I titoli di debito delle società a responsabilità limitata
I titoli di debito delle società a responsabilità limitata
di Mario Stella Richter jr
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 5562/I
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 2/2005, p. 1185

1. Premessa.

Tra le cospicue novità che caratterizzano la riformata disciplina della società a responsabilità limitata si annovera anche la possibilità di emettere titoli di debito(1).

Ed in vero tra i principi e criteri direttivi per la riforma contenuti nella legge di delega si rintraccia la seguente indicazione: “disciplinare condizioni e limiti per l’emissione e il collocamento di titoli di debito presso operatori qualificati, prevedendo il divieto di appello diretto al pubblico risparmio, restando esclusa in ogni caso la sollecitazione all’investimento in quote di capitale” (art. 3, comma 2, lett. g della l. n. 366/2001). Come si ricorderà, a norma del previgente art. 2486, comma 3, cod. civ. 1942, alle società a responsabilità limitata non era invece consentita l’emissione di obbligazioni, e di tale divieto si dava generalmente una lettura ampia, ricomprendendovi ogni titolo di credito o strumento finanziario idoneo a rappresentare una frazione omogenea di una operazione di finanziamento.

Il legislatore, consapevole del ruolo centrale che avrebbe assunto la nuova società a responsabilità limitata nel panorama delle strutture organizzative delle attività di impresa (collettiva e individuale), ha dunque inteso dotare tale tipo sociale di uno strumento di finanziamento ulteriore rispetto alle risorse personali dei soci e al tradizionale affidamento bancario (a sua volta concesso prevalentemente sulla base di garanzie reali o personali dei soci)(2). Nell’introdurre tale nuovo strumento di finanziamento, si è naturalmente dovuta contemperare la apertura della società al mercato del capitale di credito con l’esigenza della salvaguardia del risparmio diffuso(3); il che è appunto avvenuto attraverso il riconoscimento della possibilità di emettere titoli di debito, ma limitandone la sottoscrizione (e quindi il loro collocamento sul mercato primario) a investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale, i quali, in caso di successiva circolazione, sono chiamati a rispondere della solvenza della società emittente nei confronti degli acquirenti (che non siano investitori professionali o soci della medesima società emittente).

Se le intenzioni del legislatore di contribuire così alla disintermediazione del finanziamento delle società a responsabilità limitata saranno assecondate dalla applicazione che la pratica commerciale si accinge a dare all’istituto è presto per dire, anche se già in proposito sono stati sollevati alcuni dubbi(4). A noi sembra che le perplessità non siano tante alimentate da possibili difetti di disciplina (anche perché, come subito si vedrà, la disciplina è assai snella nei suoi contenuti imperativi, che comunque si lasciano apprezzare per la loro equilibrata eleganza), ma piuttosto dalla constatazione empirica che gli intermediari professionali chiamati a valutare il merito creditizio delle società emittenti sono da noi non molto propensi a compiere, all’atto pratico, consimili valutazioni almeno con riguardo alle imprese medie o piccole; tanto è vero che è assurta allo status di luogo comune l’affermazione per la quale le banche prestano danari a chi già li ha e non a chi ha buone idee per guadagnarli.

2. Autonomia statutaria ed emissione dei titoli.

Analogamente a quanto avviene con riguardo a tanti altri profili della disciplina della società a responsabilità limitata(5) e coerentemente con la generale impostazione di fornire alla stessa uno statuto quanto più possibile “flessibile”, il codice civile rintraccia anzitutto nella autonomia statutaria la fonte della regolamentazione dell’istituto e, ancor prima, lo stesso presupposto per potervi concretamente ricorrere(6): solo “se l’atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di debito” (così il primo periodo del primo comma dell’art. 2483 cod. civ.). “In tal caso” – si prosegue nel secondo periodo dell’appena citato comma – “l’atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie”.

Mentre nel silenzio dell’atto costitutivo alla società a responsabilità limitata è precluso il ricorso ai titoli di debito, la società azionaria potrà sempre emettere obbligazioni anche in assenza di previsioni statutarie in punto: se infatti questa era ed è tipologicamente caratterizzata dalla apertura al mercato del capitale di credito (oltre che di rischio), altrettanto non può dirsi per quella.

La società a responsabilità limitata, anche dopo la riforma, resta una società “chiusa” ai mercati finanziari. Tuttavia, se tale chiusura permane anche dopo la riforma assoluta per quanto attiene il mercato dei capitali di rischio (art. 2468, comma 1, cod. civ.), altrettanto non può dirsi per quanto attiene al mercato del capitale di credito(7).

In definitiva, è a dirsi che la previsione dell’atto costitutivo di cui discorre il primo comma dell’art. 2483 cod. civ. appare funzionale: da un lato, a connotare la società per una relativa (e cioè nei limiti previsti inderogabilmente dalla legge) apertura al mercato del capitale di credito; dall’altro, a integrare una disciplina dispositiva volutamente lasciata incompleta dalla legge.

3. La previsione dell’atto costitutivo.

Una acconcia previsione statutaria è dunque presupposto indefettibile per procedere alla emissione dei titoli di debito; chiaramente tale norma potrà essere contenuta in qualunque parte del regolamento statutario eventualmente composto da più documenti (tra loro differentemente intitolati: atto costitutivo, statuto, patto sociale, ecc.)(8) e potrà essere originaria o successivamente inserita(9).

Ne discende che ci si deve chiedere: (i) quali siano le conseguenze di una emissione di titoli di debito in assenza di previsione statutaria; (ii) che cosa accada se, viceversa, una previsione vi sia e tuttavia essa sia lacunosa in ordine alla individuazione della competenza, delle modalità o delle maggioranze per assumere la decisione di emissione dei titoli di debito; (iii) se la previsione statutaria possa indicare una competenza tanto dei soci quanto degli amministratori alla emissione dei titoli; (iv) quali possano in concreto essere le modalità previste per l’assunzione della decisione di emissione.

E’ evidente come alcune delle suddette questioni risultino tra loro almeno in parte collegate.

Per quanto attiene alla prima, si è correttamente affermato che la mancanza della previsione statutaria rende l’emissione delle obbligazioni un atto estraneo ai limiti legali di rappresentanza degli amministratori, con la conseguenza che, da un lato, il sottoscrittore potrebbe sempre ripetere la somma versata e, dall’altro, la società non resterebbe obbligata alle condizioni di emissione e sarebbe tenuta solo alla restituzione di quanto ricevuto (sine titulo) dal sottoscrittore(10).

Per quel che concerne la seconda questione, sembra che la mancanza nella clausola statutaria della indicazione della competenza a emettere i titoli di debito possa interpretarsi o nel senso di una tacita attribuzione alternativa tanto ai soci quanto agli amministratori(11) (sempre che ovviamente si ammetta tale previsione anche in forma espressa(12)) ovvero nel senso di una attribuzione ai soli amministratori, valorizzando allora il disposto dell’art. 2479, comma 1, cod. civ. a mente del quale “i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo” e interpretando il relativo silenzio come tacita attribuzione di competenza agli amministratori. E’ pur vero infatti che nel regime della società a responsabilità limitata manca una disposizione corrispondente a quella dell’art. 2410, comma 1, cod. civ., e cioè una espressa regola dispositiva di attribuzione della competenza, ma è anche vero che appare eccessivamente diseconomico rendere completamente inefficace una clausola, seppure imperfetta, quale quella ipotizzata(13). D’altra parte la divisata soluzione poggia pure sulla constatazione che la decisione di emissione dei titoli di debito è un atto gestorio e come tale in principio di competenza, anche nella società a responsabilità limitata, pur sempre degli amministratori. E’ infatti certo che in questo tipo sociale manca una netta distinzione tra le competenze dei soci e quelle degli amministratori e che anzi la nuova società a responsabilità limitata si caratterizzi anche e soprattutto per l’assenza di una riserva esclusiva della funzione amministrativa all’organo a ciò preposto (come invece avviene nella società per azioni: artt. 2380-bis cod. civ.), ma è altresì vero che la regola residuale resta quella per cui – ferme le possibilità delle provocationes ad populum e ab populo dell’art. 2479 cod. civ. – l’attività gestoria dell’impresa sociale spetta agli amministratori(14).

Meno opinabile e più semplice è la soluzione da darsi alla (diversa) ipotesi in cui la clausola statutaria attribuisca la competenza, ma non indichi modalità e maggioranze necessarie per adottare la decisone di emissione dei titoli di debito. Non è dubbio che in un consimile caso soccorrano i regimi previsti o in generale (e quindi non con riguardo alla specifica decisione in questione) dall’atto costitutivo o, in assenza di quelli, dalla legge in via residuale(15). Così se l’attribuzione di competenza sarà fatta a favore dei soci si applicherà, in ultima istanza, l’art. 2479 cod. civ.(16) e se la competenza sarà degli amministratori si applicherà il regime dispositivo dell’art. 2475 cod. civ.

Non pone alcun problema, infine, la mancata previsione di limiti alla emissione, essendo gli stessi espressamente definiti come eventuali(17).

In merito alla terza questione, si vedono difficoltà ad ammettere una competenza alternativa. Pare infatti che in termini generali la ripartizioni di competenze – per quanto, come si è ricordato, elastica – imponga una precisa attribuzione statutaria (arg. ex art. 2479, comma 1, cod. civ.)(18), e ciò pure in presenza della opportunità di chiedere che una singola decisione degli amministratori sia rimessa ai soci su richiesta di uno o più amministratori o di tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale.

Diversa è naturalmente l’ipotesi, sicuramente ammissibile, per cui l’atto costitutivo preveda la possibilità di delegare dai soci agli amministratori, e quindi con apposita decisione dei primi, una o più emissioni di titoli di debito(19).

Ove, infine, la clausola determini con precisione le modalità e le maggioranze necessarie per l’adozione della decisione di emissione, esse in concreto potranno atteggiarsi nei modi più vari.

Per quanto attiene alle prime, potrà prevedersi il ricorso tanto a una deliberazione assembleare vera e propria quanto a una decisione raggiunta per mezzo di consultazione scritta o attraverso consensi espressi per iscritto. Potrà pure prevedersi che la decisione risulti da atto pubblico e quindi venga sottoposta a verbalizzazione e controllo notarili(20), pur non essendo ciò, nel silenzio dell’atto costitutivo, naturalmente necessario(21).

Per quanto riguarda le maggioranze, potrà anche richiedersi l’unanimità dei consensi degli interessati (soci o amministratori che siano) così come potrà stabilirsi che la decisione di emettere titoli di debito spetti al o sia subordinata al consenso di un singolo socio, che cioè tale decisione costituisca l’oggetto di un particolare diritto amministrativo (sulla base dell’art. 2468, comma 3, cod. civ.).

La clausola statutaria, infine, potrà (ma non dovrà, come già ricordato) prevedere limiti alla emissione dei titoli di debito(22); limiti che non saranno necessariamente quantitativi, ma che potranno essere (solo o anche) qualitativi(23), potendosi in questo secondo caso precludere l’emissione di titoli con determinata forma o con determinato contenuto(24).

4. La decisione di emissione.

Nel rispetto di quanto previsto dalla apposita clausola dell’atto costitutivo, la decisione di emissione stabilisce di volta in volta le caratteristiche dei titoli di debito con riguardo sia alla loro forma sia al loro contenuto.

Del che ci si dovrà occupare, dopo avere ulteriormente chiarito che: (i) la decisione di emissione può consistere nella stessa deliberazione di modificazione dell’atto costitutivo con la quale si prevede di emettere titoli di debito, ove questa previsione sia formulata non in termini generali ma specifici(25); (ii) la decisione di emissione è soggetta alla pubblicazione nel registro delle imprese (art. 2483, comma 3, cod. civ.), e che quindi, a prescindere dal soggetto da cui promana (soci, socio, amministratore, amministratori, consiglio di amministrazione), dovrà risultare da atto scritto(26); (iii) prima della iscrizione della decisione nel registro non potrà procedersi alla emissione dei titoli(27). Delle altre formalità relative alla decisione di emissione si è già detto(28).

Ciò richiamato, si deve, come si diceva, affrontare il tema delle possibili forme e dei possibili contenuti dei titoli di debito delle società a responsabilità limitata, la qual cosa naturalmente presuppone farsi una idea dei caratteri tipologici di tali strumenti di finanziamento.

5. La fattispecie “titolo di debito”.

Sembra a chi scrive che la (per vero non immediata) operazione di determinazione dei presupposti necessari per l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2483 cod. civ. non possa che avvenire tenendo in conto come la apertura ivi contemplata incida sul sistema; in altre parole, l’impressione è che un decisivo contributo alla determinazione della fattispecie derivi – oltre che dalle indicazioni letterali che la stessa locuzione “titoli di debito”suggerisce – dallo stabilire in che cosa consista la novità della possibilità di loro emissione, e ciò nel confronto con l’abrogato “divieto di emissione di obbligazioni”, ma pur sempre in presenza di un divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico (art. 11 TUB)(29) e di una particolare disciplina della sollecitazione all’investimento in prodotti finanziari (art. 94 ss. TUF), tra cui si annoverano per espressa definizione normativa i titoli di debito (cfr. il combinato disposto del comma 1, lett. u, e comma 2, lett. b, dell’art. 1 del TUF).

Come si diceva, le primissime indicazioni non possono che derivare dal significato della espressione titolo di debito. Di titolo di debito parla il legislatore, ai nostri fini in modo assai significativo, nel ricordato art. 1, comma 2, lett. b) del TUF(30), per definire quali strumenti finanziari (anche) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito(31). Se ne deduce che, in generale, i titoli di debito appartengono a un genere del quale le obbligazioni e i titoli di Stato sono due specie(32). Si tratta allora di stabilire quale sia il tratto comune di questi diversi titoli, perché, così facendo, si troverebbe anche il carattere tipologico dei titoli di debito emessi dalle società a responsabilità limitata(33). E’ allora a dirsi che obbligazioni, titoli di Stato e altri titoli, appunto, di debito sono accomunati dal fatto di essere emessi credendi (e non solvendi) causa(34) e in massa. Ciò significa che il titolo di debito (di cui discorre l’art. 2483 cod. civ.) è necessariamente rappresentativo di una frazione (standardizzata) di una operazione economica unitaria di finanziamento della società a responsabilità limitata(35).

D’altra parte anche una considerazione di sistema conferma che i titoli di debito non possono non essere di massa; solo in questo caso la nuova apertura voluta dal legislatore con l’art. 2483 cod. civ. avrebbe infatti significato. Infatti, il previgente divieto di emettere obbligazioni (art. 2486, comma 3, cod. civ. 1942) era infatti inteso come preclusione di fare ricorso a titoli (o comunque strumenti) di massa, mentre invece era chiaramente possibile che la società a responsabilità limitata emettesse un titolo di credito individuale e che quindi, ad esempio rappresentasse, il suo indebitamento in una o più cambiali(36).

Ne consegue che la possibilità di emettere titoli di debito non può che riferirsi a strumenti di massa(37). Tuttavia, a differenza delle obbligazioni di società e analogamente ai titoli di Stato, non si tratterà necessariamente di titoli di massa organizzata, dal momento che – come è stato chiarito(38) e come indica lo stesso art. 2483, comma 3, cod. civ. – la emissione dei titoli di debito non comporta automaticamente la organizzazione del gruppo dei loro possessori, che, se voluta, dovrà essere prevista dall’atto costitutivo.

6. La forma dei titoli di debito.

Stabilito che il titolo di debito è uno strumento di finanziamento di massa, deve poi chiarirsi se esso debba necessariamente o semplicemente possa essere rappresentato da un titolo di credito.

Il quesito è suscettibile di essere scomposto in più questioni; ci si potrebbe ad esempio chiedere se in luogo del tradizionale documento sottoposto alla disciplina della circolazione cartolare sia o meno possibile ricorrere al regime di dematerializzazione (di cui all’art. 28, comma 3, d. lgs. n. 213/1998)(39), oppure se possa assumere la forma di un titolo improprio e quindi assoggettarsi ad una circolazione equiparata a quella cartolare quanto alle forme, ma non agli effetti (art. 2002 cod. civ.).

Dal punto di vista della lettera della norma, sembra difficilmente discutibile che l’emissione dei titoli di debito debba comportare una attività di creazione documentale ulteriore rispetto alla ordinaria redazione di contratti di finanziamento e d’altronde la stessa locuzione “titolo di debito” evoca, nel suo ricordato accomunasi a obbligazioni e titoli di Stato, strumenti dalla forma cartolare (anche se dematerializzata)(40). Tuttavia, si deve considerare come la società a responsabilità limitata possa attuare una operazione di finanziamento attraverso la predisposizione di strumenti finanziari non documentati in titoli circolanti(41). In una consimile circostanza si potrebbe pensare di trovarsi al di fuori dell’àmbito di applicazione dell’art. 2483 cod. civ., non ricorrendo nella sostanza la fattispecie “titolo di debito”; ma, così facendo, si priverebbe ingiustificatamente l’acquirente di quegli strumenti finanziari (pur sempre trasferibili con le forme e gli effetti della cessione ordinaria del credito) della tutela di cui al secondo comma dell’art. 2483 cod. civ., e ciò in una situazione in cui il regime circolatorio dello strumento meno orientato al mercato sembrerebbe reclamare una tutela degli acquirenti in termini di garanzia di solvenza del debitore non meno intensa di quella fornita in caso di emissione e circolazione di (un vero e proprio) titolo di debito. Di qui l’opportunità di fare rientrare, al di là del dato letterale, nella fattispecie del titolo di debito anche gli strumenti di massa privi forma cartolare(42).

Dove invece si faccia ricorso alla emissione di titoli di credito, come è peraltro naturale che avvenga, avremo a che fare, come per le obbligazioni e i titoli del debito pubblico, con titoli causali e a letteralità incompleta, nel senso: (i) che il riferimento al “debito” suggerisce che debba trattarsi di titoli a causa determinata e che questa debba corrispondere ad una funzione di finanziamento della società (salvo meglio specificare il tipo di rapporto che ne giustifichi l’emissione(43)); (ii) che tale operazione unitaria di finanziamento sia evocata dalla lettera del titolo almeno, come si vedrà, attraverso la menzione della decisione di emissione; (iii) che i loro contenuto letterale è, pertanto, integrato con le previsioni contenute nella relativa clausola statutaria e nella decisione di emissione (per tale ragione soggetta a iscrizione nel registro delle imprese)(44); (iv) che, conseguentemente, (almeno(45)) i vizi relativi al contenuto tipico del rapporto che ha dato causa alla emissione dei titoli sarebbero opponibili ai portatori degli stessi sulla base dell’art. 1993, comma 1, cod. civ. , e quindi anche se di buona fede(46).

Quanto alla legge di circolazione, infine, si dovrà trattare di titoli a legittimazione nominale(47), onde consentire, sulla base delle risultanze documentali del titolo (e quindi in modo agevole e pronto), la identificazione del sottoscrittore chiamato ex lege a rispondere della solvenza dell’emittente(48).

Ciò detto, può ancora aggiungersi che dal suo contenuto letterale minimo (come si è appena visto, da considerarsi integrato con quanto stabilito dalla previsione statutaria e dalla decisione di emissione) dovrà constare: la locuzione di titolo di debito (o altra equivalente come ad esempio quella che rinvii all’art. 2483 cod. civ.), la denominazione della società emittente, i riferimenti necessari alla individuazione della decisione di emissione (e quindi essenzialmente data e luogo di iscrizione nel registro delle imprese), l’importo del credito e la sottoscrizione (anche meccanica(49)) di un legale rappresentante della società(50).

7. Il contenuto dei titoli e del diritto.

Quanto già detto a proposito dei suoi caratteri tipologici, porta conseguentemente ad affermare che il titolo di debito, emesso “nel contesto di una operazione collettiva di finanziamento”(51), ha normalmente come causa giustificatrice un mutuo, ma che possa anche rappresentare (una frazione del)la posizione dell’associato in un rapporto di associazione o altra forma di cointeressenza(52).

Ciò che è viceversa da escludere è che possano darsi titoli di debito “ibridi” sulla falsariga degli strumenti finanziari partecipativi di cui all’ultimo comma dell’art. 2346 cod. civ. (norma non a caso non riprodotta in materia di società a responsabilità limitata)(53).

Naturalmente i titoli di debito possono incorporare e normalmente incorporano, oltre al diritto alla restituzione della somma di danaro prestata alla società(54) anche il diritto al pagamento di un interesse. Tale interesse può essere variamente quantificato(55); potrà essere fisso o variabile: nel primo caso potrà essere anticipato e quindi esaurirsi nella differenza tra ammontare da rimborsarsi e prezzo di emissione del titolo (c.d. premio di emissione, come se si trattasse di uno zero coupon); nel secondo caso potrà venire parametrato tanto su indici generali quanto su speciali circostanze. Potrà anche essere legato all’andamento della società emittente, di suoi rami di impresa, ovvero di società controllate o controllanti(56).

Oltre alla previsione di interessi, potrà promettersi la corresponsione di premi, per l’attribuzione dei quali si provvederà per mezzo di estrazioni.

Anche le modalità di rimborso (tempo, luogo del pagamento, ecc.) possono essere (assai) varie: la decisione di emissione avrà modo di stabilire che questo possa avvenire secondo un piano di ammortamento stabilito eguale per tutti i possessori dei titoli o differenziato sulla base di quanto emerso da estrazioni; potrà riservare alla società la facoltà di procedere a rimborso anticipato. Naturalmente dovrà prevedere un termine, che potrà coincidere con quello della società(57), ma non eccederlo.

La decisione di emissione potrà anche prevedere che la restituzione del capitale possa essere postergata rispetto al soddisfacimento di altri crediti(58).

Il diritto rappresentato dal titolo di debito potrà pure essere garantito(59).

Le varianti di contenuto del titoli di debito potranno, in definitiva, essere tutte quelle note per le obbligazioni di società per azioni(60); con una eccezione, tuttavia: si ritiene che non possano essere emessi da società a responsabilità limitata titoli di debito convertibili in partecipazioni in società a responsabilità limitata(61). E ciò per due concorrenti ragioni. Da un lato perché così facendo si rischierebbe di eludere il divieto posto dall’art. 2468, sollecitando il pubblico all’investimento in partecipazioni sociali, dall’altro perché si creerebbero difficoltà difficilmente sormontabili di coordinamento tra la decisione di emissione e il regime dell’aumento di capitale a pagamento, che, come è noto, nella società a responsabilità limitata è riservato ai soci salvo che la sottoscrizione di terzi non sia prevista dall’atto costitutivo e comunque con la possibilità dei soci di recedere (art. 2481-bis, comma 1, cod. civ.)(62). E’ viceversa possibile emettere titoli di debito rappresentativi anche di una opzione di conversione del credito in partecipazione al capitale di rischio di una società per azioni.

8. Sottoscrizione e circolazione.

Come già ricordato, la sottoscrizione dei titoli di debito è per legge riservata a investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale(63). La individuazione della composizione di tale categoria di investitori non pone particolari problemi. Di “investitori professionali” parla infatti in più luoghi il testo unico delle disposizioni in materia finanziaria(64), e, tra l’altro, nel secondo comma dell’art. 30, dove in particolare si rinvia ad apposito regolamento di attuazione della Consob per la loro più puntuale enumerazione. Tale disposizione regolamentare è appunto quella racchiusa nell’art. 31, comma 2, della delibera Consob n. 11522/1998 (come successivamente modificato con delibera n. 13710/2002), a mente del quale sono “operatori qualificati … gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante”. Seppure da alcuni si sia rilevato come la definizione dell’art. 31, comma 2, si dettata con riguardo agli operatori qualificati e non agli investitori professionali, l’osservazione non vale a smentire che gli operatori qualificati colà enumerati siano proprio gli investitori professionali dei quali qui si cerca la precisa identità(65). Infatti, come non si è mancato di rilevare dalla più attenta dottrina(66), la equiparazione è dimostrata dal fatto che altra norma regolamentare (: l’art. 28 della delibera Consob n. 11971/1999), rubricata appunto “investitori professionali”, rinvia per la loro individuazione “agli investitori definiti dall'articolo 31, comma 2, del regolamento n. 11522 del 1° luglio 1998” e cioè agli operatori qualificati. E d’altra parte non è certo priva di significato ai fini della affermata equiparazione la circostanza che la legge di delega imponesse di “disciplinare condizioni e limiti per l’emissione e il collocamento di titoli di debito presso operatori qualificati” (art. 3, comma 2, lett. g), l. 366/2001, enfasi aggiunta).

Se dunque gli investitori qualificati dell’art. 31, comma 2, cit. sono gli investitori professionali, per sapere quali possono sottoscrivere titoli di debito basterà individuare nel loro generale novero quelli “soggetti a vigilanza prudenziale”, e quindi, in sostanza, sottoposti a un controllo di consistenza e stabilità patrimoniale(67); controllo funzionale, d’altra parte, a rendere effettiva la garanzia di solvenza dell’emittente ex lege prevista in loro capo in caso di successivo trasferimento dei titoli di debito(68). Ne discende che, sceverando nell’elenco dell’art. 31, comma 2, cit. i soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale da quelli non soggetti, nel primo gruppo resteranno: le banche, le s.i.m., le s.g.r., le Sicav, le compagnie di assicurazione e le società iscritte nell’elenco di cui all’art. 107 del TUB(69).

Una volta sottoscritto da uno degli appena individuati investitori, il titolo può successivamente essere trasferito tanto a soggetti qualificati quanto a investitori non qualificati. Se il titolo di debito viene acquistato da un investitore non professionale – e a prescindere dalla sua soggezione o meno a vigilanza prudenziale – che non sia socio della società emittente, chi lo trasferisce risponde della solvenza di detta società (così il secondo periodo del secondo comma dell’art. 2483 cod. civ.). Si prevede quindi, a tutela degli investitori non qualificati (in generale, ai sensi delle ricordate disposizioni regolamentari, e in particolare, in virtù della loro partecipazione alla società), una sorta di obbligazione in via di regresso(70) analoga a quella disposta dall’art. 2412 cod. civ. nella ipotesi di emissione di obbligazioni di società per azioni oltre i limiti quantitativi dallo stesso articolo imposti (o in caso di emissione di obbligazioni da parte di società estere controllanti o controllate da società italiane: art. 2412, comma 7, cod. civ., aggiunto dall’art. 15 d. lgs. n. 310/2004)(71).

Tale previsione normativa solleva essenzialmente tre ordini di questioni interpretative (come si vedrà, tra loro in parte connesse)(72).

In primo luogo, si deve determinare la conseguenza di emissione di titoli non sottoscritti da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale; e si ritiene certamente da preferirsi la soluzione secondo cui i titoli di debito sarebbero certamente validi, seppure irregolarmente emessi con la conseguenza che i terzi portatori acquisterebbero i diritti autonomi in essi rappresentati e il sottoscrittore continuerebbe a rispondere della solvenza dell’emittente(73).

In secondo luogo, si tratta di stabilire se alla garanzia sia tenuto solo il sottoscrittore (e primo cedente) del titolo ovvero chiunque lo trasferisca anche successivamente. La Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo chiarisce come l’intenzione del legislatore fosse nel primo senso; si legge infatti: “la soluzione elaborata … dall’art. 2483, sulla base delle indicazioni della legge di delega, è stata quella … di imporre, nel caso in cui i titoli vengono successivamente trasferiti, come può risultare economicamente necessario al fine di procacciarsi la provvista, a carico dei sottoscrittori stessi una garanzia ex lege per la solvenza della società sostanzialmente coincidente con quella prevista in materia di cessione del credito”(74). Così per alcuni interpreti l’imposizione legale della garanzia dovrebbe far capo unicamente al sottoscrittore(75): solo per costui, infatti, si impone una particolare condizione di stabilità patrimoniale, che indubbiamente costituisce la ratio legis (oltre che legislatoris) della imposizione che il sottoscrittore del titolo di debito sia investitore non solo professionale ma anche soggetto a vigilanza prudenziale. Ma, per altri il riferimento dell’art. 2483, comma 2, a “chi … trasferisce” i titoli dovrebbe far propendere per la seconda possibile lettura(76). Non sono poi mancate ulteriori e più articolati tentativi di interpretazione ispirati a criteri di indubbia ragionevolezza; mi riferisco a quello per cui la responsabilità incomberebbe “sull’ultimo investitore professionale che abbia trasferito il titolo ad un soggetto non qualificato”(77).

Ora a noi sembra che nessuna delle cennate letture sia pienamente soddisfacente: si tratta infatti di trovare una soluzione che sia quanto più possibile rispettosa tanto del dato letterale quanto della finalità della disciplina e che, al contempo, non scoraggi oltremodo la sottoscrizione di titoli di debito e quindi, in definitiva, la diffusione dell’istituto. In questo senso, il migliore punto di equilibrio consisterebbe a nostro avviso nel ritenere garante della solvenza dell’emittente (non l’ultimo degli investitori professionali tout court, ma) l’ultimo degli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale che abbia ceduto il titolo. In questo modo responsabile non sarebbe necessariamente il primo sottoscrittore, ma solo quell’investitore professionale, pur sempre dotato di idonei requisiti di patrimonializzazione, il quale abbia trasferito il titolo di debito ad un soggetto diverso da un investitore soggetto a vigilanza prudenziale. Secondo questa lettura, tanto il sottoscrittore quanto ogni successivo investitore soggetto a vigilanza prudenziale avrebbero un modo per disporre del titolo senza assumere con certezza responsabilità per la solvenza dell’emittente e, al contempo, senza in alcun modo indebolire la consistenza della garanzia offerta dalla legge agli investitori non qualificati. Il cedente il titolo di debito che ne disponesse a favore di un investitore soggetto a vigilanza prudenziale sarebbe infatti sicuro di non assumersi alcuna responsabilità in caso di inadempimento dell’emittente; non basterebbe però un trasferimento ad un socio o ad un investitore professionale non soggetto a vigilanza prudenziale(78), dal momento che costoro, pur non godendo della garanzia, potrebbero a loro volta ritrasferire il titolo a un investitore non qualificato senza essere in condizione di offrire allo stesso idonea garanzia (e ciò perché, all’evidenza, non necessariamente dotati di requisiti di patrimonializzazione) (79).

Data questa soluzione, discende necessariamente che la garanzia dell’ultimo cedente tra gli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale vale non solo nei confronti dell’immediato cessionario (non qualificato) del titolo di debito, ma anche degli eventuali successivi (sempre se non qualificati)(80); il che è d’altra parte fatto chiaro dalla stessa lettera dell’art. 2483, comma 2, cod. civ. che si riferisce in generale “acquirenti” (al plurale, e non all’acquirente al singolare).

In terzo e ultimo luogo, si deve capire se detta garanzia operi nei limiti di quanto ricevuto a fronte della cessione del titolo di debito, come se si trattasse di una garanzia per un credito ceduto (art. 1267, comma 1, cod. civ.)(81), ovvero per l’intero credito rappresentato dal titolo(82). Malgrado il preciso riferimento contenuto nella già ricordata Relazione illustrativa, la natura cartolare del titolo di debito fa propendere per considerare la natura di tale garanzia imposta dalla legge in termini omogenei con quella riconnessa alla girata cambiaria (art. 19, comma 1, l. camb.)(83). Come è stato incisivamente scritto, “il nuovo testo dell’art. 2483 s’inscrive … fra <<i casi indicati dalla legge>> cui l’art. 2012 c.c. fa riferimento per attribuire efficacia obbligante alla girata”(84). D’altronde, anche nella prospettiva del funzionamento effettivo della garanzia, la soluzione non può che essere quella di una responsabilità per l’intero credito rappresentato dal titolo di debito(85): infatti, poiché della solvenza della società emittente sembra rispondere solo il primo sottoscrittore o comunque un soggetto che non ha avuto necessariamente rapporti con l’ultimo possessore del titolo di debito che agisca nei suoi confronti (in via di regresso, diremmo), non sarebbe ragionevole limitare la garanzia a quanto da quello ricevuto, ad una somma cioè ignorata e non pagata dal soggetto garantito(86): il sistema della garanzia per i crediti ceduti per come regolato dall’art. 1267 cod. civ. funziona e ha senso se limitato nei suoi effetti ai soli rapporti inter partes(87).

Non è invece dubbio che la responsabilità posta dalla legge a carico del cedente il titolo di debito, essendo posta a garanzia di una platea indeterminata di soggetti terzi e in definitiva di un “mercato”, non sia derogabile(88).

Può ancora aggiungersi che la emissione dei titoli di debito, essendo riservata a investitori professionali, non è soggetta, in virtù della previsione dell’art. 100, comma 1, lett. a) del TUF, alla disciplina della sollecitazione all’investimento (art. 94 ss. TUF), disciplina che tuttavia ritorna applicabile ogni qual volta si voglia successivamente sollecitare sul mercato secondario il pubblico dei risparmiatori(89).

9. Modificazione dei diritti rappresentati dai titoli e vicende della società emittente.

La circolazione dei titoli di debito non esaurisce le possibili vicende cui questi possono andare incontro. I titoli di debito possono essere modificati nel loro contenuto; può cioè ipotizzarsi che la società intenda cambiare condizioni del prestito e modalità del rimborso. Tuttavia la modificazione, in assenza di apposita previsione(90), sarà giocoforza subordinata al consenso di tutti gli interessati(91); ciò dipende dal fatto che, come si è già avuto modo di ricordare, la posizione dei possessori dei titoli di debito è essenzialmente estranea al rapporto sociale e, quindi, l’emissione dei titoli non comporta automaticamente una loro considerazione in termini di gruppo (organizzato) chiamato a decidere dei propri interessi sulla base del principio maggioritario(92).

Si deve poi considerare come incidano le vicende della società emittente sul regime dei titoli. L’assenza, almeno nella previsione della legge, di limiti alla emissione dei titoli comporta una insensibilità sulla loro disciplina delle eventuali riduzioni del capitale(93).

Neppure pone particolari problemi la trasformazione della società a responsabilità emittente titoli di debito in altra società di capitali (e quindi, in sostanza, in una società azionaria)(94), dal momento che l’esistenza di titoli di debito in circolazione appare pienamente compatibile con i caratteri tipologici dei tipi in cui la società emittente intende trasformarsi (v. spec. art. 2411 cod. civ.)(95); e anche qualora l’ammontare dei titoli emessi eccedesse i limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. soccorrerebbe il disposto del secondo comma dell’art. 2412, che, come si è ricordato, coincide con quanto in generale imposto, proprio per i titoli di debito, dal secondo comma dell’art. 2483 cod. civ. E’ invece più opinabile stabilire se la trasformazione della società emittente possa avvenire, pendente l’emissione dei titoli di debito, anche in società di persone (art. 2500-sexies cod. civ.)(96) ovvero in organizzazioni non societarie (art. 2500-septies cod. civ.). A noi sembra che la risposta dipenda essenzialmente al valore che oggi si intende dare sul piano sistematico alle disposizioni degli artt. 2410 ss. e 2483 cod. civ.; si tratta in altre parole di chiedersi se ancora esse possano indicare l’esistenza di un principio generale per il quale l’emissione di titoli di credito (non al portatore: arg. ex art. 2004 cod. civ.) rappresentativi di una frazione omogenea di una operazione di finanziamento sia vietata, se non espressamente consentita, ovvero se dette norme costituiscano solo due regimi specifici (propri dei tipi delle società azionarie e a responsabilità limitata, rispettivamente) che non incidono sulla generale libertà di emissione che si riespande senza particolari limiti in capo agli altri soggetti (non organizzati in forma di società di capitali). Naturalmente, ai fini della soluzione di una simile alternativa, sembra tutt’ora decisivo il ruolo giocato dal divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico posto dall’art. 11 del TUB. Riteniamo infatti che tale divieto incida anche sulla possibilità di emettere titoli di massa, dal momento che, se è vero che essi possono essere posti in sottoscrizione senza sollecitare il pubblico risparmio, sembra indubitabile che il loro regime circolatorio li renda in definitiva destinati ad un mercato e quindi al “pubblico”; ne consegue che, proprio in forza del divieto posto dal secondo comma del ricordato art. 11, titoli di debito (e obbligazioni) potranno essere emessi solo ove espressamente consentito e quindi non da società di persone o da altri soggetti (imprenditori).

La società che abbia emesso titoli di debito potrà, inoltre, fondersi e scindersi senza dovere preventivante estinguere il correlativo debito(97), fermo naturalmente restando il diritto a fare opposizione dei creditori e quindi anche dei possessori dei titoli di debito (nelle forme previste dalla decisione di emissione o, in assenza, dalla legge) e, nel caso di scissione, previa approvazione da parte dei possessori dei titoli di debito (da accordarsi anche essa nelle forme previste dalla decisione di emissione ovvero all’unanimità: art. 2483, comma 3, cod. civ.). Nei limiti di quanto appena illustrato, potrà anche trattarsi di operazione dalla quali risulti (o risultino) una (o più) società di tipo diverso rispetto alla società a responsabilità limitata.

10. La disposizione del quarto comma.

Non merita particolare discorso la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo 2483. Si tratta di norma a contenuto narrativo volta a chiarire e ricordare che in presenza di disposizioni di leggi speciali queste prevarranno sulla generale disciplina dell’art. 2483 cod. civ. Il legislatore storico deve avere essenzialmente pensato ai particolari regimi delle obbligazioni bancarie e dei titoli di deposito (art. 12 TUB) e dei titoli di debito emessi dalle società di cartolarizzazione (art. 5 l. n. 130/1999)(98). V’è poi salvezza del regime delle cambiali finanziarie (l. n. 43/1994), e ciò a prescindere dal fatto che alle stessa non può alludere l’ultimo comma dell’art. 2483 cod. civ. (che limita il riferimento a società di particolari categorie o con attività riservata) e lasciando impregiudicato il problema della loro qualificazione in termini di titoli di debito(99).


(1) Sottolinea, da ultimo, la rilevanza della novità G. Carraro, Titoli di massa e nuovo diritto delle società, Padova, 2005, p. 101.
(2) Cfr. P. Spada, L’emissione dei titoli di debito nella “nuova” società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, p. 799 ss., a p. 802; G. Zanarone, in AA.VV., Diritto commerciale, Bologna, 2004 (IV ed.), p. 302 s.; Associazione Preite, Il diritto delle società, Bologna, 2004, p. 271; I. Demuro, Alcune osservazioni sui titoli di debito nelle s.r.l., in Giust. civ., 2004, II, p. 519; B. Libonati, Diritto commerciale, Milano, 2005, pp. 461 e 464; nonché, se si vuole, M. Stella Richter jr, voce “Società (riforma delle). I) profili sostanziali” della Enc. giur., Roma, 2004, p. 5; Id., Società a responsabilità limitata. Disposizioni generali. Conferimenti. Quote, in Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2005 (II ed.), p. 282.
(3) Si noti che, superando tutta una serie di problemi di coordinamento sollevati dai primi commentatori (M. Porzio, in La riforma delle società, a cura di M. Sandulli e V. Santoro, vol. 3, Torino, 2003, pp. 228 e 230 s.; C. D’Ambrosio, I titoli di debito nella nuova società a responsabilità limitata, in Società, 2003, p. 1341 ss. – il lavoro del D’Ambrosio è stato anche pubblicato, con l’aggiunta di quattro note e sotto il titolo I titoli di debito nel nuovo diritto societario, in Il nuovo diritto societario. Primi riflessi su alcuni contenuti di disciplina, a cura di A. Genovese, Torino, 2004, p. 85 ss. – alle pp. 1342 s. e 1345), con il d.lgs. n. 37/2004 si è provveduto a modificare l’art. 11 del TUB, prevedendovi (al comma 4, lett. c) che il divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico non si applica “alle società, per la raccolta effettuata ai sensi del codice civile mediante obbligazioni, titoli di debito od altri strumenti finanziari”.
(4) V. A. Banfi-F. Di Pasquali, Titoli di debito e riforma del diritto societario: alcune valutazioni critiche, in AGE, 2003, p. 407 ss.; Demuro, Alcune osservazioni, p. 527 s.
(5) Si pensi, a mero titolo esemplificativo, al recesso o della esclusione dalla società (artt. 2473 e 2473-bis cod. civ.); e sul ruolo centrale svolto dalla autonomia statutaria nella disciplina del primo istituto mi permetto di rinviare a M. Stella Richter jr, Diritto di recesso e autonomia statutaria, in Riv. dir. comm., 2004, I, p. 389 ss.
(6) Sottolineano il ruolo svolto dalla autonomia statutaria ai fini della disciplina dei titoli di debito anche: Associazione Preite, Il diritto delle società, pp. 272 (ma con toni critici), 273 e 274; V. Buonocore, in AA.VV., La riforma del diritto societario, a cura dello stesso, Torino, 2003, p. 177; G. Cabras, sub art. 2483, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, vol. III, Napoli, 2004, p. 1693; G.F. Campobasso, La riforma delle società di capitali e delle cooperative, Torino, 2004 (II ed.), p. 195; Id., Manuale di diritto commerciale, Torino, 2004 (III ed.), p. 324; P. Marchetti, Le obbligazioni, in AA.VV., Il nuovo ordinamento delle società, Milano, 2003, p. 213 ss., a p. 227; L. Picone, in Codice commentato delle nuove società, a cura di G. Bonfante, D. Corapi, G. Marziale, R. Rordorf, V. Salafia, Milano, 2004, p. 1120; M. Rescigno, La nuova società a responsabilità limitata, in Il nuovo diritto delle società di capitali e delle società cooperative, a cura dello stesso Rescigno e di A. Sciarrone Alibrandi, Milano, 2004, p. 275 ss., a p. 287; D.U. Santosuosso, Il nuovo diritto societario. I principi della legge delega e le linee guida della riforma, Milano, 2003 (suppl. al fasc. n. 6/2003 di Diritto e giustizia), p. 110; Id., La riforma del diritto societario, Milano, 2003, p. 232; D. Scano, Appunti sui titoli di debito, in La riforma del diritto societario. Atti del convegno di Sassari, 2-3 ottobre 2003, Milano, 2004, p. 104 ss., a p. 105 s. (ma con toni critici).
(7) Cfr. anche Spada, L’emissione, spec. p. 802, e Cabras, op. cit., p. 1693.
(8) Il punto è pacifico; cfr., tra gli altri, Porzio, op. cit., nt. 12 di p. 229; Cabras, op. cit., p. 1694 testo e nt. 12; Spada, L’emissione, nt. 14 di p. 809; Stella Richter, Società a responsabilità limitata, p. 277 s.
(9) Pure pacifico: Cabras, op. cit., p. 1694; F. Tassinari, Il finanziamento della società mediante mezzi diversi dal conferimento, in AA.VV., La riforma delle società a responsabilità limitata, s.l. (ma Milano), 2003, p. 117 ss., a p. 141.
(10) Così Spada, L’emissione, p. 807, secondo il quale la mancanza di una previsione statutaria integrerebbe un limite legale alla rappresentanza della società e quindi non potrebbe farsi applicazione di quanto disposto dall’art. 2475-bis, comma 2, cod. civ. In senso conforme si vedano: Libonati, Diritto commerciale, p. 461; Cabras, op. cit., p. 1694; Carraro, Titoli di massa, p. 103; Tassinari, Il finanziamento, nt. 26 di p. 140 s.; Demuro, Alcune osservazioni, p. 522 s.; D’Ambrosio, I titoli, p. 1343 (il quale riprende quasi alla lettera, in questo come in molti altri casi il pensiero, di Spada senza tuttavia mai citarlo. Può a questo riguardo ancora aggiungersi che nel già ricordato I titoli di debito nel nuovo diritto societario, in Il nuovo diritto societario. Primi riflessi su alcuni contenuti di disciplina, lo stesso D’Ambrosio, invece menziona, a nt. 16 e ad altro proposito, lo studio di Spada ammettendo quindi di conoscere tale fonte, ma continua in tutti gli altri numerosi punti in cui segue pensiero e parola di Spada a non citarlo).
Ove viceversa una previsione statutaria vi sia, ma l’emissione sia stata attuata dagli amministratori oltre gli eventuali limiti previsti o sulla base di una decisione assunta senza il rispetto delle prescritte modalità o maggioranze, il vizio tornerebbe a essere inopponibile ai terzi sottoscrittori, applicandosi in questo caso la ricordata norma dell’art. 2475-bis, comma 2, cod. civ. (così ancora Spada, L’emissione, p. 807).
(11) Così Demuro, Alcune osservazioni, nt. 19 di p. 523.
(12) E v. meglio infra per il relativo dibattito sul punto.
(13) Così invece, se ben si intendono, Tassinari, Il finanziamento, p. 141, e S. Luoni, in Il nuovo diritto societario. Commentario, diretto da G. Cottino e altri, vol. II, Bologna, 2004, nt. 16 a p. 1990.
(14) Cfr. in senso conforme, per tutti, Spada, L’emissione, p. 809.
(15) Non è dato comprendere, pertanto, perché Tassinari, Il finanziamento, p. 142, definisca la previsione statutaria di modalità e maggioranze addirittura un requisito di validità della clausola.
(16) Ciò significa che: se l’atto costitutivo prevede il ricorso alla decisione non assembleare, si applicherà l’art. 2479, comma 6, e la decisione sarà presa con il consenso di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale; se l’atto costitutivo nulla prevede, si dovrà fare ricorso alla deliberazione assembleare assunta (sempre nel silenzio dello statuto) a maggioranza dei presenti (i quali a loro volta, per la valida costituzione dell’assemblea, devono rappresentare almeno la metà del capitale sociale: art. 2479-bis, comma 3, cod. civ.).
(17) La differenza in punto tra la disciplina della società per azioni (essenzialmente pensata come tecnica per la raccolta dei mezzi finanziari da destinare alla impresa, e che quindi impone di stabilire un equilibrio tra le varie forme di finanziamento, peraltro poste su di un piano continuo) e quella della società a responsabilità limitata (dove invece non c’è continuità tra titoli di debito e partecipazione sociale, ché questa, a differenza di quelli, non ha anzitutto significato finanziario) è spiegata da C. Angelici, La riforma delle società di capitali, Padova, 2003, p. 68 s., nel senso che “operazioni come quella prevista dall’art. 2483 cod. civ. si collocano su un piano decisamente esterno alla società … e non richiedono la definizione di un equilibrio con i profili quantitativi e qualitativi che in concreto caratterizzano il gruppo dei soci” (corsivo nell’originale); il che evidentemente spiega non solo la circostanza che per i titoli di debito non sia previsto un limite legale alla emissione, ma anche (e soprattutto) perché non sia prevista una necessaria organizzazione del gruppo dei portatori dei titoli di debito (a differenza del gruppo degli obbligazionisti). Aggiungasi che l’assenza di un limite legale alla emissione di titoli di debito (da taluni considerata una singolare omissione) è anche giustificata dal punto di vista pratico da una inderogabile previsione di responsabilità del sottoscrittore per l’eventuale insolvenza dell’emittente (così da ultimo anche Carraro, Titoli di massa, p. 106).
(18) In questo senso anche un cenno di Luoni, op. cit., nt. 16 a p. 1990. Per Associazione Preite, Il diritto delle società, p. 274 e Cabras, op. cit., nt. 16 di p. 1694, invece, “probabilmente deve ritenersi ammissibile la previsione statutaria della competenza disgiunta” di soci e amministratori.
(19) Per la ammissibilità della emissione delegata in presenza di acconcia previsione statutaria v.: Cabras, op. cit., p. 1596; Tassinari, Il finanziamento, p. 141; Demuro, Alcune osservazioni, nt. 20 di p. 523; e soprattutto Luoni, op. cit., p. 1991 s., ove precise indicazioni operative.
(20) Così anche Luoni, op. cit., p. 1991, e Demuro, Alcune osservazioni, p. 523.
(21) Cfr. sul punto Cabras, op. cit., p. 1695, Tassinari, Il finanziamento, p. 143, Luoni, op. cit., p. 1990, Demuro, Alcune osservazioni, p. 523. Priva di fondamento è la tesi di Picone, op. cit., p. 1122 s., secondo il quale la mancanza di espressa previsione circa modalità e termini della pubblicità nel registro delle imprese della decisione di emissione dei titoli comporterebbe la necessità di applicare analogicamente l’art. 2410 cod. civ. in materia di obbligazioni di società e quindi imporre alla decisione stessa la forma di atto pubblico (sulla erroneità di vedere lacune, e conseguentemente ricorrere alla integrazione analogica, tutte le volte in cui la disciplina della società a responsabilità limitata si distacchi da quella dettata in tema di società azionarie si è detto in M. Stella Richter jr, Di alcune implicazioni sistematiche della introduzione di una nuova disciplina per le società a responsabilità limitata, in Giust. civ., 2004, II, spec. p. 11 ss., a p. 14 ss.).
(22) La previsione della limitazione resta facoltativa e non necessaria (come sembrerebbero sostenere G. Giannelli, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in La nuova disciplina delle società a responsabilità limitata, a cura di V. Santoro, Milano 2003, p. 239 ss., a p. 277, e Libonati, Diritto commerciale, p. 462), seppure da più parti giudicata opportuna: cfr. per tutti Spada, L’emissione, pp. 806 e 809 (ancora una volta seguìto da D’Ambrosio, I titoli, p. 1343).
(23) V. anche Demuro, Alcune osservazioni, p. 524.
(24) E per i necessari approfondimenti in punto di possibili forme e contenuti dei titoli di debito si rinvia ai paragrafi seguenti.
(25) Alla emissione potrà procedersi, naturalmente, solo dopo che la deliberazione modificativa sia stata iscritta nel registro delle imprese (cfr. artt. 2436, comma 5, e 2483, comma 3, cod. civ.): così Cabras, op. cit., p. 1694.
(26) Cfr. Cabras, op. cit., p. 1695.
(27) Ciò spiega perché l’art. 2483 cod. civ. non prevede un termine entro il quale gli amministratori devono provvedere a tale adempimento e perché non sia necessario fare ricorso alla integrazione della disposizione in materia di società a responsabilità limitata, attraverso l’analogia alla corrispondente disciplina della società azionarie, come da altri preteso.
(28) Nel par. precedente.
(29) Si ricorda al proposito che l’art. 11 TUB è stato novellato ad opera del d. lgs. n. 37/2004 nel senso di chiarire, alla lett. c), che il divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico non si applica alle società per la raccolta effettuata ai sensi del codice civile mediante titoli di debito.
(30) Lo ricorda anche Spada, L’emissione, p. 803.
(31) Ricorda Carraro, Titoli di massa, nt. 3 di p. 102, che l’ultimo comma dell’art. 171 cod. comm. 1882 già parlava di “altri titoli di debito dipendenti singoli affari” per contrapporli alle obbligazioni allora da intendersi come “titoli d debito” dipendenti da un singolo e unitario affare, e cioè come titoli di massa.
(32) Sempre nella categoria generale rientrano sicuramente gli altri titoli del debito pubblico (v. T.U. n. 536/1910) diversi dai titoli di Stato: per esempio i titoli emessi dagli enti pubblici territoriali.
(33) Per un cenno in questo senso cfr. anche Demuro, Alcune osservazioni, p. 520, il quale però poi dalla equiparazione agli altri titoli di debito non fa discendere la conseguenza che questi siano necessariamente titoli di massa.
(34) Così espressamente Spada, L’emissione, p. 803, seguìto da Luoni, op. cit., p. 1985, Demuro, Alcune osservazioni, p. 520, e plagiato da D’Ambrosio, I titoli, p. 1343. Nello stesso senso, Carraro, Titoli di massa, p. 105; G. Giannelli, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in La nuova disciplina delle società a responsabilità limitata, a cura di V. Santoro, Milano 2003, p. 277; Marchetti, Le obbligazioni, p. 226 s.; G. Presti-M. Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Bologna, 2005, p. 228. Per la utilizzazione della locuzione “titolo di debito” per descrivere titoli “emessi nel contesto di una operazione collettiva di finanziamento” v. (a proposito delle cambiali finanziarie) B. Libonati, Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1993, p. 97.
(35) Non si dubita in dottrina che i titoli di debito delle società a responsabilità limitata siano destinati ad essere emessi in massa (oltre che in serie). Taluni tuttavia dubita che lo debbano, pensando che l’intera operazione di finanziamento rappresentata da un solo titolo e che quindi la posizione del finanziatore venga deliberatamente considerata in termini unitari (diversa è naturalmente l’ipotesi della emissione, che non ne contraddice il carattere di massa, di più titoli di debito originariamente rappresentati da un unico certificato, come tale, tuttavia, sempre divisibile o “frazionabile” a richiesta del possessore in più certificati di taglio minore: art. 2000, comma 2, cod. civ.).
(36) Fermo il rispetto del divieto della raccolta del risparmio tra il pubblico; non si dovrà quindi trattare di una operazione di emissione in serie: cfr. in questo senso e con la massima chiarezza Libonati, Titoli di credito, p. 97.
(37) Ritengono che i titoli di debito siano necessariamente di massa: Libonati, Diritto commerciale, p. 462; Cabras, op. cit., p. 1697; Carraro, Titoli di massa, pp. 45, 103, 117, 118 e 125; Marchetti, Le obbligazioni, p. 226 s.; Spada, L’emissione, p. 805 s.; Porzio, op. cit., p. 229 s. (ma sulla base della non corretta constatazione per cui “soltanto in una pluralità di sottoscrittori è configurabile una decisione a maggioranza”; infatti, la decisione a maggioranza dei sottoscrittori è prevista dalla legge solo come eventuale); D’Ambrosio, I titoli, p. 1344 (che ripete pedissequamente il ragionamento di Porzio). Negano invece che debba trattarsi di titoli di massa: Giannelli, Le operazioni, p. 278; Tassinari, Il finanziamento, p. 137; Demuro, Alcune osservazioni, p. 521.
(38) Cfr. Angelici, La riforma, p. 68 s.
(39) Non essendo opinabile che i titoli di debito non sono soggetti alla dematerializzazione obbligatoria (la quale opera solo con riferimento agli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati o comunque diffusi tra il pubblico in misura rilevante), ci si può chiedere se i titoli di debito possano essere assoggettati al regime di dematerializzazione volontaria (quella, cioè, dell’art. 28, comma 3, d. lgs. n. 213/1998). Se ne potrebbe dubitare sulla base della circostanza che l’art. 36, comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 213/1998 richiede che il regolamento di attuazione fissi certe “caratteristiche di diffusione tra il pubblico” degli strumenti da dematerializzare. Il regolamento di attuazione (Delib. Consob n. 11768 del 23 dicembre 1998 e sue successive modificazioni) ha poi previsto per la dematerializzazione volontaria (art. 23, comma 3) la possibilità di ammettere al sistema di gestione accentrata “le obbligazioni e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali”, purché liberamente trasferibili (art. 22, comma 1): ed è proprio tale libera “trasferibilità” almeno in sede di collocamento sul mercato primario che sembra mancare ai titoli di debito; naturalmente, se per trasferimento del titolo si intende in senso rigoroso solo una sua vicenda circolatoria cartolare come tale allora successiva al negozio di rilascio, nulla osterebbe alla volontaria dematerializzazione degli stessi titoli di debito. Per Carraro, Titoli di massa, pp. 4 e 113 la eventualità di una loro dematerializzazione volontaria appare “assai remota”.
(40) Stella Richter, Società a responsabilità limitata, p. 283.
(41) Si potrebbe anche ipotizzare che gli strumenti finanziari di massa siano rappresentati da titoli o contrassegni di legittimazione, come tali non destinati alla circolazione; cfr. Spada, L’emissione, p. 805.
(42) Anche per Spada, L’emissione, p. 805, Libonati, Diritto commerciale, p. 462, Cabras, op. cit., pp. 1698, 1699 e 1701, Giannelli, Le operazioni, p. 278 s., Presti-Rescigno, Corso, p. 228, il ricorso alla tecnica cartolare, ancorché normale, non sarebbe necessario. Che il titolo di debito debba essere un titolo di credito è invece affermato da Associazione Preite, Il diritto delle società, p. 272 ed è presupposto a tutto il discorso di Carraro, Titoli di massa, passim, ma spec. p. 127, il quale vede nel “congegno cartolare classico la modalità attuativa ragionevolmente più praticabile” per i titoli di credito, e, in alternativa, quella della dematerializzazione volontaria.
(43) Cfr. il paragrafo seguente.
(44) Cfr. Luoni, op. cit., p. 1993.
(45) E probabilmente anche quelli relativi alla esistenza e validità di tale rapporto.
(46) E’ dal carattere di titoli causali e a letteralità incompleta dei titoli di debito che sorgono le maggiori difficoltà a fare rientrare nella categoria anche le cambiali finanziarie. Infatti, anche a volere considerare le cambiali finanziarie titoli di massa (e non semplicemente titoli emessi in serie; per l’alternativa v. G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2001, XI ed. a cura di C. Angelici e G.B. Ferri, p. 751 ss.; Libonati, Titoli di credito, p. 93 ss.), esse restano sicuramente titoli astratti (Libonati, Titoli di credito, p. 93). Nel senso che la cambiale finanziaria sarebbe lo strumento naturale per l’incorporazione dei titoli di debito cfr. invece Spada, L’emissione, p. 806 ss.; ma in senso critico v. da ultimo Carraro, Titoli di massa, p. 126 s.
(47) Spada, L’emissione, pp. 807 s. e 809; Tassinari, Il finanziamento, p. 142; Cabras, op. cit., p. 1701; Carraro, Titoli di massa, pp. 46 s. e 107; D’Ambrosio, I titoli, p. 1345; Demuro, Alcune osservazioni, p. 524; diversamente Luoni, op. cit., nt. 33 di p. 1996 e nt. 35 di p. 1997.
(48) V. meglio par. 7.
(49) Cfr. l’ampia trattazione di Carraro, Titoli di massa, pp. 51 ss. 107, il quale ritiene a ragione applicabile analogicamente l’art. 2354 cod. civ.
(50) Cfr. Carraro, Titoli di massa, p. 106; Luoni, op. cit., p. 1999.
(51) Per usare le parole di Libonati, Titoli di credito, p. 97.
(52) Così Spada, L’emissione, p. 806.
(53) Così: Associazione Preite, Il diritto delle società, p. 272; Cabras, op. cit., p. 1697; Stella Richter, Società a responsabilità limitata, p. 283; Tassinari, Il finanziamento, p. 137 s.; Demuro, Alcune osservazioni, p. 521 s.
(54) Possono naturalmente emettersi titoli di debito anche in valuta estera, così come possono emettersi titoli nel quali al possessore è riservata la scelta della valuta da utilizzarsi per il rimborso e per il pagamento degli interessi.
(55) Fermo ovviamente restando il divieto di prevedere interessi usurai.
(56) Cfr. Spada, L’emissione, p. 806; Cabras, op. cit., p. 1697; D’Ambrosio, I titoli, p. 1343; Demuro, Alcune osservazioni, p. 522.
(57) Sempre che questa non sia contratta a tempo indeterminato.
(58) Cfr. Spada, L’emissione, p. 806; Cabras, op. cit., p. 1696; D’Ambrosio, I titoli, p. 1343.
(59) Cfr. Cabras, op. cit., p. 1697, e, anche per alcune esemplificazioni, Luoni, op. cit., p. 1989.
(60) V. anche: Associazione Preite, Il diritto delle società, p. 272; Cabras, op. cit., p. 1696; F. Corsi, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, p. 262; F. Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2003, p. 441; Id., Istituzioni di diritto commerciale, Milano, 2004 (II ed.), p. 310; Libonati, Diritto commerciale, p. 463; A. Nigro, La nuova società a responsabilità limitata, in Dir. banc., 2004, I, p. 1 ss., a p. 11; Picone, op. cit., p. 1120; Luoni, op. cit., p. 2000 s., ove numerose esemplificazioni
(61) In questo senso Spada, L’emissione, p. 806 (copiato da D’Ambrosio, I titoli, p. 1343), Tassinari, Il finanziamento, p. 137 s., Demuro, Alcune osservazioni, p. 522, Libonati, Diritto commerciale, p. 463 s., Stella Richter, Società a responsabilità limitata, p. 283. Ammettono invece la possibilità della emissione di titoli di debito convertibili: Cabras, op. cit., p. 1697 (ma a condizione che “il regolamento di emissione precluda ai sottoscrittori-investitori professionali di trasferire i titoli mediante sollecitazione all’investimento”); Associazione Preite, Il diritto delle società, p. 272; A. Bartalena, sub art. 2480, in Società di capitali. Commentario, cit., p. 1648; Luoni, op. cit., p. 2002 ss.; Picone, op. cit., p. 1120 (ma “a condizione che i titoli non siano oggetto di circolazione”); e, seppure in senso dubitativo, Rescigno, La nuova società a responsabilità limitata, p. 287. Solleva il dubbio, senza risolverlo, Porzio, op. cit., nt. 16 di p. 229.
(62) Si dovrebbe allora consentire statutariamente la sottoscrizione delle partecipazioni di nuova emissione da parte di terzi e, in sede di decisione di emissione, di titoli di debito convertibili accordare ai soci il diritto di recedere, senza però sapere se effettivamente il debito sarà convertito in capitale e, soprattutto, da chi (dal momento che potrebbe anche essere un socio il possessore del titolo di debito convertibile al momento dell’esercizio della facoltà di conversione).
(63) Ne sono quindi esclusi anche gli investitori professionali non soggetti a vigilanza prudenziale e gli stessi soci della società. Costoro infatti, pur (come meglio si dirà subito nel seguito) costituendo investitori “qualificati” (e come tali non garantiti per la insolvenza dell’emittente), non fornirebbero i necessari requisiti di solidità patrimoniale e solvibilità idonei, per l’appunto, a rendere affidabile la garanzia posta dalla legge in capo al sottoscrittore dei titoli.
(64) Cfr. Spada, L’emissione, p. 805.
(65) Così Stella Richter, Società a responsabilità limitata, p. 282.
(66) Cfr. Spada, L’emissione, p. 805; Cabras, op. cit., p. 1700; Libonati, Diritto commerciale, p. 462 s. Così anche C. Rabitti Bedogni, Azioni, strumenti finanziari partecipativi e obbligazioni, in Dir. banc., 2004, I, p. 185 ss., a p. 209 s.; Tassinari, Il finanziamento, p. 139.
(67) Come appare anche dimostrato dalla previsione del comma 4-quinquies aggiunto all’art. 11 T.U.B. dal d. lgs. n. 37/2004: “ai fini di tutela del risparmio, gli investitori professionali, che ai sensi del codice civile rispondono della solvenza della società per le obbligazioni, i titoli di debito e gli altri strumenti finanziari emessi dalla stessa, devono rispettare idonei requisiti patrimoniali stabiliti dalle competenti autorità di vigilanza”.
(68) Conf. Spada, L’emissione, p. 805; Cabras, op. cit., p. 1700 s. Che questa sia la soluzione è poi ulteriormente confermato dall’iter dei lavori preparatori del d. lgs. n. 6/2003. In una versione precedente a quella poi definitivamente approvata del nuovo art. 2483 cod. civ. si riservava infatti la sottoscrizione dei titoli di debito solo agli “investitori qualificati”, e il riferimento agli “investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale” fu introdotto in sede di redazione definitiva della disposizione proprio per tenere conto della osservazione da più parti avanzata che l’utilizzazione della categorie degli investitori qualificati avrebbe reso potenziali sottoscrittori dei titoli di debito soggetti che non necessariamente fornivano garanzie di solvenza del debito. Si volle, insomma, isolare nel più ampio genus degli investitori professionali o qualificati i soggetti per i quali l’ordinamento imponeva controlli sulla loro consistenza patrimoniale.
(69) Infatti, le società di cui all’art. 106 TUB non sono soggette a vera e propria vigilanza prudenziale (ma una diversa forma di controllo da parte dell’Ufficio italiano cambi); nel medesimo senso Rabitti Bedogni, Azioni, p. 211; Presti-Rescigno, Corso, p. 228. Di ciò si ha conferma anche dalla deliberazione del CICR del 3 marzo 1994 (cfr. spec. par. 3).
E neppure sono sottoposte a vigilanza prudenziale le società iscritte nell’elenco di cui all’art. 113 TUF (conf. Rabitti Bedogni, Azioni, p. 211; ) così come non lo sono i fondi pensione e le fondazione bancarie (ma in senso contrario v. Rabitti Bedogni, Azioni, p. 210).
(70) Così già Stella Richter, Diritto delle società di capitali, p. 194, Tassinari, Il finanziamento, p. 139.
(71) Cfr. anche la Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, § 11, nonché Angelici, La riforma, p. 67.
(72) Non sembrano infatti dotate del benché minimo fondamento i problemi proposti rispettivamente da A. Ortolani, La disciplina del finanziamento dei soci, dei prestiti obbligazionari e dei titoli di debito, in La riforma del diritto societario. Il parere dei tecnici, a cura di A. Danovi, Milano, 2003, p. 155, e D.U. Santosuosso, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, nt. 70 di p. 233, secondo i quali: (i) la responsabilità per la solvenza della società emittente si estenderebbe a tutte le sue obbligazioni e non solo a quelle rappresentate dal titolo o dai titoli di debito (sottoscritto/i e) ceduto/i; (ii) la responsabilità potrebbe non essere solo del soggetto sottoscrittore ma anche delle persone fisiche che per suo nome e conto (come rappresentanti legali, ad esempio) avessero agito; (iii) la legge di circolazione dei titoli cambierebbe a seconda che “la circolazione avvenga all’interno o all’esterno del circuito professionale degli investitori: nel primo caso la circolazione dovrebbe rispondere ai principi dei titoli di credito, nel secondo a quelli della cessione del credito”. Letture che, pertanto, in questa sede ci si astiene dal confutare.
(73) Cfr. più approfonditamente Carraro, Titoli di massa, p. 110 ss.
(74) V. § 11.
(75) Così Corsi, Le nuove società, p. 263. Di responsabilità dei soli sottoscrittori parlano G. Auletta-N. Salanitro, Diritto commerciale, Milano, 2003 (XIV ed.), p. 275; Campobasso, La riforma, p. 195, Id., Manuale, p. 325, Zanarone, in AA.VV., Diritto commerciale, p. 303, Banfi-Di Pasquali, Titoli di debito, p. 409.
(76) Così Tassinari, Il finanziamento, p. 139 s. e Carraro, Titoli di massa, p. 114.
(77) Così M. Sciuto, in AA.VV., La riforma delle società di capitali e cooperative, a cura di L. Starola, Milano, 2003, p. 203 s.; Cabras, op. cit., p. 1702; Libonati, Diritto commerciale, p. 464. Come si vedrà il limite di questa ricostruzione, per ogni altro verso ragionevole, consiste proprio nell’escludere la responsabilità dell’investitore professionale soggetto a vigilanza prudenziale che abbia ceduto il titolo ad un investitore professionale non soggetto a vigilanza prudenziale. E la garanzia di questo secondo potrebbe rivelarsi all’atto pratico non in grado di soddisfare le pretese creditorie dell’ultimo portatore non qualificato del titolo di debito.
(78) E in ciò consisterebbe la differenza con la lettura proposta da Cabras, Libonati e Sciuto e già precedentemente ricordata.
(79) Naturalmente, l’investitore professionale soggetto a vigilanza prudenziale che trasferisca i titoli a soggetti qualificati, ma non soggetti a vigilanza, potrà sempre negozialmente impegnarli a non trasferire a loro volta a soggetti nei confronti dei quali la garanzia opererebbe, con la conseguenza che, se tale obbligo non fosse rispettato, il sottoscrittore potrebbe, una volta pagato quale obbligato in via di regresso, rivalersi nei confronti dei suoi immediati cessionari. Secondo Santoro, Garanzia, p. 514, “un meccanismo cautelativo a favore dell’investitore professionale, soggetto a vigilanza prudenziale, è e non può essere altro che un vincolo ‘reale’ alla circolazione dei titoli di debito. I titoli potrebbero essere collocati presso i soci o investitori professionali che, contestualmente, accettino un deposito (e amministrazione titoli) vincolato presso l’investitore professionale sottoscrittore, soggetto a vigilanza prudenziale, fino alla scadenza dei titoli medesimi. Si può, infine, pensare … che l’investitore professionale, soggetto a vigilanza prudenziale, si costituisca quale specifico gestore di un mercato secondario di titoli di debito, mercato che abbia quale vincolo all’accesso la qualità di investitore professionale degli operatori”.
(80) Cfr. nel medesimo senso anche A. Bartalena, Le nuove tipologie di strumenti finanziari, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, I, p. 293 ss., a p. 295; Carraro, Titoli di massa, p. 115 s.; Corsi, Le nuove società, p. 263; Tassinari, Il finanziamento, p. 140; e, da ultimo, V. Santoro, Garanzia della solvenza della società a responsabilità limitata in caso di circolazione dei titoli di debito, in Dir. banc., 2004, I, p. 507 ss.. a p. 509 s.
(81) In questo senso Spada, L’emissione, p. 807 (ancorché in termini dubitativi), seguìto da Luoni, op. cit., p. 1996, T. Pietraforte, sub art. 2483, in La riforma del diritto societario, a cura di G. Lo Cascio, vol. 8, Milano, 2003, p. 324, Demuro, Alcune osservazioni, p. 527; nonché Libonati, Diritto commerciale, p. 463.
(82) Così: Cabras, op. cit., p. 1702 s.; Carraro, Titoli di massa, pp. 46 s., 107 e 114; Picone, op. cit., p. 1121 s.; Tassinari, Il finanziamento, p. 140; e, seppur dubitativamente, Associazione Preite, Il diritto, p. 273. Nello stesso senso da ultimo Santoro, Garanzia, p. 512 s., seppure in termini non nettissimi.
(83) Lo stesso Spada, L’emissione, p. 807, concede che la garanzia possa essere più intensa “in ragione dello strumento cartolare utilizzato” (e il riferimento di quell’illustre Autore è, conformante ad una generale impostazione del suo studio, essenzialmente allo strumento delle cambiali finanziarie).
(84) Carraro, Titoli di massa, p. 118.
(85) Cfr. ora con particolare nettezza di ragionamento Carraro, Titoli di massa, p. 115.
(86) Non è infatti un caso che Spada, L’emissione, p. 807, dopo avere affermato che la responsabilità del sottoscrittore sia probabilmente da ragguagliarsi a quella prevista dal diritto comune per la cessione del credito, avanzi qualche dubbio sulle possibilità di successo di un istituto così regolato.
(87) Così anche Tassinari, Il finanziamento, p. 140.
(88) Così anche Santosuosso, Il nuovo diritto societario, p. 111.
(89) Così Spada, L’emissione, p. 808; Associazione Preite, Il diritto, p. 246; Cabras, op. cit., p. 1701; Libonati, Diritto commerciale, p. 463.
(90) Sulle ampie possibilità lasciate alla previsione statutaria o alla decisione di emissione cfr. Carraro, Titoli di massa, p. 118 ss., dove si sottolinea come la previsione della modificabilità a maggioranza non presupponga necessariamente l’organizzazione del gruppo dei portatori dei titoli di debito; organizzazione che in ogni caso può essere prevista anche in forme del tutto analoghe a quelle legislativamente disposte per il gruppo degli obbligazionisti.
(91) Cfr. Cabras, op. cit., p. 1703; Carraro, Titoli di massa, p. 34; Demuro, Alcune osservazioni, p. 525; Tassinari, Il finanziamento, p. 142 s.
(92) Cfr. supra a nt. 17. E’ stato poi sollevato l’interrogativo se il principio di maggioranza fosse da intendersi per teste (Tassinari, Il finanziamento, 142, seguìto da Demuro, Alcune osservazioni, nt. 26 di p. 524) o per quote rispetto al valore complessivo dei titoli emessi (Picone, op. cit., p. 1121; Carraro, Titoli di massa, p. 121); soluzione quest’ultima che appare preferibile.
(93) Cfr. Luoni, op. cit., p. 2006 s.
(94) Si nota incidentalmente che pure agevolata, all’esito della riforma, risulterà la trasformazione di una società azionaria in società a responsabilità limitata in presenza di obbligazioni emesse: cfr. Cabras, op. cit., p. 1704; G. Carriero, La disciplina delle obbligazioni e dei titoli di debito nel nuovo diritto societario, in AA.VV., Nuovo diritto societario ed intermediazione bancaria e finanziaria, a cura di F. Capriglione, Padova, 2003, p. 199 ss., a p. 215, e in Dir. banc., 2003, I, p. 511 ss., a p. 524; Tassinari, Il finanziamento, p. 144.
(95) Conf. Luoni, op. cit., p. 2009 s.; Tassinari, Il finanziamento, p. 144; Cabras, op. cit., p. 1704, il quale precisa che, anche a seguito della trasformazione (e a prescindere dal superamento dei limiti posti alla emissione di obbligazioni) i sottoscrittori dei titoli di debito continueranno a rispondere – ex art. 2483, secondo comma, cod. civ. – della solvenza della (trasformata) società emittente.
(96) Per la soluzione negativa v. Luoni, op. cit., p. 2011; per quella positiva cfr. invece Tassinari, Il finanziamento, p. 143.
(97) Cfr. Luoni, op. cit., p. 2011 ss., con analitica disamina di diverse ipotesi.
(98) Cenni in Luoni, op. cit., p. 1987 s., Pietraforte, op. cit., p. 325, e Picone, op. cit., p. 1123 (dove si ricorda anche l’art. 37-sexies della l. n. 109/2004 sui titoli emessi dalle società di progetto). Più approfonditamente v. ora Cabras, op. cit., p. 1704 s., che giustamente rileva come la salvezza sia prevista solo nei confronti di norme di rango primario e non anche secondario.
(99) Cfr. supra par. 6.

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