Studio sull'indicazione nell'atto notarile dei mezzi di pagamento
Studio sull'indicazione nell'atto notarile dei mezzi di pagamento
di Gea Arcella Marco Krogh
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 14-2006/B
Pubblicato su CNN Notizie, 2006, p. 161.
La parte IV del provvedimento dell’U.I.C. del 24 febbraio 2006 nel fornire la nozione delle operazioni sospette e nell’elencare, in via esemplificativa, i criteri generali per l’individuazione delle operazione sospette, tra l’altro, prevede che deve aversi riguardo: …g) all’ingiustificato impiego di denaro contante o di mezzi di pagamento non appropriati rispetto alla prassi comune ed in considerazione della natura dell’operazione.
La suddetta prescrizione pone un interrogativo di fondo, sul comportamento cui sono tenute le parti ed il notaio relativamente al perfezionamento di un atto notarile rientrante, astrattamente, tra le operazioni elencate nell’art. 2 del d. lgs 20 febbraio 2004 n. 56 (1) e, precisamente se le parti abbiano l’obbligo di indicare al notaio, in modo analitico le modalità di pagamento e, di riflesso, se vi sia un dovere del notaio di indagare sulle modalità di pagamento, finalizzato alla emersione di eventuali operazione di riciclaggio ed, infine, se sussista un obbligo del notaio di registrazione e conservazione delle relative informazioni all’interno dell’archivio unico antiriciclaggio.
Il quadro normativo, attualmente, si è arricchito della prescrizione contenuta nell’art. 35, comma 22 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223 che espressamente dispone: “22. All'atto della cessione dell'immobile, anche se assoggettata ad IVA, le parti hanno l'obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l'indicazione analitica le modalità di pagamento del corrispettivo. Con le medesime modalità ciascuna delle parti ha l'obbligo di dichiarare se si è avvalsa di un mediatore; nell'ipotesi affermativa, ha l'obbligo di dichiarare l'ammontare della spesa sostenuta per la mediazione, le analitiche modalità di pagamento della stessa, con l'indicazione del numero di partita IVA o del codice fiscale dell'agente immobiliare. In caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei predetti dati si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 10.000 e, ai fini dell'imposta di registro, i beni trasferiti sono assoggettati ad accertamento di valore ai sensi dell'articolo 52, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.”
La nuova norma, sebbene emanata con l’espressa finalità di contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale, assume rilevanza generale e, quindi, estende i suoi effetti anche nel quadro normativo dettato per specifiche finalità di prevenzione e repressione del riciclaggio di proventi da attività illecite.
Tuttavia, la norma di nuova emanazione non dà una risposta definitiva e non esaurisce le problematiche attinenti alla necessità o meno di indicazione negli atti notarili delle modalità di pagamento del prezzo, riguardando una sola tipologia di atti: le cessioni immobiliari.
In generale, quindi, l’eventuale esistenza di obblighi in tal senso va ricercata ed individuata o all’interno delle singole norme dettate con specifiche finalità antiriciclaggio ovvero all’interno dei principi sistematici che disciplinano l’attività del notaio come garante della legalità, ricavabili dal coordinamento delle norme del microsistema normativo regolante la materia dell’antiriciclaggio con le norme generali sulla funzione e sul ruolo del notaio.
Sotto il primo aspetto, va osservato che né all’interno della direttiva 91/308/CEE, né all’interno della legge 5 luglio 1991 n. 197 (cd. legge antiriciclaggio), né all’interno del d. lgs. 20 febbraio 2004 n. 56 e delle norme contenute nel suo regolamento di attuazione approvato con D.M. 3 febbraio 2006 n. 141 e delle relative istruzioni applicative emanate con provvedimento dell’U.I.C. del 24 febbraio 2006, si rinvengono obblighi a carico dei privati che non siano quelli di limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore quando il valore da trasferire è complessivamente superiore ad euro 12.500,00 (2) (importo così determinato in forza del D.M. 17 ottobre 2002, pubblicato nella G.U. n. 290 dell’11 dicembre 2002 che ha sostituito l’originario importo di lire ventimilioni).
Nulla è previsto, invece, in ordine ad eventuali obblighi a carico di coloro che effettuano operazioni di valore superiore a quello sopra indicato di dimostrare ed indicare in modo analitico, in documenti, atti o contratti, le modalità con cui si è ottemperato all’obbligo di legge.
L’inesistenza di un obbligo di carattere generale, nel senso sopra indicato, è indirettamente confermato dalla nuova norma emanata con il d.l. 223 del 2006 sopra riportata che, in modo espresso, pone, per le cessioni immobiliari, tale obbligo a carico delle parti: il contenuto innovativo della suddetta norma è proprio l’introduzione di un obbligo (rectius: onere) di menzione analitica delle modalità di pagamento che prima non sussisteva.
Ad onor del vero, l’obbligo di nuova introduzione riguarda i pagamenti di qualunque importo, quindi, anche quelli inferiori ad euro 12.500,00; tuttavia non è seriamente contestabile che la ratio legis, finalizzata a contrastare l’elusione ed evasione fiscale nelle cessioni immobiliari abbia l’evidente obiettivo di colmare una lacuna, in termini di obblighi generali delle parti, che riguardava tutte le cessioni immobiliari e non solo quelle d’importo inferiore ad euro 12.500,00, queste ultime, peraltro, poco significative se collocate nell’ambito di una manovra finanziaria straordinaria. D’altronde le precise indicazioni contenute nella nuova normativa (dichiarazione da rendere con i formalismi delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, indicazione analitica delle modalità di pagamento e loro inserimento all’interno dell’atto notarile) vanno interpretate non come specificazione del contenuto di un obbligo già esistente, ma più verosimilmente come elementi costitutivi e significativi di un nuovo obbligo che in assenza dei formalismi richiesti avrebbe reso la norma priva di un reale contenuto precettivo e, quindi, inefficiente.
Dunque, coerentemente con il contenuto innovativo del comma 22 dell’art. 36, sopra menzionato, è da ritenersi che in mancanza di una norma espressa non sussiste un obbligo a carico delle parti di dimostrare di aver ottemperato agli obblighi previsti dalla legge, condizionante la libera esplicazione dell’autonomia privata ovvero sanzionabile in via amministrativa o penale.
E’ questa una precisa scelta di politica legislativa che, come da ultimo dimostrato, può essere modificata dal Legislatore laddove emergano esigenze che impongano opzioni diverse.
Sul punto, giova ricordare, si è espressa anche la Suprema Corte (3) che, nel richiamare i limiti e gli obblighi imposti dalla legislazione antiriciclaggio, ne fa derivare conseguenze sul piano probatorio, creando, di fatto, una sorta di inversione dell’onere della prova a carico di chi asserisce di aver effettuato un pagamento ma non riesce a dimostrarlo mediante esibizione di uno dei mezzi di pagamento consentiti dalla legge. Dunque, conseguenze che incidono sul piano probatorio e che rendono opportuno e consigliabile per le parti conservare la prova sia dei pagamenti effettuati, sia del rispetto delle norme che limitano l’uso del contante, ma che confermano l’insussistenza di un generico obbligo “di menzione” a carico delle parti che in qualche modo possa condizionare la loro autonomia privata e la piena libertà di perfezionare accordi contrattuali, senza menzionare analiticamente le modalità di pagamento.
Se, dunque, non sussiste uno specifico obbligo a carico delle parti in ordine all’indicazione analitica delle modalità di pagamento, va verificato se un obbligo di indagine o di interpello in tal senso esiste a carico del notaio, quale garante della legalità nel suo ruolo istituzionale di gate-keeper, imposto espressamente da una disposizione contenuta all’interno della filiera normativa che ha regolamentato la materia dell’antiriciclaggio ovvero se un obbligo, in tal senso, a carico del notaio sussiste, anche in assenza di un’espressa previsione normativa, perché ricavabile dai principi sistematici che regolamentano la pubblica funzione notarile.
Riguardo ad eventuali obblighi espressi a carico del notaio le uniche norme che, in qualche modo, possono essere prese come eventuale riferimento implicito di un obbligo in tal senso sono: il IV comma dell’art. 13 del d.l. 15 dicembre 1979 n. 625 (richiamato dall’art. 3, comma 1 del d. lgs. 20 febbraio 2004 n. 56) e la lettera g) della parte IV del provvedimento emanato dall’U.I.C. il 24 febbraio 2006, sopra menzionato.
Il IV comma dell’art. 13 testé richiamato espressamente dispone: “La data e la causale dell’operazione, l’importo dei singoli mezzi di pagamento, le complete generalità dell’eventuale soggetto per conto del quale l’operazione stessa viene eseguita, devono essere facilmente reperibili e, comunque, inseriti entro trenta giorni in un unico archivio di pertinenza del soggetto pubblico o privato presso il quale l’operazione viene eseguita. Gli intermediari di cui al comma 1 sono tenuti ad identificare mediante un apposito codice le operazioni effettuate per contanti. (…)”.
La lettera della norma distingue tra mezzi di pagamento ed utilizzo di denaro contante e relativamente ai primi fa espresso riferimento, per la registrazione e conservazione dei relativi dati, all’”importo” dei singoli mezzi di pagamento e non agli “estremi” identificativi dei mezzi di pagamento: non sembra, pertanto, che la prescrizione del richiamato IV comma possa costituire la fonte espressa di un obbligo, a carico del notaio, di indagine e di interpello, relativo ai mezzi di pagamento utilizzati e tanto meno della loro registrazione nell'archivio unico informatico ( in prosieguo anche definito A.U.A) .
Inoltre, il dettato normativo si riferisce esplicitamente ad una operazione di trasferimento di denaro o di negoziazione di titoli effettuata “presso l'intermediario”, ovvero non prevede la registrazione, ad esempio, della semplice emissione di un assegno bancario o circolare ma l'operazione successiva relativa al suo incasso.
L'obbligo di registrazione degli importi dei singoli mezzi di pagamento scatta, dunque, solo quando il titolo viene posto all'incasso o venga eseguita la disposizione del trasferimento dei fondi tramite gli strumenti bancari (es. giroconto, bonifico, accredito mediante carta di credito o altre carte di pagamento) direttamente presso il soggetto pubblico o privato demandato a tale attività di intermediazione finanziaria. Appare evidente, invece, che presso il notaio non avviene mai il materiale incasso del mezzo di pagamento, attività demandata e riservata ad altri specifici operatori. Che vi sia una differenza tra gli obblighi degli intermediari finanziari e quelli dei professionisti in ordine alle registrazioni delle modalità di pagamento è confermato dal fatto che l'art. 7 del D. Lgs 56/2004 prevede testualmente che:
“I soggetti indicati nell'articolo 2 che, in relazione ai loro compiti di servizio, e nei limiti delle loro attribuzioni, hanno notizia di infrazioni alle disposizioni di cui all'articolo 1 della legge antiriciclaggio (4) ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689.”; mentre : “In caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari, libretti al portatore o titoli similari, le segnalazioni devono essere effettuate dalla banca che li accetta in versamento e da quella che ne effettua l'estinzione. “
Sebbene la norma, nella sua genesi formativa, abbia la sua principale ratio nella volontà di dare soluzione ai casi, che si erano presentati in concreto, di conflitto di competenze tra enti creditizi, può essere utilizzata anche per dare una risposta all’interrogativo in esame.
La norma distingue, dunque, tra chi è testimone di un utilizzo di denaro contante o di altri titoli al portatore superiore al limite di legge, che è tenuto alla segnalazione al Ministero, e le banche che sono esplicitamente chiamate alla vigilanza circa l'utilizzo di assegni, libretti o altri titoli similari sempre però al momento del versamento o dell'estinzione e non dell'emissione, confermando indirettamente che il momento rilevante per la registrazione del mezzo di pagamento è quello della sua effettiva negoziazione.
Peraltro, se il più volte richiamato art. 3, comma 1 del D .Lgs. 56 cit. estende gli obblighi previsti nell'articolo 13 della legge antiriciclaggio, anche con riguardo alle operazioni frazionate, a tutti soggetti indicati nell'articolo 2, del medesimo D. Lgs. cit., il comma 2 dello stesso articolo esplicitamente prevede che “il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti l'UIC, le competenti autorità di vigilanza di settore e le amministrazioni interessate, avendo riguardo alle peculiarità operative dei soggetti obbligati, all'esigenza di contenere gli oneri gravanti sui medesimi e alla tenuta dell'archivio nell'ambito dei gruppi, stabilisce con regolamento, da adottarsi entro 240 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il contenuto e le modalità di esecuzione degli obblighi di cui al presente articolo e le modalità di identificazione in caso di instaurazione di rapporti o di effettuazione di operazioni a distanza.”
Proprio in virtù di tale delega i contenuti dell'A.U.A per i professionisti sono stati dettagliatamente indicati sia dal Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 141/2006 all'art. 5 che dalle Istruzioni dell'UIC emanate in data 24 febbraio 2006, in particolare nell'allegato B, ed entrambi i provvedimenti non prevedono l'indicazione dei mezzi di pagamento né relativamente agli importi né relativamente agli estremi identificativi degli stessi.
Piuttosto giova osservare che per i professionisti l'indicazione relativa all'importo dei mezzi di pagamento, originariamente prevista nell'art. 13 della legge antiriciclaggio sopra citato è stata sostituita nel decreto ministeriale 141 cit. dall'indicazione del valore della prestazione, il che trova una sua giustificazione proprio nel fatto che diverso è il controllo richiesto al notaio in questa specifica materia rispetto a quello usualmente demandato agli intermediari finanziari del quale, altrimenti, finirebbe per essere una mera replica, per altro parziale.
Infatti, l'indicazione in un archivio informatico dello specifico mezzo di pagamento, sganciata da tutte le altre informazioni normalmente in possesso della banca o dell'intermediario abilitato presso cui lo stesso è stato poi negoziato, non sembra particolarmente utile; mentre accurate indagini bancarie circa i flussi finanziari e le movimentazioni degli specifici conti correnti potranno essere effettuate solo presso l'istituto di credito che ha intrattenuto il rapporto col cliente.
Da questo punto di vista, quindi, l'inserzione del mezzo di pagamento nell'archivio unico del notaio diventa una duplicazione di dati già registrati in altri archivi, che possono fornire riscontri incrociati ben più preganti e mirati. Questo argomento, se pur non decisivo, ravvisandosi altre ipotesi in cui sono previste duplicazioni di registrazione da parte dei diversi soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio, offre, comunque, un ulteriore spunto di riflessione nella ricostruzione dei principi sistematici all’interno del “microsistema” creato dalla legislazione antiriciclaggio, in una prospettiva di efficienza e di non burocratizzazione degli adempimenti a carico dei nuovi soggetti passivi della normativa, in coerenza, soprattutto, con l’enunciazione contenuta nel comma 2 dell’art. 3 del D.Lgs. 56 del 2004, sopra citato che, nel demandare al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di stabilire il contenuto e le modalità degli obblighi, fa espresso riferimento “all'esigenza di contenere gli oneri gravanti sui medesimi”, dato, quest’ultimo di non poca importanza nella ricostruzione del sistema.
In un ottica di differenziazione degli oneri gravanti sulle varie categorie coinvolte nella lotta al riciclaggio pare, dunque, di poter affermare che il tipo di controllo richiesto al professionista, ed in particolare al notaio, cui è finalizzata la tenuta dell'archivio (5), riguardi la prestazione professionale nel suo complesso e soprattutto nella sua valenza giuridica, come possibile mezzo elusivo del controllo esclusivamente finanziario delle operazioni di riciclaggio sin qui effettuato, e non sia focalizzata nel tracciamento dei singoli mezzi di pagamento.
Infine, sia consentito rilevare la limitata valenza probatoria di tale registro informatico: esso, essendo sprovvisto di qualsiasi mezzo di validazione dei dati o di verifica della provenienza degli stessi previsti dalla normativa sul documento informatico portata dal D.Lgs. 82/2005, non potrà che eventualmente avere la rilevanza di cui all'art. 2712 c.c. in quanto rappresentazione informatica “di fatti o delle cose rappresentate” (6). Esso potrà essere utilizzato, dunque, quale semplice indice di ricerca di quanto documentato nell'atto notarile, alla cui efficacia fidefaciente non è certamente paragonabile.
L'altra norma citata, la lettera g) del provvedimento U.I.C., che, a sua volta, fa espresso riferimento “all’ingiustificato impiego di denaro contante o di mezzi di pagamento non appropriati rispetto alla prassi comune ed in considerazione della natura dell’operazione”, è norma subsecondaria finalizzata a fornire, in via esemplificativa, indici da valutare criticamente, da parte del professionista, al fine di individuare operazioni sospette, degne di segnalazione. Dunque, norma non idonea a fondare obblighi impliciti a carico di professionisti, ma diretta a fornire criteri generali di valutazione nell’individuazione dell’operazione sospetta.
In altri termini, se è vero che l’utilizzo di mezzi di pagamento non appropriati o di danaro contante, alla presenza del notaio ovvero di cui il notaio sia informato, costituisce, fuor di dubbio, un indice di peso specifico non indifferente nella valutazione dell’operazione, è altrettanto vero che la suddetta norma non è idonea ad imporre un obbligo di indagine a carico del notaio finalizzato all’individuazione di un eventuale uso illegittimo di mezzi di pagamento ed alla conservazione e registrazione dei relativi dati.
Da un punto di vista sistematico, va osservato, che un generico dovere a carico del notaio di acquisizione di elementi probatori che, potenzialmente, possono essere utilizzati all’interno di una procedura giudiziaria è sempre stata negata, partendo dall’affermazione del principio che gli atti processuali in genere e quelli istruttori in specie sono riservati all’esclusiva competenza dell’A. G., e dei suoi organi di P.G. con tutte le garanzie previste dalla legge.
Un’attività specifica del notaio diretta alla prevenzione o alla repressione del reato di riciclaggio (e di altri reati connessi o collegati) trasformerebbe il notaio da pubblico ufficiale rogante ad organo di polizia giudiziaria, in assenza di un espressa investitura legislativa.
Va, quindi, ragionevolmente, ritenuto che il notaio partecipa all’attività diretta alla repressione del riciclaggio utilizzando i mezzi a sua disposizione ed operando una valutazione critica di tutti gli elementi forniti dalla parti o assunti, anche di propria iniziativa, nell’esecuzione del mandato conferito dalle parti, senza, tuttavia, che possa individuarsi uno specifico potere di indagine a carico del notaio legato a finalità di polizia giudiziaria.
L’obbligo a carico del notaio posto dalla normativa antiriciclaggio va individuato, pertanto, nel duplice dovere:
- - di vigilanza sulla regolarità delle operazioni che si svolgono alla sua presenza o di cui abbia, comunque conoscenza;
- - di comunicazione delle infrazioni alla norma che limita l’uso del contante e dei titoli al portatore. Obbligo quest’ultimo perfettamente analogo all’obbligo di carattere generale posto a carico del notaio, nella sua veste di pubblico ufficiale, dall’art. 361 del c.p. (7)
A conferma delle conclusioni cui si è giunti può, peraltro, osservarsi che la nuova normativa, introdotta a seguito dell’emanazione del d. m. 3 febbraio 2006 n. 141, ha posto ulteriori obblighi a carico del notaio (ed altri professionisti) in aggiunta a precisi obblighi di segnalazione di infrazioni valutarie, legate alla violazione delle limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore, che già esistevano a carico del notaio stesso, sicuramente dal 15 marzo 2004, in forza del D. Lgs. 56 del 2004 (di attuazione della direttiva 2001/97/CE) e, molto probabilmente, per il notaio nella sua veste di pubblico ufficiale, sin dall’entrata in vigore della legge 5 luglio 1991 n. 191. Nulla, sotto quest’aspetto, è, pertanto, mutato dopo il 22 aprile 2006, con l’entrata in vigore delle altre norme contenute nel D. Lgs. 56 del 2004 che nulla hanno innovato relativamente alla disciplina dei mezzi di pagamento.
Tuttavia, non può non evidenziarsi che il comma 22 dell’art. 36, sopra riportato, imponendo, per le cessioni immobiliari, specifici obblighi a carico delle parti, sebbene per finalità antielusive ed antievasione, avrà importanti riflessi anche ai fini antiriciclaggio, costituendo le dichiarazioni rese dalle parti indici che dovranno essere criticamente valutati dal notaio, unitamente agli altri elementi a sua disposizioni, al fine di individuare eventuali operazioni sospette.
Peraltro, è bene sottolineare, che l’assenza di uno specifico obbligo a carico del notaio di indagine sulle modalità di pagamento non significa che il notaio non dovrà prestare la massima attenzione a tutto ciò che avviene davanti a sé, nel ruolo non di spettatore passivo ma di professionista attento a cogliere eventuali profili che possano essere pertinenti con le finalità della normativa antiriciclaggio. In quest’ottica può ritenersi sussistere un dovere del notaio sia di comunicare eventuali fatti e comportamenti che integrano infrazioni alla normativa antiriciclaggio che avvengano in sua presenza, anche se tali comportamenti o fatti non sono riportati nell’atto notarile, sia di valutare, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di segnalazione, eventuali fatti e comportamenti che sebbene non integrino infrazioni alla normativa antiriciclaggio, costituiscono indici rilevanti di operazioni sospette.
L’ipotesi che potrà presentarsi con una maggior frequenza nella pratica è quella di eventuali pagamenti o trasferimenti di somme e valori che, se pur non riportati analiticamente nell’atto notarile (non trattandosi di cessione di immobili) avvengano alla presenza del notaio. In questi casi il comportamento prudenziale del notaio sarà quello di prendere comunque nota di quanto avviene alla sua presenza, di comunicare l’eventuale infrazione, ove ne sussistano i presupposti, ovvero di segnalare l’operazione, laddove ravvisi indici di sospetto ed, eventualmente, in una prospettiva di massima collaborazione con l’U.I.C., di registrare le modalità di pagamento, avvenute alla sua presenza, in un campo facoltativo, relativo all’archiviazione delle prestazioni eseguite, ove esistente all’interno del programma applicativo utilizzato per la gestione dell’A.U.A.
(1) Il citato art. 2 del d. lgs 20 febbraio 2004 n. 56 espressamente dispone: Gli obblighi indicati nell’articolo 3 si applicano:
(…)
t) ai notai e agli avvocati quando, in nome o per conto di propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
1) il trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili o attività economiche;
2) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
3) l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
4) l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;
5) la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti trust o strutture analoghe.
L’elenco è ripetuto nell’art. 2 del D.M. 3 febbraio 2006 n. 141 e nell’art. 2 del Provvedimento U.I.C. 24 febbraio 2006 (con ulteriori specificazioni).
(2)Importo così determinato in forza del D.M. 17 ottobre 2002, pubblicato nella G.U. n. 290 dell’11 dicembre 2002 che ha sostituito l’originario importo di lire ventimilioni.
(3) Cfr. Cass. 9 luglio 2005 n. 14481 nella quale si afferma che dalla anteriorità, con atto di data certa, della quietanza al fallimento non può ricavarsi anche la certezza della effettività del pagamento quietanzato, giacché solo dalla certezza dell'avvenuto pagamento, mediante strumenti finanziari incontestabili (anche alla luce della legislazione antiriciclaggio, che impone cautele e formalità particolari ove vengano trasferiti valori superiori ad un certo importo), può trarsi la prova del pagamento del prezzo pattuito nell'atto di autonomia privata, idoneo al trasferimento del bene.
(4) Il quale prevede: “1. É vietato il trasferimento di denaro contante o di titoli al portatore in Euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore da trasferire è complessivamente superiore a Euro 12.500,00 . Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite degli intermediari abilitati di cui all'art. 4; per il denaro contante vanno osservate le modalità indicate ai commi 1-bis e 1-ter>>;
<<1-bis. Il trasferimento per contanti per il tramite di intermediario abilitato deve essere effettuato mediante disposizione accettata per iscritto dall'intermediario, previa consegna allo stesso della somma in contanti. A decorrere dal terzo giorno lavorativo successivo a quello dell'accettazione il beneficiario ha diritto di ottenere il pagamento nella provincia del proprio domicilio.
1-ter. La comunicazione da parte del debitore al creditore dell'accettazione di cui al comma 1-bis produce l'effetto di cui al primo comma dell'art. 1277 del codice civile e, nei casi di mora del creditore, anche gli effetti del deposito previsti dall'art. 1210 dello stesso codice>>;
<<2. I vaglia postali e cambiari e gli assegni postali, bancari e circolari per importi superiori a lire venti milioni devono recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Il Ministro del tesoro può stabilire limiti per l'utilizzo di altri mezzi di pagamento ritenuti idonei ad essere utilizzati a scopo di riciclaggio>>.
(5) Per l'indicazione analitica delle finalità della tenuta dell'archivio unico cfr. il Punto 4 della Parte II delle Istruzioni UIC 2006 per i professionisti.
(6) Cfr. in tal senso sen. Cass. 11445/2001 ampiamente commentata in dottrina, tra i molti: F. DELFINI, Il documento informatico nella prima giurisprudnza della Cassazione ed il T.U. di cui alla novella del D.P.R. 445/2000, in I Contratti, 2002, 301-307 e G. FINOCCHIARO, Firma Digitale e firme elettroniche, Milano, 2003 pagg. 117 e ss.
(7) Art. 361 c.p. - Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale
Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferire, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da lire sessantamila (€ 30,99) a un milione (€ 516,46).
La pena è della reclusione fino a un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.
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