Dismissione del patrimonio pubblico e verbale d'asta
Dismissione del patrimonio pubblico e verbale d'asta
di Giovanni Casu
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 4116
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 2/2003, p. 392

I meccanismi normativi messi a punto di recente per la dismissione dei beni immobili degli enti pubblici (leggi, decreti ministeriali, disciplinari d'asta, bandi di concorso) hanno previsto, per la dismissione dei beni c.d. liberi (cioè consistenti in unità immobiliari non abitative, oppure in unità abitative prive di inquilino o per le quali l'inquilino non avesse effettuato il diritto di opzione), prima dell'atto di vendita, la procedura dell'asta pubblica.

In proposito il bando di concorso prevede una duplice fase: a) una prima fase caratterizzata da offerte in busta chiusa; b) una seconda fase caratterizzata da un'asta alla quale possono partecipare soltanto i cinque maggiori offerenti risultanti tali dopo l'apertura delle buste contenenti le offerte segrete. Il notaio è chiamato a curare lo svolgimento di queste gare.

Sono sorti in proposito numerosi problemi.

1. Competenza del notaio e fonti normative

Il primo problema concerne il dubbio se il notaio debba redigere o meno atto pubblico per constatare lo svolgimento dell'asta e l'individuazione del soggetto aggiudicatario della gara. Il problema è stato alimentato dal fatto che alcune delle norme che avevano disegnato la procedura sopra descritta non avevano valore di legge ed apparivano, a prima vista, prive del valore di vere e proprie norme giuridiche impegnative per il notaio.

Ma evidentemente questo problema resta condizionato dall'opinione, espressa da una certa dottrina, che la competenza notarile, pur generale in materia negoziale, debba, per tutti gli atti non negoziali, essere necessariamente prevista per legge. Questa base concettuale, peraltro, non appare sostenibile, come è stato altra volta affermato (1).

Per accertare l'ambito entro il quale opera la competenza notarile per il ricevimento di atti dotati di pubblica fede occorre richiamarsi all'art. 2699 c.c., integrato dalle norme contenute nella legge notarile (art. 1 legge del 1913 e art. 1 R.D.L. n. 1666 del 1937) (2).

L'art. 2699 c.c. individua da un lato il notaio e, dall'altro, i pubblici ufficiali cui viene di volta in volta attribuita dall'ordinamento funzione certificativa.

La portata dell'art. 1 legge notarile come strumento destinato a delineare la competenza funzionale del notaio è decisiva per quella dottrina (3) la quale afferma che le norme codicistiche che ricollegano la pubblica fede all'atto pubblico non mirano ad individuare la competenza del notaio, ma la danno per presupposta. E che pertanto spetta all'interprete rinvenire altrove l'assetto normativo destinato ad evidenziare detta competenza, assetto che viene offerto appunto dall'art. 1 testé citato.

L'art. 1 della legge notarile prevede due norme: nel primo comma definisce i notai come “pubblici ufficiali istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, etc.”; nel secondo comma esordisce con l'espressione: “ai notai è concessa anche la facoltà di...”.

La diversa dizione delle due norme ha suggerito l'interpretazione che la funzione certificatrice del notaio su atti a contenuto negoziale è istituzionale e quindi illimitata, mentre nelle restanti materie è circoscritta (4).

Mentre in modo più appropriato è stato affermato (5) che l'elencazione contenuta nel secondo comma dell'art. 1 della legge notarile, ancorché analitica, non ha lo scopo di indicare in modo rigoroso e tassativo le competenze notarili, ma soltanto quello di evitare che vi sia dubbio sulla competenza del notaio a ricevere gli atti indicati. Non va dimenticato che l'elenco delle competenze notarili si è andato arricchendo con il mutare delle leggi, mirando più a risolvere con espresso dettato normativo dubbi interpretativi che ad accrescere le funzioni del notaio.

Va precisato che il campo sul quale questi due orientamenti dottrinali si sono venuti a scontrare è quello della competenza o meno del notaio a ricevere verbali di constatazione. La norma non li contempla in modo espresso e pertanto l'art. 1 della legge notarile è stato interpretato in modo da ricomprendere o da escludere nella catalogazione di funzioni notarili ivi prevista anche i verbali di constatazione.

Quali conseguenze desumere dalle norme sopra indicate? Escluso che dalle stesse possa ricavarsi una distinzione tra competenze ampie e competenze ridotte, oppure tra competenze primarie e competenze secondarie, si può affermare che tutto l'art. 1 della legge notarile si sostanzi in un elenco di materie di competenza notarile, senza ulteriori indicazioni, né in senso riduttivo, né in senso estensivo. L'estensione della portata delle competenze del notaio, cioè, non può ritagliarsi in relazione al fatto che la materia affidata alla competenza notarile sia inclusa nel primo oppure nel secondo comma dell'art. 1, ma occorre far capo a riflessioni di più ampio respiro, nel senso seguente.

Come è stato lucidamente affermato da Giuliani (6) l'attività primaria del pubblico ufficiale chiamato a formare documenti dotati di fede privilegiata è quella di constatare fatti e circostanze e di farne menzione nel documento. E' questo il compito primario del notaio, ed anzi un Autore afferma che anche l'atto notarile a contenuto negoziale si sostanzia, in estrema sintesi, in un verbale di constatazione (7).

Se questo è il compito primario del pubblico ufficiale documentatore per eccellenza (il notaio), è giocoforza affermare che proprio il codice civile, letto in collegamento con la legge notarile, finisce per attribuire a tutta l'attività certificativa del notaio, nessun atto escluso, abbia o meno contenuto negoziale, valore di attività destinata ad attribuire fede privilegiata, come del resto espressamente ammette la dottrina più attenta a queste problematiche (8).

Il codice civile, infatti, nell'art. 2699, non ha certamente inteso fare riferimento soltanto alla certificazione negoziale, perché esso codice non si è preoccupato del contenuto (negoziale o meno) dell'atto pubblico, ma soltanto del valore di questo, attributivo di certezza pubblica e sul piano probatorio creatore di fede privilegiata.

Si può pertanto concludere affermando che la competenza notarile a ricevere verbali di constatazione è competenza primaria, desumibile dalla stessa qualificazione dell'atto pubblico come atto caratterizzato da riscontro di fatti avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale notaio. Ed affermando altresì che l'attività constatativa è proprio l'aspetto fondante della funzione notarile di attribuire fede privilegiata agli accadimenti attestati.

E a ben vedere gli elementi fondanti di questo valore dell'atto pubblico sono proprio la certezza di ciò che il pubblico ufficiale documenta essere avvenuto alla sua presenza (inteso ciò come circostanze riscontrate direttamente dal pubblico ufficiale o dichiarazioni a lui rese), senza alcun riferimento alla composizione negoziale nella quale questa attività di certazione pubblica eventualmente si traduca.

Comunque, anche ammesso che il notaio non abbia necessità di apposita norma per essere attributivo di competenza a ricevere verbali pubblici d'asta, allo scopo di escludere qualsiasi dubbio in proposito, appare opportuno ripercorrere il circuito normativo ideato dal legislatore in tema di dismissione del patrimonio pubblico.

In primo luogo va dato conto delle norme rivestenti valore di legge formale, inserite nel Decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con legge 23 novembre 2001, n. 410.

L'art. 3, primo comma del predetto decreto legge, statuendo sulle modalità per la cessione degli immobili, dispone testualmente: "I beni immobili individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere trasferiti a titolo oneroso alle società costituite ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. L'inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile.

Con gli stessi decreti sono determinati: e) le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei beni immobili trasferiti".

E ancora lo stesso art. 3, al comma 7 dispone testualmente: "Il prezzo di vendita degli immobili e delle unità immobiliari è determinato in ogni caso sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di immobili e unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe. Le unità immobiliari libere, quelle occupate ad uso diverso da quello residenziale e quelle ad uso residenziale, per le quali i conduttori non hanno esercitato il diritto di opzione per l'acquisto, sono poste in vendita al miglior offerente individuato con procedura competitiva, le cui caratteristiche sono determinate dai decreti di cui al comma 1, fermo restando il diritto di prelazione di cui al comma 5".

Completano poi la disciplina i commi 10 e 11 dello stesso art. 3 con le seguenti norme:

Comma 10: "I beni immobili degli enti previdenziali pubblici ricompresi nei programmi straordinari di dismissione di cui all'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, che non sono stati aggiudicati alla data del 31 ottobre 2001, sono alienati con le modalità di cui al presente decreto".

Comma 11: "I beni immobili degli enti previdenziali pubblici, diversi da quelli di cui al comma 10 e che non sono stati venduti alla data del 31 ottobre 2001, sono alienati con le modalità di cui al presente decreto. La disposizione non si applica ai beni immobili ad uso prevalentemente strumentale. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali emana direttive agli enti previdenziali pubblici per l'unificazione dei rispettivi uffici, sedi e sportelli".

In questo modo la legge sostanzialmente delega a un decreto ministeriale le modalità delle operazioni di vendita degli alloggi dalla società di cartolarizzazione (c.d. società-veicolo).

E a questo punto si impone una riflessione terminologica. L'art. 3, primo comma del decreto legge n. 351 qualifica questi decreti ministeriali “di natura non regolamentare”. Questa espressione ha un senso se la si raccorda alla parte dei decreti ministeriali che si limitano a realizzare l'effetto traslativo dei beni immobili in discorso dagli enti proprietari alla società-veicolo incaricata di porli sul mercato, perché in tal caso il provvedimento appare più destinato a trasferire il bene (analogamente ad un eventuale atto negoziale o ad una sentenza costitutiva) che ad effettuare una qualche disciplina.

Ma quando l'art. 3 stesso decreto legge continua disponendo che questi decreti ministeriali prevedono “le modalità per la rivendita dei beni immobili trasferiti”, non vi è alcun dubbio che queste parti del decreto ministeriale devono essere qualificate come parti rivestenti contenuto regolamentare. Si tratterà pur sempre di norme regolamentari delegate dal legislatore, e come tali rivestenti qualifica di regolamenti delegati, la cui caratteristica è quella di richiedere apposita autorizzazione legislativa perché essi possano muoversi in seno a una disciplina già regolata per legge, la quale verrà abrogata, come dispone l'art. 17, 2° comma della legge 23 agosto 1988, n. 400 (9).

Successivamente pertanto si ha il D.M. 18 dicembre 2001, emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, il quale all'art. 4, secondo comma, dispone testualmente: “i restanti beni immobili trasferiti alla società di cartolarizzazione…sono alienati con le modalità e secondo le procedure individuate nell'allegato 4, nel rispetto del diritto di opzione e di prelazione eventualmente spettanti ai relativi conduttori ai sensi della normativa vigente, da esercitarsi nei termini e con le modalità individuate nel medesimo allegato 4”.

In questo modo le modalità procedurali dell'alienazione dei beni vengono affidate all'allegato 4, il quale, peraltro, non va considerato come parte estranea o esterna al decreto ministeriale, bensì come parte integrante di esso. Tant'è vero che quando è stato necessario modificare alcune norme di questo e di altri allegati allo stesso decreto ministeriale, oppure definire determinate norme interpretative del contenuto degli allegati stessi, si è dovuto ricorrere ad altro decreto ministeriale (cfr. D.M. 16 luglio 2002, il cui unico scopo è stato quello di ritoccare e interpretare autenticamente alcune disposizioni contenute negli allegati 3 e 4 del D.M. 18 dicembre 2001).

Il punto 2 dell'allegato 4 del decreto ministeriale 18 dicembre 2001 dispone testualmente: “gli immobili in relazione ai quali il diritto di opzione non sia stato esercitato …ovvero gli immobili che risultino liberi nonché quelli ad uso non abitativo o oggetto di un contratto di locazione ad uso non abitativo (di seguito definiti gli immobili disponibili) sono venduti mediante l'esperimento di aste. Nell'ambito di ogni asta, ciascun immobile disponibile è offerto in vendita singolarmente”.

Il punto 4, infine, dello stesso allegato 4 del D.M. 18 dicembre 2001 dispone nel modo seguente: “le aste sono gestite da notai ovvero da funzionari preposti dagli enti previdenziali che gestiscono la vendita degli immobili. Di ciascuna asta è data pubblicità tramite la pubblicazione di un avviso d'asta, contenente, tra l'altro, le informazioni relative alla data, luogo e modalità di svolgimento dell'asta, la descrizione degli immobili disponibili, le modalità per l'accesso agli stessi, nonché il deposito cauzionale richiesto e l'eventuale prezzo base d'asta, con l'indicazione della misura minima dei rialzi e delle modalità con le quali gli stessi possono essere effettuati”.

Alla luce di queste norme, si possono effettuare le seguenti conclusioni:

a) le norme indicate trovano la loro fonte in decreti ministeriali cui la legge ha attribuito compiti normativi e pertanto deve riconoscersi a queste fonti quantomeno valore regolamentare;

b) trattasi di una disciplina voluta dal legislatore, ancorché esplicitata da un decreto ministeriale, e pertanto di una regolamentazione che prevede meccanismi negoziali necessitati, nel senso che la S.C.I.P. non può prescinderne;

c) la gara d'asta, da una parte, e il notaio come soggetto chiamato a gestirla, dall'altra, dimostrano: che non può prescindersi da un'operazione d'asta e che con l'averne affidato lo svolgimento al notaio si è voluto garantire il massimo di certezza e di linearità operativa per un procedimento tutto inteso a realizzare il massimo di risultato sul piano economico;

d) pertanto le regole comportamentali per il notaio appaiono le seguenti:

- registrazione (in modo informale ed eventualmente con l'utilizzazione di un quaderno privato) del giorno e dell'ora nelle quali sia pervenuta in ufficio l'offerta segreta;

- redazione del verbale d'asta, comprensivo delle operazioni di apertura delle buste chiuse e delle immediatamente successive (ed eventuali) operazioni di svolgimento della gara d'asta, conformemente del resto alla indicativa formula a suo tempo distribuita in seno alla categoria.

Pertanto non vi è alcun dubbio che il notaio è chiamato a redigere un atto pubblico d'asta, che si ramifica in verbale constatativo del migliore o dei cinque migliori offerenti sulla base di offerte segrete e poi del verbale d'asta vero e proprio che documenta le operazioni di gara che si svolgono innanzi al notaio e che si concludono con l'indicazione dell'aggiudicatario (provvisorio, se deve ancora effettuarsi la prelazione, o definitivo in caso contrario).

2. Presenza delle parti

Si è posto il problema se il verbale d'asta in discorso preveda qualche soggetto come parte.

L'art. 47 legge notarile dispone che “l'atto notarile non può essere ricevuto dal notaro se non in presenza delle parti e, salvo che la legge stabilisca diversamente, di due testimoni.

La portata della norma è stata enfatizzata da una certa interpretazione, secondo la quale essa significherebbe che il notaio non possa formare un atto pubblico se, ad un tempo, non compaia nell'atto un soggetto come parte (10). Questa conclusione appare eccessiva, perché è ben possibile che un atto notarile sia formato per delega dell'autorità giudiziaria (e quindi senza parti), oppure che l'atto notarile sorga senza alcuna presenza di un soggetto come parte, come accade per il verbale societario, se si accoglie l'opinione di una parte della dottrina più recente, che nega la funzione di parte in capo al presidente dell'assemblea societaria constatata con verbale notarile (11).

Appurato che l'atto notarile può essere realizzato anche senza la presenza di parti, la norma contenuta nell'art. 47 legge notarile non può avere altro significato che il seguente: se l'atto notarile prevede la presenza di una parte, esso non può essere ricevuto (cioè formalizzato e sottoscritto dal notaio) in assenza della parte.

Il significato sostanziale della norma è intuibile: se l'atto notarile, cioè il documento pubblico formato dal notaio, è finalizzato a recepire un negozio giuridico, o una dichiarazione di altro genere di un soggetto intesa ad avere effetti giuridici, è indispensabile che la parte interessata sia presente nel momento in cui il notaio confeziona il rogito, per quella funzione strumentale che questo documento è destinato a svolgere a beneficio del negozio giuridico posto in essere.

Pertanto, soprattutto se l'attività recepita nell'atto pubblico notarile non si traduce in attività negoziale, bensì in attività puramente constatativa, l'atto può essere ricevuto senza la presenza di parti.

Ma vi è un altro argomento che, nella fattispecie normativa qui considerata, fa concludere per l'inesistenza di parti. Come precisato in precedenza, il D.M. 18 dicembre 2001, allegato 4, dispone al punto 4 che “le aste sono gestite da notai”. In questo modo viene attribuito al notaio, da una norma giuridica, il compito di “gestire”, cioè di organizzare e di presiedere all'asta. Il notaio, insomma, non è soltanto un pubblico documentatore, ma in una certa misura anche un soggetto chiamato ad organizzare la gara voluta dalla legge allo scopo di garantire una cessione di questi beni soddisfacente sul piano economico. Pertanto nella vicenda documentata il notaio è soggetto chiamato anche a garantire la correttezza di quanto avviene innanzi a lui e a individuare, sulla base di un procedimento virtuoso, il soggetto destinato all'aggiudicazione del bene. In definitiva, il notaio appare, nella vicenda, dominus non soltanto nella fase documentale, ma anche nella fase in un certo senso decisionale.

In questo modo i comparenti non possono essere ritenuti parti, perché essi non hanno un potere di disposizione di quanto avviene innanzi al notaio, ma debbono ritenersi persone assoggettate alla procedura rigida tracciata dalla norma per il migliore risultato della gara.

Nel nostro caso, astrattamente potrebbero essere intese come parti: la S.C.I.P., cioè la società-veicolo, l'ente pubblico già titolare del bene, i soggetti che partecipano all'asta. Ma neppure la presenza come parte di un soggetto che rappresenti la società-veicolo avrebbe senso, considerato che ancora non si tratta di trasferire il bene, ma soltanto di individuare, sulla base di una gara condotta in modo trasparente, il soggetto disposto ad effettuare il versamento di prezzo più alto fra i concorrenti.

Quanto infine ai soggetti partecipanti alla gara, non avrebbe senso attribuire la qualifica di parte né ai soggetti che risultino non vincitori (in quanto essi sono destinati ad essere esclusi dalla gara), né al soggetto che risulterà vincitore (perché il risultato di aggiudicatario potrà aversi soltanto a gara conclusa e mai a gara iniziata, mentre è risaputo che la legge notarile prevede la necessaria presenza delle parti fin dal primo momento del rogito).

Ed infine una osservazione conclusiva che dovrebbe eliminare qualsiasi dubbio sulla non necessità di far comparire come parte un determinato soggetto: può accadere che il notaio debba ricevere atto pubblico di verbalizzazione che si concluda: a) con l'apertura delle buste sigillate; b) con la constatazione che nessun soggetto sia comparso per instaurare la gara d'asta. In questo caso mancherebbe materialmente un soggetto cui ricollegare la veste di parte, ma anche in questo caso il notaio sarebbe costretto a redigere atto pubblico di constatazione che porti alla conclusione che innanzi a lui non è comparso alcun soggetto (e potrebbe accadere che anche in tal caso il verbale notarile produca i suoi frutti, indicando come aggiudicatario colui che abbia inserito nel plico chiuso l'offerta di prezzo più alta fra tutte quelle pervenute).

3. Presenza dei testimoni

Si pone a questo punto il problema se debbano o meno essere fatti comparire nel verbale d'asta i testimoni. Il problema sarebbe ancor più complicato dalla circostanza che, dovendosi eventualmente ricorrere alla rinuncia ai testi da parte dei soggetti comparenti in atto, mancando le parti non si saprebbe a chi affidare l'espressione della formula di rinuncia.

Comunque quest'ultimo appare un problema superato, perché la prima risposta che appare plausibile è quella che il verbale d'asta in discorso non richieda la presenza dei testi, ed evidentemente non pretenda che si formalizzi neppure una rinuncia alla presenza dei testimoni.

Due gli argomenti che suffragano questa conclusione:

a) il primo è che il verbale d'asta può legittimamente essere fatto rientrare fra gli "incanti", che l'art. 1, n. 4 lettera c) menziona fra quelli che non richiedono assolutamente la presenza dei testimoni.

Ma può accadere che la gara si risolva senza incanto, perché ad esempio soltanto un soggetto abbia presentato offerta segreta. Ci si può chiedere se anche in questo caso valga l'argomento formale desumibile dall'art. 1, n. 4 lettera c) della legge notarile, trattandosi in tal caso di gara senza incanto.

L'incanto infatti, come è stato precisato in dottrina (12), consiste in una pubblica gara caratterizzata dal fatto che gli offerenti non formulano le proprie offerte separatamente l'uno dall'altro, bensì direttamente e apertamente a confronto, con una sequenza continua e palese delle offerte fino all'aggiudicazione.

Pertanto si potrebbe affermare che, se esiste gara senza incanto, la norma notarile sulla non necessità dei testimoni, correlata com'è all'incanto, non possa essere utilizzata come argomento formale per sostenere la non necessità dei testi. Ma questa argomentazione non regge, perché la legge notarile non fa riferimento soltanto all'incanto, ma contiene la seguente formulazione: “ai notai è concessa anche la facoltà di procedere agl'incanti e alle divisioni giudiziali ed a tutte le operazioni all'uopo necessarie”.

Pertanto, per il combinato disposto dell'art. 47, secondo comma legge notarile (per il quale la presenza dei testimoni non è necessaria negli atti previsti nel numero 3 dell'art. 1 della legge, fra i quali rientra la norma qui esaminata), e dell'art. 1, n. 3, lettera c) stessa legge, occorre concludere che rientrano nell'eccezione non soltanto gli atti di gara con incanto, ma anche tutti gli atti intesi a documentare le operazioni necessarie alla gara con incanto. Nel nostro caso la procedura prevista prima della gara d'incanto tende non ad evitare la gara d'incanto, ma a prepararla, riducendone i protagonisti nel numero. Il procedimento che la norma affida al notaio in tal caso non è alternativo all'incanto, ma sussidiario all'incanto e pertanto trattasi di procedimento suscettibile di essere fatto rientrare nell'eccezione alla norma che prevede l'obbligatoria presenza dei testimoni.

E' vero che l'art. 1 legge notarile menziona gli incanti collegandoli a delegazione dell'autorità giudiziaria ("in seguito a delegazione dell'autorità giudiziaria"); ma è altresì vero che nel nostro caso l'incanto ad opera di notaio è stato addirittura disposto con norma giuridica, che trova la sua fonte in una legge formale e in un pedissequo regolamento delegato. Sembrerebbe pertanto strano che un incanto disposto dall'autorità giudiziaria non richieda i testi, mentre li richieda un incanto previsto da apposita norma giuridica.

b) il secondo argomento è il seguente. La lunga elencazione di norme di esclusione dall'obbligo di far comparire i testi, prevista dall'art. 47, secondo comma legge notarile, ha fatto sorgere il problema se queste norme debbano interpretarsi come espressione di norme eccezionali e quindi da valutarsi in senso riduttivo, oppure come espressione esse stesse di un principio generale. Un'isolata sentenza della Cassazione (13) ha ritenuto di poter enucleare dall'elenco predetto un criterio generale così riassumibile: un atto, per rivestire le caratteristiche di atto che non richiede la presenza dei testi, deve ubbidire alle seguenti caratteristiche:

b.1.) deve trattarsi non di atto contrattuale, bensì di atto unilaterale proveniente dal notaio o dalla parte (apposizione di sigilli, redazione d'inventari, operazione d'incanto, divisione giudiziale, vidimazione di registri commerciali, dichiarazione di rinuncia all'eredità, accettazione di eredità con beneficio d'inventario, dichiarazione giurata di notorietà, asseverazione di perizie stragiudiziali, girata di titolo di credito);

b.2.) si deve trattare di attività certificativa la quale può essere posta in essere, oltre che dal notaio, anche da altri pubblici ufficiali.

Non vi è alcun dubbio che queste riflessioni di carattere generale siano riferibili al nostro caso, sul presupposto che il verbale d'asta è atto non contrattuale e che, contemporaneamente, esso può essere posto in essere, oltre che dal notaio, da un funzionario dell'ente proprietario del bene dismesso.

Si è posta infatti questione se la presenza dei testi sia necessaria negli atti di constatazione. Da parte di alcuni Autori si è risposto che i testimoni non sono richiesti perché il verbale di constatazione non pretende la lettura di esso alle parti (14). Dello stesso avviso è la Cassazione, per la quale i verbali di constatazione, come tutti gli atti previsti dall'art. 1, 2° comma della legge notarile, non richiedono l'assistenza dei testimoni (15).

4. Allegati

Per gli allegati, nel silenzio delle norme che disciplinano la procedura d'asta, valgono le norme generali previste dalla legge notarile. Non si prevedono pertanto allegati obbligatori, per cui l'allegazione o meno di un documento al verbale d'asta è lasciato alla discrezione del notaio, che valuterà l'opportunità o meno di corredare il verbale di allegato, considerati soprattutto l'ampiezza e il numero dei documenti dei quali reputa opportuna l'allegazione.

5. Lettura

La dottrina si è interrogata sullo scopo cui tende la lettura dell'atto e pur non disconoscendo che i soggetti a favore dei quali essa è rivolta sono le parti, ha anche sostenuto che la lettura avvantaggia anche il notaio, allo scopo di consentire a quest'ultimo, per il tramite della lettura, di percorrere tutto l'iter procedimentale effettuato per la redazione del documento (16).

Insomma, se si aderisce a quest'ultima puntualizzazione, tratterebbesi di una sorta di lettura ad uso interno per consentire al notaio, ex post, di accertare se egli ha fedelmente osservato tutte le prescrizioni previste dalla legge notarile. Peraltro questa interpretazione appare eccessiva, sia perché la legge notarile recita “lettura alle parti” e non ad altri (ivi incluso, fra gli altri, il notaio), sia perché, se scopo della lettura, come si desume agevolmente dall'art. 67 del regolamento notarile, è quello di conoscere se la volontà delle parti sia stata in modo preciso recepita nell'atto, la lettura deve ritenersi proiettata interamente al raggiungimento di questo scopo e quindi soltanto a favore delle parti.

Anche se non può negarsi che il risultato di appurare se sia stato rispettato il volere delle parti interessa anche il notaio, che in tal modo avrebbe la possibilità di valutare se la discordanza dell'atto dal volere dei soggetti che hanno inteso negoziare sia dovuto a sua superficialità, oppure ad incertezza espressiva di chi ha descritto al notaio l'intento negoziale di tutti i contraenti.

Ancorché voglia accedersi all'opinione che la lettura, oltre che a favore delle parti, sia prevista anche a favore del notaio, non vi è alcun dubbio che l'opinione predetta vuole garantire al notaio, attraverso la lettura, l'accertamento che egli ha precisamente tradotto nel documento la volontà negoziale espressagli in modo informale dalle parti.

In ogni caso, pertanto, la lettura presuppone la presenza delle parti: se queste mancano, la lettura non ha alcuna ragion d'essere. Il verbale d'asta, mancando di parti, non richiede pertanto alcuna lettura.

6. Altre formalità

Nel silenzio delle norme e del disciplinare d'asta, la legge notarile troverà applicazione in ordine ai seguenti elementi: intestazione dell'atto; datazione; scritturazione; postille; sottoscrizione del notaio; conservazione; repertoriazione; raccolta.


(1) Cfr. CASU, L'atto notarile. Competenza e formalità, in via di pubblicazione.
(2) Ed è questa l'intuizione che ha avuto un sensibile cultore di problematiche notarili come GIULIANI, in Riv. not., 1961, 497, il quale peraltro sull'art. 2699 non ha condotto la sua analisi fino in fondo.
(3) TONDO, Documentazione notarile a fini non negoziali, in Studi e materiali, vol. I, Milano, 1986, pag. 280.
(4) V. in tal senso TRIOLA, Atti di istruzione preventiva e contrarietà all'ordine pubblico ex art. 28, n. 1 L..N., in Riv. not., 1972, 1320. Cfr. anche ANDRIOLI, Istruzione civile preventiva e attribuzioni notarili, in Riv. not., 1947, pag. 35; Consiglio notarile di Firenze, parere in Riv. not., 1963, pag. 382; FALZONE-ALIBRANDI, voce Constatazione (verbale di), in Dizionario Enciclopedico del notariato, vol. I, 1973, pag. 672.
(5) Da GIULIANI, in Riv. not., 1961, pag. 497.
(6) GIULIANI, in Riv. not., 1961, pag. 497; ma vedi anche da SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma, 1988, pag. 23.
(7) Cfr. in questo senso SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, cit., pag. 23.
(8) TONDO, Documentazione notarile a fini non negoziali, cit.
(9) V. in tal senso, per tutti, CERULLI IRELLI, Corso di diritto amministrativo, Torino, 2000, pag. 42; VERRIENTI, voce Regolamenti amministrativi, in Digesto. Discipline pubblicistiche, Torino, 1997, pag. 51.
(10) V. nella sostanza in questo senso PATERI, Il notariato, Torino, 1915, pag. 210 e segg.
(11) Cfr. in generale, sulla possibilità che il notaio compia un atto senza parti, BOERO, La legge notarile commentata con la dottrina e la giurisprudenza, Torino, I, 1993, pag. 303; SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, cit., pag. 105; DI FABIO, Manuale di notariato, Milano, 1981, pag. 144. Cfr. invece, sull'erroneità di qualificare come parte il presidente di un'assemblea societaria, FERRARA, Il verbale di assemblea di società per azioni, in Riv. soc., 1957, pag. 47 e segg.; MISEROCCHI, La verbalizzazione nelle società per azioni, Padova, 1969, pag. pag. 164; LAURINI, Il ruolo del notaio nella verbalizzazione delle delibere assembleari, in AA.VV., La verbalizzazione delle delibere assembleari, giornata di studio dell'8 maggio 1982, organizzata dal Comitato regionale notarile lombardo, Milano, 1982, pagg. 59-60; SALANITRO, Il presidente dell'assemblea nelle società di capitali, in Riv. soc., 1961, pag. 974; RESCIO, Verbale di assemblea di società di capitali per atto pubblico, in Tecniche di documentazione giuridica, vol. II, Documentazione e vita dell'impresa, Milano, 1990, pag. 65; GRIPPO, Il verbale notarile di assemblea e la sua sottoscrizione, in Giur. comm., 1989, II, pag. 826.
Per la giurisprudenza, invece, cfr. Trib. Reggio Calabria 26 febbraio 1993, in Vita not., 1993, pag. 1475, il quale, dopo avere affermato che nel verbale di assemblea straordinaria il notaio, nella sua qualità di pubblico ufficiale, esplica un compito speciale che la legge gli affida in quanto terzo qualificato ed imparziale per formare un atto pubblico da cui risultino le deliberazioni dell'assemblea, ha concluso che "il notaio assolve alla funzione di garante anche delle minoranze, per cui sono superflue sia la rilettura del verbale al presidente della assemblea, sia la sottoscrizione da parte dello stesso". Anche il Trib. Modena 18 febbraio 1985, in Gazz. not., 1985, pag. 113 ha ritenuto valido il verbale senza la firma del presidente.
(12) TRAVI, voce Incanto (diritto processuale civile), in Noviss. Dig. It., Torino, 1962, pag. 495.
(13) Cass. 18 febbraio 1969, n. 563, in Riv. not., 1969, pag. 639.
(14) Cfr. in tal senso SOLIMENA, Commento alla legislazione notarile italiana, Milano, 1918, pag. 140; FALZONE-ALIBRANDI, Testimoni nell'atto notarile, in Dizionario enciclopedico del notariato, vol. III, Roma, 1977, pag. 902.
(15) Cfr. Cass. 18 febbraio 1969, n. 563, in Riv. not., 1969, 639. Nello stesso senso v. CASU, Verbalizzazione di giochi a premio redatta da notaio, in Studi e materiali, vol. V, 1998, pag. 537.V. peraltro in senso critico BOERO, La legge notarile commentata con la dottrina e la giurisprudenza, cit., pag. 269.
(16) Sostanzialmente in tal senso si esprime SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, cit., pag. 133, il quale afferma che la lettura "consente al notaio, ai comparenti e ai testi di controllare la rispondenza del contenuto documentale a quanto effettivamente voluto dai contraenti e a quanto svoltosi dinanzi al notaio".

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