Finanziaria 2006 - La nuova disciplina tributaria delle cessioni di immobili abitativi ai fini delle imposte indirette (prezzo-valore)
Finanziaria 2006 - La nuova disciplina tributaria delle cessioni di immobili abitativi ai fini delle imposte indirette (prezzo-valore)
della Commissione studi tributari
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 116/2005/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 1/2006, p. 502 ss..
1. Generalità
La legge 266 del 23 dicembre 2005 (legge finanziaria per il 2006, in G.U. n.302, S.O. n.211/L, del 29.12.2005), in vigore dal 1° gennaio 2006, introduce il sistema del c.d. prezzo-valore nella disciplina dell'imposizione indiretta su talune "cessioni"di fabbricati ad uso abitativo.
La disposizione sull'imposizione indiretta, contenuta nel comma 497 dell'articolo 1, così recita: "In deroga alla disciplina di cui all'art. 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'art. 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Gli onorari notarili sono ridotti del 20 per cento ".
Lasciando inalterate le aliquote, la disposizione disciplina la base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, testualmente derogando al solo art. 43 del d.p.r. n. 131/1986 (T.U.R.) (che ancora detta base imponibile al "valore" del bene o del diritto trasferito), ma effettivamente anche in deroga alla previsione dell' art.51 T.U.R. commi 1 e 2 (secondo cui “si assume come valore dei beni o dei diritti, salvo il disposto dei commi successivi, quello dichiarato dalle parti nell'atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto. Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per quelli che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, si intende per valore il valore venale in comune commercio”)
Nella materia oggetto della nuova disciplina, in luogo del "valore venale", la base imponibile è quindi individuata nel "valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5" T.U.R., comunemente denominato valore catastale<(1) e, in deroga alla previsione di carattere generale, tale parametrazione è resa del tutto "indipendente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto”.
Pertanto, è consentito alle parti di dichiarare il "corrispettivo" della cessione in regime di "indifferenza fiscale" ai fini delle imposte indirette, purché l’acquirente esprima espressamente la sua scelta in tal senso.
Per meglio comprendere la valenza della scelta di politica legislativa occorre rammentare che la tradizionale regola dell’ imposizione sul valore venale in comune commercio aveva prodotto un contenzioso di dimensioni e costi cospicui, tanto da indurre il legislatore del T.U. dell’imposta di registro, memore delle passate esperienze delle valutazioni a “coefficienti”, ad introdurre l'istituto della c.d. valutazione automatica (art. 52, comma 4 T.U.R.: “non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore" al c.d. valore catastale).
Nonostante la suddetta “valutazione automatica”, non venne disinnescato del tutto il potenziale problematico della dicotomia corrispettivo-valore(2), come balza evidente sol che si abbiano presenti da un lato l’ autonoma sanzionabilità dell’occultazione del corrispettivo, ex art.72 T.U.R.(3) e, dall’altro, l’intatto potere di rettifica in assenza di presupposti applicativi di cui all'art. 52 comma 4° del T.U.R.(4)
Di fronte ad una previsione relativa agli immobili (art.51 comma 2 T.U.R.) che sembrava consentire il riferimento al solo valore, furono avanzate interpretazioni che, trascurando la complementare previsione dell'art. 52 comma 1 T.U.R., tentarono di dar corpo, ante litteram, al c.d. sistema prezzo-valore.
Ma l’ operazione era destinata all’insuccesso, di fronte al chiaro dettato normativo che metteva e tuttora mette in risalto il corrispettivo maggiore del valore, per cui è occorso un apposito intervento legislativo diretto ad introdurre il cennato sistema.
Anche il legislatore della novella ha dovuto, però, fare i conti con una moltitudine di interessi in gioco e, almeno nell'attualità, non ritenendo di introdurre una deroga generalizzata al sistema ordinario di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, ha escluso dal campo di applicazione soggettiva della nuova disciplina le cessioni in cui siano coinvolti soggetti che agiscono in regime d'impresa (commerciale) o soggetti diversi dalle persone fisiche.
Per le sole persone fisiche, la nuova disciplina apre, nel settore di riferimento, alla soluzione di una serie di problemi tra loro concatenati, consentendo di dichiarare il reale corrispettivo pattuito e di evitare tutte le problematiche connesse alla sua occultazione, senza determinare un aggravio di imposizione indiretta. Accoppiando a quello del prezzo-valore un sistema – anch’esso opzionale - di attenuazione dell'imposizione diretta (in aliquota fissa del 12,50 per cento), la novellazione sembra quindi creare tutte le premesse per l'emersione di una parte notevole dei corrispettivi dei negozi immobiliari, dalla cui rilevazione dovrebbe in seguito essere possibile l’adeguamento delle rendite catastali agli effettivi valori di mercato.
E qui emerge uno dei possibili scopi della manovra.
Una certa prudenza nell’introdurre un sistema in qualche misura rivoluzionario ha poi influenzato la delimitazione, sotto il profilo oggettivo, delle fattispecie attratte alla nuova disciplina, da cui rimangono fuori i fabbricati non abitativi ed i terreni diversi da quelli a destinazione edificatoria (che pure avrebbero potuto essere ricompresi nella "forfettizzazione" della base imponibile, rientrando anche essi nella disciplina dei commi 4 e 5 dell'art. 52 t.u.). Per inciso, ove dovesse permanere nel tempo la diversa regolamentazione di fattispecie oggettive che non presentano, sul punto, adeguate differenze in termini strutturali o funzionali, potrebbero sorgere seri dubbi di costituzionalità della cennata delimitazione(5).
Nessun dubbio, invece, sembra sorgere sulla legittimità anche costituzionale della "forfetizzazione" della base imponibile, operata mediante il riferimento ai parametri catastali: tale tecnica è da tempo utilizzata dal legislatore tributario in altri settori dell'ordinamento (si pensi alla disciplina dei redditi fondiari nel testo unico delle imposte sui redditi, contenuta negli artt. 25 e seguenti del d.p.r. n. 917/1986, ed all'analoga regolamentazione ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, contenuta nell'art. 5 del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504). Oltretutto, la nuova disciplina opera solo a vantaggio del contribuente: nei casi in cui il valore catastale sia superiore al reale corrispettivo, il contribuente non dovrà far altro che astenersi dall'esercitare l'opzione prevista dal comma 497, e le imposte di registro, ipotecaria e catastale saranno commisurate al corrispettivo pattuito, secondo le regole ordinarie.
E’ evidente che il risultato finale della manovra intanto potrà essere virtuoso in quanto ottenga da un lato l’affioramento dei reali valori degli immobili e dall’altro si completi con una diversa modulazione delle aliquote (la cui dimensione attuale non può non essere stata influenzata dalla bassa propensione al palesamento della base imponibile): se diretta solo ad aumentare il gettito mediante l’aumento dei “valori catastali”, l’ operazione “trasparenza” sarebbe fatalmente destinata all’insuccesso.
Come accennato, tra le novità della normativa in commento, un posto rilevante occupa anche la introduzione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze realizzate nel caso di "cessione" infraquinquennale a titolo oneroso di immobili non pervenuti per successione o donazione (e che non siano unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari), ovvero di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, la cui disciplina è data dal comma 496 dell'art.1 L.266/'05. Quest'ultima disciplina verrà analizzata in separato studio ma in questa sede preme evidenziare la disomogeneità dei presupposti previsti, rispettivamente, dai commi 496 e 497, sia sotto il profilo oggettivo (la nuova disciplina delle plusvalenze non è delimitata ai soli fabbricati abitativi, ma si estende addirittura ai terreni) che sotto quello soggettivo (non rileva, in quella sede, la qualifica soggettiva dell'acquirente, e per quanto concerne l'alienante non si richiede che lo stesso sia persona fisica, essendo sufficiente che non agisca nell'esercizio di impresa commerciale, arte o professione perché possa scattare la disciplina dei "redditi diversi"), sia sotto il profilo negoziale (il comma 496, delimitando l'ambito di applicazione della nuova disciplina dell'imposta sostitutiva, si riferisce alle "cessioni a titolo oneroso" mentre il comma 497 menziona semplicemente le “cessioni”), che sotto quello procedimentale.
La disciplina sommariamente descritta si inserisce comunque in un quadro complesso, caratterizzato dalla previsione di maggiori controlli fiscali sulle compravendite immobiliari e dalla inapplicabilità opzionale sia dei suddetti controlli, sia degli accertamenti previsti dall'art. 38 terzo comma del d.p.r. n. 600/1973 e dall'art. 52 primo comma del T.U.R.
Occorre, ora, analizzare in dettaglio i presupposti di applicazione del comma 497, e quindi della nuova disciplina delle imposte indirette.
2. Le fattispecie negoziali cui è applicabile la nuova disciplina
Il lessico utilizzato dal legislatore della novella al comma 497 per identificare i negozi interessati alla sua disciplina ("cessioni" tra persone fisiche) non è usuale in materia di imposte indirette e potrebbe leggersi come una limitazione della nuova imposizione alle fattispecie traslative in senso stretto.
Invero non solo un’analisi di altre leggi dalle quali il termine appare mutuato(6) ma lo stesso contenuto del derogato articolo 43 comma 1 lettera a) della legge di registro(7) inducono a ritenere la volontà del legislatore di ricomprendervi anche le fattispecie di acquisti derivativo-costitutivi e quindi non solo il trasferimento del diritto di proprietà e dei diritti reali di godimento ma anche la costituzione di tali ultimi diritti e comunque ogni negozio che sia assimilabile al trasferimento secondo la struttura dell’imposta di registro e di quella ipotecaria e catastale e quindi interessato alla definizione della base imponibile così come emerge dal modificato articolo 43 della legge di registro, ivi compresa la rinuncia pura e semplice ai suddetti diritti reali (articolo 1 comma 1 della tariffa parte prima allegata alla legge di registro).
L’esordio del legislatore nel comma “in deroga alla disciplina di cui all’art.43 del t.u……….”. sembra coerente con la sua volontà di applicare la nuova disciplina a tutte le ipotesi di cessioni disciplinate da tale articolo (limitatamente ai soggetti ed all’oggetto presi in considerazione).
Si rileva altresì che la norma non fornisce il termine “cessioni” dell’aggettivo qualificativo “onerose”, come il legislatore avrebbe dovuto fare se la sua volontà fosse stata interdittiva all’accesso alla nuova tassazione degli atti a titolo gratuito.
Tale interpretazione collima, oltre che con riferimento alla analoga terminologia usata in materia di imposta sul valore aggiunto, anche con la ratio della norma, che sembra essere quella di predisporre le condizioni per una determinazione dei valori degli immobili più corrispondente alla realtà economica e pervenire quindi ad una più congrua attribuzione di rendita catastale.
Al fine della “emersione” di tali valori, appare evidente la rilevanza della occultazione del valore del bene immobile anche nelle cessioni a titolo gratuito che non sostanzino donazione, nei contratti quali la permuta e la transazione, in negozi tributariamente assimilabili alle “cessioni”, quali le divisioni con conguaglio(8) e il mandato irrevocabile con dispensa dall’obbligo di rendiconto e comunque in ogni negozio in cui sia in astratto possibile occultare in tutto o in parte il valore del bene e per il quale la determinazione della base imponibile sia effettuata con riferimento al novellato articolo 43 del T.U.R.
In tal senso e per le suddette ragioni, la nuova disciplina si estenderà ai negozi aventi causa solutoria o comunque esterna, e agli atti costitutivi di rendite o pensioni, ove il valore dei beni ceduti costituti da fabbricati abitativi sia superiore a quello della rendita.
La opportunità della scrittura, per tali ultimi negozi, di una peculiare disciplina della loro base imponibile (contenuta nell’articolo 46 del t.u.r.) non esclude - anzi necessariamente comporta - la applicazione dell’articolo 43 t.u.r. qualora debba procedersi alla determinazione del valore dei beni ceduti.
Quanto alle fattispecie disciplinate dall'articolo 44 t.u.r. (relativo a trasferimenti in sede di espropriazione forzata e coattivi), è da rilevare che questa previsione normativa indica la base imponibile con riferimento al prezzo e non al valore, per cui in esse non esistono elementi per una loro attrazione nell’ambito della novella.
Relativamente poi agli atti giudiziari nei quali il trasferimento avvenga ad opera del giudice sembra che la novella non possa trovare applicazione per ragioni legate alle modalità procedimentali delle relative fattispecie, e segnatamente per l'assenza dell'intervento notarile.
Non sembra vi sia ragione per sostenere che la norma portata dal comma 497 in oggetto non trovi applicazione anche ai contratti a prezzo indeterminato, di cui all’articolo 35 t.u. per il quale “l' imposta è applicata in base al valore dichiarato dalla parte che richiede la registrazione, salvo conguaglio o rimborso dopo la determinazione definitiva del corrispettivo, da denunciare a norma dell’art.19”.
3. Il presupposto oggettivo. Immobili ad uso abitativo e relative pertinenze
La disposizione in commento si applica soltanto alle cessioni di "immobili ad uso abitativo e relative pertinenze".
Immobili ad uso abitativo sono tutti quelli suscettibili di essere adibiti ad abitazione, senza che rilevi l'effettiva utilizzazione.
Condizione di funzionamento della regola è che si tratti di fabbricati (o porzioni) censiti in catasto con attribuzione di rendita o denunciati al catasto fabbricati ma non ancora classati (purché, in quest’ultimo caso, ricorrano anche i presupposti di applicazione dell’ art. 12 del d.l. n. 70/1988).
Per contro, non è possibile applicare la disposizione in esame ai fabbricati non censibili o censibili nel catasto fabbricati senza possibilità di attribuzione di rendita (ad esempio, fabbricati accatastati in corso di costruzione e come tali insuscettibili di classamento, fabbricati ultimati ma non dichiarati per l’accatastamento, fabbricati rurali non rappresentati o non denunciati per l’accatastamento al catasto fabbricati), per il semplice motivo che non esistendo una rendita catastale, non sarebbe possibile calcolare, sulla base di essa, il valore del fabbricato ai sensi dell'art. 52, commi 4 e 5. E' dubbio, poi, se si attaglino alla disposizione in esame i fabbricati censiti nel catasto dei fabbricati, ma in una categoria catastale diversa da quella abitativa (ad esempio, fabbricati accatastati come uffici, negozi o fabbricati ad uso industriale), pur avendo i requisiti di fatto per essere destinati ad uso abitativo(9).
La nuova disposizione riguarda, oltre agli immobili ad uso abitativo, anche le "relative pertinenze", la cui nozione si trae dall'art. 817 c.c., secondo cui <<Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima.>>
Ovviamente, affinché possa trovare applicazione la disposizione in esame, deve trattarsi di pertinenze di natura immobiliare (le uniche per le quali sono applicabili i commi 4 e 5 dell’art.52 citato) ma non occorre che si tratti di fabbricati, potendo trattarsi anche di terreni non aventi destinazione edificatoria (tenuto conto dell’applicabilità della valutazione automatica solo a tali terreni, giusta la discriminazione stabilita dall’art.52 comma 4 ultimo periodo T.U.R.); inoltre, anche per le pertinenze-fabbricati vale quanto sopra precisato circa l’avvenuto accatastamento e classamento (o suscettibilità di classamento), mentre per le pertinenze-terreni (non aventi destinazione edificatoria) deve trattarsi di immobili iscritti in catasto con attribuzione di reddito dominicale.
La norma non pone limitazioni in ordine alla tipologia ed al numero delle pertinenze (a differenza delle disposizioni relative alle c.d. agevolazioni per la prima casa (10)), per cui essa è applicabile ad un numero indefinito di fabbricati o di terreni non edificabili (11), a condizione che ricorra per ognuno il "presupposto civilistico" di cui all'art. 817 c.c. (rapporto di pertinenzialità).
Quanto al momento in cui il vincolo pertinenziale deve costituirsi, l’ampiezza della norma porta a ritenerla applicabile sia nel caso in cui detto vincolo preesista al trasferimento (destinazione a pertinenza già effettuata dall'alienante, in qualità di proprietario del bene principale), sia nell'ipotesi in cui sia l'acquirente a costituirlo dichiarando in atto di voler destinare l'immobile accessorio, oggetto di acquisto, a pertinenza di altro immobile abitativo di cui egli sia o divenga proprietario (circostanza che ricorrerebbe, ad esempio, nell'ipotesi in cui una persona fisica acquisti l'immobile ad uso abitativo da un cedente e la pertinenza da altro cedente - salvo stabilire se debba trattarsi di acquisti contestuali o meno).
Per lo stesso motivo (ampiezza della norma), non sembra necessario che la pertinenza venga trasferita unitamente all'immobile principale, rientrando pertanto nel campo di applicazione della nuova regola le pertinenze negoziate ancorché separatamente dal bene principale.
4. Il presupposto soggettivo. La "cessione" tra persone fisiche
Ulteriore delimitazione della disposizione relativa alla base imponibile è quella che circoscrive la determinazione dell'imponibile su base catastale alle "sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali".
Sono esclusi quindi non solo le persone fisiche imprenditori commerciali, artisti o professionisti, ma anche le società, gli enti pubblici e gli enti privati non commerciali (quali associazioni e fondazioni).
E' lecito chiedersi, invece, se la novella trovi applicazione nel caso di vendita effettuata da, o a favore di, imprenditore agricolo persona fisica. La disposizione in esame menziona unicamente - per escluderle - le cessioni in cui sono coinvolte persone agenti "nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali". L'omissione non sembra casuale, ma trova il proprio fondamento nella diversa, e meno rigorosa regolamentazione, anche sotto il profilo contabile e tributario, dell'impresa agricola rispetto a quella commerciale; il che conduce - limitatamente alle cessioni non soggette ad imposta sul valore aggiunto - alla conclusione dell'applicabilità della nuova "valutazione automatica" anche alle cessioni in cui siano coinvolte persone fisiche imprenditori agricoli.
La qualità di persona fisica deve riscontrarsi in capo alla parte sostanziale del negozio giuridico (12); è evidente che la disposizione in oggetto non può applicarsi nel caso, ad esempio, di vendita da parte di persona giuridica, rappresentata legalmente o per procura da persona fisica.
5. Il "valore catastale" del fabbricato
5.1. La "determinazione" o "determinabilità" del valore catastale
Si è visto che la base imponibile, nelle fattispecie disciplinate dal comma 497, è "costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5," del d.p.r. n. 131/1986.
La disposizione pone alcune rilevanti questioni applicative: in primo luogo, quali sono i requisiti richiesti dalla legge ai fini della "determinazione" del valore catastale? La disposizione generale, contenuta nell'art. 53 del t.u., dispone che "se l'atto non contiene la dichiarazione di valore né l'indicazione del corrispettivo, l'ufficio determina la base imponibile, salva l'applicazione dell'art. 52 nelle ipotesi previste nei commi 3 e 4 dell'art. 51". In correlazione a tale previsione, l'art. 71 t.u. sanziona l'insufficiente indicazione di valore e l'art. 72 sanziona l'occultazione di corrispettivo. A ben vedere, però, tali norme sanzionano il comportamento del contribuente che indichi un valore insufficiente, o che occulti un corrispettivo, ma non è prevista alcuna sanzione per la mera "omissione" di indicazione del valore, operando in tal caso la "determinazione suppletiva" ad opera dell'ufficio, ex art. 53 t.u. A ciò si aggiunga la considerazione che l'indicazione in atto dei dati di identificazione catastale delle unità immobiliari trasferite, soprattutto se l'atto riporta anche la rendita catastale (13), è più che sufficiente a consentire all'ufficio la determinazione del valore, che si risolve in un mero calcolo aritmetico, tenendo conto dei moltiplicatori previsti dalla legge.
Da quanto sopra si desume una prima, importante conclusione: pur essendo opportuna l'indicazione in atto del valore catastale, in aggiunta al corrispettivo pattuito, tale prima indicazione non è indispensabile al fine di ottenere la tassazione su base tabellare, essendo sufficiente a tal fine la "richiesta dell'acquirente" ai sensi del comma 497. Solo in assenza di tale "richiesta", l'ufficio potrebbe legittimamente procedere alla determinazione del valore "venale" ai sensi degli artt. 51, 52 e 53 del d.p.r. n. 131/1986.
Il che determina un'ulteriore, rilevante conseguenza: eventuali errori di calcolo, nell'indicare in atto il valore catastale, non assumono giuridica rilevanza; il notaio tenuto all'autoliquidazione dell'imposta (in caso di richiesta di registrazione mediante il c.d. adempimento unico), o l'ufficio, possono senz'altro prescindere dall'eventuale erronea indicazione di valore (effettuata per ipotesi in misura superiore, o inferiore a quella di legge), e calcolare autonomamente il valore catastale tenendo conto delle rendite risultanti negli atti catastali, e dei moltiplicatori, il tutto rivalutato ai sensi di legge.
Allo stesso modo, se in atto è indicato un valore ai fini catastali, il cui calcolo è stato effettuato però in modo approssimativo (ad esempio, con arrotondamento per eccesso all'unità di euro, o ancor maggiore), tale indicazione non sarà poi vincolante al momento della liquidazione delle imposte indirette dovute, che dovranno tener conto del valore catastale ex lege.
Analogamente, se le parti si limitano ad indicare in atto il reale valore o corrispettivo dell'immobile ma ricorre la richiesta dell'acquirente ai sensi del comma 497, l'ufficio dovrà comunque applicare l'imposta sul valore catastale, da calcolarsi come sopra, e non potrà attribuire rilevanza, al suddetto fine, al valore o corrispettivo dichiarati in misura diversa.
Quanto sopra, ovviamente, non esime il notaio - nell'esercizio della propria attività professionale e quindi in una logica di leale collaborazione con gli uffici dell'amministrazione finanziaria - dal consigliare l'indicazione in atto del valore catastale esatto, su cui calcolare correttamente le imposte dovute.
In relazione alla determinazione del valore degli immobili abitativi ai sensi dell’articolo 52 commi 4 e 5 del t.u.r., giova rilevare che l’articolo 1 bis, commi 7 ed 8 del d.l. 12 luglio 2004 n. 168, convertito in legge 30 luglio 2004 n.191 ha istituito moltiplicatori specifici per beni immobili “diversi dalla prima casa di abitazione”, creando in tal modo discordanti valori c.d. catastali, originati dalla medesima rendita catastale.
In armonia a quanto sopra sostenuto, il valore che, in applicazione della novella, andrà a costituire la base imponibile sarà discriminato dalla eventuale presenza in atto delle dichiarazioni previste dalle norme dettate per l’ottenimento dei benefici fiscali 'prima casa'.
Qualora la parte acquirente subisca la decadenza dai benefici, l’ufficio dovrà recuperare la differenza fra l’imposta corrisposta e quella dovuta sulla base del diverso valore catastale, correlativamente commisurando gli interessi e le sanzioni, dovute in forza della decadenza.
Affermazione questa che trova la sua giustificazione nella struttura stessa della norma portata dal comma 497, la quale, una volta che ricorrano le condizioni della sua applicabilità, impedisce espressamente all’ufficio di assumere come base imponibile il corrispettivo del negozio, essendo essa definitivamente fissata nel valore catastale dell’immobile.
5.2. Segue: fabbricato privo di rendita o con rendita catastale proposta
Parzialmente diverso da quello sopra esaminato è il trattamento della fattispecie traslativa o costitutiva laddove il fabbricato abitativo sia privo, al momento dell'atto, di rendita catastale (ovvero sia munito soltanto di rendita catastale "proposta", ai sensi del d.m. n. 701/1994). Nel primo caso, evidentemente, l'indicazione di un valore ad opera delle parti appare essenziale al fine di consentire l'applicazione dell'imposta principale di registro (ed in ciò consiste la differenza essenziale rispetto a quanto già precisato nei casi di fabbricati con rendita). Nel secondo caso, invece, l'esistenza di una rendita, ancorché meramente "proposta", consente al notaio o all'ufficio di calcolare il valore tabellare pur in assenza di indicazioni di valore in atto, o in presenza di indicazioni errate.
In entrambe le suindicate fattispecie sorge poi il problema degli effetti della successiva determinazione, o revisione, della rendita catastale da parte dell'agenzia del territorio. Non sembra dubbio che la definitiva determinazione della rendita influisca sulla determinazione della base imponibile, e quindi legittimi l'ufficio a riscuotere la differenza di imposta, se la rendita definitivamente attribuita è maggiore di quella "presunta" o "proposta", assunta in un primo momento ai fini della tassazione. Non è dubbio neanche il fatto che - essendo il valore catastale definitivo "base imponibile" - l'ufficio debba riscuotere unicamente l'imposta calcolata sulla differenza tra il valore originariamente tassato e quello successivamente determinato, con i relativi interessi ma senza penalità, e soprattutto senza che rilevi, anche in questo caso, il maggiore corrispettivo pattuito o valore reale dichiarato (14).
5.3. Unico negozio con pluralità di immobili e/o di acquirenti
Altri problemi sorgono nel caso in cui un medesimo negozio giuridico porti trasferimento di una pluralità di immobili. Possono prospettarsi, in tal caso, diverse eventualità.
In primo luogo, il trasferimento potrebbe avere ad oggetto una pluralità di fabbricati abitativi, tutti censiti in catasto fabbricati con attribuzione di rendita. In questo caso, non sembra rilevare la circostanza che sia indicato in atto un unico corrispettivo per tutti gli immobili, ovvero che siano indicati corrispettivi distinti per ciascun immobile: la base imponibile è data, per tutti i fabbricati, dal valore catastale, che come sopra chiarito può essere indicato o meno in atto, e può essere o meno suddiviso tra i singoli cespiti; ciò che rileva è l'indicazione in atto degli estremi catastali necessari ad effettuare le necessarie operazioni di calcolo.
Un problema particolare si pone nel coordinamento del comma 497 in commento con la previsione dell'art. 23, comma 1, t.u., a norma del quale "se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse, si applica l'aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti". La disposizione deve essere ora interpretata tenendo conto del mutamento della base imponibile, che per i fabbricati abitativi non è più data dal corrispettivo, ma dal valore catastale. Ne consegue che, nel caso di trasferimento di più immobili abitativi, soggetti ad aliquote diverse (ad esempio, perché solo per uno di essi si usufruisce delle agevolazioni per la prima casa), non assume più rilevanza la discriminazione in atto dei corrispettivi, ma piuttosto la distinzione dei rispettivi valori catastali (che, come già rilevato, non è indispensabile sia riportata in atto, purché dallo stesso risultino i dati catastali delle singole unità immobiliari).
Potrebbe esservi poi un trasferimento, con unico negozio giuridico, di più immobili, dei quali alcuni ad uso abitativo ed altri con caratteristiche diverse. A questa ipotesi è da equipararsi quella in cui la parte acquirente richieda di avvalersi della disposizione del comma 497 solo per uno degli immobili abitativi che formano oggetto di trasferimento. In questi casi, evidentemente la tassazione su base catastale opererà solo relativamente ai fabbricati abitativi e relative pertinenze per cui la parte acquirente ha effettuato l'apposita richiesta; per essi vale quanto già detto relativamente all'indicazione dei valori catastali in atto, con la precisazione che invece - relativamente ai fabbricati non abitativi - la base imponibile sarà costituita dal valore venale o dal corrispettivo, se maggiore, ai sensi dell'art. 51, comma 1, t.u. Il che rende necessario, nella fattispecie in esame, discriminare in atto il corrispettivo dovuto per il trasferimento del fabbricato abitativo, rispetto a quello riferibile agli immobili di natura diversa.
Si consideri, infine, l'eventualità che, in presenza di più acquirenti, solo alcuno di essi sia persona fisica che non agisce nell'esercizio di impresa commerciale, arte o professione; ovvero che solo alcuno di essi eserciti l'opzione prevista dal comma 497. Il problema si pone, ovviamente, nel caso in cui più persone acquistino in virtù di un medesimo negozio giuridico, in comunione pro indiviso, ovvero relativamente a diritti reali diversi (ad esempio, un soggetto si renda acquirente della nuda proprietà, e l'altro del diritto di usufrutto), il medesimo immobile abitativo. Anche in questo caso, non sembra dubbio che la determinazione catastale della base imponibile operi limitatamente alla quota, o al diritto reale, per l'acquisto dei quali è esercitata, ricorrendone i presupposti, l'opzione ex comma 497. Il che implica la necessità di discriminare - ai fini in esame, salvo che ciò sia necessario anche per fini diversi - il corrispettivo pattuito per l'acquisto della quota o del diritto soggetti a tassazione "ordinaria".
Analogo criterio varrà per le pertinenze qualora per queste non si renda applicabile l'operatività del comma 497.
5.4. Prezzo effettivo inferiore al valore catastale
E' possibile che il "corrispettivo pattuito" tra le parti sia inferiore al valore catastale, come determinato ai sensi di legge. Può ritenersi che l'effetto della nuova disciplina consista nel sottoporre a tassazione il negozio sulla base del valore catastale, "indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato in atto", e che la base imponibile sia quindi costituita, anche in queste ipotesi, dal valore catastale? Si tratta, per certi aspetti, di un falso problema: il comma 497 stabilisce che la deroga all'art. 43 t.u., e quindi la tassazione su base catastale, operi "su richiesta della parte acquirente resa al notaio": ciò significa che, ogni qualvolta la parte acquirente trovi più conveniente la tassazione sul corrispettivo effettivo, anziché sul valore catastale, deve semplicemente non esercitare l'opzione prevista dal comma 497. Conseguenza del mancato esercizio dell'opzione sarà - come infra meglio precisato - la soggezione ai maggiori controlli previsti dal comma 495, nonché eventualmente agli accertamenti previsti dall'art. 38 terzo comma del d.p.r. n. 600/1973 e dall'art.52 primo comma del T.U.R.
Ciò vale, ad esempio, nel caso in cui il prezzo sia pattuito in misura inferiore nell'ambito della libera contrattazione di mercato. La parte acquirente che voglia evitare maggiori controlli e accertamenti opterà quindi per la tassazione su base catastale, ancorché più onerosa rispetto a quella operante sul corrispettivo; in caso contrario, in assenza di opzione la base imponibile sarà costituita dal minor corrispettivo.
6. Profili procedimentali. La richiesta di avvalersi delle nuove disposizioni
Ai sensi del comma 497, l’ applicazione della nuova disposizione sulla base imponibile avviene "all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio”.
Il sistema di determinazione della base imponibile ragguagliata al valore catastale pretende, pertanto, un'apposita richiesta dell'acquirente resa al notaio.
Quanto a tale richiesta, occorre trattare dell'indirizzamento, del profilo cronologico e di quello morfologico e fermo restando che il notaio in questione è ovviamente quello rogante o autenticante.
Quanto all’ indirizzamento al notaio, esso è fisiologico nella redazione dell’atto in forma pubblica, secondo i correnti canoni che ne regolano la formazione (art.47 L.N.)(15) e quindi parlare di dichiarazione resa al notaio non aggiunge alcunché, in termini di procedimentalizzazione della dichiarazione ove essa sia destinata ad entrare a far parte delle clausole contenute nell'atto pubblico.
Non diversamente dovrebbe concludersi per la scrittura privata autenticata, ma è chiaro che la formulazione della disposizione (dichiarazione resa al notaio) accende l’interesse dell’interprete, che è portato a chiedersi a che serva tal previsione ove si dovesse sempre trattare di dichiarazione inserita nell’atto.
Venendo a tale nodo, si vedono quindi fronteggiare le due opposte soluzioni della dichiarazione in atto e fuori dell’atto, potendosi, appunto, configurare anche una dichiarazione resa al notaio che non sia destinata ad essere inserita in atto e che, valorizzando l’intervento di tale pubblico ufficiale, gli attribuisca una successiva funzione nel procedimento di applicazione dell’imposta, in dipendenza della quale egli sia deputato a fornirne notizia all’Agenzia delle Entrate.
Con ciò verrebbe astrattamente a legittimarsi anche la dichiarazione resa verbalmente, sulla cui plausibilità occorrono, invece, ulteriori verifiche, avendo presente che il legislatore dà una disciplina unitaria per atto pubblico e scrittura privata autenticata e quindi appare coerente rintracciare soluzioni che siano indifferenti alla forma negoziale adottata.
Ebbene, il banco di prova dell’ipotetica dichiarazione resa al notaio al di fuori dell’atto sembra essere la stipulazione che avvenga tra soggetti lontani, perché, dovendo la richiesta provenire dall’acquirente, vi sarebbe un difetto di funzionamento del sistema, allorché la dichiarazione pre-negoziale (proposta o accettazione) dell’acquirente non sia l’ultima cronologicamente e quindi farebbe nascere il problema, a quanto pare insormontabile, del collegamento tra l’attività del notaio che riceva o autentichi nella prima fase e quello che intervenga al completamento della fattispecie (e debba procedere alla registrazione tenendo conto dell’opzione dell’acquirente).
Concludendo, sia pur dubitativamente, su tale punto, appare preferibile svalutare il significato proprio delle parole “resa al notaio” e ritenere che tale espressione abbia valore soltanto descrittivo; se ciò è vero, l’opzione deve figurare nell’atto, salvo stabilire se sia ammissibile un atto integrativo (analogamente a quanto si afferma a proposito delle agevolazioni prima casa, allorché nell’atto non siano state inserite le dichiarazioni relative(16)).
Passando, per complementarietà, al profilo cronologico, va evidenziato come la legge, riferendosi "all'atto della cessione" intenda che la richiesta sia fatta “al momento della cessione”, postulando, così, una contestualità alla stipula dell'atto di cessione. Il che appare coerente con le superiori conclusioni e va soltanto completato con quanto accennato a proposito della possibilità di integrazione con atto successivo.
Circa il profilo morfologico, se si segue la tesi dell’inserimento in atto non si pone nessun ulteriore problema di forme, che invece nasce accedendo alla tesi liberale.
Per completezza, appare comunque opportuno esaminare quale dovrebbe essere il regime formale allorché si accedesse all’ammissibilità della scelta al di fuori del testo dell’atto.
In proposito, pur in assenza di indici ricavabili dalla legge che si commenta, va tenuto conto della naturale destinazione al Fisco di ogni dichiarazione che abbia rilevanza sul regime impositivo. Poiché la lettera della legge non fa riferimento esplicito ad un'istanza alla pubblica amministrazione, bensì ad una richiesta "resa al notaio", l’ applicabilità delle disposizioni in materia di forma e sottoscrizione delle istanze alla pubblica amministrazione (artt. 21 e 38 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445) è possibile solo valorizzando la naturale destinazione di tale richiesta al Fisco. Ammettendo, in tal modo, una dichiarazione in forma non autentica, essa verrebbe poi attratta al regime dei documenti integrativi che, in tema di Adempimento unico, occorre indicare nel Prospetto Allegati allorché si tratti di “documenti … da presentare in virtù di disposizioni di legge e di regolamento idonei all’applicazione del regime tributario, anche agevolato, utilizzato in sede di autoliquidazione” (art. 2 DPR 308/2000 e art. 3-bis Dlgs 464/’97).
Per i motivi indicati, uniti a quelli evidenziati prima, sembra assolutamente consigliabile l'inserimento nell'atto di acquisto della richiesta. Questa modalità, consente, tra l’altro, l'adesione alla richiesta medesima da parte del soggetto alienante. Anche per quest'ultima ragione, l'inserimento della richiesta in oggetto nell'atto notarile di acquisto costituisce la modalità più semplice e maggiormente idonea a conseguire l'effetto previsto dal comma 497.
Non sono però richieste formule sacramentali ed è sufficiente che dalla richiesta risulti la volontà di avvalersi della determinazione della base imponibile su base catastale.
Da ricordare ancora una volta che, nei casi in cui l'immobile risulti, al momento dell'atto, privo di rendita catastale, o con rendita catastale proposta, alla richiesta ex comma 497 dovrà aggiungersi la c.d. richiesta di valutazione automatica, prevista dall'art. 12 del d.l. n. 70/1988, e successive modificazioni (17).
Data la centralità dell’intervento del notaio, accentuata dall’indirizzamento della dichiarazione di scelta dell’acquirente, sembra che solo con il suo ministero possa accedersi al sistema del “prezzo-valore” e che ogni altra tipologia di atto (inteso come documento) non consenta di avvalersi della cennata determinazione della base imponibile.
Essendo il potere di "richiedere" dato al solo acquirente, nessun ruolo è attribuito, in tal senso, al cedente il quale, di fronte alla scelta dell'acquirente, sembrerebbe dover comunque sottostarvi (a meno che non decida di non concludere l'affare).
Le conclusioni sopra raggiunte (sia pur in modo dubitativo) concordano anche con le regole di funzionamento della repertoriazione degli atti notarili e dei relativi controlli, le quali pretendono l’indicazione in atto di tutti gli elementi che concorrono alla determinazione dell’onorario e portano a dire che, al fine di applicare la riduzione degli onorari notarili, come previsto dal comma 497 (e la conseguente riduzione della tassa d'archivio), la richiesta dell’acquirente debba risultare dall’atto stesso.
Sembra poi opportuna qualche precisazione sulle indicazioni da riportarsi nel repertorio notarile e nella richiesta di registrazione. Quanto al primo, gli onorari (ridotti del 20% ai sensi del comma 497) sono da calcolarsi, secondo i principi generali, sul corrispettivo dichiarato, e di conseguenza solo quest'ultimo - unico valore rilevante ai fini civilistici - deve essere indicato nell'apposita colonna del repertorio degli atti tra vivi. Quanto alla richiesta di registrazione (mod. 69), nella stessa deve essere invece indicato il "valore catastale", che costituisce la base imponibile, ogni qualvolta vi sia la relativa richiesta della parte acquirente.
7. Conseguenze sanzionatorie, in caso di dichiarazione di un prezzo simulato, dopo la riforma. Inapplicabilità della sanzione per occultazione del corrispettivo; prezzo simulato, controlli e accertamenti
Se il meccanismo portato dalla novella determina una forfettizzazione della base imponibile, come più volte detto, sembrerebbe che non possa più trovare applicazione il disposto dell’art. 72 del T.U.R. a norma del quale, "se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, si applica la sanzione amministrativa dal duecento al quattrocento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto, tuttavia, l'importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell'articolo 71"(18) .
E ciò per l’evidente ragione della inesistenza - in caso di richiesta di applicazione del meccanismo di determinazione della base imponibile forfettizzata - di qualsiasi ipotetica ‘differenza’ tra imposta dovuta e imposta applicata su di una diversa (più bassa) base imponibile: questa è unica e non si può dar luogo pertanto ad alcuna sanzione in quanto non c’è il “fatto” o l’ “omissione” da sanzionare.
In ordine invece agli ulteriori benefici cui accedono i contribuenti persone fisiche nell’ottica perseguita dal legislatore della novella attraverso la richiesta di forfettizzazione della base imponibile, stabiliti dal comma 498 (19)(e cioè l'esenzione sia dai controlli straordinari previsti dal comma 495 (20), sia dagli accertamenti ai sensi dell'art. 38 terzo comma del d.p.r. n. 600/1973 e ai sensi dell'art. 52 primo comma del T.U.R), è dubbio se possa sostenersi che, nel caso sia indicato in atto un corrispettivo diverso da quello reale, e quindi indipendentemente del tutto dall'entità del corrispettivo stesso, la detta esenzione si applichi tout court a vantaggio del contribuente, magari nel presupposto che il legislatore nell’ottica di un rapporto meno conflittuale con il contribuente abbia voluto disattendere ad una verifica della veridicità del corrispettivo evidenziato vuoi nell’ambito delle imposte indirette quanto in quello delle imposte dirette, derogando alla regola generale.
Ciò, pur non ignorando in questa sede che il cit. comma 498, laddove ricorra l’opzione del contribuente, non preclude comunque qualsiasi tipo di controllo, ma solo i controlli e gli accertamenti ivi specificamente indicati .
8. Problemi di diritto transitorio
La legge finanziaria in commento è in vigore dal 1° gennaio 2006. La stessa non contiene alcuna disposizione transitoria, in relazione alle disposizioni fiscali in commento, e ciò comporta l'applicazione delle regole ordinarie di diritto intertemporale.
Conseguentemente, la nuova disciplina della tassazione in base al valore catastale trova applicazione agli atti pubblici redatti, alle scritture private autenticate ed alle altre scritture private formate a partire dal 1° gennaio 2006.
In caso di scrittura privata, le cui sottoscrizioni siano autenticate in tempi separati, si tiene conto della data di autentica dell'ultima sottoscrizione, per effetto della quale soltanto il contratto si perfeziona.
Gli atti perfezionati anteriormente al 1° gennaio 2006 sono quindi soggetti alla previgente disciplina, ancorché registrati successivamente all'entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Potrebbe verificarsi al riguardo la circostanza di una prima dichiarazione negoziale (magari di proposta di acquisto) autenticata o comunque formata prima del 1° gennaio 2006, ed una (di accettazione) autenticata o formata a partire dalla detta data; ed è lecito porsi l’interrogativo se ad una siffatta fattispecie contrattuale possa applicarsi o meno il nuovo sistema di determinazione forfettizzata della base imponibile, qualora di esso venisse fatta richiesta dalla parte alienante anziché acquirente. In verità il dettato legislativo (che parla di richiesta della parte acquirente) non sembra vincolante, in quanto il ricorso a quel sistema si tradurrebbe comunque in un vantaggio per la parte acquirente (di cui la medesima potrebbe profittare in sintonia con quanto accade nell’ambito delle obbligazioni solidali, quale è quella delle parti del contratto nei confronti dell’Erario), quanto meno nell’ipotesi di corrispettivo pattuito ed indicato in atto in misura maggiore rispetto alla base imponibile forfettizzata; invece nell’eventualità, in sé marginale, di un corrispettivo inferiore, sembra giusto mutuare le perplessità sopra avanzate per l’ipotesi speculare – ed ordinaria - di richiesta formulata solo dalla parte acquirente.
Da ultimo pare sicuramente applicabile la nuova normativa all’acquisto, effettuato dopo il 1° gennaio 2006, di immobile per il quale sussistano i requisiti di cui al comma 497, destinato a pertinenza di unità immobiliare ad uso abitativo acquistata prima dell’entrata in vigore della novella.
(1) Altrimenti detto, nella pratica, “valore tabellare” o “valore automatico” e che si calcola applicando alla rendita catastale del fabbricato o porzione di fabbricato, come rivalutata a norma dell’art. 3, commi 48 e 51, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, i moltiplicatori, anch'essi da ultimo rivalutati dall'art. 2, comma 66, della legge 24 dicembre 2003 n. 350. Tenendo conto di rivalutazione e coefficienti "rivalutati", il valore catastale delle abitazioni si ottiene moltiplicando la rendita catastale per 115,50 in caso di acquisto con le agevolazioni "prima casa" e per 126 allorché l' acquisto avvenga senza le dette agevolazioni.
(2) Su tale punto, cfr. C.N.N. (estensore PETRELLI), Istanza per l'attribuzione di rendita catastale e termine per la richiesta dell'imposta complementare (13 gennaio 2005), in CNN Strumenti, voce 0910, p. 10.1; C.N.N. (estensore PETRELLI), Istanza di attribuzione di rendita catastale e termini di decadenza per la richiesta di maggiore imposta (3 luglio 1997), in CNN Strumenti, voce 0910, p. 25.1.
(3) Cfr. Cass. 28 ottobre 2000 n. 14250, in Foro it., 2001, I, c. 101. La sanzione per occultazione di corrispettivo è assistita dal privilegio dello Stato, previsto dall'art. 2772 c.c., e dall'art. 56, comma 4, del d.p.r. n. 131/1986; con conseguenti gravi riflessi sulla sicurezza della circolazione giuridica dell'immobile. La dichiarazione di un corrispettivo inferiore al reale costituisce comportamento illecito, sotto il profilo tributario, in presenza di altre norme tributarie che ricollegano al prezzo effetti ulteriori; si pensi alla tassazione delle plusvalenze, realizzate in caso di rivendita infraquinquennale del fabbricato (art. 67, lett. b), t.u.i.r.). Senza parlare, poi, della maggior plusvalenza tassata in capo all'acquirente in caso di successiva rivendita, dei riflessi indiretti ai fini della disciplina contenuta nella legislazione c.d. antiriclaggio, della preclusione di benefici fiscali di vario genere (detrazioni ai fini delle imposte dirette per interessi passivi di mutui ipotecari contratti per l'acquisto dell'abitazione principale; detrazioni per acquisto di fabbricati ristrutturati), e delle rilevanti conseguenze civilistiche e, in alcuni casi, anche penali dell'occultazione del corrispettivo. Nonostante tali rilevanti svantaggi, gran parte dei contribuenti finiva comunque con l'optare per il "vantaggio immediato" costituito dall'abbattimento delle imposte di registro, ipotecarie e catastali a fronte della dissimulazione di parte del corrispettivo.
(4) Il generale principio di commisurazione della base imponibile al corrispettivo dichiarato nel contratto fa sì che, nei casi in cui il reale corrispettivo sia inferiore al valore catastale, l’imposizione sulla base del primo renda altamente probabile un accertamento fiscale (di fronte al quale la difesa del contribuente doveva – e deve - fare i conti con le conseguenze, in termini di tasso di credibilità, della diffusa abitudine alla simulazione dei corrispettivi).
(5) Si tratta di fattispecie per le quali, probabilmente, il legislatore ha ritenuto statisticamente più frequente l'acquisto nell'esercizio di impresa, nel qual caso ragioni connesse alla deducibilità fiscale dovrebbero incentivare in ogni caso la dichiarazione del reale corrispettivo pagato (si pensi ai fabbricati destinati a negozio o ufficio, o ad uso industriale). Questa "presupposizione" non può peraltro costituire il fondamento dell'esclusione, in quanto comunque gli acquisti effettuati nell'esercizio di impresa o professione sono testualmente esclusi dall'ambito di applicazione della nuova disciplina.
(6) Si vedano anche: l’ articolo. 2 del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633; l’ articolo 1 del d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 346; l’ articolo. 13, comma 2, della legge 18 ottobre 2001 n. 383; l’ articolo 9, comma 5, del d.p.r. n. 917/1986; l’articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
(7) Che ha per oggetto anche i "contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali".
(8)Espressamente considerata, limitatamente all’ammontare di un determinato conguaglio, una ipotesi traslativa ai fini dell’imposta di registro.
(9) In passato, la giurisprudenza si è pronunciata sul problema dell'applicabilità della c.d. valutazione automatica ai fabbricati la cui consistenza sia diversa da quella risultante in catasto (ad esempio a seguito di opere di ristrutturazione), ed ha concluso in senso negativo, in quanto il censimento catastale riguarderebbe in realtà un'unità immobiliare "diversa" da quella esistente in fatto Cass. 29 agosto 2001 n. 11325, in Foro it., Rep. 2001, voce Registro (imposta), n. 71; Cass. 12 novembre 2001 n. 13978, in Foro it., Rep. 2001, voce Registro (imposta), n. 70.
(10) Cfr. la nota II-bis all'art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131/1986, che limita le agevolazioni alle sole pertinenze classificate o classificabili in categoria catastale C/6, C/2 e C/7, limitatamente ad una per categoria. Per un'interpretazione restrittiva della nozione di pertinenza ai fini delle suddette agevolazioni, in relazione alle aree pertinenziali al fabbricato, cfr. la Circ. Agenzia Entrate 12 agosto 2005 n. 38/E, paragrafo 7.2.
(11) Tra i terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria, come tali oggetto di valutazione automatica, rientrano non solo i terreni agricoli, ma anche quelli né agricoli né edificabili: cfr. sul punto C.N.N. (estensore MONTELEONE), Imposta di registro: valutazione e tassazione di particolari tipologie di terreni (1 aprile 1996), in CNN Strumenti, voce 0160, p. 12.1; C.N.N. (estensore MONTELEONE), Valutazione e tassazione ai fini dell'imposta di registro dei terreni non aventi destinazione edificatoria (7 luglio 1994), in CNN Strumenti, voce 0160, p. 10.1; Ris. Min. Fin. 27 novembre 1989 n. 400756, in CNN Strumenti, voce 0160, p. 1.1; Cass. 22 novembre 2000 n. 15090, in Giur. imp., 2001, p. 616. Contra, per i terreni a verde pubblico attrezzato, Cass. 25 maggio 2002 n. 7676, in Foro it., Rep. 2002, voce Registro (imposta), n. 105.
(12) Su tale concetto cfr. DAMIANI, Parte del negozio giuridico, in Enc. giur. Treccani, XXII, Roma 2002; BELVEDERE, Parte, in Glossario, Milano 1994; FERRI, Parte del negozio giuridico, in Enc. dir., XXXI, Milano 1981, p. 901
(13) A rigore l'indicazione in atto della rendita catastale (in ipotesi che la stessa sia desumibile dalle risultanze catastali) non è indispensabile, una volta che siano ivi specificati gli identificativi catastali essenziali (foglio, particella e subalterno). Vige anche in ambito fiscale, infatti, il principio generale in base al quale la pubblica amministrazione non può chiedere al privato dati che siano già in suo possesso: art. 6, comma 4, della legge 27 luglio 2000 n. 212; art. 18 della legge 7 agosto 1990 n. 241.
(14) Già nel vigore della previgente disciplina, dottrina, giurisprudenza ed amministrazione finanziaria hanno in più occasioni riconosciuto che, a seguito della determinazione della rendita catastale definitiva, al contribuente può essere richiesta solo la differenza d'imposta dovuta con riguardo al valore tabellare definitivamente determinato, senza quindi possibilità di effettuare accertamenti del valore venale dell'immobile: cfr. per tutti C.N.N. (estensori FORTE-FRIEDMANN-PETRELLI), L'istanza di attribuzione di rendita (art. 12 del D.L. n. 70/1988) alla luce degli sviluppi normativi, in CNN Strumenti, voce 0380, p. 37.3; Circ. Min. Fin. 17 aprile 1997 n. 112/E.
(15) Non è inedita la dichiarazione proveniente da una sola delle parti: si vedano, ad esempio, gli artt. 30 e 46 TU Edilizia n.380/2001.
(16) Sull’ammissibilità di un atto integrativo in tema di “prima casa”, cfr. studio 435-bis, Agevolazioni prima casa: atto integrativo dell’atto di acquisto al fine di inserire le dichiarazioni di legge, est. Puri, approvato dalla Commissione Studi Tributari il 19.4.1996, e Circ. Agenzia Entrate n.38/E del 12.8.2005, paragrafo 9.
(17) La nuova disciplina, relativa alla determinazione della base imponibile mediante valutazione tabellare, non sembra incidere sulla questione, a lungo discussa, dei termini di decadenza dell'azione della finanza per il recupero delle imposte dovute in caso di insufficiente dichiarazione di valore, laddove ci si sia avvalsi della c.d. valutazione automatica: fattispecie che, nel caso in esame, può prospettarsi o in conseguenza di errori di calcolo da parte dell'ufficio in sede di applicazione dell'imposta principale, ovvero nei casi di immobili privi di rendita o con rendita proposta. Nel primo caso, non essendo dubbio che si tratti di imposta suppletiva, il termine di decadenza è di tre anni e decorre dalla data di registrazione dell'atto (art. 76, comma 2, lett. c), t.u.). Nel secondo caso, si discute se si applichi la disciplina dell'art. 52, comma 1, t.u. (nel qual caso il termine sarebbe di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale, a norma dell'art. 76, comma 1-bis, t.u.), ovvero se sia sufficiente un mero avviso di liquidazione dell'imposta (nel qual caso la giurisprudenza e l'amministrazione finanziaria, pur nell'imperfezione della disposizione contenuta nell'art. 76, comma 2, lett. b), ritengono che il termine sia di tre anni). Cfr. in giurisprudenza, tra le tante, Cass. 23 giugno 2005 n. 13523, in Foro it., Rep. 2005, voce Registro (imposta), n. 15; Cass. 2 maggio 2005 n. 9052, in Foro it., Rep. 2005, voce Registro (imposta), n. 8; Cass. 9 marzo 2005 n. 5088, in Fisco Online; Cass. 20 maggio 2004 n. 17943, in Fisco Online; Cass. 21 aprile 2004 n. 19743, in Foro it., Rep. 2004, voce Registro (imposta), n. 60; Cass. 13 giugno 2002 n. 8418, in Riv. not., 2003, p. 756; Cass. 5 giugno 2001 n. 7580, in Foro it., Rep. 2001, voce Registro (imposta), n. 90. In dottrina, v. C.N.N. (estensore PETRELLI), Istanza per l'attribuzione di rendita catastale e termine per la richiesta dell'imposta complementare (13 gennaio 2005), in CNN Strumenti, voce 0910, p. 10.1; C.N.N. (estensore PETRELLI), Istanza di attribuzione di rendita catastale e termini di decadenza per la richiesta di maggiore imposta (3 luglio 1997), in CNN Strumenti, voce 0910, p. 25.1.
(18) quest'ultima sanzione è prevista per il caso di insufficiente dichiarazione di valore.
(19) il quale recita “ I contribuenti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 496 e 497 sono esclusi dai controlli di cui al comma 495 e nei loro confronti non trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e 52 comma 1 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986".
(20) Ai sensi del comma 495, "nel quadro delle attività di contrasto all'evasione fiscale, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza destinano quote significative delle loro risorse al settore delle vendite immobiliari, avvalendosi delle facoltà rispettivamente previste dal titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dagli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131".
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