Trasformazione agevolata da s.r.l. a S.p.A. ai sensi dell'articolo 223 bis, comma secondo, disp. att. c.c.
Trasformazione agevolata da s.r.l. a S.p.A. ai sensi dell'articolo 223 bis, comma secondo, disp. att. c.c.
di Filippo Zabban
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 5254/I
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano, 2/2004, p. 767 ss.
L’articolo 223 bis delle disposizioni di attuazione del codice civile, a seguito delle modifiche introdotte con il D.lgs. 6 febbraio 2004 n. 37, dispone, al secondo comma, che “Le decisioni di trasformazione della società a responsabilità limitata in società per azioni possono essere prese entro il 30 settembre 2004, anche in deroga a clausole statutarie, con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti più della metà del capitale sociale”.
E’ opportuno, per finalità eminentemente applicative, individuare le principali problematiche che la disposizione sollecita, e fornire agli operatori, con riferimento a questi temi, un indirizzo di comportamento.
1) Fattispecie cui la norma è applicabile
In relazione all'individuazione dei confini della fattispecie, non esistono dubbi sulla applicabilità della disposizione alle società a responsabilità limitata costituite prima del 1° gennaio 2004 e che non abbiano già provveduto ad adeguare lo statuto alla nuova normativa. Infatti, come emerge chiaramente dalla relazione governativa al cd. decreto correttivo, la ratio della nuova disposizione consiste nel facilitare la trasformazione dal tipo S.r.l. al tipo S.p.a. in considerazione del fatto che "la rilevante modifica del tipo sociale della S.r.l. - specie in tema di struttura e di responsabilità - potrebbe non corrispondere più alla valutazione dei soci della vecchia Sr.l., che potrebbero trovare più affinità nella struttura della nuova S.p.A.".
A ciò si aggiunga (e l'argomento non pare secondario) che la facilitazione voluta dal legislatore si realizza pienamente proprio in relazione alle società a responsabilità limitata costituite anteriormente all'entrata in vigore della riforma, in quanto per esse la disciplina legale (vecchio art. 2486, tuttora in vigore alla stregua dello stesso 223 bis) prevede, per le deliberazioni dell'assemblea "straordinaria", quorum deliberativo di due terzi del capitale sociale.
Anche se la lettera della norma potrebbe autorizzare interpretazione diversa, sembra invece da escludere che la disposizione abbia applicazione per le s.r.l. con statuto già conforme alle nuove disposizioni, perché costituite dopo il 1° gennaio 2004 o perché, se precedenti, già adeguatesi alla nuova normativa.
Sul tema va rilevato, in via preliminare, che - in caso di adozione, per una srl “nuova” o “già adeguata”, di quorum assembleare legale, cioè voto favorevole di almeno la metà del capitale sociale – il fatto agevolativo sfuma del tutto, perché tale quorum è addirittura inferiore a quello di cui all'art. 223 bis; è tuttavia vero che il legislatore permette ampia libertà nel prevedere variazioni (anche) in aumento del quorum legale, e questa possibilità rende astrattamente proponibile il problema: si pensi al caso di costituzione, nei primi mesi dell’anno 2004, di una società a responsabilità limitata, nel cui statuto sia stato previsto che le modificazioni statutarie siano approvate con il voto favorevole di due terzi del capitale sociale.
Non pare tuttavia che questa società possa essere trasformata ai sensi dell’articolo 223 bis, con compromissione di un potere di blocco voluto dalla minoranza ed alla stessa consentito nel momento stesso in cui i soci aderivano al nuovo modello di società a responsabilità limitata.
Concorrono a questa conclusione anche altre, valide, considerazioni:
- non può essere trascurato che l’articolo 223 bis – nel cui corpo si trova la disposizione in commento – è, nel suo complesso, norma intesa al “traghettamento” verso il nuovo diritto delle società preesistenti, in linea con l’intento del legislatore di rendere più morbido l’impatto di queste con il nuovo diritto;
- l’agevolazione in esame è, come noto, a termine, ed anche questo sembra escludere un indifferenziato favor (cioè allargato alle società a responsabilità limitata già organizzate secondo il nuovo diritto) per l’evoluzione verso il tipo società per azioni.
La più volte richiamata funzione agevolativa della disposizione in esame consente poi di escludere, con buon margine di sicurezza, l'applicabilità del quorum ivi previsto in tutti i casi in cui lo statuto sociale vigente già preveda un quorum, per le deliberazioni di modifica dello statuto, addirittura inferiore (ad esempio "maggioranza che rappresenti almeno il 40% del capitale sociale").
2) Statuto adottabile
Secondo profilo di interesse è quello relativo al contenuto dello statuto che la società a responsabilità limitata può adottare in sede di trasformazione.
Il quesito che occorre porsi è se, con il quorum agevolato previsto nell'articolo 223 bis, comma secondo, possa essere adottato un qualsiasi statuto adeguato al tipo spa, ovvero se il fatto dell'agevolazione implichi l'applicazione di cautele orientate a mantenere, secondo livelli diversamente ipotizzabili, regole statutarie aderenti a quelle che disciplinano la srl trasformanda.
Sembra possibile schematizzare, in proposito, tre ipotesi:
a) il carattere agevolato della procedura obbliga alla formazione di uno statuto di società per azioni il più possibile "prossimo" alla regolamentazione della trasformanda srl; (a titolo di esempio, supponendo che quest'ultima fosse governata da quorum assembleari legali, ne deriverebbe l'adozione di quorum identici - due terzi per straordinaria, maggioranza del capitale sociale per l'ordinaria, con la sola eccezione di quanto non disponibile in materia di società per azioni, cioè approvazione del bilancio e cariche sociali);
b) la possibilità di approdare al tipo spa implica l’adottabilità di un modello organizzativo non necessariamente prossimo alla struttura della trasformanda srl, ma neppure palesemente orientato verso concezioni radicalmente capitalistiche; per semplificare, una tesi di questo genere potrebbe corrispondere alla fruibilità del regolamento delineato dal legislatore in mancanza di diversa indicazione statutaria (sempre a titolo di esempio, e restando legati alla materia del quorum assembleare, sarebbe così adottabile uno statuto che nulla preveda in proposito, ovvero che rinvii espressamente alla legge, ovvero che ne riproduca il contenuto; la conseguenza pratica sarebbe comunque, come è evidente, di riduzione dei precedenti quorum legali della vecchia srl).
c) il carattere agevolato della procedura non costituisce limite alla determinazione del contenuto dello statuto della spa.
La prima tesi mostra la sua debolezza a ragione di un argomento di ordine sistematico. Essa è equivalente, pur nel contesto del passaggio ad altro tipo societario, ad affermare che il quorum agevolato del nuovo secondo comma del 223 bis consentirebbe solo l'adozione delle clausole inderogabili del tipo spa.
Questo risultato è tuttavia consentito - senza il passaggio da un tipo all'altro - già nel terzo comma dello stesso articolo 223 bis, per deliberazione assunta "a maggioranza semplice, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti".
L'argomento sistematico che precede suffraga quindi tesi più liberali, posto che la deliberazione di trasformazione deve essere assunta da una vera maggioranza, e non dal simulacro di "maggioranza" previsto al terzo comma.
Con particolare riferimento all’argomento dei quorum, poi, l’insostenibilità della tesi secondo cui non potrebbe esserci emancipazione dalla regola già vigente per la srl trasformanda ha ulteriore supporto nella norma (art. 2500 ter c.c.) secondo cui la società di persone (per le modifiche dei cui patti sociali è legalmente necessaria unanimità dei consensi ex art. 2252 c.c.) può deliberare la trasformazione in società di capitali (e così anche in società per azioni) “con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili”.
Dunque in questa ipotesi, non transitoria, è pacificamente ammesso che la maggioranza di un gruppo di consociati - normalmente in grado di decidere le modifiche della propria struttura solo all’unanimità – deliberi la trasformazione in ente (la società per azioni) dove il precedente regime decisionale non potrà avere applicazione, per l’incompatibilità della regola unanimistica con il tipo stesso, con ciò restando stabilito che quel gruppo di soci, per decisione di alcuni di essi, passerà ad essere assoggettato ai principi maggioritari propri della spa: circostanza che deve quindi considerarsi ammissibile anche nella situazione in commento.
Se, scartata la prima tesi, può a prima vista apparire equilibrata e prudente l’assunzione di posizione prossima a quanto esposto sub b), una più ponderata valutazione delle sue conseguenze dimostra tuttavia che le buone intenzioni che inviterebbero a supportarla sono in realtà velleitarie.
Pur supponendo l’adozione del regime di default del tipo spa, secondo l’ipotesi esposta sub b), rimarrebbero infatti modificati i quorum assembleari, e definitivamente rimosso il potere di blocco precedentemente esistente; nulla impedirebbe più alla maggioranza di convocare successiva assemblea per l’adozione di qualsiasi regola statutaria; con l’aggravante, per la minoranza, di non potersi avvalere del diritto di recedere, di cui invece gode in occasione della trasformazione.
Appare quindi sostenibile l’ultima delle tesi prospettate, prendendosi dunque atto che – secondo la più probabile ricostruzione – il legislatore considera il recesso valida tutela delle minoranze, con la garanzia della valorizzazione “di mercato” della quota a liquidarsi.
3) L'eventuale adeguamento del capitale sociale
Da un punto di vista procedimentale, assume particolare rilevanza l’eventualità che la trasformanda srl sia capitalizzata per somma inferiore a 120.000 euro.
Sembra corretto ritenere:
a) che l'adeguamento possa avere luogo a titolo gratuito, nel contesto della stessa assemblea di trasformazione, fino a 120.000 euro, ed oltre.
Infatti:
- non è di impedimento all'assunzione contestuale delle due delibere il disposto del nuovo articolo 2436 del c.c., e ciò in conformità a quanto il notariato ha già chiarito; la trasformazione e l’aumento del capitale sociale sono infatti destinate ad assumere efficacia nello stesso momento, e, a scanso di dubbi, potrà eventualmente essere precisato che l’iscrizione al registro Imprese di entrambe le delibere è condizione di efficacia di ciascuna di esse;
- oltrepassare la misura dei 120.000 euro non importa sacrifici delle minoranze; le stesse non sono infatti tenute a versamenti, e neppure possono lamentarsi del maggior vincolo che l'imputazione a capitale impone alle voci di riserva, posto che la delibera di trasformazione consente loro il recesso;
b) che l'adeguamento possa avere luogo a pagamento, nel contesto della stessa assemblea di trasformazione.
La contestualità deve considerarsi ammissibile a ragione di quanto già accennato sub a); esiste tuttavia l'esigenza della sottoscrizione, parimenti contestuale, e del versamento, almeno nel minimo di legge.
Questa esigenza dovrà essere conciliata con il diritto di opzione, e più precisamente con l'eventualità che la minoranza non partecipi alla sottoscrizione dell'aumento in assemblea, perché assente o perché fa riserva di provvedervi nei termini. In caso di necessità (che si verificherà nel caso la sottoscrizione del solo socio di maggioranza non consenta di raggiungere la soglia del minimo legale) sono senz’altro proponibili le note tecniche della integrale sottoscrizione e del versamento a cura del socio di maggioranza, risolutivamente condizionati - per la parte di competenza della minoranza - all'adesione della stessa all'aumento, nel termine previsto.
Un particolare accenno merita il tema del limite massimo dell'aumento a pagamento, tema cui si accompagna quello della eventualità del sovrapprezzo.
La circostanza che la minoranza, ove intenda evitare diluizione della propria partecipazione, sia tenuta a provvedere a nuovi conferimenti, indurrebbe prima facie a ritenere che i 120.000 euro rappresentino (soglia minima e) soglia massima del nuovo capitale complessivo, così da ridurre il peso economico a carico dei soci non consenzienti; stessa argomentazione induce a sconsigliare l'applicazione di sovrapprezzo.
Con riferimento a quello che parrebbe essere il limite (massimo) di 120.000 euro, sono tuttavia valide le argomentazioni prima svolte con riferimento ai contenuti statutari.
In realtà la maggioranza, subito dopo l'efficacia della trasformazione (e così con i nuovi quorum assembleari) potrebbe deliberare nuovo aumento a pagamento. Rispetto a questa seconda delibera la minoranza si troverebbe nuovamente nell'alternativa fra sottoscrivere o subire diluizione, ma non potrebbe più giovarsi del diritto di recedere, di cui invece godrebbe al momento del primo aumento di capitale, perché contestuale alla trasformazione.
Ne deriva che anche con riguardo alla possibilità di aumento eccedente il limite (minimo) di legge non sembra corretto definire, in via generale, un principio di segno negativo.
|