Giurisprudenza - La circolazione dei beni culturali: attualità e criticità
Giurisprudenza
Cass. 18 settembre 2009, n. 20096 del 18/09/2009
L'agevolazione prevista per i trasferimenti di beni di interesse artistico, storico ed architettonico in materia di imposta di registro non può essere estesa alle imposte ipotecarie e catastali, non essendo sufficiente, per giustificare tale estensione, la previsione di una base imponibile comune.
Cass. 21 ottobre 2008, n. 42516 del 21/10/2008
In tema di tutela penale dei beni culturali, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 2 decies, L. 25 giugno 2005, n. 109 (di conversione del D.L. 26 aprile 2005, n. 63, recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonchè per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti"), integra il reato di cui agli artt. 59 e 173 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 la violazione dell'obbligo di denunciare il trasferimento della proprietà o della detenzione di collezioni numismatiche, salvo che si tratti di monete antiche e moderne di modesto valore o ripetitive, o conosciute in molti esemplari o non considerate rarissime, ovvero di cui esiste un notevole numero di esemplari tutti uguali, per le quali è escluso sia l'obbligo di denuncia sia ogni altro obbligo di notificazione alle autorità competenti.
C. Stato, sez. VI, 22 settembre 2008, n. 4569 in Vita not., 2008, 1393.
Ove il competente ministero rinunci all'esercizio della prelazione dei beni culturali, trasferendone la facoltà all'ente interessato, affinchè quest'ultimo eserciti tempestivamente il diritto di prelazione, è sufficiente che entro il termine di sessanta giorni abbia adottato e consegnato il relativo provvedimento all'agente incaricato della notificazione al privato acquirente del bene culturale, senza che sia necessario che il procedimento di notificazione si sia perfezionato anche per il destinatario.
Il vincolo culturale gravante su un immobile (con il conseguente diritto di prelazione) può essere validamente opposto all'acquirente in vendita forzata del medesimo ancorchè nella trascrizione nei registri immobiliari del provvedimento impositivo del vincolo culturale sia erroneamente indicata la data di nascita del proprietario-debitore esecutato, ove non soltanto l'esistenza del vincolo era indicata nell'avviso di vendita forzata, ma anche risulta che l'acquirente abbia individuato correttamente il conto intestato presso la conservatoria dei registri immobiliari al proprio dante causa.
Il diritto di prelazione su un bene culturale può legittimamente essere esercitato anche in relazione ad un bene che sia stato oggetto di espropriazione forzata, restando irrilevante la circostanza che l'ente interessato all'esercizio del diritto di prelazione avrebbe potuto partecipare al procedimento di vendita forzata.
All'interno dell'amministrazione comunale, competente a deliberare il provvedimento con cui formulare nei confronti del competente ministero la propedeutica proposta di prelazione di un bene culturale è la giunta comunale, atteso il carattere meramente preparatorio di tale atto, prodromico rispetto al trasferimento della titolarità del bene, restando irrilevante che il bene culturale sia un bene immobile.
C. Stato, sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 713 in Riv. amm., 2008, 295, n. LEMETRE.
In tema di esercizio del diritto di prelazione su beni di interesse storico artistico da parte della p.a., il termine per l'esercizio del diritto in parola è perentorio e decorre dalla denuncia effettuata con la trasmissione del contratto alla soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali, senza che rilevino successivi passaggi interni tra organi dell'amministrazione.
Il giudice amministrativo non può accertare, neppure in via incidentale, la simulazione dell'atto di compravendita di un immobile qualificato come culturale, sul quale l'amministrazione abbia esercitato il diritto di prelazione, ex art. 60 seg. d.leg. n. 42/2004, codice dei beni culturali; l'invio di copia autentica del contratto, contenente gli elementi fondamentali della compravendita, equivale alla trasmissione di denuncia di trasferimento, ex art. 59 cit. decreto, e dalla sua ricezione decorre il termine decadenziale entro il quale l'amministrazione può esercitare il diritto di prelazione.
Cass., sez. trib., 22 febbraio 2008, n. 4629.
In tema di imposta di registro, e nell'ipotesi di vendita di beni di interesse storico, artistico od archeologico, il termine entro il quale il ministero per i beni culturali può esercitare il diritto di prelazione di cui all'art. 32 l. 1° giugno 1939 n. 1089 (diritto di prelazione al cui esercizio è sospensivamente condizionata l'efficacia dell'atto) decorre solo dalla notifica dell'atto di disposizione al ministero stesso, e non ai suoi organi periferici; ne consegue, che nel caso in cui la suddetta notifica sia erroneamente effettuata alla locale soprintendenza, il termine per l'esercizio del diritto di prelazione non decorre, e pertanto nemmeno può decorrere il termine, previsto dall'art. 19 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, entro il quale le parti hanno l'obbligo di denunciare all'erario l'avveramento della condizione sospensiva.
Corte cost. 22 maggio 2007, n. 221
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, secondo periodo, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 dicembre 2005, n. 13, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e agli artt. 4 e 8, numero 3, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, anche in relazione all'art. 6, secondo comma, del d.P.R. 1 novembre 1973, n. 690. Invero, la seconda parte della disposizione censurata la quale, per le cessioni di immobili dichiarati d'interesse storico e artistico oggetto di contratto c.d. lease-back, esclude l'applicazione della prelazione nell'ipotesi in cui il locatario si obbliga contrattualmente ad esercitare il diritto di riscatto previsto nel contratto di leasing e prevede che, in caso di inadempimento dell'obbligo contrattuale di esercitare il diritto di riscatto, il diritto di prelazione può essere esercitato entro 60 giorni dalla scadenza del rispettivo contratto di leasing, non compromette gli interessi pubblici alla tutela del bene culturale.
Questi, infatti, risultano garantiti, da un lato, dalla permanenza dell'obbligo di denuncia del trasferimento dei beni culturali, che ha la funzione fondamentale di rendere nota la titolarità dei beni in questione e l'identità del soggetto che li detiene; dall'altro, dalla previsione dell'insorgenza del diritto di prelazione in caso di mancato esercizio del riscatto.
Cass. 16 aprile 2007, n. 8977 del 16/04/2007
In tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, prevista dagli artt. 12 e 13 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non si comunica anche alle imposte ipotecaria e catastale, diversi essendo il fondamento dei tributi in questione e le ragioni dell'esenzione. Sebbene, infatti, gli artt. 2 e 10 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 individuino la base imponibile dell'imposta ipotecaria e catastale mediante rinvio alla disciplina dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni, il comma secondo dell'art. 2 cit. mostra di voler assoggettare comunque a tassazione il trasferimento ("inter vivos" o "mortis causa") dei beni, facendo alternativo ricorso, in ipotesi di esenzione da una delle imposte parametro (o di sua determinazione in misura fissa), al valore virtuale che i beni vengono ad assumere nell'ambito dell'imposta parametro, indipendentemente dall'esenzione o dalla sua determinazione in maniera fissa.
Cass. 24 maggio 2005, n. 10920 del 24/05/2005
La nullità prevista, a tutela delle cose di interesse storico e artistico, dall'art. 61 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 per le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalla legge stessa o senza l'osservanza delle condizioni e modalità da essa prescritte, è di carattere relativo, essendo stabilita nell'interesse esclusivo dello Stato e non può, quindi, essere dedotta dai privati o essere rilevata di ufficio dal giudice.
Cass. 15 febbraio 2005, n. 21400 del 15/02/2005
In tema di beni culturali, il riferimento contenuto nell'art. 2 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 alle "altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà " costituisce una formula di chiusura che consente di ravvisare il bene giuridico protetto dalle nuove disposizioni sui beni culturali ed ambientali non soltanto nel patrimonio storico-artistico-ambientale dichiarato, ma anche in quello reale, ovvero in quei beni protetti in virtù del loro intrinseco valore, indipendentemente dal previo riconoscimento da parte della autorità competenti. (Conseguentemente la Corte ha ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 173 del citato D.Lgs. n. 42, che punisce la omessa presentazione della denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali, anche in relazione al patrimonio culturale "reale").
Corte cost. 14 giugno 1995, n. 269
Il regime giuridico fissato per le cose di interesse storico e artistico dalla legge n. 1089 del 1939, trovando nell'art. 9 della Costituzione il suo fondamento, si giustifica nella sua specificità in relazione all'esigenza di salvaguardare beni cui sono connessi interessi primari per la vita culturale del paese. L'esigenza di conservare e di garantire la fruizione da parte della collettività delle cose di interesse storico e artistico - che siano state sottoposte a notifica ai sensi dell'art. 3 della legge n. 1089 - giustifica, di conseguenza, per tali beni l'adozione di particolari misure di tutela che si realizzano, attraverso poteri della pubblica amministrazione e vincoli per i privati, differenziati dai poteri e dai vincoli operanti per altre categorie di beni, sia pure gravati da limiti connessi al perseguimento di interessi pubblici. Questo porta ad escludere la comparabilità delle procedure ablative connesse al settore della tutela artistica e storica con le ordinarie procedure espropriative previste per beni di diversa natura.
La questione di legittimità costituzionale, che nel dispositivo dell'ordinanza di rinvio risulta sollevata, senza alcun dubbio, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., nei confronti del combinato disposto degli artt. 61, 31 e 32 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, in base al quale il Ministro per i beni culturali, in caso di alienazione di cose di interesse storico-artistico non regolarmente denunciata, può, senza limiti di tempo, avvalendosi della prelazione riservata allo Stato, acquistare la cosa al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione, non può ritenersi proposta "in termini alternativi" tali da renderla inammissibile - come sostenuto dall'Avvocatura di Stato - sol perchè nella motivazione del provvedimento di rimessione, in punto di rilevanza, viene prospettata la possibilità, sussistendone i presupposti di fatto, di un duplice esito del giudizio (oltre alla caducazione totale dell'art. 61, secondo comma, della legge n. 1089, anche la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme denunciate nella parte in cui non prevedono che la prelazione non possa esercitarsi, in forza del termine stabilito dall'art. 32, primo comma, dopo decorsi i due mesi - da tale norma previsti per il caso in cui la denuncia dell'alienazione sia stata regolarmente effettuata - dalla data in cui l'Amministrazione avesse già acquisito piena conoscenza dei dati dei quali è obbligatoria la denuncia).
La prelazione storico-artistica, prevista dagli artt. 61, 31 e 32 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, in base alla quale, in caso di alienazione di cose di interesse storico e artistico, non regolarmente denunciata (conformemente alle prescrizioni dell'art. 57 del r.d. 30 gennaio 1913, n. 363) il Ministro dei beni culturali ha facoltà, senza limiti di tempo, di acquistare la cosa al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione, pur manifestando indubbiamente un profilo autoritativo e una sostanza ablativa, è istituto del tutto peculiare, diverso dagli ordinari provvedimenti di natura espropriativa. A differenza di quanto accade nelle ordinarie procedure espropriative, la prelazione viene infatti a collegarsi ad una iniziativa (trasferimento a titolo oneroso) che non è attivata dalla parte pubblica, bensì dalla parte privata, titolare del bene. Non sussistendo, dunque, alcun elemento che consenta di compararne le modalità con quelle proprie degli ordinari istituti espropriativi, è da escludere - contro quanto prospettato dal giudice 'a quo' - che la mancata sottoposizione della prelazione storico-artistica, nell'ipotesi in questione, a termini decadenziali, analogamente a quanto è rigorosamente stabilito per le espropriazioni, comporti violazione del principio di eguaglianza. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost. - sotto l'anzidetto profilo - della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 61, 31 e 32 della legge 1 giugno 1939, n. 1089).
Il danno che i contraenti vengono a subire, in conseguenza dell'esercizio ritardato della prelazione storico-artistica da parte dell'Amministrazione, effettuata in applicazione dell'impugnato combinato disposto degli artt. 61, 31 e 32 della legge n. 1089 del 1939, nel caso di precedente alienazione di cose di interesse storico o artistico non regolarmente denunciata (ai sensi del r.d. 30 gennaio 1913, n. 363, richiamato dall'art. 73 della legge n. 1089) allo stesso prezzo stabilito nell'atto di alienazione, è conseguenza diretta dell'inadempimento realizzato dagli stessi contraenti a seguito della mancata presentazione di una denuncia regolare e della situazione di illiceiteagrave; che ne consegue e che peraltro può essere rimossa in ogni momento da parte del privato mediante la presentazione tardiva di una regolare denuncia, di fronte alla quale l'esercizio della prelazione, dovendo avvenire entro due mesi (cfr. art. 32 della legge n. 1089) non può essere procrastinato. D'altra parte i rischi che l'omessa o l'irregolare denuncia dell'alienazione sono suscettibili di determinare ai fini della conservazione del bene al patrimonio culturale nazionale ben possono giustificare il particolare rigore della disciplina adottata: rigore che conduce a colpire l'inadempienza del privato non solo sul piano delle norme penali (art. 63) ma anche su quello delle norme di natura civilistica, il cui carattere sanzionatorio non può ritenersi in contrasto con il consentito esercizio discrezionale delle misura, giacchè questa opera su un piano diverso da quello proprio delle sanzioni penali e amministrative. Escluso perciò che la legittimità costituzionale della norma 'de qua' possa porsi in dubbio in riferimento al precetto dell'art. 42 Cost. relativo all'indennità di esproprio, va comunque rilevato che, anche ad ammettere che, nell'ipotesi in questione, il prezzo della prelazione sia assimilabile alla indennità di esproprio, esso non potrebbe assumere, almeno nella normalità dei casi (riferibili all'esercizio della prelazione entro un arco temporale contenuto) le connotazioni di un compenso, oltre che ridotto rispetto al valore reale del bene, del tutto irrisorio e simbolico e pertanto lesivo dei criteri di determinazione dell'indennità di esproprio desumibili dall'art. 42 Cost.
La facoltà del Ministro per i beni culturali - prevista, nella disciplina della prelazione storico-artistica, dall'art. 61 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, in combinato disposto con gli artt. 31 e 32 stessa legge, nel caso di alienazione di cose di interesse storico o artistico - di acquistare, senza limiti di tempo, la cosa, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione, può esercitarsi non soltanto nel caso di denuncia irregolare (in quanto non conforme ai requisiti prescritti dall'art. 57 r.d. n. 363 del 1913), ma anche quando la denuncia sia stata del tutto omessa, il prezzo in questione, ove non conosciuto, potendo essere, anche in tal caso, individuato attraverso idonei mezzi di prova. Non sussiste perciò la disparità di trattamento tra le due ipotesi denunciata dal giudice 'a quo' nel contestare, in riferimento al principio di eguaglianza, la legittimità costituzionale della applicabilità della norma 'de qua' nella prima, in base all'assunto che in caso di omissione della denuncia, la prelazione dovrebbe invece esercitarsi al prezzo corrispondente al valore venale del bene all'atto della stessa.
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