Fusione (e scissione) di società ed ipotesi di non obbligatorietà del deposito dei bilanci degli ultimi tre esercizi ai sensi dell'art. 2501-septies
Fusione (e scissione) di società ed ipotesi di non obbligatorietà del deposito dei bilanci degli ultimi tre esercizi ai sensi dell'art. 2501-septies
di Antonio Ruotolo
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 169-2007/I
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 1/2007, p. 230 ss.
Premessa
L’art. 2501 septies, c.c. (Deposito di atti) dispone che «Devono restare depositati in copia nella sede delle società partecipanti alla fusione, durante i trenta giorni che precedono la decisione in ordine alla fusione, salvo che i soci rinuncino al termine con consenso unanime, e finché la fusione sia decisa:
1) il progetto di fusione con le relazioni indicate negli articoli 2501-quinquies e 2501-sexies;
2) i bilanci degli ultimi tre esercizi delle società partecipanti alla fusione, con le relazioni dei soggetti cui compete l'amministrazione e il controllo contabile(1);
3) le situazioni patrimoniali delle società partecipanti alla fusione redatte a norma dell'articolo 2501-quater.
I soci hanno diritto di prendere visione di questi documenti e di ottenerne gratuitamente copia».
La norma è richiamata anche nella disciplina della scissione (art. 2506-ter, comma 5)
La funzione della norma è chiaramente quella di informazione dei soci, che, attraverso la consultazione di tali documenti , possono evincere i dati essenziali relativi alla divisata operazione e cioè la struttura, la tempistica, la situazione patrimoniale di riferimento delle società interessate, nonché gli elementi per valutare la congruità e la convenienza del rapporto di cambio(2), di guisa che essi possano consapevolmente partecipare alla deliberazione della stessa(3).
In particolare, per quanto riguarda i bilanci, si afferma che deve trattarsi dei bilanci degli ultimi tre esercizi chiusi, già approvati dalle rispettive assemblee, per cui non sarebbero idonei per il deposito semplici progetti di bilancio non ancora sottoposti al vaglio assembleare(4).
Si è altresì precisato che, qualora fra il deposito del progetto e l’assemblea convocata per deliberare la fusione si chiuda l’esercizio e si approvi un nuovo bilancio non è necessario procedere ad una integrazione del deposito, né, qualora si tratti di semplice progetto di bilancio predisposto dagli amministratori ma non ancora sottoposto all’assemblea, far precedere la delibera di fusione dall’approvazione del bilancio(5).
Sebbene non manchi chi sostiene che sia “però opportuno effettuare volontariamente tale integrazione, mentre è doveroso far approvare tale bilancio dell'esercizio scaduto prima della deliberazione di fusione se esso è stato utilizzato per assolvere al disposto dell'art. 2501-quater (bilancio di esercizio in sostituzione della situazione patrimoniale, n.d.r.): qualora, tuttavia, la data di chiusura dell'esercizio sia successiva alla data di riferimento della situazione patrimoniale, il nuovo bilancio potrà esser approvato anche successivamente alla decisione di fusione; ma gli amministratori devono dar notizia all'assemblea del nuovo bilancio come fatto di rilievo successivo alle situazioni patrimoniali prese a base del progetto di fusione e, comunque, illustrare le sostanziali variazioni intervenute dalla data di riferimento di quest'ultime”(6).
È opinione pressoché unanime che nel caso in cui alla fusione partecipino società di nuova costituzione o, comunque, che siano state costituite da meno di tre anni, le società siano rispettivamente esonerate dal deposito dei bilanci(7) o tenute a depositare solo quelli degli ultimi esercizi chiusi(8).
V’è da chiedersi se tale conclusione possa valere anche per ulteriori ipotesi, nelle quali la società partecipante alla fusione non fosse tenuta, nei tre anni che precedono la fusione, alla redazione del bilancio o avesse approvato un documento contabile non conforme alla disciplina dettata dal codice per le società di capitali.
Si possono ipotizzare diverse fattispecie:
a) fusione cui partecipino società semplici o società risultanti da una trasformazione di società semplici;
b) società estere, società che abbiano trasferito la propria sede in Italia da meno di tre anni, fusioni transfrontaliere;
c) società di capitali risultanti da una trasformazione, compiuta da meno di tre anni, da comunione di azienda, associazione, fondazione o consorzio, fusioni eterogenee, imprese sociali .
Qualsiasi valutazione, al riguardo, deve necessariamente confrontarsi con un principio di “continuità” che connota tutte le ipotesi considerate, e che quindi impedisce di applicare automaticamente la soluzione prospettata per le società di nuova costituzione o con meno di tre esercizi.
1. La fusione alla quale partecipa una società semplice
Riguardo all’ipotesi in cui alla fusione partecipi una società semplice, deve rilevarsi come, prima della riforma del diritto societario, la dottrina sembrava essersi assestata su posizioni negative in ordine alla applicabilità della disciplina codicistica della fusione e della scissione.
Le ragioni di tale opinione venivano ricondotte alla disciplina della fusione e della scissione - quale introdotta dal d.lg. 22/1991, in attuazione della Direttiva Comunitaria - che non potrebbe trovare applicazione per le società semplici.
Tale disciplina, infatti, si fonda essenzialmente tutta sulla pubblicità, sia per ciò che concerne le diverse fasi in cui si articola, sia per ciò che riguarda gli atti che vi fanno seguito. In tal senso va ricordato come la legge delega per l’attuazione della Direttiva (legge 69/1990) limitava esplicitamente l’estensione della nuova disciplina delle fusioni e delle scissioni dettata dal legislatore comunitario per le società per azioni soltanto alle altre società aventi per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale e alle società cooperative. E così, in ordine al deposito e all’iscrizione della deliberazione di fusione, l’art. 2502 bis faceva riferimento alle società di capitali (capi V, VI e VII) e alle società sì di persone ma commerciali (capi III e IV), con esclusione, pertanto, proprio della società semplice e ciò in dipendenza della “mancanza di adeguate forme di pubblicità” per quest’ultimo tipo sociale. Essendo, dunque, presupposto imprescindibile per l’attuazione del procedimento di fusione l’iscrizione presso il registro delle imprese, la disciplina della fusione si deve ritenere applicabile alle sole società registrate
Se comuni erano le premesse, la dottrina si mostrava poi divisa in ordine alle conseguenze.
V’è da un lato chi riteneva inammissibile una fusione (omogenea) fra società semplici o una fusione (eterogenea) cui partecipi una società semplice, giacché l’esclusione del tipo società semplice dal novero delle società contemplate dall’art. 2502 bis avrebbe dato luogo ad una impossibilità di partecipare alla fusione(9): si riteneva, pertanto, che la disciplina prevista dal codice esaurisse le fattispecie di fusione e di scissione riconosciute dall’ordinamento.
In questa prospettiva, si affermava poi che la mancanza della pubblicità delle deliberazioni di fusione e delle situazioni patrimoniali impedisse un’efficace tutela dei creditori sociali la cui esigenza dovrebbe ricorrere anche per quelle società per cui non vige una specifica disciplina di tutela del capitale sociale: si riteneva, pertanto, che il trasferimento di tutti i rapporti sociali in capo alla società incorporante o alla società risultante dalla fusione avrebbe potuto dar luogo alla violazione dell’art. 2267 cod. civ., che riconosce ai creditori della società il potere di far valere i loro diritti sul patrimonio sociale, costituito appunto dai conferimenti e dai beni conseguiti nello svolgimento dell’attività sociale(10).
Di diverso avviso altra parte della dottrina che distingueva fra fusioni tipiche (coinvolgenti i tipi sociali contemplati dall’art. 2502 bis e le società cooperative ex art. 2538), e fusioni atipiche, cioè non prese in considerazione dalla legge, fra le quali rientravano appunto le fusioni (e scissioni) omogenee di società semplici e di società irregolari e per queste ultime non ragionava in termini di inammissibilità quanto di inapplicabilità della disciplina prevista dal d.lg. 22/1991(11).
Dal fatto che disciplina codicistica della fusione, sia tutta incentrata sulla pubblicità, questa dottrina non faceva derivare l’inammissibilità della fusione di (o a cui partecipi) una società semplice, ma solo la impossibilità di applicare al relativo procedimento quelle disposizioni, quali appunto l’art. 2502 bis, che presuppongono che la società sia soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese: e queste disposizioni potrebbero essere surrogate da norme coerenti con il tipo società semplice e con strumenti idonei a dar luogo ad una pubblicità di fatto(12).
Un indice della ammissibilità della fusione e della scissione di società semplici era rinvenibile nella normativa tributaria (art. 4 lett. b della tariffa allegata al d.P.R. 131/1986, T.U. Imposta di Registro, il quale menziona fra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, oltre alla fusione e alla scissione di società, anche analoghe operazioni poste in essere da enti diversi, fra i quali vengono espressamente menzionati consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole).
Ammessa dunque, almeno sul piano teorico, la possibilità della fusione di società semplici (o cui partecipino società semplici) il problema si spostava sul piano della disciplina applicabile. Qui l’istituzione di una sezione speciale del registro delle imprese per la società semplice, e la sua regolamentazione anche attraverso il Decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 558, aveva indotto la più recente dottrina a ritenere possibile una pubblicità delle “deliberazioni” modificative del contratto sociale, ivi compresa, dunque, anche quella della deliberazione di fusione e dello stesso atto di fusione. Ma, i sostenitori di questa tesi non mancavano di precisare che a siffatta pubblicità - attuata mediante l’iscrizione nella sezione speciale, e che pure potrebbe avere effetti giuridici di pubblicità dichiarativa - non potesse anche riconoscersi l’efficacia sanante prevista per l’iscrizione dell’atto di fusione nella sezione ordinaria nel registro delle imprese(13).
Il legislatore nel disciplinare il procedimento di fusione all’art. 2502-bis c.c. richiama espressamente il capo II relativo alle società semplici, a differenza del vecchio testo che faceva riferimento solo alle società previste nei capi III e IV(14), con ciò prendendosi atto che le società semplici sono a tutti gli effetti società iscritte (v. art. 2, D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228) e quindi superandosi le precedenti perplessità in ordine alla applicazione della disciplina codicistica della fusione.
Si deve al riguardo precisare come il richiamo effettuato dal secondo comma dell’art. 2502-bis c.c. alla necessità di depositare al registro delle imprese anche i documenti di cui all’art. 2501-septies per le società semplici non può intendersi come integrale, e quindi riferito ai bilanci degli ultimi tre esercizi, perché dette società non sono tenute alla redazione del bilancio di esercizio (art. 2302 c.c.)(15).
2. società che abbiano trasferito la propria sede in Italia da meno di tre anni. Società estere e fusione transfrontaliera.
Per quanto concerne la società estera che abbia trasferito la propria sede in Italia negli ultimi tre anni, è possibile che - specie ove si tratti di società proveniente da un ordinamento extracomunitario - la stessa non fosse soggetta a regole analoghe per la tenuta e la formazione dei bilanci.
Se, infatti, per le società appartenenti a Paesi membri dell'Unione è presumibile riscontrare regole simili, considerato che in materia sono state dettate diverse direttive(16), non altrettanto potrebbe accadere per società provenienti da Stati che non siano soggetti o non abbiano attuato le citate Direttive.
E, tuttavia, salva l’ipotesi di scuola in cui la società non fosse tenuta, secondo l’ordinamento di provenienza, ad alcuna forma di approvazione di un documento contabile rappresentativo della situazione patrimoniale alla fine di ciascun esercizio nonché del risultato economico (utili e perdite) dell’esercizio stesso(17), non sembra potersi escludere l’obbligo di deposito, tenuto conto della funzione informativa che tali documenti rivestono per i soci.
Anche perché è ormai consolidata la tesi secondo la quale la continuità della società trasferita impedisce di equiparare ad una nuova costituzione lo stabilimento della propria sede in Italia(18), non trovando, di conseguenza, applicazione le conclusioni formulate dalla dottrina sulla insussistenza dell’obbligo di deposito per le società di nuova costituzione o che siano state costituite da meno di tre anni.
Potrebbe, peraltro accadere che il bilancio di esercizio (o il documento contabile che abbia quelle caratteristiche minime sopra descritte) non sia accompagnato dalle relazioni degli organi amministrativi e di controllo: in tal caso l’omesso deposito delle relazioni appare giustificato per non esservi la società obbligata al tempo in cui fu approvato il bilancio.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi laddove alla fusione partecipi una società estera (che non ha trasferito la sede in Italia).
Deve al riguardo segnalarsi come allo stato sia in procinto di esser pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/56/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2005, concernente le fusioni transfrontaliere delle società di capitali(19), il cui ambito di applicazione riguarda le fusioni realizzate tra una o più società italiane ed una o più società di altro Stato membro dalla quale risulti una società italiana o di altro Stato membro, nonché le fusioni transfrontaliere alle quali partecipino società diverse dalle società di capitali o società che non abbiano nell'Unione europea né la sede statutaria, né l'amministrazione centrale, né il centro di attività principale, purché l'applicazione della disciplina di recepimento della direttiva 2005/56/CE a tali fusioni transfrontaliere sia parimenti prevista dalla legge applicabile a ciascuna delle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione medesima (art. 2).
Lo schema di decreto prevede espressamente che, salvo quanto ivi espressamente disposto, si applica la disciplina codicistica della fusione. Tuttavia, nel caso di conflitto con le norme applicabili alle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione transfrontaliera è data prevalenza alla legge applicabile alla società risultante dalla fusione medesima (art. 4).
Quanto alla disciplina del progetto di fusione transfrontaliera, lo schema di decreto prevede che dallo stesso debbano risultare “le informazioni di cui all'articolo 2501-ter, primo comma, del codice civile”, nonché a) la forma, la denominazione e la sede statutaria della società risultante dalla fusione transfrontaliera oltre che la legge regolatrice di questa e di ciascuna delle società partecipanti alla fusione transfrontaliera; b) ogni modalità particolare relativa al diritto di partecipazione agli utili; c) i vantaggi eventualmente proposti a favore degli esperti che esaminano il progetto di fusione transfrontaliera e dei membri degli organi di controllo delle società partecipanti alla fusione transfrontaliera ; d) qualora ricorrano i presupposti di cui all'articolo 19, comma 1, (cioè almeno una delle società, nei sei mesi anteriori alla pubblicazione del progetto, abbia un numero medio di lavoratori superiore a 500 unità e sia gestita in regime di partecipazione dei lavoratori., n.d.r.) le informazioni sulle procedure di coinvolgimento dei lavoratori nella definizione dei loro diritti di partecipazione nella società risultante dalla fusione transfrontaliera; e) le probabili ripercussioni della fusione transfrontaliera sull'occupazione; f) le informazioni sugli elementi patrimoniali attivi e passivi che sono trasferiti alla società risultante dalla fusione transfrontaliera; g) la data cui si riferisce la situazione patrimoniale o il bilancio di ciascuna delle società partecipanti alla fusione transfrontaliera utilizzati per definire le condizioni della fusione transfrontaliera; h) se del caso, le ulteriori informazioni la cui inclusione nel progetto comune è prevista dalla legge applicabile alle . società partecipanti alla fusione transfrontaliera; i) la data di efficacia della fusione transfrontaliera o i criteri per la sua determinazione”.
L’applicazione della norma sul deposito degli atti (e, quindi, anche dei bilanci degli ultimi tre esercizi) è ribadita dall’art. 8 dello schema di decreto, che disciplina la relazione dell’organo amministrativo, la quale deve illustrare le conseguenze della fusione transfrontaliera per i soci, i creditori e i lavoratori.
Il comma 2 dell’art. 8, infatti, prevede che “2. Salvo quanto disposto dall'articolo 2501-septies del codice civile e dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n . 428, la relazione è inviata ai rappresentanti dei lavoratori o, in assenza di questi, messa a disposizione dei lavoratori stessi almeno trenta giorni prima della data dell'assemblea convocata per deliberare la fusione”.
Per le fusioni non rientranti nell’ambito di applicazione del decreto, quindi, trova applicazione l’art. 25, comma 3 della legge 31 maggio 1995, n . 218 recante la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, che riconosce efficacia alle fusioni internazionali soltanto se poste in essere in conformità delle leggi degli Stati coinvolti, con conseguente applicabilità, anche in tal caso, dell’art. 2501-septies c.c.
3. Società di capitali risultanti da una trasformazione, compiuta da meno di tre anni, da comunione di azienda, associazione, fondazione o consorzio. Fusioni eterogenee. La disciplina dell’impresa sociale.
Anche per la trasformazione eterogenea in società di capitali ex art. 2500-octies c.c., vale il principio di continuità (ex art. 2498 c.c.), peraltro variamente ricostruibile a seconda della fattispecie oggetto della trasformazione.
È di tutta evidenza come, nelle ipotesi prese in considerazione dal legislatore - eccettuate le società consortili, le quali sono soggette alle ordinarie regole delle società capitalistiche per la redazione dei bilanci – è ben difficile che i soggetti o le “entità” interessate dalla trasformazione abbiano redatto bilanci secondo i dettami degli artt. 2423 ss., c.c.
Quanto alle fondazioni ed alle associazioni, l'art. 20 c.c. impone agli amministratori di convocare l'assemblea degli associati almeno una volta l’anno per l'approvazione del bilancio da cui emerge la situazione patrimoniale dell'ente, peraltro tenuto alla contabilità laddove svolga attività commerciale (art. 2214 c.c.).
Ebbene, tale riferimento, comporta che, sebbene eventualmente non redatti secondo le regole dettate per le società di capitali(20), i bilanci di esercizio approvati debbano esser depositati presso le sedi delle società ai sensi dell’art. 2501-septies c.c., stante, comunque, la loro valenza informativa.
Quanto ai consorzi, occorre distinguere, perché per i consorzi con attività esterna l’art. 2615 bis c.c. prevede che “entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale le persone che hanno la direzione del consorzio redigono la situazione patrimoniale osservando le norme relative al bilancio di esercizio delle società per azioni e la depositano presso l'ufficio del registro delle imprese”(21).
Pertanto, nel caso in cui alla fusione partecipi una società risultante dalla trasformazione di un consorzio con attività esterna, si dovranno depositare i bilanci del consorzio, accompagnati, dato il richiamo testuale, dalle relazioni degli organi di amministrazione e controllo.
Nessuna disposizione specifica è invece dettata per i consorzi privi di rilevanza esterna, considerata peraltro la loro natura di contratti plurilaterali con comunione di scopo, non riconducibile, a differenza dei consorzi esterni, alla categoria dei contratti associativi in senso stretto, e che sono privi di soggettività giuridica e di autonomia patrimoniale.
È, quindi, possibile, che il consorzio interno, stante la natura del contratto, non predisponga e faccia approvare dai consorziati un “bilancio di esercizio”.
È evidente che, in questo caso, varranno le considerazioni svolte con riguardo alle società di nuova costituzione (stante, peraltro, la mancanza di soggettività in capo al consorzio, che permette di ridimensionare se non di escludere il profilo soggettivo della continuità fra consorzio e società risultante dalla sua trasformazione).
Analoghe considerazioni possono esser svolte per la trasformazione di comunione di azienda (in cui la continuità sembrerebbe riguardare esclusivamente l'organismo produttivo, evitando la disgregazione del patrimonio aziendale).
Vero è che l’azienda, in sé considerata, presuppone la sua astratta destinabilità all’attività di impresa.
E che per l’impresa (commerciale) trova applicazione l’art. 2217 c.c., per il quale l’imprenditore è tenuto alla redazione annuale dell’inventario che deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa, nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee alla medesima, che si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Ed ancora che nelle valutazioni di bilancio l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
Ma è proprio la natura statica e non dinamica della contitolarità nell’azienda (giacché diversamente si avrebbe una società) che in definitiva esclude la sussistenza di una continuità soggettiva fra impresa trasformanda (che non c’è, perché c’è solo l’azienda) e impresa risultante dalla trasformazione (la società), che consente agevolmente di ritenere applicabili le soluzioni prospettate per la società di nuova costituzione.
Sembra, peraltro, difficile ipotizzare una rilevanza del bilancio dell’impresa cessata (che si dà qui per presupposta) quale parametro di riferimento per le valutazioni dei soci delle società partecipanti in ordine alla fusione.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi nelle varie fattispecie ipotizzabili di fusione c.d. eterogenea.
La fusione eterogenea è un’operazione complessa - modifica statutaria dei soggetti coinvolti insieme ad un mutamento della causa del soggetto incorporato – che tuttavia è, secondo la dottrina più attenta al fenomeno, realizzabile in un unico contesto(22), traendosi lo spunto anche dalla disciplina tributaria (art. 174 T.U.I.R., per il quale le norme fiscali in materia di fusione “valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di fusione e scissione di enti diversi dalle società”) e da quella sull’impresa sociale (D.lgs. 24 marzo 2006, n. 155: v. art. 1 secondo cui sono impresa sociale tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale, e che hanno i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 del presente decreto; art. 13, secondo cui per le organizzazioni che esercitano un’impresa sociale, la trasformazione, la fusione e la scissione devono essere realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro di cui all’articolo 3 dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere).
Si ritiene, quindi, in generale possibile applicare l’istituto della fusione ad enti non societari (con applicazione diretta e non analogica della disciplina) anche se tutta l’operazione sia condotta in modo unitario e contestuale, purché trovino nel contempo applicazione, per quanto possibile e nei limiti della compatibilità, sia le norme sulla trasformazione eterogenea sia quelle sulla fusione(23).
L’art. 2501-septies troverà quindi applicazione nelle stesse ipotesi sopra indicate relativamente alla fusione con società che sia la risultante di una trasformazione eterogenea.
Resta da esaminare la citata disciplina dell’impresa sociale, recentissimamente integrata con i decreti del Ministero della Solidarietà Sociale, entrambi di data 24 gennaio 2008, recanti rispettivamente Adozione delle linee guida per la redazione del bilancio sociale da parte dell'organizzazione che esercitano l'impresa sociale, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155 e Adozione delle linee guida per le operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione d'azienda, poste in essere da organizzazioni che esercitano l'impresa sociale, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155.
L’art. 10 del D.lgs. 155 del 2006, prevede, infatti, che l'organizzazione che esercita l'impresa sociale deve, in ogni caso, tenere il libro giornale e il libro degli inventari, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile, nonché redigere e depositare presso il registro delle imprese un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell'impresa; essa è inoltre tenuta a redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio sociale, il cui contenuto è appunto precisato dal D.M. 24 gennaio 2008.
Quanto, invece, al procedimento di fusione - che ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 155 del 2006 deve essere realizzata in modo da preservare l'assenza di scopo di lucro del soggetto dalla stessa risultante - il punto 2 dell’allegato al D.M. 24 gennaio 2008 dispone che "alle operazioni di trasformazione, fusione e scissione si applicano, a seconda del caso di specie, le disposizioni di cui agli articoli da 2498 a 2506-quater del codice civile” precisando altresì che “nell'applicare la normativa civilistica si ha riguardo alla particolare natura dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale. Nei casi di operazioni straordinarie poste in essere da soggetti per i quali la normativa civilistica richieda la predisposizione di particolari documenti con contenuto informativo obbligatorio, è necessario adattare le informazioni richieste alla particolare natura dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale”.
In conclusione, con riguardo alle fusioni (eterogenee o meno) che interessino l’impresa sociale sembra potersi affermare la piena applicazione dell’art. 2501-septies, c.c., trattandosi di soggetto tenuto alla redazione (ed al deposito) del bilancio, con le caratteristiche previste dal D.M. 24 gennaio 2008, e per il quale la norma sul deposito dei tre bilanci è espressamente richiamata.
(1) Le relazioni degli amministratori e del collegio sindacale e l'eventuale relazione di certificazione, nell’art. 2501-sexies, c.c. ante riforma).
(2) Clerici, sub art. 2501-septies, in Trasformazione – Fusione – Scissione, a cura di L.A. Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti – L.A. Bianchi – M. Notari, Milano, 2006, 622.
(3) Spolidoro, in Serra - Spolidoro Fusioni e scissioni di società (Commento al d.lg. 16 gennaio 1991, n. 22), Torino, 1994, 84; Pettarin, Acquisizione, fusione e scissione di società, Milano, 1992, 119.
(4) Clerici, sub art. 2501-septies, cit., 623; Marchetti, Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, in Riv. Not., 1991, 31; Magliulo, La fusione delle società, Milano, 2005, 157; Salvato, Le operazioni di fusione e scissione delle società, in Manuale di volontaria giurisdizione , a cura di Salafia, Milano, 1999, 626.
(5) Clerici, sub art. 2501-septies, cit., 623; Marchetti, Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, in Riv. Not., 1991, 31; .
(6) Così Santagata, Le fusioni, in Tratt. Colombo-Portale , 7**1, Torino, 2004, 385 s.
(7) Clerici, sub art. 2501-septies, cit., 623; Spolidoro, Fusioni e scissioni di società, cit., 84.
(8) Magliulo, La fusione delle società, cit., 158; Santagata, Le fusioni, cit., 384; Salvato, Le operazioni di fusione e scissione delle società, cit., 626; Trib. Milano, 3 settembre 1990, in Giur. It., IV, 1991, 516.
(9) Oppo, Fusione e scissione delle società secondo il d.lg. 1991, n. 22, in Riv. Dir. civ., 1991, II, 502 ss.; Sbordone, La fusione delle società: adeguamento all’Europa, in Vita Not., 1991, 343; Paciello, Contributo allo studio della trasformazione e della fusione eterogenea, Napoli, 1991, 16; Marasà, Nuovi confini delle trasformazioni e delle fusioni nei contratti associativi, in Riv. Dir. civ., 1994, II, 311 ss.
(10) Così Santagata, Fusione fra società, Padova, 1964, 386.
(11) Serra - Spolidoro, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994, 2 ss.; ritenevano ammissibile la fusione fra società semplici o irregolari o a cui esse vi partecipino, fra gli altri, Ferrara – Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 1994, 881, Simonetto, Delle società -Libro V - Art. 2498-2510 in Comm. Scialoja - Branca, Bologna – Roma, 1976, 104; Tantini, Trasformazione e fusione delle società, Padova, 1985, 323; Serra, La trasformazione e la fusione delle società, in Tratt. Rescigno, 17, Torino, 1985, 346; Marchetti, Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, in Riv. Not., 1991, 18; Morano – Zini, La nuova disciplina delle fusioni, in Società, 1991, 910 ss. e, da ultimo, Cagnasso, La società semplice, Torino, 1998, 90 ss.; in giurisprudenza, prima della attuazione della Direttiva comunitaria, Cass. 11 gennaio 1989, n. 58, in Giur. Comm., 1991, II, 268.
(12) In tal senso Serra – spolidoro, Fusioni e scissioni di società, cit., 10 e Marchetti, Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, cit., 18
(13) Cagnasso La società semplice, cit., 91 – 92
(14) In dottrina, dopo la riforma, Atlante, La fusione, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi sulla riforma del diritto societario, Milano, 2004, 485; Scognamiglio, Le fusioni e le scissioni “semplificate” nella riforma del diritto societario, in Riv. Not., 2003, 891; Cagnasso, sub art. 2502 e 2502-bis, in Il nuovo diritto societario. Commentario diretto da Cottino, Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, 2004, 2335; Magliulo, La fusione delle società, cit., 217; Zampaglione, Sulla forma delle decisioni dei soci di società di persone aventi ad oggetto la fusione/scissione tra società di persone e società di capitali, in Studi e Materiali, 2007, 154 ss.
(15) Così Magliulo, La fusione delle società, cit., 220.
(16) Direttiva Consiglio C.E 09 marzo 1968, n. 68/151/CEE Prima Direttiva del Consiglio del 9 marzo 1968 (68/151/CEE) intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 48, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi , Attuata con DPR 29 dicembre 1969, n. 1127; Direttiva Consiglio C.E 25 luglio 1978, n. 78/660/CEE Quarta Direttiva del Consiglio del 25 luglio 1978 (78/660/CEE) basata sull'art. 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società Attuata con D.Lgs 9 aprile1991, n. 127; Direttiva Consiglio C.E 13 giugno 1983, n. 83/349/CEE Settima Direttiva del Consiglio del 13 giugno 1983 (83/349/CEE) basata sull'art. 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa ai conti consolidati Attuata con D.Lgs 9 aprile 1991, n. 127 e con D.Lgs 30 dicembre1992, n. 526; Direttiva Consiglio C.E 21 dicembre 1989, n. 89/666/CEE Undicesima Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1989 (89/666/CEE) relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato, Attuata con D.Lgs 29 dicembre 1992, n. 516.
(17) Si è utilizzata la nozione di bilancio secondo Campobasso, Diritto commerciale, 2., Le società, Torino, 2006, 447.
(18) Sul punto, Ramondelli, In tema di nullità della società: l'art. 2505 c.c. ed i requisiti di validità dell'atto costitutivo (In particolare: la forma dell'atto costitutivo e deposito dei tre decimi) , in Temi Romana , 1982, 60 ss. Trib. Pordenone, decr. 28 settembre 1990, in Foro padano, 1991, I, 187 ss.
(19) Sul tema delle fusioni transfrontaliere, recentemente, Rescio, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione: riflessioni sulla direttiva 2005/56/ce in materia di fusione transfrontaliera, in Studi e Materiali, 2007, 399 ss.
(20) Per le fondazioni bancarie, una specifica disciplina è dettata dal .D.lgs. 17 maggio 1999, n. 153 (artt. 8 e 9).
(21) Invero si discute se il riferimento alla “la situazione patrimoniale” e non anche al conto economico e alla nota integrativa esaurisca il bilancio del consorzio con attività esterna ad un inventario delle attività e delle passività (nel senso della non necessità del conto economico, Trib. Napoli, 25 marzo 1991, in Società, 1991, 1241 e, in dottrina, Lucantoni, L'obbligo di redazione e deposito della "situazione patrimoniale" nei consorzi con attività esterna (art. 2615-bis c.c.), in Giur. comm., 2004, 433 ss. Sembra, tuttavia, preferibile l’opposta tesi che fa leva sia sul rinvio integrale alla disciplina dettata per il bilancio d’esercizio, sia sul fatto che, essendo il consorzio (in tal senso, Sarale, Consorzi e società consortili, in Cottino - Weigmann - Sarale, Società di persone e consorzi , Padova, 2004, 537 s.).
(22) Magliulo, La fusione eterogenea in cui intervengono enti non profit, in La nuova disciplina della associazioni e delle fondazioni. Riforma del diritto societario e enti non profit, Padova, 2007, 73 ss., spec. 80 s.; per ulteriori profili, Fusaro, Trasformazioni e fusioni fra enti non profit, ibidem, 133 ss.
(23) Ancora Magliulo, La fusione eterogenea in cui intervengono enti non profit, 81, con ampia bibliografia in nt. 11. Sul punto anche la Massima n. 52 del Consiglio Notarile di Milano, secondo cui è legittima la combinazione del procedimento di fusione (o scissione) con quello di trasformazione eterogenea a condizione che, nell’ambito del procedimento complesso che in tal modo si pone in essere, sia verificata la ricorrenza dei presupposti e sia data puntuale esecuzione agli adempimenti pubblicitari stabiliti tanto per la trasformazione quanto per la fusione (o scissione). In senso contrario, tuttavia, a causa dell’impossibilità di effettuare gli adempimenti pubblicitari previsti per la fusione, Marasà, Spunti sulla nuova disciplina di trasformazioni e fusioni, in Giur. Comm., 2004, I, 789 e s. nonché Santagata, Le fusioni , in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 2004, 100, secondo cui quando la fusione coinvolga una struttura non societaria ed una societaria, la partecipazione al procedimento di quest’ultima determinerebbe la necessità dell’integrale applicazione degli artt. 2501 e ss. per tutti gli enti coinvolti nella fusione. Ne conseguirebbe che la fusione risulterebbe nel caso di specie preclusa proprio a causa dell’impossibilità di osservare gli adempimenti pubblicitari in relazione agli enti non societari.
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