Decadenza dalle c.d. agevolazioni "prima casa"
Decadenza dalle c.d. agevolazioni "prima casa"
di Luigi Bellini
Nicola Forte
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 100/2003/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 2/2004, p. 828 ss..

1. Introduzione

Con il comma 5 dell'art. 41 bis , contenuto nella legge n. 326 del 24 novembre 2003 (1) , e rubricato "Altre disposizioni in materia tributaria", viene sostituito il secondo periodo dell'art. 1, nota II bis , comma 4, della parte prima della Tariffa allegata al Testo Unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro - d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131.

Per comprendere la portata della modifica è bene ricordare che il predetto comma 4, nel comminare la decadenza in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici c.d. "prima casa", prima del decorso di cinque anni dalla data dell'acquisto, stabilisce il pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, e una sopratassa (ora, sanzione amministrativa), pari al 30 per cento delle stesse.

Nel secondo periodo è stabilito che se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio del registro presso cui sono stati registrati i relativi atti, deve recuperare nei confronti degli acquirenti una penalità (ora, sanzione amministrativa) pari alla differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, aumentata del 30 per cento.

Appare dunque evidente come la stessa situazione di decadenza di un contribuente che ha acquistato da un privato e che, quindi, ha pagato l'imposta di registro, sia diversa da quella di un contribuente che ha acquistato da una impresa, con il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto. Mentre il primo, infatti, è costretto a pagare l'intera differenza tra l'imposta ordinaria e quella agevolata, il secondo, utilizzando l'istituto del ravvedimento, di cui all'art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, o della riduzione della sanzione ad un quarto di cui all'art. 16, comma 3, in caso di definizione di controversia senza ricorso, può ridurre notevolmente l'importo costituito dalla differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata. E questo perché tale differenza è considerata dalla norma - che ora viene modificata - penalità (ora, sanzione amministrativa) e non imposta.

Con la novella si elimina questa irragionevole differenza poiché la nuova disposizione recita: " Se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima ". Tuttavia, dalla norma appaiono scaturire problemi applicativi riguardanti soprattutto la fase transitoria, e cioè il passaggio alla nuova disciplina delle sanzioni, e la possibilità di fruire del c.d. ravvedimento operoso previsto dal citato art. 13.

2. Le nuove regole per le sanzioni e la "definizione in via breve"

E' necessario ora comprendere la portata applicativa della nuova disposizione per ciò che riguarda la "definizione in via breve" (2) delle sanzioni eventualmente irrogate, e a proposito del ravvedimento operoso. A tal fine si deve indagare sulla natura della somma che l'ufficio recupera dal contribuente il quale ha indebitamente fruito, al momento dell'acquisto dell'immobile, dell' Iva agevolata al 4 per cento (3) . Si tratta di un aspetto essenziale in quanto, ove si attribuisse a tale somma la natura di imposta, le modalità di determinazione degli importi dovuti per la definizione della violazione commessa muterebbero notevolmente.

Deve però premettersi che la soluzione che si prospetta sembra essere l'unica possibile in base ad un'interpretazione letterale della nuova disposizione. Infatti, il legislatore, dopo aver previsto il recupero della differenza di imposta così dispone: "nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima". Essendo solo quest'ultima espressamente definita come sanzione è evidente che alla differenza non può che essere attribuita la natura di imposta.

D'altra parte la stessa conclusione può essere sostenuta in base ad un'interpretazione sistematica. L'intento del legislatore è quello di prevedere le stesse conseguenze ai fini dell'imposta di registro e ai fini Iva laddove il contribuente abbia fruito indebitamente delle agevolazioni previste per l'acquisto della prima casa. Infatti, prima della modifica introdotta con la legge n. 326/2003, le violazioni commesse in tema di imposta di registro, potevano essere definite ad un costo maggiore rispetto ai casi in cui le medesime violazioni fossero state commesse in relazione all'acquisto di un immobile soggetto ad Iva. In quest'ultimo caso l'ufficio poteva solo irrogare una penalità. Pertanto, il versamento di un importo pari ad un quarto di essa, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla notifica dall'atto di contestazione, senza la presentazione del ricorso, era sufficiente per ottenere la definizione della potenziale controversia. In materia di registro, invece, la disposizione prevedeva il recupero dell'intera imposta, oltre ad una sanzione del 30 per cento; la possibilità di fruire della definizione "in via breve" obbligava ad effettuare il versamento dell'intero tributo, oltre alla sanzione ridotta ad un quarto.

La ratio della modifica normativa è proprio quella di prevedere le stesse conseguenze fiscali per le violazioni commesse, in tema di agevolazioni in relazione all'acquisto di un immobile soggetto ad imposta di registro o ad Iva. Il legislatore ha dunque inteso eliminare un ingiustificato trattamento di favore. Al fine di ottenere tale risultato ha dovuto modificare la norma precedentemente in vigore, richiedendo ora una somma a titolo di sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della maggiore imposta, oltre alla differenza tra l'imposta agevolata e quella determinabile secondo i criteri ordinari. Tale differenza non può che assumere la natura di imposta. Per comprendere la portata della novità si consideri il seguente esempio, riguardante il trasferimento di un immobile soggetto ad Iva:

- Iva calcolata secondo i criteri ordinari = 30.000

- Iva agevolata = 12.000

- differenza recuperata dall'ufficio = 30.000 - 12.000 = 18.000

Secondo la previgente disciplina l'ufficio richiedeva

- una penalità pari alla maggiore imposta (in pratica la differenza) aumentata del 30 per cento. Quindi 18.000 + 18.000 X 30% = 23.400

- la definizione in via breve poteva essere effettuata versando la penalità ridotta ad un quarto. Quindi 23.400 X 25% = 5.850

Secondo la nuova disciplina l'ufficio richiederà

- la differenza d'imposta pari a 18.000

- una sanzione amministrativa pari al 30% della differenza. Quindi 18.000 X 30% 5.400

- la definizione in via breve potrà essere effettuata versando l'intera maggiore imposta, oltre la sanzione ridotta ad un quarto. Quindi 18.000 e il 30% calcolato sullo stesso importo, ridotto ad un quarto, pari a 1.350 (5.400 X 25%), per un ammontare complessivo di 19.350.

Il costo della definizione della controversa potenziale, da effettuarsi ai sensi dell'art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, dopo l'entrata in vigore della legge n. 326/2003, è senz'altro maggiore. Il contribuente dovrà ora versare 19.350 euro, come d'altra parte si verifica per le contestazioni in materia di imposta di registro, invece di 5.850 euro.

3. La fase transitoria: il passaggio alla nuova disciplina

Dall'esame della nuova disposizione emerge chiaramente come la definizione degli atti di contestazione, dovuti alla decadenza dalle agevolazioni in relazione all'acquisto di un immobile soggetto ad Iva, sia più onerosa rispetto al passato. Ciò non significa, però, che la modifica normativa dia luogo all'applicazione di una maggiore sanzione. Al contrario, il legislatore ha previsto l'applicazione di una minore sanzione rispetto alla normativa previgente, attribuendo alla residua somma richiesta al contribuente per effetto dalla decadenza dall'agevolazione, la natura di imposta. La scelta è stata effettuata consapevolmente proprio con l'intento di equiparare la normativa Iva a quella prevista in tema di imposta di registro (4) .

In considerazione della diminuzione della sanzione amministrativa prevista dalla nuova norma, occorre domandarsi se possa essere applicato, durante la fase transitoria di passaggio alla nuova disciplina, il principio di legalità previsto dall'art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997 (5) . Il dubbio nasce per il fatto che la nuova norma prevede l'attribuzione di una diversa natura alle somme eventualmente richieste dagli uffici con gli atti di contestazione, ma gli importi dovuti rimangono esattamente gli stessi. In passato, la decadenza dalle agevolazioni richieste per un atto soggetto ad Iva, comportava nei confronti dell'acquirente solo l'irrogazione di una penalità. Ora, con la nuova norma, sarà richiesta la stessa somma avente in parte natura di imposta (6) , ed in parte natura di sanzione amministrativa.

La verifica dei presupposti che rendono possibile l'applicazione del principio di legalità deve essere effettuata con riferimento alle sole sanzioni. Risulta dunque irrilevante che l'applicazione della nuova disposizione non determini una diminuzione dell'onere complessivo. Ciò che conta è solo la misura della sanzione amministrativa irrogabile prevista, secondo la nuova disciplina, in ragione della più favorevole percentuale del 30 per cento. D'altra parte il comma 3 dell'art. 3 richiamato è sufficientemente chiaro laddove stabilisce "se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di diversa entità, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo".

Occorre ora domandarsi quali sanzioni siano applicabili se l'acquirente, decaduto dalle agevolazioni Iva per l'acquisto della prima casa abbia ricevuto, prima dell'entrata in vigore della legge n. 326/2003, la notifica di un atto di contestazione. Nel caso di specie l'atto dovrebbe riportare la sola indicazione di una penalità pari alla differenza di imposta tra quella calcolata secondo i criteri ordinari e quella determinata mediante l'applicazione dell'aliquota agevolata ulteriormente aumentata del 30%. Tale differenza è rilevante ai soli fini del computo della penalità, ma nessuna maggiore imposta poteva essere richiesta, secondo la previgente normativa, al contribuente. Ora, invece, la nuova disposizione, entrata in vigore il 26 novembre 2003, prevede l'irrogazione della sanzione nella minore misura del 30 per cento. Pertanto, in applicazione del principio di legalità si deve fare riferimento alla legge più favorevole anche se successiva rispetto al momento in cui è stata commessa la violazione. Il contribuente sarà dunque soggetto alla sanzione nella misura inferiore del 30 per cento che potrà anche definire in via breve, con la riduzione ad un quarto, secondo quanto previsto dall'art. 16, comma 3 del D.Lgs. n. 472/1997. Si ritiene, invece, che l'ufficio non possa richiedere la maggiore imposta. Infatti, l'atto di contestazione è stato notificato alla parte durante il periodo di vigenza della precedente disposizione la quale prevedeva solo l'irrogazione di una penalità (7) . D'altra parte, sostenere una conclusione diversa, e cioè considerare legittima un'eventuale richiesta in tal senso da parte degli uffici, significherebbe svuotare di significato la nuova norma.

Ulteriori problemi potrebbero sorgere qualora, alla data di entrata in vigore della nuova disposizione (8) , non siano stati ancora notificati gli atti di contestazione per le violazioni commesse durante il periodo di vigenza della precedente disciplina (9) . Per quanto riguarda le sanzioni non dovrebbero sorgere particolari dubbi ritenendosi applicabile, anche in tale circostanza, il principio di legalità. Gli atti di contestazione che saranno notificati nei prossimi mesi, ancorché riferibili a violazioni commesse in precedenza, dovrebbero già indicare la sanzione amministrativa nella misura inferiore del 30 per cento. In caso contrario i destinatari di tali atti potranno far valere le proprie ragioni invocando l'applicazione del predetto principio.

Le maggiori preoccupazioni riguardano, invece, l'atteggiamento che assumeranno gli uffici a proposito dell'eventuale richiesta delle maggiori imposte dovute a seguito della decadenza dai benefici richiesti. E' possibile che i locali uffici dell'Agenzia delle entrate, dopo l'entrata in vigore della disposizione che prevede il recupero della maggiore imposta anche per gli atti soggetti ad Iva, richiedano tali somme indipendentemente dal periodo in cui siano state commesse le violazioni.

Il comportamento ora prospettato sembra essere ammissibile nella sola ipotesi in cui la nuova disposizione possa essere qualificata come una norma meramente procedimentale e, quindi, non avente natura sostanziale. Solo in tale circostanza sarebbe possibile richiedere tali somme essendo irrilevante il periodo in cui sono state commesse le irregolarità. Diversamente, attribuendo alla nuova norma natura sostanziale, dovrà tenersi conto che gli uffici dell'Agenzia non possono effettuare l'anzidetto recupero. Non sembrerebbe possibile, anche per gli atti di contestazione notificati dopo l'entrata in vigore della legge n. 326/2003, purché riferibili a violazioni commesse in passato, richiedere, oltre alle sanzioni, ulteriori importi.

E' stato già osservato come la modifica normativa determini un maggior onere per il contribuente laddove si intenda definire l'atto di contestazione "in via breve" ai sensi dell'art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/97. Ciò sembra essere già di per sé sufficiente per attribuire alla nuova norma natura sostanziale. D'altra parte si deve considerare anche quanto indicato dallo statuto del contribuente (10) il quale prevede, con l'art. 3, comma 1 che "le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo". Né può sostenersi, per le violazioni commesse in passato, la natura interpretativa della nuova disposizione. Anche in tale circostanza, oltre alle argomentazioni già fornite, sarà possibile rifarsi all'art. 1, comma 2 dello statuto del contribuente in base al quale "L'adozione di nome interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica".

Non sembra quindi possibile che gli uffici richiedano, per le violazioni commesse durante il periodo di vigenza della precedente normativa (11) , oltre la sanzione amministrativa del 30 per cento, anche la maggiore imposta per il fatto che il contribuente ha indebitamente fruito delle agevolazioni previste per l'acquisto della prima casa.

4. Il ravvedimento operoso

Occorre ora verificare la possibilità di regolarizzare, mediante l'applicazione dell'art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, le violazioni commesse con la richiesta delle agevolazioni (non spettanti) per l'acquisto della prima abitazione. Le perplessità riguardano soprattutto l'ipotesi di acquisto di immobili soggetti ad Iva.

Ai fini del ravvedimento, e quindi per beneficiare dell'applicazione della sanzione ridotta, è essenziale che il contribuente provveda spontaneamente al versamento del tributo omesso. Il meccanismo di applicazione dell'Iva non consente, però, di soddisfare tale condizione. E' il cedente, infatti, che attraverso l'esercizio della rivalsa, addebita il tributo al cessionario versandolo successivamente e cumulativamente all'Iva relativa alle altre operazioni (al netto delle detrazioni sugli acquisti) all'erario. Prima di approfondire ulteriormente tale problema, riguardante le modalità di versamento del tributo, è opportuno effettuare qualche considerazione generale sulla possibilità di fruire del ravvedimento operoso. Ciò indipendentemente dalla circostanza che il trasferimento dell'immobile oggetto di acquisto sia soggetto all'imposta di registro, oppure ad Iva.

A tal fine è utile ricordare le prime considerazioni del Ministero delle finanze, contenute nella Circolare n. 192 del 23 luglio 1998, emanata a commento dell'introduzione dell'istituto del ravvedimento operoso previsto dal citato art. 13 che ha rappresentato, in materia di imposta di registro, una novità assoluta. L'amministrazione finanziaria, esaminando le principali fattispecie di violazioni regolarizzabili, ha ricordato come le modalità per fruire del ravvedimento dovessero subire qualche adattamento in materia di imposta di registro.

Il principio ricordato assume, quindi, una particolare rilevanza in quanto vuol significare la possibilità di adattare le regole dettate in tema di ravvedimento operoso in quelle situazioni che non rendono agevole l'applicazione dell'art. 13. Non è metodologicamente corretto, quindi, rimanere rigidamente legati al dato meramente letterale dell'art. 13 dovendo tentare di superare le difficoltà facendo ricorso ad un'interpretazione di tipo sistematico.

Prima di esaminare l'applicabilità dell'istituto per le ipotesi di decadenza dalle agevolazioni per l'acquisto della prima casa, si deve ricordare come l'Agenzia delle entrate non abbia mai fornito alcun chiarimento sulla possibilità di ricorrere a tale forma di regolarizzazione. Tuttavia non è possibile individuare alcuna valida ragione per sostenere una soluzione negativa. Le modalità per potervi ricorrere dovrebbero essere quelle indicate nell'art. 13, comma 3.

Di conseguenza non risulta neppure che siano state fornite le istruzioni necessarie per fruire, nell'ipotesi prospettata, dell'anzidetto "ravvedimento". Non potrà mettersi in dubbio che il contribuente, una volta commessa la violazione (12) , dovrà presentare un'istanza, attivandosi spontaneamente, al fine di manifestare espressamente (13) la volontà di regolarizzare l'operazione (14) . Tale istanza è necessaria al fine di precedere la rilevazione della violazione da parte dell'ufficio che, una volta avvenuta, non renderebbe più possibile la regolarizzazione dell'operazione.

In tal caso, come previsto espressamente dal comma 3, "quando la liquidazione deve essere eseguita a cura dell'ufficio, il ravvedimento si perfeziona con l'esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione". La disposizione ora citata fa riferimento all'attività di liquidazione dell'ufficio intendendo riferirsi, però, non alla determinazione del 'imposta principale, ma alla quantificazione della maggiore imposta per effetto della decadenza dall'agevolazione richiesta nell'atto di acquisto. Non è discutibile, infatti, che tale attività debba essere svolta unicamente dall'Agenzia delle entrate. Pertanto, il contribuente, dopo aver manifestato la volontà di avvalersi del "ravvedimento operoso", non potrà versare spontaneamente il tributo, gli interessi e le sanzioni ridotte. Sarà necessario attendere la richiesta di versamento da parte dell'ufficio, da eseguire nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell'atto. Solo così potrà considerarsi perfezionata la regolarizzazione dell'omissione.


(1) Pubblicata nel S.O. della G.U. n. 274 del 25 novembre 2003, e che ha convertito, con modificazioni il D.L. n. 269/2003
(2) Con tale espressione si intende la possibilità, prevista dall'art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, di definire l'atto di contestazione senza proporre ricorso versando, entro lo stesso termine per impugnare l'atto (60 giorni), le maggiori imposte e le sanzioni ridotte ad un quarto.
(3) Le violazioni che potrebbero dare luogo al recupero della differenza di imposta tra gli importi determinati applicando il regime ordinario e quelli calcolati in regime agevolato riguardano i casi in cui:
a) fin dall'origine non sussistevano i requisiti previsti dalla legge per fruire dell'agevolazione relativa all'acquisto della prima casa;
b) successivamente si è verificata una causa di decadenza dai benefici.
(4) Si è così voluto evitare che il contribuente potesse trarre un ingiustificato vantaggio, nel caso di decadenza dalle agevolazioni richieste per un immobile soggetto ad imposta sul valore aggiunto, definendo la violazione commessa (ai sensi dell'art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/97) con un onere inferiore rispetto al caso in cui avesse acquistato lo stesso immobile soggetto ad imposta di registro
(5) " Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di diversa entità, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo".
(6) Pari alla differenza tra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicata senza agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata
(7) Al fine di sostenere la tesi opposta, secondo la quale l'applicazione della minore sanzione agli atti non divenuti definitivi, e notificati prima dell'entrata in vigore della legge n. 326/2003, sarebbe possibile solo versando integralmente la maggiore imposta dovuta, non vale richiamare il contenuto della circolare n. 22/E, del 28 aprile scorso, dell'Agenzia delle entrate. In particolare, al punto 8.2 della predetta circolare, avente ad oggetto l'esame delle sanatorie previste dalla legge n. 289/2002, l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che fosse possibile definire l'indebita fruizione di un'agevolazione tributaria consistente nell'applicazione dell'aliquota Iva agevolata nella misura del 4 per cento. Secondo tale orientamento è applicabile il comma 1- bis dell'art. 11 che fa riferimento alle maggiori imposte indirette dovute nel caso in cui il contribuente si sia avvalso, senza averne diritto, di un regime fiscale agevolativo, per gli atti, scritture, denunce e dichiarazioni soggette ad imposta. L'Agenzia delle entrate ha osservato che il predetto comma 1- bis "non individua espressamente i tributi per i quali è ammessa la definizione agevolata", ritenendo quindi che la violazione consistente nell'aver assolto l'Iva in misura inferiore rispetto a quella dovuta potesse essere definita ai sensi del citato art. 11. In tale circostanza l'Agenzia delle entrate ha affermato che, nel caso di un atto soggetto ad Iva, solo la maggiorazione del 30 per cento ha natura sanzionatoria. Invece, all'ulteriore somma, che sarebbe richiesta in conseguenza dalla decadenza dalle agevolazioni previste per l'acquisto della prima abitazione, in misura pari alla differenza tra l'imposta ordinaria e quella agevolata, dovrebbe essere attribuita la natura di imposta. Ciò anche durante il periodo di vigenza della precedente disciplina. Tale affermazione sembrerebbe porsi in contrasto con quanto affermato dalla stessa Amministrazione finanziaria con la circolare n. 1 del 2 marzo 1994, ma in realtà non è così. In quella circostanza si affermò chiaramente che nella nozione di penalità prevista dalla normativa in vigore doveva essere compresa "sia la differenza di imposta ... sia la maggiorazione del 30% applicata sulla differenza medesima". La diversa opinione espressa in proposito con la circolare in tema di sanatorie fiscali si pone in contrasto con la precedente pronuncia. Ciò in quanto l'attribuzione della natura sanzionatoria limitatamente alla maggiorazione del 30 per cento e non, invece, all'intero importo [1] è stata fatta al solo scopo di consentire al contribuente di fruire della sanatoria di cui all'art. 11, comma 1- bis della legge n. 289/2002. L'Agenzia delle entrate si è ben resa conto che, con una lettura della disposizione previgente eccessivamente rigorosa, il contribuente che aveva acquistato un immobile soggetto ad Iva, fruendo indebitamente delle agevolazioni, non avrebbe potuto beneficiare della sanatoria di cui al citato art. 11. Infatti, la definizione era ammessa dietro pagamento delle maggiori imposte, senza sanzioni ed interessi, risultanti dalla differenza dell'importo dell'imposta calcolato tenendo conto delle suddette agevolazioni e quello dovuto se le agevolazioni non si fossero applicate. Pertanto, ove l'Agenzia delle entrate avesse ritenuto di dover attribuire alla differenza così determinata la natura di sola "penalità", il contribuente, in mancanza di un'imposta da versare, si sarebbe trovato nella reale impossibilità di beneficiare della sanatoria. L'affermazione contenuta nella circolare n. 22/E deve essere quindi circoscritta al contesto delle sanatorie di cui alla citata legge. Negli altri casi, invece, si ritiene di poter condividere quanto affermato con la precedente circolare n. 1 del 2 marzo 1994: la differenza tra l'imposta ordinaria e quella agevolata, durante il periodo di vigenza della norma ora modificata, ha natura di penalità. Conformi gli studi n. 99/2000/T e n. 25/2001/T della Commissione studi tributari, approvati dal Consiglio Nazionale del Notariato rispettivamente in data 7 dicembre 2000 e 14 giugno 2001.
(8) 26 novembre 2003.
(9) Ad esempio, il contribuente potrebbe non aver trasferito entro i diciotto mesi successivi all'acquisto del bene la residenza anagrafica nel Comune di ubicazione dell'immobile. In questo caso la violazione deve considerare commessa durante il periodo di vigenza della precedente disciplina in tema di sanzioni se il termine di diciotto mesi spira inutilmente entro il 25 novembre 2003. Dal 26 novembre 2003 si applica, invece, la nuova disposizione. Pertanto, se il termine ultimo per effettuare il trasferimento della residenza cade successivamente alla predetta data, la violazione deve intendersi commessa durante il periodo di applicazione della nuova disposizione; oppure il contribuente potrebbe aver reso in un atto rogato entro il 24 novembre una dichiarazione errata (in quanto ancora possessore di una porzione di un immobile ubicato in altro comune ed acquistato con l'agevolazione). In questo caso la violazione si considera commessa alla data dell'atto notarile.
(10) L. 27 luglio 2000, n. 212, pubblicata nella G.U. n. 177 del 31 luglio 2000.
(11) Riguardanti gli atti di acquisto di immobili soggetti ad Iva.
(12) Il che può verificarsi, ad esempio, quando spira inutilmente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile il cui acquisito è oggetto di agevolazione, ovvero nel momento in cui viene rogato l'atto se l'acquirente dichiara di aver diritto all'agevolazione pur non essendo in possesso dei requisiti necessari previsti dalla legge.
(13) Con la presentazione di un apposita istanza.
(14) Prima ancora che l'irregolarità commessa sia constatata dai locali uffici dell'Agenzia delle entrate.

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