Giurisprudenza - Strumenti negoziali di edilizia privata: l'esperienza del notariato tra tradizione e nuove soluzioni
Giurisprudenza

Cass. 20 marzo 2008, n. 7453

Il frazionamento del mutuo fondiario, in quanto atto unilaterale di rinuncia all'indivisibilità dell'ipoteca, avente carattere dichiarativo, non può costituire fonte di nuove obbligazioni per il terzo acquirente che non vi abbia partecipato, il quale rimane obbligato nei confronti del mutuante nei limiti in cui si è accollato il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l'assunzione è avvenuta. Ne consegue l'illegittimità della suddivisione che non abbia rispettato le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, aumentandone l'ammontare.

Cass. 28 novembre 2007, n. 24733, conforme a Cass. 11 gennaio 2006, 264

Per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro visura, costituisce, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante dall'incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fa parte dell'oggetto della prestazione d'opera professionale, poiché l'opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell'atto medesimo. Conseguentemente, l'inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà luogo a responsabilità "ex contractu" per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, e , stante il suddetto obbligo, non è ontologicamente configurabile il concorso colposo del danneggiato "ex" art. 1227 cod. civ.

Cass. 27 marzo 2007, n. 7523

La disciplina sull'accessione, contenuta nell'art. 934 cod.civ., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui; alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non si applica tale disciplina, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina, cioè con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all'uso delle cose comuni, cosicché le opere abusivamente create non possono considerarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica.

Cass. 25 maggio 2006, n. 12386

In tema di prove, l'atto pubblico fa fede fino a querela di falso solo relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese e agli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti in sua presenza, come - ad esempio - nel caso in cui dal notaio sia attestata la materiale dazione del prezzo in quanto avvenuta in sua presenza. Pertanto, l'efficacia privilegiata che l'articolo 2700 cod. civ. assegna all'atto pubblico non si estende all’intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale dalle parti o alla loro rispondenza alla effettiva intenzione delle parti. (Nella specie la venditrice di un immobile aveva evocato in giudizio per danni il comune per avere dovuto consegnare l'immobile al terzo acquirente oltre il termine convenuto a causa del ritardato rilascio dell'autorizzazione all'allaccio nella fogna comunale degli scarichi dell'immobile medesimo; ha ritenuto la S.C., sulla base del citato principio, che la sentenza della corte di merito - che aveva rigettato la domanda di danni - correttamente avesse escluso che il contratto di vendita era idoneo ad integrare la prova del danno, avendo il notaio certificato soltanto le dichiarazioni rese dalla venditrice e dall'acquirente in ordine alla parte di prezzo trattenuta dall'acquirente ed imputabile a penale nel caso di inosservanza del termine pattuito per l'allaccio della fogna, sicchè l'atto pubblico non poteva offrire elementi decisivi per stabilire l'effettivo assetto degli interessi posto in essere dalle parti ed in particolare che la suddetta somma dovesse ritenersi non più versata dall'acquirente).

Cass. 27 aprile 2006, n. 9649

L'atto pubblico redatto dal notaio fa fede fino a querela di falso relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese ed agli altri fatti dal medesimo compiuti, ma tale efficacia probatoria non si estende anche ai giudizi valutativi che lo stesso abbia eventualmente svolto, tra i quali va compreso quello relativo al possesso, da parte di uno dei contraenti, della capacità di intendere e di volere.

Cass. 24 febbraio 2006, n. 4264

In tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, l'art.12, nono comma, della legge n. 246 del 2005, che ha modificato l'art. 41 sexies della legge n.1150 del 1942, in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari; l'efficacia retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore, e , dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore.

Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479 

Il contratto con cui una parte cede all'altra la proprietà di un'area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, che aveva ravvisato nelle pattuizioni intercorse tra le parti due distinti contratti, una compravendita ed una promessa di vendita, escludendo la possibilità di qualificare la fattispecie come permuta, avendo le parti convenuto l'immediato trasferimento della proprietà dell'area contro la mera promessa di vendita di un appartamento nel fabbricato da costruire).

Cass. 2 marzo 2005, n. 4427

In relazione all’inosservanza dell'obbligo di espletare la visura dei registri immobiliari in occasione di una compravendita immobiliare, il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall'art. 2236 cod. civ. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto tale inosservanza non è riconducibile ad un'ipotesi di imperizia, cui si applica quella limitazione, ma a negligenza o imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del secondo comma dell'art. 1176 cod. civ., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve. (Nella specie, la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato la nullità del contratto di compravendita di un immobile che era risultato gravato da uso civico e del quale il venditore era solo colono perpetuo, condannando il notaio, in solido con il venditore, alla restituzione del prezzo, oltre accessori).

Cass. 19 novembre 2004, n. 21901

La costruzione di un'opera da parte di un condomino su beni comuni non è disciplinata dalle norme sull'accessione, bensì da quelle sulla comunione, secondo le quali costituisce innovazione della cosa comune una modificazione della forma o della sostanza del bene che abbia l'effetto di alterarne la consistenza materiale o la destinazione originaria. Pertanto, la costruzione da parte di un comproprietario di un’ulteriore rampa su una scala comune e di un torrino - collegato con il bene di proprietà esclusiva - su un solaio, anch'esso comune, da un lato costituisce modifica strutturale della scala e del solaio rispetto alla loro primitiva configurazione ed assoggettamento ad un uso estraneo a quello originario comune, che viene soppresso; dall'altro può determinare l'appropriazione da parte del condomino del vano occupato dalla nuova rampa e della superficie del torrino.

Cass. 12 aprile 2001, n. 5494

Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull'area stessa, a cura e con mezzi del cessionario, integra il contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro se il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco, con effetto immediato sulla proprietà dell'area e differito della cosa futura, e l'assunzione dell'obbligo di erigere l'edificio sia restata su di un piano accessorio e strumentale, ma non quando le due parti si obbligano l'una a costruire un edificio e l'altra - il proprietario del suolo - a cederlo, in tutto o in parte, quale compenso, poiché, in tale ultimo caso, il contratto ha effetti obbligatori e si qualifica come innominato del genere "do ut facias", analogo al contratto d'appalto, dal quale differisce per la mancanza di un corrispettivo in denaro. (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto che il contratto avente ad oggetto la promessa di vendita di un appezzamento di terreno, ai fini della costruzione di un edificio con coevo affidamento in appalto all'altro contraente della costruzione delle unità abitative, non sia qualificabile permuta avuto riguardo al rilievo teleologicamente essenziale che nella volontà delle parti ha assunto la costruzione del fabbricato).

Cass. 22 marzo 2001, n. 4120

Alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non si applica la disciplina sull'accessione contenuta nell'art. 934 cod. civ., che si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina, cioè con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all'uso delle cose comuni, cosicché le opere abusivamente create non possono considerarsi beni condominiali per accessione.

Cass. 29 maggio 1998, n. 5322

Il contratto di cessione della proprietà di un'area in cambio di un fabbricato (o di parte di esso) da erigere sull'area medesima a cura e con mezzi del cessionario partecipa della natura giuridica del contratto di permuta di bene presente con altro futuro, ovvero del contratto misto vendita - appalto, a seconda che, rispettivamente, il sinallagma negoziale consista nel trasferimento reciproco del diritto di proprietà attuale del terreno e di quello futuro sul fabbricato (l'obbligo di erigere il medesimo restando su di un piano meramente accessorio e strumentale), ovvero la costruzione del fabbricato risulti l'oggetto principale della volontà delle parti (ad essa risultando strettamente funzionale la precedente cessione dell'area).

Cass. 4 febbraio 1998, n. 1134

Nell'ipotesi di costruzioni eseguite in tutto o in parte sopra un suolo di proprietà comune del costruttore e di un terzo, non può trovare applicazione la disposizione dell'art. 938 cod. civ. relativa all’ accessione invertita, la cui operatività è subordinata alla mancanza di una diversa disciplina, legale o convenzionale, dei rapporti fra costruzione e proprietà del suolo, dovendosi applicare, invece, le norme in materia di comunione.

Cass. 21 novembre 1997, n. 11643

Il contratto avente ad oggetto la cessione di un'area edificabile in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato a cura e con i mezzi del cessionario può integrare tanto gli estremi della permuta tra un bene esistente ed un bene futuro quanto quelli del negozio misto caratterizzato da elementi propri della vendita e dell'appalto, ricorrendo la prima ipotesi qualora il sinallagma contrattuale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura (l'obbligo di erigere il manufatto collocandosi, conseguentemente, su di un piano accessorio e strumentale), verificandosi la seconda ove, al contrario, la costruzione del fabbricato assuma rilievo centrale all'interno della convenzione negoziale, e la cessione dell'area costituisca soltanto lo strumento prodromico onde conseguire tale, primario obbiettivo. La indagine sul reale contenuto delle volontà espresse nella convenzione negoziale "de qua", risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è riservata al giudice di merito ed è, conseguentemente, incensurabile in Cassazione se sorretta da adeguata motivazione.

Cass. 18 aprile 1996, n. 3675

La disciplina dell'accessione contenuta nell'art. 934 cod. civ. si riferisce solo alle costruzioni (o piantagioni) su terreno altrui e non anche alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari sul terreno comune, per le quali debbono ritenersi, invece, applicabili le norme sul condominio ed, in particolare, la disposizione dell'art. 1120 cod. civ, che vieta, tra l'altro, le innovazioni che rendano alcune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento di altri condomini, a meno che non vi sia il consenso di questi, nella forma scritta richiesta, a pena di nullità, per la costituzione di diritti reali su beni immobili.

Cass. 5 agosto 1995, n. 8630

Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull'area stessa, a cura e con mezzi del cessionario, può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia un contratto misto, costituito con elementi della vendita e dell'appalto. Si configura il primo contratto se il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco della proprietà attuale e della cosa futura e l'obbligo di erigere l'edificio sia rimasto su un piano accessorio e strumentale; va ravvisato invece l'altro contratto quando la costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà delle parti e l'alienazione dell'area abbia costituito solo il mezzo per conseguire l'obbiettivo primario. 

Cass. 12 maggio 1990, n. 4111

Il legislatore - stabilendo, nel comma primo dell'art. 2671 cod. civ., che il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto soggetto a trascrizione ha l'Obbligo di curare che questa venga eseguita "nel più breve tempo possibile" - ha escluso la predeterminazione, per tale adempimento, di un termine unico, applicabile in tutti i casi, con la conseguenza che, dovendo il notaio usare, nell'assolvimento dell'Obbligo suddetto, quella particolare sollecitudine imposta dall'importanza della formalità e dall'esigenza della più pronta tutela dell'interesse delle parti, indipendentemente da una esplicita richiesta delle stesse, spetta al giudice del merito di stabilire di volta in volta - tenendo conto della particolarità del caso concreto, della natura dell'atto e di ogni altra utile circostanza attinente sia ai tempi ed ai mezzi di normale impiego per l'esecuzione della trascrizione sia alle evenienze non imputabili al notaio - se l'indugio frapposto dal professionista giustifichi l'affermazione della sua responsabilità verso il cliente, tenuto conto che detta responsabilità ha natura contrattuale e che il notaio è tenuto ad espletare l'incarico che le parti gli affidano con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato, secondo quanto dispone l'art. 1176, comma secondo, cod. civ.

Cass. SS.UU., 18 luglio 1989, n. 3363

L'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo introdotto dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, il quale prescrive che "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo pubblicistico di destinazione, che non può subire deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa. Tale principio resta immutato anche dopo l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47, atteso che l'art. 26 ultimo comma di detta legge, nello stabilire che "gli spazi di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni ai sensi degli artt. 817, 818 ed 819 cod. civ.", non ha portata innovativa, ma assolve soltanto alla funzione di esplicitare la regola, già evincibile nella norma interpretata, secondo cui i suddetti spazi possono essere oggetto di atti o rapporti separati, fermo però rimanendo quel vincolo pubblicistico.

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