Codice dell'amministrazione digitale, firme elettroniche e attivita' notarile
Codice dell'amministrazione digitale, firme elettroniche e attivita' notarile
di Sabrina Chibbaro
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 2-2006/IG
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 2/2006, p. 1765 ss

L'introduzione nel nostro ordinamento dell'istituto della firma digitale e conseguente riconoscimento giuridico all'istituto del documento informatico firmato ha portato con sé uno stravolgimento nella tipica attività notarile.

L'utilizzo della firma digitale e del documento informatico nell'ambito notarile ha comportato, come prima applicazione, l'introduzione dell'adempimento telematico: totalmente telematico, nel caso del Registro Imprese ed ancora solo parzialmente nel caso dell'Adempimento Unico.(1)

Ma il settore degli adempimenti pur essendo il primo, non è certamente l'unico in cui il documento informatico firmato può essere utilizzato nell'attività notarile.

Il tutto con una certa cautela, in quanto alcune fattispecie per le loro peculiarità, per la particolarità dello strumento utilizzato o per la mancanza di normativa sul punto non si prestano all'utilizzo del documento informatico.

Documento informatico e documento cartaceo

Il documento altro non è che il prodotto dell'attività di documentazione.(2)

Tre elementi caratterizzano il documento: la materia, il mezzo ed il contenuto.

Quanto al primo di questi tre elementi, essa si sostanzia in qualsiasi materiale idoneo ad accogliere la testimonianza del fatto.

Nella pratica, l'unico materiale utilizzato da sempre è stata la carta, per cui si è sempre portati ad identificare il documento tout court con il documento cartaceo.(3)

Con l'emanazione del D.P.R. 513/1997 poi trasfuso nel T.U. 445/2000(4), al documento cartaceo si è affiancato il concetto di documento informatico.

Tale corpo normativo è stato ulteriormente abrogato nella sua parte centrale, relativa alla disciplina del documento informatico, con effetto dal 1 gennaio 2006 dal nuovo Codice dell'Amministrazione Digitale(5), di fatto il nuovo testo legislativo di riferimento in materia di documento informatico e firma digitale.

L'art. 1 lett. p) del citato Codice dell'amministrazione digitale(6) lo definisce come “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” e il successivo art. 20(7) afferma che “Il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se conformi alle disposizioni del presente codice.”.

Affinché un documento sia imputabile ad un soggetto occorre che esso sia firmato.

Ciò che appunto rende un documento imputabile ad un determinato soggetto è la sottoscrizione; essa consiste nell’apposizione del proprio nome e cognome in calce al documento ed assolve tipicamente tre funzioni: indicativa (in quanto permette di identificare l’autore del documento), dichiarativa (in quanto comporta l’assunzione della paternità del documento) e probatoria (dell’autenticità del documento).(8)

Riguardo alla idoneità del documento informatico firmato ad integrare la forma scritta, il nuovo comma 1-bis dell'art. 20(9) del Codice dell'amministrazione digitale stabilisce che “L’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dal comma 2.”

Lo stesso articolo, al comma successivo(10) introduce, al fine di stabilire un diverso valore del documento, la differenza tra firma elettronica e firma elettronica qualificata o firma digitale, chiarendo che “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’articolo 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile.”

Riguardo al valore probatorio del documento informatico sottoscritto, l'art. 21 del Codice dell'Amministrazione digitale stabilisce che “Il documento informatico, sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata, ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice civile. “L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria”.

La norma, modificata radicalmente rispetto alla precedente formulazione del Testo Unico 445/2000, prende atto dei diversi tipi di firma elettronica ed attribuisce al documento un'efficacia commisurata al grado di sicurezza che il tipo di firma elettronica utilizzato è in grado di offrire.(11)

Con il nuovo codice, la forma scritta non sarà più soddisfatta con la semplice apposizione della firma elettronica di qualunque genere, come l'abrogato art. 10 del T.U. 445/2000 prevedeva: il nuovo art. 20 comma 2(12) del codice dell'amministrazione digitale stabilisce che per aversi forma scritta il documento dovrà essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata e dovrà comunque essere in grado di garantire l'identificabilità dell'autore e l'integrità del documento(13).

Sul piano probatorio, il documento informatico a cui sia apposta una firma elettronica semplice sarà sempre rimesso alla libera valutazione da parte del giudice(14); mentre, per quanto riguarda il documento informatico munito di firma digitale o firma elettronica qualificata, il comma 3 dell'art. 21 del codice dell'amministrazione digitale fa riferimento all'art. 2702 del codice civile, riproponendo così la disciplina del vecchio D.P.R. 513/1997.

Tale ritorno alla vecchia formulazione fa sparire l'anomalia giuridica creata con il sopra riportato terzo comma dell'art. 10 del T.U. 445/2000(15) il quale attribuiva efficacia di piena prova fino a querela di falso (tipica del documento proveniente o autenticato da pubblico ufficiale), al semplice documento munito di firma digitale: occorrerà comunque provare qualunque circostanza che valga ad interrompere il nesso di imputazione tra il presunto autore del documento e la firma a lui riconducibile, alla luce dell'obbligo, contenuto nell'art. 32 del D.Lgs. 82/2005, per il titolare del dispositivo di “utilizzare personalmente il dispositivo di firma”.

Il documento informatico, per ovvie ragioni legate al diverso supporto, non può essere sottoscritto in modo tradizionale: di conseguenza, la sottoscrizione autografa è stata sostituita da un altro strumento idoneo ad assolvere le medesime funzioni (indicativa e dichiarativa): la firma digitale, che consente di apporre al documento informatico una firma riconoscibile e verificabile ovunque, da chiunque e per sempre.

L'ormai abrogato art. 23, 2 co. del T.U. 445/2000 recitava “L'apposizione o l'associazione della firma digitale al documento informatico equivale alla sottoscrizione prevista per gli atti e documenti in forma scritta su supporto cartaceo”.

L'art. 9 comma 1 del D.P.R. 7 aprile 2003, n. 137 ha soppresso tale dichiarazione di equivalenza tra firma autografa e firma digitale e neanche il codice dell'amministrazione digitale la riproduce: è legittimo chiedersi il significato di tale abrogazione.

Una posizione restrittiva condurrebbe a ritenere che l'abrogazione della norma finisca per negare l'equiparazione tra la sottoscrizione cartacea e quella elettronica, con la conseguenza dell'inidoneità della firma digitale ad integrare i requisiti della forma scritta ad substantiam.

Tale impostazione non tiene però conto del fatto che, così interpretando, il legislatore italiano sarebbe andato contro l'art. 5 della direttiva 1999/93/CE, che all'art. 5 dispone: “Gli Stati membri provvedono a che le firme elettroniche avanzate basate su un certificato qualificato e create mediante un dispositivo sicuro per la creazione di una firma posseggano i requisiti legali di una firma in relazione ai dati in forma elettronica così come una firma autografa li possiede per dati cartacei”.(16)

Sembra quindi più ragionevole ritenere che il documento informatico integri la forma scritta ad substantiam, ma che il legislatore abbia preso atto della non completa equiparazione tra firma autografa e firma digitale.

In tal senso si è espressamente pronunciato il legislatore; l’art. 20 comma 2 del Codice dell’Amministrazione Digitale, modificato dal D.Lgs. n.159/06, dispone, infatti, nella nuova formulazione che “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’articolo 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile”.

In primo luogo perché, come già rilevato da autorevole dottrina(17), l'apposizione della firma digitale è legata non tanto alla persona del titolare (come nel caso della firma autografa) quanto alla disponibilità del dispositivo di firma e del relativo PIN(18), inducendo così taluni a parlare più che di firma digitale di “sigillo informatico”(19): è evidente la difficoltà di qualificare giuridicamente le conseguenze di un utilizzo del dispositivo di firma da parte di soggetto diverso dal titolare, utilizzo che produce comunque una firma tecnicamente valida ed assolutamente indistinguibile da quella apposta dal vero titolare.(20)

In secondo luogo, perché la firma elettronica perde il suo valore con il trascorrere del tempo, fenomeno sconosciuto al mondo del documento cartaceo sottoscritto in maniera autografa.

Infatti, un documento informatico firmato intanto è valido e produce i suoi effetti in quanto esso sia verificabile, cioè sia positivo il controllo (verifica) che si effettua sul documento stesso al fine di accertare che non sia stato alterato e che il certificato di firma utilizzato sia non scaduto, revocato o sospeso.

La conseguenza giuridica dell'utilizzo di un certificato non valido o la scadenza dello stesso per il naturale trascorrere del tempo è sancita dal comma 3 dell'art. 21 del Codice dell'amministrazione digitale, ai sensi del quale “L'apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione.”(21)

In definitiva, se la chiave pubblica perde validità (per scadenza, revoca o sospensione) ne deriva la perdita di validità delle firme digitali verificabili con la stessa chiave e la conseguenza è paragonabile, nel mondo cartaceo, alla distruzione del documento.

E poiché la scadenza è un fenomeno naturale per tutti i certificati di firma(22), ne deriva che la validità del documento informatico è destinata a venir meno nel tempo e che non è sufficiente la semplice archiviazione del documento per conservarne l’efficacia giuridica.

Per ovviare al problema della perdita di validità nel tempo del documento informatico, occorre poter dimostrare che esso è stato firmato anteriormente alla data di scadenza del certificato di firma.

Una delle soluzioni tecniche a questo problema è fornita dalla marca temporale: la lettera bb) dell'art. 1 del Codice(23) parla in effetti di “validazione temporale” e la definisce “il risultato della procedura informatica, con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi”; essa quindi consente, con l’apposizione di una data certa al documento, di dimostrarne la sua anteriorità alla scadenza del certificato di firma e pertanto che al momento del suo utilizzo (cioè dell'apposizione della firma elettronica) il certificato era valido.(24)

Questa ed altre peculiarità dello strumento elettronico devono essere tenute presenti nel valutare se esso sia utilizzabile nelle varie fattispecie.

Atto pubblico e Scrittura privata autenticata in forma elettronica

Ai sensi dell’art. 2699 c.c. l’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui l’atto è formato.

La normativa in materia nulla dice rispetto alla possibilità di redigere un atto pubblico notarile in forma informatica.

Il silenzio del legislatore non va interpretato, ad avviso di chi scrive, come impossibilità di stipulare atti pubblici in forma informatica, sebbene diverse considerazioni portino a porre dei limiti nonché a valutare non soltanto la configurabilità teorica dell'istituto, bensì le reali possibilità di realizzazione pratica.

In primo luogo, si deve in parte concordare con chi ritiene che per l'atto pubblico non sia sufficiente l'utilizzo di una firma elettronica debole.(25)

Il nuovo D. Lgs. 82/2005 nega la qualifica di forma scritta al documento munito di semplice firma elettronica ed in ogni caso tale documento, sul piano probatorio, sarebbe liberamente valutabile dal giudice.

Se quindi ammettessimo la possibilità di usare firme elettroniche tout court (o deboli) per l'atto pubblico notarile, avremmo l'assurda conseguenza di un atto pubblico notarile non coperto da fede privilegiata, bensì liberamente valutabile dal giudice.

Bisogna allora chiedersi se sia necessario che tutte le firme (delle parti e del notaio) debbano essere firme qualificate o se sia sufficiente che lo sia soltanto quella del notaio.

Una prima risposta potrebbe partire dalla considerazione che se per la validità della contrattazione tra privati è necessario l'utilizzo di una firma elettronica qualificata, a maggior ragione per l'atto pubblico, che è negozio solenne, non se ne potrebbe fare a meno.

Tale soluzione non tiene però conto della natura giuridica dell'atto pubblico notarile, che è atto del notaio in cui le dichiarazioni delle parti sono veicolate dallo stesso ed in cui la firma dei comparenti potrebbe addirittura mancare: ne sono un esempio i casi in cui la parte non sia in grado di firmare o i verbali di assemblea societaria, per i quali la migliore dottrina(26) sostiene la superfluità della sottoscrizione da parte del Presidente dell'assemblea.

Dato quindi che, in linea teorica, si può ammettere la possibilità di stipulare un atto pubblico notarile in forma elettronica, purché il notaio (e non anche necessariamente le parti) utilizzi una firma elettronica qualificata, rimane il dubbio circa la compatibilità di questa nuova forma documentale con le formalità richieste dagli articoli 47 e ss. della Legge Notarile.

Una prima anomalia sorge nel caso in cui una parte non sia in grado di sottoscrivere.

Rientrano nella fattispecie sia il caso del soggetto analfabeta (e pertanto non in grado neanche di leggere) che del soggetto che, pur essendo in grado di leggere, per motivi fisici temporanei o permanenti non sia in grado di sottoscrivere: la legge notarile accomuna i due casi in un’unica disciplina all’art. 58 n. 10, richiedendo la menzione della dichiarazione della parte della causa che gli impedisce di sottoscrivere.(27)

Con l’utilizzo della firma elettronica le due situazioni mostrano le loro differenze, poiché i dispositivi di firma non richiedono che il loro utilizzatore sia in grado di leggere e scrivere, ma è sufficiente che egli sia in grado di digitare il PIN per produrre una sottoscrizione giuridicamente valida.

Nel caso del soggetto analfabeta, poiché egli non è in grado neanche di leggere e pertanto non in grado di verificare personalmente ciò che firma, tutte le cautele previste dalla legge notarile andranno mantenute e quindi sarà necessaria la presenza irrinunciabile dei testimoni e la menzione della dichiarazione della parte di non essere in grado di leggere e scrivere.

Diversa soluzione deve darsi, a mio avviso, per il caso in cui un soggetto (che in astratto sappia leggere e scrivere) sia temporaneamente o permanentemente impossibilitato a farlo in forma autografa per motivi fisici: tale situazione sarà irrilevante per la valida apposizione della sottoscrizione elettronica e, pertanto, nulla vieterà anche a chi abbia una menomazione fisica di rinunciare alla presenza dei testimoni e sottoscrivere efficacemente senza le salvaguardie previste dalla legge notarile.

Se quindi in linea teorica possiamo ammettere la possibilità di stipulare un atto pubblico notarile in forma elettronica purché si proceda ad una interpretazione evolutiva delle norme previste dalla Legge Notarile, tutta una serie di problemi irrisolti successivi alla stipula fanno ritenere di fatto impraticabile tale via.

Si pensi alle norme sulla conservazione degli atti notarili: che non sia assolutamente opportuno addentrarsi in interpretazioni evolutive sulla conservazione ed archiviazione degli atti, senza attendere un intervento legislativo è avvalorato dalla considerazione che, come già accennato, a differenza di un documento cartaceo, la validità di un documento informatico è limitata nel tempo e la normativa in merito assolutamente assente(28), per non parlare delle tecniche per mantenere tale validità(29), tutt'altro che testate.

La necessità di affrontare questa serie di problematiche, assolutamente sconosciute fino ad oggi e non coperte da alcuna normativa in merito portano a ritenere che sia consigliabile evitare la produzione di originali elettronici che debbano essere conservati nella raccolta degli atti del notaio rogante, quali gli atti pubblici.

Discorso in parte simile deve farsi per le scritture private autenticate in forma elettronica che siano destinate ad essere conservate nella raccolta degli atti del notaio autenticante: si ripropongono qui le medesime difficoltà di pratica attuazione della fattispecie già accennata per gli atti pubblici.

La scrittura privata autenticata in forma elettronica è invece espressamente prevista dal legislatore all'art. 25 del Codice, che prevede che “Si ha per riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile, la firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.”

La norma fa esclusivo riferimento alla firma digitale o firma elettronica qualificata e, ad avviso di chi scrive, non poteva essere diversamente: se infatti, secondo la nuova normativa, il documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice non integra neanche gli estremi della forma scritta, non si vede come possa autenticare ciò che non è neanche considerato dal legislatore “forma scritta”.

Quanto alle modalità dell'autentica, il comma 2 dell'art. 25 del Codice in nulla innova rispetto all'attuale disciplina dell'autentica notarile se non in un punto: il notaio, nel presenziare all'apposizione della firma, oltre all'accertamento dell'identità personale delle parti ed al controllo di legalità sul contenuto dell'atto, dovrà procedere alla verifica della validità della firma elettronica apposta dalle parti stesse e di ciò dovrà dare menzione nell'autentica.

Data dell'atto e data certa

Un documento ha data certa quando è possibile provare erga omnes la sua esistenza in un certo arco temporale o comunque anteriormente ad un dato evento.

In tutti i casi di intervento di un pubblico ufficiale (atto pubblico, scrittura privata autenticata) è proprio l'intervento di quest'ultimo a rendere la data certa.

Il codice civile interviene in materia, con l'art. 2704, stabilendo che, quando nella scrittura privata non sia autenticata la sottoscrizione o essa non sia riprodotta in atti pubblici, attribuiscono data certa la registrazione, la morte o la sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori o altro fatto ugualmente idoneo a dimostrare l'anteriorità della formazione del documento.

Queste regole sono dettate per il documento cartaceo. Per il documento informatico, la normativa nulla prevede in merito.

Riguardo all'applicabilità dell'art. 2704 c.c. alla scrittura privata elettronica, bisogna rilevare che, non essendo la firma digitale connessa inscindibilmente alla persona di colui che la appone (a differenza della firma autografa), la morte o la sopravvenuta impossibilità fisica non varrebbero ad escludere l'utilizzo del dispositivo di firma da parte di persona diversa(30).

Passando invece all'atto pubblico o alla scrittura privata autenticata da notaio (o comunque a tutti i documenti di provenienza notarile: copie, estratti, etc.), si deve ritenere che, comunque, sia sempre l'intervento del pubblico ufficiale che attribuisce data certa al documento(31), così come avviene nel mondo del documento cartaceo.

Qualche confusione potrebbe sorgere rispetto alle altre date che un documento informatico di solito contiene: ci riferiamo alla data che il software indica come data di apposizione della firma ed alla marca temporale (time stamp).

Quanto alla prima, di solito il software utilizzato per apporre la firma digitale indica la data di apposizione ed, a tal fine, utilizza la data di sistema del computer utilizzato per l'operazione. Essendo però la data di sistema un dato sotto il totale controllo dell'utilizzatore, facilmente alterabile da chiunque, è evidente come tale riferimento temporale sia assolutamente privo di alcun valore giuridico.

Quanto alla seconda, il Codice dell'amministrazione digitale attribuisce alla validazione temporale appunto l'effetto di “attribuire, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi”(32): oltre che per un fine civilistico (si aggiunge ai casi di cui all'art. 2704 c.c.), anche per evitare che le vicende successive della chiave utilizzata per firmare il documento (scadenza o revoca) ne inficino la validità.

Infatti, nessuno dubita che una scrittura privata autenticata in forma elettronica abbia data certa per effetto dell'intervento del pubblico ufficiale, indipendentemente dall'apposizione di una marcatura temporale.

La data apposta dal pubblico ufficiale costituisce data certa ai fini degli effetti civilistici del documento ed è contestuale alla formazione del documento stesso; la validazione temporale costituisce data certa in quanto destinata a dimostrare che un certo documento è stato firmato prima della scadenza delle chiavi di firma utilizzate e può essere apposta anche molto tempo dopo la formazione del documento stesso(33), purché prima della scadenza del certificato relativo alle chiavi di firma.

Originale e copia

Un documento informatico può essere tale all'origine o essere copia informatica di originale cartaceo.

L'osmosi possibile tra mondo informatico e mondo cartaceo è regolata dall'art. 23 del Codice dell'amministrazione digitale.

Il comma 2-bis stabilisce che “Le copie su supporto cartaceo di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, sostituiscono ad ogni effetto di legge l’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.”(34), regolando così l'ipotesi della copia del documento informatico su diverso tipo di supporto, anche cartaceo.

In merito all'ipotesi opposta, cioè la copia elettronica di un documento formato in originale su supporto cartaceo, l'art. 23 del Codice dell'amministrazione digitale innova rispetto alla precedente distinguendo tra originali unici ed originali non unici: la necessità dell'intervento del pubblico ufficiale è mantenuta soltanto per gli originali unici; è invece soppressa per gli originali non unici, per i quali sarà sufficiente l'attestazione di conformità da parte del “responsabile della conservazione mediante l'utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 71”(35).

Il comma 3 dello stesso articolo(36) prevede infine l'ipotesi della copia di atti pubblici, scritture private o altri documenti rilasciate da pubblico ufficiale: la norma richiede l'utilizzo, da parte del pubblico ufficiale che le rilascia, di una firma elettronica qualificata, con ciò confermando quanto affermato in precedenza in materia di atto pubblico e di scrittura privata autenticata in forma informatica.

Posto dunque che è possibile avere copie elettroniche di documenti cartacei(37) e viceversa, occorre tener presente alcune peculiarità dello strumento elettronico che rendono improponibile l'utilizzo dei medesimi principi logici e giuridici applicabili al documento cartaceo.

Infatti, parlare di “copia” per un originale elettronico, tecnicamente non ha senso: posto infatti che il documento informatico, a differenza di quello cartaceo non è indissolubilmente legato alla materialità del supporto, ma vive di vita autonoma indipendentemente da esso, essendo trasferibile da un supporto all’altro rimanendo sempre uguale a sé stesso, è evidente come non ci sia distinzione tra originale e copia: quest’ultima non sarà altro che lo stesso esemplare su un diverso supporto.

Per questo in dottrina si è notato come sia più appropriato, con riferimento ad originali informatici, parlare di “duplicato” piuttosto che di copia.(38)

Mentre quindi la copia di un documento cartaceo è tendenzialmente riconoscibile come tale e può essere effettuata solo da chi è in possesso dell'originale, l'operazione di copia di un documento informatico produce duplicati identici in numero potenzialmente illimitato(39) e può essere effettuata da chiunque sia in possesso di uno qualunque degli esemplari identici.

Procure speciali e titoli di credito

Da quanto sopra rilevato in materia di originali e copie elettronici, ne deriva l'impossibilità di utilizzare lo strumento elettronico in tutti i casi in cui l'unicità dell'originale sia elemento essenziale della fattispecie.

Così, in primo luogo, le copie rilasciate in forma esecutiva: il fatto che il notaio rilasci un solo “file” firmato non preclude a chi ne sia in possesso di crearne altrettanti assolutamente identici al primo.

Meno scontata è la soluzione nel caso di procure speciali destinate ad esaurirsi in unico contesto: nel caso delle copie esecutive, infatti, esiste una precisa norma che vieta il rilascio di più esemplari e la ratio è evidentemente quella di evitare due esecuzioni simultanee per lo stesso debito; nel caso delle procure speciali, invece, esse vengono di solito rilasciate in originale e conservate dal notaio che le utilizza, ma non esiste una norma che imponga tale comportamento.

Inoltre, la ratio sottostante non sembra così stringente come in materia di copie esecutive: l'esigenza potrebbe essere quella di evitare che il procuratore compia l'atto più volte(40), oltre al rispetto della normativa fiscale che non assoggetta a registrazione in termine fisso le procure rilasciate per il compimento di un solo atto.

A ben vedere, però, la prima di queste argomentazioni non sembra tale da portare alla preclusione dello strumento elettronico per le procure speciali: la responsabilità del procuratore che abbia fraudolentemente utilizzato più volte la stessa procura non viene meno per il solo fatto che lo strumento gli attribuisce la possibilità di creare più esemplari e l'eventuale conflitto tra più acquirenti dallo stesso (procuratore del) venditore saranno risolti secondo i principi generali.

Dal punto di vista fiscale, poi, si può argomentare che ciò che conta è che il contenuto della procura sia per un unico atto, non che il documento sia assolutamente un unico originale.

A ciò si aggiunga che, di solito, la procura speciale è destinata ad essere utilizzata a distanza e ciò rende il documento informatico, per le sue caratteristiche di facile ed immediata trasmissibilità, il mezzo ideale per tale fattispecie.

A mio avviso, pertanto, non vi sono sufficienti argomenti per negare che il documento informatico sia utilizzabile per le procure speciali rilasciate.(41)

Valutiamo infine la possibilità di avere dei titoli di credito in forma elettronica: titolo di credito viene definito dalla dottrina prevalente come “il documento necessario per esercitare il diritto letterale che vi è menzionato, destinato alla circolazione, idoneo a conferire in modo autonomo la titolarità di tale diritto al proprietario del documento e sufficiente per legittimare il possessore all'esercizio del diritto stesso”(42).

Elemento caratterizzante i titoli di credito è quindi l'incorporazione o “cartolarizzazione” che può essere definita come la relazione tra un documento e un diritto tale per cui l'acquirente del documento acquisti automaticamente il diritto che vi è indicato.

La necessità del supporto materiale o chartula non deve però portare alla conclusione che soltanto il documento cartaceo sia idoneo ad incorporare un diritto: in proposito non si può non concordare con chi ritiene che l'incartolamento non si ha necessariamente solo se si utilizza la carta.(43)

Ciò che conta è che il diritto possa circolare su un qualsiasi supporto con le regole tipiche dei beni mobili e certamente il documento informatico ha comunque un supporto, che non sarà cartaceo ma di altro genere purché si possa considerare bene mobile e sia idoneo a contenere il documento informatico (es: floppy disc o cd rom).

Né costituisce un problema alla configurabilità dei titoli di credito in forma elettronica l'imputabilità della sua creazione ad un soggetto: a tal fine la firma digitale provvede a garantire il possessore della integrità e provenienza del documento.

Prendendo le mosse da queste considerazioni, qualche autore è giunto alla conclusione che, dato che il documento informatico munito di firma digitale può essere oggetto di possesso e circolazione allo stesso modo con cui lo è il documento cartaceo (essendo sempre fisicamente presente su qualche supporto materiale), sia senz'altro possibile, nel nostro sistema giuridico, creare e far circolare titoli di credito elettronici.(44)

Ci sia consentito di rilevare come il citato approccio dogmatico, pur teoricamente ineccepibile, evidenzi i suoi limiti se solo si considera la particolarità dei documenti elettronici più volte citata nel presente studio e cioè la possibilità, per chiunque sia in possesso di un esemplare di documento, di crearne un numero indefinito di altri esemplari assolutamente identici ed indistinguibili dall'originale.(45)

Ad avviso di chi scrive, l'ostacolo alla configurabilità di titoli di credito elettronici non è la “cartolarizzazione”, né l'imputabilità del documento ad un dato soggetto, bensì l'aspetto della legittimazione all'esercizio del diritto da parte del possessore: la persona del creditore, nel regime di circolazione dei titoli di credito, viene identificata col possesso della res che è unica, mentre un titolo digitale è riproducibile in una quantità potenzialmente illimitata di esemplari.(46)

A conclusione di quanto detto, non si può che ribadire quindi l'incompatibilità tra le caratteristiche tecniche del documento informatico e l'esigenza, connessa alla natura giuridica dei titoli di credito, che il documento destinato alla circolazione sia un unico originale, il cui possesso legittima l'esercizio del diritto.


(1) Si ricorda infatti come, in teoria, con l'utilizzo della firma digitale del notariato tutti gli adempimenti conseguenti ad un atto notarile potrebbero essere gestiti digitalmente, ma in qualche caso manca la normativa che rimane tuttora ancorata a principi documentali di tipo tradizionale cartaceo: vedi G. Arcella, L'uso della firma digitale per gli adempimenti: modalità attuative, in Firme Elettroniche – Questioni ed esperienze di diritto privato, Milano, 2003.
(2) Si veda in proposito: P. Guidi, Teoria giuridica del documento, Milano, 1950; A. Candian, Documentazione e documento (teoria generale), in Enc. Dir., XIII, Milano, 1974, p. 579 e ss.; N. Irti, Sul concetto giuridico di documento, in Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1997, p. 159 e ss.; C. Angelici, Documentazione e documento (diritto civile), in Enc. Giur. Treccani, XXV, Roma, 1989.
(3) F. Carnelutti, Documento (teoria moderna), in Novissimo Digesto Italiano, VI, Torino, 1975, p. 86
(4) La normativa in materia di documento informatico e firma digitale era essenzialmente contenuta nel D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), che ha incorporato le disposizioni del D.P.R. 10 novembre 1997 n. 513 (Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici) e nel D.P.R. 23 gennaio 2002 n. 10 che ha attuato nel nostro Paese la direttiva 1999/93/CE, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, il tutto così come modificato dal D.P.R. 7 aprile 2003, n. 137, recante disposizioni di coordinamento in materia di firme elettroniche.
(5) Decreto Legislativo 5 marzo 2005, n. 82, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 2005 – emanato in forza della legge delega 29 luglio 2003 n. 229 – integrato e corretto dal Decreto Legislativo 4 aprile 2006 n. 159 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 aprile 2006) che, dalla data di entrata in vigore, prevista per il 1 gennaio 2006, abroga il decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10 nonché gli articoli 1, comma 1, lettere t), u), v), z), aa), bb), cc), dd), ee), ff), gg), hh), ii), ll), mm), nn), oo); 2, comma 1, ultimo periodo, 6; 8; 9; 10; 11; 12; 13; 14;17; 20; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 27-bis; 28; 28-bis; 29; 29-bis; 29-ter; 29-quater;29-quinquies; 29-sexies; 29-septies; 29-octies; 36, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6; 51 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
(6) Identica formulazione era contenuta nel T.U. 445/2000.
(7) Sostanzialmente identico al precedente art. 8 del T.U. 445/2000.
(8) E. Protetti’ – C. Di Zenzo, La legge notarile, Milano, 1985, pag. 241; G. Casu, L’atto notarile tra forma e sostanza, Milano-Roma, 1996, p. 148 e ss.; G. Petrelli, Documento informatico, contratto in forma elettronica e atto notarile, in Notariato n. 6/1997, p. 567.
(9) Introdotto dall'art. 8 del Decreto Legislativo 4 aprile 2006 n. 159 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 aprile 2006), a norma dell’articolo 10 della legge delega 29 luglio 2003, n. 229 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 aprile 2006.
(10) Anch'esso modificato dal Decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
(11) Qui si accenna soltanto il problema della differenza tra firma elettronica tout court, firma elettronica qualificata, firma elettronica avanzata e firma digitale introdotta in ossequio alla direttiva europea e della diversa efficacia probatoria a ciascuna collegata. In effetti, il decreto legislativo 10/02, abrogato dal recente D. Lgs. 82/2005, non era certo un esempio di semplificazione normativa, avendo definito quattro tipi di firme, contro i tre che sembravano identificati nella direttiva e avendo attribuito alle varie categorie un'efficacia probatoria decisamente discutibile (vedi in proposito U. Bechini, Efficacia, rilevanza formale e rilevanza probatoria, in Firme Elettroniche – Questioni ed esperienze di diritto privato, Milano, 2003, pag. 22-23; G. Buonomo, Effetti probatori: si torna ai principi del processo civile – 2, in Interlex alla pagina http://www.interlex.it/docdigit/buonomo12.htm): basti rilevare come l'art. 10, co. 3 del TU 445/2000 avesse attribuito al documento informatico firmato con firma digitale o firma elettronica avanzata efficacia di piena prova fino a querela di falso, efficacia che nel campo del documento cartaceo è riconosciuta solo ad un documento proveniente o autenticato da un pubblico ufficiale.
(12) L'art. 10 del Testo Unico 445/2000 prevedeva “Il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta.
(13) M. Minerva, Documento informatico e forma scritta, in Interlex alla pagina http://www.interlex.it/forum10/relazioni/30minerva.htm
(14) Art. 21 comma 1 del codice dell'amministrazione digitale: “Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza.”
(15) G. Buonuomo, Effetti probatori: si torna al principio del processo civile, in Interlex alla pagina http://www.interlex.it/docdigit/buonomo11.htm
(16) P. Russolillo, Firma digitale, forma scritta e requisiti formali, in Interlex alla pagina http://www.interlex.it/docdigit/russolillo.htm
(17) E. Santangelo e M. Nastri, Firme elettroniche e sigilli informatici, in Vita Notarile, 2/2002; B. Izzi, La firma elettronica negli strumenti di circolazione della ricchezza, in Rivista del Notariato, 4/2004, p. 881, il quale rileva come “la provenienza del documento è attestata dall'utilizzo di una tecnologia che non è direttamente e fisicamente connessa al firmatario.”
(18) L'art. 21 comma 2 del Codice dell'amministrazione digitale in proposito recita: “L'utilizzo del dipositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che sia data prova contraria.” con ciò chiarendo che la scrittura privata elettronica è disconoscibile senza necessità di querela di falso, ma viene invertito l'onere della prova: chi vuole avvalersi del documento dovrà semplicemente dimostrare che la verifica informatica è positiva; scatta a questo punto la presunzione di utilizzo del dispositivo di firma: sarà la parte che vuole disconoscere il documento a dover dimostrare il contrario. Sul punto, F. Ricci, Sulla presunzione di utilizzo del dispositivo di firma, in Interlex, alla pagina http://www.interlex.it/forum10/relazioni/36f_ricci.htm.
(19) D. Gianquinto – P. Ragozzo, Il sigillo informatico, in Notariato, 1/97; L. Neirotti, Firmare elettronicamente non sempre equivale a sottoscrivere in .Interlex, alla pagina http://www.interlex.it/forum10/relazioni/28neirotti.htm
(20) La questione è ampiamente analizzata da U. Bechini, Efficacia, rilevanza formale e rilevanza probatoria, in Firme Elettroniche – Questioni ed esperienze di diritto privato, Milano, 2003, pag. 24, il quale si spinge anche a cercare l'inquadramento giuridico del caso di utilizzo del dispositivo di firma da parte di persona diversa dal titolare, ma con il consenso di quest'ultimo, pag. 34.
(21) Equivalente era la formulazione del concetto contenuta nell'art. 23 del Testo Unico 445/2000.
(22) Le firme digitali sono il prodotto di tecniche criptografiche basate su calcoli matematici: esse non sono inattaccabili di per sé, ma lo sono soltanto in relazione allo stato attuale della tecnica ed alla potenza degli elaboratori. È evidente come, con il progresso della tecnologia, ciò che può essere considerato sicuro ed inattaccabile alla data odierna potrà non esserlo tra qualche tempo. Ecco perché le chiavi di firma ed i relativi certificati hanno un termine naturale di scadenza: in proposito l'art. 15 delle regole tecniche emanate con D.P.C.M. 13 gennaio 2004 stabilisce al comma 4 che “Il certificatore determina il periodo di validità dei certificati qualificati in funzione della robustezza delle chiavi di creazione e verifica impiegate e dei servizi cui essi sono destinati.”
(23) Identico alla definizione dell'abrogato Testo Unico.
(24) Illuminante sul problema è lo scritto di R. Zagami, Il fattore tempo: la marcatura temporale, in Firme Elettroniche – Questioni ed esperienze di diritto privato, Milano, 2003, pagg. 153 segg.; U. Bechini, Contiene atto notarile: per la data di scadenza vedere sul tappo, in Federnotizie, Maggio 2001
(25) Il T.U. 445/2000 non conteneva la definizione di firma elettronica debole così come le regole tecniche emanate con D.P.C.M. 13 gennaio 2004: il concetto di firma elettronica debole ricomprende tutte quelle ipotesi in cui non si riscontrano quei requisiti di sicurezza che rendono una firma “qualificata” (di cui la firma digitale costituisce una sottospecie).
(26) Cfr. G. Casu, Verbale notarile d'assemblea e art. 28 Legge Notarile, in Rivista del Notariato, 1999, pag. 880; M. Maltoni, Il verbale di assemblea, in Notariato 6/2003, pag. 595 e segg.; G. Laurini, Sull'iscrizione a repertorio del verbale “tardivo” (tra massime e autonomia professionale), in Notariato 1/2005, pag. 5 e segg.
(27) In realtà la dottrina si divide tra coloro che limitano l’irrinunziabilità dei testi al caso di comparente analfabeta, tra cui Santarcangelo, La forma degli atti notarili, p. 47 ss, Roma 1988, e coloro i quali sostengono che i testi sono irrinunciabili in tutti i casi in cui il comparente, pur letterato, non sia in grado di leggere o scrivere, tra cui Di Fabio, Manuale di notariato, p. 127, Milano, 1981; P. Boero, La legge notarile commentata, p. 323, Torino, 1993.
(28) Le norme di riferimento in relazione al problema dell’archiviazione ottica vanno rinvenute negli aricoli 43 e 44 del Codice dell'amministrazione digitale e nella Deliberazione CNIPA 19 febbraio 2004 n. 11 che all'art. 3 recita “Il processo di conservazione sostitutiva di documenti informatici, anche sottoscritti, così come individuati nell'art. 1, lettera f), e, eventualmente, anche delle loro impronte, avviene mediante memorizzazione su supporti ottici e termina con l'apposizione, sull'insieme dei documenti o su una evidenza informatica contenente una o più impronte dei documenti o di insiemi di essi, del riferimento temporale e della firma digitale da parte del responsabile della conservazione che attesta il corretto svolgimento del processo.”. L'obbligo di conservazione è quindi, allo stato attuale, soddisfatto con la semplice apposizione del “riferimento temporale”, del quale si discute se si tratti di una marca temporale o altro tipo di strumento.
(29) Dubbi ulteriori su quale sia il corretto procedimento di archiviazione sorgono se si considera che le marche temporali (condividendo le soluzioni tecniche delle firme digitali) sono a loro volta soggette a perdita di validità per scadenza.
(30) Cfr, R. Zagami, Il fattore tempo: la marcatura temporale, in Firme Elettroniche – Questioni ed esperienze di diritto privato, cit., pag. 156
(31) Cfr. L. P. Comoglio, Le prove di tipo documentale, in Trattato di diritto privato, Torino, 1985, pag. 260
(32) Medesima formulazione era contenuta nel T.U. 445/2000.
(33) Inutile specificare che comunque la data della validazione temporale prevarrebbe su quella eventualmente posteriore contenuta nel documento.
(34) Introdotto dal Decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82
(35) Il legislatore ha tenuto conto, nella formulazione della norma, di quanto dettato in materia di conservazione dalla citata Deliberazione CNIPA 19 febbraio 2004 n. 11.
(36) Che riproduce senza sostanziali modifiche il comma 2 dell'art. 20 del Testo Unico 45/2000.
(37) Allo stato attuale, è l'ipotesi certamente più diffusa negli studi notarili e costituisce la regola per il deposito presso il Registro delle Imprese.
(38) R. Zagami, Firma digitale e sicurezza giuridica, Padova, 2000, p. 200;
(39) U. Bechini, Efficacia, rilevanza formale e rilevanza probatoria, cit., pag. 32
(40) Questa è sostanzialmente la posizione di M. Cammarata e E. Maccarone, Introduzione alla firma digitale / 9. La natura del documento informatico, in Interlex (www.interlex.it) che sostengono “Un altro esempio, fra i molti possibili documenti che devono essere "fisicamente unici", è la procura speciale, la cui efficacia è limitata a un determinato atto e che deve essere allegata in originale all'atto stesso per il cui compimento è stata rilasciata. Se potesse essere semplicemente duplicata sotto forma di bit, sarebbe utilizzabile per un numero illimitato di atti uguali, come la vendita dello stesso immobile a molti acquirenti... “
(41) Il problema, in definitiva, sarà quello di stabilire con quale tecnica il notaio proceda all'obbligatoria allegazione della procura al suo originale cartaceo. Basti ricordare che la stampa di un documento informatico firmato non produce un documento firmato. La migliore (e per ora unica) soluzione tecnica proposta prevede che il notaio utilizzatore aggiunga alla stampa della procura (destinata all'allegazione) una certificazione nella quale attesti la conformità all'originale informatico nonché la verifica della firma, indicandone tutti gli estremi.
(42) Di Amato, I titoli di credito, in Trattato di diritto privato, Torino, 1985,
(43) B. Izzi, La firma elettronica negli strumenti di circolazione della ricchezza, cit., pag. 893
(44) B. Izzi, La firma elettronica negli strumenti di circolazione della ricchezza, cit., pag. 894-895
(45) M. Cammarata e E. Maccarone, Introduzione alla firma digitale / 9. La natura del documento informatico, in Interlex (www.interlex.it) per i quali “Ma c'è un altro aspetto, sostanziale, che esclude la possibilità di cambiali fatte di bit. Infatti il debito si estingue solo con la restituzione del titolo originale, che è uno ed uno solo. Invece un'ipotetica cambiale informatica, duplicabile all'infinito sempre identica a se stessa, consentirebbe al creditore di esigere il dovuto per un numero infinito di volte! “
(46) Tale conclusione è sostanzialmente condivisa, con le stesse motivazioni, da U. Bechini, in Forma telematica ed incomunicabilità (con polemiche su metodo, deontologia e cambiale), in Rivista del Notariato, 6/2005, pag. 1273 ss

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