emanandi regolamenti onde dare certezza a situazioni che altrimenti rischierebbero di alimentare solo ulteriori dubbi e contenzioso.

2. Entrata in vigore della novella

Le nuove norme si applicano "alle successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000 ed alle donazioni fatte dal 1° gennaio 2001".

Come già rilevato(7) dai primi commentatori, vi è, quindi, una differente tempistica:

  • a) le norme in tema di imposta sulle successioni si applicano in tutti i casi in cui la dichiarazione può essere regolarmente presentata dopo il 31 dicembre 2000 (e quindi anche quando la morte si sia verificata prima del 1° luglio 2000, ma i termini per la presentazione della dichiarazione scadano dopo il 31 dicembre 2000).

È importante precisare che le nuove disposizioni trovano sicuramente applicazione, a prescindere dal fatto che la dichiarazione sia presentata prima della scadenza del termine, laddove quest’ultimo scada comunque a partire dal 1° gennaio 2001(8).

  • b) le norme in tema di imposta sulle donazioni entrano in vigore per gli atti stipulati a partire dal 1° gennaio 2001.
  • c) deve invece ritenersi che la modifica dell'art. 26 del d.p.r. n. 131/1986 (presunzione di liberalità), rientrando nel campo di applicazione dell’imposta di registro e non essendo regolata da alcuna norma specifica (l’art. 69, comma 15, del “collegato” non disciplina infatti la fattispecie), è entrata in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della l. n. 342/2000.

3. Modifiche degli articoli del d. lgs. n. 346/1990

Articolo 1.

È inserito il comma 4-bis, il quale, se da un lato prevede, quale principio generale, l’assoggettabilità a tassazione delle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, dall’altro lato, dispone la non applicabilità dell’imposta alle liberalità indirette (ma anche alle donazioni) “collegate” ad alcune fattispecie di atti a titolo oneroso soggetti ad imposta di registro in misura proporzionale o ad imposta sul valore aggiunto.

Cosa deve intendersi per "liberalità" e soprattutto cosa deve intendersi per “collegate”?

Il concetto di donazione indiretta è stato ampiamente esplorato dalla dottrina civilistica, alla quale non si può, in questa sede, che rinviare. A titolo meramente esemplificativo, potrebbero rientrare nella nuova norma sia l’ipotesi di pagamento del debito altrui effettuato con spirito di liberalità (ove questo risulti dall’atto con intervento del terzo che effettua l’adempimento ex art. 1180 del codice civile), sia l’ipotesi del contratto a favore di terzi(9) (esempio classico quello del contratto stipulato tra venditore-promittente e genitore-stipulante che effettua il pagamento del prezzo, con previsione del trasferimento della proprietà a favore del figlio-terzo beneficiario(10)). E certamente l’elenco può arricchirsi di ulteriori esemplificazioni.

È importante chiarire che la norma fa cenno anche alle “donazioni”, intendendosi evidentemente riferire alle donazioni dirette. Esempio classico è quello della donazione del denaro, effettuata dal genitore al figlio, il quale procede poi ad acquistare l’immobile o l’azienda.

Quanto al termine “collegate”, vi è da chiedersi se il riferimento sia alla nozione tecnico-giuridica di “collegamento negoziale”, così come elaborata in sede privatistica, ovvero ad un diverso fenomeno di collegamento economico nell’ambito di una stessa operazione, rilevante solo ai fini fiscali.

La norma è criptica anche con riferimento all’oggetto dell’acquisto cui è collegata la liberalità nel momento in cui parla troppo genericamente di “diritti immobiliari”.

Vi è poi da chiedersi quali implicazioni teoriche abbia la mancata menzione del trasferimento di partecipazioni sociali, non soggetto ad imposta proporzionale di registro, essendo quest’ultima surrogata dalla tassa sui contratti di borsa.

Con riferimento alle liberalità indirette non risultanti da atti soggetti a registrazione, la norma novellata prevede l’accertabilità solo quando le stesse risultino da dichiarazione resa dall'interessato nel corso di procedimenti diretti all'accertamento dei tributi (specie in sede di accertamento sintetico ai fini delle imposte sui redditi) e sempre che le stesse abbiano determinato nei confronti dello stesso beneficiario (in aggiunta ad eventuali precedenti) un incremento patrimoniale superiore a 350 milioni di lire. Diversamente da quanto è stabilito in tema di donazioni dirette e di liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, non è prevista l’elevazione della franchigia a lire un miliardo, ove il beneficiario sia un minore ovvero una persona con handicap riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104/1992.

Articoli 4, 7, 56 e 57.

L’art. 4 e l’art. 7, commi 1 e 2, che disciplinavano le aliquote, anche mediante rinvio alla tariffa allegata al T.U., sono stati abrogati unitamente alla tariffa stessa. Ciò comporta, tra l’altro, il venir meno della franchigia di lire 500.000.000, già prevista con decorrenza dal 1° gennaio 2001.

Scompare la previsione della progressività per scaglioni e la tassazione diviene proporzionale con la previsione di tre differenti aliquote in relazione al grado di parentela dei successibili con il defunto.

Le aliquote sono le seguenti:

a) il quattro per cento nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta;

b) il sei per cento nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado;

c) l'otto per cento nei confronti degli altri soggetti.

La norma prevede poi la applicazione della imposta (quale che sia il successibile) sulla parte del valore della quota o del legato che supera i trecentocinquantamilioni di lire. Si tratta di una modifica molto rilevante, in base alla quale la suddetta franchigia, un tempo applicabile solo sulla globale ed in modo differenziato a seconda del grado di parentela, è ora generalizzata e si applica sulla singola quota o legato oggetto della imposta.

Viene subito spontaneo chiedersi (e meglio se ne parlerà in seguito) se anche la presunzione di esistenza di mobili e gioielli, ancora in essere, vada oggi applicata all'intero attivo ereditario ovvero alla singola quota tassabile, al netto della franchigia.

Quest’ultima soluzione appare preferibile, in aderenza all'orientamento ministeriale il quale da tempo è nel senso che la franchigia non vada computata nella determinazione dell'attivo su cui calcolare la presunzione.

La norma prevede poi che quando il beneficiario è un discendente in linea retta minore di età ovvero una persona con handicap riconosciuto grave(11) la franchigia viene aumentata ad un miliardo.

In proposito ci si domanda se la qualità di persona con handicap riconosciuto grave dovrà essere certificata dalla ASL competente, come la legge citata sembra richiedere, ovvero se potrà risultare da una "autocertificazione" in linea con le norme sulla semplificazione amministrativa.

La norma, inoltre:

  • - sostituisce i commi da 1 a 3 dell’art. 56 del d.lgs. n. 346/1990, introducendo anche per le donazioni il principio della proporzionalità delle aliquote, che vengono fissate nella misura di un punto in meno di quelle previste per l’imposta sulle successioni; viene altresì disciplinata, con le stesse modalità suesposte, la franchigia a favore dei beneficiari(12);
  • - inserisce nell’art. 7 suddetto il comma 2-quater, che prevede l’inapplicabilità della franchigia nel caso in cui il beneficiario si sia avvalso delle previsioni dell'art. 56 commi 2 e 3 (cioè nel caso in cui abbia usufruito della franchigia in sede di donazioni o liberalità indirette), nei limiti di valore in cui ne ha usufruito(13). Il profilo dell’erosione della franchigia in sede di imposta sulle successioni trova quindi oggi la sua disciplina esclusivamente nel suddetto comma 2-quater.

Conseguentemente, deve ritenersi implicitamente abrogato l’ultimo comma dell’art. 8 del d.lgs. n. 346/1990, il quale, dopo aver stabilito che «il valore globale netto dell'asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari» e che «il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario», prevede che per «valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore (...) riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento».

Si vuole in sostanza qui ribadire quanto già detto in occasione di precedenti commenti alle norme previgenti del d.lgs. n. 346/1990: la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, per cui le donazioni fatte in vita andavano ad erodere la franchigia (applicabile sul valore globale netto dell’asse), non appariva già allora condivisibile, in quanto la norma di cui al citato ultimo comma dell’art. 8 era finalizzata alla applicazione, al reale attivo ereditario, di una maggiore aliquota risultante dalla riunione fittizia delle donazioni fatte in vita.

Venuta meno la progressività delle aliquote ed introdotta la disposizione di cui sopra al comma 2-quater, che prevede esplicitamente la erosione della franchigia in sede successoria nei limiti in cui il beneficiario ne abbia usufruito con donazioni fattegli in vita dal de cuius, viene chiaramente meno il senso e la ratio della norma portata dall’ultimo comma del vigente testo dell’art. 8 del d.lgs. n. 346/1990.

Dato che, peraltro, l’abrogazione delle norme in contrasto con quelle portate dalla novella opererà automaticamente solo dopo che siano stati emanati i regolamenti di completamento della manovra, l'unica plausibile chiave di lettura è quella che porta a ritenere la norma in commento come non applicabile.

Si coglie l’occasione per affrontare più in generale il problema del coacervo, sia relativo ad una pluralità di donazioni, sia quello effettuato in sede successoria. Relativamente all’imposta sulle donazioni, all’art. 57, comma 1, sono state soppresse le parole “ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 56”. Non è stato invece espressamente abrogato, come sopra evidenziato, l’ultimo comma dell’art. 8 del d.lgs. n. 346/1990, che tale terminologia continua ad utilizzare. In realtà, però, l’eliminazione del sistema di aliquote progressive ha fatto sì che oggi il coacervo abbia l’unica funzione di accertare l’eventuale erosione della franchigia.

A supporto della tesi sta il testo della norma dell'art. 69 della legge n. 342/2000 quando prevede espressamente che la franchigia in sede successoria viene erosa per le somme di cui il beneficiario "abbia usufruito" con ciò chiaramente "storicizzando" l'importo cui riferirsi.

Non altrettanto chiaro è il tuttora vigente testo dell'art. 58 del d.lgs. n. 346/1990 il quale prevede che si debba tenere conto del valore "attualizzato" delle donazioni.

Anche a tale proposito sembra debbano pienamente valere le considerazioni sopra svolte.

Detto questo, occorre esaminare tre problemi distinti:

  • 1) – ipotesi di pluralità di donazioni, anche a favore di diversi donatari, effettuate nello stesso atto. Posto che oggi la franchigia è riferita ad ogni donatario, la contestualità delle donazioni non ha alcuna rilevanza ai fini della determinazione dell’imposta di donazione. Ciò è confermato, del resto, dal nuovo comma 1 dell’art. 56, secondo il quale “se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono comprese più donazioni a favore di soggetti diversi”, l’imposta si applica al valore della quota spettante o dei beni o diritti attribuiti a ciascuno di essi.
  • 2) – ipotesi di pluralità di donazioni effettuate allo stesso donatario, anche con atti distinti: come si evince chiaramente dalla circolare ministeriale n. 207/E, il coacervo viene effettuato esclusivamente ai fini dell’erosione della franchigia, il che è coerente con l’eliminazione della progressività delle aliquote e con il venir meno dell’unica massa globale imponibile. Ovviamente, una volta erosa tale franchigia, come confermato dalla suddetta circolare, per le successive donazioni non occorrerà effettuare alcun coacervo.
  • 3) – ipotesi di donazioni o liberalità indirette “collegate”, ai sensi del nuovo comma 4-bis dell’art. 1: la norma – premettendo che l’imposta di donazione “si applica” anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione – dispone poi che detta imposta “non si applica” a dette liberalità o donazioni collegate. La terminologia utilizzata non deve trarre in inganno, facendo supporre che la fattispecie sia attratta al campo di applicazione dell’imposta sulle donazioni, che poi “non si applicherebbe”. In realtà, l’interpretazione corretta è quella secondo cui la fattispecie “non è soggetta” ad imposta sulle donazioni. Ne consegue che – in caso di successive donazioni, come pure in sede di applicazione dell’imposta sulle successioni – la liberalità o donazione “non soggetta” ad imposta sulle donazioni non verrà neanche considerata ai fini del coacervo, previsto dall’art. 7, comma 2-quater, e dall’art. 57 del d.lgs. n. 346/1990.
Articoli 8 e 9.

Non se ne è prevista la riformulazione lasciando quindi nel testo vigente una apparente contraddizione.

Entrambi questi articoli trattano l'attivo ereditario nella sua integrità e supponendo la esistenza di una “globale” paiono in contrasto con il resto della riforma

In particolare l’art. 8, nel testo vigente e non emendato, al primo comma esordisce con la menzione che «il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell’apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19 e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3.».

L’art. 8 prevede, inoltre, il cosiddetto coacervo, “ai soli fini dell'aliquota applicabile”, di eventuali donazioni fatte in vita dal de cuius.(14)

Il coordinamento di tale norma con il disposto della novella appare in più punti problematico.

E' logico pensare, partendo dal presupposto civilistico, che, per giungere alla formazione delle quote tassabili, si debba comunque passare dalla formazione di un attivo ereditario.

L'unica eccezione potrebbe essere quella di una successione testamentaria interamente esaurita da "institutiones ex rebus certis" ovvero regolata da una "divisione del testatore" che assorba l'intero asse ereditario.

Tale ipotesi, peraltro residuale rispetto al presente studio, avente come fine una prima carrellata sulle novità, meriterà sicuro approfondimento.

Negli altri casi dunque si ritiene necessario procedere alla formazione di un attivo unitario da ripartirsi tra le quote.

Ma come si forma tale attivo?

La norma prevede che:

a) si calcola il valore dei beni (relitti dal de cuius) ai sensi degli artt. da 14 a 19 (non si fa qui menzione alle cosiddette presunzioni di appartenenza);

b) si detraggono le passività e gli oneri diversi da quelli indicati all'art. 46, comma 3;

c) il valore così ricavato deve poi essere calcolato al netto, per quanto riguarda l'eredità o le quote ereditarie, dei legati che le gravano, e per quanto riguarda i legati, degli oneri che li gravano;

d) (la norma poi - sotto questo profilo non coordinata con le modifiche della novella - prevede che il valore "globale netto" vada maggiorato “ai soli fini dell'aliquota” di un importo pari a quello delle donazioni);

e) a questo punto vanno detratte “le franchigie” (si noti bene non più “la franchigia”), che la norma novellata attribuisce a tutti i chiamati e legatari in misura mobile a seconda delle qualità degli stessi ;

f) infine, ai sensi del successivo art. 9, sull'attivo si applica la presunzione per mobili e gioielli, da calcolarsi - si noti bene - sul "valore globale netto imponibile".

Ma quale sarà il “valore globale netto imponibile”?

Quello cui si è pervenuti al punto e), ripartito per quote e poi, per ogni singola quota, ricalcolato al netto della franchigia, ovvero quel medesimo valore, detratto il globale importo delle franchigie, e poi suddiviso in quote?

Essendo la franchigia “mobile”, come sopra detto (si pensi al caso di due eredi di cui uno maggiorenne e uno minorenne, chiamati in quota uguale tra loro), è evidente che il risultato può cambiare.

Le considerazioni dei paragrafi che precedono vanno poi coordinate con il disposto del successivo art. 9 del d.lgs. n. 346/1990 il quale prevede che «l'attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all'imposta a norma degli articoli 2, 3, 12 e 13».

E prosegue al comma 2 con la nota presunzione per cui «si considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati ...».(15)

Valgono al riguardo le considerazioni sopra riportate, anche se pare necessaria una presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria, attese le rilevanti conseguenze dell’uno o dell’altro metodo di imputazione, anche in vista dell’eventuale autoliquidazione dell’imposta(16).

Abrogazione dell’articolo 10.

È stata eliminata la presunzione di appartenenza all’attivo ereditario dei beni venduti negli ultimi sei mesi, mediante la soppressione dell’art. 10 del d.lgs. n. 346/1990(17).

Ciò significa che per tutte le successioni cui si applica la novella saranno totalmente irrilevanti ai fini dell’applicazione del tributo successorio le alienazioni a titolo oneroso compiute dal de cuius negli ultimi sei mesi di vita, sia se effettuate a favore di estranei che se effettuate a favore degli eredi o legatari ed a prescindere dal rapporto di parentela o coniugio tra questi ultimi e il de cuius (salva l’applicazione della presunzione di liberalità di cui all’art. 26 d.p.r. n. 131/1986).

L’abrogazione dell’art. 10, sicuramente di grande rilievo, poteva essere la occasione per eliminare del tutto un anacronistico sistema di presunzioni venutosi a sedimentare nel tempo e che trova origine già nel r.d. n. 3270/1923, sistema che è stato invece in parte lasciato e in parte come sopra detto integrato e che nella attuale formulazione sarà sicuramente foriero di contenzioso.

Articolo 11.

È stata eliminata la presunzione di integrale appartenenza al de cuius di conti cointestati (ecc...), ma si è lasciata sopravvivere una serie di presunzioni che, come sopra detto, appaiono difficilmente compatibili con il nuovo meccanismo di tassazione, tra cui quella per cui si considerano compresi nell'attivo ereditario «i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell'ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto, salvo quanto disposto nell'articolo 12, comma 1, lettera b)» (quest’ultima norma dispone «le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto alienati anteriormente all'apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, salvo il disposto dell'art.10» il quale è abrogato).

Essendo, ovviamente, il richiamo all’art. 10 da intendersi come non effettuato, il sistema sembra doversi ricostruire come segue:

a) - sono compresi nell’attivo ereditario i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell'ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto;

b) - sono esclusi dall’attivo ereditario le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto alienati anteriormente all'apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, senza alcuna eccezione.

Articolo 12, comma 1-bis.

Il meccanismo della “affrancazione” dell’imposta sulle successioni necessita di una migliore identificazione e/o specificazione delle fattispecie che sono sottoponibili ad esso.

Va premesso che la norma, a carattere programmatico, prevede che con successivo regolamento vengano disciplinate le modalità per garantire la pubblicità del versamento volontario dell’imposta stessa.

Tale regolamento sarà certamente la sede per la soluzione dei non pochi problemi applicativi che la stessa sembra porre in prima lettura.

Occorrerà ad esempio chiarire le conseguenze di eventuali “trasformazioni” del bene tra il momento dell’affrancazione e la morte o una successiva donazione dello stesso (si pensi a un terreno agricolo affrancato come tale e poi divenuto edificabile ovvero addirittura edificato).

Tali modificazioni incideranno su un ricalcolo dell’imposta, ovvero daranno diritto a un rimborso di quanto versato in eccedenza?

Cosa accade poi se il bene affrancato viene venduto ante mortem?

Quanto versato andrà perduto ovvero potrà nascere un "bonus" altrimenti utilizzabile?

Occorrerà prestare grande attenzione al fatto che il versamento ai fini della “affrancazione” è eseguito da un soggetto diverso dai beneficiari, in seguito tenuti al pagamento dell'imposta di successione, e ciò potrà dare adito ad interpretazioni restrittive dell'Amministrazione Finanziaria, in relazione al maturare di crediti d’imposta o di diritti al rimborso del tributo, nel caso che in vita si sia pagato più di quanto si renda poi dovuto al momento della morte.

La Circolare n. 207/E specifica che la imposta viene determinata in relazione al grado di parentela dei "presunti beneficiari" e le aliquote previste sono quelle per le donazioni.

Trattandosi di versamento fatto da soggetto diverso da quello obbligato ai fini della imposta non si applica il principio di solidarietà passiva.

Beni e diritti per cui è corrisposta la imposta non concorrono a formare l'attivo ereditario, ma in caso di donazione (evidentemente al medesimo beneficiario indicato) concorrono a formare il valore globale della donazione con la conseguente detrazione dall'imposta dovuta dell'importo pagato volontariamente dal donante.

Si segnala, da ultimo, che in relazione al meccanismo dell’“affrancazione” non sembra essere prevista alcuna franchigia.

Articoli 15 e 16.

Se non si può che condividere il generalizzato entusiasmo dei primi commentatori per la cosiddetta "sterilizzazione" dell'avviamento nella valutazione delle aziende, non si può nascondere qualche perplessità in relazione al successivo art. 16.

Invero nella valutazione di quote di società di capitali non quotate e/o di società di persone cadute in successione, sino dalla emanazione del d.lgs. n. 346/1990 la posizione dell'amministrazione fiscale e della prevalente giurisprudenza e dottrina in materia sono apertamente divergenti(18).

A prescindere dalla controversa lettura dell'inciso ….."e aggiungendo l'avviamento" contenuto in calce all'ultimo paragrafo della lettera b) dell'art. 16 del d.lgs. n. 346/1990, oggetto reale del contrasto interpretativo è l’affermazione della medesima norma secondo cui il valore di dette partecipazioni è dato dal «valore proporzionalmente corrispondente al valore alla data di apertura della successione del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato (…) tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti (…)».

La norma in esame ha radicalmente novellato il testo del precedente d.p.r. n. 637/1972, il quale prevedeva che «…il valore venale è determinato avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società…».

Si è cioè passati, come la dottrina e la giurisprudenza hanno autorevolmente e ormai quasi pacificamente affermato, da un sistema basato su una puntuale valutazione delle componenti dell'attivo patrimoniale (e quindi nel classico esempio della quota di una società immobiliare del valore dei singoli cespiti che compongono il suo patrimonio) a una valutazione che invece deve tenere conto solo del valore del patrimonio netto emergente dall'ultimo bilancio, con gli aggiornamenti alla data della morte mediante una situazione patrimoniale.

Indifferente a ciò la Amministrazione finanziaria ha continuato ad applicare i criteri vigenti sotto il vigore del novellato d.p.r. n. 637/1972 in particolare affermando, con la circolare ministeriale 67/E/IV-9540 del 5 marzo 1997, che «la valutazione da parte degli uffici competenti avrà complessivamente per oggetto le singole componenti attive e passive del patrimonio sociale, ivi compreso l'avviamento».

Pertanto la sterilizzazione dell'avviamento, prevista dalla novella, lascia comunque impregiudicata la facoltà per l'amministrazione di sottoporre a valutazione le singole componenti attive e passive del patrimonio sociale, anziché attenersi alla applicazione della legge, una volta tanto inequivoca.

Un chiarimento definitivo in tale senso appare indifferibile, ma la Circolare n. 207/E si limita ad affermare che nella determinazione del valore imponibile deve detrarsi l'avviamento, senza indicare come vada calcolato il valore imponibile.

Articolo 25.

Viene prevista l’estensione delle agevolazioni di cui al comma 4-bis anche al caso di donazione.

Articolo 47.

Viene introdotta la lettera d-bis in calce al comma 1 che prevede la facoltà per l’Ufficio ai fini dell’accertamento e della riscossione di «dimostrare, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, la sussistenza, la insussistenza, la simulazione e la dissimulazione di fatti o atti rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile o dell’imposta».

Tale norma dovrebbe costituire il secondo cardine della novella per favorire la emersione di base imponibile ed assicurare la copertura finanziaria della riforma a fronte della drastica riduzione delle aliquote.

Non è questo il luogo per un commento sistematico della stessa .

Si rammenta comunque che la norma risulta applicabile a fatti accaduti e ad atti posti in essere dopo il 1° luglio 2000.

4. Novità in tema di benefici per la prima casa

I commi 3 e 4 dell’art. 69 della legge n. 342/2000 regolano l’applicazione dei cosiddetti "benefici per la prima casa" anche alle successioni e donazioni.

E' testuale che il trattamento di favore spetta per le formalità anche se uno solo dei beneficiari (erede, legatario o donatario) rivesta i requisiti.

La norma stabilisce espressamente che le dichiarazioni necessarie devono essere rese dall’interessato nell’atto di donazione o nella dichiarazione di successione.

Ci si chiede se per “interessato” si intenda ciascuno di quelli che hanno i requisiti con la conseguenza che, in tal caso, la dichiarazione dovrà essere sottoscritta da tutti costoro.

Pare che la risposta possa essere negativa, essendo automatica la estensione del beneficio.

Le agevolazioni si applicano limitatamente alle imposte ipotecaria e catastale, e non anche all’imposta sulle successioni e donazioni, che rimane immutata ed anzi, nella maggior parte dei casi, è superiore all’imposta di registro applicabile per la cd. “prima casa”.

Merita un cenno che, a seguito della nuova normativa, difficilmente potrà scattare, quando acquirenti di un immobile come “prima casa” siano il coniuge e i parenti in linea retta, la cosiddetta "presunzione di liberalità" dell'art. 26 del d.p.r. n. 131/1986.

Il calcolo matematico infatti dimostra che, essendo la donazione di prima casa, a partire dal 1° gennaio 2001, esente da INVIM ed essendo alla stessa applicabili le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, anche per il meccanismo della franchigia, il costo fiscale della donazione sarà sempre inferiore a quello della vendita.

Tornando al testo della novella andrà certo chiarito il meccanismo che prevede la necessità della “dichiarazione dell’interessato” nella dichiarazione di successione e nella donazione onde poter godere dei benefici.

Sarebbe stato opportuno, anche alla luce del recente orientamento della Suprema Corte che ha ritenuto applicabili i benefici anche in forza di dichiarazione estranea all'atto, prevedere espressamente che la dichiarazione in esame possa essere resa anche in un documento allegato.

Ci si deve poi chiedere se vada necessariamente identificato il cespite sul quale applicare la agevolazione.

Se, come pare logico, la risposta è affermativa, ci si deve poi chiedere come concretamente potrà operare la norma agevolativa in presenza di più beneficiari in possesso dei requisiti e di più beni tra gli stessi in comunione.

Sembra che, in base al testo letterale della norma, i beneficiari possano chiedere le agevolazioni rendendo le dichiarazioni ognuno con riferimento ad un cespite diverso, perché l’agevolazione venga ad estendersi a tutti i beneficiari su tutti i cespiti in questione.

Grande attenzione merita poi la coesistenza del beneficio in relazione ad un trasferimento a causa di morte o per donazione e di un nuovo beneficio da ottenersi in sede di susseguente atto a titolo oneroso.

La risposta può essere positiva ove si consideri che: a) la neointrodotta agevolazione riguarda unicamente le imposte ipotecaria e catastale in ordine ad un trasferimento a causa di morte o per donazione; b) la nota II-bis all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131/1986, non considera l’agevolazione stessa fra quelle che escludono il diritto ad usufruire dei benefici “prima casa” ai fini dell’imposta di registro.

Il comma 3 regola infine il caso della “decadenza dal beneficio”.

Quest’ultima si determina non solo in caso di dichiarazione mendace, ma anche, sebbene nella norma non vi sia alcun richiamo espresso ad essa, nell’ipotesi della rivendita nel quinquennio (senza riacquisto nell'anno successivo alla rivendita di una "casa da adibire ad abitazione principale"). (19)

Ci si deve chiedere se la decadenza e le conseguenti sanzioni riguardino tutti i coeredi, o collegatari, o donatari, che hanno usufruito della agevolazione (sia in via diretta che per estensione legale) oppure il solo interessato, cioè colui che ha reso la dichiarazione.

Pare in contrasto con il sistema applicare una sanzione ad un soggetto estraneo alla dichiarazione in questione (si veda il costante orientamento della prassi nel senso di non considerare decaduto dall'agevolazione INVIM il venditore in caso di decadenza dell'acquirente di una prima casa).

Per queste ed altre possibili sfaccettature la fattispecie dovrà essere oggetto di un successivo attento approfondimento.

5. Presunzione di liberalità

Attraverso la modifica dell’art. 26 del d.p.r. n. 131/1986 (Testo unico dell’imposta di registro) viene introdotta la presunzione di liberalità, sussistendo le condizioni previste da detto articolo, per i “trasferimenti di partecipazioni sociali quando il valore della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori all’importo di 350 milioni di lire”.

Il legislatore fiscale nel trattare della differenza tra “valore” e “prezzo” della partecipazione sembra operare una commistione tra imposta di registro e imposta sulle successioni e donazioni.

Nel sistema dell’imposta di registro infatti non esiste un meccanismo di “valutazione” della quota, previsto invece nella imposta sulle successioni e donazioni.

Andrebbe perciò chiarito cosa si intende per “valore” onde consentire la applicazione della norma.

Potrebbe anche pensarsi che il "valore" della partecipazione coincida con il valore nominale.

Ove non si accogliesse quest’ultima soluzione, infatti, si dovrebbe paradossalmente ammettere che il valore della partecipazione, ai fini dell’applicazione della presunzione in esame, potrebbe essere individuato (non si sa poi esattamente sulla base di quale norma) solo in sede di accertamento.

La conseguenza di tale lettura della norma sarebbe che la presunzione di liberalità si applica: a) nei casi in cui si trasferiscono partecipazioni sociali di valore nominale superiore a 350 milioni; b) nei casi in cui si trasferiscono partecipazioni sociali di valore nominale inferiore a 350 milioni, quando il prezzo si discosti da tale valore per un importo superiore a 350 milioni.

Altra considerazione. Trattandosi di norma del testo unico dell’imposta di registro, non sembra possa applicarsi sullo specifico punto la norma sul coacervo. Ma allora, quid iuris nell’ipotesi in cui, con atti separati, vengano trasferite partecipazioni che non ricadono singolarmente nelle sopra menzionate condizioni di applicabilità della presunzione di liberalità?

Ricorrendo i presupposti di applicazione della nuova disposizione, ci si deve chiedere quando il costo fiscale totale della cessione a titolo oneroso sia maggiore di quello da sostenersi in caso di donazione. Il dubbio è se si deve tenere conto anche dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, gravame che non colpisce i trasferimenti a titolo gratuito.

Un cenno da ultimo ad un problema applicativo della norma di non poco momento.

Atteso che alcune partecipazioni (le azioni) possono essere trasferite mediante girata, vi è da chiedersi se anche in questa ipotesi possa applicarsi la presunzione in esame. La risposta pare essere negativa atteso che la girata è fuori dall’ambito dell’imposta di registro.

6. INVIM ED IMPOSTA SOSTITUTIVA DELL’INVIM

L’art. 69 della legge n. 342/2000, al primo comma, prevede esplicitamente che alle successioni e alle donazioni “non si applica” – con la decorrenza prevista all’ultimo comma - l’imposta INVIM né la imposta sostitutiva dell’INVIM prevista dal d.l. n. 79/1997 convertito in legge n. 140/1997.

7. NORMA ANTIELUSIVA

L’art. 69, comma 7, estende al campo delle successioni e donazioni le disposizioni antielusive di cui all’art. 37-bis del d.p.r. n. 600/1973.

La stessa norma specifica che tali disposizioni, così come quelle sopra ricordate relative alla lettera d-bis dell’art. 47 del d.lgs. n. 346/1990, si applicano “ai fatti accaduti e agli atti comunque formati successivamente alla data del 1° luglio 2000”.

8. RINVIO A SUCCESSIVI REGOLAMENTI

L’art. 69, comma 8, rinvia ad uno o più regolamenti con cui saranno disciplinati i procedimenti concernenti la liquidazione, l’accertamento e la riscossione, sia attraverso una semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti, sia attraverso la introduzione della “autoliquidazione”.

9. ABROGAZIONI

Si prevede la abrogazione delle disposizioni di legge “incompatibili” a far tempo dalla approvazione dei regolamenti di cui al comma 8.

Sebbene appaia discutibile il ricorrere a norme di rango inferiore per modificare norme di rango superiore, sarà opportuno che i regolamenti medesimi abbiano a specificare espressamente le norme che si intendono abrogate essendo in caso contrario ben complicato stabilire di che norme si tratti.

Si prevede altresì la produzione di nuovi modelli di dichiarazione adeguati in base alla novella.

Nelle more dovranno ritenersi correttamente presentate le dichiarazioni sulla base dei modelli esistenti.


(1) Come ricorda GAFFURI, L'imposta sulle successioni e donazioni, Padova 1993, p. 6.
(2) Merita ricordare, non per ragioni di mero piacere didascalico, che l'imposta sulle successioni ha avuto alterne fortune nel nostro ordinamento:

  • la introduzione della aliquota progressiva a scaglioni (che con la novella viene a cessare), ad opera della legge Carcano n. 25 del 23 gennaio 1902, successivamente inasprita nel 1911 e 1914;
  • nel 1923 il governo fascista abolì l'imposta nell'ambito del nucleo familiare con mitigazione delle aliquote per gli altri gradi, giusta il d.l. 2 agosto 1923 n. 1082 in vigore dal 9 luglio 1923;
  • le nuove norme furono poi trasfuse nel primo testo organico di legge sulle successioni, reso autonomo dalla disciplina del registro e cioè nel r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, testo poi modificato nel 1930, nel 1935, nel 1945, nel 1949, nel 1954, nel 1955, nel 1961 e nel 1962 (dette modifiche in parte mitigarono la esenzione sopra prevista).

(3) Con tempestività assai insolita il Ministero delle finanze, con la circolare 207/E del 16 novembre 2000, emanata prima della pubblicazione del provvedimento in gazzetta ufficiale, ha provveduto a fornire i "Primi chiarimenti" al collegato alla Finanziaria 2000.
(4) Si riportano alcuni stralci delle norme contenute nel testo del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 che potranno aiutare nel prosieguo della presente trattazione.
Disponevano infatti gli articoli:
Art. 2. La tassa di successione , di regola, è progressiva e si applica alle eredità od alle singole quote, se gli eredi sono più, ed ai legati con aliquote crescenti secondo gli scaglioni in cui è ripartito il valore imponibile dell'eredità, delle quote di eredità o legati. Nei casi specialmente indicati dalla legge è proporzionale e si applica con aliquote costanti, qualunque sia il valore imponibile. (erano allora soggetti ad aliquota proporzionale i lasciti a corpi morali…a provincie e comuni…alle fondazioni ecc.);
sotto il titolo "Dei beni soggetti alla tassa di successione":
Art. 20. I beni indicati nell'articolo 1 sono soggetti alla tassa di successione quando si trovano nel Regno al momento in cui la successione si apre, indipendentemente dal luogo della morte dell'autore e della qualità di lui di cittadino italiano o straniero.
Non sono soggetti a tassa i trasferimenti di beni sì immobili che mobili esistenti fuori del territorio del Regno…(omissis)
Art. 31. ...nelle trasmissioni a causa di morte si presume l'esistenza:
di gioielli e denari per un valore in ragione del 2% del valore totale degli altri beni dell’eredità al lordo del passivo; di mobilia per un valore in ragione del 5% del valore totale, pure lordo ,degli altri beni ereditari, compresi i gioielli e il denaro ancorché valutati in via presuntiva…(omissis) (seguiva nel medesimo articolo la possibilità di vincere la presunzione con l'inventario); sotto il titolo "Deduzione di passività":
Art. 45. Sono ammessi in deduzione dall'asse ereditario i debiti certi e liquidi legalmente esistenti al momento della aperta successione risultanti da atto pubblico o da sentenza passata in giudicato. Tanto l'atto pubblico quanto la sentenza debbono essere di data anteriore all'apertura della successione … Il richiamo di cui sopra vuole sottolineare che anche sotto il vigore del cessato T.U. era comunque prevista la formazione di un attivo ereditario unitario sul quale veniva calcolata la presunzione e dal quale venivano detratte le passività prima di andare a determinare la consistenza delle singole quote sulle quali poi doveva esser applicato il tributo successorio.
(5) Va detto peraltro che sotto il vigore del T.U. del 1923, che non conosceva la "globale", all'art. 66 espressamente si prevedeva che…Sono solidalmente tenuti verso l'Amministrazione dello Stato:
1° per le tasse sui trasferimenti a causa di morte ciascuno degli eredi per la totalità delle tasse, salvo il regresso verso gli altri coeredi ed i legatari; i legatari per le tasse relative ai beni a ciascuno di essi devoluti…. (con ciò chiaramente affermandosi che il debito tributario era da considerarsi unico ancorché ripartito ai fini del suo calcolo con le modalità sopra evidenziate).
Vi è poi implicitamente una presa di posizione nella circolare n. 207/E citata laddove, trattando della liquidazione in vita del tributo successorio, si afferma che, in tale ipotesi, essendo il pagamento fatto da soggetto diverso da quello tenuto al pagamento dell'imposta di successione, non si ha solidarietà passiva, con ciò facendo ritenere che negli altri casi la solidarietà sussista.
(6) Cfr. CNN-Commissione studi tributari, Imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali, studio 85/99/T del 17 dicembre 1999, est. Giunchi-Monteleone; circolare Min. Fin. 24 maggio 2000, n. 109/E.
(7) Angelo Busani in Il Sole 24 Ore del 12 novembre 2000, pag. 11.
(8) Il principio è fatto proprio dalla circolare 207/E citata che, con dizione forse non eccessivamente felice, espressamente prevede che «il nuovo regime tributario deve essere applicato a tutte le dichiarazioni di successione che possono essere regolarmente presentate dopo il 31 dicembre 2000 nel rispetto dei termini previsti dall'art. 31, commi 1 e 2 del testo unico ma altresì a quelle presentate prima di tale data, in anticipo rispetto al termine di decadenza » (il riferimento alla decadenza è sicuramente un refuso materiale dovendosi intendere il termine come "scadenza").
(9) Ancorché tale fattispecie tipica formi oggetto di ampio dibattito in dottrina circa le sue possibili implicazioni fiscali.
(10) Al riguardo la circolare n. 207/E è esplicita nel prevedere tra le fattispecie disciplinate dalla norma quella concretizzantesi nella evidenziazione in atto della circostanza che il pagamento è avvenuto da parte del soggetto "donante".
Non ci si può nascondere che tale ipotesi peraltro si presta da un punto di vista civilistico a considerazioni che ben meriteranno un successivo approfondimento, anche in relazione all'orientamento giurisprudenziale che vuole il pagamento fatto dal genitore donante non come donazione del denaro ma come donazione del bene.
(11) La legge n. 104/1992, all'art. 3 comma 1, qualifica persona handicappata «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione» e prevede poi al comma 3 che «qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità».
(12) Sembra un chiaro errore materiale avere ricompreso tra i beneficiari anche quelli "per rappresentazione".
(13) Il riferimento è sicuramente al testo dell'articolo novellato e sembra volere dire che, ove il beneficiario abbia ricevuto donazioni dal de cuius in vita e non sia stato sottoposto a tassazione perché ivi ha usufruito della franchigia, non può tale franchigia essere nuovamente utilizzata in sede successoria dal medesimo soggetto, sino a concorrenza dell'importo già sfruttato.
Non pare che il nuovo testo normativo lasci spazio a dubbi laddove prevede espressamente che la erosione della franchigia si ha nei limiti degli importi di cui si è goduto in sede di donazione, essendo chiaro che se la donazione era per un importo eccedente la franchigia, in tale sede la eccedenza è stata tassata e non può più rilevare in sede successoria.
(14) Deve sicuramente trattarsi di un refuso, non avendo più alcun senso una norma che considera le donazioni "ai fini dell'aliquota applicabile", dato che l'aliquota è ormai proporzionale e quindi nessuna influenza sulla stessa possono avere donazioni precedenti.
(15) Si ricorda che, come già accennato sopra nel testo, con la abrogazione della tariffa, modificata dalla finanziaria 2000, viene meno l'aumento della franchigia a cinquecentomilioni previsto a partire dal 1° gennaio 2001.
(16) Questa pare la posizione della amministrazione che nella circolare prevede che «…l'importo sarà forfettizzato con riferimento alle quote attribuite ai singoli beneficiari » senza peraltro entrare nel merito delle modalità di calcolo.
Sul delicato problema dell’applicazione della presunzione che, pertanto, verrebbe probabilmente sterilizzata integralmente nel caso di minori o persone con handicap riconosciuto grave, merita menzione una recente presa di posizione della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 5773 dell'8 maggio 2000, in Il Sole 24 Ore del 22 giugno 2000, pag. 23) la quale in pratica afferma che la presunzione del dieci per cento è presunzione semplice, vincibile dal contribuente solo con l'inventario, in difetto di che lascia libera l'amministrazione di contestare detto limite, con presunzioni semplici affidate al prudente apprezzamento del giudice.
Il problema meriterà sicuramente futuri approfondimenti.
(17) Sopravvivono invero nel testo non emendato del d.lgs. n. 346/1990 (si pensi all'art. 12) vari riferimenti all'articolo abrogato, riferimenti che potrebbero essere considerati semplici refusi se non ad esempio per quel che riguarda il disposto dell'art. 22 laddove esclude dalla detraibilità i debiti ereditari del defunto degli ultimi sei mesi se non nei casi previsti dall'art. 10 (ora abrogato).
Si può ben pensare che il riferimento debba intendersi implicitamente abrogato, ma ciò porterebbe alla conseguenza di una assoluta indetraibilità di tali debiti.
Più opportuno allora pensare ad una abrogazione implicita totale di tale limite (anche se tale ultima lettura pare più un auspicio che una concreta soluzione) almeno valendosi della norma residuale della novella che prevede la abrogazione di tutte le disposizioni "in contrasto" con la novella medesima.
(18) Si consideri per la posizione dell'amministrazione la Circolare Ministeriale 67/E-IV-9-540 del 5 marzo 1997.
(19) La Circolare n. 207/E prende posizione nel senso di ritenere apoditticamente applicabile al caso della successione requisiti e decadenze previste dalla norma di registro e facendo riferimento al riguardo alla circolare n. 1/E del 2 marzo 1994.

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