Imprenditore agricolo professionale e società agricole (DLGS n.99 del 2004) - Aspetti tributari
Imprenditore agricolo professionale e società agricole (DLGS n.99 del 2004) - Aspetti tributari
di Paolo Giunchi Valeria Mastroiacovo Giampiero Petteruti Diego Podetti
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 46/2004/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 2/2004, p. 931 ss..
1. Generalità
Il decreto legislativo n.99 del 29 marzo 2004, recante “Disposizioni in materia di soggetti ed attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’art.1 comma 2, lett.d), f), g), l) e e) della legge delega 7 marzo 2003, n.38”, pubblicato in G. U. n.94 del 22 aprile 2004, è entrato in vigore, a seguito di ordinaria vacatio, il 7 maggio 2004.
Questo decreto legislativo è significativo dell’esigenza del legislatore statale di modernizzare i settori dell’agricoltura e della pesca anche in considerazione degli orientamenti dell’Unione europea in materia di politica agricola comune, esigenza che tuttavia deve tener conto, nel procedere alle modifiche strutturali, del rispetto del riparto delle competenze legislative così come emergono dalla nuova formulazione dell’art.117 della Costituzione (L. Cost. n.3 del 18 ottobre 2001).
Al fine di una corretta interpretazione delle disposizioni innovative del decreto legislativo n.99 appare infatti opportuno ricordare che l’agricoltura rientra tra le materie di competenza esclusiva delle Regioni e che, conseguentemente, il legislatore statale può intervenire con disciplina propria solo trasversalmente per garantire una regolamentazione uniforme di materie riservate o concorrenti, i cui istituti sono correlati e dipendenti da definizioni desumibili da altri settori. Questa riflessione preliminare consente allora di cogliere lo spirito della delega e del decreto attuativo, che è appunto quello di individuare, nel rispetto dell’art.117 Cost. e in coerenza con la normativa comunitaria, una serie di definizioni “ai fini dell’applicazione della normativa statale” (primo periodo del primo comma dell’art.1 e art.3 del d.lgs. n.99). L’intervento del legislatore statale trova allora giustificazione in quanto funzionale alla regolamentazione di settori riservati alla sua competenza quali, per l’analisi che qui ci occupa, quello previdenziale e tributario(1) e pertanto in quest’ottica vanno interpretate le disposizioni emanate.
In particolare con il presente studio si esaminano le innovazioni “ai fini dell’applicazione della normativa statale tributaria” dettate dal D.lgs. n.99 in tema di imprenditoria agricola e di società agricole, nonché in riguardo a quella regolamentazione del “compendio unico” che ha valenza generale e non solo con riferimento ai terreni compresi nei territori delle Comunità Montane.
A proposito dell’imprenditoria agricola in generale, è introdotta la nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), individuata per definizione ed il cui rilievo è espressamente limitato al campo di applicazione della normativa statale.
La presenza di un netto criterio definitorio e la limitazione all’applicazione della normativa statale lasciano all’interprete il compito di risolvere il problema del rapporto tra le figure generali e quella della legge speciale, ferma restando la competenza delle Regioni, in forza della riforma del Titolo V della Costituzione(2).
Quanto alla società agricola, disciplinata al di fuori del codice civile, essa, per la materia in esame, presenta problemi concernenti i requisiti previsti per conseguire e mantenere agevolazioni di vario tipo.
Infine, con la nuova normativa sorgono delicate questioni di coordinamento tra le due discipline del compendio unico, ovvero quella data dall’art.52 L.448/2001 e quella, nuova, del D.lgs. n.99/2004, che alla precedente fa espresso riferimento dando una conferma del suo persistente vigore.
2. L’ imprenditore agricolo professionale
Secondo l’art.1 del D.lgs. n. 99/2004, è imprenditore agricolo professionale chi, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro, ridotti al venticinque per cento per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999.
Si evidenzia che, subito dopo la definizione dei requisiti reddituali, il legislatore si preoccupa di espungere espressamente dal computo del “reddito globale da lavoro”(3) le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo.
La figura dell’IAP rileva solo per l’applicazione della normativa statale, ma la verifica dei requisiti per il riconoscimento della qualifica(4) è demandata – ad ogni effetto - alle Regioni. A fini previdenziali, l’INPS può svolgere autonomi accertamenti.
Dato l’espresso dettato dell’art. 1, comma 4, D.lgs. n.99/2004, secondo cui qualunque riferimento della legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende ora fatto all’IAP, questa figura abbraccia, senza necessariamente ridursi ad essa, anche ciò che rappresentava l’altra nel pre-vigente sistema.
Nel diritto tributario e, partitamente, nel settore delle imposte indirette, l’imprenditore agricolo a titolo principale assumeva una rilevanza autonoma soprattutto per l’applicazione dell’imposta di registro, ai sensi dell’art.1 Nota I della Tariffa parte prima del T.U.R.
Tale articolo richiama, nella sua immutata formulazione, gli articoli 12 e 13 della L. n.153 del 1975 il primo dei quali è stato però espressamente abrogato dall’art.1 comma 5 del D.lgs. n.99/2004.
Per contro, l’art.13(5) L.153/1975 rimane in vigore e consente alla detta Nota I di conservare il suo completo contenuto precettivo riguardo al trattamento tributario riservato alle cooperative agricole ed alle associazioni di imprenditori agricoli.
Quanto all’articolazione dei trattamenti tributari, il coordinamento dei nuovi criteri classificatori e disciplinari porta a dire che il trattamento fiscale già riservato all’imprenditore agricolo a titolo principale compete senz’altro all’IAP persona fisica, cui possono spettare, però, anche gli altri trattamenti tributari disposti dalla nuova normativa in ricorrenza delle ulteriori condizioni che essa pone.
La novellazione introduce, poi, la figura della società agricola, cui dà una apposita disciplina civilistico-tributaria e che si inscrive in quella dell’IAP come sottospecie, pur con alcune specificità che verranno in seguito segnalate.
Nessun riferimento è fatto a forme di impresa collettiva diverse dalle società(6), il cui inquadramento deve essere, quindi, ricostruito dall’interprete.
In merito, si osserva che, stando al dato lessicale, i soggetti diversi dalle persone fisiche e diversi anche dalle società parrebbero estranei al nuovo istituto, come traspare sin dall’esordio dell’art.1 (è IAP colui …) e dal contesto del comma 1 (dedichi alle attività agricole … almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro).
Però, una tale limitazione creerebbe ancora un contrasto con la normativa CE(7) e perciò se ne deve vagliare la consistenza reale alla luce di altri indici emergenti dalla novellazione.
Un primo elemento si trae dal riferimento, indiretto perché passa dal richiamo al citato art.13 della L.153 del 1975, alle associazioni di imprenditori agricoli, che possono fruire del trattamento già previsto per l’imprenditore agricolo a titolo principale e ora riferibile all’IAP, per cui può dirsi che le basi di un primo allargamento dell’orizzonte sono nei dati testuali(8).
Volendo andare oltre, per abbracciare le altre forme non espressamente menzionate di persone giuridiche e soggetti non personificati (diversi dalle società) - che pure si ritiene possano svolgere attività d’impresa(9) - occorre farsi preventivamente carico di dimostrare come essi possano, in sequenza, possedere conoscenze e competenze professionali, ritrarre redditi e dedicare tempo alle attività agricole.
E qui, in mancanza di altri indici normativi, è possibile sostenere che il riferimento per traslazione ai requisiti degli associati trova addentellati, per una possibile applicazione analogica, nella disciplina delle società agricole. La quale, se pur non fornisce criteri univoci circa i dati quantitativi ed oscilla tra considerazione dei soci e degli organi, esprime la costante di indurre dall’elemento personale i requisiti dell’ente.
Se questo è il principio enucleabile dal sistema al vaglio, lo schermo della persona giuridica, ed il sottile velo del soggetto non personificato, vengono a perdere rilevanza, aprendo la possibilità di riferirsi direttamente alle dette qualità delle persone fisiche. Per cui, almeno quando tutti gli associati siano IAP, sembrerebbe consentito inferirne la stessa qualità in capo all’ente diverso dalle società.
Analogamente, per quanto riguarda il soggetto privo di base personale – come la fondazione – può farsi applicazione del criterio espresso a proposito delle società di capitali, per le quali l’art. 1, comma 3, lettera c), D.lgs. n.99/2004 fa riferimento all’organo amministrativo.
Quindi, posto che per le persone giuridiche e per i soggetti non personificati non è precluso l’adattamento delle regole dettate per le persone fisiche, e considerato che il nuovo sistema esprime indici positivi di estensione alle società facenti parte dell’uno e dell’altro genere, si può concludere per l’astratta ammissibilità dell’assunzione delle une (le persone giuridiche) e degli altri (i soggetti non personificati) della qualifica di IAP.
In merito alla società agricola, si segnala che già l’art. 10 del Dlgs 228 del 2001, dando dignità di norma di legge ai più convincenti risultati interpretativi giurisprudenziali(10), aveva aggiunto un comma all’art.12 della L.153/1975 per allargare alle società la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, stabilendo che “Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo dell'attività agricola, ed inoltre: a) nel caso di società di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale. Per le società in accomandita la percentuale si riferisce ai soci accomandatari; b) nel caso di società cooperative, qualora utilizzino prevalentemente prodotti conferiti dai soci ed almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale; c) nel caso di società di capitali, qualora oltre il 50 per cento del capitale sociale sia sottoscritto da imprenditori agricoli a titolo principale. Tale condizione deve permanere e comunque essere assicurata anche in caso di circolazione delle quote o azioni. A tal fine lo statuto può prevedere un diritto di prelazione a favore dei soci che abbiano la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, nel caso in cui altro socio avente la stessa qualifica intenda trasferire a terzi a titolo oneroso, in tutto o in parte, le proprie azioni o la propria quota, determinando le modalità e i tempi di esercizio di tale diritto. Il socio che perde la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale è tenuto a darne comunicazione all'organo di amministrazione della società entro quindici giorni.".
Fatte queste precisazioni, occorre ora esaminare più in dettaglio i problemi sistematici e disciplinari posti dalla nuova normativa.
Innanzi tutto, va chiarito se il rapporto tra "IAP" e coltivatore diretto sia di genere a specie e se, quindi, il coltivatore diretto sia sempre ed anche "IAP".
Il quesito nasce dall'art.7 del Dlgs in esame, che, nell'accordare benefici a chi si impegni a condurre o coltivare in qualità di IAP, si preoccupa di estenderli a chi si impegni a ciò in qualità di coltivatore diretto, riecheggiando quanto previsto dal già richiamato art. 52 della L.448/2001(11) . Il raffronto tra la previsione dell'art. 1 Dlgs 99/2004 (che richiede l'impiego del 50% del tempo di lavoro ed il ricavo del 50% del reddito da lavoro, ridotti al 25% per le zone svantaggiate) e quella dell'art. 31 L.590/1965 che risulta applicabile, in forza di rinvii, modifiche e richiami contenuti nello stesso articolo e nelle norme precedenti, agli acquisti per la formazione e l'arrotondamento della piccola proprietà contadina (e che considera coltivatori diretti coloro che "direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all'allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l'allevamento ed il governo del bestiame. Nel calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è equiparato a quello dell'uomo. La presente disposizione - a modifica di quanto previsto al n. 2 dell'art. 2 della legge 6 agosto 1954, n. 604, - si applica anche agli interventi previsti dal decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114 e successive modificazioni ed integrazioni") mette in evidenza che nell'un caso rilevano dati quantitativi ben precisi e nell'altro dati di professionalità e dati aziendalistici di proporzione tra energie di lavoro "proprie" e "altrui" impiegate nell'attività d'impresa.
Ne deriva l' impossibilità di sovrapporre le due discipline e, conseguentemente, la possibilità che un coltivatore diretto (il quale, ad esempio, ritragga meno del 50% del suo reddito da lavoro da tale attività) non sia anche IAP. Oltre che dalla differente disciplina, l’impossibilità di sovrapposizione delle due figure deriva anche da ciò che il coltivatore diretto non è necessariamente imprenditore (si pensi ad esempio all’ipotesi di coltivatore diretto, coadiuvante in una impresa agricola familiare, della quale sia titolare un altro familiare). Incidentalmente si può osservare come anche sotto il profilo previdenziale le due categorie restano distinte.
La non sovrapponibilità delle due figure è confermata anche dalla legge n.441\1998 sull’imprenditoria giovanile in agricoltura che le prende in considerazione distintamente (articolo 14).
Se ciò è vero, è dato delineare una coesistenza di figure solo tendenzialmente ordinate in gerarchia e possono distinguersi, senza un rapporto di genere a specie, l’imprenditore in generale, l’imprenditore agricolo, il giovane imprenditore agricolo, l’imprenditore agricolo professionale, il giovane imprenditore agricolo professionale ed il coltivatore diretto.
Per tutti i suddetti imprenditori agricoli, non professionali, professionali e coltivatori diretti, sussiste e permane l’obbligo di iscrizione nel Registro delle Imprese con gli effetti della pubblicità dichiarativa, ai sensi dell’art.2 D.lgs. n.228/2001(12).
L’IAP deve possedere conoscenze e competenze professionali, ai sensi dell’art.5 Reg.CE 17 maggio 1999 n.1257.
Quanto ai due requisiti del tempo e della quantità di reddito, già l’abrogato art.12(13) della L.153/1975 prevedeva il duplice requisito dell’impiego di due terzi del tempo di lavoro e del ricavo di due terzi del reddito globale da lavoro.
Tale doppio requisito è ora disciplinato diversamente solo in termini quantitativi, richiedendosi, come detto, l’impiego di almeno il cinquanta per cento del tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime di almeno il cinquanta per cento del reddito globale da lavoro (ridotto al venticinque per cento per l'imprenditore che operi nelle citate zone svantaggiate).
Conseguentemente, con gli opportuni adattamenti richiesti dalla menzionata disciplina sul cumulo dei redditi, possono utilizzarsi i precedenti risultati interpretativi(14).
Nulla è cambiato per quanto riguarda le procedure di accertamento del tempo e del reddito relativi all’attività agricola, demandate alle Regioni anche dal precedente ordinamento in materia; il requisito della conoscenza e competenza professionale è ora anch’esso oggetto di accertamento da parte della Regione, mentre precedentemente quello, analogo, della capacità professionale, ove non era presunto, doveva essere accertato da una commissione provinciale nominata dal presidente della giunta regionale.
E nulla pare cambiato – salvo il nome riservato alla figura e salvo quanto si dirà in ordine alle connotazioni dei soggetti - per quel che concerne gli aspetti squisitamente tributari in ordine all’applicazione del regime previsto dalla sopra citata Nota I all’art.1, Tariffa Parte Prima del TUR (DPR n.131/1986).
Significative novità sono invece introdotte per quanto riguarda la fruizione del trattamento fiscale già previsto per i coltivatori diretti, che è esteso a tutti gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella gestione previdenziale e assistenziale.
Detta iscrizione costituisce, quindi, il discrimine per l’applicazione del più favorevole regime tributario valevole per i coltivatori diretti(15), regime che, salvo (ulteriori) proroghe, andrà a cessare il 31.12.2004(16).
L’art. 1 comma 4 del D.lgs. n.99 del 2004, nel riconoscere all' IAP, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto, non dice nulla sull’assoggettamento di tale trattamento anche alle stesse condizioni, oggettive, soggettive e procedurali, ma sembra preferibile ritenere che tale disposizione non abbia altro significato se non quello di estendere all’IAP ciò che è previsto per il coltivatore diretto. Con la conseguenza di rendere applicabile l’intero sistema che disciplina le agevolazioni in questione.
Con queste premesse, si può ora esaminare come si atteggi la valutazione e la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalle norme agevolative in ordine ai beni pre-posseduti e ai requisiti soggettivi speciali.
Ci si riferisce, è chiaro, alle norme che prevedono la produzione di certificazioni di possesso dei requisiti, relativamente alle quali sembra possibile distinguere tra qualità professionale, che deve essere posseduta dai soci o dagli organi - secondo i differenti criteri posti dall’art.1 D.lgs. n.99/2004 - e consistenza aziendale, da riferirsi al soggetto acquirente.
Tale conclusione circa il requisito soggettivo professionale trova significativi precedenti nel sistema ed è giustificata dalla necessità di far capo alle persone fisiche ogni qual volta si tratti di possesso di qualità e abilitazioni basate sulle conoscenze e non sui processi produttivi(17). Circa il requisito “aziendale”, quanto asserito è congruente con l’imputabilità dell’acquisto all’ente e sull’effetto che l’alienazione da parte di esso può riverberare sulla conservazione del trattamento tributario.
Una prima esposizione riepilogativa consente, ora, di mettere in evidenza che agli atti di trasferimento(18) di terreni agricoli a favore di imprenditore agricolo professionale è applicabile il seguente regime tributario, alle condizioni poste dalla Nota I all’art.1 Tariffa Parte Prima T.U.R.(19):
imposta di registro 8%
imposta ipotecaria 2%
imposta catastale 1%
imposta di bollo normale.
Allorché, a causa dell’iscrizione dell’IAP nella gestione previdenziale e assistenziale, gli spetti il più favorevole regime previsto per i coltivatori diretti, saranno applicabili le seguenti imposte:
imposta di registro fissa
imposta ipotecaria fissa
imposta catastale 1%
imposta di bollo esente.
3. La società agricola
Il Decreto Legislativo in esame, al fine di agevolare la diffusione in agricoltura di forme più strutturate, di favorire il processo di modernizzazione ed il finanziamento all’uopo necessario dell’impresa agricola, anche con strumenti diversi da quelli tradizionali del credito agevolato, in particolare attraverso il finanziamento privato, attuato con le forme ed il coinvolgimento societari, si avvale degli strumenti delle agevolazioni fiscali, previdenziali, creditizie, dettando, in tali ambiti, nuove regole per le società agricole.
Come per l’imprenditore agricolo individuale, così anche per le società che svolgono attività agricola, è possibile distinguere diverse figure, in tendenziale rapporto di genere a specie, secondo la tabella sotto riportata. Inoltre, dal comma 3 dell’articolo 3, dettato in tema di imprenditoria agricola giovanile, che fa testuale riferimento “ai giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria”, si ricava la possibilità, anche per le società agricole, di ulteriori distinzioni in relazione all’età dei soggetti che ne fanno parte, come verrà in seguito meglio precisato al successivo punto 4, trattando del giovane imprenditore agricolo.
società che hanno ad oggetto l’attività agricola |
equiparabili all’Imprenditore Agricolo individuale non professionale |
Normale |
Giovane |
equiparate all’Imprenditore Agricolo Professionale
Equiparate al coltivatore diretto, sotto il profilo previdenziale (e agli effetti della prelazione agraria) |
Normale |
Giovane |
Equiparate sotto il profilo tributario della imposizione indiretta al Coltivatore diretto |
Normale |
Giovane |
E’ stato osservato(20) che “il nostro ordinamento …indica nella società (art. 2247) la forma di esercizio collettivo dell’impresa, senza operare….discriminazioni sulla base dell’oggetto della attività svolta (agricola o commerciale)” per cui “la intera gamma dei tipi societari …è adottabile al fine dello svolgimento collettivo della attività agricola….Solo che la particolare natura dell’attività e pesanti condizionamenti storici hanno di fatto limitato la scelta, nonostante una potenzialità molto più vasta, a quei tipi che, sia pure per differenti ragioni, facevano salva la individualità e personalità del socio e che in varia misura presupponevano in esso la preesistente qualifica di imprenditore agricolo: è così che tali società molto spesso assumono la caratteristica …di società fra agricoltori”. Di fatto, fino ad ora, prescindendo dal più vasto e diffuso fenomeno dell’associazionismo in agricoltura, le forme più utilizzate sono state quelle della società semplice e della cooperativa.
Con la nuova normativa non è stato abbandonato il criterio del superamento, in un certo senso, della soggettività o personalità giuridica della società e della rilevanza della qualità del socio o dell’amministratore, ma sono stati comunque rimossi molti degli ostacoli che avevano finora scoraggiato l’utilizzo di tutti i tipi societari, tanto personalistici, quanto capitalistici.
3.1 La società agricola
Nell’ambito delle società, di qualsiasi tipo, che abbiano per oggetto l’esercizio di almeno una delle attività considerate “agricole”, secondo quanto previsto dall’articolo 2135 codice civile, quale novellato dall’articolo 1 del Decreto Legislativo 18 maggio 2001, numero 228, quelle per le quali tale oggetto sia esclusivo, vengono definite “società agricole” dall’art. 2, del D.L.vo n. 99/2004 , con l’obbligo o, a seconda della interpretazione, con l’onere della indicazione di “società agricola” nella ragione o denominazione sociale.
Le società già costituite alla data del 7 maggio 2004 di entrata in vigore del Decreto Legislativo in esame, le quali abbiano comunque per oggetto esclusivo l’attività agricola, devono inserire nella ragione o denominazione sociale la indicazione di “società agricola” e adeguare lo statuto sociale.
L’atto o il verbale di modifica dell’atto costitutivo e/o dello statuto, redatto ai fini di ottemperare alla prescrizione in esame, sconta le normali imposte di registro e di bollo. E’ concessa invece l' esenzione dal pagamento dei tributi e diritti, che sarebbero dovuti per l’aggiornamento della nuova ragione o denominazione sociale negli atti catastali e (ovviamente per mera pubblicità-notizia, sempre che sia consentita) nei pubblici registri immobiliari. Il termine tributi è ampio, tale da comprendere sia imposte che tasse e, quindi l’esenzione pare riferibile tanto all’imposta di bollo, quanto all’imposta ipotecaria, quanto alla tassa ipotecaria, oltre che ai diritti catastali.
E’ dubbio se la indicazione di “società agricola” nella ragione o denominazione sociale costituisca un obbligo od invece un onere, ai fini della qualificazione della società come agricola, agli effetti dell' applicazione della normativa in esame.
A sostegno della tesi per cui si tratterebbe di mero obbligo, si può osservare che per le società esistenti, si parla, nell’articolo 2, comma 2, di “possesso dei requisiti di cui al presente articolo”: e quindi i requisiti devono preesistere e l'oggetto deve già essere esclusivo alla data del 7 maggio 2004. Per esse (come per quelle "nuove"), occorre l'inserimento della dizione "società agricola" nella ragione o denominazione sociale. Ma in primo luogo non è stabilito alcun termine temporale per l’adeguamento dello statuto e/o del contratto sociale. Si tratterebbe quindi di un obbligo del quale risulta impossibile accertare l’inadempimento. Inoltre non risulta prevista alcuna sanzione per la sua (impossibile) inosservanza.
Tecnicamente, sotto il profilo giuridico, tenuto conto della assenza di termine e di sanzione, la prescrizione in esame parrebbe doversi configurare come prescrizione di un “onere”.
Ma quali sarebbero le conseguenze della sua inosservanza?
Dal comma 4 dell’articolo 2, che accorda le agevolazioni alle “società agricole di cui all'articolo 1, comma 3,” sembrerebbe potersi desumere che la conseguenza non possa essere il diniego delle agevolazioni, se la società abbia i requisiti previsti nell’articolo 1. Nemmeno la prelazione, che spetta alla società agricola di persone, sembrerebbe condizionata a tale adempimento.
Tuttavia l' iscrizione negli albi ed elenchi degli IAP, inclusi quelli della gestione previdenziale, potrebbe venire subordinata alla osservanza della prescrizione in esame e, quindi determinare, in modo indiretto la impossibilità di usufruire delle agevolazioni tributarie e creditizie.
Ciò induce ad osservare la massima prudenza e ad ottemperare alla prescrizione, anche se la stessa non sia espressamente ricompresa tra i requisiti richiesti per il riconoscimento dei benefici tributari e creditizi.
Il requisito per la società agricola è quindi l’avere come oggetto esclusivo attività agricola.
Essa deve inoltre inserire nella ragione o denominazione sociale la indicazione di “società agricola”.
In assenza degli ulteriori requisiti richiesti dalla nuova normativa, tali società sono equiparabili all’imprenditore agricolo individuale non professionale.
Tale affermazione può suscitare perplessità, poiché in effetti l’intero reddito di tali società deriva dalla attività agricola e l’intera attività svolta è attività agricola. Per cui sembrerebbe più coerente una loro equiparazione all’imprenditore agricolo individuale professionale. Ma a tale equiparazione si oppone l’espresso dettato del comma 3 dell’articolo 1, il quale richiede, ai fini di tale ultima equiparazione il possesso di ulteriori requisiti. Vero è, come si è sopra accennato, che il legislatore non ha del tutto superato il criterio della rilevanza della qualità dei soggetti persona fisica che di tali società fanno parte, come soci e/o come amministratori.
3.2 Le società agricole equiparate all’Imprenditore Agricolo Professionale
L'articolo 1 del Decreto Legislativo fornisce la definizione di Imprenditore Agricolo Professionale (in seguito per brevità IAP) con riferimento alla persona fisica: colui il quale
a) in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’art. 5 del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio,
b) dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile, direttamente o quale socio di società, almeno il 50% del proprio tempo complessivo,
c) ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro.
Conoscenze e competenze professionali e attività di lavoro sono imputabili e riscontrabili solo rispetto ad una persona fisica, come già accennato nel paragrafo 1.
Per le “società agricole”, quali sopra definite, e con l’opportuna precisazione che può trattarsi oltre che di società a scopo lucrativo o mutualistico, anche di società a scopo consortile, dal comma 3 dell’articolo 1, viene sancita una “equiparazione” all’IAP (per quanto concerne la normativa statale ed in particolare in ambito tributario e previdenziale), se in possesso dei seguenti ulteriori requisiti:
- nel caso di società semplici o di società in nome collettivo qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di IAP;
- nel caso di società in accomandita semplice qualora almeno uno dei soci accomandatari sia in possesso della qualifica di IAP;
- nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di IAP;
- nel caso di società di capitali, qualora almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di IAP.
Si precisa che la qualifica di IAP da parte della o delle persone fisiche che devono far parte della compagine sociale o dell’organo amministrativo della società, possono essere conseguite tanto in relazione alla attività di lavoro prestata come socio d’opera (o socio lavoratore nel caso di cooperativa) nella medesima società, quanto in relazione alla attività di lavoro prestata come socio in altra società, od ancora come titolare di una impresa agricola individuale. Ciò risulta evidente dal requisito richiesto per le società di capitali, riferito alla persona fisica di uno degli amministratori, i quali possono anche non essere soci della società.
3.3 Le società agricole equiparate al coltivatore diretto
L’articolo 1, dopo avere definito l’Imprenditore Agricolo Professionale persona fisica ed avere stabilito i requisiti per la equiparazione delle società agricole all’IAP, al comma 4, stabilisce che all’Imprenditore Agricolo Professionale (sia esso persona fisica o società ad esso equiparata), se iscritto nelle gestione previdenziale e assistenziale, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.
La competenza ad accertare il possesso dei requisiti di IAP di cui al comma 1 dell’art. 1 è infatti demandato, dal comma 2, alle Regioni, ma ai fini previdenziali è prevista la facoltà dell’INPS di svolgere le verifiche ritenute necessarie ai sensi del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 476.
Come è stato osservato nella recente circolare dell’INPS(21), con il Decreto Legislativo in esame viene portato a compimento il riordino della disciplina previdenziale dell’imprenditore agricolo, singolo o associato, iniziato con il D. L.vo 228/2001(22). In particolare, il comma 3 dell’art. 1 “estende alla società agricola la nuova disciplina a condizioni meno restrittive rispetto alla precedente legislazione” e alla nuova categoria (l’IAP individuale o societario) “è riconducibile la disciplina della “normativa statale” intendendosi con essa la applicazione delle diverse normative … previdenziali di interesse”(23).
La circolare INPS prende poi in considerazione le società di persone tra coltivatori diretti, cioè la società agricole di persone, nelle quali, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’art. 2, “almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile”. A tali società, che dovranno essere iscritte nella gestione previdenziale tra i coltivatori diretti e non tra gli IAP, sono riconosciute “le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto”, ovvero il beneficio dell’esonero parziale della contribuzione di cui alla legge 185/1992, come modificata dal D. L.vo 29 marzo 2004, n. 102.
A favore delle stesse società è poi concesso il diritto di prelazione agraria e il diritto di riscatto concessi all’affittuario coltivatore diretto o al proprietario coltivatore diretto di fondo confinante, persone fisiche.
Ci siamo soffermati sugli aspetti previdenziali, che esulerebbero dal tema tributario, perché, come si è detto, il riconoscimento all’IAP, sia esso persona fisica o società agricola ad esso equiparata, delle agevolazioni tributarie (e creditizie) in materia di imposizione indiretta stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto, è subordinata alla “iscrizione nella gestione previdenziale ed assistenziale”(24).
La piena equiparazione delle società agricole al coltivatore diretto persona fisica, anche sotto i profili del diritto di prelazione agraria e dei benefici previdenziali è invece limitato alle sole società agricole di persone nelle quali almeno la metà dei soci siano persone fisiche coltivatori diretti.
3.4 Regimi tributari ed agevolazioni
Esaminiamo ora quali siano i regimi e le agevolazioni tributarie in materia di imposte indirette (in particolare di imposta di registro, di imposta ipotecaria, di imposta catastale e di imposta di bollo, sugli acquisti di fondi rustici, terreni agricoli e fabbricati rurali di pertinenza) applicabili alle diverse categorie di società agricole, quali sopra delineate.
Società agricola non equiparata all’IAP: sconta le imposte di registro, ipotecaria e catastale secondo le aliquote ordinarie del 15%, del 2% e dell’1% e non usufruisce di esenzioni dalla imposta di bollo.
Società agricola equiparata all’IAP, che produca al pubblico ufficiale rogante certificazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge, o che dichiari nell’atto di trasferimento di volere conseguire i requisiti per tale equiparazione e che produca la detta certificazione entro tre anni al competente ufficio della Agenzia delle Entrate, in virtù della disposizione del comma 4 dell’art. 1 del D.L.vo, per cui “qualunque riferimento della legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito alla definizione dell’IAP: imposta di registro con la aliquota dell’8%, imposte ipotecarie e catastali con le rispettive aliquote del 2% e dell’1% e nessuna esenzione dal bollo (19bis).
Ci si potrebbe chiedere se si verificherà decadenza dal beneficio dell’aliquota dell’8% (in luogo di quella del 15%) per l’imposta di registro, oltre che nel caso, previsto dalla nota I) all’art. 1 della tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26.4.1986, n. 131, di destinazione dei terreni o delle relative pertinenze diversa dall’uso agricolo, che avvenga nei 10 anni dal trasferimento, anche nel caso di perdita dei requisiti di cui all’articolo 1, comma 3, del D. Lgs in esame. La previsione di tale decadenza non è infatti contenuta nell’art. 1, ma nel comma 4 dell’art. 2 laddove si prevede la applicabilità delle agevolazioni fiscali stabilite a favore dei coltivatori diretti. La risposta deve perciò essere negativa, non essendo ammessa la possibilità di applicazione analogica di norme che sanciscono decadenze(25) .
Società agricola equiparata all’IAP, che sia iscritta come tale nella relativa gestione previdenziale e assistenziale o società agricola di persone di cui almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti (e quindi iscritta nella gestione previdenziale dei coltivatori diretti). E’ indifferente, sotto il profilo tributario, che la società sia iscritta nella gestione previdenziale tra gli IAP o tra i coltivatori diretti e quindi se sia o no ammessa a godere delle esenzioni parziali contributive concesse ai coltivatori diretti. Ad essa compete il trattamento tributario previsto dalla normativa vigente per gli acquisti di fondi rustici da parte di coltivatori diretti: imposte di registro ed ipotecaria in misura fissa, imposta catastale con l’ordinaria aliquota dell’1%, esenzione dalla imposta di bollo, cioè le c.d. agevolazioni per la piccola proprietà contadina(26).
Il richiamo nel D.L.vo di tali benefici tributari rende oltre che auspicabile, anche logicamente conseguente, che essi vengano introdotti, come già fatto per la imposta di bollo, anche nelle leggi sull’imposta di registro e sull’imposta ipotecaria come aliquote (imposta fissa) “a regime”: fino ad ora infatti esse si configurano come agevolazioni temporanee, prorogate innumerevoli volte.
Ovviamente per la applicazione delle agevolazioni tributarie concesse per la formazione o l’arrotondamento della proprietà diretto coltivatrice devono sussistere le condizioni ed i requisiti previsti per la spettanza di tali agevolazioni, per i quali si rinvia ai precedenti numerosi studi del CNN in materia.
4. Il giovane imprenditore agricolo
L’intervento della novella nell’ambito della imprenditoria agricola giovanile si occupa in primo luogo di fissare la definizione del giovane imprenditore agricolo: è considerato giovane imprenditore agricolo l’imprenditore agricolo avente una età non superiore a 40 anni.
La definizione è inserita(27) nel testo del decreto legislativo 18 maggio 2001 n.228, che ha per oggetto Orientamento e la modernizzazione del settore agricolo, a norma della legge 5 marzo 2001 n.57 e viene posta ai fini dell’applicazione della normativa statale.
La legge 15 dicembre 1998 n.441 (Nome per la diffusione e la valorizzazione dell’imprenditoria giovanile in agricoltura), promulgata in attuazione del Regolamento CE n.950/97 del Consiglio del 20 maggio 1997, prevede aiuti per l’insediamento di imprese agricole e trattamenti fiscali agevolati(28), diretti sia genericamente a giovani agricoltori, sia a giovani imprenditori agricoli, sia a giovani imprenditori agricoli a titolo principale.
A tali fini prende in considerazione in alcuni articoli i “giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni” ed in altri “i giovani agricoltori che non hanno superato i quaranta anni di età”.
Le due definizioni, diverse fra loro, vengono apparentemente utilizzate nel contesto normativo col medesimo valore semantico.
La definizione dettata dalla novella, che non si riferisce espressamente alla citata legge n.441\1998, delinea la figura generica del “giovane imprenditore agricolo” e si pone con una valenza generale rispetto all’applicazione di ogni norma statale e quindi certamente di quelle norme che hanno ad oggetto la concessione di provvidenze, benefici ed agevolazioni fiscali(29).
La portata della definizione posta dalla novella rispetto a quelle che si rinvengono nella precedente normativa potrebbe porre qualche problema di coordinamento fra le diverse norme allorquando la nuova definizione vada a sostituire quella precedentemente usata dal legislatore per identificare il beneficiario del trattamento di favore(30).
L’espressa limitazione di valenza della nuova definizione alla sola applicazione di norme statali, fa salva ogni diversa definizione di imprenditore agricolo giovanile già posta o che venga posta dalla Comunità Europea o da enti locali, la cui attuazione prescinda dall’applicazione di norme la cui emanazione sia riservata allo Stato.
La novella non apporta alcuna modificazione alle disposizioni fiscali a favore del giovane agricoltore già disciplinate dalla citata legge n.441/1998(31), che pertanto continueranno ad applicarsi, alla luce delle modifiche intervenute in oggetto ad alcune delle imposte ivi contemplate.
Al riguardo occorre rilevare che in tale legge erano previsti, quali condizioni per l’ammissione a particolari aiuti, facilitazioni e benefici anche fiscali a favore di società riconducibili a giovani agricoltori, precisi requisiti riguardanti la composizione sociale, le qualità dei soci in relazione all’attività agricola, l’ammontare dei conferimenti e le norme sull’amministrazione.
L’articolo 3 della novella istituisce un aiuto sotto forma di credito di imposta a favore dei giovani imprenditori agricoli che accedano al premio di primo insediamento di cui al regolamento (CE) n.1257/1999 del 17 maggio 1999, stabilendo in relazione ad esso alcune facilitazioni fiscali e rimandandone le modalità di applicazione ad un emanando decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
La norma indica quali soggetti ammessi all’aiuto “i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria”, senza indicazioni relative alla forma della società e senza ulteriormente porre limitazioni in ordine alla compagine sociale.
Si completa in tal modo il complesso quadro che sopra si è delineato in materia di società che hanno ad oggetto l’attività agricola, rilevando che, nel particolare campo dell’imprenditoria agricola giovanile, che maggiormente risente dell’intervento programmatico della Comunità Europea, la organizzazione in forma societaria viene presa in considerazione non tanto con riferimento alla società ma alla qualità di giovani agricoltori dei suoi componenti, quale delineata dai regolamenti CE che si sono succeduti in materia
A completamento degli interventi fiscali in materia di imprenditoria agricola giovanile la novella, modificando il comma 1 dell’articolo 15 della citata legge n.441/1998, amplia la portata del trattamento di favore per i giovani imprenditori agricoli affittuari, stabilendo l’ imposta nella misura fissa di Euro 51,65 per la registrazione in caso d’uso dei relativi contratti.
5. Disciplina dell’integrità aziendale. Abrogazione di alcune norme sulla minima unità colturale. Compendio unico in agricoltura e compendio unico in territori delle Comunità Montane
Rinviando allo studio apposito per i profili civilistici della normativa sull’integrità aziendale(32) , si evidenziano, qui, i principali aspetti di carattere tributario di tali innovazioni, non senza ricordare che esse trovano un precedente nell’istituto omonimo introdotto dall’art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448(33).
Mentre il trattamento tributario ex L.448/2001 - consistente nell'esenzione totale dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere - riguardava (e riguarda tuttora, con la limitazione a quei particolari territori) il "trasferimento, a qualsiasi titolo, di terreni agricoli posti nei territori delle Comunità Montane, a coltivatori diretti e ad imprenditori agricoli a titolo principale che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento", quello che si commenta è relativo al "trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento" .
E mentre nella L.448/2001 sia l’impegno a coltivare o condurre per dieci anni, sia l’indivisibilità quindicennale, decorrevano dall’acquisto, nel Dlgs 99/2004 l’impegno a coltivare o condurre dura per dieci anni dal trasferimento mentre l’indivisibilità dura per lo stesso periodo decennale ma a partire dalla costituzione del compendio unico.
Quindi, diversamente da quanto previsto dall’art.52 L.448/2001, qui è espressamente prevista la costituzione del compendio unico con apposito atto soggetto a trascrizione(34) e la riduzione ad un sesto degli onorari notarili riguarda sia gli atti di trasferimento, sia l’atto costitutivo del compendio.
La Circolare 31 gennaio 2002 n.13, in relazione all’articolo 52 comma 21 della legge 28 dicembre 2001 n.448, prevede che l’impegno a costituire il compendio “deve risultare da una dichiarazione dell’acquirente stesso che può essere resa nell’atto di acquisto oppure trasmessa all’Ufficio delle Entrate contestualmente alla richiesta di registrazione dell’atto. Ciò perché l’Ufficio competente possa accertare l’esistenza dei requisiti previsti per l’applicazione dell’agevolazione”.
Pur rilevando che né la L.448/2001, né la normativa che ora si commenta prevedono tale adempimento sacramentale per la concessione dell’agevolazione, è però evidente che l’applicazione dell’imposta non può che discendere da elementi desumibili dall’atto o dalla documentazione integrativa, da cui deve risultare, in qualunque modo e quindi anche per relationem – col semplice richiamo a quanto previsto alla norma - l’ascrivibilità della fattispecie al paradigma tracciato dall’art.7.
Diversamente dalle altre norme riguardanti acquisti agevolati di terreni, le quali adoperano la diversa nomenclatura di “fondo rustico”(35) ed evocano la formula dell’art. 2135 c.c., la disciplina in esame ricalca la L.448/2001 e prevede che l’esenzione spetti per gli acquisti di terreni agricoli. Circa la natura dei terreni, le norme fiscali usano criteri articolati e variabili, contrapponendo gli immobili in genere ai terreni agricoli (art. 1 n.1 T.U. 131/86), oppure dettando una specifica disciplina per i soli terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria a norma delle vigenti disposizioni (art. 2, terzo comma, lett. c) DPR 633/72) o per i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti (art. 67 T.U.I.R.), oppure, ancora, estrapolando dagli altri immobili i “terreni edificabili e quelli con destinazione agricola” (art.7 L.448/2001).
La norma in commento, non specificando quale terreno debba considerarsi agricolo, impone di stabilire se la qualità debba dedursi dalla previsione urbanistica o dalla realtà naturale.
Se si dovesse seguire il criterio della previsione urbanistica, si avrebbe una risposta certa per i terreni classificati in zone agricole (zone E, secondo il DM 2.8.1968) ma incerta per quelli posti nelle zone edificabili ed in quelle vincolate (zone di rispetto viario, cimiteriale, fluviale, di centri abitati ecc.), nonché nelle altre tipologie previste dalle norme di settore e sempre più articolate e numerose, allorché la normale coltivazione sia in qualche misura limitata dalla disciplina dello strumento urbanistico. A favore di questo criterio deporrebbe un sia pur debole argomento letterale: poiché in astratto tutti i terreni sono suscettibili di sfruttamento agricolo, la specificazione che debba trattarsi di terreni agricoli sembrerebbe richiedere una caratteristica non naturale ma da ricercare nel regime giuridico del bene.
Sembra preferibile il criterio della realtà fisica, per il quale rileva la concreta vocazione agricola, a prescindere dalla qualifica urbanistica. A favore di questo criterio fattuale depone una risalente tradizione in materia di agevolazioni per l’agricoltura, secondo cui l’ effettiva destinazione a tale attività attrae nell’orbita dell’agevolazione anche il terreno che consenta utilizzazioni urbanistiche diverse da quella agricola. La quale tradizione sembra poggiare sulla considerazione che, in genere, la regolamentazione urbanistica, anche quando prevede utilizzazioni edificatorie, normalmente non le impone, e quindi non impedisce il naturale sfruttamento agricolo.
Alla stregua di questo criterio, sarebbe però problematica l’agevolabilità dell’acquisto di terreno (inteso come parte della superficie terrestre) assolutamente inidoneo alla coltivazione (ad esempio, tratto roccioso).
Il riferimento alla destinazione agricola “di fatto” sembra preferibile e più coerente anche con gli obblighi che discendono dalla costituzione del compendio unico. Se, infatti, si privilegiasse la destinazione urbanistica, si dovrebbe conseguentemente ritenere che causa della cessazione della destinazione possa essere anche essere il mutamento di previsioni urbanistiche, che opererebbe a danno del beneficiario ancorché continui diligentemente a condurre e a coltivare il terreno.
Fin qui si è parlato di soli terreni.
Per i fabbricati (i.e.: fabbricati rurali), la normale regola dell’estensione del regime del bene principale alle pertinenze trova conferma espressa nel comma 4 (e, quanto al maso chiuso, nell’ancor più chiaro comma 3), per cui il trasferimento di terreni agricoli e fabbricati rurali rientra pienamente nell’esenzione .
Né diversa soluzione sembra valere per l’acquisto isolato di fabbricato rurale, allorché esso sia destinato a far parte del compendio unico a formazione successiva(36).
L’ acquirente deve essere un soggetto che si impegni a coltivare il compendio come coltivatore diretto o come imprenditore agricolo professionale. Si nota la differente formulazione della norma in commento, rispetto a quella introdotta dalla L.448/2001, per quanto riguarda il soggetto acquirente. Solo nell'altro sistema (L.448/2001) la norma richiede che l'acquirente sia (già) coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale.
In questo caso, si parla di impegno a coltivare in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale e la differente formulazione è compatibile con l'acquisto da parte di soggetto che non possegga tale qualifica ma che si impegni a conseguirla. Comunque, in questo sistema, non occorrono certificazioni di possesso dei requisiti, richieste, invece, dalla Nota 1 art. 1 Tariffa T.U.R. e dalle norme sulla formazione e arrotondamento della piccola proprietà contadina(37).
Non sono posti limiti al titolo del trasferimento(38). Sono esenti, perciò le alienazioni onerose, gratuite e liberali, mentre restano fuori gli accertamenti di acquisti per usucapione (perché, pur essendo assoggettati alla stessa imposizione dei trasferimenti onerosi, riguardano acquisti a titolo originario).
Quanto al diritto trasferito, non sembra che debba trattarsi solo di diritti che consentano attualmente l’utilizzazione. Si allude, in questa sede, alla vexata quaestio dell’agevolabilità dell’acquisto di nuda proprietà(39): è vero che l’acquirente deve impegnarsi a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento, ma, diversamente dalla L. 604/1954(40), qui non vi sono testuali previsioni relative alla nuda proprietà che giustifichino una interpretazione restrittiva fondata sull’argomento a contrario.
In presenza delle anzi dette condizioni, il trasferimento è, come detto, esente da ogni imposta.
La formula usata sarebbe ridondante, ove le imposte dovute sui relativi atti risultassero solo quelle espressamente elencate (imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo). In realtà, la previsione non stride con l’elementare regola economica del linguaggio normativo, se è vero che l’esenzione riguarda anche il trasferimento isolato di fabbricato, il quale potrebbe essere assoggettato ad Iva(41).
La disciplina relativa all’imposta di bollo, nella stringatezza della previsione, potrebbe causare problemi interpretativi relativamente alle formalità ed alle copie .
Invero, l’art. 1 nota 1 della Tariffa DPR 642/72 (Imposta di bollo) stabilisce la debenza dell’imposta sulle copie, indipendentemente dal trattamento previsto per l’originale, salva specifica disposizione. E l’art.21 della tabella allegata al detto DPR 642/72 stabilisce, appunto, l’esenzione in modo assoluto di atti e copie relativi al trasferimento di terreni per la formazione e l’arrotondamento della proprietà diretto-coltivatrice.
Quella in esame sembra una previsione distinta dall’art.21 DPR 642, il quale riguarda la proprietà diretto-coltivatrice e non tutte le ipotesi di acquisto da parte di imprenditore agricolo, per cui l’esenzione dal bollo non può estendersi alle copie.
Invece, per le formalità si possono invocare i precedenti sulla latitudine del concetto di trasferimento, che vi fanno rientrare (in rapporto al bollo) tutti gli atti conseguenziali(42).
Infine, trattandosi di esenzione da imposte, essa non riguarda tutti i tributi e, in particolare, non riguarda la tassa ipotecaria e i tributi speciali catastali.
Nella L.448/2001 la regola sanzionatoria posta dal comma 2 dell’art.5-bis L.97/1994 (pagamento delle imposte non pagate, degli interessi e di maggiori imposte pari al 50% di quelle dovute) riguardava (e riguarda) la violazione degli obblighi di cui al comma 1 dello stesso art. 5-bis L. 97/1994 (introdotto dalla detta L. 448/2001). Dal che può dedursi che anche quello di indivisibilità sia un obbligo da rispettare sotto pena della detta “sanzione”.
Nel nuovo sistema che si commenta sono espressamente richiamati i commi 1 e 2 dell’art.5 bis L. 97/1994 ma, quanto all’indivisibilità, essa è assistita dalla espressa comminatoria di nullità degli atti tra vivi e delle disposizioni testamentarie che abbiano per effetto il frazionamento del compendio
E poiché il frazionamento del compendio nei 10 anni dalla sua costituzione comporta la detta nullità degli atti tra vivi e delle disposizioni testamentarie, solo la mancata coltivazione o conduzione per un decennio causa la “decadenza” dall’agevolazione, con conseguente obbligo di pagare “le imposte non pagate”, gli interessi e “maggiori imposte” pari al 50% di quelle dovute(43).
Sin qui si è affrontata la conseguenza della mancata coltivazione.
Non è chiaro, però, cosa accada se il compendio non venga costituito.
Come è stato notato(44), nessun termine è previsto per la costituzione del compendio e tale aspetto rileva ancor più ove la superficie del bene acquistato sia al di sotto del minimo e quindi la costituzione del compendio, dovendo seguire il raggiungimento del minimo, non sia (ancora) possibile.
Sebbene dal comma 2 dell’art. 5-bis – che sanziona l’inadempimento di tutti gli obblighi previsti dal comma 1 - si possa argomentare che sia sanzionato anche l’inadempimento dell’ “impegno di costituire il compendio”, la mancanza di un termine lascia indeterminata la fattispecie sanzionabile, così come la lascia indeterminata riguardo al compendio previsto dalla L.448/2001(45).
Trattandosi di imposte indirette, la tutela assicurata dal privilegio legale, ex art. 2772 c.c. assiste le maggiori somme dovute in caso di violazione degli obblighi solo per la parte avente natura di imposta.
6. Trattamento tributario per la ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto e di contratto di società cooperativa
Gli articoli 10 e 11 del D.lgs. n.99/2004 si occupano della ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto e di contratto di società cooperativa.
Per i primi è stabilito che sia dovuta l'imposta di registro in misura fissa, purché abbiano una durata di almeno cinque anni.
Il beneficio si apprezza ricordando che sui contratti di affitto di fondi rustici è dovuta l'imposta di registro con l'aliquota dello 0,50%(46).
L'art. 10 in commento si riferisce alla stipulazione di contratti di affitto delle particelle finitime senza precisare che debba trattarsi di terreni o fondi rustici, per cui può ritenersi che il beneficio spetti anche nel caso che la particella finitima sia un fabbricato.
Quanto ai contratti di (costituzione di) società cooperativa, il trattamento agevolato consiste nella riduzione di due terzi delle imposte dovute, ove si tratti di costituzione tra imprenditori agricoli che conferiscano alla società il godimento di terreni di cui siano proprietari o affittuari, al fine di costituire un'unica azienda agricola a gestione comune.
Allorché la costituzione avvenga mediante conferimento di diritti personali di godimento, l'imposizione normale prevede la corresponsione dell'imposta nella misura fissa di euro 129,11, ai sensi dell'art. 4 n.5) della tariffa Parte I T.U.R., misura fissa che non sembra possibile ridurre ad un terzo (diminuendola dei due terzi), per effetto del coordinamento del primo e del secondo periodo dell'art.11. Più chiaramente, se la previsione del secondo periodo (imposta in misura fissa) appare migliorativa di quella del primo periodo ed applicabile solo qualora un quinto dei soci siano imprenditori agricoli giovani che si impegnino ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni, deve ritenersi che anche quella del primo periodo non possa mai essere inferiore alla misura fissa.
E poiché il conferimento di diritti personali di godimento sconta già normalmente l'imposta fissa, la riduzione di due terzi conserva significato solo se si attribuisce alla norma il valore di regola agevolativa della costituzione con conferimento di diritti reali di godimento su terreni non costituenti complessi aziendali(47).
Tale agevolazione non riguarda l'imposta di bollo, perché essa non è dovuta sugli atti costitutivi e modificativi di tali società(48) e non riguarda tributi diversi dalle imposte. Quindi sono dovuti normalmente le tasse ipotecarie ed i tributi speciali.
Può riguardare anche l'imposta IVA, allorché si tratti di conferimenti di terreni "suscettibili di utilizzazione edificatoria a norma delle vigenti disposizioni".
7. Tabella riassuntiva
- L’accesso alle agevolazioni è previsto per le società agricole definite al comma 3 dell’art.1 del d.l.gs n.99\2004; la perdita dei requisiti ivi contemplati determina la decadenza dalle agevolazioni.
- Gli onorari notarili per gli atti relativi alla proprietà coltivatrice sono ridotti ad un mezzo e quelli per i trasferimenti e la costituzione dei compendi unici sono ridotti ad un sesto.
|
Proprietà coltivatrice |
Territori Montani |
Compendio unico in Territori Montani |
Compendio unico |
Giovane agricoltore |
Norme di riferimento |
L. n. 350 \2003 art.2 c. 3 |
d.p.r. n.601 \1973 |
L. n. 488 \2001 art.52 c.21 |
d.lgs.29 marzo 2004 n.99 |
d.lgs 18 maggio 2001 n.228 |
Registro |
Fissa |
fissa |
esente |
esente |
6% (49) |
Ipotecaria |
Fissa |
fissa |
esente |
esente |
normale |
Catastale |
Normale |
esente |
esente |
esente |
normale |
Bollo |
Esente |
esente |
esente |
esente |
normale |
Tasse ipotecarie e tributi speciali catastali |
Normali |
normali |
normali |
normali |
normale |
Sanzioni |
Sanzione 20% |
Nessuna sanzione |
Maggiori imposte 50% |
Maggiori imposte 50%
Nullità per frazionamento del c.u. nel 10ennio |
|
Vincoli
Obblighi
Cause di decadenza |
Coltivazione quinquennale
Decadenza
se rivendita
nel quinquennio |
Nessun vincolo |
Costituzione
di compendio
unico;
Coltivazione
Decennale;
Decadenza
per rivendita nel
decennio;
Vincolo 15 anni
Indivisibilità; |
Costituzione
di compendio
unico
Coltivazione
decennale
Decadenza
se rivendita nel
decennio
Vincolo 10 anni
Indivisibilità |
Età non superiore a quaranta anni |
Soggetti |
Coldiretti,
IAP iscritti nelle gestioni previdenziali
e assistenziali
Società agricole |
Società agricole |
Coldiretti
IAP
Società agricole |
Coldiretti
IAP
Società agricole |
Giovani IAP |
Validità |
Scadenza
31.12.2004 |
A regime |
A regime |
A regime |
A regime |
(1) Le lettere della legge delega richiamate nel titolo del decreto legislativo n.99 del 2004 concernono lo sviluppo della forma societaria nei settori dell’agricoltura e della pesca e dell’acquacoltura attraverso la revisione di requisiti dell’art. 12 della legge n.153 del 1975 tenendo conto di quanto stabilito nel Regolamento CE n.1257/1999, il coordinamento e l’armonizzazione della normativa statale tributaria e previdenziale con le disposizioni del decreto legislativo n.228 del 2001, il favorire l’insediamento e la permanenza dei giovani in agricoltura attraverso l’adozione di una disciplina tributaria e previdenziale adeguata.
(2) Nel regime precedente alla riforma costituzionale (Legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001), si veda la L. Reg. Lombardia 13 aprile 1974 n. 18, su cui Cassaz. 21.7.1992 n.8796: "La L.Reg.Lombardia 13.4.78 n. 18, nel fissare i criteri per ottenere il riconoscimento della qualità di imprenditore agricolo a titolo principale e l'iscrizione nell'apposito Albo provinciale da essa istituito, limita il riconoscimento medesimo alle sole persone fisiche, con esclusione, quindi, di soggetti aventi forma giuridica diversa, in genere, e delle società di capitali in particolare, senza che ciò violi nè l'art. 117 Cost. - per inosservanza da parte della legge regionale di vigenti principi fondamentali della legislazione nazionale in materia, in quanto l'art. 12 della legge statale 9 maggio 1975 n. 153, cui deve aversi riguardo per la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, detta disposizioni non incompatibili con quelle regionali -, nè la normativa comunitaria, la quale (sentenza della corte di giustizia del 18 dicembre 1986, in causa n. 312 del 1985 e art. 3 n. 1 della direttiva 17 aprile 1972 n. 159), nell'imporre l'estensione della suddetta nozione anche a soggetti che non siano persone fisiche, concerne esclusivamente le condizioni per l'accesso alle provvidenze disposte dalla CEE per l'agricoltura, laddove le norme regionali limitative sono poste in funzione di provvidenze accordate dalla Regione per il miglioramento ed il potenziamento delle strutture agricole"
(3) Per mero tuziorismo si precisa che il legislatore riferendosi al “reddito globale da lavoro” ha fatto ricorso ad un’espressione atecnica per il diritto tributario, intendendo genericamente un reddito ritraibile da attività del soggetto senza specifico riferimento ad una particolare categoria di reddito di cui all’art.6 del Tuir.
(4) Per la distinzione tra accertamento dei requisiti e qualifica v. Relazione al Dlgs 99/2004, sub Art.1, in Guida Normativa 7 giugno 2004, n.102, pag. 24.
(5) Art. 13: Possono beneficiare delle provvidenze previste dal presente titolo, oltre alle persone fisiche: le cooperative agricole, costituite ai sensi della legislazione sulla cooperazione; le associazioni di imprenditori agricoli che presentino un piano comune di sviluppo per la ristrutturazione e l'ammodernamento aziendale o interaziendale anche per la conduzione in comune delle aziende, sempreché i soci ritraggano dalla attività aziendale ed associata almeno il 50 per cento del proprio reddito ed impieghino nella attività aziendale ed in quella associata almeno il 50 per cento del proprio tempo di lavoro.
In ogni caso, gli investimenti debbono essere previsti in un piano di sviluppo aziendale o interaziendale e deve essere soddisfatto l'impegno della tenuta della contabilità agraria.
Per i fondi concessi a mezzadria e colonia le provvidenze sono corrisposte al mezzadro e al colono o congiuntamente al mezzadro e al colono ed al concedente sempreché entrambi si trovino nelle condizioni soggettive e soddisfino quelle oggettive di cui ai precedenti articoli 11 e 12 della presente legge; i mezzadri e i coloni possono presentare anche in mancanza di accordo con il concedente il piano di sviluppo aziendale.
Sempreché il piano di sviluppo sia stato approvato dalla regione, il piano può essere attuato indipendentemente dall'assenso del concedente, riconoscendo al mezzadro e al colono la direzione per l'attuazione del piano nonché le facoltà per i miglioramenti che sono riconosciuti all'affittuario dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11.
(6) Ci si riferisce alle discusse figure dell’impresa collettiva non sociale e della comunione d’impresa e, in particolare all’ impresa coniugale e all’impresa familiare coltivatrice (art.48 L. 203/1982) (cfr. Galgano, voce Società (Dir.Priv.), in Enc.Dir., vol.XLII, Milano, 1990, pag. 869; De Paola, Il regime patrimoniale della famiglia, II, Milano, 2002, pag. 482; Finocchiaro-Finocchiaro, Diritto di famiglia, I, Milano, 1984, pag. 950; Russo, L’oggetto della comunione legale e i beni personali, in Comm .al C.C. diretto da Schlesinger, Milano, 1999, pag. 444; Jannuzzi- Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2002, pag. 520; Bonfante-Cottino, L’imprenditore, in Tratt. di Dir.Commerciale diretto da Cottino, Padova, 2001, pag. 523; Vittoria, L'azienda coniugale, in Tratt. Di Dir. Commerciale diretto da Galgano, Vol. XI, Padova, 1989, pag. 44; Cassaz. 20.5.1998 n. 5029; Cassaz. 20.3.1998 n.2983).
(7) Corte di giustizia CEE Sez. I - 18 dicembre 1986, causa 312/85, in Riv.Not. 1987, p.540, con nota di Di Fabio, in Riv.Dir.Agr. 1987, II, p.235, con nota di Carrozza, in Foro It. 1987, IV, c.121, con nota di Jannarelli: "L'art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio del 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole, deve essere interpretato nel senso che agli Stati membri, allorché essi definiscono i criteri ai quali i soggetti diversi dalle persone fisiche debbono rispondere per essere considerati imprenditori agricoli a titolo principale, non è consentito escludere dal campo di applicazione della direttiva taluni tipi di persone giuridiche per il solo motivo della loro forma giuridica".
Richiamando la suddetta decisione della Corte di Giustizia per una questione analoga, il Consiglio di Stato ha osservato che "sarebbe illegittimo negare l'attribuzione di un beneficio a coloro (ivi comprese le società) che la stessa normativa comunitaria riconosce come potenziali titolari del diritto al conseguimento del beneficio medesimo" e che "diversamente opinando si potrebbe verificare una disparità di trattamento all'interno della Comunità europea, fra soggetti destinatari dello stesso beneficio" (Consiglio di Stato - Sez. VI - n. 1057 del 31 dicembre 1987 in Giust. Civile 1988, I, pag. 2154).
(8) La legislazione regionale siciliana espone un caso di estensione a “chiunque” delle agevolazioni previste dalla L. 604/1954: art. 60 L.R.Sicilia 25.3.2002 n. 2, in G.U.Reg.Sic. 27.3.2002.
(9) Bonfante-Cottino, L’imprenditore, cit., pag. 538.
(10) Favorevoli all’estensione del regime fiscale in parola alle società in genere: Cassazione 20.4.1995 n.4451, in Notariato, 1995 p.546, con nota di Brufani; Commiss.Trib.Centrale 6.3.1995 n.890, 7.7.1994 n. 2511 e 23.5.1991 n. 4173; Commiss. Trib.II grado Matera 30.4.1992 n.1598; Commiss.Trib.I grado Treviso 10.1.1984 n. 13; Commiss.Trib.I grado Livorno 20.11.1985 n.7970; Comm. trib. I grado di Forlì, n. 105 del 14 giugno 1990 (emessa il 2 giugno 1990) .
Contrarie all’estensibilità a tutte le società del regime previsto per l’imprenditore agricolo a titolo principale, Cassaz. 20.6.1990 n. 6213; Cassaz. 6.4.1996 n. 3247; Cassaz. 22.11.1997 n. 11693 e Cassaz. Sez.Tribut. 27.6.2003 n. 10226, in Juris Data.
(11) Come si evidenzierà meglio in seguito, il D.lgs 99/2004 si riferisce a chi si impegni a coltivare o condurre in qualità di IAP o coltivatore diretto, mentre l'art.52 L.448/2001 prevede l'esenzione per gli atti di trasferimento in favore di imprenditore agricolo a titolo principale (ora IAP) o coltivatore diretto.
(12) Articolo 2. Iscrizione al registro delle imprese.
L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del codice civile.
Cagnasso, L’iscrizione dell’imprenditore agricolo nel registro delle imprese, in Le Società, 2002, n.2, pag. 156, ha evidenziato le incongruenze attuali del sistema, il quale ricollega all’iscrizione dell’imprenditore agricolo l’efficacia dichiarativa mentre attribuisce a quella del piccolo imprenditore commerciale natura di pubblicità notizia.
(13) Art.12: “Si considera a titolo principale l'imprenditore che dedichi alla attività agricola almeno due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dall'attività medesima almeno due terzi del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione fiscale.
Il requisito del reddito e quello inerente al tempo dedicato all'attività agricola è accertato dalle regioni. Il requisito della capacità professionale si considera presunto quando l'imprenditore che abbia svolto attività agricola sia in possesso di un titolo di studio di livello universitario nel settore agrario, veterinario, delle scienze naturali, di un diploma di scuola media superiore di carattere agrario, ovvero di istituto professionale agrario o di altra scuola ad indirizzo agrario equivalente.
Il detto requisito si presume, altresì, quando l'imprenditore abbia esercitato per un triennio anteriore alla data di presentazione della domanda l'attività agricola come capo di azienda, ovvero come coadiuvante familiare o come lavoratore agricolo: tali condizioni possono essere provate anche mediante atto di notorietà.
Negli altri casi il requisito della capacità professionale è accertato da una commissione provinciale nominata dal presidente della giunta regionale e composta dai rappresentanti delle organizzazioni nazionali professionali degli imprenditori agricoli più rappresentative e da un funzionario della regione che la presiede.”
(14) Per la giurisprudenza, si rinvia alle pronunce segnalate alle note precedenti. Per la prassi e la dottrina, v. Ris. n. 260487 del 9 aprile 1991 Dir. TT.AA.; Nota n. 241079 del 6 febbraio 1984 Dir. TT.AA.; Colucci, Imprenditore agricolo a titolo principale; atti di acquisto della sola nuda proprietà, studio n.665/bis della Commiss.Studi Tributari del CNN, approvato il 17.10.1997 e approvato dal Cons.Naz. Notariato il 24.10.1997; Forte, Registro – S.A.S. imprenditore agricolo, studio 415 bis, approvato dalla Commis.Studi Tributari il 19.4.1996 e dal CNN il 16/17 maggio1996, entrambi in Banca Dati Notarile.
(15) E consistente nell’applicazione delle imposte fisse di registro e ipotecaria, ai sensi della L.454/1961, art.28, e nell’esenzione dall’imposta di bollo, anche per le copie, ai sensi dell’art. 21 Tabella DPR 642 del 26.10.1972.
(16) Art.2 L. 24.12.2003 n. 350.
(17) Analogamente, per l’attività di mediazione, si veda l’art.11 DL 452/’90 (Quando l'attività di mediazione sia esercitata da una società, i requisiti per l'iscrizione nel ruolo devono essere posseduti dai legali o dal legale rappresentante della società stessa ovvero da colui che è preposto dalla società a tale ramo d'attività); per le società tra avvocati, che è iscritta in una sezione speciale dell'albo degli avvocati v. l’art. 21 Dlgs 2 febbraio 2001, n. 96 ( I soci della società tra avvocati devono essere in possesso del titolo di avvocato).
(18) Intendendosi per tali quelli in senso stretto e quelli in senso lato, ovvero sia gli atti comportanti una vicenda derivativa sia quelli comportanti una vicenda derivativo-costitutiva, come si desume dalla sistematica dell’art.1 della Tariffa Parte I del T.U.R. . In senso contrario all’assimilazione si è espressa Cassaz. Sez Trib. 4 novembre 2003 n.16495, in Vita Notarile n.3/2003, pag. 1539.
(19) Sui requisiti v. Cassaz. 7258 del 28 giugno 1995: "In tema di aliquota di registro, ai fini dell'applicazione dell'aliquota ridotta dell'8% prevista dall'art. 1 bis della tariffa, allegato a) al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 per gli atti traslativi a titolo oneroso di terreni agricoli comportanti l'acquisto di essi da parte di imprenditori agricoli a titolo principale, l'acquirente, che già possiede tale qualifica, deve, per l'applicazione del beneficio, formulare espressa richiesta al riguardo nell'atto traslativo e procedere alla produzione immediata davanti allo stesso notaio rogante della documentazione attestante la qualità che vanta, mentre l'acquirente, che non possegga al momento tale qualifica, deve enunciare nell'atto di acquisto l'intento di acquistarla e, quindi, nel triennio successivo, produrre la prova, nel modo indicato dalla legge, di tale avvenuto acquisto. Ne deriva che il possesso attuale della qualifica di imprenditore non rileva, per l'ottenimento del beneficio, se non è enunciato e se non è dimostrato con la produzione contestuale della certificazione e che la enunciazione da parte dell'acquirente non agricoltore della volontà di acquistare la qualifica professionale suddetta non produce neppure essa il diritto al beneficio fiscale, se non è seguita, nel triennio, della produzione della prova di tale acquisto."
Sulle cause di decadenza Formica, Rivendita fondo da imprenditore agricolo nel decennio, studio n. 113 bis, Approvato dalla Commissione Tributaria il 22.6.1993 e dal Consiglio Nazionale il 18.11.1993, in BDN.
(20) Irti, Manuale di diritto agrario italiano, 1978, p .182, 183
(21) Circolare INPS n. 85 del 24 maggio 2004.
Già prima dell’entrata in vigore del D.L.vo, tanto l'imprenditore agricolo a titolo principale quanto il coltivatore diretto erano soggetti ad iscrizione alle rispettive distinte gestioni previdenziali.
L'elemento di novità, sotto il profilo previdenziale, è che oggi devono iscriversi alla gestione INPS:
- tra gli IAP, anche le società agricole di cui al comma 3 dell'art. 1
- tra i coltivatori diretti anche le società di persone di cui almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti.
Quello che sotto il profilo previdenziale è un obbligo (iscrizione delle società agricole equiparate all'IAP, negli elenchi (degli IAP e non dei coltivatori diretti), sotto il profilo tributario, per le imposte indirette, al fine di poter usufruire dei benefici fiscali concessi ai coltivatori diretti, costituisce per tutti gli IAP, sia persone fisiche, sia società equiparate ex art. 1 comma 3 all'IAP, un onere.
Pertanto, se l'IAP- persona fisica o società - non è iscritto nella gestione INPS può avvalersi del beneficio dell'aliquota dell'8% già prevista per l'imprenditore agricolo a titolo principale, se è iscritto (il che sotto il profilo previdenziale è un obbligo, purchè ricorrano le condizioni di cui al comma 3 dell'art. 1, condizioni che l'INPS ha facoltà di accertare autonomamente, prima di ottemperare alla richiesta di iscrizione nella gestione previdenziale degli IAP) può fruire delle agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta (e di quelle creditizie) riconosciute ai coltivatori diretti (anche se sotto il profilo previdenziale non sarà iscritto tra i coltivatori diretti, ma tra gli IAP).
(22) Cfr. al riguardo la Circolare INPS n. 34 del 7 febbraio 2002, n. 34.
(23) Circ. INPS 85/2004 cit.
(24) Ad una prima, isolata lettura del comma 4 dell’art. 2, secondo il quale “Alle società agricole di cui all’articolo 1, comma 3, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto”, potrebbe sorgere il dubbio che le agevolazioni tributarie della c.d. piccola proprietà contadina (come ogni altra agevolazione in materia di imposte indirette e in materia creditizia spettanti ai coltivatori diretti persone fisiche) competano a tutte le società agricole equiparate dall’articolo 1 allo IAP, a prescindere dalla loro iscrizione nella gestione previdenziale e assistenziale, iscrizione richiesta invece dal comma 4 dell’art. 1 per l’IAP in generale. Infatti la disposizione del comma 4 dell’art. 2 sembrerebbe superflua, se il secondo periodo del comma 4 dell'articolo 1 fosse riferito non solo all'IAP persona fisica, ma anche alla società "considerata" IAP.
E tale interpretazione potrebbe anche trovare una giustificazione in una sorta di “favor” del legislatore per le società agricole, al fine di favorire attraverso tale forma il finanziamento privato dell’impresa agricola, in modo che la stessa possa configurarsi in dimensioni adeguate al mercato.
Ma a tale interpretazione ostano ragioni di carattere sistematico e logico.
In primo luogo la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 1, se avesse voluto essere riferita solo all’IAP persona fisica, avrebbe dovuto essere dettata subito dopo il comma 1 (o al più dopo il comma 2), mentre la sua collocazione dopo il comma 3, che stabilisce i requisiti perché le società siano IAP, palesa con chiarezza che l’iscrizione nelle gestioni previdenziali ed assistenziali, condizione per fruire delle agevolazioni tributarie e creditizie previste per i coltivatori diretti, si riferisce tanto agli IAP persone fisiche, quanto alle società agricole equiparate allo IAP. E ciò è confermato indirettamente anche dal primo periodo del comma 4 dell’art.1, per cui qualunque riferimento della legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito allo IAP: non si deve infatti dimenticare che a sensi dell’art. 13 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale è riconosciuta anche a società.
Il “favor” del legislatore per la forma societaria è poi già attuato con la attenuazione dei requisiti per la equiparazione allo IAP, non tutti i soci dovendo rivestire tale qualifica, ma, a seconda del tipo di società, solo uno, od alcuni o solo un amministratore. Dopo di che, il sistema delle agevolazioni tributarie si configura coerentemente in modo univoco per le persone fisiche e per le società.
Infine quella che appare una superfetazione, ossia la disposizione contenuta nell’art. 2, comma 4, risulta invece giustificata, per un verso per ribadire, ad evitare equivoci, che le agevolazioni fiscali e creditizie concesse ai coltivatori diretti competono non alle sole società di persone delle quali almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti, equiparate sotto il profilo delle agevolazioni previdenziali e sotto il profilo del diritto di prelazione, ma a tutte le società di cui al comma 3 dell’art. 1, equiparate all’IAP, ovviamente alla condizione fissata dall’art. 1, comma 4, per tutti gli IAP; per altro verso per introdurre il successivo ultimo periodo del comma 4 , che sancisce la decadenza dalle agevolazioni in caso di perdita dei requisiti.
(25) La novella non modifica la struttura della nota I all’art. 1 della Tariffa Parte Prima del DPR 131/86; ciò comporta che il "nuovo soggetto" annoverato nella categoria IAP non potrà essere trattato diversamente da qualsiasi altro acquirente, che deve dichiarare in atto che intende conseguire i requisiti di IAP.
Per lo stesso motivo (non modificazione della struttura della norma di favore) le cause di decadenza sono quelle previste dal testo di legge: come non rileva la cessazione dalla coltivazione e l'alienazione del terreno, nemmeno rileva la perdita della qualifica IAP.
E’ opportuno ricordare che, ove l'acquirente già rivesta la qualifica di IAP, non può avvalersi della dichiarazione in atto che intende conseguire i requisiti: sull'argomento cfr. Cass. Sez. I Civ. 7 marzo-28 giugno 1995 n. 7258 la quale ha negato l'agevolazione in quanto l'acquirente che rivesta i requisiti di imprenditore agricolo a titolo principale (ora IAP) "deve formulare espressa richiesta nell'atto pubblico e procedere a produrre, davanti allo stesso notaio rogante, la documentazione attestante la qualità che vanta".
(26) Cfr. in tal senso A. Capparelli in Agrisole, n. 13: “la «mossa» ancora più innovativa è l’aver, di fatto, abbattuto gli steccati storici che dividono lo Iatp, oggi Iap, dal coltivatore diretto. La qualifica Iap, che le società possono conquistare con maggiore facilità, fa scattare l’applicazione di agevolazioni tributarie riconosciute fino a ora al coltivatore diretto. Se poi la società è di persone ed è costituita per almeno il 50% da soci coldiretti allora può esercitare anche il diritto di prelazione e soprattutto può accedere anche alle agevolazioni previdenziali e assistenziali del coltivatore diretto”.
(27) Articolo 4 bis.
(28) Cfr. Studio 8/99/T Imprenditoria giovanile in agricoltura, est: Cinzia Brunelli, Paolo Giunchi, Diego Podetti
(29) Ad esempio in relazione all’articolo 12 (Interventi per i giovani agricoltori) della legge 27 marzo 2001 n. 122, che inserisce le forme associative di giovani agricoltori fra i soggetti destinatari degli aiuti a favore delle imprese che operano nel settore agroalimentare di cui al decreto legislativo 30 aprile 1998 n. 173
(30) In argomento si rileva che legislatore, che al comma 1 dell’articolo 3 della legge in esame detta la nuova definizione di giovane imprenditore agricolo, al comma 4 del medesimo articolo utilizza la diversa espressione “giovani imprenditori agricoli che non hanno ancora compiuto i quaranta anni”, sia pure sostanzialmente equivalente.
(31) Esse riguardano, fra l’altro, la applicazione dell’imposta di trasferimento nella misura del settantacinque per cento di quella prevista dalla tariffa parte prima, articolo 1 nota I del t.u.r. a favore dei giovani agricoltori, in possesso dei requisiti di cui al regolamento (CE) n.950\1997 citato.
Si è ritenuto che a tale trattamento di favore possa accedere solo il giovane agricoltore già in possesso della qualifica di imprenditore agricolo (a titolo principale).
Non si condivide tale tesi innanzi tutto in forza di un dato letterale e cioè la indicazione dei soggetti beneficiari: non i giovani IAP ma i giovani agricoltori che rivestano i richiesti requisiti.
Definizione coerente sia perché il detto regolamento prevede diverse categorie di soggetti e, fra queste, anche quella di giovani agricoltori non IAP sia perché fra i requisiti indicati nel regolamento CE sono previste fattispecie che prescindono dall’attualità della qualifica sia con riferimento alle sue connotazioni soggettive che oggettive e correlate al rapporto reddito globale \ reddito specifico e al tempo dedicato all’agricoltura non sovrapponibili ai parametri che la normativa allora vigente stabiliva per la figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale.
In tal senso sia la norma che stabilisce l’agevolazione (articolo 14, comma 5) la quale si riferisce non ai giovani imprenditori agricoli, ma ai giovani agricoltori.
Nel senso suggerito ha rilievo anche la considerazione che il trattamento di favore di cui alla normativa citata è inserito nella legge di attuazione della politica comunitaria e con particolare riferimento al primo insediamento di giovani agricoltori, presupposto del quale è l’acquisto del terreno da parte di chi non rivesta la qualifica di IAP.
Si rileva infine che il citato regolamento n.950\1997 è stato abrogato e sostituito dal regolamento n.1257\1999, che deve intendersi la fonte di riferimento per la identificazione dei requisiti richiesti dalla norma agevolativa.
Ebbene, tale regolamento, nell’ottica di una generale politica di semplificazione, ancora più opera una divaricazione fra la figura dell’IAP e quella del giovane agricoltore destinatario del trattamento di favore.
In argomento cfr. Giunchi, Imprenditoria giovanile in agricoltura- art. 14, comma 1, legge n.441 del 1998 – Fondo rustico occupato da terzi, in Studi e Materiali Anno I, Fasc.1 – 2002; A.Pischetola, Giovani imprenditori, in Lista Sigillo – 10 giugno 2004.
(32) Ruotolo, Il compendio unico di cui all’art. 7 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 – profili civilistici, in corso di approvazione.
(33) Colucci, Forte, Giunchi, Petrelli, Puri, Legge 28 dicembre 2001, n. 448. «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2002», in Studi e materiali. Quaderni semestrali, 2002, 567 ss..
(34) La cui forma, stando a ciò che risulta dall’art.7 comma 4 Dlgs 99/2004, dovrebbe essere quella pubblica (cui sola si attaglia la rogazione da parte di notaio). Secondo Ruotolo, Il compendio unico, cit., in questa materia la forma è condizionata dalla pubblicità prescritta per il compendio. Per la forma dell'atto unilaterale in generale, v. Macioce, Appunti sulla forma degli atti unilaterali, in La forma degli atti nel diritto privato, Studi in onore di Giorgianni, Napoli, 1988, pag.461.
[35] Art.9 DPR 601/73; art. 2 L 590/’65.
[36] In materia di piccola proprietà contadina le agevolazioni sono applicabili anche agli acquisti di case rustiche non situate sul fondo, se acquistate contestualmente in uno degli atti di acquisto agevolati, ai sensi della L. 604/’54.
(37) Certificazioni che non sono richieste neanche per fruire dei benefici previsti dal DPR 601/73 ( cfr. circ. 21.12.1990 n. 85/260574/90 Dir.Gen Tasse) né per quelli a favore della imprenditoria giovanile in agricoltura né per l’applicazione di qualsiasi trattamento tributario di favore la cui regolamentazione normativa non preveda espressamente la necessarietà di prove documentali (cfr. Cass.19 febbraio 1987 n.1785).
[38] In tema di piccola proprietà contadina, invece, la L.604/54 elenca i tipi di atto di acquisto ammessi all’agevolazione.
[39] Per l’acquisto da parte di imprenditore agricolo, favorevole all’applicabilità dell’aliquota di registro dell’8% (art.1 della tariffa del DPR 131/86) all’acquisto di nuda proprietà v. Colucci, Imprenditore agricolo a titolo principale. Atti di acquisto della sola nuda proprietà, cit.. Per l’inapplicabilità dell’agevolazione prevista dalla L. 604 del 1954 all’acquisto di nuda proprietà, Cass. 16.6.1988 n.4110. Per l’applicabilità a tale acquisto del regime previsto dal DPR 601/73 art.9, Comm.Trib.Centrale n. 3320 del 5.5.1992
(40) Art. 1. <<Sono esenti dalla imposta di bollo e soggetti alla normale imposta di registro ridotta ad un decimo ed alla imposta ipotecaria nella misura fissa di lire 500 i seguenti atti posti in essere per la formazione o per l'arrotondamento della piccola proprietà contadina, quando ricorrono le condizioni e i requisiti previsti dall'art. 2:
(omissis) 6) atti con i quali il nudo proprietario o l'usufruttuario acquista, rispettivamente, l'usufrutto o la nuda proprietà. Le agevolazioni tributarie di cui al primo comma sono applicabili anche agli acquisti a titolo oneroso delle case rustiche non situate sul fondo, quando l'acquisto venga fatto contestualmente in uno degli atti indicati al primo comma per l'abitazione dell'acquirente o dell'enfiteuta e della sua famiglia.>>
(41) cfr. R.M. n. 430387 del 7 marzo 1992 - Dir. TT.AA.
(42) Nell’analogo caso delle formalità conseguenti all’atto costitutivo di cooperativa si riteneva che l’agevolazione riguardasse l’intero procedimento costitutivo: Ris.Min. 15.6.74 n. 41694/73, in Codice delle cooperative, Milano, 1982, pag. 431.
(43) La portata della norma è effettivamente ambigua in quanto non è chiaro il significato della maggiorazione dell’imposta del 50% della misura dovuta: ed infatti muovendo da considerazioni di carattere sistematico relative alla irragionevolezza di una norma che ravveda ex post una maggiore capacità contributiva a parità di presupposto solo per il fatto che il soggetto sia successivamente decaduto dal beneficio, sembrerebbe più corretta e conforme a Costituzione un’interpretazione che faccia leva sulla funzione sanzionatoria della norma. Questa soluzione interpretativa è finalizzata a rendere applicabili gli istituti tipici della disciplina sulle sanzioni tributarie ed in particolare quello del ravvedimento operoso ex art.13 del d.lgs. n.472/1997 (per considerazioni analoghe – seppur a commento di una diversa disposizione – si veda Forte, Bellini, Decadenza dalle cd. agevolazioni “prima casa”, studio 100/2003 della Commissione Studi tributari del CNN, approvato il 19 dicembre 2003), nonché a limitare l’ambito di applicabilità della disciplina sul privilegio.
(44) Ruotolo, Il compendio unico di cui all’art. 7 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, cit.
(45) Poiché, come detto, la disciplina del compendio unico in esame non è sostitutiva di quella introdotta dalla L.448/2001, per i trasferimenti di terreni posti nei territori delle Comunità Montane si pone il problema del regime applicabile e cioè del regime civilistico (concernente la durata e l’efficacia dell’indivisibilità) connesso al trattamento tributario.
Si vuol dire che, trattandosi di terreni in territori delle Comunità Montane è possibile la doppia opzione (ovvero la scelta tra il regime generale - quello introdotto dal Dlgs 99/2004 - e quello speciale - quello portato dalla L.448/2001) ed il trattamento tributario è legato ad una serie di presupposti oggettivi e soggettivi (trasferimento di terreno agricolo, acquisto da parte di chi si impegni a costituire un compendio unico e a coltivarlo o condurlo in qualità di coltivatore diretto o IAP) tra cui non figura una espressa e formale richiesta di applicazione del regime fiscale.
Nonostante ciò, non potendosi addossare al Fisco la scelta del regime tributario (allorché i presupposti oggettivi e soggettivi coincidano ma sia diverso l’assetto degli interessi che ne derivi), dovrà dirsi che l’assenza di un preciso indirizzamento da parte del beneficiario verso l'una o l'altra agevolazione sia causa di indeterminatezza della fattispecie agevolabile.
(46) Ai sensi dell'art. 17 comma 3-bis, in vigore dal 1° gennaio 1999, per i contratti non formati per atto pubblico o autenticato, l'obbligo di registrazione, in alternativa alle normali modalità, può essere assolto presentando all'Agenzia delle Entrate, entro il mese di febbraio, una denuncia in doppio originale; l'imposta si applica, in tal caso, sulla somma dei corrispettivi stabiliti per i singoli contratti (cfr. Circ. 142/E-90130 dell'11.7.2000; Ris. 166/E-6453 del 25.10.2001;Circ. 12/E-IV-8-5549 del 16.1.1998).
(47) Perché anche per il conferimento di complessi aziendali è dovuta l'imposta in misura fissa, ex art. 4 n.3) Tariffa parte I, t.u.r.
(48) Ai sensi dell'art. 19 Tabella All. B al DPR 642/72.
(49) Attualmente l’imposta è pari al settantancinque di quella prevista dalla tariffa, parte I, articolo 1 nota I, allegata al t.u.r.
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