Giurisprudenza - Il nuovo diritto fallimentare e il ruolo del notaio
Giurisprudenza
Cassazione, sentenza 28 maggio 2008, n. 13996, sez. I civile massimata CED Cassazione
Nel caso in cui un immobile di proprietà del fallito, ipotecato a garanzia di un mutuo fondiario, sia stato oggetto di vendita a favore di un terzo, il potere, riconosciuto all'istituto di credito fondiario dall'art. 42 del r.d. n. 645 del 1905 (sostituito dall'art. 41 del d.lgs. n. 385 del 1993, ma applicabile nella specie "ratione temporis"), di iniziare o proseguire l'azione esecutiva individuale anche in costanza di fallimento, ovvero d'intervenire nell'esecuzione forzata promossa da altri, e di conseguire l'assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata, senza obbligo di rimetterla al curatore, con il solo onere di insinuarsi al passivo della procedura fallimentare per consentire la graduazione dei crediti, esclude l'esperibilità dell'azione revocatoria fallimentare al fine di ottenere la dichiarazione d'inefficacia della compravendita nei confronti della massa dei creditori, venendo in tal caso meno uno dei presupposti dell'azione, costituito dall'impossibilità di assoggettare direttamente il bene all'esecuzione concorsuale, in quanto, ponendosi la vendita del bene nell'ambito dell'esecuzione individuale come alternativa a quella nell'ambito della procedura fallimentare, il curatore deve limitarsi a chiedere il versamento della somma assegnata all'istituto, qualora quest'ultimo non abbia chiesto l'ammissione al passivo o il suo credito risulti incapiente, e non può neppure pretendere dal terzo acquirente la differenza tra il valore del bene e l'importo eventualmente inferiore ricavato dalla vendita forzata.
Cassazione, sentenza 9 aprile 2008, n. 9177, sez. Icivile massimata CED Cassazione
In tema di azione revocatoria fallimentare esercitata nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, quale disciplinata dal d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in legge 3 marzo 1979, n. 95, la decorrenza del periodo sospetto coincide con la data della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza e non con quella, successiva, del d.m. che apre la procedura, in quanto il principio stabilito dall'art. 203 legge fall. per la liquidazione coatta amministrativa e richiamato dall'art. 1 della predetta legge n. 95 del 1995 - secondo cui si deve avere riguardo alla data del provvedimento che ordina la liquidazione - non innova sul punto della decorrenza del periodo sospetto, la cui individuazione si deve perciò connettere al momento significativo posto dalla legge fallimentare a base dell'azione, cioè alla dichiarazione di insolvenza; il principio di decorrenza a ritroso del periodo sospetto, collocandosi nel solco del medesimo indirizzo interpretativo dell'art. 203 legge fall., ha altresì trovato conferma nell'art. 49 del d.lgs. n. 270 del 1999, con riguardo alla novellata amministrazione straordinaria.
Cassazione, sentenza 15 febbraio 2008, n. 3781, sez. I civilemassimata CED Cassazione
In tema di prova contraria della conoscenza dello stato di insolvenza, presunta nella revocatoria fallimentare ex art. 67, primo comma, n.1, legge fall., la certezza della sua esclusione esige, anche mediante il ricorso a presunzioni, concreti collegamenti tra il convenuto e i sintomi conoscibili, per una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza,del predetto stato; ne consegue che va attribuito rilievo alla contiguità territoriale del luogo in cui opera l'impresa, alla occasionalità ovvero alla continuità dei rapporti commerciali con essa ed alla loro importanza, all'epoca dell'atto rispetto alla dichiarazione di fallimento. (Principio affermato dalla S.C. che, confermando sul punto la sentenza impugnata, ha ritenuto provata la "inscientia decoctionis" degli acquirenti di bene immobile, convenuti per pretesa sproporzione del prezzo, essendo stato accertato che avevano ancora residenza ed attività lavorativa in località diversa pur essendo in procinto di trasferirsi nella medesima area in cui era situato il bene, erano ricorsi ad agenzia immobiliare per l'acquisto così contattando prima la promissaria acquirente e poi la società venditrice successivamente fallita, quest'ultima non aveva all'epoca protesti, l'atto era stato perfezionato un anno e mezzo prima del fallimento, tutte circostanze che non apparivano sintomi rivelatori dell'insolvenza).
Cassazione, sentenza 29 gennaio 2008, n. 2005, sez. I civile, massimata CED Cassazione
In tema di revocatoria di atto di compravendita immobiliare preceduto dalla stipula di un contratto preliminare, l'accertamento dell'elemento oggettivo, tra i presupposti dell'azione promossa ai sensi dell'art. 67, secondo comma, legge fall., deve essere condotto con riferimento alla data della conclusione del contratto definitivo, il quale determina l'effettivo passaggio della proprietà e con riguardo alla persona del proprietario venditore, benchè diverso dal promittente la vendita.
Cassazione, sentenza 28 gennaio 2008, n. 1759, sez. I civilemassimata CED Cassazione
In tema di eccezione di simulazione di prezzo opposta dall'acquirente di bene immobile al curatore del fallimento del venditore che agisce, ai sensi dell'art. 67, n. 1, legge fall., per la dichiarazione di inefficacia dell'atto, spetta al convenuto l'onere di provare, sulla base di un documento di data certa anteriore al fallimento ex art. 2704 cod. civ., il versamento del maggior prezzo dissimulato e poi il collegamento di tale versamento con il contratto revocabile; ne consegue, per il caso in cui la prova documentale della simulazione relativa sia data da una serie di documenti tra loro ricollegabili, che ciascuno di essi, secondo il regime probatorio suo proprio, deve avere data certa anteriore al fallimento.
(Applicando tale principio, la S.C. ha parzialmente riformato la sentenza di merito, che aveva ritenuto provata la simulazione di una parte del prezzo dalla prova per testi, ammessa oltre i limiti dell'art. 2722 cod. civ. ed al fine di dimostrare la causale del rilascio di cambiali, cui era stato però negato il predetto requisito della data certa).
Cassazione, sentenza 17 gennaio 2008, n. 893, sez. I civile massimata CED Cassazione
Nel caso di contestuale proposizione da parte del curatore fallimentare di azione revocatoria ex art. 67 legge fall. avente ad oggetto la concessione di ipoteca iscritta contro il debitore prima della sua ammissione alla procedura di concordato preventivo e, come conseguenza della dedotta inefficacia delle ipoteche, di domanda di inefficacia dei pagamenti eseguiti al creditore ipotecario nel corso del concordato poi risolto, alla dichiarazione di inefficacia dell'ipoteca segue l'accoglimento della domanda di restituzione dei pagamenti, ancorché questi siano stati autorizzati dal giudice delegato, poiché tale domanda non rientra nella previsione di cui all'art. 67 legge fall., ma va ricondotta all'art. 2033 cod. civ.. (Sulla base di tale distinzione la S.C. ha escluso che, nella specie, si ponessero sia la questione dell'applicazione analogica al concordato preventivo dell'art. 140, comma 3, legge fall., il quale esonera i creditori dall'obbligo di restituire quanto hanno già riscosso in adempimento del concordato fallimentare risolto, sia della assoggettabilità a revocatoria degli atti compiuti nel corso della procedura di concordato preventivo).
Cassazione, sentenza 7 gennaio 2008, n. 33, sez. I civile in Fallimento, 2008, 767, con nota di FINARDI
La facoltà del curatore fallimentare di sciogliersi dal contratto preliminare di vendita stipulato dal fallito e non ancora eseguito, ai sensi dell'art. 72, quarto comma, legge fall., può essere esercitata fino all'avvenuto trasferimento del bene, ossia fino all'esecuzione del contratto preliminare attraverso la stipula di quello definitivo ovvero fino al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., resa in difetto di adempimento del preliminare, e dunque anche nel giudizio di appello; il limite alla proponibilità delle eccezioni in senso proprio, previsto dall'art. 345 cod. proc. civ., non assume infatti rilevanza rispetto al compimento del predetto atto, il quale costituisce esercizio di un diritto potestativo di carattere sostanziale e manifestazione di una scelta discrezionale spettante al curatore, che opera direttamente sul contratto e può essere effettuata mediante dichiarazione nella comparsa di costituzione o in altro scritto difensivo, come la comparsa conclusionale o atto del procuratore, anche non sottoscritto dal curatore e la cui sussistenza è rilevabile d'ufficio ai fini della decisione.
Cassazione, 11 maggio 2007, n. 10925, sez I civile, in Fallimento, 2007, 1163 con nota TRENTINI
È inammissibile il reclamo ai sensi dell'art. 26 l. fall. proposto avverso atto del notaio delegato alla vendita di immobili, ai sensi dell'art. 591 bis c.p.c., dal giudice delegato al fallimento, atteso che il rimedio in questione è consentito esclusivamente avverso atti del predetto giudice, al quale, peraltro, l'interessato può rivolgere reclamo ai sensi dell'art. 591 ter c.p.c. avverso gli atti del notaio e, quindi, eventualmente reclamare, ai sensi dell'art. 26 cit., avverso il provvedimento in tale sede emesso dal giudice.
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