Note sulla circolare n. 19/e sul credito di imposta
Note sulla circolare n. 19/e sul credito di imposta
di Luigi Bellini
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 31/2001/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 1/2002, p. 232 ss.

La circolare n. 19/E del 1° marzo 2001 del Ministero delle Finanze – Agenzia delle entrate, avente ad oggetto “Disciplina dei trasferimenti immobiliari ai fini delle imposte indirette – Beneficio del credito di imposta previsto dalla legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 7, commi 1 e 2 – Agevolazioni tributarie”, si compone di due parti, la prima relativa alla “Disciplina del beneficio del credito di imposta relativo ai trasferimenti immobiliari “prima casa”, la seconda relativa alla “Disciplina della agevolazione “prima casa” ai fini delle imposte indirette”.

La circolare ha il merito di avere fornito alcune interpretazioni già sostenute dagli operatori, ma contrastate in precedenza dall’Amministrazione finanziaria, specie in tema di agevolazioni per la c.d. “prima casa”, ma, ha subordinato il credito di imposta a condizioni non previste dalla norma (1).

Si ritiene opportuno effettuare una lettura della stessa, accompagnata da alcune osservazioni.

Disciplina del beneficio del credito di imposta relativo ai trasferimenti immobiliari “Prima casa”

La circolare ricorda che l’art. 7, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 1999, un credito di imposta a favore di coloro che, alienato un immobile acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa” ai fini dell’imposta di registro o dell’Iva, provvedono ad acquisire, a qualsiasi titolo, entro un anno dall’alienazione, altra casa di abitazione non di lusso, ricorrendo le condizioni per la “prima casa” di cui alla nota II-bis) all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

Ambito di applicazione del credito di imposta

La circolare afferma che il credito di imposta è un credito personale.

Come conseguenza di questa sua natura, se un soggetto ha alienato un’abitazione pervenutagli per donazione o anche per successione, acquistata dal proprio dante causa con le agevolazioni “prima casa”, non può avvalersi del beneficio.

Si conferma che l’alienazione del primo immobile può avvenire sia a titolo oneroso che a titolo gratuito.

E’ escluso il credito nel caso di precedente acquisto per il quale sono state richieste le agevolazioni, non confermate, poi, in sede di accertamento, ancorché vi sia contenzioso sul punto. In caso di giudicato favorevole, si avrà diritto al rimborso, entro i limiti del credito, semprechè sia stato richiesto l’utilizzo del credito per il pagamento dell’imposta di registro sul secondo acquisto, oppure il credito potrà essere utilizzato negli altri modi previsti.

Primo acquisto di immobile assoggettato ad Iva

Prima del 22 maggio 1993, data di entrata in vigore del d.l. 22 maggio 1993, n. 155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, era applicata l’aliquota Iva agevolata del 2 per cento, elevata al 4 per cento dal 1° gennaio 1989 (dall’art. 34 del d.l. 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154) alla realizzazione ed alla cessione di tutti i fabbricati abitativi di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n.408, effettuati da imprese costruttrici indipendentemente dalla condizione che detti immobili costituissero “prima casa” per l’acquirente.

Le cessioni degli immobili abitativi non di lusso effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici e quelle degli stessi immobili edificati prima del 18 luglio 1949 effettuate da imprese costruttrici erano assoggettate ad Iva ridotta solo se gli acquirenti avessero richiesto le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa ai sensi dell’art. 2, primo, secondo e terzo comma, del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito nella legge 5 aprile 1985, n. 118.

Pertanto, i soggetti che hanno acquistato la propria abitazione da imprese costruttrici fino al 21 maggio 1993, hanno avuto l’Iva ridotta, senza dover richiedere le agevolazioni “prima casa”.

A tale proposito la circolare ministeriale, pur affermando che l’art. 7, comma 1, della legge n. 448/1998, subordina l’attribuzione del credito di imposta all’acquisto agevolato della “prima casa”, ritiene che al contribuente, concorrendo le altre condizioni, spetti il credito di imposta, qualora “dimostri che alla data di acquisto dell’immobile alienato era in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia di acquisto della “prima casa”; diversamente si produrrebbe una disparità di trattamento fiscale in relazione a situazioni di fatto omogenee.

La circolare spiega che per ottenere il credito di imposta condizione essenziale è che la dichiarazione di essere stato in possesso dei requisiti prescritti per godere dell’agevolazione “prima casa” in relazione all’immobile alienato, secondo le norme vigenti alla data dell’acquisto, deve essere resa nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso e supportata da idonea documentazione, da produrre all’atto della registrazione; il tutto, per rendere più spedita l’azione verificatrice degli uffici, poiché nella ipotesi in esame si rende necessario non solo accertare la spettanza del credito di imposta in relazione a tutte le condizioni previste dalla norma istitutiva, ma anche il diritto all’agevolazione c.d. “prima casa” in relazione all’immobile alienato.

La circolare conferma che, anche in questa ipotesi, il credito di imposta non spetta se l’immobile alienato è stato acquistato prima dell’introduzione nell’ordinamento della normativa sulla “prima casa” prevista dalla legge 22 aprile 1982, n. 168.

Osservazioni

L’ammissione al beneficio dei contribuenti il cui primo acquisto sia avvenuto con Iva ridotta, perché effettuato da impresa costruttrice senza richiesta di agevolazioni “prima casa”, manifesta una notevole “apertura” da parte dell’Amministrazione finanziaria, con un’interpretazione che, superando il dettato della norma, evita sul punto il ricorso al Giudice delle leggi.

E’ giusto che in occasione del secondo acquisto sia manifestata la richiesta in merito alla spettanza del credito ed alla sussistenza delle condizioni necessarie al tempo del primo acquisto per godere delle agevolazioni.

Tuttavia, poiché si tratta di condizioni e non di requisiti formali o menzioni previsti da disposizioni di legge, sarebbe sufficiente una dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto di notorietà resa ai sensi degli artt. 46 e 47, del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, e prodotta all’Ufficio delle entrate unitamente all’atto da registrare.

Ma, ai fini di una migliore acquisizione della documentazione, si può aderire alla richiesta dell’Amministrazione finanziaria di inserire la dichiarazione in atto secondo uno spirito di collaborazione tra la stessa ed il contribuente.

Per quanto concerne il contenuto della dichiarazione si rinvia alle osservazioni sulle “Modalità di richiesta del credito”.

Non si comprende, invece, cosa si intenda quando, in relazione alla dichiarazione “resa nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso” è aggiunto l’inciso: “supportata da idonea documentazione, da presentare all’atto della registrazione”.

In base al citato d.p.r. n. 445/2000 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, la documentazione che la Pubblica amministrazione può richiedere sono le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e di atti di notorietà, nelle quali possono essere contenute tutte le condizioni, qualità, stati e fatti che ai fini della normativa in esame vengono richieste.

Se così è, di tali dichiarazioni si è già parlato.

A meno che, con riferimento all’ipotesi in esame non si intenda riferirsi alla produzione delle fatture per le quali risulti corrisposta l’Iva ridotta, condizione richiesta più avanti dalla circolare, ma non prevista dalla norma.

Prima acquisizione dell’immobile mediante contratto di appalto o assegnazione da parte di cooperativa edilizia

La circolare conferma che quanto detto per l’Iva, vale anche per le ipotesi in cui l’immobile alienato sia stato acquisito mediante contratto di appalto o mediante assegnazione da cooperativa edilizia, allorché per tali casi non sussisteva una specifica agevolazione c.d. “prima casa” introdotta per i contratti di appalto aventi ad oggetto immobili abitativi dal d.l. 22 maggio 1993, n. 155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, e per le cooperative dal d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.

Conseguentemente, stando a quanto già detto dalla circolare per l’acquisto soggetto ad Iva, se ne deve dedurre che nelle predette ipotesi, se al momento dell’acquisizione il soggetto era in possesso dei requisiti previsti dalla normativa in vigore in materia di agevolazioni per l’acquisto della c.d. “prima casa”, si è realizzato ugualmente il presupposto per il credito di imposta.

Qualora il secondo immobile agevolato venga acquisito mediante contratto di appalto, nel caso in cui in relazione all’acquisto dell’immobile alienato l’aliquota Iva ridotta non era stata applicata ai sensi della normativa sulla c.d. “prima casa”, ma ad altro titolo, pur sussistendo per l’acquisto le condizioni soggettive richieste per tale fine, la circolare precisa che il contratto di appalto deve essere stipulato per iscritto e registrato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.p.r. n. 131/1986 “al fine di poter dichiarare in tale sede – afferma la circolare – che in relazione all’immobile alienato sussistevano le condizioni soggettive che avrebbero consentito l’applicazione delle agevolazioni c.d. “prima casa”.

Osservazioni

Anche su questo punto si plaude all’interpretazione ministeriale per quanto concerne l’ammissione del credito di imposta sia nell’ipotesi in cui la precedente acquisizione sia avvenuta mediante contratto di appalto o assegnazione da cooperativa, sia nell’ipotesi in cui l’acquisizione del secondo immobile avvenga mediante contratto di appalto.

Relativamente all’acquisizione mediante contratto di appalto ci si chiede se sia considerata solo la nuova costruzione o anche la ristrutturazione.

Si può ritenere che siano compresi non solo gli appalti per nuova costruzione, ma anche quelli aventi ad oggetto l’esecuzione di interventi di recupero di cui all’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 475, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b).

Tuttavia, sul punto sarebbe auspicabile un chiarimento ministeriale.

Per quanto concerne la prescrizione della registrazione per il contratto di appalto, si ritiene di poter aderire alla richiesta onde poter produrre lo stesso all’Amministrazione finanziaria a prova della sussistenza delle condizioni richieste per beneficiare del credito di imposta, costituendo tale esibizione caso d’uso ai sensi dell’art. 6 del d.p.r. 131/1986.

Modalità di richiesta del credito

Sul punto si ritiene di riportare letteralmente il contenuto della circolare per una migliore puntualizzazione delle osservazioni.

La circolare afferma che “per usufruire del credito di imposta…è necessario che il contribuente manifesti la propria volontà, specificando se intende o meno utilizzare lo stesso in detrazione dall’imposta di registro dovuta per lo stipulando atto.

Tuttavia, qualora in atti di trasferimenti già formati non sia stata espressa alcuna volontà al riguardo, sarà ritenuta valida la scelta già operata dal contribuente”.

La circolare continua: “Pertanto, l’atto di acquisto dell’immobile dovrà contenere, oltre alle dichiarazioni previste dalla nota II-bis) all’art. 1 della Tariffa, parte I, del Testo unico dell’imposta di registro, lettere b) e c), l’espressa richiesta del beneficio in argomento e dovrà indicare gli elementi necessari per la determinazione del credito. Sarà, pertanto, necessario:

  • indicare gli estremi dell’atto di acquisto dell’immobile sul quale era stata corrisposta l’imposta di registro o l’Iva in misura agevolata nonché l’ammontare della stessa;
  • nel caso in cui per l’acquisto del suddetto immobile era stata corrisposta l’Iva ridotta in assenza della specifica agevolazione c.d. “prima casa”, rendere la dichiarazione di sussistenza dei requisiti che avrebbero dato diritto a tale agevolazione alla data dell’acquisto medesimo;
  • nell’ipotesi in cui risulti corrisposta l’Iva sull’immobile alienato, produrre le relative fatture;
  • indicare gli estremi dell’atto di alienazione dell’immobile”.
Osservazioni

Se condizione per beneficiare del credito è che il nuovo acquisto sia “agevolato”, non si comprende come nell’atto relativo la circolare preveda le dichiarazioni di cui alla nota II-bis), con riferimento alle sole lettere b) e c), senza richiamare la lettera a), che è quella relativa alla residenza nel comune in cui è situato l’immobile acquistato ed, eventualmente, alla dichiarazione di volere stabilire la residenza nel comune stesso.

Si tratta, evidentemente di una svista del compilatore.

Per quanto concerne la previsione di menzioni o dichiarazioni in atto, si ricorda che il Ministero già nelle istruzioni UNICO 1999, relativamente al credito di imposta per il riacquisto della “prima casa” da utilizzare in occasione della dichiarazione dei redditi, prescriveva la condizione che i contribuenti “nell’atto di acquisto abbiano chiesto di voler usufruire del credito di imposta, specificando di non utilizzarlo in diminuzione dell’imposta di registro dovuta sull’atto stesso”.

E’ evidente che tale dichiarazione, come quelle richieste dalla circolare in commento, non sono previste dall’art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 448/1998, né da nessun’altra disposizione.

A tale proposito nello studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 869/bis del 22 gennaio 1999, avente ad oggetto “Finanziaria 1999 – Note sulle agevolazioni per il “riacquisto” della “prima casa”- si osservava: “Per l’utilizzo del credito la norma in commento non richiede particolari formalità o menzioni. E’ ovvio che poiché l’Amministrazione finanziaria deve essere messa a conoscenza della volontà del contribuente di utilizzare il credito, verificatasi i presupposti relativi, qualunque modo in cui tali elementi vengono manifestati deve ritenersi idoneo allo scopo”.

Sarebbe, pertanto, sufficiente una dichiarazione in merito alla spettanza del credito non necessariamente inserita nell’atto di acquisto, nel quale, tuttavia – si badi bene – devono essere, comunque contenute le dichiarazioni previste dalle lettere a), b) e c) della nota II-bis, trattandosi di un acquisto “prima casa”.

Si può, tuttavia, ritenere, anche ai fini di una migliore acquisizione e documentazione degli elementi, di aderire alla richiesta dell’Amministrazione di inserire in atto gli elementi necessari per la determinazione del credito.

Appare, invece, eccessivo pretendere che debbano essere prodotte le fatture, se l’atto precedente è stato assoggettato ad Iva.

Nessuna norma lo prevede; per di più, il privato non ha nessun obbligo di conservare le fatture.

Si pensi, poi, che l’atto precedente può risalire ad epoca remota (può trattarsi di acquisto risalente fino al 1982) ed anche il contribuente più diligente può non essere più in possesso delle fatture stesse.

In mancanza di fatture, per provare che nell’atto precedente è stata corrisposta l’Iva, potrebbe ritenersi sufficiente il riferimento allo stesso, sempre che vi risulti tale circostanza.

Per quanto poi concerne l’ipotesi di precedente acquisto con Iva ridotta, senza la specifica richiesta di agevolazioni c.d. “prima casa”, si potrebbe ritenere sufficiente la dichiarazione generica di “sussistenza dei requisiti che avrebbero dato diritto alla c.d. agevolazione “prima casa” alla data dell’acquisto”.

Ciò non esclude che il notaio, nel suo dovere professionale di rendere edotte le parti sul contenuto delle loro dichiarazioni, non debba illustrare alle stesse le condizioni previste per la c.d. agevolazione “prima casa”, richieste dalle varie leggi che si sono succedute in materia, affinché i clienti confermino l’effettiva pregressa sussistenza degli stessi.

Conseguentemente, potrebbe essere opportuno esplicitare le predette condizioni nel corpo dell’atto.

Un problema si pone relativamente alla dichiarazione di intento prevista fino al d.l. 22 maggio 1993, n. 155, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione principale e soppressa con la legge di conversione dello stesso 19 luglio 1993, n. 243 e, per la legge 28 dicembre 1995, n. 549, la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato.

Se in presenza di tutte le condizioni richieste dalla norma in vigore al momento del primo acquisto non si è adempiuto alla dichiarazione di intento di trasferire la residenza nell’immobile acquistato e, a seguito della legge n. 549/1995, nel comune ove è situato l’immobile acquistato, si devono considerare decadute le agevolazioni, quindi, venuto meno anche uno dei presupposti per beneficiare del credito di imposta?

Il mancato verificarsi di tale condizione non è previsto dalla normativa che considera espressamente la sola decadenza per dichiarazione mendace e per rivendita nel quinquennio.

Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza tributaria, salvo alcune decisioni contrarie, ha ritenuto l’operare della decadenza per la mancata destinazione dell’immobile ad abitazione principale e, poi, per il mancato trasferimento della residenza nel comune (2).

Relativamente, però, alla previsione della circolare che ammette ipotesi in cui “la dichiarazione di sussistenza dei requisiti prescritti per godere dell’agevolazione c.d. “prima casa” in relazione all’immobile alienato, secondo le norme vigenti alla data dell’acquisto”, viene fatta con riferimento ad una situazione pregressa, in un tempo in cui il contribuente non poteva conoscere le conseguenze di un suo comportamento, si può ragionevolmente ritenere che la mancata destinazione dell’immobile ad abitazione principale o il mancato trasferimento della residenza nel comune non costituisca causa di decadenza.

Determinazione del credito

Nella determinazione del credito la circolare, dopo aver confermato che il credito di imposta è commisurato all’ammontare dell’imposta di registro o dell’Iva corrisposta in relazione al primo acquisto agevolato, e, in ogni caso, non può essere superiore all’imposta di registro o all’Iva corrisposta in relazione al nuovo acquisto, precisa che relativamente all’imposta di registro del primo e del secondo acquisto si deve considerare non solo l’imposta principale, ma anche quella suppletiva e quella complementare di maggior valore.

Per gli atti soggetti ad Iva si deve naturalmente fare riferimento all’imposta indicata in tutte le fatture, comprese quelle relative al pagamento di acconti e, nel caso di acquisizione mediante appalto deve essere considerata l’Iva indicata in tutte le fatture relative.

La circolare conferma che il credito di imposta è un credito personale; pertanto, qualora l’immobile alienato o quello acquisito risultino in comunione, il credito deve essere computato agli aventi diritto rispettando la percentuale della comunione.

La circolare esemplifica i casi in cui l’immobile è stato alienato o acquisito mediante contratto di permuta, dal momento che ai sensi dell’art. 43, comma 1, lettera b) del Testo unico, in caso di permuta la base imponibile è costituita dal valore del bene che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta; quindi, bisogna quantificare la quota di imposta riferibile all’acquisto agevolato.

Mentre, se entrambe o una delle due cessioni sono soggette ad Iva, in forza dell’art. 11 del d.p.r. 633/1972, ogni cessione è tassata separatamente.

Si precisa anche che il credito è determinato solo dall’imposta di registro e dall’Iva, esclusi gli altri tributi indiretti (imposte catastali, ipotecarie e di bollo).

Utilizzo del credito

Per quanto concerne l’utilizzo del credito, la circolare, dopo avere elencato i quattro modi di utilizzo dello stesso, precisa che relativamente all’ipotesi di utilizzo in diminuzione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale sulle successioni e donazioni, l’espressione “per l’intero importo” esclude la possibilità di utilizzare il credito parzialmente e cioè su più atti e denunce di successione.

Il credito si acquisisce alla data di stipula dell’atto relativo al nuovo acquisto; se l’acquisizione avviene mediante contratto di appalto, il credito nasce al momento della consegna del bene.

Evidentemente a tale data, dovrà farsi riferimento per il possesso dei requisiti richiesti per usufruire del beneficio c.d. “prima casa”.

Se il credito viene utilizzato in occasione di una successione:

  • a) la dichiarazione di successione deve essere stata presentata dopo la data di acquisizione del credito;
  • b)il contribuente deve manifestare la volontà di avvalersi del credito “con istanza da richiamare nella denuncia di successione nella parte relativa ai documenti da allegare”;
  • c) il credito può scontare non solo le imposte ipotecaria e catastale, autoliquidate ai sensi del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, ma anche l’imposta di successione, principale, complementare e suppletiva, calcolata dal competente ufficio;
  • d)sono escluse l’imposta di bollo e la tassa ipotecaria;
  • e) la richiesta di scomputo avanzata da un solo erede ha effetto liberatorio anche nei confronti degli altri.

Quest’ultimo punto viene giustificato in forza del principio dell’obbligazione solidale previsto dall’art. 36, del Testo unico delle successioni e donazioni approvato con d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, e dall’art. 28 dello stesso.

La stessa argomentazione vale per l’imposta di registro ed i tributi ad essa collegati, con la conseguenza che se “uno dei soggetti solidalmente obbligati al pagamento delle suddette imposte soddisfi la pretesa fiscale utilizzando il proprio credito, l’effetto liberatorio si estende anche ai restanti coobbligati.

Qualora, dopo l’utilizzazione del credito, a seguito di accertamento della base imponibile per il precedente atto, l’ammontare dello stesso risultasse maggiore di quello già portato in diminuzione, il contribuente potrà utilizzare la differenza in uno dei modi previsti dalla norma, sul presupposto che al momento dell’utilizzo il credito non era ancora determinato nel suo ammontare definitivo.

Nell’utilizzo del credito non si tiene conto del disposto dell’art. 41, comma 2, dell’imposta di registro che stabilisce che l’ammontare dell’imposta principale non può essere in nessun caso inferiore alla misura fissa indicata dalla Tariffa; con la conseguenza che l’importo da versare può essere inferiore a lire 250.000 o che nulla sia dovuto, a seguito dell’intera compensazione del credito.

Inoltre, la circolare afferma che:

  • a)il credito utilizzato non è rimborsabile;
  • b) sul credito non decorrono interessi;
  • c)il credito non può essere utilizzato per compensare l’Iva dovuta in seguito all’acquisto della nuova abitazione;
  • d) in caso di decesso del titolare del credito prima della sua utilizzazione lo stesso può essere considerato quale componente attivo dell’asse ereditario ed utilizzato dagli eredi.
Osservazioni

Per determinare il momento di consegna del bene in caso di acquisizione mediante contratto di appalto, si ritiene che si possa fare riferimento alla data di ultimazione del fabbricato, che viene documentata dalla data di presentazione al comune della domanda per ottenere il permesso di abitabilità ai sensi dell’art. 43, comma 2, del d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223.

Prescrizione

Nel caso di utilizzo del credito per il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e denunce presentate successivamente alla data di acquisizione del credito, la circolare evidenzia che il diritto si prescrive in dieci anni.

Tuttavia, la circolare afferma che, stando al tenore letterale della disposizione in esame, qualora si voglia utilizzare il credito “in diminuzione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto” esso può essere esercitato solo in sede di presentazione della prima dichiarazione successiva all’acquisto.

Osservazioni

E’ confermato quanto già sostenuto nel citato studio n. 869/bis del Consiglio Nazionale del Notariato, che, in mancanza di una disposizione specifica, il credito si prescrive nel termine ordinario di cui all’art. 2946 c.c. di dieci anni a decorrere dalla data in cui esso sorge.

Decadenza dai benefici tributari e sanzioni

Poiché il credito compete in quanto compete il beneficio “prima casa”, la decadenza da tale agevolazione comporta il recupero delle imposte ordinarie ed il recupero del credito eventualmente utilizzato.

La circolare ricorda anche che, qualora il credito nasca da un’alienazione nei cinque anni dall’acquisto di precedente abitazione, l’immobile acquistato successivamente deve essere adibito “a propria abitazione principale”, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 4 della nota II-bis; in caso contrario si decadrebbe dai benefici “prima casa” e conseguentemente dal diritto al credito di imposta.

La circolare precisa ancora che in caso di decadenza dai benefici l’ufficio recupera le imposte nella misura ordinaria, commina le sanzioni e comunica al contribuente la non spettanza del credito, se non ancora utilizzato, o procede al suo recupero, se già utilizzato.

Nel caso di recupero non sono dovute sanzioni, per mancanza di espressa previsione; devono solo essere corrisposti i relativi interessi.

Diversamente, nel caso di utilizzo del credito per un ammontare superiore a quello spettante, è applicabile la sanzione per ritardati o omessi versamenti di tributi compensati con il credito.

Nel caso di tardivo versamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale e di quelle sulle successioni e donazioni richieste dall’ufficio per il recupero del credito si applicano le sanzioni di cui all’art. 13 del d.lgs. 471/1997.

Disciplina della agevolazione “prima casa” ai fini delle imposte indirette

Considerato che il credito di imposta nasce allorché il contribuente provvede ad acquisire una casa di abitazione non di lusso in presenza delle condizioni previste dalla nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, del Testo unico delle imposte di registro, la circolare ricorda i requisiti richiesti e risolve alcuni problemi in materia.

Si ritiene superfluo evidenziare i passi della circolare che ripetono il dettato normativo, mentre ci si ferma sui punti che possono avere particolare rilevanza.

Ubicazione degli immobili trasferiti

La circolare sottolinea che la dichiarazione di intento, consistente nella manifestazione di volontà di stabilire la residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato da rendere nell’atto di acquisto, “costituisce vero e proprio obbligo dell’acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni”.

Ne consegue l’onere per l’acquirente di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a pena di decadenza e di “darne prova all’ufficio spontaneamente o a richiesta”.

Si conferma che fa fede la data della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato al comune, ai sensi dell’art. 18, commi 1 e 2, del d.p.r. 30 maggio 1989,n. 223, semprechè risulti accolta la richiesta di iscrizione.

Considerato che l’agevolazione spetta anche se non si risiede nel comune, purché in esso si svolga la propria attività, la circolare afferma che può trattarsi anche di attività non remunerata (quindi, attività di studio, di tirocinio, di volontariato, sportiva, ecc.).

Mentre, per il soggetto trasferito all’estero per ragioni di lavoro che acquisti l’immobile nell’ambito del territorio del comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende è richiesta l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con qualunque soggetto esso sia instaurato, persona o ente, anche se non imprenditore.

Si conferma che per il cittadino italiano emigrato all’estero, l’immobile può essere acquistato in qualunque comune, ma deve essere la “prima casa” nel territorio nazionale”; in tale ipotesi è escluso l’obbligo di trasferirvi la residenza.

Titolarità di diritti su immobili da parte dell’acquirente

Condizione ostativa all’agevolazione è quella di cui alla lettera b) della nota II-bis e, cioè la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa nel territorio del comune in cui è situato l’immobile.

Conseguentemente, la comproprietà con altro soggetto che non sia il coniuge non è causa di impedimento.

La circolare afferma che l’essere titolare, anche per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni previste dalle disposizioni sulla “prima casa”, costituisce causa ostativa anche quando uno solo dei coniugi abbia effettuato l’acquisto in regime di comunione legale.

La circolare aggiunge che l’impedimento sussiste per entrambi i coniugi anche nell’ipotesi in cui uno solo di essi risulti titolare esclusivo dei predetti diritti su immobili acquistati a regime agevolato e che entrambi i coniugi intendano procedere ad un nuovo acquisto in regime di comunione legale.

Nell’ipotesi in cui a seguito dello scioglimento della comunione legale, uno dei coniugi acquisti la titolarità esclusiva della casa di abitazione già facente parte della comunione può usufruire della agevolazione.

La circolare fa il caso di due coniugi che in regime di separazione abbiano acquistato, ciascuna per proprio conto, due immobili fruendo dell’agevolazione prima casa.

Se rivendono nel quinquennio ed acquistano congiuntamente per quote entro un anno dalla vendita un immobile da adibire ad abitazione principale, possono godere dell’agevolazione “prima casa”.

Osservazioni

L’affermazione contenuta nella circolare secondo la quale nell’ipotesi in cui uno solo dei coniugi risulti titolare di diritti su immobili acquistati a regime agevolato, e, quindi, a titolo personale ex art. 179 c.c., costituisce causa ostativa per entrambi i coniugi che intendono procedere ad un nuovo acquisto in regime di comunione legale, è erronea ed iniqua.

Essa si fonda su un’errata interpretazione della lettera c) della nota II-bis che è bene rileggere per comprenderne l’esatto significato: “Nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni…”.

L’espressione “o dal coniuge” deve essere letta nel contesto di tutta la disposizione.

Ed allora, per “casa di abitazione acquistata…dal coniuge” si deve intendere l’ipotesi in cui un solo coniuge abbia effettuato l’acquisto in regime di comunione legale e per effetto dell’art. 177, primo comma, lettera a) del c.c., l’acquisto stesso è caduto in comunione.

Già lo studio 397/bis del 1° febbraio 1996 del Consiglio Nazionale del Notariato avente ad oggetto “Note sulla Finanziaria ‘96” sul punto affermava: ”Appare pacifico, ma è bene precisare che laddove la norma considera preclusivo all’agevolazione il precedente acquisto agevolato da parte del coniuge, si riferisce evidentemente al solo caso di acquisto effettuato dal coniuge, separatamente durante il matrimonio, che ai sensi della lettera a) dell’art. 177 del Codice civile, costituisce oggetto della comunione”.

Con tale previsione normativa il legislatore ha superato il contrasto interpretativo che era sorto in precedenza tra Amministrazione e contribuenti, i quali, titolari in forza del regime di comunione legale di abitazioni per le quali non erano intervenuti nei relativi atti di acquisto, pretendevano procedere all’acquisto di altra abitazione richiedendo le agevolazioni “prima casa”.

L’Amministrazione finanziaria con tale nuova interpretazione restrittiva cambia indirizzo rispetto a quello seguito finora che riconosce nell’ipotesi in esame i c.d. benefici fiscali “prima casa” pro-quota relativamente al coniuge che possiede i requisiti, in sintonia con l’indirizzo della Cassazione(3).

Pertanto, nel caso di acquisto di abitazione da parte di coniugi in regime di comunione legale, dei quali uno solo sia titolare di diritti acquistati con i c.d. benefici “prima casa”, l’agevolazione spetta all’altro coniuge per la quota relativa.

E’ auspicabile che l’Amministrazione finanziaria rettifichi in tal senso la sua interpretazione.

D’altra parte una diversa interpretazione evidenzierebbe l’illegittimità di due soluzioni opposte, quella di favore per i coniugi in regime di separazione, e quella fortemente penalizzante per i coniugi in regime di comunione legale.

Infine, bisogna ricordare la recentissima posizione della Cassazione, sezione tributaria(4), in riferimento ad un acquisto effettuato da un solo coniuge, in possesso dei requisiti, in regime di comunione legale, che riconosce pacifica l’applicazione per intero delle agevolazioni anche nel caso in cui il coniuge non intervenuto in atto sia sfornito dei requisiti.

Inoltre, è ovvio che il coniuge in regime di comunione legale, in possesso di tutti i requisiti, può procedere da solo all’acquisto c.d. agevolato della “prima casa” a titolo personale, ai sensi dell’art. 179 codice civile.

Soluzione di casi particolari

Acquisto di quote

  1. L’acquisto di quote di comproprietà beneficia dell’agevolazione;
  2. Il titolare di quote di diritti su abitazione acquistata con agevolazioni può acquistare ulteriori quote sulla stessa abitazione richiedendo le agevolazioni.

Pertinenze.

Relativamente all’acquisto delle pertinenze con atto separato si afferma che:

  1. è necessario che per l’acquisto dell’abitazione sia stata richiesta l’agevolazione;
  2. l’agevolazione non spetta se a servizio della “prima casa” sia stato già acquistata altra pertinenza della stessa categoria catastale;
  3. l’agevolazione non spetta per pertinenze di abitazioni diverse dalla “prima casa”;
  4. l’agevolazione spetta anche per un box posto in prossimità dell’abitazione principale purché risulti adibito all’utilità della stessa;
  5. l’agevolazione spetta anche se il bene acquistato costituisce pertinenza di una casa di abitazione ceduta da impresa costruttrice con aliquota Iva ridotta, senza espressa richiesta di agevolazioni, prima del 22 maggio 1993.

In quest’ultima ipotesi il proprietario dell’abitazione deve dichiarare nell’atto di acquisto della pertinenza che al momento dell’acquisto dell’abitazione si trovava nelle condizioni per usufruire delle agevolazioni “prima casa”.

La circolare richiede la dichiarazione in atto e la documentazione su richiesta degli uffici.

A tale proposito si rinvia alle osservazioni in precedenza fatte relativamente al credito di imposta riconosciuto sull’acquisto da parte di impresa costruttrice con Iva ridotta, ma senza richiesta di agevolazioni.

Immobile non ultimato

La circolare riconosce l’agevolazione nel caso di acquisto di immobile non ultimato, confermando così l’indirizzo espresso dalla Corte di cassazione, Sezione tributaria, con la sentenza n. 9150 del 7 luglio 2000.

Afferma che sarà compito dell’ufficio verificare successivamente l’esistenza dei requisiti, compreso quello riguardante la tipologia dell’immobile, che dovrà risultare non di lusso.

Osservazioni

Si risolve finalmente a favore del contribuente quanto già da sempre sostenuto dagli operatori relativamente alla spettanza delle agevolazioni nell’ipotesi di immobili non ultimati.

Prepossidenza di immobile classificato A10 (ufficio)

Se il contribuente è proprietario di immobile classificato quale ufficio (cat.A10), anche se di fatto utilizzato ad abitazione, l’agevolazione può essere concessa.

Diversamente se il soggetto è proprietario di altro immobile classificato o classificabile come abitazione, indipendentemente dall’utilizzo di fatto, l’agevolazione non spetta.

Se, infine, l’acquirente è proprietario di altra abitazione acquistata con le agevolazioni, indipendentemente dall’utilizzazione di fatto e dall’eventuale cambio di destinazione nel frattempo intervenuto, l’agevolazione non spetta.

Osservazioni

Il Ministero ai fini dell’agevolazione dà rilievo al dato formale della classificazione catastale, piuttosto che alla situazione di fatto.

Se tale criterio da un lato risponde ad esigenze di certezza, dall’altro può essere soggetto a critiche, dal momento che la situazione di fatto, che non sia fittizia e transitoria, è più rispondente a riscontri sostanziali.

Appendice

Condizioni richieste dalle leggi succedutesi nel tempo per le c.d. agevolazioni “prima casa”

- Legge 22 aprile 1982, n. 168 – art. 1, sesto comma

Ai trasferimenti di fabbricati o porzioni di fabbricato destinati ad abitazione non di lusso secondo i criteri di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni, effettuati da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione nei confronti di persone fisiche è applicata l’imposta di registro nella misura ridotta del 2 per cento e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa a condizione che nell’atto di trasferimento il compratore dichiari, a pena di decadenza:

  • a) di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel comune di residenza o in quello, se diverso, ove svolge la propria attività prevalente;
  • b) di adibirla a propria abitazione;
  • c) di non avere usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace.

Validità della norma: dal 24 aprile 1982 fino al 30 giugno 1984, per proroga disposta dall’art. 4 del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747, convertito in legge 27 febbraio 1984, n. 18.

- Decreto legge 1 dicembre 1984, n. 795, art. 20, comma 1

E’ stabilito che i trasferimenti a titolo oneroso, effettuati a favore di persone fisiche da soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, di fabbricati o porzioni di fabbricato destinati ad abitazione non di lusso secondo i criteri di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni, indipendentemente dalla data della loro costruzione, sono soggetti all’imposta di registro del 2 per cento ed alle imposte fisse ipotecarie e catastali, a condizione che:

  1. l’immobile acquistato sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha la propria residenza, o se diverso, in quello in cui svolge la propria attività;
  2. nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza:
    • a) di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato destinati ad abitazione nel comune ove è situato l’immobile acquistato;
    • b) di volerlo adibire a propria abitazione;
    • c) di non aver già usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace.

Validità della norma: a decorrere dal 1° gennaio 1985 fino al 31 dicembre 1985, salvo modifiche di cui al successivo provvedimento.

- Decreto legge 7 febbraio 1985 n. 12, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 1985 n. 118, art. 2

Nel comma 1 sono confermate le precedenti agevolazioni per fabbricati o porzioni di fabbricato destinati ad uso di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto ministeriale 2 agosto 1969, indipendentemente dalla data della loro costruzione, a condizione che:

  1. l’immobile acquistato sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha la propria residenza o, se diverso, in quello in cui svolge la propria attività o, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello nel quale ha sede l’impresa da cui dipende;
  2. nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza:
    • a) di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinati ad abitazione nel comune ove è situato l’immobile acquistato;
    • b) di volerlo adibire a propria abitazione;
    • c) di non aver già usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma.

Inoltre, con il comma 2, viene prevista l’aliquota del 2 per cento dell’imposta sul valore aggiunto per le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato destinati ad abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al d.m. 2 agosto 1969, indipendentemente dalla data della loro costruzione, effettuate alle condizioni previste dal comma 1 da soggetti diversi dalle imprese costruttrici nei confronti di persone fisiche ovvero di cooperative costituite da persone fisiche per la costruzione o l’acquisto di immobili da destinare ad abitazione.

Con il successivo comma 3, è disposta l’aliquota del 2 per cento dell’Iva per le cessioni di fabbricati o porzione di fabbricato destinati ad uso di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al d.m. 2 agosto 1969, costruiti anteriormente al 18 luglio 1949, effettuate, nei termini e dalle condizioni previste dal comma 1, da imprese costruttrici nei confronti di persone fisiche o delle cooperative di cui al comma precedente.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace.

Validità della norma: dall’8 febbraio 1985 al 31 dicembre 1991 in forza dei vari provvedimenti di proroga. I due incisi riportati in corsivo, essendo stati inseriti con la legge di conversione, hanno efficacia dal 19 aprile 1985, giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, e ciò ai sensi dell’art. 15, comma 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

- D.L. 29 ottobre 1986, n. 708, convertito nella legge 23 dicembre 1986, n. 899 – art. 5 bis.

L’aliquota del 2 per cento dell’imposta di registro viene elevata al 4 per cento (comma 1).

Il beneficio viene esteso ai cittadini italiani emigrati all’estero che acquistino la prima casa sul territorio italiano.

Validità della norma: dal 10 gennaio 1987.

- Legge 31 dicembre 1991, n. 415, art. 3, comma 2

Dal 1° gennaio 1992 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 dell’art. 2 del d.l. n. 12/85 – legge n. 118/85 e modificazioni, “a condizione che nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza:

  • a) di non possedere nel territorio dello stato altro fabbricato o porzioni di fabbricato destinati ad uso di abitazione;
  • b) di non aver già usufruito delle agevolazioni previste dall’art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168, e dall’art. 2 del d.l. n. 12 del 1985, nonché di quelle previste dal presente comma.

Dal tenore della disposizione è evidente che le predette dichiarazioni sono in aggiunta alle condizioni ed alle dichiarazioni previste dai provvedimenti richiamati.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace.

Validità della norma: dal 1° gennaio 1992 al 21 gennaio 1992.

E’ importante ricordare che nelle disposizioni che si sono succedute alla legge n. 415/1991 è stata inserita una norma con validità retroattiva e, quindi, con decorrenza dal 1° gennaio 1992, per i contribuenti che non avevano potuto richiedere i benefici previsti dall’art. 3, comma 2, della legge n. 415/1991, del seguente tenore: “Le disposizioni del comma 2 si applicano, sempre che sussistano tutte le condizioni ed i requisiti previsti, anche per gli atti pubblici formati, gli atti giudiziari pubblicati o emanati e le scritture private autenticate dal 1° gennaio 1992 sino alla data di entrata in vigore del presente decreto, se il contribuente che non aveva potuto richiedere i benefici previsti dall’art. 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415, presenta istanza, a pena di decadenza entro un anno dalla data dell’atto, all’Ufficio del registro competente per usufruire delle agevolazioni e contestualmente dichiara, ai sensi e con le modalità dell’art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, la sussistenza delle condizioni e dei requisiti indicati dal comma 2…”.

- D.L. 21 gennaio 1992 n. 14, art. 5, commi 2 e 3 – D.L. 20 marzo 1992, n. 237 – D.L. 20 maggio 1992, n. 293

Si confermano le precedenti disposizioni, si elimina come condizione la non possidenza di altro fabbricato ad uso di abitazione nel territorio dello stato e si aggiunge la “condizione che nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza, oltre quanto previsto nelle predette disposizioni, di non aver già usufruito delle agevolazioni previste” da tutte le norme agevolative che si sono succedute nel tempo relative alla “prima casa” e da quelle di cui al presente comma.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace e di cessione a titolo oneroso o gratuito prima del decorso del quinquennio.

Validità delle norme: dal 22 gennaio 1992, senza scadenza, salve le modifiche dei provvedimenti successivi.

- D.L. 24 luglio 1992, n. 348, art. 2, comma 2

Si ripetono le condizioni di cui ai precedenti provvedimenti con l’aggiunta della specificazione dopo le parole “di non aver già usufruito” “quale acquirente”.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace e cessione nel quinquennio.

Validità della norma: dal 25 luglio 1992, senza scadenza, salvo le modifiche di cui ai provvedimenti successivi.

- D.L. 24 settembre 1992, n. 388, art. 1, comma 2 – D.L. 24 novembre 1992, n. 455, art. 1, comma 2 – D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 1, comma 2

Si confermano le precedenti condizioni.

Col d.l. 24 novembre 1992 n. 455, entrato in vigore nello stesso giorno, è disposta la non applicazione della decadenza per rivendita nel quinquennio, “qualora il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente comma, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace e di vendita nel quinquennio, salvo il riacquisto entro un anno, giusta la disposizione di cui al d.l. n. 455/1992.

- Legge 24 marzo 1993, n. 75, di conversione del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16

Conferma la validità degli atti, dei provvedimenti, degli effetti e dei rapporti sorti in vigore di tutti i decreti legge precedenti, non convertiti.

Richiama le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 dell’art. 2 del d.l. n. 12/85 – legge n. 118/85 a condizione che nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza:

  • a)di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione;
  • b) di volerlo adibire a propria abitazione principale.

Anche se abbia già usufruito quale acquirente delle agevolazioni previste da tutte le precedenti norme e dal presente comma.

Pertanto, con tale provvedimento è ammessa la reiterazione delle agevolazioni.

Dal tenore della disposizione è evidente che le indicate condizioni sono in aggiunta alle condizioni ed alle dichiarazioni previste da provvedimenti richiamati.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace e di cessione nel quinquennio, salvo il riacquisto entro l’anno.

Validità della norma: dal 25 marzo 1993, senza scadenza, salvo le modifiche di cui al provvedimento successivo.

- D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 16

Inserisce la normativa in materia di “prima casa” nell’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 151, indicando le condizioni nella nota II-bis; esse sono:

  • a)che l’immobile sia ubicato nel comune di residenza dell’acquirente o, se diverso, in quello in cui lo stesso svolge la propria attività, ovvero se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede l’impresa da cui dipende, ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano immigrato (sic) all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa su territorio italiano;
  • b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato e di volerlo adibire a propria abitazione principale.

Decadenza:in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento nel quinquennio, salvo riacquisto entro l’anno.

Validità della norma: dal 22 maggio 1993.

- Con la legge di conversione del predetto d.l. n. 155/1993 in data 19 luglio 1993, n. 243

viene soppresso l’inciso “nel comune ove è situato l’immobile acquistato e di volerlo adibire a propria abitazione principale”.

Decadenza: in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento nel quinquennio salvo riacquisto entro l’anno.

Validità della norma: dal 22 luglio 1993.

- Infine, con la legge 28 dicembre 1995, n. 549, viene riscritta la nota II-bis, nella stesura attualmente in vigore, salvo la modifica apportata dall’art. 33, comma 12, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, alla lettera a), che ha elevato a diciotto mesi dall’acquisto il termine entro il quale l’acquirente è tenuto a trasferire la residenza.


(1) In occasione dell’emanazione della legge 23 dicembre 1998, n. 448, contenente nell’art. 7 la disposizione sul credito di imposta , il Consiglio Nazionale del Notariato ha diffuso lo studio n.869 bis del 22 gennaio 1999 avente ad oggetto “Finanziaria 1999 – Note sulle agevolazioni per il “riacquisto” della “prima casa”, estensori Luigi Bellini e Diego Podetti.
(2) Per tutti, Cassazione, Sez. Trib. 7 luglio 2000 che recita: ”Non vi è dubbio che “i benefici fiscali previsti dall’art. 1, sesto comma, della legge 22 aprile 1982, n. 168, per l’acquisto della “prima casa”, possono essere conservati soltanto se l’acquisto sia seguito dall’effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria” (Cas. Sez. I, Civ., 21 dicembre 1998, n. 12737). Tuttavia, la stessa legge non prevede un termine perentorio entro il quale tale destinazione debba essere realizzata”…”si deve ritenere che, quanto meno entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell’ufficio, il contribuente, se voleva beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dalla legge n. 168/1982, doveva avere realizzato la finalità dichiarata di destinare ad abitazione l’immobile acquistato”.
(3) Cass., Sez. I, 4 aprile 1996, n. 3159, in Corr. Trib. N. 21/1996, 1707.
(4) Sentenza 28 giugno-28 ottobre 2000, n. 14237, in Guida Normativa n. 200 del 10 novembre 2000, p. 25 che recita: «… il coniuge, che pur acquistando un bene permette che questo bene ricada nella comunione legale non compie un atto di riconoscimento patrimoniale, non dichiara implicitamente che metà del denaro utilizzato è di proprietà del consorte, nè acquista in nome e per conto del coniuge. E colui che diviene proprietario di metà del bene a seguito di un atto compiuto dal coniuge – presumibilmente con denaro proprio – non è “acquirente” del bene stesso, ma lo riceve per volontà della legge. Di conseguenza non è tenuto al possesso dei requisiti posti dalle disposizioni sulle agevolazioni tributarie “prima casa”».

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