Vendita forzata e nuova normativa in materia di conformità dei dati catastali
Vendita forzata e nuova normativa in materia di conformità dei dati catastali
di Elisabetta Gasbarrini
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 1-2011/E
Pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 2/2011, 451
1. Il quesito
Con il Decreto Legge n. 78 del 31 maggio 2010(1), successivamente convertito con modificazioni dalla Legge n. 122 del 30 luglio 2010(2), è stato introdotto un nuovo comma all'art. 29 della Legge n. 52 del 27 febbraio 1985(3) intitolata “Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento all'introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari”(4).
Oggi, nel testo definitivamente approvato in sede di conversione, l'art. 29 rubricato “Necessità di indicazione dei confini dell'immobile di cui si chiede la trascrizione o la concessione dell'ipoteca”(5) dispone:
“1. Negli atti con cui si concede l'ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l'immobile deve essere designato anche con l 'indicazione di almeno tre dei suoi confini.
1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti , ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può' essere sostituita da un'attestazione di conformità' rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
La nuova disciplina è già stata oggetto di commento sotto diversi profili(6), in questa sede si intende focalizzare l'attenzione sulla sua incidenza nell'ambito della vendita forzata immobiliare ai sensi degli articoli 569 c.p.c. e ss., ovvero:
- se essa sia applicabile ai decreti di trasferimento pronunciati in esito ad espropriazioni forzate individuali,
- nel caso in cui non lo sia, se possa, comunque, condizionarne lo svolgimento.
Gli argomenti che supportano la risposta negativa al primo quesito (cioè sfavorevole all'applicabilità della disposizione alle vendite forzate in sede di espropriazione individuale) sono molteplici e si prestano ad essere utilizzati per saggiare l'applicabilità o meno della disposizione anche ad altre vendite effettuate in ambito giudiziale e per le quali la vendita forzata in sede esecutiva funge da modello di riferimento(7), ovvero:
- la vendita del bene immobile in sede di divisione giudiziale ex art. 788 c.p.c., che rinvia alle disposizione del c.p.c. sull'espropriazione immobiliare (8),
- la vendita del bene immobile in sede fallimentare ex art. 107, secondo comma, l. fall., attuata dal Giudice Delegato “secondo le disposizioni del c.p.c. in quanto compatibili”,
- la vendita del bene immobile, sempre in sede fallimentare, ma a seguito di esperimento di una c.d. “procedura competitiva” ex art. 107, primo comma, l. fall., secondo modalità che possono essere diverse da quelle rigidamente previste dal c.p.c.
Come vedremo, di questi ulteriori tre tipi di vendita, solo il secondo presenta caratteristiche strutturali e funzionali molto simili a quelle della vendita forzata in sede espropriativa immobiliare.
Mentre il primo e il terzo evidenziano tratti differenziali che non possono essere sottaciuti:
- nella vendita in sede di giudizio divisionale, il sub procedimento di vendita, pur mantenendo le forme tipiche della vendita forzata, si colloca come strumentale ad un processo di divisione tra contitolari del bene e in funzione di una loro soddisfazione;
- nella vendita fallimentare (per così dire) di ultima generazione, la procedura competitiva di vendita di cui all'art. 107, primo comma, l. fall., pur restando strumentale alla soddisfazione delle ragioni del credito, abbandona le forme tipiche della vendita forzata fino a potersi concludere con la stipula di un atto notarile di vendita.
Per quanto riguarda il primo quesito, se la disposizione si applichi ai trasferimenti realizzati nell'ambito dell'esecuzione forzata individuale a mezzo di decreto di trasferimento, lo studio prenderà le mosse dall'interpretazione letterale della prima parte del comma 1 bis per valutare se essa sia univoca, passerà poi -attraverso la c.d. interpretazione teleologica- a verificare quale sia stato (se vi sia stato) il bilanciamento legislativo dei vari interessi in gioco, per poi tornare ad un'interpretazione letterale della disposizione nel suo complesso, interpretazione che, tenendo conto anche dei principi di generale responsabilità patrimoniale del debitore e di tutela del diritto di credito (che lo stesso legislatore non ha ignorato), finirà per coincidere con una sua lettura costituzionalmente orientata.
Quanto invece alla seconda questione, dell'incidenza pratica della disposizione sulla modalità di svolgimento delle vendite c.d. giudiziali, essa è occasione per fornire alcune indicazioni agli operatori del settore, in generale, e ai notai, in particolare, sia quando essi vengano delegati delle operazioni di vendita ex art. 591 bis c.p.c. che quando siano incaricati di altre “operazioni” nell'ambito delle vendite fallimentari (nei vari ruoli che il notaio può essere chiamato a rivestire nella nuova disciplina(9)).
Ma procediamo con ordine, partendo dal dato letterale.
2. L'espressione “ atto pubblico ”
La disposizione disciplina gli “atti pubblici” e le “scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti”, che devono contenere, a pena di nullità:
- oltre all'identificazione catastale,
- il riferimento alle planimetrie depositate in catasto,
- e la dichiarazione, resa in atto dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale(10).
Per stare al primo quesito(11), visto che i decreti di trasferimento di cui intendiamo in prima battuta occuparci possono avere ad oggetto il trasferimento di diritti reali su fabbricati già esistenti, considerato che essi non rientrano certamente nella categoria delle “scritture private autenticate”, occorre chiedersi se essi possano ritenersi ricompresi negli “atti pubblici” di cui all'incipit del comma 1 bis.
La definizione dell'atto pubblico è data nel nostro ordinamento dall'art. 2699 c.c. e attiene essenzialmente all'efficacia di prova privilegiata che l'ordinamento riconosce ai documenti redatti da un notaio o da altro P.U. autorizzato ad attribuirgli pubblica fede (ovvero nell'esercizio di una funzione e nei casi previsti dalla legge)(12). In questo senso, essa individua come elemento minimo, a cui riconoscere l'efficacia privilegiata fino a querela di falso, quello della paternità del documento (redatto da notaio o altro P.U. autorizzato) e, come elementi eventuali e ulteriori, a seconda dei casi, le dichiarazioni delle parti e/o i fatti che il P.U. attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
Tale nozione, formulata nel codice civile (nell'ambito del titolo II del Capo I del libro VI, intitolato “Delle prove”(13)) da un legislatore che sembra avere avuto come riferimento principale l'atto negoziale notarile(14), è certamente idonea ad abbracciare sia atti giuridici di diritto privato a contenuto negoziale che atti a contenuto diverso (atti negoziali e non negoziali di diritto pubblico, atti, certificazioni e provvedimenti amministrativi, provvedimenti giudiziari(15)).
Essa, però, non vincola l'interprete in quanto la formula “atto pubblico” viene disinvoltamene utilizzata dal legislatore -in accezioni più o meno ristrette- per indicare (anziché l'estesa categoria degli atti ad efficacia privilegiata) quelli dotati di una particolare forma nell'ambito di una (altrimenti predeterminata e qualificata) categoria di atti(16) .
Basti pensare che, proprio in ambito di trascrizione, nello stesso VI libro del codice civile, la formula “atto pubblico” è spesso utilizzata per indicare la forma solenne dell'atto giuridico (in primis negoziale) da trascrivere, distinta tanto da quella della scrittura privata autenticata che da quella della “sentenza” (ovvero dal provvedimento finale tipico dell'attività giurisdizionale)(17) e che in innumerevoli altri casi il legislatore ha chiaramente dimostrato di usare l'espressione linguistica per indicare, ma solo nell'ambito degli atti negoziali di diritto privato, quelli dotati di particolari caratteristiche di forma(18).
3. La diversa formula che ha utilizzato il legislatore quando, in ambito catastale, ha voluto espressamente disciplinare tutti gli atti di trasferimento di diritti reali censiti in catasto
Sempre per rimanere all'esame del dato testuale e del linguaggio utilizzato dal legislatore rileviamo che, proprio in materia catastale, il D.P.R. n. 650 del 1972 “Perfezionamento e revisione del sistema catastale”(19), nel prevedere l'obbligo generalizzato (per coloro che siano tenuti alla registrazione degli atti) di richiedere le conseguenti volture catastali, ha espressamente parlato di “atti civili o giudiziari od amministrativi(20) che diano origine al trasferimento di diritti censiti nel catasto(21) … e, a proposito della dichiarazione di parte cedente che dimostri la cronistoria dei passaggi intermedi, quando essi non siano stati convalidati da atti legali, ha usato l'espressione “autenticata da chi provvede alla rogazione od emanazione o autenticazione”(22), così come la copia del corrispondente tipo di frazionamento da unire alla domanda di voltura deve essere “dichiarata conforme da chi provvede alla rogazione od emanazione od autenticazione”.
In questo caso, il legislatore ha voluto assoggettare agli obblighi previsti in tema di voltura catastale tutti gli atti di trasferimento senza distinzione alcuna di autorità e di tipo e lo ha fatto utilizzando un linguaggio inequivoco.
Vero è che la legislazione in tema di voltura catastale è improntata ad una tendenziale equiparazione tra i vari atti(23) a medesimo oggetto, ma vero anche che il legislatore, proprio perché consapevole delle profonde differenze che sussistono tra i loro vari tipi, quando ha voluto prevedere uno specifico adempimento valevole per ciascuno di essi, ha parimenti individuato con chiarezza i soggetti che ne fossero i destinatari.
Tanto più in questo ambito, nel quale viene prevista una vera e propria invalidità del trasferimento, in assenza di un dato letterale inequivoco l'interprete deve desumere aliunde la reale portata ed estensione della fattispecie disciplinata.
Da questo sintetico quadro risulta fin qui evidente che:
- l'espressione “atto pubblico” è suscettibile di diverse interpretazioni, a seconda del contesto in cui viene usata,
- sta all'interprete ricavare, di volta in volta, dai diversi indici a disposizione (ulteriori elementi letterali presenti nella disposizione, la sedes materiae dell'intervento legislativo, la ratio della disciplina) la reale portata dell'espressione utilizzata.
4. La sedes materiae
Se si guarda all'articolo di legge su cui il legislatore è intervenuto (art. 29 della legge n. 52 del 1985), la sedes materiae sembra evidenziare una contraddizione di fondo:
- da una parte, il legislatore è intervenuto nell'ambito di una disciplina (quella del servizio ipotecario) che riguarda tutti gli atti destinati alla trascrizione/iscrizione(24), senza distinzione rispetto alla loro natura di diritto privato o pubblico(25);
- dall'altra, la disposizione, anziché limitarsi, nel rispetto della sede dell'intervento effettuato, a disciplinare il servizio ipotecario e le regole della trascrizione, ha espressamente previsto un caso di vera e propria nullità(26) degli atti oggetto di trascrizione, senza peraltro vietarne la trascrizione (non almeno espressamente)(27).
Da questo punto di vista il contesto normativo non aiuta a risolvere i dubbi che la disposizione solleva, perché la norma ha, quale che sia la sua interpretazione, una portata che certamente supera e per certi versi è estranea all'ambito nella quale è stata collocata.
Da altro punto di vista, invece, se si guarda non alla singola norma su cui il legislatore (con il comma 14 dell'art. 19 del D.L. 78/2010) ha inciso, ma al complessivo intervento normativo nel cui ambito la disposizione è inserita (l'intero articolo 19 del D.L. 78/2010), è possibile ricavare qualche stimolo in più per la riflessione, ed esattamente:
- 1. la ratio dell'intervento legislativo è di carattere tributario (la realizzazione dell'anagrafe tributaria integrata e la lotta all'evasione e all'elusione fiscale). L'interesse tutelato è quello della coerenza tra realtà di fatto e realtà dichiarate a fini fiscali(28), in un'ottica precisa di catalogazione di tutti i beni esistenti sul territorio e di attribuzione di un valore coerente agli stessi, in attuazione del precetto costituzionale di cui all'art. 53 Cost.(29) e della realizzazione del federalismo fiscale;
- 2. gli incombenti complessivamente previsti, per la realizzazione dei fini dichiarati gravano, innanzitutto, sui soggetti, individuati in alcuni passaggi come i “titolari di diritti reali sugli immobili”(30)(che non risultano dichiarati in Catasto o che sono stati oggetto di interventi che ne abbiano determinato una variazione di consistenza o di destinazione non dichiarata in Catasto), soggetti che sono tenuti, entro determinati termini, a denunciare o regolarizzare i beni in Catasto.
In difetto di una loro spontanea attivazione è previsto che l'Agenzia del Territorio proceda all'accatastamento e ai controlli in collaborazione con i Comuni.
Dal contesto dell'intervento è, quindi, possibile estrapolare l'idea che i primi destinatari della disposizione e delle prescrizioni in essa contenute siano i “privati”, cioè i “titolari dei diritti reali sui beni”, chiamati a collaborare con gli enti pubblici preposti, in considerazione dell'obbligo contributivo che su di essi grava.
Su tale considerazione torneremo nel prosieguo dell'approfondimento.
5. L'interpretazione teleologica
Secondo le dichiarazioni ufficiali(31) e i primi commenti divulgati, la disposizione persegue un doppio obiettivo:
- da una parte, il miglioramento della qualità delle banche dati catastali e della pubblicità immobiliare sul piano della coerenza sostanziale e formale dei dati in esse contenuti(32), per garantire l'affidabilità delle informazioni che dovranno confluire nell'Anagrafe Immobiliare Integrata;
- dall'altra, far emergere possibili fenomeni di elusione ed evasione fiscale connessi ad un mancato aggiornamento dei dati oggettivi delle unità immobiliari urbane.
Ciò considerato, è chiaro che l'obiettivo della piena integrazione, a fini fiscali, delle banche dati dell'Agenzia del Territorio sarebbe più efficacemente perseguito se le prescrizioni previste a pena di nullità riguardassero tutti gli atti pubblici (in senso lato), oltre che le scritture private autenticate, ma è anche vero che nella stessa previsione normativa è proprio l'Agenzia del Territorio (insieme ai Comuni) il soggetto pubblico, preposto ed adeguatamente attrezzato per compiere, a prescindere dalla spontanea attività dei privati, tutti i controlli necessari per realizzare gli obiettivi dichiarati.
La scelta di onerare gli intestatari dei diritti reali sui beni(33) (che sono anche i soggetti passivi dell'obbligazione tributaria) di una regolarizzazione per così dire forzosa in occasione del compimento di determinati atti negoziali, magari proprio in considerazione della necessaria partecipazione, in quei casi, di un pubblico ufficiale qualificato come il notaio(34), non sarebbe da questo punto di vista contraddittoria con lo spirito e le finalità della complessiva disciplina, ne' sarebbe la prima volta che il legislatore prevede una differenza di regime tra atti giudiziari e/o amministrativi e atti negoziali privati.
Come dire che:
- se tutti gli operatori del diritto possono sentirsi sollecitati alla realizzazione dell'obiettivo che il legislatore si è proposto;
- sono i titolari dei diritti reali sui beni interessati che hanno l'obbligo legale di regolarizzare la situazione catastale dei beni e che, tenuti anche ai derivanti obblighi fiscali, non possono negoziare ovvero disporre con un proprio atto di volontà consapevole dei propri diritti senza averne prima regolarizzato la situazione catastale/fiscale (assumendosi la responsabilità di un'eventuale dichiarazione non veritiera)(35);
- il notaio è individuato come il garante dell'applicazione del meccanismo legale previsto, non solo in considerazione della specifica competenza che gli è riconosciuta in materia catastale e della prestazione professionale di controllo della bontà della vendita che fornisce all'acquirente, ma anche in virtù della previsione dell'art. 28 della legge notarile che gli impone il controllo di legalità, a pena delle più gravi sanzioni disciplinari.
Sempre restando all'indagine della ratio della disposizione, occorre domandarsi –per completezza- se sia possibile ricavare qualche utile elemento di riflessione in proposito dall'analisi delle fattispecie sicuramente incluse e di quelle sicuramente escluse dall'ambito di applicazione del nuovo comma 1 bis (tralasciando per il momento – per le ragioni che illustreremo più oltre – l'esclusione degli atti aventi ad oggetto diritti reali di garanzia).
5.1 L'inclusione degli atti costitutivi, modificativi od estintivi dei diritti reali di servitù
A differenza di quanto previsto nella normativa urbanistica di cui alla vecchia legge n. 47/85, oggi ripresa dal T.U. dell'edilizia D.P.R. n.380/2001, l'art. 29 della legge n. 52 del 1985, non prevede l'esclusione dalla sua applicazione degli atti costitutivi, estintivi o modificativi dei diritti reali di servitù ( l'unica esclusione espressamente prevista è quella relativa agli atti costitutivi di diritti reali di garanzia).
Il dato è stato immediatamente recepito fin dai primi commenti al D.L. 78 del 2010(36) ed è perfettamente coerente sia con l'obiettivo dichiarato (di perseguire la massima corrispondenza tra conservatoria e catasto e di consentire una futura consultazione che fornisca tutte le informazioni utili sulla titolarità dei diritti reali degli immobili, oltre che sulla loro corretta consistenza e rendita(37)), sia con la sollecitazione rivolta ai titolari dei diritti reali su beni non regolarmente accatastati a procedere alla regolarizzazione, se non lo abbiano fatto prima, in occasione del primo atto dispositivo.
5.2 L'esclusione degli atti mortis causa
La norma, invertendo l'ordine delle parole rispetto alla disciplina urbanistica (che recita: “atti tra vivi, in forma pubblica o privata”), parla di “atti pubblici e scritture private autenticate tra vivi”.
Possiamo, in proposito, domandarci:
- quale sia la ratio dell'esclusione degli atti mortis causa,
- quali siano le conseguenze (se ve ne siano) e quale la ratio della diversa formulazione e del diverso ordine delle parole in questa disposizione rispetto a quella utilizzata dal legislatore in ambito urbanistico.
Quanto alla ratio dell'esclusione degli atti mortis causa:
- una prima ragione riposa nella considerazione che le disposizioni mortis causa possono essere generiche ed universali, senza specifica dei singoli beni di cui si disponga,
- una seconda ragione, coerente con la ratio dichiarata dell'intervento legislativo, risiede nel fatto che la nullità dell'atto di disposizione mortis causa sarebbe resa pubblica e rilevabile, a seguito della trascrizione dell'acquisto, in un momento in cui il disponente, ormai venuto a mancare, non potrebbe più ripetere validamente l'atto e la sanzione, quindi (al di là della valutazione di una sua ragionevolezza nel bilanciamento degli interessi in gioco) andrebbe a colpire esclusivamente soggetti diversi da quelli che la disposizione e la correlata sanzione intendono sollecitare.
Da questa implicita esclusione emerge, ancora una volta, il carattere fiscale di una disposizione che è rivolta in primis ai titolari dei diritti reali su determinati beni immobili, tenuti ad alcuni adempimenti catastali in attuazione di un proprio obbligo contributivo.
Quanto all'ordine delle parole, diverso da quello utilizzato in ambito urbanistico, esso corrisponde ad una diversa estensione della prescrizione e della nullità in essa comminata: qui destinata a colpire solo gli atti tra vivi dotati di particolari caratteristiche formali, là (nella legislazione urbanistica) destinata a valere per tutti gli atti negoziali tra vivi, anche quando in forma di scrittura privata semplice.
Si tratta di un ulteriore elemento, che si aggiunge a quelli fin qui colti, da cui trarre un ulteriore argomento interpretativo.
5.3 L'esclusione delle scritture private semplici
Che il legislatore abbia escluso dal campo di applicazione della norma e della nullità ivi prescritta le scritture private semplici è stato da più parti rilevato e non sembra in discussione(38).
La ratio di tale ulteriore esclusione ci pare possa fornire un ulteriore determinante argomento a favore di quella che noi riteniamo essere la corretta interpretazione della norma e che progressivamente viene ad evidenziarsi.
Le scritture private semplici sono escluse dalla sanzione di nullità perché la norma ha come destinatario(39), oltre che la parte disponente (gli intestatari), quel P.U. qualificato che è il notaio, a cui le parti non possono non rivolgersi per formalizzare le loro disposizioni negoziali e assoggettarle alla disciplina della pubblicità immobiliare (trascrizione e voltura catastale(40)).
Il notaio, nel controllo di legalità dell'atto che gli è proprio, provvederà alle indicazioni e ai riferimenti prescritti oltre che a “sollecitare” il titolare del diritto reale (intestatario) alla dichiarazione richiesta. In difetto non potrà autenticare o ricevere l'atto.
Non è un caso che gli atti tra vivi, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, aventi l'oggetto previsto dalla norma siano tutti destinati ad essere trascritti ed è obbligo del notaio chiamato ad esercitare il suo ministero provvedervi(41).
Arrivati a questo punto dell'indagine, prima di passare a verificare quale sia il bilanciamento degli interessi in gioco che il legislatore abbia inteso effettuare (se ve ne sia stata consapevolezza) o che, in difetto, l'interprete sia chiamato ad operare, è necessario soffermarsi sul significato di quell'inserimento tra il primo e il terzo periodo del comma 1 bis (in occasione della conversione in legge) con il quale si è previsto che la dichiarazione della conformità, resa in atti dagli intestatari, possa essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
La previsione potrebbe apparire argomento di supporto alla tesi che vuole ricompresi nella disposizione anche tutti gli atti giudiziari con l'oggetto indicato, ma, ad un'analisi più attenta, risulta essere stata dettata da esigenze di tipo pratico che nulla hanno a che vedere con l'estensione della fattispecie prevista.
6. La dichiarazione resa in atti dagli intestatari e l'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale
In occasione della conversione in legge del D.L. 78 del 2010 è stato inserito un nuovo periodo (tra i due originari del comma 1 bis), dal seguente tenore:
“La predetta dichiarazione può' essere sostituita da un'attestazione di conformità' rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.”
Si tratta della dichiarazione di conformità dello stato di fatto alle planimetrie e all'identificazione catastale, che dovrebbero rendere gli intestatari in sede di atto.
Prima di questo inserimento, l'impossibilità o la difficoltà di pretendere la dichiarazione de quo nel caso di atti giudiziari o amministrativi poteva essere ulteriore argomento a sostegno delle conclusioni cui si è fin qui pervenuti(42).
Oggi, alla luce della nuova alternativa consentita dal legislatore, ci si deve chiedere se essa possa rappresentare l'argomento decisivo favorevole alla tesi che vede la disposizione applicabile a tutti i provvedimenti anche di diritto pubblico, aventi l'oggetto previsto.
Alla luce del dibattito che ha accompagnato l'emendamento, ci pare poter sostenere che l'intervento del legislatore sia stato dettato dalla volontà di dare una soluzione pratica alle difficoltà suscitate dal testo originario e da più parti segnalate.
Fin dai primi commenti, infatti, era stato osservato che:
- l'indicazione degli “intestatari”(43), in luogo del più generico “parte disponente” o “alienante” o “cedente” sembrasse fare riferimento ai soli intestatari catastali, pur intesi come coloro che dovessero risultare titolari dei beni a seguito del preallineamento notarile di cui all'ultimo periodo e che la disposizione non sembrava tenere conto del fatto che vi sono fattispecie tipiche civilistiche in cui il disponente non coincide con colui che risulta intestatario (vendita di bene altrui, vendita da parte di chi ha acquisito per usucapione, anche il caso di cambio di denominazione della società disponente)(44);
- il concetto di “conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie” (successivamente meglio circoscritto dal “sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale” anch'esso introdotto in sede di conversione) può risultare, in alcuni casi, di non immediata e facile percezione per i soggetti chiamati a compiere la dichiarazione, presupponendo la conoscenza delle disposizioni catastali (non sempre di facile interpretazione) secondo cui viene determinata la rendita(45).
L'introduzione di questa dichiarazione alternativa ( rispetto a quella resa in atti dagli “intestatari”) sembra, così, aver voluto risolvere tutti i potenziali problemi circa la corretta individuazione dei soggetti onerati della dichiarazione e circa il corretto concetto di corrispondenza o conformità in tutte le ipotesi che avessero presentato qualche criticità.
Non è la prima volta che in ambito catastale la responsabilità dell'intestatario del bene è affiancata a quella di un tecnico qualificato, proprio in considerazione del tecnicismo della materia e delle competenze specifiche che essa presuppone(46).
Inoltre, dal punto di vista della formulazione del testo, se veramente il legislatore avesse voluto consapevolmente dare soluzione a tutti i casi in cui si fosse reso necessario surrogare l'intestatario nel rilascio della dichiarazione (ovvero in tesi anche ai casi di provvedimenti giudiziari aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali su fabbricati censiti in catasto), non si spiegherebbe:
- perché, in sede di emendamento, non si sia anche eliminato quell'ingombrante ( e determinante ai nostri fini) “predetti atti” di cui al periodo successivo,
- perché l'onere della verifica dell'allineamento soggettivo non sia stato esteso al predetto tecnico qualificato,
- perché, insomma, l'intervento del tecnico non sia stato collocato con formulazione univoca, ad evitare qualsiasi dubbio, in alinea di chiusura come soluzione alternativa a tutte le possibili criticità.
L'impressione è, dunque, che il legislatore abbia voluto approntare uno strumento facilmente fruibile per risolvere le eventuali difficoltà pratiche (e sollevate in prima battuta all'originario provvedimento), senza intendere modificare (o anche solo chiarire) l'estensione oggettiva e/o soggettiva della disposizione.
Vero che la previsione introdotta può tornare utile a chi ritenga di estendere le nuove prescrizioni anche ai provvedimenti di diritto pubblico aventi l'oggetto previsto dalla norma, ma vero anche che, alla luce delle considerazioni fin qui fatte (e di quelle che seguiranno), l'argomento, non ci pare possa essere considerato decisivo in tal senso.
A chi segnala l'opportunità che ogni occasione di trascrizione e voltura, nell'ottica del perseguimento dell'obiettivo dichiarato dal legislatore, sia occasione di controllo e sistemazione dei dati contenuti nella futura anagrafe tributaria, facciamo notare che la questione dell'applicabilità della norma va chiarita in termini di necessità e non di opportunità di applicazione del suo disposto.
Nessuno mette in dubbio che il giudice, se lo ritenga opportuno, possa sempre incaricare un CTU per le verifiche del caso, esercitando i poteri di direzione del giudizio che gli sono propri ( e sul punto torneremo), ma quello che, in questa sede, rileva stabilire è se i provvedimenti giudiziari siano o no disciplinati dal nuovo comma 1 bis e, quindi, se il difetto di quanto previsto determini o meno un loro vizio di nullità.
Alla luce di quanto fin qui detto, in considerazione della finalità perseguita dal legislatore, come espressamente dichiarata e come desumibile dalla lettura della prima parte della disposizione, nonché della comparazione con altre disposizioni che utilizzano formule analoghe, siamo ora pronti per esaminare alcuni dati letterali utilizzati nella seconda parte del comma 1 bis.
7. L'interpretazione letterale basata sull'interpretazione della locuzione “atto tra vivi” e sulla nozione di “stipula” da parte del “notaio” – concatenazione tra primo e terzo periodo
Nella seconda parte della disposizione sono presenti due ulteriori elementi testuali, a nostro avviso, decisivi per la corretta interpretazione della norma.
Si tratta dell'espressione “tra vivi” inserita dopo “e le scritture private autenticate” e dell'apertura del terzo periodo “Prima della stipula dei predetti atti il notaio ..”
Quanto alla locuzione “atti tra vivi” , nella definizione di un qualsiasi dizionario giuridico si può leggere che “ atti inter vivos (tra vivi) sono tutti gli atti destinati ad avere effetto durante la vita del soggetto che li ha posti in essere” (47) o che “la locuzione si accompagna al termine negozio, per indicare quegli atti che acquistano efficacia mentre le parti sono in vita” (48) e che “essi si contrappongono ai c.d. negozi mortis causa”.
Nella legge notarile, ovviamente, la distinzione riguarda, nell'ambito degli atti negoziali, la differenza di causa della disposizione(49).
Nella legislazione e nella giurisprudenza tavolare gli “atti tra vivi” di cui all'art. 2 R.D. n. 499/1929(50), sono contrapposti per disciplina sia agli “attimortis causa” che a quelli di natura giudiziale (come il decreto di trasferimento nell'espropriazione forzata(51)) che agli acquisti a titolo originario(52).
Nel codice di procedura civile, l'art. 111 contrappone il trasferimento per atto tra vivi a quello mortis causa, ma senza darne una definizione esatta.
Nel codice civile, infine, a proposito della trascrizione, gli articoli 2659 e 2660 c.c. sembrano contrapporre gli atti tra vivi a quelli mortis causa ricomprendendo nei primi anche le sentenze(53).
Da una rapida analisi del linguaggio legislativo e giurisprudenziale emerge che se è vero che la distinzione tra atti inter vivos e mortis causa attiene in origine tutta al diritto privato ed è stata elaborata per distinguere in base alla causa (successoria o meno) i negozi giuridici, è anche vero che la locuzione viene talvolta usata solo per individuare una categoria di atti da cui espungere gli atti negoziali mortis causa, finendo –così- per ricomprendervi in modo indifferenziato anche atti di natura non negoziale (cioè non frutto dell'autonomia della volontà delle parti)(54).
L'espressione che di per sé sola non è univoca (come del resto la formula “atto pubblico”), alla luce di quanto stiamo per evidenziare, cioè del rapporto tra primo e terzo periodo del comma 1 bis, risulta in questo caso specifico essere stata utilizzata nel suo significato tradizionale di “atto negoziale”. Ne è conferma quell'ulteriore dato testuale, che ora andiamo a considerare e che, a nostro giudizio, chiude(55) il cerchio di tutte le osservazioni fin qui compiute, ricostruendo il disegno del legislatore in una logica coerente e ragionevole che vede coinvolti nel perseguimento della finalità dichiarata (la realizzazione dell'Anagrafe Tributaria Integrata e l'emersione di fenomeni di evasione ed elusione):
- da una parte i privati (i c.d. titolari dei diritti reali di cui ai comma 11 e 12 ; gli intestatari catastali di cui al comma 14),
- dall'altra l'Agenzia del Territorio in collaborazione con i Comuni,
e tra i due, in virtù degli specifici compiti e della diligenza che gli è propria,
- il pubblico ufficiale richiesto di ricevere o autenticare l'atto.
Si tratta dell'espressione “Prima della stipula dei predetti atti il notaio…” con cui si apre il terzo ed ultimo periodo del comma 1bis (originariamente posta di seguito alla norma imperativa che commina la nullità degli atti), oggi di fatto posizionata dopo un nuovo periodo -inserito in sede di conversione (su cui nel proseguo)- ma che logicamente resta concatenata con il primo.
Il dato letterale è stringente e parla di “stipula” da parte del “notaio” dei “predetti atti”, ovvero di quelli (gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi) di cui si è trattato nel medesimo comma e non di parte di essi come sarebbe stato facile ricavare se si fosse detto “nel caso di atti ricevuti o autenticati da notaio”.
I “predetti” atti non possono che essere esattamente quelli “stipulati” dalle parti con la collaborazione del notaio (ecco che l'alinea del comma fornisce la chiave di lettura negoziale(56) dell'espressione “tra vivi”).
Il periodo non costituisce un comma a sé perché interpreta ciò che precede e lo completa(57).
La sua lettura, come inscindibilmente legato a quanto previsto nelle frasi che lo precedono, spiega d'un tratto:
- il perché le scritture private semplici siano state escluse;
- il perché sia stata comminata la previsione della sanzione della nullità (civilistica) anzichè quella della non trascrivibilità.
Il notaio nel controllo della legalità dell'atto, stretto dalla diligenza che gli è propria, provvederà a controllare i contenuti previsti e ad informare le parti della loro funzione.
Non è la prima volta che il notaio è utilizzato come garante dell'applicazione di una disciplina(58).
D'altronde se così non fosse, se cioè la norma fosse stata rivolta a qualsiasi atto pubblico anche giudiziale (una sentenza o un decreto di trasferimento) non si capirebbe perché il legislatore, dopo aver comminato la nullità dell'atto, abbia limitato il successivo adempimento della verifica della conformità dell'intestazione catastale alle risultanze dei registri immobiliari al solo caso dell'atto notarile.
Ben avrebbe potuto disporre, con la stessa tecnica usata a proposito degli obblighi di voltura catastale, che tale adempimento gravasse tutti i pubblici ufficiali interessati.
La più plausibile spiegazione di tale formulazione sta nel fatto che la sanzione della nullità prevista sia quella della nullità civilistica, rilevabile da chiunque abbia interesse, anche d'ufficio, imprescrittibile, idonea ad esporre il notaio alla disciplina del rigido art. 28 della legge notarile oltre che a responsabilità professionale.
Questo sembra essere anche l'orientamento implicito nel linguaggio esemplificativo della stessa Agenzia del Territorio, laddove – nell'introdurre il profilo oggettivo della coerenza catastale richiesta dalla norma- si riferisce espressamente agli adempimenti da porre in essere “in sede di stipula di atti pubblici e di scritture private autenticate tra vivi”(59).
Lo stesso notariato ha già rilevato come il momento dell'atto notarile, nella prospettiva dell'emersione della reale consistenza del bene, costituisca un momento per così dire “complementare” rispetto all'attività a regime riservata all'Agenzia(60).
L'analisi testuale fin qui compiuta, alla luce della ratio legislativa, fornisce –quindi- un primo apparato di argomenti all'interprete per escludere dall'ambito di applicazione della norma tutti i trasferimenti, le costituzioni e gli scioglimenti di comunioni di cui alla previsione del comma 1 bis attuati al di fuori dello schema dell'atto giuridico notarile.
Passando ora all'esame della sanzione comminata, giungiamo a riflettere sul significato di quell'inciso “a pena di nullità” che ha fatto fin da subito discutere i primi commentatori e che rappresenta il fulcro della disposizione.
L'intenzione è quella di verificare quale bilanciamento degli interessi in gioco il legislatore abbia consapevolmente compiuto nel prescrivere la più grave delle invalidità all'atto compiuto in violazione della disposizione e se vi sia spazio per un'eventuale interpretazione correttiva alla luce degli orientamenti di giurisprudenza costituzionale sul corretto esercizio da parte del legislatore della propria discrezionalità.
8. Il tipo di nullità prevista e il bilanciamento degli interessi pubblici in gioco compiuto dal legislatore
Se è vero che la nullità:
- tra le varie forme di invalidità, si caratterizza per la tipicità e tassatività dei casi;
- deve essere prevista dalla legge(61) e le norme che la dispongono non possono essere applicate in via analogica,
- presuppone, per definizione, la valutazione da parte del legislatore dei diversi interessi coinvolti e la prevalenza di uno di essi sugli altri,
è altrettanto indiscutibile che il bilanciamento degli interessi in gioco, di volta in volta, rimesso al legislatore ordinario deve essere effettuato secondo parametri di ragionevolezza e nel corretto bilanciamento degli eventuali diversi valori costituzionali che venissero in gioco(62).
In questo caso è estremamente utile ai fini della nostra indagine domandarsi quale bilanciamento degli interessi coinvolti abbia effettivamente compiuto il legislatore.
Ammesso che si sia inteso dare preferenza all'interesse tributario rispetto al generale principio di autonomia negoziale e che tale scelta sia il risultato di un corretto esercizio della discrezionalità(63) del legislatore, quali sarebbero gli indici positivi che suggeriscono all'interprete una lettura della disposizione estesa anche ai provvedimenti giudiziari e alle vendite giudiziali in particolare(64)?
Da quali elementi è possibile all'interprete ricavare la volontà del legislatore di perseguire l'interesse tributario anche in pregiudizio di altri interessi di ordine generale, alcuni dei quali di valore costituzionale(65), quali la ragionevole durata del processo, l'effettività della tutela giurisdizionale, il principio di economia processuale, il principio di buon amministrazione, il generale principio di tutela del legittimo affidamento del privato rispetto all'azione dei pubblici poteri, il principio di proporzionalità e ragionevolezza che anche il legislatore deve rispettare nell'esercizio della sua funzione?
Sarebbe costituzionalmente legittima la subordinazione all'interesse tributario di altri interessi di rango costituzionale coinvolti nell'esercizio della funzione giurisdizionale? Con quali limiti?
Ne' il dato testuale, come già evidenziato, ne' i lavori preparatori, ne' l'impianto dell'intervento normativo nel suo complesso forniscono elementi di supporto alla tesi secondo cui il legislatore avrebbe inteso perseguire l'interesse tributario a scapito di tutti gli altri interessi di rango pubblico (e anche costituzionale) eventualmente coinvolti da una interpretazione (della fattispecie disciplinata) estesa a ricomprendervi anche i provvedimenti giudiziali.
Al contrario, la disposizione di cui al comma 1 bis, di indiscutibile carattere tributario, se ritenuta applicabile anche ai procedimenti/provvedimenti giudiziari, potrebbe condurre a risultati irragionevoli quando anche non in violazione dell'art. 24 Cost.(66).
L'estensione indiscriminata della norma a tutti gli atti pubblici in senso lato sarebbe sicura fonte di ulteriore contenzioso, tanto più grave nel caso del provvedimento giudiziario che, a differenza del negozio consensuale tra privati, non conosce il concetto di “ripetizione dell'atto nullo”.
Invero, anche per gli atti giudiziari l'onere della corretta individuazione del bene sussiste già e dipende proprio dalla disciplina della trascrizione dell'atto(67), anche per gli atti giudiziari possono sussistere motivi di opportunità per verificare la sussistenza delle planimetrie e la conformità delle stesse allo stato di fatto dei beni posti in vendita ( e su questo torneremo nel prosieguo), ma altro è affermare l'introduzione di un nuovo vizio di nullità che, senza realizzare alcuna parificazione tra i vari atti giuridici con il medesimo oggetto (in quanto il regime della nullità è totalmente diverso nei vari casi), finisce per pregiudicare altri interessi di pari o superiore grado fino a realizzare, in alcuni casi, dei veri paradossi(68).
L' interpretazione qui suggerita, invece, (secondo cui la disposizione -coerentemente con il suo tenore letterale- si applica solo agli atti negoziali posti in essere, con particolari requisiti di forma, dai titolari di determinati diritti reali sui beni che ne sono oggetto e secondo cui il legislatore si è limitato a comprimere solo l'autonomia negoziale dei privati sul piano del diritto sostanziale senza pregiudizio alcuno degli altri principi di rango costituzionale che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale), tale interpretazione risulta, peraltro, indirettamente confermata da quell'espressa esclusione dal novero degli atti nulli di quelli costitutivi di diritti reali di garanzia.
Come dire che, nello stesso ambito negoziale oggetto diretto della disciplina, l'interesse generale alla tutela del credito (di ordine pubblico, ma non costituzionale!) è stato considerato prevalente e non subordinato a quello tributario direttamente perseguito.
La lettura coerente e ragionevole della disposizione sembra, dunque, presupporre:
- dei soggetti tenuti fiscalmente a degli adempimenti di ordine tributario, altrove previsti, in virtù dell'intestazione di un certo tipo di beni (indice di capacità contributiva);
- la violazione da parte loro di una disposizione di carattere tributario finalizzata alla corretta realizzazione dell'anagrafe tributaria integrata e a responsabilizzarli rispetto agli adempimenti catastali e fiscali che spettino loro;
- un atto giuridico negoziale avente un determinato oggetto e caratterizzato da particolari requisiti di forma (in quanto destinato alla trascrizione e voltura);
- la presenza di un pubblico ufficiale qualificato che possa sollecitare la consapevolezza di questa situazione;
- un bilanciamento degli interessi in gioco –insomma- che eleva a norma imperativa (idonea a comprimere la libertà negoziale dei privati) la disposizione a tutela dell'interesse tributario dello Stato, ma con delle limitazioni nello stesso ambito negoziale privatistico disciplinato.
Tale interpretazione restrittiva, oltre che rispondere a corretti canoni di ermeneutica(69) è perfettamente conforme a quell'orientamento di giurisprudenza costituzionale che vede nell'art. 24 Cost. (per quel che a noi interessa) un limite insuperabile alla discrezionalità del legislatore ordinario(70) .
Secondo tale orientamento, infatti:
- il legislatore nella sua discrezionalità può stabilire che l'interesse tributario prevalga sul principio di autonomia negoziale, anche prevedendo nullità di diritto sostanziale(71);
- il legislatore non può nel perseguimento di un interesse tributario (estraneo alla funzione processuale) ostacolare o pregiudicare il diritto all'effettività della tutela giurisdizionale garantito dall'art. 24 Cost. rispetto a diritti già perfetti e riconosciuti dal diritto sostanziale(72);
- la norma fiscale che ostacola o impedisce l'effettività della tutela giudiziale di un diritto già riconosciuto sul piano sostanziale è costituzionalmente illegittima.
In assenza, dunque, di espressi indici di una preferenza accordata dal legislatore ordinario all'interesse tributario rispetto a tutti quelli che risulterebbero violati o pregiudicati da un'estensione indiscriminata della disposizione (e della nullità in essa irrogata) a qualunque provvedimento di vendita giudiziale, in assenza di una volontà univoca in tal senso e in presenza di indici che suggeriscono trattarsi di una nullità di stampo civilistico limitata agli atti giuridici negoziali di determinati soggetti, ci pare obbligata l'interpretazione restrittiva che limiti il vizio della nullità al diritto sostanziale e che escluda dall'ambito di applicazione della norma i provvedimenti giudiziari di vendita.
9. L'espressa esclusione dalla nullità irrogata degli atti costitutivi di diritti reali di garanzia e le conseguenze sul piano processuale di tale esplicita esclusione (in virtù dell'art. 24 Cost.)
Per quanto riguarda l'esercizio dell'azione giurisdizionale esecutiva per l'attuazione coattiva del diritto di credito, che si esprime fisiologicamente nella vendita giudiziale forzata, l'interpretazione fin qui proposta (e, a nostro avviso, già sufficientemente argomentata), è ulteriormente avvalorata e confermata, se ancora ve ne fosse bisogno, dalle peculiarità dell'azione giurisdizionale esercitata.
L'azione esecutiva espropriativa è esercitata fisiologicamente e per definizione da un soggetto terzo (rispetto all'intestatario del bene) che chiede l'attuazione coattiva di un suo diritto perfetto sul piano sostanziale. L'onere tributario a carico del soggetto esecutato, alla luce del citato orientamento costituzionale, non può paralizzare o ostacolare l'azione esecutiva perché estraneo rispetto alla funzione processuale attivata (risolvendosi in una violazione dell'art. 24 Cost.)
In tale ottica l'espressa esclusione dal novero degli atti nulli degli atti negoziali costitutivi di ipoteca, espressione del particolare favore del legislatore verso il settore creditizio(73), conferma quanto fin qui detto e sgombra il campo dai dubbi che erano stati sollevati all'indomani della pubblicazione della norma nella sua originaria formulazione.
Se il legislatore ha espressamente riconosciuto un diritto soggettivo perfetto sul piano sostanziale(74) (in questo caso addirittura in deroga al diverso bilanciamento degli interessi effettuato per tutti gli altri atti negoziali ivi disciplinati), manifestando una preferenza per la tutela del diritto di credito rispetto a quella dell'interesse tributario cui la complessiva disposizione è preordinata, considerato – tra l'altro- che l'ipoteca per definizione e sua connotazione essenziale (art. 2808 c.c.) attribuisce al creditore il diritto di espropriare i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul ricavato dell'espropriazione, non si vede come l'effettività della tutela giurisdizionale cui il diritto di ipoteca è intrinsecamente funzionale possa poi trovare ostacolo in sede processuale esecutiva in virtù del medesimo interesse tributario già espressamente derogato sul piano sostanziale.
Il dato è di particolare rilievo ed è stato affrontato solo in chiusura in quanto, a nostro sommesso avviso:
- da una parte si aggiunge a quelli fin qui rilevati per confermare la lettura data e già raggiunta per altra via relativamente a tutti i provvedimenti giudiziari di vendita in esito a procedimenti contenziosi in genere;
- dall'altra può fornire un argomento pregnante e determinante (su cui in prosieguo) per quanto riguarda il caso particolare della vendita effettuata in sede fallimentare a mezzo di stipula notarile anziché a mezzo di provvedimento giudiziario (decreto di trasferimento).
10. Il caso di vendita forzata ex art. 569 e ss. c.p.c. (attuata a mezzo di decreto di trasferimento). Conclusioni
Siamo, finalmente, giunti a poter trarre le prime conclusioni per quanto riguarda le vendite di cui agli artt. 569 e ss. c.p.c.
La disposizione non si applica mai ai decreti di trasferimento (in esito a procedure esecutive individuali) in virtù di tutta una serie di argomenti già sviluppati e consequenziali che possono essere così sintetizzati:
- 1. il dato testuale, in particolare le espressioni “atti … tra vivi” e “prima della stipula dei predetti atti il notaio … ”,
- 2. l'interpretazione teleologica, ovvero la finalità tributaria della disposizione,
- 3. la consequenziale individuazione dei suoi primi destinatari negli intestatari dei beni e della fattispecie disciplinata negli atti negoziali (con particolari requisiti di forma) con i quali essi intendano disporre dei medesimi beni,
- 4. la qualifica della sanzione comminata come nullità civilistica, circoscritta al solo ambito negoziale e desunta dal bilanciamento degli interessi contrapposti che il legislatore ha inteso attuare e che l'espressa esclusione dei diritti reali di garanzia conferma (in considerazione della preferenza accordata dal legislatore ad un interesse pubblico, ma non di rango costituzionale, quale quello di tutela del diritto di credito rispetto allo stesso interesse tributario perseguito);
- 5. quel consolidato orientamento che emerge da una certa giurisprudenza costituzionale secondo cui l'esercizio in giudizio di un diritto sostanziale perfetto non potrebbe, comunque mai, trovare ostacoli in una disciplina fiscale che persegua scopi estranei al giudizio medesimo a pena di una sua incostituzionalità per violazione dell'art. 24 Cost.
11. I casi di vendita giudiziale di bene immobile per i quali il legislatore ha previsto un rinvio alla disciplina della esecuzione forzata individuale. Conclusioni
Quanto poi alle altre due vendite giudiziali, attuate (in ambiti processuali diversi), mediante esplicito rinvio alle disposizione del c.p.c. di cui agli artt. 569 e ss. c.p.c., ovvero:
- la vendita del bene immobile in sede fallimentare, ex art. 107, secondo comma, L. fall.,
- la vendita del bene immobile in sede divisionale, ex art. 788 c.p.c.,
occorre, a questo punto, domandarsi se gli argomenti sopra esposti possano dispiegare la propria efficacia persuasiva anche rispetto ad esse.
Per quanto riguarda la vendita attuata in sede fallimentare, ma con rinvio alle forme dell'esecuzione individuale, nessun dubbio.
Si ripropongono identiche la struttura e la funzione del sub procedimento di vendita e del suo atto finale (decreto di trasferimento) e si ripropone analoga la funzione del procedimento giudiziale principale (cui il sub procedimento di vendita afferisce) di attuazione coattiva dei crediti insoddisfatti, secondo principi concorsuali (con l'ulteriore peculiarità della presenza –di fatto fisiologica- di creditori ipotecari da soddisfare con preferenza).
Le circostanze si presentano, invece, sensibilmente diverse nella vendita giudiziale in sede divisionale(75) che, pur avvalendosi della struttura (espressamente richiamata) del sub procedimento di vendita esecutiva, è, in questo caso, finalizzata e strumentale all'attuazione del diritto (allo scioglimento della comunione) del condividente che agisce in giudizio.
Le ragioni del credito (e del credito ipotecario in particolare) restano sullo sfondo o possono del tutto mancare, visto che l'iniziativa processuale nasce da uno o più tra gli stessi contitolari del bene.
Colui che agisce in giudizio è anche intestatario del bene e, quindi, destinatario delle disposizioni fiscali che prevedono obblighi e sanzioni.
Gli altri condividenti possono assumere atteggiamenti variegati nei confronti della richiesta dell'attore che vanno dalla vera e propria contestazione (della contitolarità di un diritto reale, dell'estensione della quota, della sussistenza di un diritto allo scioglimento della comunione, della necessità della vendita, ecc.), alla contumacia (mancata costituzione in giudizio), alla non contestazione, al vero e proprio accordo processuale.
L'interpretazione può, quindi, risultare condizionata dalla diversa struttura che il giudizio divisionale o le sue singole fasi sembrano assumere a seconda del contegno processuale delle parti e dello sviluppo del giudizio(76).
Rispetto a quanto osservato per le vendite esecutive individuali, vengono meno gli argomenti che si rifanno:
- alla tutela del diritto di credito(77),
- alla fisiologica non coincidenza tra soggetto intestatario del bene e soggetto che aziona la tutela del proprio diritto(78),
- alla circostanza che, mentre nel caso di esecuzione forzata un'eventuale nullità della vendita gioverebbe all'intestatario dei beni (inadempiente sul piano fiscale oltre che civile), anziché sanzionarlo, nel caso di vendita in sede divisionale gli intestatari (anche quando contrari alla vendita) si giovano direttamente della liquidazione del bene in sede di riparto(79).
Nella vendita in sede giudiziale, solo alcuni degli argomenti sopra evidenziati restano utilizzabili e questo spiega l'utilità dello sforzo compiuto nel presente approfondimento nell'analisi del dato letterale e nell'esame del contemperamento degli interessi pubblici in gioco.
Tali argomenti, che ben avrebbero potuto essere in parte tralasciati, quanto alle vendite in sede esecutiva in virtù degli ulteriori persuasivi argomenti (da ultimi esaminati) fondati sulla specifica tutela del diritto di/al credito(80) e sulla necessaria prevalenza del diritto all'effettività della tutela giudiziaria(81) rispetto all'interesse fiscale/tributario, riaffiorano nella loro importanza in questo caso.
Essi ci inducono a propendere per la disapplicazione della disposizione anche nel caso di vendita ex art. 788 c.p.c., come in tutti i casi di vendita giudiziale coattiva attuata nell'ambito di un giudizio contenzioso, e sono:
- il dato testuale (il riferimento agli “atti pubblici” e alle “scritture private autenticate” tra vivi e la formulazione “prima della stipula dei predetti atti il notaio”), coordinato alla ratio e alla natura tributaria della disposizione, che, come abbiamo tentato di esporre, depongono nel senso di ritenere applicabile la disposizione ai soli atti negoziali tra privati posti in essere con particolari requisiti formali. In proposito non può esservi alcun dubbio che anche la vendita in sede divisionale, quando attuata in sede contenziosa e senza il consenso di tutti gli aventi diritto, condivide con le vendite esecutive il profilo della coattività, oltre che quello della giurisdizionalità;
- la qualifica della sanzione comminata (come nullità civilistica) e il criterio della ragionevolezza nel bilanciamento degli interessi contrapposti, che inducono a ritenere che, laddove il legislatore non abbia esplicitamente preferito l'interesse tributario perseguito rispetto agli altri interessi di caratura pubblica e/o costituzionale coinvolti(82), l'interprete deve preferire una lettura restrittiva della disposizione.
A nostro sommesso avviso, dunque, la struttura della vendita giudiziale e la forma dell'atto finale (decreto di trasferimento), alla luce di una lettura basata sul dato letterale e confortata da un'interpretazione costituzionalmente orientata, sono sufficienti ad escludere l'applicabilità della disposizione anche in questo caso.
In ogni caso, resterà all'iniziativa e alla sensibilità di chi dirige le operazioni divisionali e di vendita(83) , anche a seconda del contegno processuale delle parti, incaricare il perito di tutte le verifiche del caso, eventualmente segnalando ai condividenti l'opportunità di una regolarizzazione catastale ai fini di una più proficua vendita.
12. Aspetti di rilievo pratico in ambito di vendita attuata ex art. 569 e ss. a mezzo di decreto di trasferimento
Una volta appurato che la disposizione non si applica alle vendite attuate in sede giudiziale a mezzo di decreto di trasferimento, resta da domandarsi se la disposizione finisca, comunque, per incidere o condizionare lo svolgimento del procedimento giudiziale.
Se è vero che la dichiarazione di conformità (a carico dell'attuale intestatario o di un tecnico qualificato) giova anche all'acquirente del diritto reale negoziato(84), oltre che sotto il profilo della validità dell'acquisto, in funzione della garanzia (sempre più stringente) di regolarità catastale dei beni acquistati, ci pare che tale esigenza sia rilevante anche per l'aggiudicatario in sede di vendita giudiziale, in considerazione:
- delle possibili sanzioni e degli accertamenti cui il nuovo titolare potrebbe trovarsi esposto;
- delle difficoltà che lo stesso potrebbe incontrare in caso di rivendita;
- della generale completezza delle informazioni e del principio di trasparenza e tutela dell'affidamento che ha ispirato la scrittura del recente art. 173 disp. att. c.p.c. e tutta la disciplina di liquidazione forzata (esecutiva individuale e, come vedremo, anche fallimentare).
Per tale motivo, è auspicabile che, nell'ambito delle vendite forzate in sede esecutiva:
- nella redazione della certificazione ex art. 567 c.p.c., si presti particolare attenzione alla lettura dell'atto di provenienza (se recente) anche in considerazione dell'ordinario regime di opponibilità ai terzi (immaginiamo il creditore ipotecario) dell'eventuale invalidità dell'atto di acquisto (art. 2652 n.6 c.c.);
- in virtù di un'interpretazione evolutiva del disposto di cui all'art. 173 bis disp. att. c.p.c.,
- · in sede di incarico al perito, si tenga conto della nuova disposizione prevedendo, che nella relazione di stima, oltre alla indicazione catastale, si faccia riferimento alle planimetrie e alla conformità ad esse dello stato di fatto;
- · in caso di difetto di planimetrie depositate in catasto o di difetto di corrispondenza tra lo stato di fatto dei beni e le medesime (così come anche in caso di difetto di corrispondenza tra l'intestatario catastale e il soggetto esecutato o i cui beni si stiano vendendo giudizialmente), se ne dia specifica avvertenza in perizia e in avviso di vendita.
Non vi può essere alcun dubbio che la corretta informazione relativa a questi elementi (anche se non previsti a pena di nullità e anche laddove non sfocino in un aliud pro alio), oltre che utile per la valutazione di congruità del prezzo, è coerente con il rispetto dei principi generali che ormai informano tutte le vendite giudiziali aperte al pubblico: di trasparenza, di pubblicità, di tutela dell'affidamento ingenerato nei terzi e di stabilità della vendita, tutti principi destinati a realizzare la “migliore vendita possibile” nel rispetto delle regole di mercato.
Nessun problema per quanto riguarda eventuali forme di finanziamento dell'acquisto a mezzo di ipoteca ai sensi dell'art. 585 c.p.c. o a mezzo di prefinanziamento e mutuo ipotecario successivo al decreto di trasferimento, in virtù dell'espressa esclusione dall'ambito di applicazione della norma degli atti costitutivi di diritti reali di garanzia.
13. Il caso di vendita di bene immobile in sede fallimentare tramite procedure competitive ex art. 107. I comma, l. fall. Conclusioni
Una volta sgombrato il campo da dubbi per quanto riguarda i diversi tipi di vendita giudiziale, attuati a mezzo di decreto di trasferimento e secondo modalità che rinviano alla vendita in sede esecutiva, resta da chiedersi ( e veniamo così all'ultimo e più complesso dei casi che ci siamo proposti di verificare) se la nuova disciplina sia applicabile o meno alla vendita del bene immobile in sede fallimentare effettuata ai sensi dell'art. 107, primo comma, ovvero alla vendita realizzata “dal curatore, tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore (e quindi esclusi per definizione gli immobili), da parte di operatori esperti, assicurando con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.”(85)
Il curatore fallimentare è soggetto investito di una pubblica funzione(86) e procede alle singole operazioni di liquidazione secondo schemi operativi per così dire “condivisi” dagli altri soggetti dell'ufficio esecutivo (comitato dei creditori e giudice delegato).
Quanto alla vendita dei beni immobili oggetto di liquidazione, essa può, dunque, svolgersi:
- mediante procedura giudiziale effettuata dal G.D. secondo le norme del c.p.c. ai sensi dell'art. 107, II comma, l. fall. (di cui abbiamo già detto);
- mediante procedure c.d. competitive ad opera del curatore (direttamente o avvalendosi di soggetti specializzati) ai sensi dell'art. 107, primo comma l. fall.
Come noto, l'espressione “procedure competitive” in ambito fallimentare indica dei procedimenti di liquidazione del patrimonio del soggetto fallito, gestiti dal curatore fallimentare secondo modalità meno rigide di quelle prescritte dal c.p.c., ma sostanzialmente improntate ai medesimi principi generali (la cui violazione può certamente inficiare la validità della procedura stessa):
- massima informazione e trasparenza,
- adeguata pubblicità,
- massima partecipazione degli interessati,
- tutela dell'affidamento dei terzi.
Anche in questo caso, l'operato del curatore (e gli atti di vendita da lui effettuati) risultano inseriti in una sequenza procedurale prevista dalla legge: presentazione da parte del curatore del programma di liquidazione (che potrebbe già contenere le esatte modalità di svolgimento della vendita); approvazione dello stesso da parte del comitato dei creditori; svolgimento della fase di individuazione del miglior acquirente da parte del curatore; autorizzazione del singolo atto di liquidazione da parte del G.D., in quanto conforme al programma già approvato; atto perfezionativo della vendita (previo superamento di una fase deputata ad eventuali contestazioni/sospensioni, a seguito della comunicazione degli esiti delle procedure e del deposito della relativa documentazione ), produttivo degli effetti traslativi e da coordinarsi (con modalità e formule che sembrano dipendere dalla prassi adottata dai singoli uffici esecutivi) con il decreto giudiziale di cancellazione delle formalità e dei vincoli pregiudizievoli gravanti il bene trasferito di cui all'art. 108 l. fall.
Nulla dice la legge fallimentare quanto alla forma che deve rivestire l'atto traslativo finale del procedimento di vendita (competitiva) a cui la consolidata opinione riconduce gli effetti traslativi veri e propri.
Se si ritiene che esso possa rivestire la forma di decreto di trasferimento del G.D. nulla quaestio rispetto a quanto fin qui detto; il caso che si presenta, però, con maggiore frequenza e come maggiormente problematico (per quel che qui interessa) è quello in cui l'atto traslativo finale e perfezionativo della vendita rivesta la forma, non di decreto di trasferimento, bensì di atto notarile stipulato tra il curatore fallimentare e l'acquirente (già individuato a mezzo di procedure competitive).
Si pongono in tale caso i seguenti quesiti:
- si applica la disposizione di cui al nuovo comma 1 bis?
ovvero,
- l'atto di cui sia incaricato il notaio come libero professionista(87) è suscettibile di incorrere nella nullità prevista per gli atti negoziali nel caso in cui manchino i dati e/o la dichiarazione di conformità prescritti dal nuovo comma 1 bis?
Non si può nascondere che la situazione presenta profili sensibilmente diversi rispetto ai casi fin qui esaminati, profili che possiamo così riassumere:
- la forma dell'atto è esattamente quella prevista dalla disposizione (atto pubblico o scrittura privata autenticata con l'intervento di un notaio);
- è presente il notaio, competente alla verifica dell'intestazione di cui all'ultimo periodo del comma 1 bis e garante della corretta e uniforme applicazione della disposizione, come previsto dalla legge.
Secondo una certa (minoritaria) ricostruzione della vendita attuata in sede fallimentare:
- le procedure competitive di ultima generazione realizzerebbero una nuova forma di vendita fallimentare secondo schemi giuridici privatistici(88) o, comunque, modulabili dall'ufficio esecutivo, sì da sottrarre l'atto finale di vendita alla disciplina propria della vendita forzata (artt. 2919-2929 c.c.) e a ricondurla nell'ambito di una vendita di diritto comune. In questa logica la correttezza del procedimento e gli eventuali vizi di autorizzazione potrebbero rilevare, una volta stipulato l'atto, solo sotto il profilo della legittimazione del curatore alla stipula(89) e potrebbero/dovrebbero essere fatti valere secondo le impugnative negoziali;
- la legittimità costituzionale di una ricostruzione in chiave privatistica, “degiurisdizionalizzata”, di questo tipo di vendita in sede fallimentare, sarebbe assicurata dalla sempre possibile alternativa di una vendita forzata secondo il modulo processuale esecutivo di cui all'art. 107, II comma, l. fall.;
- il curatore, secondo una certa configurazione della funzione svolta, potrebbe (debitamente autorizzato) procedere alla regolarizzazione catastale del bene(90).
Se si aderisse a questa prima ricostruzione della vendita attuata in sede fallimentare, come vendita realizzata fuori da uno schema processuale giurisdizionale, l'ufficio esecutivo dovrebbe sempre verificare la conformità catastale e procedere ad eventuali regolarizzazioni dei beni, prima di procedere alla loro vendita, e la stipula negoziale finale sarebbe soggetta alla disciplina tipica di un atto negoziale privato (quindi, anche al comma 1 bis dell'art. 29 L. 52 del 1985).
La tesi opposta, invece, che conduce a ritenere inapplicabile la disposizione del comma 1 bis alle vendite fallimentari, anche quando attuate a mezzo di stipula notarile, si fonda su argomenti estremamente persuasivi, in adesione alla concezione tradizionale (e assolutamente maggioritaria) secondo cui la vendita fallimentare è sempre stata e resta ancor oggi una vendita coattiva, attuata in ambito giurisdizionale e funzionale all'attuazione dei diritti dei creditori del fallito, mediante apprensione e liquidazione del di lui patrimonio.
Tali argomenti possono essere così sintetizzati:
- tutte le vendite effettuate in sede fallimentare, anche quelle che si svolgono tramite procedure competitive, sono vendite coattive giudiziali. Ne è prova l'organizzazione complessiva del procedimento e tutto il sistema di approvazione e controlli da parte degli altri organi della procedura(91);
- la vendita in sede fallimentare conserva identiche le sue caratteristiche e la disciplina finale indipendentemente dal fatto che venga attuata nelle forme della vendita forzata di cui al c.p.c. o in altre forme più snelle(92). L'eventuale atto notarile perfezionativo della vendita si colloca, pur sempre, come atto finale(93) di una sequenza procedimentale di natura giudiziale e di ciò deve tener conto l'interprete;
- lo stesso legislatore ha positivamente manifestato di privilegiare la tutela del credito rispetto all'interesse tributario perseguito, nell'ambito degli stessi atti negoziali che sono direttamente disciplinati dalla disposizione;
- secondo il consolidato orientamento della più recente giurisprudenza costituzionale la norma di rango tributario non può, a pena di sua incostituzionalità per violazione dell'art. 24 Cost., impedire od ostacolare l'attuazione giudiziale di un diritto perfetto sul piano sostanziale, tanto più nel caso di procedura concorsuale che è funzionale alla protezione e soddisfazione del sistema creditizio in generale, sistema che lo stesso legislatore tributario ha tenuto in considerazione subordinando ad esso lo stesso interesse fiscale perseguito.
A ciò si aggiunga che non è del tutto sicuro che il curatore possa sostituirsi al soggetto fallito nell'adempimento di obblighi e obbligazioni di carattere tributario, in quanto secondo una certa ricostruzione:
- il curatore non sostituisce(94) né rappresenta l'intestatario del bene nella totalità della sua sfera patrimoniale, ma esercita un ufficio funzionale a specifici compiti che sono espressamente previsti.
In conclusione, dunque, quanto alle stipule notarili attuate nell'ambito delle vendite fallimentari, in considerazione vuoi della prima possibile (se pure minoritaria) lettura interpretativa, vuoi della necessità di rispettare il principio di trasparenza e di tutela dell'affidamento ingenerato nei terzi dalla vendita fallimentare, riteniamo estremamente opportuno:
- che il curatore verifichi sempre, in occasione della stima del bene(95) ( e analogamente a quanto già ritenuto in sede esecutiva) la conformità dei dati e delle planimetrie depositate in catasto rispetto allo stato di fatto, per una corretta determinazione del prezzo e nell'ottica di una completa informazione agli interessati delle condizioni di acquisto(96);
- nel caso in cui siano riscontrate difformità tra stato di fatto e dati identificativi o planimetrie catastali, l'ufficio esecutivo prenda la propria posizione in merito, procedendo a regolarizzare la situazione catastale (se intenda aderire alla prima tesi e lo ritenga possibile) o a dare avvertenza delle difformità sia in perizia che nelle condizioni di vendita e autorizzando la vendita (se intenda aderire alla seconda tesi interpretativa). E' questo il momento in cui il curatore potrebbe optare per una vendita nelle forme processuali della vendita forzata ex art. 107, II comma, l.fall., ad evitare qualsiasi difficoltà(97).
Laddove, invece, la procedura si sia comunque svolta in assenza delle informazioni richieste dalla disciplina e, ad aggiudicazione definita, si sia pervenuti ad incaricare un notaio della stipula dell'atto traslativo finale della vendita, riteniamo opportuno che il notaio incaricato dell'atto segnali, comunque, la questione al curatore affinché l'ufficio esecutivo prenda esplicita posizione in merito all'applicabilità o meno del comma 1 bis alla vendita fallimentare e in merito alle eventuali conseguenze (sul piano delle garanzie spettanti all'acquirente) di una difformità catastale.
Le indicazioni che l'ufficio fallimentare vorrà fornire renderanno edotto l'acquirente (che non lo sia già stato) della situazione catastale del bene e, al contempo, renderanno palese una difficoltà interpretativa della norma idonea ad escludere in ogni caso l'applicazione del'art. 28 l. notarile(98) alla vendita stipulata da notaio.
(1) Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2010, n. 115 – Suppl. Ord. n.114 e con entrata in vigore dal giorno della sua pubblicazione.
(2) Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2010, n. 176 – Suppl. Ord. n.174
(3) Qualificato comma 1 bis e non comma 2.
(4) Intervento che, secondo una (a prima vista) poco comprensibile tecnica legislativa, è andato ad inserire, in un ambito destinato a regolamentare il servizio ipotecario, una serie di prescrizioni la cui violazione determina la nullità e non (o almeno non espressamente) la “non trascrivibilità” di atti destinati, appunto, alla trascrizione. In tal senso la Circolare dell'Agenzia del Territorio n. 2 del 9 luglio 2010 pag. 3.
(5) Che fino alla data di entrata in vigore del D.L. 78 del 2010 si limitava a recitare: “Negli atti con cui si concede l'ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l'immobile deve essere designato anche con l'indicazione di almeno tre dei suoi confini.”
(6) Circolare Consiglio Nazionale Notariato (M. Leo, A. Lomonaco, A. Ruotolo), La circolazione immobiliare a seguito del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (c.d. Manovra Economica) Prime note,cit., CNN Notizie del 28 giugno 2010; G.Rizzi, La normativa in materia di conformità dei dati catastali (D.L. 78/2010), pubblicato su www. Consnot-trapani.org; G. Petrelli, Le nuove regole in materia di aggiornamento delle risultanze catastali e di allineamento del catasto con le risultanze dei registri immobiliari, pubblicato su www.gaetanopetrelli.it; la Direzione dell'Agenzia del Territorio ha già emanato la Circolare n. 2/2010 e la Circolare n.3/2010. La questione dell'applicabilità della nuova disciplina ai provvedimenti giudiziali è stata trattata solo incidentalmente (nel senso della non applicabilità si v. Circolare CNN del 28 giugno 2010, pag. 11; così, anche se in termini dubitativi, l'edizione provvisoria del giugno 2010 n. 221/1 della scheda di lettura del servizio studi del Senato predisposta a supporto dell'esame del Disegno di legge A.S. n. 2228 dove a pag. 98 si legge “Alcuni degli atti soggetti a trascrizione e menzionati nel citato art. 2643 c.c. riguardanti diritti reali parrebbero esclusi dall'ambito di applicazione della disposizione, sotto il profilo del tipo di atto (sentenze, provvedimenti di esecuzione forzata) …” Petrelli, Le nuove regole in materia di aggiornamento delle risultanze catastali cit., pagg. 7 e 8, propone una lettura evolutiva dell'art. 2674 bis c.c. idonea ad escludere la trascrivibilità di tutti gli atti privi dei requisiti prescritti e, in particolare degli atti giudiziali.
(7) Per espresso rinvio normativo nei primi due casi di cui di seguito e secondo la tradizionale opinione dottrinaria nel terzo caso.
(8) Il cui comma 3 dispone: “La vendita si svolge davanti al giudice istruttore. Si applicano gli artt. 570 e seguenti.”
(9) Si veda P. D'Adamo, Le procedure competitive all'interno della riforma della liquidazione dell'attivo, Studio CNN n. 5-2007/E approvato il 7 marzo 2008.
(10) Con la legge di conversione è stato aggiunto un nuovo periodo alla disposizione originaria contenuta nel D.L. secondo cui: “La predetta dichiarazione può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.”
(11) Se la nuova disciplina si applichi ai trasferimenti attuati con decreto di trasferimento in esito a procedure esecutive individuali ex art. 569 c.p.c. e ss.
(12) Art. 2699 c.c.: “L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato”. La definizione riproduce sostanzialmente quella dell'art. 1315 del codice civile 1865 (G. Mariconda, voce “atto pubblico”, Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1988). La categoria degli atti pubblici è caratterizzata dall'efficacia privilegiata riconosciuta ad alcuni elementi dell'atto: al luogo e alla data, alle dichiarazioni o ai fatti che il P.U., autorizzato a dichiararne la pubblica fede, attesta rese/avvenuti in sua presenza . Si tratta di atti tipici in quanto sono atti pubblici nel senso di cui all'art. 2699 solo quei documenti redatti da P.U. nell'esplicitazione della sua funzione certificativa, nei casi tassativamente previsti dalla legge.
(13) Tali norme sono considerate di disciplina processuale in quanto relative appunto all'efficacia delle prove in giudizio.
(14) Così G. Mariconda, voce “atto pubblico, cit., pag. 3
(15) G. Mariconda, voce “atto pubblico”, cit. , pag. 3.
(16) L'atto pubblico può essere inteso come forma solenne del negozio giuridico e, quindi, dell'espressione della volontà delle parti (G. Mariconda, voce “ atto pubblico”, cit., pag. 3 ).
(17) Pensiamo: all'art. 2648, terzo comma, c.c. che, a proposito della trascrizione dell'accettazione tacita dell'eredità, stabilisce che essa si opera in base alla dichiarazione del chiamato all'eredità contenuto in un atto pubblico ovvero in una scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente e che, “se il chiamato ha compiuto uno degli atti che importino accettazione tacita dell'eredità si può richiedere la trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente”; all'art. 2657, primo comma, c.c. secondo cui “la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente”; all'art. 2658 c.c. secondo cui “la parte che domanda la trascrizione del titolo deve presentare al conservatore dei registri immobiliari copia autenticata, se si tratta di atti pubblici o di sentenze, …”; all'art. 2669 c.c. secondo cui “la trascrizione può essere domandata, quantunque non sia stata ancora pagata l'imposta di registro a cui è soggetto il titolo, se si tratta di atto pubblico ricevuto nello Stato o di sentenza pronunziata da un'autorità giudiziaria dello Stato”.
(18) Pensiamo ai seguenti casi: - l'art. 13 ter, del D.L. n. 90 del 27 aprile 1990 convertito in Legge n. 165 del 1990 (oggi abrogato), prevedeva che “… gli atti pubblici tra vivi o le scritture private formate o autenticate, di trasferimento della proprietà di unità immobiliari urbane o di costituzione o trasferimento di diritti reali sulle stesse … dovessero contenere, o avere allegata, la dichiarazione ….. dalla quale risultasse che il reddito fondiario dell'immobile era stato dichiarato nell'ultima dichiarazione dei redditi ….” L'omissione della dichiarazione era causa di nullità dell'atto. L'art. 13 quinquies proseguiva così: “ i conservatori dei registri immobiliari devono segnalare al competente ufficio distrettuale delle imposte dirette .. i provvedimenti giudiziari aventi i medesimi effetti degli atti indicati nel comma 13 ter, nonché le sentenze dichiarative relative all'accertamento della proprietà e di altri diritti reali.” Il raffronto tra i due articoli rendeva palese come l'espressione “atti pubblici tra vivi” (alternativa alle scritture private formate o autenticate) contenuta nell'art. 13 ter non ricomprendesse i provvedimenti giudiziari (In proposito si sottolinea l'espressa previsione di estensione della disciplina alle sentenze di accertamento (altrimenti escluse) e la distinzione tra sentenza di accertamento e provvedimento giudiziario, quest'ultima idonea a ricomprendere i decreti di trasferimento) di accertamento e costitutivi che venivano espressamente e appositamente disciplinati nell'art. 13 quinquies. In tal senso si pronunciò la stessa Cassazione (n. 20310 del 15 ottobre 2004 relativamente ad una sentenza ex art. 2932 c.c.) sottolineando non solo l'articolazione delle due disposizioni (artt. 13 ter e 13 quinquies), ma anche la distinzione terminologica tra “atti” e “provvedimenti giudiziari”; - gli artt. 10 e 15 del D.P.R. 131 del 1986 (sull'imposta di registro) che distinguono tra atto pubblico ricevuto o redatto da pubblico ufficiale e gli atti degli organi giurisdizionali; - il nuovo art. 59 bis legge notarile, se si accede alla tesi per cui, dalla sedes materiae scelta dal legislatore, è ricavabile il riferimento ai soli atti pubblici di paternità notarile. Nel senso dell'esclusione della rettifica da parte del notaio di atti amministrativi o provvedimenti giudiziari v. M. Leo, Osservazioni sulla rettifica degli atti “certificata” dal notaio, Studio CNN n. 618-2010/C (in senso diverso G. Petrelli, Rassegna delle recenti novità normativa di interesse notarile, secondo semestre 2010, pag. 8.).
(19) Si vedano anche gli artt. 1, comma 8, e 2, comma 1 e 4, del Decreto Ministro Finanze 19 aprile 1994 n. 701 che parlano di “atti traslativi, costitutivi o estintivi di diritti reali sulle particelle” o di “atti civili, giudiziari e amministrativi” e di “ obbligo al notaio ed agli altri P.U. che ricevono atti o autenticano firme su atti giudiziari, civili e amministrativi”.
(20) Art. 3, ove si legge anche che lo stesso obbligo incombe, nei casi di trasferimento per causa di morte, a coloro che sono tenuti alla presentazione delle domande di successione.
(21) Parla del catasto terreni, ma l'art. 12 estende la disposizione ai fabbricati censiti al catasto edilizio urbano.
(22) Art. 4 D.P.R. 650 del 1972 che negli ultimi due commi sembra classificare gli atti in “rogati, autenticati o emanati”.
(23) Il D.M. 19 aprile 1994 n. 701, recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari, già ribadiva che “è fatto obbligo al notaio ed agli altri pubblici ufficiali che ricevono o autenticano firme su atti civili, giudiziari e amministrativi, che danno origine a variazione di diritti censiti in catasto di fare menzione nell'atto medesimo e nella relativa nota di trascrizione dei titoli che hanno dato luogo ai trasferimenti intermedi o delle discordanze”.
(24) Diversamente se si fosse intervenuti nell'ambito del libro VI del codice civile che distingue tra trascrizione degli atti inter vivos, trascrizione degli atti mortis causa e trascrizione di altri atti non a titolo derivativo.
(25) G. Petrelli, L'autenticità del titolo della trascrizione nell'evoluzione storica e comparata, in Riv. Dir. Civ., 2007, 485 e ss., ha ben evidenziato come la trascrizione sia un istituto che, oggi, abbandonata la sua tradizionale natura privatistica, rivela una funzione pubblicistica e risulta informato ai principi di verità, tendenziale completezza e sicurezza giuridica, allo scopo di fornire un quadro il più possibile veritiero dello stato della proprietà immobiliare, anche a fini fiscali.
(26) Tutti i commentatori fino ad oggi si sono espressi unanimemente nel senso di una nullità formale che prescinde sia dalla veridicità della dichiarazione prestata sia dalla sussistenza sostanziale della conformità.
(27) In tal senso è l'opinione della Direzione dell'Agenzia del Territorio, v. Circolare n. 2 del 9 luglio 2010 secondo cui: “gli elementi innovativi introdotti dal comma 1 bis non assumono diretta rilevanza in ordine alla trascrivibilità o meno degli atti immobiliari a cui la norma fa riferimento” (pag. 3). Nel senso, invece, di una possibile lettura evolutiva dell'art. 2674 bis c.c. si veda Petrelli, Le nuove regole in materia di aggiornamento delle risultanze catastali cit,. pag. 8.
(28) Secondo l'interpretazione subito proposta dai primi commentatori del D.L. e successivamente confermata in sede di conversione in legge mediante l'inserimento dell'inciso “sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale”, la conformità richiesta doveva essere valutata in relazione agli elementi che potessero incidere o meno sulla rendita catastale.
(29) secondo il cui primo comma: “ Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”
(30) Espressione che ritorna in molti testi di natura tributaria per individuare i soggetti onerati di un certo adempimento.
(31) Così la Circolare della Direzione dell'Agenzia del Teritorio n. 2 del 9 luglio 20010 prot. n. 36607, ma nella stessa direzione anche i lavori parlamentari e l'incipit della stessa legge (che parla di contenimento della spesa pubblica e di contrasto all'evasione fiscale).
(32) Così le due Circolari della Direzione dell'Agenzia del Territorio n. 2 del 9 luglio 2010 prot. N. 36607e n. 3 del 10 agosto 2010 n. prot. 42436.
(33) Il riferimento all'intestatario deve essere letto alla luce della finalità perseguita dall'ultima parte della norma, ossia la realizzazione del c.d. preallineamento soggettivo. Così Circolare CNN del 28 giugno 2010, cit., pag. 8.
(34) E non, invece, il magistrato che pronuncia il provvedimento giudiziale o il pubblico funzionario che emana l'atto amministrativo.
(35) In tal senso l'opinione anche di CNN Circolare del 28 giugno 2010, cit., pag. 15.
(36) CNN Circolare del 28 giugno 2010, cit., e CNN Circolare, La legge 30 luglio 2010, n.122, di conversione del D.L. 30 maggio 2010, n.78, in materia di circolazione immobiliare-Novità e aspetti controversi, in CNN Notizie 6 dicembre 2010, pag. 17 e ss.
(37) Se l'intento è quello della massima corrispondenza tra le banche dati, questa disposizione nel tempo permetterà, in un'ottica di perfetta integrazione ed aggiornamento dei certificati, di risalire dal certificato catastale ad eventuali diritti reali minori (che altrimenti, quando ultraventennali, non sempre sarebbero facilmente rilevati).
(38) Circolare CNN del 28 giugno 2010, cit., pag. 11.
(39) In tal senso anche Circolare del CNN del 28 giugno 2010, cit., pag. 15.
(40) Coerentemente, questa volta, con la collocazione della disposizione.
(41) Ecco l'intuitiva spiegazione della sedes materiae dell'intervento, anche se da altri punti di vista criticabile.
(42) Sebbene gli interpreti che avessero voluto proporre una lettura diversa ben avrebbero potuto suggerire escamotage tecnici per porvi rimedio, pensiamo all'ipotesi di una dichiarazione in surroga del proprio debitore da parte del creditore procedente nell'azione esecutiva, ad esempio.
(43) Che il riferimento all'intestatario deve essere letto alla luce della finalità perseguita dall'ultima parte della norma, ossia la realizzazione del c.d. preallineamento soggettivo è stato fin da subito osservato da Circolare CNN del 28 giugno 2010, cit., pag. 8. Gli intestatari sono coloro che risultano titolari e nella disponibilità dei beni negoziati alla luce delle risultanze dei Registri Immobiliari (previo eventuale allineamento).
(44) CNN Circolare del 28 giugno 2010, cit., pag. 9 e s.
(45) CNN Circolare del 28 giugno 2010, pag. 14.
(46) Si veda in proposito tutta la normativa che in ambito catastale richiede sulle istanze da presentare la firma dei titolari dei diritti reali unitamente a quella di un tecnico (tra le altre il DM n. 701 del 1994, l'art. 12 del D.P.R. 650 del 1972)..
(47) In http://www.simone.it (dizionari on line).
(48) http://brocardi.it
(49) Art. 1 Legge notarile : “ I notari sono ufficiali pubblici istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volonta`, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie i certificati e gli estratti……(…)” Art. 62 Legge notarile: “ Il notaro deve tenere, oltre i registri prescritti da altre leggi, due repertori a colonna, uno per gli atti tra vivi, il quale servirà anche agli effetti della legge sulle tasse di registro, e l'altro per gli atti di ultima volontà. In essi deve prender nota giornalmente, senza spazi in bianco ed interlinee, e per ordine di numero di tutti gli atti ricevuti rispettivamente tra vivi e di ultima volontà, compresi tra i primi quelli rilasciati in originale, le autenticazioni apposte agli atti privati, e i protesti cambiari. Il repertorio degli atti tra vivi, per ciascuna colonna, conterrà (omissis) Nel repertorio per gli atti di ultima volontà si scriveranno solamente le indicazioni contenute nelle prime quattro colonne (omissis).”
(50) “A modificazione di quanto e' disposto dal Codice civile italiano, il diritto di proprieta' e gli altri diritti reali sui beni immobili non si acquistano per atto tra vivi se non con la iscrizione del diritto nel libro fondiario. Parimenti non hanno effetto la modificazione o l'estinzione per atto tra vivi dei diritti suddetti senza la relativa iscrizione o cancellazione. I diritti e gli obblighi iscritti nei libri fondiari non si estinguono con la confusione fino a che non siano cancellati.”
(51) Cass., n. 9881 del 15 aprile 2008, secondo cui l'efficacia costitutiva prevista dall'art. 2 R.D. 28 marzo 1929 n. 499 non si estende ai trasferimenti attuati per autorità del giudice come il decreto di trasferimento del bene espropriato e Cass., n. 12428 del 6 dicembre 1997 secondo cui nel diritto tavolare l'acquisto per provvedimento giudiziario è a titolo originario e non derivativo.
(52) Cass., n. 9735 del 5 luglio 2002 e Cass., n. 12428 del 6 dicembre 1997.
(53) Art. 2659, primo comma, letto in coordinamento con il secondo comma, n. 3.
(54) E' questa l'interpretazione dell'espressione “atti tra vivi” contenuta nell'art. 2 D.P.R. 26 ottobre 1973 n. 643, istitutivo dell'INVIM, nella sua formulazione originaria, sostenuta dalla Commissione Tributaria Centrale del 25 marzo 1999 n. 2417 sez. 13, alla luce dei principi contenuti nella legge delega e della successiva modifica apportata all'art. 2 dal D.P.R. n. 688 del 23 dicembre 1974. La Commissione per salvare la norma dall'eccesso di delega ne diede un'interpretazione omnicomprensiva e testualmente disse che “ ne' è detto che per atto tra vivi, nel significato più lato che sarebbe conforme al principio direttivo della legge delega, si debba necessariamente intendere “atto negoziale” e non “atto interposto fra due soggetti viventi ai fini del passaggio dall'uno all'altro del diritto trasferito”, anche se riferibile alla manifestazione di volontà di un soggetto terzo, tanto più se pubblico” (atti autoritativi delle pubbliche amministrazioni o degli organi giurisdizionali). Nel caso di specie, l'interpretazione fornita (per così dire costituzionalmente orientata) a tal punto poteva risultare forzata che lo stesso legislatore intervenne -di lì a poco- per chiarire normativamente che l'imposta si dovesse applicare anche alle vendite in sede forzata e alle sentenze ex art. 2932 c.c.
(55) Verificata la testuale esclusione dall'ambito di applicazione della norma delle scritture private semplici, considerata la ratio dichiarata della nuova disposizione qui commentata (quella tributaria), consapevoli di quell'orientamento di giurisprudenza costituzionale secondo cui il legislatore può legittimamente limitare l'autonomia negoziale delle parti in funzione dell'interesse tributario perseguito, mentre non potrebbe ostacolare o impedire l'attuazione giurisdizionale di un diritto riconosciuto sul piano sostanziale mediante una disposizione che persegua un interesse fiscale estraneo al medesimo processo; tenuto conto del complessivo intervento del legislatore, che ha individuato nei soggetti tenuti agli obblighi contributivi i primi destinatari della disposizione (sollecitati, prima, a regolarizzare la propria posizione -nuovo art. 19 del D.L. 78/2010- sanzionati, poi, anche sotto il profilo civilistico nel primo atto dispositivo), anche in considerazione di quella tecnica propria di molte diposizioni di carattere tributario di affidare ad un terzo soggetto, occasionalmente coinvolto, specifici compiti di collaborazione con l'Agenzia delle Entrate (pensiamo alla tecnica legislativa di prevedere la solidarietà passiva del pubblico ufficiale rogante per il pagamento dell'imposta di registro, all'obbligo dei cancellieri di inviare d'ufficio al registro gli atti non registrati utilizzati in giudizio ex art. 65 D.P.R. 161 del 1986).
(56) Stipula è sinonimo di negoziare, contrattare, ecc. ed antitetico al concetto di provvedimento (giudiziale o amministrativo) dotato di contenuto autoritativo unilaterale
(57) In tal senso si esprime anche la Circolare CNN del 28 giugno 2010, La circolazione immobiliare a seguito del d.l. 31 maggio 201, n. 78 ( c.d. Manovra economica), cit,, pag. 8.
(58) In ambito fiscale è obbligato in solido per il versamento di determinate imposte, in ambito urbanistico è il garante della completezza delle menzioni urbanistiche e dell'allegazione del CDU quando prescritta, in materia di antiriclaggio e in tema di mediazione immobiliare è coinvolto in una serie di controlli di ordine pubblico o di interesse tributario.
(59) Direzione Agenzia del Territorio Circolare n. 2 del 2010, cit., paragrafo 3 (stipulazione) e circolare n. 3 del 10 agosto 2010, paragarfo 5 (stipula).
(60) V. Circolare del CNN del 28 giugno 2010, La circolazione immobiliare a seguito del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (c.d. Manovra Economica). Prime note., (Estensori: M. Leo, A. Lomonaco, A. Ruotolo), pag. 7 in particolare.
(61) In tal senso la stessa argomentazione di CNN Circolare del 28 giugno 2010, cit., pag. 15 a proposito del fatto che la nullità dell'atto non può essere ricondotta alla mendacità della dichiarazione in quanto una volontà in tal senso avrebbe dovuto essere esplicita.
(62) Bilanciamento che deve avvenire nell'ambito della discrezionalità del legislatore ordinario secondo i parametri della ragionevolezza e della proporzionalità.
(63) Ad esempio “irragionevole” è stata considerata la differenza di disciplina riservata dal legislatore (ex art. 66 D.P.R. imposta di registro) al divieto di rilascio da parte dei cancellieri e segretari degli organi giurisdizionali di taluni originali o copie di atti soggetti a registrazione in termine fisso, da essi formati od autenticati, prima del pagamento dell'imposta rispetto ad altri atti per cui il divieto non era previsto (con specifico riguardo all'originale o copia di sentenza o altro provvedimento giurisdizionale per procedere ad esecuzione forzata sentenza Corte Cost. n. 522 del 2002; con riguardo al rilascio di copia del verbale di conciliazione della causa di opposizione allo stato passivo fallimentare per potersi insinuare sentenza Corte Cost. n. 198 del 2010). Secondo il principio di proporzionalità, invece, il mezzo utilizzato deve allo stesso tempo essere idoneo allo scopo perseguito ed efficace in modo proporzionato. Tale principio elaborato come attributo dell'azione autoritativa dell'amministrazione rispetto agli interessi dei privati in ambito comunitario (oggi inserito nel Trattato CE - art. 5) come principio generale dell'azione comunitaria è diventato strumento esegetico/parametro interpretativo in sede di recepimento e applicazione delle direttive comunitarie (Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2010, pag. 943 s.).
(64) E non invece una lettura c.d. di “stretta interpretazione” che limiti la fattispecie disciplinata al “ negozio giuridico notarile”.
(65) La previsione di una nuova nullità del provvedimento di vendita giudiziale, che fosse idonea a porre nel nulla il risultato finale di un procedimento dispendioso per le parti e per lo Stato come quello giudiziale si pone chiaramente in contrasto con l'interesse pubblico alla rapida definizione delle liti, all'efficienza ed economicità del processo, all'effettività della tutela giurisdizionale, in generale, e alla tutela della stabilità della vendita e dell'affidamento dei terzi (che entrano in contatto con una vendita giudiziale), in particolare. Il diritto alla ragionevole durata del processo si sovrappone in questo caso con quello all'effettività della tutela giurisdizionale e si interseca con l'ulteriore dato su cui torneremo più avanti che vede il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento dei diritti reali in oggetto come effetto di un comando giudiziale riconducibile all'organo giurisdizionale e non alla volontà dei soggetti titolari/intestatari dei beni, primi destinatari della disposizione fiscale in oggetto (in quanto tenuti ad un obbligo contributivo misurato sulla capacità reddituale che essere intestatario di un bene immobile esprime).
(66) Su cui di seguito.
(67) Lo stesso dicasi per gli atti amministrativi si veda a conferma di ciò artt. 3 e 16, comma 2, TUE.
(68) Pensiamo al paradosso di legittimare il debitore esecutato (inadempiente sul piano fiscale verso l'amministrazione finanziaria oltre che sul piano obbligatorio civilistico verso i creditori) a far valere un vizio del provvedimento di vendita, idoneo a porre nel nulla tutta l'attività esecutiva svolta a suo carico, con l'effetto di tornare nella disponibilità del bene pignorato, giovandosi del proprio originario inadempimento tributario (anziché esserne sanzionato).
(69) L'esplicita esclusione (degli atti costitutivi di ipoteca) dal novero degli atti sanzionabili di nullità esprime un bilanciamento degli interessi coinvolti (da parte del legislatore) antitetico rispetto a quello presupposto da un'interpretazione estensiva (qui avversata), in quanto diretto -in senso esattamente contrario- a restringere la portata della norma (nell'ambito degli atti negoziali consensuali posti in essere dagli intestatari dei beni) in funzione della tutela di un interesse pubblico (ma non di rango costituzionale). In quanto l'aver subordinato l'interesse tributario perseguito alla tutela del credito è un sicuro indice del prudente bilanciamento effettuato dal legislatore e della non estensibilità della disposizione in pregiudizio di altri valori di rango superiore e costituzionale.
(70) Nel porre oneri tributari a carico di chi agisce in giudizio. L.P. Comoglio, Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Rapporti Civili, sub art. 24, Bologna, 1981, pag. 37 e ss.
(71) Sempre nel rispetto dei parametri di ragionevolezza e proporzionalità. Ad esempio, in relazione all'art. 1, comma 346 della legge 311 del 2004 (finanziaria 2005) secondo cui “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati” sono state pronunciate diverse ordinanze di infondatezza della questione di legittimità costituzionale (per la verità sollevate in riferimento all'art. 24 della Cost.: ordinanza n. 420 del 2007, 389 del 2008 e n. 110 del 2009) sulla base della considerazione che la disposizione “non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ex art. 1418 c.c…”
(72) In tal senso Corte Costituzionale n. 333 del 2001 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), in quanto poneva come condizione per l'attuazione della tutela esecutiva (di rilascio dell'immobile locato) la dimostrazione dell'assolvimento di obblighi tributari. La Corte ha richiamato in tale occasione la sua precedente giurisprudenza distinguendo tra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali. “Mentre i primi, si è detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all'esperimento della tutela giurisdizionale e comportano, perciò, la violazione dell'art. 24 della Costituzione (sentenza n. 113 del 1963).”Sul punto anche L.P. Comoglio, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, cit., sub art. 24.
(73) Sia dal punto di visto dei soggetti che lo erogano sia a favore di chi lo chiede.
(74) Secondo l'opinione tradizionale e dominante l'ipoteca si colloca nell'ambito dei diritti reali (e il legislatore aderisce a tale tesi) Il codice civile non ne dà una definizione teorica, ma la descrive in varie disposizioni: art. 2808 “L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione. L'ipoteca può avere per oggetto beni del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari. L'ipoteca è legale, giudiziale o volontaria”. L'ipoteca ha natura latamente cautelare ed è finalizzata proprio a garantire in sede di liquidazione/vendita dei beni la soddisfazione preferenziale del credito sul ricavato dalla vendita.
(75) Ci si riferisce al caso di divisione giudiziale propria e non al caso del tutto peculiare di divisione giudiziale su istanza del creditore pignorante di cui agli artt. 599 e ss. c.p.c. (nel quale l'iniziativa processuale è presa dal creditore procedente del processo di espropriazione forzata individuale e la vendita del bene indivisibile è -ad un tempo- strumentale alla divisione giudiziale e all'esecuzione forzata).
(76) Si tratta dell'annosa questione della natura contenziosa o volontaria attribuita al giudizio divisionale (che viene fatta dipendere nelle diverse fasi di giudizio dall'atteggiamento processuale tenuto da una o più parti: contestazione, contumacia, non contestazione, tacito o esplicito accordo).
(77) Che può essere del tutto occasionale.
(78) In quanto almeno uno dei contitolari è anche attore.
(79) Si può forse dubitare in tale caso dell'efficienza dell'argomento di cui alla potenziale violazione dell'art. 24 Cost. Infatti, il condividente in ambito sostanziale potrebbe negoziare lo scioglimento della comunione solo nel rispetto della disposizione e si dubita che il privato possa nel processo eludere una normativa fiscale vigente sul piano sostanziale.
(80) e sull'effettivo bilanciamento dei valori esplicitamente manifestato dal legislatore nella stessa disposizione.
(81) Di un diritto già pienamente riconosciuto sul piano sostanziale.
(82) La ragionevole durata del processo, l'economia ed efficienza processuale, l'interesse, proprio di qualsiasi vendita giudiziale, al rispetto dell'affidamento del mercato, in genere, e dei terzi che entrano in contatto con la procedura, in particolare; terzi che difficilmente sarebbero in grado di distinguere la sicurezza della vendita in sede esecutiva da quella in sede divisionale, tanto più alla luce di quell'interpretazione estensiva del rinvio effettuato dall'art. 788 c.p.c. secondo cui le norme dell'esecuzione forzata individuale sarebbero tutte implicitamente richiamate ed applicabili in quanto compatibili. In proposito E. Gasbarrini, La delega al notaio della vendita di beni immobili nel giudizio di scioglimento della comunione (ex arr. 788 c.p.c.), studio CNN n.16-2010/E, in particolare sub 2.2.
(83) Ricordiamo che in ambito divisionale non solo il giudice, ma anche il notaio può dirigere le operazioni divisionali su delega ex art. 786 c.p.c., mentre il rinvio effettuato dall'art. 788 c.p.c. alle disposizioni del c.p.c. (e quindi implicitamente anche all'art. 591 bis) sembra consentire la delega delle operazioni di vendita. anche ad altri professionisti.
(84) In tal senso l'opinione anche di CNN Circolare del 28 giugno 2010, cit., pag. 15
(85) Si rinvia a P. D'Adamo, Le procedure competitive all'interno della riforma della liquidazione dell'attivo, Studio CNN n. 5-2007/E.
(86) La riforma della legge fallimentare ha modificato la figura e il ruolo del curatore (che ha assunto poteri e competenze più estese a fronte di una maggiore responsabilità) e gli equilibri tra i vari organi fallimentari, assegnando al giudice delegato essenzialmente il compito di dirimere i conflitti relativi al processo fallimentare e spostando in parte sul comitato dei creditori il potere-dovere di direzione nell'amministrazione dei beni del fallito: A. Ferretti, Il curatore fallimentare, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da U. Apice, La dichiarazione e gli effetti del fallimento, volume I, Torino, 2010, pag. 243 e ss.
(87) Non si tratta ovviamente del caso di delega al notaio di operazioni di vendita ex art. 591 bis, né del caso di cui all'art. 104 ter, terzo comma, quando il curatore si fa autorizzare dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze di liquidazione dell'attivo e neppure del caso di cui all'art. 107, primo comma, laddove a proposito delle procedure competitive di cui il curatore si può avvalere, ci si riferisce alla possibilità di avvalersi di soggetti specializzati.
(88) Così M. Montanaro, Il sistema riformato e corretto delle “vendite” fallimentari, in Riv. Es. Forz., 2010, pag. 96 e ss. in particolare pag. 110 nella quale si parla della offerta come di una proposta di acquisto, del deposito cauzionale come di una caparra (non come la cauzione della vendita esecutiva), dell'incarico allo stimatore come contratto d'opera privato senza l'obbligo di vigilanza sugli incarichi da parte del Presidente di Tribunale; pag. 155 dove parla espressamente di vendita coattiva al di fuori dell'attività giurisdizionale; pag. 160 dove parla di attività non più di natura giurisdizionale (v. anche pag. 168 e pag. 176); F. Santangeli, Il nuovo Fallimento, Milano, 2006 , pag. 159 e ss. parla di degiurisdizionalizzazione o “fuga dalla giurisdizione”.
(89) M. Montanaro, Il sistema riformato e “corretto” delle vendite fallimentari, cit., pag. 121.
(90) Se si ritenga che il curatore sostituisca completamente il soggetto fallito nella gestione/amministrazione dei beni (in qualità di custode) e sia tenuto agli stessi obblighi tributari (inerenti i beni appresi al fallimento) facenti capo all'intestatario fallito, ben potrebbe dedursene l'onere tributario o la mera facoltà di regolarizzazione del bene per poi negoziare il diritto su bene regolarizzato.
(91) In particolare: la necessaria approvazione da parte del comitato dei creditori del programma di liquidazione, la necessaria autorizzazione del G.D. del singolo atto di liquidazione, il potere di sospensione del G.D. prima del perfezionamento della vendita, la necessaria pronuncia del decreto di cancellazione delle formalità gravanti.
(92) Sarebbe irragionevole far dipendere la disciplina e il regime della vendita finale (fermi restando la funzione complessiva e gli atti intermedi) dalla struttura dell'atto alternativamente prescelto (decreto di trasferimento o stipula notarile).
(93) Perfettamente alternativo al decreto di trasferimento di cui condividerebbe il possibile contenuto, la funzione e la natura (nonostante la differenza di struttura).
(94) In tal senso anche F. Santangeli, cit., sub art. 30 e 31, il quale riporta l'opinione secondo cui il curatore è piuttosto un mandatario dei creditori e rappresenta astrattamente il ceto creditorio. Vero anche che in alcuni casi il curatore si sostituisce al debitore fallito, ma si tratta di una competenza circoscritta a quanto espressamente previsto come funzionale alla procedura.
(95) Se anche non sono richiamate le norme di cui al c.p.c. in proposito si segnala l'opportunità che il contenuto della stessa sia il più completo possibile.
(96) Evitare la vendita di aliud pro alio, informare l'acquirente della necessità di regolarizzare la propria posizione fiscale e della difficoltà operativa in caso di immediata rivendita.
(97) La modifica al programma di liquidazione è resa possibile dalla previsione dell'art. 104 ter, quarto e quinto comma, l. fall.
(98) Se è vero che l'art. 28 l. notarile riguarda solo gli atti “ espressamente proibiti dalla legge” e non troverebbe applicazione in tutti i casi in cui la nullità è individuata in via interpretativa e manchi un consolidato orientamento. V. G. Petrelli Art. 28 della legge notarile espresso divieto di legge e orientamenti giurisprudenziali non consolidati, in Riv. Not., 1997, p. 1228 e ss.
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