Osservazioni in merito alla tassazione del contratto preliminare per persona da nominare (nell'imposta di registro e nell'iva)
Osservazioni in merito alla tassazione del contratto preliminare per persona da nominare (nell'imposta di registro e nell'iva)
di Thomas Tassani
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 32-2007/T
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 1/2008, p. 219

Premessa

Giurisprudenza e dottrina civilistiche ammettono pacificamente l’apposizione, nel contratto preliminare, della riserva di nomina,(1) clausola che può essere riferita, in linea tendenziale, a qualsiasi schema contrattuale.(2)
La disciplina del preliminare per persona da nominare si ricava, combinando le norme di cui agli artt. 1351 e 2932 c.c. con quelle di cui agli artt. 1401 ss. c.c.
A fronte dell’efficacia solo obbligatoria del contratto preliminare, da cui deriva l’assunzione dell’obbligo di concludere un nuovo contratto, di cui è predetermino il contenuto, la riserva di nomina consente allo stipulante di riservarsi, nei confronti dell’altro contraente (promittente), la facoltà di nominare successivamente un soggetto diverso nei cui confronti faranno capo i diritti e le obbligazioni nascenti dallo stesso contratto preliminare con effetto ex tunc (ossia, dalla data della stipulazione).
Appare opportuno concentrare l’attenzione sul trattamento tributario del contratto preliminare per persona da nominare, ai fini dell’imposta di registro e dell’I.v.a., in considerazione della ampia diffusione, specie nelle compravendite immobiliare (ed anche per la trascrivibilità del preliminare stipulato per atto notarile, legge n. 30/97), di tale opzione negoziale nella pratica.
Le diverse questioni interpretative, alcune delle quali ancora “aperte”, nascono, come lucidamente messo in luce (3) , dalla complessità della struttura fondamentale del preliminare – definitivo, composta dalle (almeno) due fasi distinte della conclusione dell’affare, da un lato, e della produzione degli effetti, anche reali, dall’altro. In questa prospettiva, la riserva di nomina costituisce una ulteriore vicenda in grado di incidere sugli esiti ultimi del regolamento negoziale, in quanto riferito ad un soggetto differente rispetto a quello che ha concluso il preliminare.

1. Imposta di Registro

1.1. La tassazione del contratto preliminare e la riserva di nomina
La disciplina normativa assoggetta il contratto preliminare all’imposta in misura fissa, in questo modo apprezzando la portata del contratto stesso quale “programma contrattuale” (4) e, quindi, l’effetto scissorio della sequenza tipica preliminare-definitivo. (5)
Se, in questo modo, sorge l’esigenza di distinguere, nelle singole fattispecie, il contratto preliminare da quelle ipotesi in cui il contratto definitivo si è in realtà già perfezionato ma le parti si impegnano a ritrovarsi per riprodurre il contratto in un documento avente la forma necessaria (atto pubblico o scrittura privata autenticata) per la formalità della trascrizione, (6) la soluzione normativa si pone in termini coerenti con il precetto costituzionale dell’art. 53 Cost., non potendo la portata meramente obbligatoria del preliminare costituire un valido indice di capacità contributiva. (7)
L’art. 10, Tariffa allegata Dpr 131/1986, dispone l’applicazione dell’imposta fissa (attualmente, 168 Euro), ai “contratti preliminari di ogni specie”, mentre la Nota all’articolo prevede l’imposizione proporzionale nelle ipotesi in cui il contratto preveda la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria o il pagamento di acconti di prezzo non soggetti ad Iva. (8)
Nel primo caso, si applicherà l’art. 6 della Tariffa e, quindi, l’aliquota dello 0,50%. Nel secondo caso, l’art. 10 richiama l’art. 9 della Tariffa e l’imposizione proporzionale del 3%. (9)
Avremo modo successivamente di soffermarci sulla natura di tali specifiche pattuizioni nella ricostruzione del trattamento impositivo del contratto preliminare. Per ora, basti sottolineare come la norma riconosca una portata “anticipatoria” alle previsioni di acconti e caparre confirmatorie rispetto al [futuro] contratto definitivo, disponendo che l’imposta proporzionale “è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.
Non pare vi possano essere problemi, a livello interpretativo, nell’applicare il trattamento impositivo appena descritto anche alle ipotesi in cui il contratto preliminare preveda la clausola della riserva di nomina e la nomina sia effettuata prima del contratto definitivo (10) . E quindi, conseguentemente, il contratto definitivo sia stipulato da soggetti differenti da quelli che hanno partecipato al preliminare.
A prescindere da altre considerazioni, è sufficiente notare come gli effetti della dichiarazione di nomina retroagiscano, ai sensi dell’art. 1404 c.c., al momento in cui il contratto è stato stipulato. Con la conseguenza che è il soggetto nominato che acquista “i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto”. (11)
Quindi non solo rimane ferma la tassazione in misura fissa del contratto preliminare ma, altresì, l’imposta proporzionale versata in relazione ad acconti e caparre confirmatorie potrà essere scomputata dall’imposta dovuta sul contratto definitivo.
La dichiarazione di nomina e gli effetti che le sono propri consentono, dunque, di affermare che non vi è nessuna alterazione nella normale sequenza negoziale preliminare-definitivo.

1.2. Le modalità di tassazione della dichiarazione di nomina ex art. 32 Dpr 131/1986
L’art. 32, Dpr 131/86 dispone l’assoggettamento ad imposta fissa di registro per la dichiarazione di nomina della persona “per la quale un atto è stato in tutto o in parte stipulato”, a condizione che la facoltà di nomina:
- derivi dalla legge o da espressa riserva contenuta nell’atto cui la dichiarazione si riferisce;
- sia esercitata entro tre giorni dalla data dell’atto, “mediante atto pubblico ovvero mediante scrittura privata autenticata o presentata per la registrazione entro il termine stesso”.
Nell’ipotesi in cui la dichiarazione di nomina sia effettuata nello stesso atto o contratto che contiene la riserva, non è dovuta alcuna specifica imposta.
In ogni altro caso, per la dichiarazione di nomina è dovuta l’imposta “stabilita per l’atto cui si riferisce la dichiarazione”.
Occorre in primo luogo considerare come le modalità ed il termine previsti dall’art. 32 per la dichiarazione di nomina differiscano da quelli di cui all’art. 1402 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, prevede che la forma della dichiarazione di nomina e della procura o accettazione del nominato debba essere la stessa che le parti hanno usato (12) per il contratto (13) e che la dichiarazione deve essere comunicata all’altra parte nel termine di tre giorni, salvo diversa previsione contrattuale. (14) L’art. 1402 c.c., poi, prevede che la dichiarazione di nomina non ha effetto se non è accompagnata dall’accettazione del nominato oppure se non esiste procura anteriore al contratto.
Non solo la disposizione fiscale non considera in nessun modo l’accettazione del nominato (o la procura anteriore), ma introduce, come visto, requisiti di forma non presenti negli artt. 1402/3 c.c. ed una disciplina dei termini che solo apparentemente corrisponde a quella codicistica, visto che, ai sensi dell’art. 32, il termine di tre giorni non pare poter essere derogato.
In questa prospettiva, risulta evidente come la finalità della disciplina fiscale non sia quella di introdurre condizioni e termini di efficacia che si aggiungono o sostituiscono a quelli codicistici, bensì regolare le conseguenze di ordine tributario in modo parzialmente differente dagli effetti giuridici prodotti dalla dichiarazione di nomina. (15)
Sono evidenti le ragioni di cautela fiscale, tese ad evitare che la riserva di nomina venga utilizzata “per coprire un doppio trasferimento dal promittente allo stipulante e da questi all’eletto, e per mandare quindi ad effetto una facile frode fiscale”. (16)
Tali considerazioni appaiono utili per chiarire, in via preliminare, che il mancato rispetto, nella dichiarazione di nomina, delle condizioni di cui all’art. 32 Dpr 131/1986 non impedisce che la stessa sia considerata, anche dal punto di vista tributario, pienamente efficace, se effettuata ai sensi degli artt. 1402/3 c.c., e produttiva degli effetti che le sono tipici. (17)
La tutela dell’interesse fiscale ha però spinto il legislatore ad apprezzare la dichiarazione di nomina effettuata senza i requisiti di forma oppure il rispetto dei termini di cui all’art. 32, Dpr 131/86, alla stregua della conclusione di un nuovo contratto, avente gli stessi effetti di quello precedente, tra il soggetto stipulante ed il soggetto nominato. (18)
In questi casi, infatti, è dovuta la medesima imposta prevista per l’atto cui la dichiarazione si riferisce.
Simile disposizione è stata fortemente criticata in dottrina, e sospettata anche di legittimità costituzionale (19) ma, a ben vedere, si presenta particolarmente gravosa nelle ipotesi di dichiarazione di nomina relativa ad un contratto definitivo.
In caso di dichiarazione di nomina che non avvenga alle condizioni di cui all’art. 32 e che si riferisca ad un contratto preliminare, l’imposta prevista “per l’atto cui si dichiarazione si riferisce” è infatti l’imposta fissa, ai sensi dell’art. 10, Dpr 131/86. (20)
Tale conclusione parrebbe invece non poter essere adottata nelle ipotesi in cui il contratto preliminare preveda il pagamento di caparre oppure di acconti sul prezzo.
In questi casi si potrebbe, infatti, ritenere rilevante, per determinare le modalità di tassazione della dichiarazione di nomina, la proporzionalità dell’imposizione (dello 0,50% oppure del 3%) di cui all’art. 10 della Tariffa.
A nostro avviso, però, è possibile configurare una diversa soluzione interpretativa che giunga ad affermare la tassazione della dichiarazione di nomina in ogni caso con l’imposta fissa, se relativa ad un contratto preliminare.
Nel caso di contratto preliminare che preveda acconti o caparre confirmatorie, infatti, è possibile ritenere che l’imposizione proporzionale di cui all’art. 10 della Tariffa non attenga al contratto preliminare in quanto tale, bensì ad elementi negoziali che risultano autonomi ai fini della tassazione e che assumono rilevanza, ai sensi della norma citata, in funzione della propria portata “anticipatoria” e “prodromica” rispetto al contratto definitivo.
La stessa evoluzione normativa che, nel tributo di registro, ha riguardato la tassazione degli acconti e delle caparre confirmatorie conferma una simile conclusione.
E’ noto come, prima dell’entrata in vigore del Dpr 131/1986, si discutesse della natura delle clausole contrattuali in esame, se relative ad un contratto preliminare. Chi riteneva che le stesse configurassero un negozio autonomo rispetto al preliminare (21) , di cui costituivano una deviazione dallo schema giuridico tipico, (22) affermava la tassazione proporzionale, ulteriore rispetto a quella prevista per il preliminare. A opposte conclusioni, invece, giungeva chi sosteneva, a determinate condizioni, l’appartenenza delle clausole in esame alla tipologia propria del preliminare. (23)
E’ da sottolineare come la soluzione adottata dall’art. 10 della Tariffa si fondi ed anzi si giustifichi proprio alla luce della considerazione delle pattuizioni di acconti e di caparre confirmatorie in quanto disposizioni diverse ed autonome rispetto al contratto preliminare. La possibilità dello scomputo dalla imposta proporzionale relativa al contratto definitivo si motiva, poi, in quanto negozi che attuano una “anticipazione parziale dell’imposta dovuta sull’intero prezzo” (24) .
In questo senso, dunque, l’imposizione prevista per gli acconti e le caparre confirmatorie non è relativa, nella logica di una imposta d’atto, al contratto preliminare.
Così, anche la lettera dell’art. 32, Dpr 131/86, disposizione che, per la propria portata antielusiva dovrebbe peraltro essere applicata in una logica di “stretta interpretazione”, (25) individua inequivocabilmente l’imposta da versare sulla dichiarazione di nomina (che non rispetti le condizioni poste) come l’imposta che attiene all’atto in quanto tale.
La conclusione per l’imposizione in misura fissa della dichiarazione di nomina relativa al contratto preliminare, anche quando venga effettuata oltre i termini e senza rispettare le condizioni ulteriori, rispetto a quelle civilistiche, di cui all’art. 32 Dpr 131/86, sembra dunque doversi affermare in base ad una interpretazione letterale, teleologica e sistematica della norma. (26)
La stessa Corte di Cassazione (27) ha recentemente avuto modo di affermare che, in caso di contratti preliminari, la sola imposta “sull’atto” è quella fissa, mentre la tassazione proporzionale agli acconti (oggetto della controversia) deve intendersi quale imposta dovuta “in relazione ad un atto ancora da stipulare”. (28)
La tassazione proporzionale degli acconti sul prezzo si giustifica, per la Corte di Cassazione, solo in una logica di anticipazione rispetto al contratto definitivo e si apprezza, a livello di presupposto di imposta, in quanto relativa a questo secondo e successivo contratto. (29)
L’affermazione della Corte di Cassazione avvalora la soluzione interpretativa avanzata che però, lo si sottolinea, deve estendersi anche alla previsione di caparre confirmatorie. Se, infatti, la tassazione delle stesse in funzione di “anticipazione” della tassazione del contratto definitivo è configurabile solo qualora quest’ultimo sia concluso (30) , deve però considerarsi che, sia nella ricostruzione civilistica sia in quella fiscale, la caparra confirmatoria si qualifichi come una disposizione negoziale autonoma rispetto al contratto preliminare. (31)
Anche l’Amministrazione finanziaria (32) (così come la giurisprudenza tributaria) (33) ha sottolineato che la caparra confirmatoria presenta una autonomia negoziale volta alla produzione di effetti giuridici diversi dal preliminare, che ne giustifica la tassazione autonoma secondo il principio espresso dall’art. 21, Dpr 131/1986. Tassazione che non corrisponde, quindi, alla “imposta stabilita per l’atto cui la dichiarazione si riferisce”, (ossia il contratto preliminare) secondo la formulazione dell’articolo 32, Dpr 131/86.
Occorre da ultimo notare come, in relazione alla specifica questione esaminata, non risultino orientamenti giurisprudenziali (34) (ma, neppure, dell’Amminisrazione, pur essendo auspicabili), in grado di dare certezze all’interprete. Le scelte dell’operatore debbono dunque essere accompagnate dalla necessaria cautela.

2. Imposta sul valore aggiunto

2.1. La possibile rilevanza ai fini Iva del contratto preliminare
E’ affermazione condivisa quella che ritiene che il contratto preliminare non rivesta alcun rilievo agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto qualora si limiti a contenere l’impegno reciproco alla successiva conclusione del contratto definitivo. Il regolamento negoziale, anche se concluso da imprenditori o esercenti arti e professioni, non è infatti in grado di evidenziare alcuna cessione di beni o prestazione di servizi. E’ proprio la portata meramente obbligatoria (e relativa al successivo contratto) ad affermare la “normale” estraneità delle pattuizioni contenute nel preliminare dal campo applicativo dell’imposta. (35)
In particolare, con riferimento alle cessioni di beni, il contratto preliminare non è in grado di realizzare quegli effetti traslativi o costitutivi considerati dall’art. 6 Dpr 633/72 come momento di effettuazione delle operazioni. Per quanto attiene le prestazioni di servizi, se il pagamento del corrispettivo individua ai sensi dell’art. 6, terzo comma, Dpr 633/72, il momento di effettuazione dell’operazione, è da sottolineare come lo stesso sia effetto della stipula del contratto definitivo.
Come è noto, però, il quarto comma dell’art. 6, dispone che l’operazione si considera effettuata se, anteriormente al prodursi degli eventi di cui ai commi precedenti, è pagato in tutto o in parte il corrispettivo (o sia emessa fattura). In questa ipotesi, al momento del pagamento, si verificherà il presupposto d’imposta con, in particolare, obbligo di emissione della fattura da parte del cedente o del prestatore.
Simile fattispecie, relativamente al contratto preliminare, può verificarsi qualora quest’ultimo preveda il versamento di somme a titolo di acconto sul prezzo e, ovviamente, il cedente (o il prestatore) sia un soggetto passivo Iva. (36)
In capo al cedente sorgerà l’obbligo di emissione della fattura e di addebito per rivalsa dell’imposta, mentre il secondo, se non consumatore finale, avrà diritto alla detrazione dell’imposta, sussistendone gli ulteriori requisiti. (37)
A proposito, occorre precisare che l’Iva non va, in questa circostanza, ad aggiungersi all’imposta proporzionale di registro, se si considera che l’art. 10 Tariffa allegata al Dpr 131/1986, prevede la tassazione proporzionale sugli acconti nei soli casi in cui non vi sia assoggettamento ad Iva degli stessi.
Diversamente deve invece affermarsi con riferimento alla caparra confirmatoria, la cui funzione, nel momento genetico, (38) di tipo risarcitorio la distingue dall’acconto e giustifica l’estraneità dal campo applicativo Iva. (39)
Se, in questo senso, non si potrà ritenere realizzata l’operazione imponibile ai sensi dell’art. 6, quarto comma, Dpr 633/72, con assoggettamento alla sola imposta proporzionale di registro (0,5%), si pone il problema dell’eventuale rimborso di quest’ultima in ipotesi di successiva conclusione del contratto definitivo. Infatti, proprio la natura funzionale di acconto sul prezzo che la caparra confirmatoria assume a seguito dell’adempimento contrattuale (conclusione del contratto definitivo) (40) fa sì che lo stesso importa vada a formare la base imponibile relativamente alla quale è emessa fattura ed è calcolata e corrisposta l’Iva.
L’assoggettamento anche ad imposta proporzionale di registro realizzerebbe evidentemente una violazione del principio di alternatività che, come noto, regola i rapporti tra le due imposte. (41)

2.2. Conseguenze sulla tassazione Iva della riserva e della dichiarazione di nomina
La linearità dello schema prima delineato si fonda sulla imposizione ai fini Iva dell’acconto, con contestuale e corrispondente diritto di detrazione, versato in base al preliminare e sulla tassazione del residuo al momento della conclusione del contratto definitivo o, comunque, nel momento in cui si realizzano gli eventi di cui all’art. 6, Dpr 633/72.
Tale linearità può però essere messa in crisi proprio dalla riserva di nomina contenuta nel contratto preliminare e dalla successiva dichiarazione di nomina, in tutti quei casi in cui quest’ultima sia effettuata successivamente alla corresponsione degli acconti.
Si esamini seguente caso:

  • il soggetto A conclude un preliminare di acquisto di immobile da B, per persona da nominare C, in data 1/7/2007, stabilendo che la dichiarazione di nomina verrà effettuata il giorno fissato per la stipula del contratto definitivo, ossia il 25/7/2007; è altresì previsto e corrisposto un acconto sul prezzo al momento della conclusione del preliminare;
  • in data 25/7/2007, viene effettuata la dichiarazione di nomina di C (e la relativa accettazione) di fronte al notaio rogante e successiva conclusione di contratto definitivo tra B e C.

In questa ipotesi, l’acconto versato dallo stipulante (A) al promittente venditore (B) sarà, se quest’ultimo è soggetto Iva, assoggettato ad imposta, così come dovrà essere applicata l’Iva al momento della stipula del contratto definitivo, laddove però il rapporto di rivalsa unirà il venditore (B) all’acquirente nominato (C).
In termini astratti, e prescindendo dal profilo dei rapporti interni tra i diversi soggetti, possono ipotizzarsi tre diverse configurazioni della complessiva fattispecie, ai fini fiscali:

  • si può ritenere che la definitività dell’Iva assolta dal promittente acquirente e relativa all’acconto versato ed affermare che, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente debba essere emessa fattura per l’intero importo previsto in contratto;
  • si può ritenere che la definitività dell’Iva assolta dal promittente acquirente e relativa all’acconto versato ma affermare che, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente debba essere emessa fattura solo per l’importo “residuo”, dato dalla differenza tra il corrispettivo previsto e l’acconto versato;
  • si può ritenere che, per effetto della dichiarazione di nomina, sorga il diritto, in capo al venditore, di attivare la procedura di variazione, relativamente all’imposta addebitata allo stipulante sull’acconto. In questo modo, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente dovrà essere emessa fattura per l’intero importo previsto in contratto.

Si anticipa che quest’ultima risulta la soluzione da accogliere ed anche quella su cui sembra indirizzata (pur con le precisazioni che in seguito si faranno) la prassi dell’Amministrazione finanziaria. Peraltro le prime due soluzioni risultano non in grado di rappresentare correttamente, dal punto di vista tributario, l’essenza giuridica del preliminare per persona da nominare.
Perché entrambe configurano in termini di definitività il rapporto tra il venditore ed il promittente acquirente (e la conseguente tassazione ai fini Iva), quando, proprio la dichiarazione di nomina provoca un effetto di tipo “risolutivo-sostitutivo” (42) sul rapporto medesimo. (43) .
Perché, inoltre, la soluzione a) giunge alla conseguenza della doppia tassazione del medesimo presupposto, in violazione di canoni interpretativi riconosciuti di portata generale nel nostro sistema tributario. (44)
Perché la soluzione b) giunge a segmentare il rapporto impositivo in termini incompatibili con la unitaria configurazione della fattispecie che, a seguito della dichiarazione di nomina, lega esclusivamente, e per l’intero prezzo previsto in contratto, il venditore al soggetto nominato. Peraltro, in questo modo, si giungerebbe a riconoscere il diritto di detrazione in capo al definitivo acquirente soggetto Iva (45) solo su una parte dell’ammontare complessivo, con una possibile violazione del principio di neutralità che, secondo la giurisprudenza comunitaria, connota l’imposta in esame. (46)

2.3. La possibilità di ricorrere alla variazione Iva a seguito della dichiarazione di nomina
La soluzione interpretativa che si è evidenziata in precedenza passa attraverso la possibilità per il venditore di procedere alla variazione in diminuzione ai sensi dell’art. 26, Dpr 633/72.
Il cedente o il prestatore avrebbe quindi “diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione” (registrandola ai sensi dell’art. 25, decreto Iva) ed il cessionario o committente avrebbe diritto alla restituzione dell’importo pagato a titolo di rivalsa ed il dovere, se ha registrato l’operazione, di registrare la variazione ex art. 23 o 24 Dpr 633/72. (47)
Occorre però risolvere due problemi di ordine interpretativo, che potrebbero impedire l’applicazione dell’art. 26, Dpr 633/72:

  • il primo, è relativo alla riconducibilità della fattispecie negoziale in esame ai casi previsti dallo stesso art. 26 Dpr 633/72 che giustificano la variazione in diminuzione;
  • il secondo, si riferisce alla possibilità di ricorrere alla variazione Iva anche oltre il decorso di un anno dalla effettuazione della operazione, ai sensi del terzo comma dell’art. 26.

2.3.1. L’applicabilità dell’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72
L’art. 26, decreto Iva, limita la possibilità di ricorrere alla variazione in diminuzione nei casi in cui, successivamente alla emissione e registrazione della fattura, si riduca l’ammontare imponibile, “in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili” (48) .
Un importante riconoscimento della possibilità di utilizzare la procedura indicata dalla norma in esame nelle ipotesi di dichiarazione di nomina a seguito di preliminare con versamento di acconti, è contenuta nella Risoluzione della Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale Emilia- Romagna del 9/5/2002. (49)
Le osservazioni della Direzione Regionale rispetto all’applicabilità dell’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72, si fondano sulla ricostruzione civilistica dell’istituto della riserva di nomina prescindendo, però, dalla contrapposizione tra la teoria “condizionale” e quella della “rappresentanza in incertam personam”; contrapposizione che, peraltro, la dottrina civilistica più recente tende a superare. (50)
Secondo l’Agenzia, infatti, risulta necessaria, qualunque sia la ricostruzione che si ritiene di dover dare, una analisi che si fondi sui punti fermi della disciplina contenuta negli artt. 1401 ss. c.c., considerandoli alla luce di “situazioni ed interessi propri” del settore Iva.
In questa prospettiva, è indubitabile che la persona nominata acquisti diritti ed obblighi dal momento della stipula, per la portata retroattiva della dichiarazione di nomina. In modo tale che, confronti dello stipulante, l’effetto della dichiarazione di nomina sia di ordine “risolutivo-sostitutivo”
Tale configurazione giuridica degli effetti della dichiarazione di nomina comporta, a parere dell’Agenzia, l’esigenza di “individuare, documentalmente e contabilmente” i “reali e definitivi soggetti attivi e passivi” dell’operazione compiuta.
Come correttamente nota la Direzione Regionale, il “riallineamento fiscale dell’operazione” non è solo una esigenza formale, bensì “di natura sostanziale (…) dipendendo dallo stesso sia l’adeguata soluzione di eventuali problematiche lato sensu collocabili in fenomeni di doppia imposizione, sia la soluzione dei problemi connessi al regolare esercizio del diritto alla detrazione”.
La Risoluzione citata conclude ritenendo applicabile l’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72, lo strumento della variazione Iva potendo “addivenire alla raffigurazione dell’effetto risolutivo e della definitiva imputazione soggettiva dell’operazione”, dovendo, allora, ricomprendere la fattispecie in esame nell”ampia locuzione – e simili – contenuta nella norma”.
La soluzione fornita dalla Agenzia è pienamente condivisibile nel proprio percorso argomentativo, se solo si osserva che la “retroattività degli effetti della nomina” rispetto ai soggetti che possono dirsi parte sostanziale del rapporto non solo risulta innegabile nella configurazione civilistica dell’istituto ma, anche, rappresenta un evento in grado di incidere sull’efficacia del contratto stesso e, quindi, di essere pienamente assimilato alle altre ipotesi considerate dalla norma. A questa stessa conclusione giunge, peraltro, buona parte della dottrina. (51)

2.3.2. La fissazione del termine per la dichiarazione di nomina e l’applicabilità dell’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72
La soluzione fornita dalla risoluzione che si è poc’anzi esaminata si fonda però sul presupposto che la dichiarazione di nomina venga effettuata rispettando le condizioni poste dagli artt. 1401 ss. c.c. e, dunque, sia in grado di produrre gli effetti tipici che si sono illustrati.
In questo senso, si può apprezzare una continuità tra la Risoluzione in esame e quella del Ministero delle Finanze del 1986 (52) che ha ritenuto non configurabili gli effetti propri di un contratto per persona da nominare in quanto, nella specifica fattispecie esaminata, non era stato “fissato un termine preciso per la nomina dell’effettivo acquirente”.
Come la stessa Risoluzione ricorda, la giurisprudenza civilistica ritiene che “il diverso termine stabilito dalle parti”, rispetto a quello di tre giorni di cui all’art. 1402 c.c., “deve essere certus an et quando, nel senso cioè che non debba sussistere dubbio alcuno che l’adempimento prescritto dalla legge (nomina e comunicazione del contraente nominato) avvenga in un determinato numero di giorni a partire dalla stipulazione del contratto o a scadenza fissa o in altro modo sicuramente determinato”. (53)
La certezza nella fissazione del termine, dunque, non corrisponde ad alcuna “specificità” fiscale, dovendosi anzi giustificare proprio alla luce delle prevalenti affermazioni della giurisprudenza civilistica. (54)
La certezza nell’indicazione contrattuale del termine per la dichiarazione di nomina (55) è, dunque, condizione per riconoscere efficacia alla dichiarazione stessa, visto che, diversamente, quest’ultima non è in grado di provocare alcun effetto sostanziale di ordine retroattivo. La stessa precisa indicazione del termine risulta una condizione, allora, anche per l’applicazione dell’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72 se, come visto, la soluzione interpretativa si giustifica proprio alla luce degli effetti (e, quindi, delle relative condizioni) prodotte dalla dichiarazione di nomina in base alla disciplina codicistica.
Se, in questo modo, la lettura fiscale risulta coerente con quella civilistica e se, ulteriormente, possono essere apprezzate in coerenza tra di loro le sole due interpretazioni “ufficiali” fornite, negli ultimi anni, dall’Amministrazione finanziaria, occorre però anche considerare come praticamente assente sia la giurisprudenza tributaria sullo specifico tema e come, altresì, manchi un esplicito pronunciamento della Direzione centrale dell’Agenzia delle Entrate.

2.3.3. La possibilità di effettuare la variazione anche oltre un anno dall’operazione
Il terzo comma dell’art. 26, Dpr 633/72, limita inoltre il ricorso alla procedura di variazione di cui al secondo comma, che non può esercitarsi “dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell’operazione imponibile”, qualora “gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo tra le parti”.
Accogliendo la ricostruzione che si è in questa sede operata rispetto alle ragioni ed alle condizioni di applicabilità dell’art. 26, secondo comma, alla dichiarazione di nomina a seguito di preliminare con persona da nominare, non dovrebbero esserci dubbi rispetto alla non riconducibilità della fattispecie a casi di “sopravvenuto accordo tra le parti”.
L’esercizio della dichiarazione di nomina non configura, infatti, alcun accordo tra le parti originarie del contratto. In questo senso, la riserva di nomina e, dunque, la fonte negoziale degli effetti della dichiarazione di nomina sono da individuarsi nel contratto originario. (56)
Non risulta allora possibile limitare l’applicabilità dell’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72 al termine di un anno dalla effettuazione dell’operazione, come la stessa Agenzia delle Entrate ha riconosciuto. (57)

3. Osservazioni in merito all’utilizzo di figure negoziali alternative

Dal punto di vista degli effetti pratici dell’operazione negoziale, il contratto preliminare con riserva di terzo può essere accostato, in particolare, alla cessione del contratto ed al contratto a favore di terzo.
Proprio per la similitudine degli effetti giuridici, e della funzione economica, può non essere agevole distinguere le diverse fattispecie; distinzione che è rimessa alla interpretazione delle clausole contrattuali per ricostruire la reale intenzione delle parti. (58)
Non è questa la sede per approfondire la problematica, prima di tutto civilistica, della distinzione tra i diversi tipi negoziali, ma solo per sottolineare le conseguenze in termini fiscali una volta che si è risolta la questione relativa alla qualificazione giuridica del contratto concluso.

3.1. Il contratto preliminare con autorizzazione preventiva alla cessione
E’ noto come ciascuna parte di un contratto a prestazioni corrispettive possa sostituire a sé un terzo, se le prestazioni non sono state eseguite (59) e purchè “l’altra parte vi consenta” (art. 1406 c.c.).
Attraverso il consenso preventivo alla cessione, ammesso dall’art. 1407 c.c., è possibile dare immediata efficacia (60) alla comunicazione della sostituzione, con uno schema che pare ripetere quello della dichiarazione di nomina a seguito di riserva contenuta nel preliminare.
La profonda distinzione tra preliminare per persona da nominare e preliminare con autorizzazione preventiva alla cessione si individua, però, proprio negli effetti, da una parte, della dichiarazione di nomina e, dall’altra, della cessione del contratto al terzo.
Nel primo caso, infatti, il terzo subentra quale parte sostanziale del rapporto con effetto ex tunc, estromettendo totalmente lo stipulante; nella cessione del contratto, invece, la sostituzione avviene a titolo derivato (61) e con effetto ex nunc. In questa seconda ipotesi la complessiva operazione economica è frazionata giuridicamente in due momenti, cui corrispondono diverse parti del contratto. (62)

3.2. L’imposta di registro
Per quanto attiene la tassazione ai fini dell’imposta di registro, è da notare come per la cessione del contratto sia prevista una tassazione analoga a quella del contratto ceduto, come dispone l’art. 31 Dpr 131/86. Quindi, nel caso in esame, si dovrebbe assoggettare l’atto alla imposta fissa, ex art. 10 della Tariffa. (63)
Sennonché, si potrebbe ritenere che, nel momento in cui l’art. 31 citato afferma l’imposizione “con l’aliquota propria del contratto ceduto” e quest’ultimo preveda la dazione di somme a titolo di acconto oppure di caparra confirmatoria, la tassazione della cessione del contratto dovrebbe essere proporzionale ex art. 10 Tariffa (con aliquota, rispettivamente, del 3% o dello 0,5%).
A ben vedere, si ripropone il medesimo dilemma interpretativo su cui ci siamo in precedenza soffermati, trattandosi di individuare se l’imposizione proporzionale su acconti o caparre si possa considerare come imposta relativa al contratto preliminare in quanto tale oppure a vicende negoziali autonome.
E’ comunque da considerare un ulteriore elemento, legato alla normale onerosità della cessione del contratto. Potrebbe infatti anche sostenersi, pur se la lettera dell’art. 31 citato sembra spingere in una diversa direzione, che la cessione onerosa del contratto preliminare sia di per sé tassata con aliquota del 3%, in quanto atto avente “per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” di cui all’art. 9, Tariffa allegata Dpr 131/86.

3.3. L’imposta sul valore aggiunto
Ai fini dell’applicazione dell’Iva, diviene invece rilevante la segmentazione del rapporto contrattuale, dal punto di vista soggettivo, in due momenti distinti.
Il soggetto cedente, prima della cessione, sarà a tutti gli effetti parte del contratto e questa sua posizione soggettiva deve essere considerata per determinare le conseguenze fiscali di eventuali acconti sul prezzo versati (oppure ricevuti)
Nel senso che, verificandosi gli ulteriori requisiti applicativi, il versamento di acconti provoca l’assoggettamento ad imposta e l’obbligo dell’emissione (e della registrazione della fattura). (64)
Se, successivamente, il contratto viene ceduto ed il corrispettivo contrattuale (o, meglio, la differenza tra il corrispettivo contrattuale e gli acconti già versati) è versato (o ricevuto) dal cessionario del contratto, si genererà un ulteriore obbligo di emissione di fattura e di pagamento dell’imposta, del tutto distinto dal precedente. Si esamini il seguente caso, che ripete grosso modo quelli in precedenza illustrati:

  • il soggetto A conclude un preliminare di acquisto di immobile da B, con preventiva autorizzazione alla cessione, in data 1/7/2007; è altresì previsto e corrisposto un acconto sul prezzo al momento della conclusione del preliminare;
  • in data 25/7/2007, di fronte al notaio rogante viene comunicata la cessione del contratto preliminare da A a C, con successiva conclusione di contratto definitivo tra B e C.

E’ da notare come, in questa ipotesi, il soggetto B emetterà due fatture, con addebito dell’Iva a due soggetti distinti: la prima nel momento in cui ha ricevuto da A l’acconto, la seconda nel momento della stipula del contratto definitivo con C, per la differenza.
Sicuramente, la cessione del contratto non è in grado di comportare alcuna nota di variazione, per l’inapplicabilità dell’art. 26, Dpr 633/72, con conseguente definitività delle situazioni giuridiche (in termini di rivalsa come di detrazione) facenti capo ai diversi soggetti.
Peraltro, l’operazione sembrerebbe non comportare alcun rischio di doppia imposizione, rischio invece in parte presente nella fattispecie di preliminare per persona da nominare, qualora non si ritenesse applicabile l’art. 26 Dpr 633/72.
Occorre però considerare altri aspetti, tra cui quello della normale assoggettabilità ad Iva della stessa cessione del contratto, se effettuata verso corrispettivo, ai sensi dell’art. 3, secondo comma, n. 5, Dpr 633/72. (65)
Se il cedente riveste la qualifica di soggetto passivo Iva, vi sarà l’applicazione dell’imposta anche relativamente alla cessione del contratto con, indubbiamente, un peso complessivo in termini impositivi ben maggiore di quello che si avrebbe in ipotesi di preliminare con riserva di nomina, in forza della procedura di cui all’art. 26, secondo comma, Dpr 633/72.
In mancanza, poi, della imponibilità della cessione del contratto perché, per esempio, effettuata da una persona fisica né imprenditore né esercente arti e professioni, è da notare come il cessionario del contratto potrebbe avere conseguenze negative in termini di diritto alla detrazione. Qualora, infatti, il cessionario fosse soggetto passivo Iva, avrebbe interesse a detrarre l’intera imposta relativa al complessivo corrispettivo contrattuale: non solo quella assolta dal medesimo soggetto al momento della stipula del contratto definitivo, ma anche la parte assolta dal cedente al momento del versamento degli acconti.
Detrazione che, lo si sottolinea, è in questi termini possibile, con le precisazioni prima svolte, nel caso di scelta negoziale per il preliminare con riserva di nomina.
La definitività delle posizioni giuridiche, anche dal punto di vista fiscale, del cedente e del cessionario nei confronti del venditore non pare però poter consentire a quest’ultimo di detrarre l’imposta che è stata addebitata ad un soggetto distinto che, nel momento in cui l’operazione è stata effettuata, era parte sostanziale del rapporto. A parte il problema applicativo del mancato possesso della fattura (che è stata emessa ad un soggetto distinto), per insegnamento costante, prima di tutto, della Corte di Giustizia, il diritto di detrazione sorge nello stesso momento in cui la operazione è effettuata e le condizioni che sorreggono l’esercizio del diritto debbono in quel momento verificarsi. (66)

4. Il contratto preliminare a favore di terzo

Il contratto preliminare a favore di terzo è ammesso dalla giurisprudenza e dalla dottrina civilistiche (67) , nonostante dal contratto preliminare possano derivare non solo situazioni di vantaggio (come è tipico nella stipulazione a favore di terzo), ma, complessivamente, diritti ed obblighi, inerenti alla posizione di parte contrattuale che si cede.
In questo senso, risulta estremamente differente la configurazione giuridica della operazione a seconda che le parti del preliminare si impegnino alla conclusione di un contratto definitivo, che avrà effetto a favore di un terzo, (68) oppure che l’impegno a contrarre “si intenda, esso stesso, a favore del terzo, avendosi in tal caso, un patto a favore del terzo, di contrarre”. (69)
E’ peraltro da sottolineare come gli orientamenti giurisprudenziali più recenti ravvisino nel preliminare di vendita a favore di terzo “un contratto obbligatorio atipico e gratuito che tramite una sequenza procedimentale di atti, realizza la funzione della vendita: in forza del siffatto contratto sorge a carico dello stipulante l’obbligazione del prezzo ed a carico del promittente l’obbligo di trasferire il diritto sul bene al terzo”. (70)
Il terzo beneficiario del preliminare acquista, in altri termini, il diritto ad “un atto traslativo solvendi causa”. (71)
In questa prospettiva, il terzo non diviene in nessun momento parte sostanziale del contratto (come invece accade, pur se in modo differente, per effetto della dichiarazione di nomina o la cessione del contratto), che è invece il soggetto stipulante.
La giurisprudenza ammette che il terzo non sia nominato nel contratto ma successivamente, è però necessario che nel contratto tale soggetto sia almeno determinabile. (72)

4.1. L’imposta di registro (73)
Nel tributo di registro non pare che la individuazione del terzo beneficiario (74) , compiuta nello stesso atto oppure successivamente possa comportare alcuna alterazione nella considerazione unitaria, della sequenza preliminare-definitivo, ai fini dell’imposta di registro. (75)

4.2. L’imposta sul valore aggiunto
Anche ai fini Iva, la fattispecie negoziale non comporta particolari difficoltà ricostruttive qualora la si ricostruisca nei termini di “obbligo a contrarre a favore di terzo” e, quindi, di diritto di quest’ultimo a ricevere la prestazione oggetto del contratto definitivo. In questo caso, infatti, la dicotomia parte sostanziale del contratto/beneficiario, se può sollevare questioni estremamente interessanti per quanto attiene alla eventuale riferibilità del reddito prodotto (ma tale approfondimento esula dagli scopi di questo studio), non produce particolari conseguenze nell’imposizione indiretta.
Lo stipulante è a tutti gli effetti la parte sostanziale ed è colui che, se venditore, dovrà applicare l’imposta sugli acconti ricevuti così come al momento della stipula del definitivo e, se acquirente, dovrà assolvere la relativa imposta. Con, in questo secondo caso, un diritto alla detrazione (ovviamente, qualora sia soggetto passivo Iva) che non può affermarsi de plano, dovendo indagare l’inerenza della operazione compiuta rispetto all’attività esercitata, visto che il soggetto che acquista diritti rispetto alla spesa compiuta è un soggetto terzo. Sarà allora quantomeno necessario individuare un rapporto sottostante tra terzo beneficiario e stipulante in grado di giustificare la spesa compiuta all’interno dell’attività esercitata dallo stipulante.
Diversamente, invece, accade qualora si ammetta, anche in base alla ricostruzione della volontà delle parti espressa nel contratto preliminare, che il terzo acquisti il diritto (ma non l’obbligo) alla conclusione del contratto definitivo. In tale caso, infatti, il contratto definitivo sarà concluso dallo stesso soggetto beneficiario, che diventerà parte sostanziale del rapporto, pur non avendo partecipato al contratto preliminare. Egli sarà il soggetto cui verrà addebitata l’imposta oppure (se venditore) colui che, sussistendone gli ulteriori requisiti, dovrà emettere fattura ed applicare l’Iva.
Certamente, però, non pare possa essere utilizzato lo strumento della variazione Iva (art. 26, Dpr 633/72), per l’imposta relativa agli acconti assolti dallo stipulante del contratto preliminare, se si considera che l’esercizio del diritto da parte del terzo non produce gli stessi effetti retroattivi della dichiarazione di nomina, come si è in precedenza evidenziato.


(1) PATTI, Contratto preliminare per persona da nominare, in Riv.not., 2001, 1341 ss.; VISALLI, Contratto per persona da nominare e preliminare, in Riv.dir.civ., 1998, II, 361 ss.; GISOLFI, Preliminare per persona da nominare: osservazioni in tema di contratto per persona da nominare, cessione del contratto e contratto a favore di terzo, in Riv.not., 2003, 1241 ss.
(2) Salvo che nel caso di contratti intuitus personae e di contratti c.d. “di secondo grado” o che si riferiscono a beni determinati e a diritti appartenenti ai contraenti originari. Sul punto, GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, 1074. Per una analisi approfondita sul punto, VISALLI, op.cit., 362 ss.
(3) FEDELE, Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria, in Riv.not., 1998, 1115.
(4) FORMICA, Il contratto preliminare di vendita nell’imposizione di registro e sul valore aggiunto, in AA.VV., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, III, Milano, 1986, 629.
(5) BRACCINI, voce Contratto preliminare (II diritto tributario), in Enc.giur., 8
(6) Differenza netta sul piano teorico ma che non altrettanto potrebbe esserlo su quello pratico. FORMICA, op.cit., 630. La giurisprudenza, in questo senso, tende ad attribuire rilievo anche alla presenza della caparra confirmatoria come indizio nel senso della conclusione di un contratto preliminare, come nella fattispecie esaminata da COMM.TRIB.CENTR., sent. n. 7960 del 11/7/1984, in Banca Dati Ipsoa (ma si veda anche CORTE CASS., sent. n. 9079 del 21/6/2002, in Mass.giur.it., 2002. Sulla distinzione tra preliminare e definitivo, agli effetti del termine di decadenza per accertamento, anche CORTE CASS., Sez.Trib., sent. n. 4946 del 6/4/2002, in Banca Dati Ipsoa, All’interpretazione del contratto, per la qualifica dello stesso quale preliminare piuttosto che come contratto definitivo, procede anche l’Amministrazione nella propria attività di accertamento, come nel caso della RIS. Min. Fin., del 5/5/1981, n. 251294, in Banca Dati Ipsoa. Sul punto, VISALLI, op.cit., 398-9.
(7) Sulla evoluzione della normativa dell’imposta di registro, in particolare per quanto attiene l’equiparazione della promessa di compravendita alla vendita compiuta dall’art. 5 Tariffa allegata al TU del 30/12/1923, n. 3269 ed alla interpretatio abrogans fornita dalla Corte di Cassazione, si veda FEDELE, Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria, cit., 1115 ss.
(8) Sui profili relativi all’obbligo di registrazione del contratto preliminare, si rinvia alle approfondite considerazioni svolte nello Studio n. 13-2007/T, Commissione Studi Tributari, CNN, estens. LOMONACO, MASTROIACOVO, I profili fiscali dei nuovi obblighi dei mediatori e la disciplina tributaria del contratto preliminare.
(9) In generale, su questi profili, si rinvia allo Studio della Commissione Studi Tributari del CNN, n. 597bis, del 13/5/1997, est. GHINASSI, Trascrizione del preliminare. Aspetti fiscali.
(10) Nel caso di mancata effettuazione della dichiarazione di nomina (ed accettazione della stessa) gli effetti giuridici del preliminare si consolidano, infatti, in capo ai soggetti che lo hanno stipulato. Così come accade qualora la dichiarazione non avvenga nei modi e nei termini di cui agli artt. 1402 ss. c.c. Sul punto CORTE CASS., sent. n. 21254 del 29/9/2006; ID., sent. n. 21254 del 7/7/2006, in Fisconline; ID., sent. n. 10403 del 18/7/2002, in Società, 12, 1513.
(11) Sull’effetto retroattivo della dichiarazione di nomina CORTE CASS., sent. n. 2142 del 19/10/1965; ID., sent. n. 6885 del 23/7/1994; ID., sent. n. 21254/2006, cit. Come peraltro nota FORMICA, op.cit., 684, “in conseguenza della dichiarazione di nomina, il nominato acquista, con effetto retroattivo, i diritti e gli obblighi contrattuali, onde, come parte, diviene soggetto passivo della imposta e, come tale, è tenuto al pagamento della imposta sul contratto preliminare, cui la dichiarazione di nomina si riferisce”.
(12) Anche se non prevista dalla legge, CORTE CASS., sent. n. 21140 del 4/11/2004; ID., n. 15164 del 29/11/2001.
(13) E’ disposto inoltre che se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità, deve agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l’indicazione dell’atto di procura o dell’accettazione della persona nominata. La forma è prevista dal codice a pena di nullità: CORTE CASS., sent. n. 1330 del 8/9/1970.
(14) Sulla forma della dichiarazione di nomina e della accettazione del nominato, CORT CASS., sent. n. 15164, del 29/11/2001, in Notariato, 2002, 245 ss., con nota di RUFFINI, Contratto preliminare per persona da nominare e forma della dichiarazione di nomina.
(15) La Corte di Cassazione ha costantemente affermato la diversità della funzione del termine di cui all’attuale art. 32, Dpr 131/86, “determinata unicamente da esigenze tributarie”, da quello previsto dall’art. 1402 c.c., “che persegue finalità di altra natura e del tutto diverse”. Così CORTE CASS., sent. n. 2284 del 3/7/1968 e CORTE CASS., sent. n. 1822, del 21/6/1974 (in Foro it., 1976, I, 1845).
(16) FORMICA, op.cit., 682. In particolare, sottolinea BRACCINI, Contratto per persona da nominare (II diritto tributario), in Enc.giur., 8, la previsione del termine inderogabile di tre giorni nasce dalla preoccupazione che un termine “lungo possa dar agio allo stipulante di operare una vendita dell’affare o una rivendita del bene, occultandole sotto la figura dello schema contrattuale in esame”. Come nota efficacemente GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., 1063, il contratto per persona da nominare nasce da una “esigenza pratica: le persone di un certo rango sociale non desideravano apparire acquirenti alle vendite all’asta e fu così elaborato (all’epoca del diritto comune) uno strumento che affidava alla nomina dello stipulante, successiva all’acquisto, l’individuazione della persona del definitivo contraente, realizzandosi, peraltro, pur sempre, da un punto di vista giuridico, un unico trasferimento. Tale strumento si rivelò ben presto ottimo mezzo di evasione fiscale …” In questo senso, come lo stesso Autore nota, è da sottolineare come le maggiori preoccupazioni, in una logica di tutela dell’interesse fiscale, sono per l’apposizione della riserva di nomina ad un contratto definitivo ad effetti reali (che potrebbe evitare una doppia imposizione proporzionale nel tributo di registro) e non, invece, ad un contratto preliminare, tassato in misura fissa.
(17) nel senso di affermare la validità degli effetti della nomina, ai fini di una costruzione unitaria in termini fiscali, anche oltre i tre giorni di cui all’art. 32 citato, si veda CTC 21/5/2003, n. 9056, in Fisconline
(18) BRACCINI, Contratto per persona da nominare, cit., 8. Si vedano sul punto le sentenze della CORTE CASS., n. 579 del 28/2/1972 e n. 1822 del 21/6/1974. Sul tema anche COMM.TRIB.CENTR., sent. n. 9056 del 21/5/2003 (in Fisconline).
(19) BRACCINI, op.ult.cit., 8.
(20) Così anche FORMICA, op.cit., 684. Occorre richiamare sul punto le considerazioni svolte da GHINASSI, Studio n. 597 bis, cit., secondo cui “la clausola normalmente ricorrente nei preliminari di vendita, che consente di effettuare la nomina in sede di definitivo (e quindi per lo più oltre i tre giorni), può dar luogo ad inaspettate e pesanti pretese impositive ai sensi dell'art. 32 citato. Più precisamente il definitivo potrebbe essere tassato come contenente una implicita ancorché inespressa dichiarazione di nomina di altro soggetto e quindi come produttivo di un duplice effetto traslativo. Occorrerà pertanto valutare assai prudentemente l'utilizzo di formule, assai ricorrenti nella prassi, in base alle quali la facoltà di nomina è differita al contratto definitivo e quindi sostanzialmente riferita a quest'ultimo negozio. Assai più rassicurante risulterà infatti utilizzare clausole dalle quali si evinca senza possibilità di dubbi che la clausola è riferita solo ed esclusivamente al preliminare: invero, in tale ipotesi, la nomina successivamente effettuata anche oltre i tre giorni potrà tutt'al più legittimare l'ufficio, ai sensi dell'art. 32 del t.u., alla percezione di un'ulteriore imposta fissa. Ciò in quanto il medesimo art. 32 dispone che la nomina effettuata in difformità da quanto prevede la norma (e cioè oltre i tre giorni) legittima l'applicazione dell'imposta relativa al contratto cui la nomina stessa si riferisce; trattandosi pertanto di nomina riferita a contratto preliminare sarà in ogni caso dovuta, come si diceva, la sola imposta fissa”.
(21) Per una approfondita ricostruzione del dibattito, FEDELE, Unicità o pluralità di “disposizioni” nel contratto preliminare di vendita con “anticipazione” del pagamento del prezzo, in Riv.dir.fin., 1984, II, 226.
(22) FORMICA, op.cit., 639.
(23) Sulla evoluzione della giurisprudenza della Commissione Tributaria Centrale sul punto, anteriormente all’entrata in vigore del TU del 1986, si veda FORMICA, op.cit., 638 ss.
(24) FORMICA, op.cit., 644. Si noti, in questo senso, che la caparra confirmatoria assume la natura, sul piano funzionale, di anticipo del prezzo in caso di conclusione positiva del rapporto.
(25) Sul tema, per tutti, FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2004, 226 ss.
(26) Certamente, però, è necessario affermare la tassazione proporzionale per la dichiarazione di nomina in tutti quei casi in cui la riserva di nomina compaia nel contratto definitivo e non, invece, nel contratto preliminare.
(27) CORTE CASS., Sez.Trib., sent. n. 14028 del 17/5/2007, in Fisconline.
(28) La Corte afferma che l’imposta fissa, in quanto imposta sull’atto, è la sola imposta dovuta sui contratti preliminari. Con la conseguenza che, in caso di mancata conclusione del contratto definitivo, la imposta fissa relativa al preliminare non può essere rimborsata, mentre vi è il diritto al rimborso dell’imposta proporzionale versata in relazione agli acconti di prezzo ex art. 10, Tariffa allegata al Dpr 131/86. In considerazione dell’eccezionalità del pagamento anticipato dell’imposta proporzionale dovuta sul contratto definitivo, la Corte ritiene che la stessa debba essere restituito alle parti in quanto non risulta giustificata l’imposizione qualora le parti non pervengano alla “conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene”.
(29) In questa logica, dunque, assoggettare ad imposizione proporzionale del 3% la dichiarazione di nomina, in relazione agli acconti previsti dal preliminare, vorrebbe dire duplicare una tassazione che la disciplina normativa prevede per il contratto definitivo e non, come invece dispone l’art. 32, per l’atto (il contratto preliminare) cui la dichiarazione si riferisce.
(30) In dottrina è stata peraltro messa in discussione l’autonoma tassazione, ai fini dell’imposizione proporzionale di registro, della caparra confirmatoria qualora il contratto successivo non venga effettivamente concluso e la stessa, quindi, assuma una funzione anticipatoria rispetto al prezzo stabilito. E’ stato fatto notare come l’altra funzione della caparra sia quella propriamente risarcitoria, di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento, più che quella di garanzia (si vedano anche le ricostruzioni civilistiche, della dottrina citata alla nota successiva). In questo senso, sembrerebbe priva di giustificazione la equiparazione della caparra confirmatoria alle quietanze e garanzie reali e personali di cui all’art. 6, Tariffa allegata al Dpr 131/86 (BELLINI, Il contratto preliminare di compravendita immobiliare, in Corr.trib., 1997, 4 ss.; MUGGIA, Il contratto preliminare e l’imposta di registro, in Corr.trib., 1997, 1467; IANNIELLO, Soggetta a tassazione la caparra confirmatoria anche se al preliminare non fa seguito la vendita, in Guida normativa, 20/7/2001, 18) e il rinvio operato a tale ultimo articolo da parte dell’art. 10 della Tariffa farebbe in realtà solo riferimento alla misura dell’aliquota (RICCI-ZUCCO, Il contratto preliminare di compravendita e la caparra confirmatoria tra Iva e imposta di registro, in Il fisco, 2005, 5782 ss.). Gli Autori citati giungono dunque ad affermare il diritto al rimborso della imposta proporzionale di registro pagata in relazione alla caparra confirmatoria nelle ipotesi di mancata, successiva, conclusione del contratto definitivo. In senso opposto è però la prassi amministrativa: CIRC. MIN.FIN., 10/6/1986, n. 37/220391). Il tema risulta in parte connesso a quello del rimborso dell’imposta proporzionale di registro in ipotesi di conclusione del contratto ed assoggettamento ad Iva del prezzo, in cui è “confluita” la somma versata a titolo di caparra. Si rinvia alle osservazioni svolte alla nota n. 42, testo corrispondente.
(31) Sui caratteri di autonomia e realità della caparra confirmatoria, si vedano, nella dottrina civilistica MARINI, voce Caparra (dir.civ.), in Enc.giur.Treccani, V, Roma, 1988; DE NOVA, voce Caparra, in Dig.disc.priv., sez.civ., Ii, Torino, 1988; TRIMARCHI, voce Caparra (dir.civ.), in Enc.giur., VI, Milano, 1960; D’AVANZO, voce Caparra, in Noviss.dig.it., II, Torino, 1958.
(32) NOTA del 3/1/1985, n. 251127; RIS. MIN. del 23/7/1979, n. 250398, in Fisconline.
(33) COMM.TRIB.CENTR., dec. n. 3759 del 28/4/1988, in Il fisco, 1988, 4133.
(34) La Comm.Trib.Centr. del 21/7/1997, n. 4038 (in Banca Dati Ipsoa), sembra peraltro accogliere la soluzione cui proposta, affermando la tassazione in misura fissa per la dichiarazione di nomina che avvenga oltre i tre giorni di cui all’art. 32, Dpr 131/86.
(35) RIS.MIN.FIN., n. 302028 del 19/12/1974; COMM.TRIB.CENTR., dec. n. 1597 del 2/3/1982, in Comm.trib.centr., 1982, I, 503; FORMICA, op.cit., 702; BRACCINI, voce Contratto preliminare, cit., 5, cui si rinvia anche per il problema della distinzione, e del differente trattamento fiscale, dall’ipotesi di vendita con riserva di proprietà.
(36) CORTE CASS., sent. n. 371 del 24/9/1997, in Fisconline. Così anche CORTE CASS., Sez.Trib., sent. n. 6487 del 30/1/2007 e sent. n. 7348 del 14/11/2002 (entrambe in Fisconline), la quale afferma, in fattispecie di preliminare di vendita che prevedeva l’obbligo, da parte dell’acquirente, di rilascio di cambiali, che “il rilascio di pagherò cambiario può essere equiparato al pagamento ai fini Iva unicamente nell’ipotesi in cui l’obbligazione di pagare sia già scaduta in quanto solo in tale caso può ritenersi intervenuto un evento giuridicamente rilevante equiparabile al pagamento”.
(37) Come notato nello Studio 13-2007/T, cit. I profili fiscali dei nuovi obblighi dei mediatori, gli acconti del prezzo comportano “l’addebito o l’esenzione dall’IVA secondo il regime dell’operazione cui si riferiscono”. Inoltre, la nota II-bisall’art. 1 della Tariffa parte prima, “consente di applicare il tributo con aliquota ridotta del 4% qualora nel preliminare siano contenute le dichiarazioni relative alla possidenza dei requisiti previsti per le cd. agevolazioni prima casa”. Si consideri peraltro la possibile applicazione del meccanismo del reverse charge ex DM 25/5/2007, per le operazioni di cui all’art. 10, primo comma, n. 8-ter), Dpr 633/72, in vigore dal 1/10/2007.
(38) FORMICA, op.cit., 650.
(39) CORTE CASS., sent. n. 28697 del 12/10/2005, in Fisconline; ID., sent. n. 1320 del 12/12/2006, in Fisconline, in cui la precisazione che spetta al giudice di merito accertare la reale volontà delle parti, in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, per la configurazione della clausola quale acconto piuttosto che quale caparra confirmatoria.
(40) Su questa duplice funzione, risarcitoria e di acconto del prezzo, della caparra confirmatoria, si veda la RIS. Ag. Entrate n. 197/E del 1/8/2007 citata alla nota successiva.
(41) CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 15276 del 28/11/2000; COMM.TRIB.REG. Roma, sent. n. 186 del 24/11/2005, in Fisconline; COMM.TRIB.PROV. Milano, sent. n. 129 del 17/7/2003. In dottrina, BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, III, Milano, 1987, 96; BRACCINI, voce Caparra (dir.trib.), in Enc.giur., Roma, 3. Recentemente l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul tema (con la RIS. n. 197/E del 1/8/2007) confermando la irrilevanza ai fini Iva della caparra confirmatoria così come il mutamento di natura giuridica della stessa al momento della conclusione del contratto definitivo, divenendo la stessa acconto del prezzo. Non risulta però chiaro, nella ricostruzione fornita dalla Agenzia, se l’eventuale rilevanza ai fini Iva del versamento del corrispettivo sul contratto preliminare possa consentire il rimborso della imposta proporzionale versata precedentemente in relazione alla caparra confirmatoria. A questa espressa affermazione l’Agenzia non giunge, anche se rileva, da una parte, che occorre indagare se le parti vogliano aggiungere, alla funzione risarcitoria tipica della caparra confirmatoria, anche quella, “rilevante a seguito dell’esecuzione, di anticipazione del corrispettivo”, Dall’altra, l’Agenzia afferma infatti in generale l’applicabilità del criterio di alternatività, ritenendo che “le disposizioni soggette ad Iva non saranno imponibili agli effetti del registro, risultando dovuta la sola imposta di registro in misura fissa”. In questo senso anche lo Studio 13-2007/T, cit., I profili fiscali dei nuovi obblighi dei mediatori, cit., par. 5.
(42) RIS. Ag.Entrate, Direzione Regionale Emilia-Romagna del 9/5/2002, n. 909-20845, in Banca Dati Ipsoa.
(43) A maggior ragione, queste considerazioni debbono valere se si considera che l’attuale disciplina delle cessioni di fabbricati effettuate da soggetti passivi Iva (incisa dal Dl n. 223/2006) prende in considerazione la situazione soggettiva del cessionario per determinare il regime impositivo dell’operazione (operazione imponibile oppure operazione esente). Risulta dunque necessario ricostruire la fattispecie unitariamente, avendo riguardo ai definitivi soggetti passivi, cedente e cessionario.
(44) FANTOZZI, Il diritto tributario, cit., 224; PORCARO, Il divieto di doppia imposizione nel diritto interno, Padova, 2001, 164 ss.; BERLIRI, Il T.U. delle imposte dirette, Milano, 1969, 15.
(45) A fronte di questo, poi, si pongono notevoli ostacoli rispetto alla possibile inerenza dell’Iva assolta dal promittente acquirente (se soggetto Iva).
(46) Per riferimenti alla giurisprudenza comunitaria, si rinvia a TASSANI, Detrazioni Iva ed attività economiche preparatorie nell’esperienza comunitaria e nel sistema italiano, in Giur.imp., 2000, 1128-9.
(47) Come correttamente nota CARINCI, Le variazioni Iva, cit., “nel caso in cui l’operazione abbia ad oggetto beni o servizi per cui è disposta l’esclusione o la riduzione della detrazione (…) si deve riconoscere che l’acquirente non sia tenuto alla rettifica degli acquisti, ovvero che debba provvedervi soltanto nei limiti in cui ha potuto fruire della detrazione”. Inoltre, nessun obbligo può configurarsi in capo al cessionario, ove questi non sia soggetto passivo di imposta. E’ da sottolineare, inoltre, come tale soluzione sia in grado di risolvere anche i problemi che deriverebbero dall’eventuale applicazione dell’aliquota ridotta, che dipende dalle condizioni soggettive del soggetto acquirente. Visto che l’imposta verrà calcolata sull’intero corrispettivo dovuto dal soggetto nominato, si applicherà l’aliquota relativa, mentre la stessa soluzione non appare possibile qualora si ritenga “definitiva” l’imposta (e la relativa aliquota) addebitata allo stipulante.
(48) “O per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente”. Per una approfondita analisi dell’art. 26, Dpr 633/72, si rinvia a CARINCI, Le variazioni Iva: profili sostanziali e formali, in Riv.dir.trib., 2000, I, 196 ss.
(49) N. 909-20845, cit.
(50) Nota VISALLI, op.cit., 378, come sia “necessario abbandonare le opzioni teoriche ed anteporre una ricostruzione esegetico-sistematica del dato normativo, oltrechè l’analisi del profilo strutturale e funzionale del contratto. Aggiungerei che solo con questo metodo di ricerca l’inquadramento del negozio può essere non solo convincente, ma comportare anche delle conseguenze apprezzabili nelle sue applicazioni pratiche”.
(51) BRACCINI, voce Contratto per persona da nominare, cit., 5; FEDELE, Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria, cit.; DEL NERO, Edilizia. Note di variazione Iva in presenza di contratto preliminare per persona da nominare, in Il fisco, 2006, 6208; NESSI, Contratti con clausola per persona da nominare: problematiche Iva, in Il fisco, 2006, 7479. Contro RICCA, L’Iva nel contratto per persona da nominare, in Il fisco, 1994, 2906 ss.; COPPOLA, Iva. Il contratto per persona da nominare, in Boll.trib., 1988, 1185 ss.; COMM.TRIB.I grado Pisa, 30/10/1978, in Boll.trib., 1979, 241.
(52) N. 400649 del 29/4/1986, in Banca Dati Ipsoa.
(53) Con esclusione, prosegue la risoluzione citata, “di determinazione incerta o generica del termine, come quella apposta nell’atto in esame secondo la quale la dichiarazione di nomina doveva essere fatta al momento della stipula del rogito definitivo di compravendita”.
(54) Per tutte CASS 6952/2000, secondo cui il termine fissato dal contratto per la dichiarazione di nomina, deve essere “certus an et quando”, non potendo far “sorgere dubbio alcuno che l’adempimento prescritto dalla legge avvenga in un determinato numero di gironi a decorrere dalla stipulazione del contratto oppure a scadenza fissa o in altro modo sicuramente determinato”. “In mancanza di tali caratteristiche la clausola è inidonea a sostituire il termine legale e se l’indicazione del contraente non avviene entro questo termine il contratto produce i suoi effetti tra i contraenti originari”. Sul punto anche GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., 1071, il quale rileva che il termine deve essere certo e non può essere rinnovato prima della sua scadenza. L’eventuale dichiarazione tardiva, pur se accettata dal promittente, “non avrà effetto, salvo che possa essere qualificata come cessione di contratto, operandosi così, peraltro, un ritrasferimento di diritti e di obblighi”. Lo stesso Autore, nella voce Contratto per persona da nominare (I), in Enc.giur., 7, dubita della fondatezza dell’orientamento giurisprudenziale che ritiene possibile la nomina “fino al momento della stipulazione del contratto definitivo” e che, se tale stipula non interviene per inadempimento del promittente, ritiene il termine “differito fino al momento dell’introduzione del giudizio ex art. 2932 c.c.”.
(55) La giurisprudenza ammette la possibilità di prevedere che il terzo posa essere nominato in sede di stipulazione del contratto definitivo (CORTE CASS., sent. n. 1862 del 10/2/1993, in Mass.giur.it., 1993; ID., n. 3576 del 12/4/1999, in Mass.giur.it., 1999). Come peraltro nota VISALLI, op.cit., 395, risulta importante distinguere tra preliminare per persona da nominare e preliminare rivolto alla stipulazione di un contratto definitivo per persona da nominare. Nel primo caso “lo stipulante deve designare il terzo prima della conclusione del definitivo”, nel secondo, “la designazione si verifica, invece, all’atto della conclusione del futuro contratto”.
(56) Come nota BRACCINI, voce Contratto per persona da nominare, cit., 5, “la dichiarazione di nomina, data la sua natura unilaterale e la sua previsione risalente alla riserva contenuta nel contratto originario, non è per certo in alcun modo assimilabile a sopravvenuto accordo fra le parti inteso a dar luogo all’evento risolutorio in questione”.
(57) Si fa riferimento alla Risoluzione della Direzione Regionale Emilia Romagna del 9/5/2002, cit., la quale sottolinea come alla riserva di nomina, in quanto “inserita nell’originaria partizione costituendone suo elemento caratterizzante, non può essere attribuito il carattere di sopravvenuto accordo.”
(58) CORTE CASS., SENT. n. 13923, del 25/9/2002, in Diritto e giustizia, 2002, 25. Sul tema, anche per riferimenti bibliografici e giurisprudenziali, GISOLFI, op.cit., 1240 ss.
(59) Per l’ammissibilità della cessione del contratto anche in caso di contratto a prestazioni corrispettive quando una delle stesse sia stata adempiuta: CORTE CASS., 23/4/1980, n. 2674. Sul punto, FORMICA, op.cit., 690. Sul punto anche le osservazioni di BELLINI, Il contratto preliminare, cit., 7, il quale nota che “è vero che potrebbe esserci stato già un principio di esecuzione, consegna della cosa, corresponsione di parte del corrispettivo, ma si tratterebbe di parziale anticipata esecuzione del contratto definitivo e tali effetti anticipati possono essere trasferiti dal cedente in capo al cessionario”.
(60) Nel momento in cui la cessione è notificata o accettata.
(61) Sul punto GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., 1038 ss. cui si rinvia anche per la problematica dei contratti non cedibili.
(62) PATTI, op.cit., 1352; GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., 1036 ss.
(63) SAMMARTINO, voce Cessione del contratto (II diritto tributario), in Enc.giur., Roma, 2001, 2. E’ comunque da precisare che anche a seguito della cessione del contratto preliminare, su cui è stata pagata l’imposta proporzionale del 3% oppure dello 0,50%, rimane ferma la possibilità di dedurre tale imposta da quella dovuta sul contratto definitivo.
(64) CORTE CASS., Sez.Trib., sent. n. 19399 del 5/10/2005, in Banca Dati Ipsoa: “la cessione della posizione di contraenza relativa ad un contratto preliminare di compravendita rientra tra le cessioni di contratti di ogni tipo ed oggetto, che l’art. 3, secondo comma, n. 5 del Dpr 633/72 qualifica come prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, con la conseguente applicabilità dell’art. 6, terzo comma, secondo cui la prestazione si considera effettuata all’atto del pagamento del corrispettivo”.
(65) Sulla onerosità come elemento essenziale per il rilievo ai fini Iva della cessione del contratto, SAMMARTINO, op.cit., 1; PERRONE CAPANO, L’imposta sul valore aggiunto, Napoli, 1977, 340 ss. Sulla possibile imponibilità della cessione gratuita del contratto, equiparata all’ipotesi di destinazione a finalità estranee, FORMICA, op.cit., 691-2. Dubbi rispetto alla possibilità di cedere contratti eseguiti da una sola parte sono invece espressi da GAZZONI, op.cit., 1039. Si noti che il quarto comma, lett. c), dell’art. 3, Dpr 633/72, prevede che non costituiscano prestazioni di servizi le cessioni di contratti di cui alle lettere a), b) e c) del terzo comma dell’art. 2.
(66) Per tutte CORTE DI GIUSTIZIA CE, sen. 11/7/1991, C-97-90, Lennartz, in Racc.giur.Corte, 1991, 3839. Così anche CORTE CASS., Sez.Trib., sent. n. 8965, del 16/4/2007, in Banca Dati Ipsoa.
(67) PATTI, op.cit., 1348.
(68) Con in questo caso, un obbligo di contrarre a favore del terzo: “è il caso in cui Primo conclude un preliminare con Secondo, con esso obbligandosi a stipulare un definitivo, tra le stesse parti, con effetti a favore di Terzo”, così DI LORENZO, Ammissibilità del contratto di opzione a favore di terzo, in Notariato, 2005, 152.
(69) DI LORENZO, op.cit., 152. In questo caso la posizione del terzo sarà simile a quella di chi beneficia di un contratto preliminare unilaterale. Distinguono tra contratto preliminare a favore di terzo e “contratto preliminare con il quale una delle parti (…) assume l’obbligo di contrarre con terzi: il c.d. pactum de contraendo cum terbio”, GABRIELLI-FRANCESCHELLI, voce Contratto preliminare (I), in Enc.giur., 14.
(70) PATTI, op.cit., 1349.
(71) PALAZZO, Contratto a favore di terzo e per persona da nominare, in Riv.dir.civ., 179, il quale rileva come, “nella prassi notarile ormai consolidata in tema di compravendite immobiliari mediante preliminare il terzo assume la figura di destinatario del trasferimento attraverso l’espressione “destinatario della prestazione pattuita””. Secondo VISALLI, op.cit., 397, il preliminare a favore di terzo si fonderebbe su di “un meccanismo che genera due distinte fattispecie: il preliminare di vendita a favore di terzo ed il successivo contratto traslativo solvendi causa, concluso, in esecuzione del precedente accordo fra promittens e stipulans, dal primo dei due in favore del terzo”. Sul tema, e sulla distinzione tra preliminare di vendita a favore di terzo e contratto di opzione a favore di terzo, CORTE CASS., sent. n. 18321 del 1/12/2003, in Foro it., 2004, I, 1464.
(72) GAZZONI, op.cit., 950 ss.
(73) Sulle diverse problematiche relative alla tassazione, nell’imposizione indiretta, del contratto a favore di terzo, si rinvia allo Studio della Commissione Studi Tributari CNN, del 28/3/2003, n. 75/2002, est. PETTERUTI, Contratto a favore di terzo ed imposte indirette .
(74) Nel senso della imposizione a tassa fissa di registro della adesione del terzo, così come revoca e della rinunzia da parte del terzo, in quanto atti non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, si rinvia a BELLINI, op.cit., 8.
(75) Come notato da PETTERUTI, op.ult.cit., la “clausola a favore del terzo non altera la causa del contratto cui acceda, il nesso tra le prestazioni non è infranto dalla deviazione dell’effetto. Anzi che divenire irrilevante, detto nesso continua ad esplicare quella funzione aggregante presupposta dall’art.20 d.p.r 131/86 (T.U.R.), reggendo, con l’unità del negozio dal punto di vista civilistico, anche l’unificazione delle prestazioni dal punto di vista tributario, mentre non viene per il momento in rilievo il legame di necessaria connessione, che opera su altro piano e rende unica l’imposizione su più disposizioni (ad es., contratto contenente la clausola e atto del terzo, di adesione o rifiuto).”

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