Ambito applicativo residuale del regime fiscale agevolativo previsto per trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati
Ambito applicativo residuale del regime fiscale agevolativo previsto per trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati
di Adriano Pischetola
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 64/2007/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 2/2007, p. 1182.

1. Premessa - Inquadramento normativo

Dopo i recenti interventi normativi (di cui all’art. 36 comma 15 del decreto ‘Bersani’ n.223 del 4 luglio 2006 convertito in Legge n.248 del 4 agosto 2006, e del comma 306 articolo unico della Legge n.296/2006 – cd. Finanziaria 2007), lo spetto applicativo del regime fiscale agevolato (consistente nella riduzione dell’aliquota dell’imposta di registro all’1% e all’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa)(1), in caso di trasferimento di immobili siti in aree soggette ai piani urbanistici particolareggiati, si è ridotto ad un’area, per così dire, residuale. I detti trasferimenti, infatti, per poter lucrare del regime premiale, devono essere “diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione”, e ciò in quanto al di fuori di questa ipotesi divenuta eccezionale quel regime risulta ora definitivamente abrogato.

La formula ampia ed onnicomprensiva - che a giudizio dell’Agenzia delle Entrate aveva data luogo ad un’applicazione indiscriminata del trattamento agevolato, addirittura in contrasto con la ratio della normativa agevolativa (2)- è ora pertanto definitivamente superata per effetto della novella al vaglio e solo in parte è possibile fare ricorso alle riflessioni e valutazioni elaborate in precedenza, sotto il vigore della norma abrogata.(3)

Ciò in quanto il nodo gordiano da sciogliere è ora non già e non tanto l’identificazione del concetto di ‘piani urbanistici particolareggiati’ (4), quanto dello schema paradigmatico in cui ricorrano i requisiti legali della fattispecie residuale disegnata dal legislatore della novella, requisiti che a loro volta possono essere individuati nei concetti di:

  1. a) programmi
  2. b) edilizia residenziale convenzionata
  3. c) accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione.

2. Analisi dei requisiti legali

A) I programmi

La novella richiede che i trasferimenti di che trattasi siano diretti all’attuazione di ‘programmi’.

Ciò può lasciar pensare - in prima battuta - che siano attratti nell’area residuale agevolata solo quei trasferimenti immobiliari afferenti piani attuativi delle statuizioni contenute in strumenti urbanistici generali, finalizzati ad interventi edilizio-urbanistici complessi, continuativi ed articolati, riconducibili appunto a previsioni programmatiche stabilite in quegli strumenti e da trasporre sul piano esecutivo.

Epperò una tale rigida interpretazione sembra non rispondere alla ratio della normativa agevolativa (sia pure parametrata all’area più ridotta di che trattasi), che resta sempre e comunque quella di assicurare - a fronte dell’intervento edilizio - una trasformazione organica e razionale del territorio, agevolando sul piano fiscale la tassazione degli atti traslativi di immobili interessati all’intervento stesso. Sicchè anche laddove l’esecuzione dei piani attuativi comportasse - esaurendone la funzione - la realizzazione di interventi singoli e mirati, non pare che difettino i requisiti per l’applicazione del trattamento premiale. Del resto è congeniale alla natura stessa dei piani particolareggiati la loro funzione esecutiva delle indicazioni di assetto e di sviluppo urbanistico contenute negli strumenti di pianificazione generale con modalità funzionali e scansioni temporali anche distinte e diacroniche, e quindi è ben possibile che le indicazioni e le previsioni programmatiche [menzionate nella novella al vaglio] possano essere contenute anche negli strumenti generali e siano attuabili attraverso una molteplicità, variamente articolata, di piani esecutivi.(5)

B) Edilizia residenziale convenzionata

La novella richiede che i programmi di cui si discute abbiano prevalentemente riferimento all’ “edilizia residenziale convenzionata”, non risultando più necessaria che essa attenga anche all’ambito pubblico (come invece era stabilito nell’originaria formulazione del comma 15 art. 36 d.l. n.223/2006, poi modificato dalla ‘Finanziaria 2007’). La soppressione dell’aggettivazione ‘pubblica’ non è di poco conto: essa consente di far rientrare nell’area residuale agevolata quei programmi edilizi, finalizzati alla realizzazioni di costruzioni da destinare ad abitazione, che non abbiano necessariamente riferimento alla corposa normativa speciale(6) in materia di acquisizione della casa da parte dei ceti sociali meno abbienti o di quelli che, dotati di un reddito fisso da lavoro dipendente, non potrebbero reperire un’abitazione ai prezzi imposti dalle leggi di mercato. Resta però la limitazione all’edilizia residenziale ‘convenzionata’, il che comporta la necessità (fatto salvo quanto nel prosieguo in ordine alla idoneità o meno allo scopo di atti unilaterali d’obbligo riproduttivi delle clausole e condizioni stabilite dalla convenzione-tipo o da atti deliberati dai competenti organi della P.A.) della stipula di una convenzione tra la Pubblica Amministrazione ed i soggetti che procedono alla realizzazione degli alloggi.

Sembra qui rievocato quel concetto di ‘edilizia convenzionata’ cui faceva già menzione la legge Bucalossi (n.10/77), segnatamente all’art.7(7), ove era prevista una riduzione della quota di contributo per il rilascio della concessione (ora permesso di costruire) a fronte dell’impegno assunto dal richiedente ad applicare determinati prezzi di vendita e canoni di locazione. E pare che proprio a questo concetto – senza escludere quello che implica la finalizzazione di tipo pubblicistico del programma edilizio – il legislatore della novella abbia voluto far riferimento. La soppressione dell’aggettivazione ‘pubblica’, di cui è dato riscontro nel testo in vigore dell’art. 36 comma 15 al vaglio come sopra detto, ha avuto allora il chiaro significato di far rientrare nell’ambito applicativo residuale della norma agevolativa anche quelle ipotesi traslative di immobili siti in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, attuativi di politiche di espansione dell’edilizia residenziale anche privata, ma sottoposta a convenzionamento con la pubblica amministrazione. Se da un lato pertanto – ciò facendo – il legislatore non ha voluto condizionare necessariamente il trattamento premiale all’adozione delle rigide procedure previste in materia di edilizia convenzionata per così dire ‘tradizionale’ (che è quella notoriamente afferente la materia dell’edilizia residenziale pubblica soggetta alla legge n.865/71 e succ. mod.., e particolarmente alla legge n.179/92, cd. Legge Botta-Ferrarini(8)), nondimeno dall’altro lato ha stabilito che quel trattamento si rende applicabile solo laddove essa Pubblica amministrazione abbia stipulato una ‘convenzione’ e quindi solo se sia intercorsa specifica pattuizione con il soggetto interessato alla esecuzione dell’intervento edilizio.

Il che fa supporre che in tutte le ipotesi per quali l’esecuzione di un piano particolareggiato prescinda da una siffatta convenzione, in quanto si caratterizzi per essere, per così dire, self-executing e quindi sia idoneo a trasferire sul piano di dettaglio previsioni a struttura formalizzata e programmatica contenute in sovraordinati strumenti urbanistici di primo o comunque superiore livello senza ulteriori momenti o segmenti negoziali, ci si muove in un ambito eccentrico rispetto al perimetro applicativo della norma al vaglio. Così, intuitivamente, nell'ipotesi di lottizzazione d’ufficio di determinate aree fabbricabili (di cui all’art. 28 della L.U. n.1150/42(9)), che, come è noto, prescinde dall’accettazione, da parte dei proprietari delle aree, dell’invito a lottizzare formulato da parte dell’amministrazione comunale, e pertanto difetta per ragioni ontologiche di una fase convenzionale, prevalendo in essa una connotazione più spiccatamente espropriativa.(10)

Al contrario - e per la simmetrica motivazione di cui innanzi - dovranno ritenersi rientrare nel perimetro di cui si diceva emergenti figure negoziali aventi valore di piano attuativo e forme di cd. programmazione negoziata(11), per le quali l’aspetto convenzionale o pattizio assuma connotazione di valenza strutturale, quali:

  1. a) gli ‘accordi di programma’ (promossi da e tra soggetti ed enti pubblici)(12), aventi come contenuto varianti urbanistiche con funzione attuativa, laddove beninteso la procedura di adozione dell’accordo preveda la partecipazione dei privati ed abbia riferimento ovviamente ad interventi di edilizia residenziale;
  2. b) i cd. “programmi di riqualificazione urbana” (13)che - come prevede l’art. 27 della legge 1° agosto 2002 n.166 - “possono riguardare interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e delle relative attrezzature e spazi di servizio, finalizzati alla riqualificazione di porzioni urbane caratterizzate da degrado fisico, economico e sociale, nel rispetto della normativa in materia di tutela storica, paesaggistico-ambientale e dei beni culturali.”; anzi per tali tipi di interventi è prevista espressamente la possibilità del co-finanziamento con risorse dei privati e la sottoscrizione di una convenzione per dare attuazione alle indicazioni del relativo piano attuativo;
  3. c) i programmi di ‘riqualificazione urbana’ (14) per la realizzazione di interventi di edilizia residenziale con la partecipazione finanziaria dello Stato; gli interventi (pubblici e privati) devono consistere in un insieme sistematico e coordinato di opere e di attività ed essere realizzati in regime di convenzione; tali interventi possono comportare, tra l’altro, l’acquisizione di immobili da destinare ad urbanizzazione primaria o secondaria e la realizzazione o l’ampliamento dei fabbricati anche residenziali o infine la ristrutturazione urbanistica;
  4. d) i cd. ‘programmi integrati di intervento’ (15) relativi a zone in tutto o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione al fine della loro riqualificazione urbana ed ambientale, e che possono essere presentati ai Comuni anche da privati, singolarmente o riuniti in consorzio o diversamente associati tra loro(16); e sempre che alla predisposizione degli stessi si accompagni una fase convenzionale aggiuntiva o specificativa;
  5. e) i cd. “programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio “ (17)(in sigla PRUSST) che possono riguardare anche la realizzazione ed il recupero di edilizia residenziale al fine di innescare processi di riqualificazione fisica e sociale dell'ambito territoriale considerato ed in relazione ai quali è stabilita la formazione di un ‘protocollo d’intesa’, con il quale i soggetti sottoscrittori si impegnano a dare attuazione ai programmi sulla base della ricognizione programmatica delle risorse finanziarie e delle procedure amministrative occorrenti.

Inoltre afferisce di sicuro all’area residuale di che trattasi il trasferimento immobiliare in area soggetta a p.u.p. diretto ad attuare programmi edilizi abitativi nella particolare fattispecie di cui all’art. 17 comma 1 T.U. n. 380/2001, ove è prevista la stipula di una convenzione tra Comune e titolare del permesso di costruire per la riduzione (alla sola quota degli oneri di urbanizzazione) o addirittura per l’esonero dal contributo di costruzione – e ciò a prescindere talora dal perseguimento di scopi di pubblico interesse; (18) ma alla espressa condizione che il titolare stesso “si impegni …ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dall'articolo 18” del medesimo T.U.

Infine, come si diceva, i programmi (in relazione ai quali i trasferimenti immobiliari vengono posti in essere) devono afferire all’ambito della edilizia residenziale convenzionata con carattere di prevalenza. Ciò pertanto non potrà essere negato il regime fiscale di favore laddove il programma da attuare comporti interventi edilizi non strettamente o esclusivamente afferenti immobili residenziali, potendo riguardare anche immobili con vocazione o destinazione in parte diversa da quella abitativa. Resta da stabilire il parametro in base al quale la ‘prevalenza’ (e quindi per converso l’ammissibilità del trattamento agevolato in presenza o in previsione della realizzazione di immobili non residenziali) debba essere individuata. Evidentemente, considerando che l’area fiscale residuale di cui s’è detto costituisce per effetto della novella eccezione rispetto all'ormai abrogato regime di generale favore nei confronti di trasferimenti d’immobili in aree soggette a piani urbanistici attuativi, tale individuazione va condotta con la massima cautela, avendo cura di valorizzare la evidente opzione legislativa preferenziale formulata in riferimento all’edilizia residenziale. Ciò presumibilmente deve condurre l’interprete ad agganciare quel parametro non tanto e non solo ad un mero rapporto di prevalenza algebrica del volume edificabile previsto o comunque afferente gli immobili a destinazione residenziale rispetto a quello concernente gli immobili con destinazione diversa, quanto ad un rapporto di accessorietà o, rectius, di subalternità (in senso funzionale) della parte d’intervento edilizio finalizzata alla realizzazione (e/o trasformazione) di detti ultimi immobili rispetto a quella, di più cospicuo spessore nell’economia complessiva dell’intervento, posta in essere per gli immobili abitativi.

Di certo, proprio in considerazione della cautela interpretativa cui si accennava, non pare possano rientrare nel perimetro dell’area residuale di che trattasi trasferimenti d’immobili connessi con p.u.p. diretti ad attuare interventi edilizi del tutto o prevalentemente indipendenti da programmi protesi a dare sostegno e sviluppo, in via preferenziale, all’edilizia residenziale. In quest'ottica, pertanto, non potranno accedere a tare area i trasferimenti connessi con i piani di insediamenti produttivi previsti dall'art. 27 della legge 865/71, per la realizzazione di edifici destinati ad attività produttive, compresi quelli commerciali e turistici, salva, ça va sans dire, l'applicazione dell'ulteriore regime fiscale agevolato ex art. 32 2° comma DPR n.601/73 laddove ne ricorrano i presupposti.

C) L’ accordo per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione

Ultimo requisito, che si è definito ‘legale’, per fruire del trattamento premiale è l’accordo che deve intervenire con l’amministrazione comunale in ordine alla definizione dei prezzi di cessione e dei canoni locativi degli immobili oggetto di intervento edilizio, prezzi e canoni di regola suscettibili di periodiche variazioni con frequenza non inferiore al biennio in relazione agli indici ISTAT dei costi di costruzione intervenuti dopo la stipula della convenzione(19). Il legislatore della novella si è senz’altro ispirato a quegli elementi (di cui alle lettere b) e c) dell’art. 18 del T.U. sull’edilizia n.380/2001(20), prima ricordato) integranti, tra gli altri, la cd. convenzione-tipo approvata dalla Regione nell’ambito dell’edilizia abitativa, e a cui devono conformarsi le convenzioni comunali e gli atti di obbligo stipulati dai soggetti fruenti della riduzione del contributo per il rilascio del permesso di costruire. Del resto analoga previsione era già contenuta, come è noto, nell’art. 35 ottavo comma lettera e) della legge n.865/71 che prevedeva, tra gli elementi oggetto della convenzione a stipularsi con il Comune, appunto “i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione, nonché per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi…”.

La richiesta di tale ulteriore requisito pare peraltro comportare la esclusione dell’area residuale agevolata dei trasferimenti immobiliari afferenti piani di lottizzazione e relative convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 28 della L.U. n.1150/42 al fine dell’ottenimento dell’autorizzazione alla lottizzazione di aree a scopo edificatorio,(21) e ciò in quanto in questa normativa non è operato alcun richiamo alla necessità di una preliminare definizione dei prezzi di cessione e/o dei canoni locativi degli immobili da realizzarsi sulle aree lottizzabili; salvo, forse, ad ipotizzare l’evenienza della regolamentazione in via pattizia con l’Amministrazione comunale, e pur al di là dello schema procedimentale paradigmatico, anche dell’elemento di che trattasi.(22)

Nella novella al vaglio, insomma, si coglie in filigrana l’intenzione del legislatore di riservare il regime agevolato solo ad una zona ‘grigia’ per così dire, interponentesi a mezza strada tra i crismi solenni stabiliti per le procedure caratteristiche dell’edilizia residenziale pubblica da un lato e la libertà formale tipica di quella abitativa privata in senso stretto dall’altra.(23) Una sorta di ‘tertium genus’, della cui esistenza nell’ambito dell’ordinamento già peraltro sono stati segnali premonitori proprio gli artt. 17 e 18 del T.U. in materia edilizia n.380/2001, in quanto - come è stato detto in dottrina(24) - “attraverso il convenzionamento [ndr. di cui è menzione nei detti articoli] si realizza un controllo pubblico sui prezzi di vendita e di locazione degli immobili, al fine di pervenire allo sganciamento dell’attività imprenditoriale edilizia dalla rendita fondiaria: …non si ha pertanto una semplice edilizia libera agevolata, bensì un’edilizia privata condizionata dalla p.a. attraverso forme di controllo della produzione…,della gestione… e dei prezzi (prezzi di vendita e canoni locativi)”.

Il che sembra esattamente delineare proprio lo scenario in cui si è mosso il legislatore della novella; e senza, nel contempo, che ciò comporti l'esclusione dall'ambito di che trattasi delle ipotesi di trasferimenti immobiliari funzionali all'utilizzazione edificatoria di aree o comunque alla esecuzione di interventi edilizi in aree soggette a p.u.p. da parte del cd. costruttore 'in proprio' (e quindi non necessariamente da parte dell'impresa di costruzione o di cooperativa edilizia). Il convenzionamento in questione, infatti, può ben riferirsi (non statuendo la norma ulteriori specificazioni) anche all'ipotesi 'de qua' , sempreché esso comporti l'assunzione degli obblighi di applicazione dei prezzi di cessione e dei canoni locativi come convenzionalmente definiti.(25)

3. Equivalenza di atti d’obbligo unilaterali e convenzioni bilaterali

Proprio il menzionato articolo n.18 del T.U. offre lo spunto per verificare se il convenzionamento richiesto dalla novella possa essere surrogato da un atto d’obbligo unilaterale. Infatti l’articolo ora ricordato stabilisce al primo comma che “Ai fini del rilascio del permesso di costruire relativo agli interventi di edilizia abitativa di cui all'articolo 17, comma 1, la regione approva una convenzione-tipo, con la quale sono stabiliti i criteri nonché i parametri, definiti con meccanismi tabellari per classi di comuni, ai quali debbono uniformarsi le convenzioni comunali nonché gli atti di obbligo” anche con riferimento, come è noto, alla determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi e dei canoni locativi. In senso analogo si esprimeva l’ormai abrogato articolo 8 della legge Bucalossi (Legge n.10/77); così come l’art 20 di detta legge ritiene applicabile il regime fiscale di favore ex art. 32 2° comma DPR n.601/73 “ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d'obbligo previsti dalla presente legge”, lasciando così intendere che sia la funzione sostanziale assolta dagli atti unilaterali d’obbligo sia la loro disciplina sul piano fiscale sono da intendersi di regola sovrapponibili rispetto a quelle afferenti le convenzioni bilaterali. Di tanto si trova sicura conferma anche in giurisprudenza.(26)

Ma in ogni caso resta fermo che siffatti atti, configurandosi come una specie di ‘contratti per adesione’ (27), potranno essere utilizzati allo scopo del ’convenzionamento’ in parola qualora esistano una convenzione-tipo regionale e/o comunale o una pregressa deliberazione di approvazione dell’organo competente sufficientemente dettagliate, di cui gli atti in questione rappresentino una integrale, fedele riproduzione.

4. Necessità della stipula preventiva della convenzione?

Resta, infine, un interrogativo (già sollevato spesso in tempi precedenti alla novella) che quest’ultima contribuisce a rendere più problematico. E cioè quello della necessità o meno della stipula preventiva della convenzione (o dell’atto d’obbligo unilaterale sostitutivo) rispetto all’atto di trasferimento dell’immobile interessato da intervento edilizio previsto da un p.u.p.

Come è noto, in un precedente studio di questa Commissione (28) si era giunti alla conclusione che, esclusa per ragioni oggettive tale necessità nella lottizzazione d’ufficio, così come per ragioni procedimentali nella lottizzazione obbligatoria, (attenendo la stipula della convenzione al solo profilo attuativo che non a quello del suo perfezionamento)(29), si dovesse propendere per la possibilità del trattamento agevolato, in mancanza di preventiva stipula, anche per le fattispecie lottizzatorie di iniziativa privata (o facoltative). Ciò pur ad onta della diversa posizione assunta al riguardo dall’A.F.(30) e traendo argomentazione proprio dal disposto dell’art. 2 legge n.350/2003 (normativa non abrogata dalla novella al vaglio) ove viene statuito che “nell’ipotesi di piani attuativi di iniziativa privata, comunque denominati, le agevolazioni fiscali di cui all’art. 33 comma 3 della L. 23 dicembre 2000 n.388, si applicano in ogni caso, a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore”. Si era infatti ritenuto di poter argomentare nello studio sopra richiamato che proprio l’inciso ‘in ogni caso’ farebbe intendere la legittima applicazione del trattamento fiscale premiale anche ‘nell’ipotesi di convenzioni sottoscritte dall’acquirente, …non necessariamente preesistenti alla stipula” dell’atto di trasferimento, ciò rispondendo ad un criterio di “ragionevolezza e di equità rispetto ad una fattispecie che ha il suo naturale svolgimento con la sottoscrizione della convenzione successivamente alla stipula da parte dell’acquirente-attuatore”.

Un autore al riguardo (31) aveva anzi espresso il dubbio che, diversamente opinando, sarebbe risultato gravemente mutilato il principio di autonomia contrattuale, “atteso che le parti sarebbero costrette dalla legge a rinviare i tempi di stipula dell’atto di trasferimento e a prevedere la sottoscrizione fittizia della convenzione al solo scopo di usufruire di agevolazioni fiscali diversamente non applicabili”.

Pare, adesso, che, nonostante il sopraggiungere della novella, lo scenario non sia stravolto.

E' bensì vero che essa novella enfatizza la rilevanza del momento negoziale (il 'convenzionamento', per intendersi) e in speciale misura dell' "accordo" per la predefinizione dei prezzi di cessione e dei canoni locativi, ma ciò non sembra stabilire un ordine di priorità logica né tanto meno temporale della fase convenzionale rispetto alla stipula dell'atto traslativo dell'immobile oggetto dell'intervento edilizio attuativo delle previsioni del p.u.p. , e ciò a prescindere dal tipo (pubblico e/o privato) di strumento esecutivo ad attuarsi. Se, anzi, come si diceva, l'art 2 della legge n.350/2003 statuisce che le agevolazioni fiscali di cui alla legge n.388/2000 si applicano 'in ogni caso' nelle ipotesi di piani attuativi di iniziativa privata, a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore, ciò comporta da un lato una irrilevanza della problematica al vaglio rispetto ai trasferimenti immobiliari connessi a piani attuativi di iniziativa o di colorazione pubblicistica e dall'altro che, in riferimento a piani di iniziativa privata, sarà oggettivamente importante in sé la circostanza dell'avvenuta stipula della convenzione con il soggetto 'attuatore', ma non la sua collocazione temporale (per ipotesi anche successiva al trasferimento immobiliare).(32) Nè in senso contrario si può sostenere che al trattamento agevolato di che trattasi si rischierebbe di far accedere trasferimenti non necessariamente connessi con l'attuazione dello strumento urbanistico di dettaglio, in quanto attraverso l'iscrizione dell'atto 'a campione' da parte dell' A.F. , questa, nell'ordinario termine triennale(33), potrebbe sempre verificare se risulti acquisita dal soggetto 'attuatore' la titolarità dell'immobile oggetto dell'intervento edilizio.(34) Ciò anche per evitare di comprimere eccessivamente l'autonomia negoziale dei soggetti dell'ordinamento, come si accennava, e/o di fare ricorso a defatiganti procedure di rimborso, che potrebbero comportare anche per l'A.F. dei costi già ab initio eludibili.

Del resto, la novella al vaglio non pare aver voluto rievocare antiche problematiche (in ordine ai rapporti tra stipula della convenzione e stipula dell'atto traslativo), ma solo delimitare l'ambito applicativo del regime premiale. Sicché, pur nella consapevolezza della problematicità dei profili connessi con le superiori considerazioni, è bene prendere atto del fatto che nessun elemento ulteriore sembra desumersi dalla novella ai fini della definizione di quelle problematiche: di queste è possibile tentare una soluzione solo guardando alla 'ratio legis' che è quella, indubbiamente, di favorire - salvo il ricorso agli strumenti sanzionatori e rimediali già previsti dal sistema - gli atti di espressione della volontà negoziale finalizzati, in ogni modo, ad attuare una più razionale e funzionale sistemazione del territorio, a prescindere dalla loro esatta ubicazione temporale [ed ora con specifico riferimento all'edilizia residenziale concordando prezzi di vendita e canoni locativi con il soggetto attuatore]. Caratteristica che non può essere negata a quegli atti traslativi immobiliari, che, pur precedendola, siano funzionalmente collegati all'attuazione delle statuizioni recepite dalla convenzione stipulata in tempi successivi, e in ultima analisi di quelle stesse contenute nei piani esecutivi di dettaglio.


(1) regime già previsto dall’art. 33 comma 3 della legge 23 dicembre 2000 n.388
(2) Cfr. quanto affermato nel § 29 della circolare n.28/E del 4 agosto 2006 in Fisconline;
(3) ci si riferisce in particolare agli studi del CNN n.2/2001/T dell’8 febbraio 2001 e n.98/2005/T del 3 marzo 2006, entrambi leggibili sul sito www.notariato.it nella sezione Studi Tributari;
(4) concetto sul quale pure si innestano ulteriori acquisizioni da parte della dottrina (cfr. PARENTE, Programmazione negoziata attuativa di dettaglio e trasformazione del territorio, in Riv.Not. n.4/2004 pagg. 837 ss.); il quale – in riferimento ai piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valori di piano attuativo di cui è menzione nell’art. 22 comma 3 lett. b) del T.U.sull’edilizia approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n.380 in materia di d.i.a – fa una specifica ed articolata elencazione delle possibili fattispecie in cui detti piani attuativi cd. di secondo livello possono atteggiarsi (tra cui anche i programmi integrati di riqualificazione urbana, i programmi di riabilitazione urbana, altri piani o strumenti di programmazione o trasformazione territoriale previsti come attuativi da specifiche disposizioni di legge o aventi la funzione di attuare il piano regolatore generale, ecc..) e a cui qui si rimanda;
in particolare nello studio n.2/2001/T cit. si accoglie un’accezione in senso ampio del concetto di p.u.p., con riferimento sia a quelli di iniziativa pubblica che ad iniziativa privata, oltre che agli stessi piani di lottizzazione che svolgono una funzione equiparata a quelli particolareggiati in senso stretto.
(5) Cfr. Sent. Consiglio Stato , sez. IV, 03 giugno 1980, n. 622 in Cons. Stato 1980, I,843.
secondo cui il p.particolareggiato ha la funzione di rendere specifiche e dettagliate le prescrizioni contenute nel piano regolatore generale in modo da provvedere “alla determinazione degli impianti urbanistici, dei vincoli concreti alla proprietà privata, dei limiti di dimensioni e tipologici dell'attività edilizia, del riassetto del tessuto preesistente. “
(6) Basti qui solo citare la famigerata legge 22 ottobre 1971 n.865 (cd. ‘legge sulla casa’) che segna il passaggio dalla cd. edilizia economica e popolare (disciplinata in precedenza da numerosi e non coordinati testi legislativi, a partire dalla cd. legge Luzzatti - 31 maggio 1903 n.254 - fino al t.u. 28 aprile 1938 n.1165) alla vera e propria edilizia residenziale pubblica;
(7) vedi ora l’art. 17 del T.U. n.380/2001.
(8) Ma vedi anche l’art. 1 2° comma DPR 30.12.1972 n.1035 secondo cui “Sono considerati alloggi di edilizia residenziale pubblica gli alloggi costruiti o da costruirsi da parte di enti pubblici a totale carico o con il concorso o con il contributo dello Stato con esclusione degli alloggi costruiti o da costruirsi in attuazione di programmi di edilizia convenzionata e agevolata.”, così come l’art. 1 comma 1 della legge n.560/93 per il quale “ Sono alloggi di edilizia residenziale pubblica, soggetti alle norme della presente legge, quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge 6 marzo 1976, n. 52 , a totale carico o con concorso o con contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 14 febbraio 1963, n. 60 , e successive modificazioni, dallo Stato, da enti pubblici territoriali, nonché dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale.”
(9) I commi 10 e 11 recitano “ Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione e in quelli dotati di piano regolatore generale anche se non si è provveduto alla formazione del piano particolareggiato di esecuzione, il sindaco ha facoltà di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle singole zone a presentare entro congruo termine un progetto di lottizzazione delle aree stesse. Se essi non aderiscono, provvede alla compilazione d'ufficio .
Il progetto di lottizzazione approvato con le modificazioni che l'Autorità comunale abbia ritenuto di apportare è notificato per mezzo del messo comunale ai proprietari delle aree fabbricabili con invito a dichiarare, entro 30 giorni dalla notifica, se l'accettino. Ove manchi tale accettazione, il podestà ha facoltà di variare il progetto di lottizzazione in conformità alle richieste degli interessati o di procedere alla espropriazione delle aree.”
(10) Cfr. sul punto le conclusioni dello Studio CNN n.98 cit.
(11) cfr. PARENTE, op. cit. pagg.846-847
(12) di cui all’art. 15 della legge n.241/90 e all’art. 34 D.Lgs. n267/2000 il quale ultimo articolo recita al primo comma “ 1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.”
(13) E sempreché non si possa ritenere applicabile il più conveniente regime fiscale ex art. 5 legge n.168/82
previsto per i trasferimenti di immobili realizzati nell’ambito di piani ‘di recupero’ di cui all’art. 27 e ss. legge 5 agosto 1978 n.457;
(14) di cui all’art. 2 della legge 17 febbraio 1992 n.179; e fatto salvo quanto sopra detto alla nota che precede;
(15) disciplinati all’art. 16 della legge 17 febbraio 1992 n.179 ;
(16) cfr. FIALE, Diritto urbanistico, Napoli 2003, pag.378;
(17) di cui al D.M. 8 ottobre 1998 emanato dal Ministero dei lavori pubblici, intitolato “ Promozione di programmi innovativi in ambito urbano denominati «Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio”, pubblicato nella Gazz. Uff. 27 novembre 1998, n. 278, S.O.
(18) come ad es. per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari; o anche per la realizzazione della prima abitazione (equiparata ai fini del contributo di costruzione alla corrispondente edilizia residenziale pubblica, purché sussistano i requisiti indicati dalla normativa di settore, cfr. Segnalazione Novità Normative in CNN Notizie del 27 dicembre 2006 n.243.)
(19) cfr. comma quarto art. 18 TU n.380/2001
(20) e prima ancora l’art.8 della legge sulla edificabilità dei suoi n.10/77, poi abrogato.
(21) Il quinto comma dell’art. 28 cit. statuisce infatti che “ L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione “
(22) ed infatti anche il Consiglio di Stato [(cfr. sent. V 9 dicembre 1996 n.1484 in Foro amm. 1996, 3302 (s.m.)] ha evidenziato la distinzione che si pone tra la convenzione prevista dall'art. 7 della legge n.10/77 (ora art. 17 del T.U. sull'edilizia) - che, come detto nel testo, presenta i profili richiesti dalla novella per consentire l'accesso all'area residuale fiscale al vaglio, in presenza anche degli altri requisiti 'legali' - e la convenzione lottizzatoria di cui all'art. 28 della L.U. n.1150/42:"Ai fini dell'esenzione del concessionario dal costo di costruzione delle opere edilizie assentite, a norma dell'art. 7 comma 1 l. 28 gennaio 1977 n. 10 occorre stipulare l'apposita convenzione con il comune - in conformità al modello - tipo approvato dalla regione previa determinazione di criteri e parametri -, non rispondendo a tale scopo, nè tampoco essendo al riguardo surrogabile la convenzione di cui all'art. 28 l. 17 agosto 1942 n. 1150, che è invece richiamata dall'art. 18 comma ultimo l. n. 10 del 1977 per la sola esenzione della quota di contributo afferente agli oneri d'urbanizzazione".
(23) non si può qui comunque ignorare che la previsione normativa dell’accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione (quale condizione per l’applicazione del regime fiscale premiale) finisce con il restringere notevolmente il suo concreto perimetro applicativo, forse anche al di là delle stesse intenzioni del legislatore, inducendo l’interprete da un lato a sospettare che la novella portata dalla Finanziaria 2007 possa contenere solo una sorta di ‘refuso’ (rispetto all’originario testo contenuto nel decreto legge n.223/2006 art. 36 comma 15 in cui era appunta prevista tale condizione) e dall’altro ad auspicare de iure condendo l’emanazione di una norma di interpretazione autentica diretta ad eliminare il riferimento al regime vincolistico di determinazione dei prezzi e dei canoni locativi di cui s’è detto. Il che, forse, in una lettura meglio aderente alle disposizioni costituzionali di cui agli artt. 41, 42 e 53 Cost. (in una sintesi unitaria dell’interesse pubblico alla definizione funzionale dello sviluppo del territorio e dell’interesse privato alla libera iniziativa economica) consentirebbe alla novella di che trattasi di perseguire più efficacemente le reali finalità ad essa sottese.
(24) cfr. FIALE, op.cit. pagg. 667-668
(25) cfr. le analoghe considerazioni svolte da MORINO, in commento all'art.18 TU n.380/2001 (AA.VV. Le nuovi leggi amministrative, Testo unico sull'edilizia, commento al DPR 6 giugno 2001 n.380, Milano 2002, p. 271), e sia pure in riferimento all'ipotesi legale ivi disciplinata, omologa peraltro a quella concepita dal legislatore della novella, sotto il profilo che qui interessa;
(26) cfr. Cassazione civile , sez. I, 15 giugno 1988, n. 4080 in Giust. civ. Mass. 1988, fasc.6; nonché Cassazione civile , sez. II, 02 ottobre 2000, n. 13006 in Dir. e giur. 2000, 317 “In assenza di espressa disposizione legislativa, gli obblighi contenuti nell'accordo (o atto d'obbligo equivalente), stipulato tra concessionario costruttore, comune e regione, ai sensi degli art. 7 e 8 l. 28 gennaio 1977 n. 10, tra cui l'impegno di alienare o locare a prezzi limitati gli alloggi costruiti con concessione rilasciata a contributo ridotto, non si estendono a terzi e, in particolare, all'acquirente dell'alloggio dal concessionario costruttore”;
(27) cfr. FIALE, op.cit.pag.669
(28) cfr. studio n.98/2005/T cit.
(29) e ciò sia pure in presenza di un’accettazione dell’invito a lottizzare formulato dall’amministrazione comunale ai proprietari
(30) cfr. Circolare n.11/E del 31 gennaio 2002 in Fisconline;
(31) MONTEMURO, I trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati alla prima scadenza, in Il Fisco, 2005, 7069;
(32) cfr. in questo senso il cit. Studio CNN n.98/2005/T
(33) ex art. 76 secondo comma T.U.R. approvato con DPR n.131/86
(34) ibidem Studio CNN n.98/2005/T cit.

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