Dei trasferimenti a favore dei figli in occasione della crisi del matrimonio - Trattamento fiscale
Dei trasferimenti a favore dei figli in occasione della crisi del matrimonio
Trattamento fiscale
di Paolo Giunchi
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 87/2005/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 1/2006, p. 490 ss..

Sommario

1. Brevi cenni sulla causa dei negozi stipulati dai coniugi in occasione della crisi del matrimonio - La rilevanza della causa dei negozi sul loro trattamento fiscale.
2. Il trattamento fiscale dei trasferimenti in favore dei figli.

1. Brevi cenni sulla causa dei negozi stipulati dai coniugi in occasione della crisi del matrimonio - La rilevanza della causa dei negozi sul loro trattamento fiscale

Il principio per il quale il trattamento fiscale di ogni fattispecie negoziale deve essere coerente con la loro “intrinseca natura e gli effetti giuridici”(1) che essa produce, ha come logico corollario la individuazione della natura del negozio, a prescindere dagli strumenti scelti per la sua attuazione.

La opportunità di ribadire tale ovvia proposizione è giustificata dalla constatazione delle ripetute esitazioni nell’adeguamento della normativa fiscale alle innovazioni portate dalla legislazione civilistica, fenomeno particolarmente presente nella materia che ci occupa.

Esitazioni imputabili all’inerzia nel liberarsi di antichi tabù(2), consolidatisi vigente la legislazione anteriore, profondamente rinnovata dalla riforma del 1975, la quale ha avuto come suo perno il riconoscimento della perfetta autonomia negoziale dei coniugi nella ristrutturazione dei loro rapporti patrimoniali, resasi necessaria dalla crisi del matrimonio.

Un iniziale disinteresse della dottrina e gli interventi della giurisprudenza, pur puntuali ma, per loro natura, condizionati dalla fattispecie dedotta in giudizio, contribuirono a creare una sorta di ambiguità sulla natura di tali negozi che condizionò fortemente la loro forma e la loro collocazione, tradendo la sopravvivenza di una sconcertate confusione sulla loro causa.

Si è così assistito ad una pressoché generalizzata stipulazione dei negozi de quibus all’interno dei procedimenti giudiziali di separazione e di divorzio(3) e alla confezione di assunzioni di obbligazioni e di “atti” pericolosi, simulati e fragili il cui nomen è altrettanto stravagante quanto la inadeguatezza dello strumento scelto con disinvoltura per l’attuazione della volontà dei coniugi.

La sottrazione della competenza in materia, libera(4) da qualsiasi subordinazione alla struttura “procedimentale”, al notaio, soggetto istituzionalmente delegato alla redazione di tali atti ed al riscontro di una loro corretta tassazione, ha avvilito la sua funzione di "creatore del diritto", degradandola ad una semplice attività di attuazione di operazioni concepite e costruite da altri altrove(5).

Ovvero a quella necessaria per rapidi ed efficienti interventi di pronto soccorso, per rappezzare, sanando, convalidando, rettificando ed integrando negozi che si sono scoperti gravemente ammalati(6).

Quando non siano irrimediabilmente privi di vita o non trascrivibili.

Fra questi la donazione o “l’obbligo di donare” o “di trasferire” beni ai figli, senza altra specificazione, ben lontani da costituire il corretto recepire della volontà dei coniugi ed il suo adeguamento ai principi dell’ordinamento giuridico; nel totale disinteresse delle conseguenze e degli effetti connessi alla stipulazione di certi negozi.

Il risvegliato interesse della dottrina alla ricerca della causa dei negozi patrimoniali stipulati fra i coniugi in occasione della crisi del matrimonio(7) ha fatto giustizia della pretesa di accomunarli a generiche “convenzioni” portanti le condizioni della separazione e del divorzio, contenute nell’unico amorfo ma accogliente “recipiente” del procedimento giudiziale.

Una volta sottolineata la necessità del riscontro della rilevanza di tali negozi ai sensi dell’articolo 1322 comma 2 del codice civile, non è questa la sede di approfondire l’argomento della loro causa; tuttavia appare evidente che la identificazione della natura giuridica degli “accordi” che i coniugi intendono stipulare, un’attenta indagine sulla loro volontà, la necessità di distinguere fra causa e motivi, costituiscono logico presupposto per la scelta sia della loro forma che del loro trattamento fiscale(8).

Non tutti i negozi, infatti, che i coniugi stipulano in occasione della crisi del matrimonio rinvengono la loro causa nella separazione o nel divorzio(9).

L’accesso al beneficio tributario di un negozio mediante il quale, ad esempio, un coniuge venda all’altro un immobile e ne incassi il prezzo o effettui una donazione, costituirebbe un incentivo ad una facile elusione fiscale ed assumerebbe connotati di incostituzionalità, risolvendosi in un favor ingiustificato ed estraneo alla ratio della norma agevolativa, fondata sulla tutela della famiglia e dei figli e il cui presupposto “strutturale” consiste nel riconoscimento dell’assenza di una manifestazione di capacità contributiva(10).

2. Il trattamento fiscale dei trasferimenti in favore dei figli

Si chiede se anche tali trasferimenti accedano al trattamento di favore in forza della ratio e della lettera della norma.

Questione di fondamentale interesse ed importanza sia per i soggetti che ne sono implicati, la cui tutela è di primaria esigenza, sia per il fatto che non di rado i coniugi raggiungono accordi sulle loro sistemazioni patrimoniali proprio trasferendo beni ai figli, piuttosto che fra loro stessi, e ciò per evidenti ragioni non solo di carattere successorio.

Si è già rilevato come siano ingiustificate la lentezza e la assenza di ogni sistematicità nella revisione dell’assetto normativo tributario coerente con le riforme del diritto civile e corrispondente alle esigenze nascenti da profonde trasformazioni sociali.

Interventi casuali, norme non correttamente collegate fra loro, sentenze che, pur attuative, non possono che colmare in modo imperfetto(11) le lacune lasciate dal legislatore, lasciano ancora un ampio margine alla lesione di principi tutelati dalla Costituzione.

Soprattutto in campo fiscale, ove a direttive centrali della amministrazione finanziaria si sovrappongono risoluzioni, esiti di interpelli, prese di posizione a livello periferico, addirittura delle singole Agenzie delle Entrate(12), di segno completamente opposto fra loro sebbene aventi lo stesso oggetto.

Situazione che puntualmente si verifica in relazione all’argomento de quo.

Per offrire un quadro il più possibile definito in materia, con particolare riferimento ai soggetti protagonisti dei relativi negozi, è opportuno un raffronto fra l’articolo 8 lettera f della tariffa dell’imposta di registro di cui al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 e l’articolo 19 della legge 6 marzo 1987 n.74.

La stessa collocazione della prima delle dette norme all’interno del testo unico dell’imposta di registro e, all’interno di esso, nell’articolo 8 della tariffa e la sua confezione, denunciano i principi che la informavano, incoerenti con le concezione civilistica del diritto di famiglia già tradotta nella riforma del 1975.

Essa, infatti, riguarda unicamente la imposta registro, disciplina gli atti giudiziari, ai quali soli riserva il trattamento di favore, limitandolo ai beni “già facenti parte della comunione fra coniugi”.

L’articolo 19 della legge n.74\1987, invece, stabilendo la esenzione da ogni imposta e tassa, per tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al divorzio, oltre ad estendere il suo ambito di applicazione ad ogni tributo(13), testualmente cassa la limitazione del beneficio ai soli atti aventi ad oggetto i beni “già facenti parte della comunione fra coniugi” adottando la più ampia formula di atti “relativi” al procedimento.

Una approfondita analisi della portata di tale formulazione è stata elaborata da dottrina e giurisprudenza, sorrette dai principi enunciati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 154 del 10 maggio 1999 la quale, dopo aver chiarito la portata della infelice espressione del detto articolo 19 “atti….esenti dalla imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa” nel senso che la esenzione deve intendersi con riferimento a qualsiasi imposizione tributaria(14), equipara il trattamento fiscale degli atti relativi al divorzio a quelli relativi alla separazione(15).

La Corte Costituzionale, nell’estendere ai trasferimenti connessi alla separazione personale il beneficio di cui all'articolo 19 della legge sul divorzio, sviluppa una tesi tendente a qualificare i negozi de quibus come strumenti destinati a dare sistemazione agli interessi, non solo dei coniugi ma anche della famiglia e dei figli: a tal fine fa espresso riferimento agli articoli 29 e 31 della Carta Costituzionale, che riguardano, infatti, coniugi, figli e famiglia.

Tale riconoscimento costituisce un punto di fondamentale rilievo nell’economia dei procedimenti, con riferimento ai soggetti e all’oggetto dei trasferimenti ad essi relativi.

In quanto all’oggetto, la Corte, “inserendo” gli atti relativi alla separazione personale nel corpo dell’articolo 19 della novella sul divorzio, ovviando così all’inerzia del legislatore, gli si sostituisce ed abroga definitivamente il suddetto articolo 8 lett. f (già sostituito per la parte relativa al divorzio) e con esso l’ambigua limitazione che conteneva, relativa ai “beni già facenti parte della comunione fra coniugi”.

La pronuncia della Suprema Corte e la introduzione nell’ordinamento fiscale dell’articolo 19 della legge n.47\1987 hanno quindi permesso di diradare con maggior incisività le nebbie che per lungo tempo hanno gravato sulla ricerca della natura dei negozi che ci occupano(16), rendendo più agevole identificare l’ambito di applicazione del beneficio, con riferimento ai soggetti e alla identificazione delle fattispecie, negoziali e non, che la norma richiede siano relative al procedimento di separazione o divorzio.

Non appare dunque contestabile ed, anzi, è testuale l’accesso al beneficio di tutti gli atti e documenti derivanti dalle procedure giudiziali inerenti fra i quali anche la assegnazione del diritto di abitazione nella casa famigliare al coniuge affidatario dei figli(17) nonché gli atti che importano costituzione o trasferimenti, rinunce e disposizioni di diritti reali negoziale(18).

A condizione, come si è in precedenza sostenuto, che i negozi che i coniugi pongono in essere contengano in sé quegli elementi identificati dalla sentenza citata come ragioni stesse del trattamento di favore e cioè la tutela della famiglia e dei figli e che i presupposti delle imposte non siano indicativi di capacità contributiva (la pronuncia di incostituzionalità è emessa infatti anche in riferimento all’articolo 53 della Costituzione che ha ad oggetto tale capacità).

La norma, nella interpretazione che ne dà la sentenza, non è diretta a privilegiare qualsiasi contratto che i coniugi effettuino in occasione della crisi del loro matrimonio, ma solo quelle fattispecie che siano relative alla separazione ed al divorzio.

Al fine di riscontrare la legittima applicazione del regime di favore al negozio e quindi la sua qualificazione come atto “relativo” al procedimento, si richiede una particolare cura nell’adeguamento della volontà dei coniugi alle norme positive e nella confezione del negozi, nel rispetto appunto dalle ragioni esposte dalla Corte Costituzionale a sostegno delle sue decisioni.

Si ribadisce quindi che non avrebbe alcuna giustificazione né logica né strutturale né tanto meno sistematica concedere l’esenzione ad un contratto sorretto da un causa tipica, cui non si attagliano le motivazioni che la Corte ritiene sottostare alla norma agevolativa e dal quale non può escludersi la valutazione della capacità contributiva(19).

Essi dunque verranno tassati scontando le normali imposte ad essi afferenti, salvo diversamente acconsentire ad una illegittimità costituzionale di segno opposto di quella cassata dalla Corte.

Nel quadro delineato dalla lettura data dalla suddetta sentenza alla norma del 1987 in ordine ai soggetti e all’oggetto compresi nell’ambito agevolativo, la risposta al quesito posto all’inizio del presente paragrafo appare quindi scontata(20).

Gli atti che i coniugi, nell’ambito della sistemazione degli interessi famigliari nati dalla crisi del matrimonio, pongano in essere a favore dei figli(21), sono posti a tutela di questi e per essi é esclusa ogni valutazione della capacità contributiva: accedono quindi al beneficio tributario come ogni e qualsiasi altro atto che sia destinato a tal fine e, perciò stesso, “relativo al procedimento”.

Quali che siano gli strumenti al quale i genitori ricorrano per conseguire il risultato di trasferire beni ai figli(22), come la donazione indiretta o, in generale, il contratto a favore di terzo(23).

Salvo, peraltro, si ribadisce, il riferimento alle motivazioni costantemente addotte dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e semprecché i trasferimenti siano sorretti dall’esigenza di dare sistemazione ad interessi nascenti dalla crisi coniugale.

La particolare attenzione che la sentenza ha posto nell’evidenziare fra le ragioni del beneficio l’interesse dei figli, trova riscontro anche in precedenti decisioni della stessa Corte, la quale ha colpito costantemente le norme lesive di tale interesse, rendendosi garante della tutela dei figli(24), pur nell’ambito della libertà dei coniugi di predisporre un diverso assetto patrimoniale della famiglia.

Alla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale cui si è fatto cenno, tende ad adeguarsi la Corte di Cassazione(25), la quale ha recentemente affermato che il trasferimento di beni ai figli, relativo alla separazione personale, è esente da ogni imposta a tassa, ai sensi dell’articolo 19 della legge n.74\1987 citato, in base alla sentenza 10 maggio 1999 n.154 della Corte Costituzionale, per la quale il beneficio si estende anche……… agli atti i cui effetti siano favorevoli ai figli.

Ancor prima, la stessa Corte aveva stabilito che l’obbligo assunto da un coniuge di trasferire un bene immobile al figlio per concorrere al suo mantenimento è clausola valida ove inserita fra gli accordi dei coniugi che si separano(26).

La Corte Costituzionale e, di conserva la Corte di Cassazione, dunque, autorevolmente, riconoscono come primaria ratio della norma di favore, i principi posti a tutela dei figli, da cui discendono precisi obblighi dei genitori.

La testualità della norma, le sentenze della Corte Costituzionale e, da ultimo, quelle della Corte di Cassazione, non sono finora riuscite, peraltro, ad imporre nella “detassazione” degli atti de quibus, una prassi pacifica ed uniforme sull’intero territorio nazionale.

La Circolare del Ministero delle Finanze - Dipartimento Entrate 49/E del 16 marzo 2000, emanata a commento della più volte citata sentenza della Corte Costituzionale n. 154 \ 1999, non si occupa direttamente dei trasferimenti a favore dei figli, pur concludendo che: Va da sé che lo stesso trattamento di favore (esenzione) deve essere applicato anche agli atti posti in essere in esecuzione degli accordi assunti in sede di separazione, purché tali accordi risultino formalizzati nel provvedimento di separazione e ad esso connessi…..in considerazione che il più volte citato articolo 19 della legge n.74 del 1987 dispone l’esenzione per “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi…..”

Da tale conclusione sembra ricavarsi de plano il riconoscimento implicito della spettanza del trattamento tributario di favore anche agli atti che i genitori pongano in essere a favore dei figli in relazione alla crisi del loro matrimonio.

Ma la assenza di una espressa presa di posizione non solo ha provocato esiti fra loro contraddittori (27) nei vari uffici periferici, ma ha reso possibile la emanazione da parte della stessa Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso della Risoluzione n. 151\E del 19 ottobre 2005, la quale pubblica, condividendolo, il parere di una Direzione Regionale, che ha ritenuto non spettare il trattamento di favore alla cessione di diritti su immobile da uno dei coniugi al figlio nel corso dell’accordo giudiziale ritenendo che l’atto per il quale era richiesta la agevolazione non sembra trovare causa giuridica nella sistemazione dei rapporti patrimoniali fra i coniugi al momento dello scioglimento del matrimonio, bensì in un intento di liberalità nei confronti di un soggetto terzo (nella fattispecie uno dei figli), circostanza che non appare strettamente e funzionalmente collegata con lo scioglimento del matrimonio…….in quanto il beneficio sembra non poter essere esteso a cessioni poste in essere da soggetti terzi o a favore di soggetti terzi, diversi dai coniugi(28).

Tale risoluzione, che pure vede la luce successivamente alla citata sentenza della Cassazione, n. 11.458 del 30 maggio 2005, ignora quanto da questa affermato, ponendo invece a sostegno della sua condivisione con le conclusioni della Direzione Regionale, una risalente sentenza della medesima Corte(29), ancora influenzata dalla limitazione del beneficio ai soli beni facenti parte della comunione fra coniugi, connessa al favor dello scioglimento della comunione, opportunamente soppressa dall’articolo 19 della legge sul divorzio.

Ancora una volta prevale la inerzia nell’affrancarsi da schemi superati: l’operatore del diritto deve procedere su un terreno costellato da contraddizioni ed ambiguità e si trova costretto ad affrontare defatiganti percorsi giudiziari per vedere applicato nella sua interezza un beneficio tributario di notevole impatto sociale, per il cui riconoscimento è stato a sua volta necessario il lungo iter giudiziario culminato negli interventi della Corte Costituzionale.


(1) “….anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”: articolo 20 t.u.i.r. 26 aprile 1986 n.131
Al riguardo appare opportuno rilevare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione riconosce all’Amministrazione finanziaria il potere di dare qualificazione ai negozi posti in essere dalle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale per consentire una corretta percezione del tributo; vedi, ex pluribus: Cassazione Sez.Trib.18 dicembre 2002 n.18048, in Corriere Tributario n.12\2003, con commento di S. Chirichigno e G. Stancati.
(2) Il Tribunale di Napoli, sentenza del 27 novembre 1929, in Dizionario Enciclopedico del Notariato, dichiarò la nullità di un atto notarile, pur sottoposto ad omologazione, avente ad oggetto trasferimenti diretti alla sistemazione patrimoniale dei coniugi considerando l’intervento del giudice “essenziale e costitutivo” in ogni fase ed ogni aspetto della separazione.
(3) Il dibattito sulla forma da assumersi per i trasferimenti patrimoniali relativi alla crisi del matrimonio, cui ha partecipato in gran misura dottrina di matrice notarile, ha preso l’avvio ancor prima di quello sulla causa di tali negozi né può tuttora ritenersi ancora concluso.
Sulla forma da assumersi da tali negozi, in generale, vedasi: G. Capozzi, La funzione del notaio nel diritto di famiglia, in Vita Notarile, 1973
A. Brienza, Attribuzioni immobiliari nella separazione consensuale in Rivista del Notariato n.6\1990; A. Brienza, Attribuzioni immobiliari nella separazione e nel divorzio consensuale in Rivista del Notariato n.3\1992; A. Brienza, Una questione sempre più controversa: le attribuzioni immobiliari nella separazione personale in Rivista del Notariato n..4\1994; G. F. Condò, Ancora sulle attribuzioni immobiliari nella separazione consensuale fra coniugi in Rivista del Notariato n.6\1990; G. Metitieri, La funzione notarile nel trasferimento di beni fra coniugi in occasione di separazione e divorzio, in Rivista del Notariato n.5.\1995; A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia,1984, vol. I; G. Mariconda in Trattato di diritto privato, diretto da P.Rescigno, vol.119, pag.153 P. Giunchi, I trasferimenti dei beni fra coniugi nel procedimento di separazione personale nel diritto civile e nelle leggi fiscali, in Vita Notarile n.2\199;P. Giunchi, Trasferimento di beni in dipendenza di separazione e divorzio, in Noter n.2,1997 F. Patti, Accordi patrimoniale fra coniugi connessi alla crisi del matrimonio. Autonomia negoziale e ruolo del Notaio, in Vita Notarile n.3 – Settembre-Dicembre 2004; P. Giunchi, L’intervento del notaio nel trasferimento di beni fra coniugi nel procedimento di separazione personale in Rivista del notariato n.3\1994;, 4\1994; S. Santangelo, Il Notaio e le procedure di separazione e divorzio in Studi e materiali vol. I, 1983\1985;M.C. Andrini, Forma e pubblicità delle convenzioni matrimoniali e degli accordi di separazione tra coniugi, in Famiglia, Rivista di diritto di famiglia e delle successioni in Europa, 2001, n.1, 33.
In giurisprudenza, oltre alle pronunce della Corte di Cassazione citate nel prosieguo del testo, vedi, ex pluribus: Tribunale di Firenze 29 settembre 1989; Tribunale di Bergamo 19 ottobre 1984; Cassazione 5 settembre 1968 n.2859, 5 luglio 1984 n.3940, 11 novembre 1992 n.12110; Corte d’appello di Brescia 4 dicembre 1984, che cassa Tribunale di Bergamo 19 ottobre 1984, cit; Tribunale di Verona, sentenza del 12 novembre 1987
Sul trattamento fiscale degli atti de quibus in relazione alla loro forma e all’intervento del Notaio, vedasi S. Vaglio, Imposta di registro: un caso di evasione fiscale legalizzato, in Rivista di diritto tributario n.10\1993; P. Giunchi, L’ingiustificata disparità di trattamento fiscale di medesime fattispecie negoziali limita l’intervento del notaio nel trasferimento di beni fra coniugi nel procedimento di separazione personale in Federnotizie n.4\1994 P. Giunchi, Imposta di registro agevolata per le attribuzioni fra coniugi contenute in atti della autorità giudiziaria, in il Fisco n.16\1994; P.Giunchi,Gli atti relativi al procedimenti di separazione personale e di divorzio fra forma ed imposizione fiscale, commento a sentenza del Tribunale di Verbania del 6 luglio 2002 n.161 e della Corte di Cassazione, sez. V del 3 dicembre 2001 n,15.231, in Notariato n.3\2003; S. Lanzillotti e F. Magurno, Il Notaio e le imposte indirette, Roma, 2004, pag.418, ritengono che la disparità del trattamento fra gli atti giudiziari e quelli di Notaio, sia ascrivibile solo a mera dimenticanza del legislatore.
Sulla trascrivibilità degli atti contenuti nel verbale presidenziale cfr: A.A. Ettorre e L. Silvestri, La pubblicità immobiliare e il testo unico delle imposte ipotecarie e catastali, Milano,1991; S. Tondo, Trascrizione su titoli inidonei, in Studi Notariato, vol. III,1992; P. Giunchi, Il trasferimento dei beni,1993 cit; V. Gammone, Rassegna di dottrina e giurisprudenza in tema di trascrivibilità del verbale di separazione personale dei coniugi, nota a sentenza Cassazione I sez. 15 maggio 1997 n.4306, in Rivista del notariato, LII, pag.171. segg.; P. Giuri, Separazione consensuale, trasferimenti immobiliari, trascrivibilità in Rivista del Notariato n.6\1997; F. Taccini, La trascrizione delle convenzioni matrimoniali, in Notariato n.3\2003.
(4) Salvo per quanto attiene al primario interesse dei figli, di cui al riformulato articolo 158 del codice civile.
(5) Posizione sulla quale è attestata una parte della dottrina e della giurisprudenza ove ritiene ancora che il trattamento di favore sia riservato ai soli atti giudiziari, ignorando la determinante apertura portata dalla novella sul divorzio e, ancor prima, la limitazione dell’ingerenza dell’giudice nell’autonomia negoziale dei coniugi dovuta alla riscrittura dell’articolo 158 del Codice Civile.
In argomento, ex pluribus, si veda: Cassazione (Sezione Tributaria 17 febbraio 2001 n.2347, (richiamata anche da Cass. Sezione Tributaria 22 maggio 2002 n.7493), la quale afferma la spettanza dell’esenzione da imposte e tasse per tutti gli atti che i coniugi compiono allo scopo di dare sistemazione ai loro rapporti patrimoniali, in conseguenza dello scioglimento del matrimonio, ivi compresi i trasferimenti di proprietà anche immobiliari, purché il regolamento avvenga sotto il controllo del giudice.
La amministrazione finanziaria (cfr. Circolare del Ministero delle Finanze – Dipartimento Entrate 49/E del 16 marzo 2000) ritiene che il trattamento di favore spetti anche agli atti stipulati a ministero di notaio solo qualora essi siano “formalizzati" all'interno del procedimento.
Invero la spettanza del trattamento privilegiato a tali dal testo normativo di cui la sentenza della Corte Costituzionale n. 154 del 10 maggio 1999, di seguito commentata, ha dato una lineare lettura, affermando che “il profilo tributario non può ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione delle due procedure”, equipara ogni atto “relativo” alla separazione personale agli atti “relativi” al divorzio.
Agli atti stipulati in tale forma, peraltro, è dovuto il particolare trattamento di favore, a condizione che da essi emerga la loro connessione causale col procedimento di separazione o di divorzio, accertamento,questo, istituzionalmente connesso alla funzione notarile, come il controllo di una loro corretta tassazione.
In essi, al fine di rilevarne la liceità e, quindi, evitarne la nullità, si rende necessaria la expressio causae; vedi P. Giunchi, I trasferimenti dei beni fra coniugi, cit. in Vita Notarile n.2\1993,cit., con riferimento a Cassazione, Sez.I del 20 novembre 1992, in Il Corriere giuridico n.2\1993, con commento di V. Mariconda.
(6) Sulla applicabilità del trattamento di favore agli atti notarili “attuativi” di obbligazioni assunte dai coniugi nei procedimenti di separazione, cfr. Commissione tributaria Centrale 2 febbraio – 1 giugno 1992 n.3759 in Rivista di legislazione fiscale n.5\1993, pag.891 e seguenti e Risoluzione Ministero delle Finanze n.250120 del 18 febbraio 1983 in il Fisco n.11\1983 e, da ultimo, la citata Circolare ministeriale n.49\E\2000.
Per la esclusione del beneficio, vedi S. Vaglio, Imposta di registro: un caso di evasione fiscale legalizzato, in Rivista di diritto tributario n.10\1993;in opposizione a tale tesi: P. Giunchi, Imposta di registro agevolata per le attribuzioni fra coniugi contenute in atti della autorità giudiziaria, in il Fisco n.16\1994 .
(7) La scarsa produzione dottrinaria in relazione alla causa fino alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ‘90 è rilevata anche da G. Doria, Autonomia privata e causa famigliare, Milano,1996 e da G. Oberto, I contratti della crisi coniugale, Milano,1999.
Sul problema della causa dei negozi de quo vedi anche: P. Giunchi, op. cit.; Briganti, Crisi della famiglia e attribuzioni patrimoniali in Rivista del notariato n.1\1997; M. Ieva, Trasferimenti mobiliari ed immobiliari in sede di separazione e di divorzio in Rivista del Notariato, n.3\1995; e, più in generale, sui trasferimenti in oggetto: R. Barone, A vent’anni dalla riforma: le grandi questioni aperte nel diritto di famiglia, in Rivista del Notariato n.6, 1996; E. Calò, Convenzioni modificative del contenuto del verbale si separazione fra coniugi, in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, vol. I; Frassoldati, in Il Notaro n.21-22,1990; R. Caravaglios, Trasferimenti immobiliari nella separazione consensuale tra coniugi in Famiglia e diritto, 1997 Comella, I trasferimenti immobiliari fra coniugi in seguito a separazione e divorzio, in Rivista di diritto tributario, 1996, II; A.C. Jemolo, Convenzioni in vista di annullamento del matrimonio in Rivista di diritto civile,1969, II; N. Lucariello, Nota a commento della sentenza Cass. Sez. Trib. 17 febbraio 2001 n.2347 in Rivista del Notariato n.1\2002;G. Mariconda, Trattato di diritto privato, diretto da P.Rescigno, vol.19 pag.153;L. Mattiangeli, Autonomia privata e negozi traslativi nella separazione personale dei coniugi Rivista del Notariato n.2\2000 ; A. Arcieri, I trasferimenti immobiliari in sede di separazione e di divorzio in sito internet Università di Bologna,http:\\www.tizeta.it\info\edimbo\prassi^1\interv^1\ARCIERI3.htm; G. Doria, Convenzioni traslative in occasione della separazione personale e l’interesse del coniuge, commento a Trib. di Potenza, ordinanza del 14 marzo 1991, in Diritto famiglia e persone, 1992; A. e M. Finocchiaro, in Diritto di famiglia, vol.III; P. Giunchi – S. Marciano, Sull’eventuale responsabilità del giudice per invalidità di trasferimenti immobiliari contenuti nel verbale di separazione dei coniugi, in Rivista di diritto privato n.3\2003; G. Oberto, Trasferimenti mobiliari ed immobiliari in in occasione di separazione e divorzio in Famiglia e diritto n.2\1995; V. De Paola, Il diritto patrimoniale della famiglia nel sistema del diritto privato, Milano, 2002; G. Ferrando, Le conseguenze patrimoniali del divorzio tra autonomia e tutela, in Diritto della famiglia e delle persone,1998
Per una rassegna giurisprudenziale anteriore alla sentenza n.154\1999 della Corte di Cassazione, vedi: G. Bellagamba e G. Cariti, Separazione personale e divorzio – Rassegna della giurisprudenza, Milano 1998.
Per una analisi dei principi generali sul trattamento fiscale degli atti stipulati dai coniugi in relazione alla crisi del matrimonio, si veda: F. Formica, Ancora sulla imposizione indiretta delle attribuzioni di beni nella separazione personale e nel divorzio in Rivista del notariato, 1993; Caianello, Il regime tributario delle attribuzioni patrimoniali tra coniugi in sede di separazione e di divorzio, in il Fisco n.46\1995; F. Formica e P. Giunchi, Ancora sul regime fiscale delle separazione personale e del divorzio, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, Anno LVII, Fasc.4-1999; R. Menchetti, La tassazione degli accordi di separazione, in FederNotizie, 1\2003; A. e C. Casalini, Riconosciuti i benefici fiscali ai procedimenti di separazione personale dei coniugi, in Corriere Tributario, 1999 pag.2720; M. Palumbo, Aspetti tributari dei trasferimenti di beni tra coniugi in sede di separazione personale e di divorzio, nota a Sentenza Corte Costituzionale 10 maggio 1999 n.154, in Vita Notarile; G. Ceccherini, Contratti fra coniugi in vista della cessazione del ménage, Padova,1999.
(8) In particolare, per una indagine anche solo parziale sul loro trattamento fiscale, non si possono ignorare i problemi relativi alla expressio causae, ai contratti aventi causa remota, alla causa solutionis, alla spesso trascurata distinzione fra atti a titolo gratuito e donazione e alla non pacifica esistenza di una causa separationis, analoga dalla causa divortii del diritto giustinianeo.
In argomento la Corte di Cassazione, in sentenza n. 2442 del 12 luglio 2000, si occupa del negozio mediante il quale un coniuge attribuiva all’altro gratuitamente un immobile, nell’ambito degli accordi di separazione personale, escludendo che il trasferimento possa configurare una convenzionale matrimoniale o un contratto di donazione, trattandosi di un contratto atipico, la cui stipulazione non richiede la forma dell’atto pubblico.
Analogamente la sentenza della medesima Corte di Cassazione n. 11342 del 17 giugno 2004 definisce contratti atipico quello mediante il quale uno dei coniugi si impegna ad un trasferimento di beni ad un figlio in sede di accordo di separazione.
Se nella ricerca della classificazione dei negozi in oggetto non ci si affrancasse dall’influenza struttura del diritto di famiglia anteriore alla sua riforma (la quale ha riconosciuto in materia la piena autonomia negoziale dei coniugi, salvi i diritti dei figli) e non si inquadrassero tali negozi fra quelli sorretti da una "causa divortii, sarebbe arduo rinvenire la causa negoziale, ad esempio, del trasferimento di un bene a titolo gratuito da uno dei coniugi all'altro (semmai considerando i rapporti non proprio idilliaci fra loro intercorrenti, che escludono decisamente l'animus donandi) o ad un figlio, in assenza di qualsiasi corrispettivo ed obbligo di legge.
La crisi del matrimonio determina una serie di interessi, aspettative e diritti anche di natura patrimoniale, che coinvolgono non solo i coniugi ma la intera loro famiglia ed ai quali occorre e si vuole dare soddisfazione attraverso negozi che si sostanziano in trasferimenti, che, al da là del nomen col quale si manifestano, rinvengono la loro causa proprio nella sistemazione del nuovo “status” patrimoniale, economico e finanziario di tali soggetti.
(9) Ne possono invece costituire uno dei motivi, estraneo al contenuto negoziale: “vendo un immobile perché mi trasferisco altrove, pretendendo ed acquisendo il corrispettivo”; fattispecie ben diversa, in ragione della causa negoziale, a quella che connota il trasferimento di un immobile o di diritti immobiliari a titolo gratuito, nell'ambito della più generale sistemazione degli interessi famigliari nascenti dalla crisi del matrimonio.
(10) Fondamenti e presupposti rilevati con chiarezza nella sentenza della Corte Costituzionale n. 154 del 10 maggio 1999 citata.
Ancora in vigore legge 10 maggio 1976 n.260, il Ministro delle Finanze, con Risoluzione Direzione Generale Tasse n.250588 del 2 agosto 1985, rilevava che per le attribuzioni patrimoniali contenute nelle sentenze di separazione personale era esclusa ogni valutazione di capacità contributiva.
In argomento si rileva, per inciso, che la assenza della manifestazione di capacità contributiva come presupposto del regime di favore impedisce di qualificare quest’ultimo come agevolazione fiscale in senso tecnico (cfr. F. Formica e P. Giunchi, Trattamento fiscale degli atti relativi ai procedimenti di separazione e divorzio alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale Commissione Studi tributari C.N.N., Studio n. 67\1999 del 7 luglio 1999.
(11) In assenza cioè di una norma che sia leggibile in modo piano ed inequivocabile..
Gli atti di cui ci occupiamo sono stati da sempre oggetto di particolari regimi fiscali, partendo dalla legge di registro del 1923, passando dalla riforma fiscale del 1972, dalla legge interpretativa del 1976, dal testo unico dell’imposta di registro del 1986, all’ articolo 19 della legge 6 marzo 1987 per approdare alla definitiva revisione operata in materia da diverse sentenze delle Corte Costituzionale citate nel testo.
(12) A volte anche all’interno delle stesso territorio cittadino.
(13) Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1 dicembre 1970 n.829, sono esenti dalla imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.
(14) Con riferimento ad atti e documenti; si ritiene, pertanto, che la esenzione riguardi anche le copie dell’atto che porta il trasferimento. Cfr: P. Giunchi, Sentenza di divorzio legalizzata - Cessione di bene in esecuzione – Esenzione in Studi e Materiali CNN Anno 3° Fasc.2 \2004.
(15) Peraltro già la Corte aveva dichiarato la illegittimità del medesimo articolo nella parte di esso che non estendeva il trattamento di favore al provvedimenti di iscrizione di ipoteca a garanzia delle obbligazioni a carico del coniuge separato: sentenza n. 176 del 15 aprile 1992 in Rivista di diritto finanziario e Scienza delle Finanze, marzo 1993, II,3, con commento di F. Formica, il quale, argomentando ex art.23 primo comma delle legge n.74\1987, riteneva già attuata con la detta sentenza la uniformità del trattamento fiscale e la applicazione della esenzione ad ogni tributo.
Nel senso opposto: P. Giunchi I trasferimenti dei beni fra coniugi, cit, 1993; G. Doria, Autonomia privata, cit pagg.13 segg.;.
Nonostante tale pronuncia, si ritenne ancora giustificata, in astratto, la disparità del trattamento fiscale: S. Vaglio, L’art.19 della miniriforma del divorzio e la disciplina tributaria relativa al procedimento di separazione e di divorzio, in il Fisco n.42\1994
In giurisprudenza fiscale si rinvengono alcune decisioni favorevoli al riconoscimento della estensione del trattamento di favore in forzo di detta sentenza (vedasi per tutte: Commissione di I grado di Firenze in Gazzetta notarile n.3-4\1995), mentre la Amministrazione finanziaria era attestata in posizione negativa (vedasi, da ultimo: Capi Ispettorati Compartimentali tasse ed imposte indirette sugli affari, Roma, giugno 1998).
(16) La abrogazione dell’articolo 8 lettera f della tariffa t.u.i.r. e le motivazioni che hanno indotto la Corte alla pronuncia della sentenza del 1999 indeboliscono la tesi (avallata dalla precedente legislazione fiscale, che si occupava esclusivamente dei beni “già” facenti parte comunione fra i coniugi e utilizzando il termine “attribuzioni” con riferimento ai negozi agevolati) che sosteneva che la ratio del beneficio dovesse rinvenirsi in una loro generica natura dichiarativa: il beneficio si riteneva giustificato dalla necessità di “attribuire” ad uno o all’altro coniuge i beni della comunione che la separazione ed il divorzio rendono opportuno sciogliere.
Tale equivoco sembra riaffiorare nella sentenza della Corte di Cassazione, sez. V del 3 dicembre 2001 n. 15231, la quale, argomentando dall’articolo 8 lettera f, che agevolava la sola attribuzione di beni già facenti parte della comunione legale fra i coniugi (che ha subito l’abrogazione in forza della sentenza della Corte Costituzionale n.154\1999), ritiene che il trattamento di favore spetti solo se la attribuzione sia derivante dallo scioglimento della comunione legale determinato dalla separazione personale, per cui che il beneficio deve ritenersi limitato ai soli effetti patrimoniali tra coniugi disciplinati dagli articoli 159 e seguenti del codice civile.
Aggiunge infine che una diversa interpretazione renderebbe possibile la confezione di atti con intenti elusivi, affermazione quest’ultima, che non sembra possa costituire argomento interpretativo della norma portante il beneficio (in argomento cfr. nota 1)
Per una nota a tale sentenza cfr.: P. Giunchi,Gli atti relativi al procedimenti di separazione personale e di divorzio fra forma ed imposizione fiscale, commento a sentenza del Tribunale di Verbania del 6 luglio 2002 n.161 e della Corte di Cassazione, sez.V del 3 dicembre 2001 n,15.231, in Notariato n.3\2003.
Sulla natura “divisionale” dei negozi de quibus, anteriormente alle sentenze della Corte Costituzionale avente ad oggetto la estensione del beneficio fiscale anche ai figli, cfr. ex pluribus, Commissione Tributaria di II grado di Roma Sezione VII del 15 ottobre 1987, n.87070871; parere dell’Avvocatura dello Stato n.11760 del 10 febbraio 1990.
(17) Sulla natura dell’assegnazione della abitazione della casa famigliare al coniuge affidatario dei figli la Cassazione propende per riconoscere al diritto la natura obbligatoria (cfr.da ultimo Cassazione, Sez. II n.18.883 depositata 28 settembre 2005) mentre la dottrina appare divisa.
La amministrazione finanziaria ha costantemente aderito alla tesi della naturale reale del diritto.
In argomento vedi: A. Pischetola, Opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa coniugale al terzo acquirente, Nota a sentenza Cassazione, Sez.unite n.11096 del 26 luglio 2002, in Rivista del Notariato, LVII, pag.706 segg. E la fomentazione ivi contenuta; P. Giunchi, Agevolazione per l’acquisto della abitazione principale, nota alla decisione n.11.648\1997 della Direzione Regionale delle Entrate di Bologna del 17 ottobre 1997, in Noter n.4 – ottobre 1997
(18) Cfr. CNN – Strumenti, 1.3.1992,1110, Matrimonio, a commento della. 14 Risoluzione Ministeriale dicembre 1991, ove si sostiene che fra gli “atti” devono intendersi ricompresi anche quelli negoziali “finalizzati al procedimento del divorzio”.
(19) Tali contratti, per la loro stessa natura, manifestano capacità contributiva.
Sull’argomento cfr F. Formica: op. cit.,1989, II,77; F. Formica e P. Giunchi, Trattamento fiscale degli atti relativi ai procedimenti di separazione e divorzio alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale, in Banca Dati Notarile, Commissione Studi tributari n.67\99\T; idem, Ancora sul regime fiscale delle separazione personale e del divorzio, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, cit.; P. Tarigo, L’esenzione fiscale degli atti posti in essere nell’ambito di procedimenti di separazione e divorzio: profili sostanziali e di costituzionalità in Rassegna Tributaria n.6\2001
G.Metitieri, La funzione notarile nel trasferimento di beni fra coniugi in occasione di separazione e divorzio in Rivista del notariato n.5\1995,, cit. pag.1181, invece sostiene che il trattamento di favore spetti purché dall’atto (notarile) stesso risulti la connessione con il procedimento. La connessione può sussistere in ogni specie di atto: non importa se lo scioglimento del matrimonio ne sia la causa o il motivo o l’occasione.
L’Autore, in sostanza, ritiene che, quali che siano i negozi che i coniugi stipulino, essi possono qualificarsi come “strumenti” diretti ad attuare il fine ultimo della sistemazione degli interessi loro, dei figli e della famiglia.
In campo fiscale si è rilevato da parte di alcuni uffici periferici come il beneficio sia correlato alla causa negoziale: Direzione Regionale del Piemonte, nota n.2\99111763 del 2 settembre 1999, che ritiene necessaria per la concessione del trattamento di favore la esistenza “rapporto di connessione causale con la separazione ed il divorzio”; Direzione Regionale dell’Emilia Romagna, risposta a quesito, prot. 23395 del 29 ottobre 2004, che distingue fra gli atti che traggono dalla separazione o dal divorzio il loro motivo e quelli che ne traggano la loro causa.
Il rilevo appare corretto ma incoerente con le conclusioni cui i detti uffici pervengono, che escludono il beneficio ad atti fra coniugi aventi oggetti beni di proprietà di uno di essi o posti in essere a favore dei figli.
(20) In tale senso cfr.: F. Formica e P. Giunchi, in Studio n.67\99\T – C.N.N., cit. ove si sostiene che l’esenzione si riferisce ad “ogni atto avente contenuto patrimoniale stipulato fra i coniugi ovvero fra costoro (o uno di essi) ed i figli o terzi”; S. Lanzillotti e F. Magurno, op.cit., pag.418.
(21) Nel rispetto della dirimente condizione portata dalla norma, ovvero che non si tratti di negozi tipici quali la donazione o la vendita, ma di atti relativi al procedimento di separazione e di divorzio e quindi rispondenti alla esigenza della tutela economico – patrimoniale della famiglia, in conformità al dettato della più volte citata sentenza.
Cfr. Cassazione, Sezione IV 12 luglio 2000 n.2442 che pone in evidenza come la attribuzione gratuita di un bene da un coniuge all’altro nell’ambito del regolamento dei loro rapporti patrimoniali non sostanzia una donazione ma un contratto atipico.
(22) Cfr -F. Formica e P. Giunchi Ancora sul regime fiscale delle separazione personale e del divorzio, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, cit.
(23) Schema applicabile anche ai contratti atipici (G. Petteruti, Studio 75\2002\7 23 gennaio 2003 – Commissione Studi tributari CNN) ove tali si considerino i negozi in oggetto.
In coerenza con tali principi, qualora uno dei coniugi, nell’ambito degli accordi di separazione o di divorzio, si obblighi ad acquistare un bene da un soggetto terzo per poi trasferirlo al figlio (o all’altro coniuge) non sembra possa ritenersi applicabile al primo acquisto il regime di favore che invece spetta al successivo negozio di trasferimento che costituisce l’adempimento dell’obbligo assunto
Sembra, infatti, irrilevante, ai fini del beneficio, che il contratto che il coniuge ed il terzo stipulano fra loro sia “finalizzato”a conseguire la “intestazione” del bene al figlio (o all’altro coniuge), rinvenendo esso la sua causa tipica nello scambio della cosa col prezzo ed evidenziando una capacità contributiva.
(24) Si veda al riguardo, anche la recente sentenza della Corte Costituzionale del 12-21 ottobre 2005 n.394, la quale, richiamando la sua decisione n. 454 del 27 luglio 1989 che aveva esteso la trascrivibilità del provvedimento giudiziale della assegnazione della casa famigliare stabilito in sede di separazione personale, afferma ora la legittimità della trascrizione di tale ultima assegnazione, ritenendo che "il titolo ad abitare per il coniuge è strumentale alla conservazione della comunità domestica e giustificato esclusivamente dall'interesse morale e materiale della prole affidatagli"; esso pertanto attiene alla garanzia di “un corretto sviluppo psicologico e fisico del figlio", deve essere annoverato fra i doveri relativi alla responsabilità dei genitori verso i figli, nel cui solo interesse esso è posto.
Cfr. A. Ruotolo, Trascrivibile nei registri immobiliari il diritto di abitazione del genitore affidatario del figlio naturale, in CNN Notizie n. 194 del 27 ottobre 2005.
Tale decisione si pone necessario corollario alla sentenza della stessa Corte n. 166 del 13 maggio 1998, che aveva esteso la possibilità di assegnare la casa famigliare al genitore naturale affidatario di figli naturali.
Nella stessa direzione si veda anche la sentenza n. 202 del 3 giugno 2003 che, dopo aver rilevato che la norma portata dall’articolo 148 del codice civile è posta nell’interesse dei figli, richiamando l’articolo 19 della legge 6 marzo 1987 n. 74 e le sue sentenze n. 154\1999 e n.176\1992, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico dell’imposta di registro nella parte in cui non esenta dall'imposta ivi prevista i provvedimenti emessi in applicazione del detto articolo e quindi fuori di procedimenti di separazione e di divorzio.
La decisione argomenta osservando che la finalità dell'esenzione deve essere ricondotta ai principi generali relativi ai doveri dei genitori.
La rilevanza essenziale della tutela della prole nella assegnazione della casa famigliare è evidenziata anche da A. Pischetola, op. cit., pur non escludendo quale finalità dell’assegnazione anche ragioni che attengono alla posizione dei coniugi.
(25) Cassazione, sentenza n. 11458 del 30 maggio 2005: vedi in Lista Sigillo del Consiglio Nazionale del Notariato del 29 settembre 2005, con nota di G. Grisi, “Il trasferimento effettuato in favore dei figli in sede di separazione dei coniugi è esente da ogni tributo”,: l’Autore afferma che, in materia dei trasferimenti di beni ai figli la Suprema Corte ha fatto proprie le direttive offerte dalla Corte Costituzionale, rilevando le diverse e contrastanti prese di posizione della Cassazione in argomento, citando le sentenze n. 2347 del 17 febbraio 2001 n. 7493, del 22 maggio 2002, n. 15231 del 3 dicembre 2001.
Si veda anche: S. Cannizzaro, Esenzione fiscale degli atti compiuti dai coniugi in favore dei figli in adempimento dei patti convenuti in sede di separazione o di divorzio CNN Notizie n. 177 del 17 ottobre 2005 e, idem Ancora sull’esenzione fiscale degli atti compiuti dai coniugi in favore dei figli in adempimento dei patti convenuti in sede di separazione o di divorzio, in CNN Notizie n. 193 del 26 ottobre 2005.
(26) Cassazione, n.11.342 del 17 giugno 2004.
(27)L’Ufficio del Registro – Atti giudiziari di Milano, con nota del 1^ agosto 2001 ed in applicazione della Circolare, sostiene, ad esempio, che la locuzione atti “relativi al procedimento” portata dall’art n19 L.74\87, nel delimitare la propria portata esentativa, si può pertanto spiegare con l’endiadi motivo-procedura: tutto ciò che tre motivo dal provvedimento di separazione\divorzio è compreso nella relativa procedura esente.
Rileva quindi che in tali atti deve essere espressamente indicata la causa negoziale che giustifica il beneficio.
La Direzione Regionale delle Entrate della Lombardia, con Circolare 6\10240 dell’11 febbraio 2000, dopo aver correttamente premesso che gli atti in oggetto “non sconteranno alcun tipo di tributo in qualsiasi modo denominato”, ritenne dovuta la imposta di registrazione in misura fissa ove tali atti fossero ricevuti da Notaio.
Tesi questa smentita dalla citata Circolare n. 49\E\2000 del Ministero.
Analogamente la Direzione Regionale delle Entrate del Piemonte (Circolare 2\99\99\111763 del 2 settembre 1999, cit.), la quale, oltre che sostenere che fosse dovuta tale imposta in misura fissa, aveva anche ritenuto estranea al procedimento di separazione la causa che regge il trasferimento di beni dai coniugi ai figli di cui ci occupiamo.
(28) E così ancora riaffiora il maligno inciso “beni già facente i parte della comunione fra coniugi.
(29) Numero 2347 del 17 febbraio 2001, cit.

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