Imprenditoria giovanile in agricoltura - Art. 14, comma 1, l. 441/1998 - Fondo rustico occupato da terzi
Imprenditoria giovanile in agricoltura - Art. 14, comma 1, l. 441/1998 - Fondo rustico occupato da terzi
di Paolo Giunchi
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 16/2001/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 1/2002, p. 268 ss.
Si chiede se l’acquisto di un fondo rustico occupato da terzi possa accedere al trattamento fiscale di cui all’articolo 14 comma 1 della legge 15 dicembre 1998 n.441.
1. Il trattamento di favore
Al fine di favorire la continuità dell’impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l’azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant’altro strumentale all’attività aziendale(1) oggetto di successione e donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo e dall’INVIM(2) e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano:
a) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali o a condizione che (in esse) si iscrivano entro tre anni dal trasferimento
b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni.
Le agevolazioni suddette sono concesse a decorrere dal 1999 a condizione che i soggetti beneficiari si obblighino a coltivare o a condurre direttamente i fondi rustici per almeno sei anni.
2. La portata della modifica alla norma di favore di cui all’articolo 6 comma 8 della legge 23 dicembre 2000 numero 388
L’originario testo dell’articolo 14 comma 1 recitava: Al fine di favorire la continuità dell’impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi a fondi rustici oggetto di successione e donazione …..
Vigente tale testo erano sorte perplessità sull’ambito di applicazione del trattamento di favore nel senso che non appariva sufficientemente chiaro come la norma realizzasse il dichiarato intento di favorire la continuità dell’impresa agricola attraverso la concessione del beneficio fiscale agli atti relativi a fondi rustici.
In altri termini ci si chiedeva:
a) se per atti relativi a fondi rustici si dovesse intendere il trasferimento dell’azienda stessa
b) ovvero se il beneficio fosse limitato al solo fondo rustico quale componente dell’azienda, trasferito separatamente o unitamente alla stessa, presupponendosi pertanto l’esistenza dell’impresa agricola in capo al de cuius o al donante all’atto del decesso o della donazione
c) se il fine della continuità dell’impresa agricola fosse riferito alla sua esistenza in capo al destinatario del trasferimento
d) se il trasferimento agevolato prescindesse dall’esistenza di un’impresa agricola.
Nelle ipotesi sub.a) e sub.c) si sarebbe avuta ragione dell’inciso portato dalla norma al fine di favorire la continuità dell’impresa agricola, in quanto il beneficio fiscale avrebbe favorito il trasferimento della stessa e quindi la sua sostanziale continuità, nell’ambito del grado di parentela contemplato.
L’ipotesi sub. b) sarebbe stata meritevole di accoglimento sia per la presenza nella norma del suddetto inciso sia perché essa è inserita nella legge tendente a favorire i giovani agricoltori dotandoli di un fondo rustico facente parte dell’impresa della propria famiglia.
Ma l’espressione utilizzata dal legislatore atti relativi a fondi rustici oggetto di successione e donazione(3) rendeva problematiche le letture proposte, importando che il trasferimento poteva riguardare qualsiasi(4) fondo rustico oggetto di successione o donazione fra ascendenti o discendenti entro il terzo grado e non necessariamente il fondo rustico oggetto di un’impresa agricola
Tale deduzione e la considerazione che fra le categorie dei giovani agricoltori destinatari del beneficio sono contemplati anche soggetti non titolari di imprese agricole (lettera b dell’art.14, comma 1) escludevano la necessità della esistenza dell’impresa sia in capo al cedente che in capo al cessionario, pur rimanendo qualche dubbio sul significato dell’espressione per favorire la continuità dell’impresa, anche se condotta in forma di società di persone.
Certo era comunque che tale espressione non potesse riferirsi all’intento del legislatore di favorire la continuità dell’impresa dal cedente al cessionario; tale continuità infatti presuppone che, ove l’ impresa sia condotta in forma di società di persone dal cedente, il cessionario continui a condurla in tale forma, mentre la norma agevolativa non prevedeva quale oggetto del trasferimento le quote della società di persone ma solo fondi rustici ed imponeva al soggetto beneficiario del trasferimento del fondo di condurlo o coltivarlo direttamente per sei anni e quindi non nella forma di società di persone, non rientrante come tale fra i soggetti destinatari dell’agevolazione.
Sia pure con qualche perplessità, si poteva quindi concludere, vigente il precedente testo normativo, che il trasferimento di fondi rustici anche non facenti parte di un’impresa del cedente o del de cuius, effettuato fra ascendenti e discendenti fra loro nel grado di parentela contemplato dalla norma, potesse accedere al trattamento di favore alle sole condizioni che avvenisse per successione o per donazione, fra i soggetti predetti e l’acquisto si sostanziasse in capo ai giovani agricoltori quali ivi definiti e salvo l’assunzione dell’obbligo di coltivare o condurre direttamente il fondo per sei anni.
La novella, sostituendo l’inciso gli atti relativi a fondi rustici con l’inciso gli atti relativi ai beni costituenti l’azienda modifica radicalmente la portata della norma, collegando la sua finalità espressa (al fine di favorire la continuità dell’impresa) al bene oggetto del trattamento di favore che non viene più identificato in un fondo rustico a qualsiasi titolo appartenente al de cuius o al donante, ma in un bene organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, con ciò presupponendo la esistenza di questa in capo a costui.
Ma anche una tal conclusione rende problematico il dare ragione dell’inciso portato dalla norma per il quale il fine di favorire la continuità dell’impresa riguarda quest’ultima, seppur condotta in forma societaria.
Poiché sul punto la novella non ha innovato, rimane escluso dal regime di favore il mezzo principe per ottenere la continuità dell’impresa condotta in forma societaria e cioè il trasferimento di quota della società di persone che gestisce l’impresa(5).
Data per necessaria, come si è visto, la preesistenza di un’azienda (avendo la novella per oggetto beni facenti parte di un’azienda), la assenza nella norma agevolativa, fra le condizioni ed i requisiti richiesti, della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale in capo al donante o al de cuius, evidenzia la volontà del legislatore di estendere il beneficio anche ai beni facenti parte dell’azienda gestita dal dante causa come imprenditore agricolo a titolo non principale.
In tale ottica potrebbe anche ritenersi che il fine di favorire la continuità dell’impresa agricola nell’ambito del rapporto di parentela individuato dalla legge sia pure soddisfatto interpretando la norma nel senso che il regime di favore investa anche i beni di proprietà del donante o del de cuius(6) ma facenti parte dell’impresa gestita in forma di società di persone della quale egli stesso sia socio(7).
Una siffatta sostanziale mutazione dell’oggetto della successione e donazione preso in considerazione ai fini dell’applicazione del beneficio, depone a favore della tesi che attribuisce alla novella abbia natura innovativa e non interpretativa.
Peraltro essa non scioglie, come si vedrà in seguito, le perplessità interpretative sorte in vigente del precedente testo normativo ed, anzi, introduce un ulteriore motivo di incertezza interpretativa.
Non prevede infatti espressamente il trattamento di favore per il trasferimento dell’azienda, ma per i beni costituenti l’azienda stessa e quant’altro strumentale all’attività aziendale, per cui una sua lettura pedissequa limiterebbe l’accesso al beneficio unicamente agli atti relativi a successioni mortis causa o a donazione aventi ad oggetto beni facenti parte dell’azienda del de cuius o del donante e da questi “smembrata” in forza dell’apertura della successione o della donazione stesse.
Ma è evidente che ritenere che oggetto del beneficio siano soltanto i singoli beni aziendali e non anche l’azienda stessa sarebbe in contrasto con la finalità non solo della norma in oggetto ma dell’intera legge.
In conclusione, se si ritenga che la norma stabilisca la necessità della preesistenza di un’azienda in capo al dante causa del giovane agricoltore, sembra opportuno precisare che, in assenza nella norma di un’ulteriore qualificazione fiscale (imprenditore agricolo principale o coltivatore diretto) della relativa impresa agricola, questa non può che essere quella definita dall’articolo 2135 e seguenti del codice civile.
3. Condizioni
La norma pone alcune condizioni per la concessione dal trattamento di favore, pur non stabilendo cause di decadenza né sanzioni(8).
I termini iniziali e finali entro i quali deve verificarsi il fatto oggetto delle condizioni richieste dalla legge per il permanere del trattamento di favore riguardanti l’iscrizione nelle gestioni previdenziali e l’acquisizione delle qualifiche di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo a titolo principale sono espressamente indicati nelle norma, per cui, non verificandosi quanto richiesto, l’ufficio provvederà al recupero della differenza di imposta maggiorata dei relativi interessi.
La portata ed i termini entro i quali deve essere verificata la condizione che i soggetti che intendono beneficiare dell’agevolazione si obblighino a coltivare o a condurre direttamente i fondi rustici per almeno sei anni non appare invece facilmente decifrabile.
In primo luogo si rileva che la modifica relativa all’identificazione dei beni oggetto del trasferimento in ciascuno bene inserito nell’azienda, avrebbe dovuto essere coordinata con la previsione dell’obbligo di coltivazione, necessariamente connesso alla primitiva scrittura della norma, che prendeva in considerazione il solo fondo rustico.
Vigente l’originaria dizione “fondi rustici”, l’Amministrazione Finanziaria aveva sostenuto che relativamente alla successione o donazione d’azienda, giova precisare che il beneficio fiscale verrà riconosciuto limitatamente ai fondi rustici quali elementi del complesso aziendale(9); interpretazione che poteva essere discutibile ma che risultava coerente con la condizione dell’obbligo della coltivazione o conduzione diretta del fondo rustico per almeno sei anni, infatti, secondo tale interpretazione, il trattamento di favore non poteva essere concesso se oggetto della successione o della donazione non fosse stato il fondo rustico.
Ma l’estensione del trattamento di favore anche ai beni aziendali oggetto del trasferimento separatamente all’azienda cui ineriscono, di cui alla novella, rende impossibile l’adempimento della condizione in esame ove l’atto sia relativo a beni diversi dal fondo rustico e riguardi, ad esempio, il solo fabbricato rurale o le scorte vive o morte(10).
Altro motivo di perplessità deriva dal fatto che la condizione suddetta letteralmente consiste non nel verificarsi della coltivazione o conduzione diretta del fondo per il periodo prescritto ma semplicemente nell’assunzione del relativo obbligo (a condizione che i soggetti….si obblighino) e non contiene il termine dal quale cominciano a decorrere i sei anni.
Ritenere che, in mancanza di espressa previsione, il legislatore abbia posto quale termine iniziale, per tutti i soggetti previsti dalla disposizione, la data dell’acquisto sarebbe non solo semplicistico, ma anche inattuabile, se non altro in riferimento alla categoria dei soggetti di cui alla lettera b) della citata norma, considerando che costoro, all’atto dell’acquisto, non rivestono quelle qualifiche di coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, che permettono la soddisfazione immediata della coltivazione o conduzione diretta.
Ma nemmeno, sia pur tenendo conto dell’infelice scrittura della norma, si può ritenere che l’obbligo di condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni possa decorrere da un termine iniziale posto ad libitum dal beneficiario dell’agevolazione.
Precisato, ancorché superfluo, che la condizione consistente nell’obbligo della coltivazione o conduzione diretta del fondo rustico si deve ritenere prescritta solo quando oggetto del trasferimento agevolato sia appunto il fondo rustico, la soluzione del problema che sia compatibile con la lettera della norma e con la sua ratio, che consiste nel favorire la continuità dell’impresa agricola, sembra sia quella di ritenere che il termine iniziale decorra dal momento in cui i beneficiari siano in condizione di poter adempiere all’obbligo assunto.
Pertanto i sei anni decorreranno dal momento del trasferimento se il beneficiario sia già coltivatore diretto o imprenditore agricolo ovvero dal momento in cui, nei termini previsti dalla norma, assuma tali qualifiche.
4. La risposta al quesito
Il quesito ipotizza che il fondo rustico oggetto dell’obbligo di coltivazione sia occupato da terzi.
Si è visto che la novella prevede che il bene oggetto dell’atto relativo alla successione o alla donazione sia un bene costituente l’azienda del de cuius o del donante, limitazione che non sembra potesse rinvenirsi nella precedente struttura della norma.
Ove quindi il trasferimento agevolato sia avvenuto in vigenza del testo precedente, certamente il fondo rustico avrebbe potuto essere trasferito “occupato da terzi”, non ponendosi il problema se un bene costituente l’azienda del de cuius o del donante e, in particolare, il fondo rustico, possa essere occupato da terzi (quale che sia il titolo di tale occupazione) senza perdere la sua qualità di bene aziendale.
Problema che invece si pone in forza della riscrittura della norma e che presente notevoli implicazioni giuridiche e fiscali(11).
In questa sede è sufficiente prendere in considerazione un’unica ipotesi che appare paradigmatica per la fattispecie che ci occupa.
Ci si riferisce cioè all’ipotesi che dell’azienda del dante causa facciano parte più fondi rustici e che uno di essi (che costituisca oggetto dell’atto agevolato) unitamente alle relative pertinenze e scorte, sia stato concesso in affitto di ramo d’azienda a terzi.
In tale fattispecie il bene non perde la sua qualità di bene aziendale e l’imprenditore non perde la sua qualifica di imprenditore agricolo.
Poiché, come si è visto, la norma non richiede la conduzione o la coltivazione diretta dell’azienda stessa da parte del cuius o del donante al momento dell’apertura della successione o della donazione, ove il fondo rustico facente parte dell’azienda concessa a terzi in affitto d’azienda venga ereditato o acquistato per donazione dal giovane agricoltore che si trovi nel grado parentela contemplato dalla norma col titolare dell’azienda, si sostanzia la fattispecie di cui al quesito.
La soluzione che deve darsi ad esso è quindi la stessa che si è superiormente prospettata relativamente ai termini relativi all’adempimento dell’obbligo di coltivazione o di conduzione diretta del fondo.
In assenza dell’indicazione di un termine iniziale per il soddisfacimento di tale obbligo, si deve ritenere che gli atti relativi a fondi rustici facenti parte dell’azienda del de cuius o del donante, trasferiti nelle rispetto delle condizioni previste dalla legge ed in presenza dei requisiti ivi indicati, abbiano accesso al trattamento di favore de quo, ancorché all’atto del trasferimento i fondi rustici stessi siano occupati a qualunque titolo da terzi.
In tali fattispecie, il soggetto beneficiario dovrà porre in atto tutti gli strumenti a sua disposizione per ottenere il rilascio del fondo nel minor tempo possibile e l’obbligo della coltivazione decorrerà dall’avvenuto rilascio, salvi i termini stabiliti per il conseguimento della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale(12).
(1) L’articolo 14 comma 1, che si riferiva ai “fondi rustici”, è stato così modificato dall’articolo 6, comma 8 della legge 23 dicembre 2000 n.388.
(2) Imposta peraltro non più dovuta in forza della legge 21 novembre 2000 n.342.
(3) Questa singolare espressione sembra prevedere il trattamento di favore non per il trasferimento mortis causa o per la donazione ma per gli atti relativi ai beni che di tali trasferimenti siano oggetto; per “atti relativi” a beni oggetto di successione infatti non si può che intendersi atti che siano posti in essere relativamente alla successione , quali la pubblicazione del testamento olografo, l’accettazione di eredità, la divisione amichevole fra coeredi, ecc., fattispecie tutte non soggette all’imposta di cui la norma statuisce l’esenzione.
Sull’argomento vedi. C. Brunelli, P. Giunchi, D. Podetti, Studio Commissione Tributaria del Consiglio Nazionale del Notariato n.8\99\T del 13 marzo 1999.
(4) Diversamente, la norma avrebbe dovuto essere scritta “gli atti relativi ai fondi rustici oggetto….”
(5) Le agevolazioni infatti non spettano alle società di persone, sia pure formate da soci giovani agricoltori aventi col dante causa il grado di parentela contemplato dalla legge.
(6) Si supponga la donazione dal padre al figlio di un fondo rustico che il donante ha concesso in locazione o in comodato ad una società di persone di cui egli stesso è socio che conduce l’impresa agricola.
(7) Potrebbe una tale lettura ricondurre nell’ambito agevolativo anche il trasferimento del bene facente parte dell’azienda gestita in forma societaria non dal dante causa ma da terzi ove il bene stesso sia di proprietà del de cuius o del donante e ricevuto in successione o in donazione dai giovani soci aventi col de cuius il detto grado di parentela ?
Ed ancora, ove la preesistente azienda appartenga al giovane beneficiario della successione o della donazione anche se condotta in forma individuale, possono ritenersi spettare le agevolazioni sempre che il bene oggetto del trasferimento faccia parte dell’azienda stessa ?
L’estesa interpretazione sarebbe risolutiva di numerose e non marginali situazioni che si riscontrano nella realtà, quali l’esistenza di un’azienda agricola in capo al figlio o in capo ad una società tra i figli, di fondi rustici utilizzati nella attività agricola di proprietà del padre o dei genitori, agricoltori pensionati, ecc.
Tuttavia tale interpretazione pare difficilmente sostenibile, in quanto il concetto cui la legge sembra fare riferimento e che intende favorire, riguarda la continuità dell’impresa agricola nell’ambito famigliare e quindi la preesistenza di questa in capo al dante causa nel senso di permettere ai giovani di iniziare o proseguire l’attività agricola famigliare.
Se la legge avesse voluto favorire la continuazione dell’impresa agricola gestita da una società formata da giovani agricoltori aventi col dante causa il grado di parentela previsto col dante causa, avrebbe dovuto anche precisare i limiti della composizione sociale, della partecipazioni al capitale sociale, le norme sull’amministrazione (come ha fatto ove ha inteso beneficiarie gli acquisti di terreni anche in capo a società) in considerazione del fatto che i soggetti beneficiari del trattamento non sarebbe la società stessa, ma alcuni dei suoi giovani soci, parenti col dante causa.
In altre parole avrebbe dovuto espressamente specificare che i giovani soggetti beneficiari delle successioni e delle donazioni sarebbe stati agevolati in funzione della loro partecipazione ad una società di persone avente ad oggetto la gestione di un’impresa agricola che, in qualche modo (in funzione appunto della sua composizione sociale, delle norme sull’amministrazione, ecc.) potesse dirsi gestita da giovani agricoltori.
Inoltre avrebbe dovuto espressamente limitare il trattamento di favore ai soli bene facenti parte della azienda gestita dalla società ma ereditati o ricevuti in donazione dai giovani soci della stessa.
Sembra infine improbabile che il legislatore abbia pensato al caso marginale dell’impresa gestita dal beneficiario mediante beni appartenenti al terzo parente donante o defunto.
(8) Sull’argomento vedi Studio n.8\99\T cit.
(9) Vedi la Circolare Ministero delle Finanze – Dipartimento delle Entrate 24 maggio 2000 n.109\E, par. 2.2
(10) La interpretazione, relativamente all’accoglimento della quale sono tuttavia già stati sopra indicati i motivi di fortissima perplessità, per cui il beneficio verrebbe concesso in funzione dell’esistenza di una azienda in capo al beneficiario o ad una società agricola, darebbe ragione dell’obbligo di coltivazione; riferito ovviamente non all’oggetto dell’atto ma all’oggetto della preesistente azienda.
(11) Sull’argomento si vedano, fra gli altri, TEDESCHI, Le disposizioni generali sull’azienda, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Impresa e lavoro, IV, Torino, 1983; FERRARI, voce “Azienda” in Enciclopedia del diritto, IV, Milano, 1959; Germano’, Manuale di diritto agrario, Torino, 2000; LEO-MONACCHI-SCHIAVO, Le imposte sui redditi nel testo unico, Tomo I, Milano 1999.
(12) In questo senso non appare di secondaria importanza sia il fatto che il legislatore della novella non si sia preoccupato di coordinare il nuovo ambito oggettivo con l’obbligo de quo.
Non potendosi infatti presupporre una sua vista, si deve ritenere che l’estensione del beneficio oltre che al fondo rustico anche alle pertinenze ed alle scorte abbia affievolito l’interesse del legislatore per l’obbligo di coltivazione che invece risultava basilare nella precedente struttura normativa ove il solo fondo costituiva oggetto dell’agevolazione.
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