Appunto sopra l'articolo 2501-sexies del codice civile
Appunto sopra l'articolo 2501-sexies del codice civile
di Mario Stella Richter jr
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 939
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano,1998, 5.1., p. 35 ss.
1. L’art. 2501-sexies c.c. prevede: che il progetto di fusione (insieme ad altri documenti analiticamente indicati) resti depositato “in copia nelle sedi delle società partecipanti alla fusione, durante i trenta giorni che precedono l’assemblea” chiamata a deliberare la fusione (comma I); e che i “soci hanno diritto di prendere visione di [quei] documenti e di ottenerne gratuitamente copia” (comma II).
Si chiede se il termine previsto fra il deposito dei documenti presso la sede sociale e la data di convocazione dell’assemblea sia “rinunciabile” dai soci.
Per rispondere al quesito, è opportuno richiamare pure l’art. 2501-bis c.c., nella parte in cui prescrive l’obbligo di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del progetto di fusione (per estratto) almeno un mese prima della data fissata per la deliberazione dell’assemblea, qualora nella operazione siano coinvolte società di capitali nella veste di società incorporanti o fondende. La pubblicazione fatta sulla Gazzetta ufficiale deve menzionare l’avvenuta iscrizione del progetto nel registro delle imprese.
2. La questione potrebbe essere inquadrata in un prospettiva generale, consistente nel chiedersi in che rapporto stiano - nella nuova disciplina della fusione - progetto e deliberazione di approvazione. Ci si potrebbe interrogare circa l’ammissibilità di una deliberazione di fusione che preceda le formalità di pubblicazione del progetto, progetto che allora, a ben vedere, sarà costituito dal contenuto della deliberazione.
In questa ipotesi, la centralità del ruolo del progetto (e dei suoi “naturali” redattori: gli amministratori) declinerebbe a favore della deliberazione (e dei suoi autori: i soci); così come, d’altronde, era prima della riforma.
Tuttavia, è piuttosto sicuro, alla stregua del dato normativo vigente, che una deliberazione che non approvi un progetto (precedentemente “fissato” attraverso un deposito), ma “costituisca” il progetto sia invalida (si cfr., per i riff., lo studio n. 754, Sulla possibilità di stipulare l’atto di fusione in “presenza” di deliberazioni ma in “assenza” di progetto); se ne deduce che questo dovrà sempre precedere quella.
3. Il problema si riduce, allora, alla valutazione della legittimità della “comprimibilità” del termine.
Su di esso ha avuto già modo di esprimere la propria opinione il Tribunale di Milano in una sua “massima” (del 30 settembre 1994), secondo la quale “il termine di trenta giorni che deve precedere l’assemblea nella quale sarà deliberata la fusione è stabilito nell’interesse dei soci ed è derogabile ove sia manifestato il consenso unanime della totalità dei soci stessi” e “pertanto la riunione assembleare può essere convocata per qualunque giorno immediatamente successivo al giorno di pubblicazione del progetto di fusione”.
Si tratta di un orientamento che accoglie l’opinione già espressa in dottrina dal Marchetti (Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, in Riv. notar., 1991, 17 ss., a p. 23), il quale desume la esclusiva pertinenza del termine all’interesse dei soci dal disposto del secondo comma dell’art. 2501-sexies c.c.
A proposito di questa soluzione ha però manifestato perplessità lo Spolidoro (in A. Serra - M.S. Spolidoro, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994, alle pp. 42 e 86); secondo il quale “per effetto del termine del mese ..., i creditori ... legittimati all’opposizione ... godono di un maggior spatium deliberandi quanto all’esercizio del diritto” di opposizione (art. 2503 c.c.), e per il quale, dunque, non si può dire che tale termine sia posto nel solo interesse dei soci, ma viceversa anche in quello dei creditori.
E nel senso della incomprimibilità del termine sembra essersi espresso ufficiosamente anche il Tribunale di Roma.
La previsione (almeno con riguardo alle società di capitali) di una pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del progetto di fusione potrebbe, in effetti, indicare che il legislatore attribuisca alla conoscibilità del progetto un valore che travalica il solo interesse dei soci, e che coinvolge direttamente anche i creditori sociali.
In questa prospettiva, l’unica possibilità data ad una società che abbia la necessità di anticipare la riunione assembleare rispetto al termine fissato dalla legge sembrerebbe, allora, quella di riconnettere alla relativa deliberazione un valore esclusivamente interno e cioè, far decorrere (magari con esplicita menzione) il termine dei due mesi per l’opposizione dei trenta giorni dalla data del deposito (ovvero pubblicazione) del progetto.
4. Tuttavia, si deve considerare che la pubblicazione in Gazzetta avviene solo per estratto, e in ogni caso, non sono conoscibili per i terzi tutti i documenti che devono essere allegati al progetto in occasione del deposito presso il registro delle imprese.
Inoltre - e ciò mi sembra essere decisivo - si consideri: che i creditori sociali sono discriminati, ai fini del diritto di fare opposizione alla operazione di fusione, in ragione della anteriorità o meno del sorgere del credito rispetto alla data di deposito nel registro delle imprese (ovvero pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, nei casi in cui l’obbligo ricorra) del progetto; ma che il termine di due mesi per fare opposizione decorre dal giorno di deposito nel registro delle imprese (ovvero pubblicazione, ove richiesta, nella Gazzetta) della deliberazione (art. 2503 c.c.).
In tale situazione sembra addirittura auspicabile, dal punto di vista dei terzi, che i soci delle società interessate alla fusione acconsentano di ridurre il più possibile (se non anche annullare) lo spazio temporale tra il deposito del progetto e quello della successiva deliberazione: così facendo, infatti, si diminuirà o eliminerà il numero di soggetti che nel venire in contatto con le società interessate alla fusione dovranno valutare l’alternativa di divenire creditori o meno di una entità che potrebbe rimanere sostanzialmente la stessa (se il progetto non fosse approvato), ovvero subire profonde modificazioni strutturali e patrimoniali (se il progetto fosse approvato), senza comunque avere il diritto a fare opposizione; una situazione evidentemente di incertezza, tra l’altro destinata ad aumentare quando si proceda da parte delle società a depositare più progetti di fusione tra loro “alternativi” (si tratterebbe, infatti, dell’unica tecnica a mio avviso praticabile per consentire all’assemblea di scegliere singoli elementi dell’operazione di fusione, non essendo invece possibile modificare in sede di deliberazione assembleare un momento essenziale del progetto: v. meglio la mia nota In tema di modificabilità del progetto di fusione in sede di deliberazione assembleare di approvazione, in Giust. civ., 1993, I, 794 ss., a p. 796).
|