Giurisprudenza - Urbanistica ed attivitą notarile. Nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza delle contrattazioni
Giurisprudenza
C. Stato, sez. IV, 13-07-2010, n. 4545.
Gli istituti perequativi della cessione di aree e del contributo straordinario disciplinati dal piano regolatore generale della città di Roma non violano il principio di legalità e trovano il loro fondamento nel potere pianificatorio e di governo del territorio e nella possibilità di stipulare accordi sostitutivi di provvedimenti.
La «copertura» normativa alla previsione degli strumenti consensuali per il perseguimento di finalità perequative (e ciò vale sia per la cessione di aree che per il contributo straordinario) va individuata nel combinato disposto degli art. 1, 1º comma bis, e 11 l. n. 241/90, in riferimento al quale si rileva che con la «novella» del 2005 il legislatore ha optato per una piena e assoluta fungibilità dello strumento consensuale rispetto a quello autoritativo, sul presupposto della maggiore idoneità del primo al perseguimento degli obiettivi di pubblico interesse; pertanto, essendo venuta meno la previgente riserva di legge per i casi in cui alle amministrazioni è consentito ricorrere ad accordi in sostituzione di provvedimenti autoritativi, il che non significa introdurre il principio della atipicità degli strumenti consensuali in contrapposizione a quello di tipicità e nominatività dei provvedimenti, atteso che lo strumento convenzionale dovrà pur sempre prendere il posto di un provvedimento autoritativo fra quelli «tipici» disciplinati dalla legge: a garanzia del rispetto di tale limite, lo stesso art. 11 l. n. 241/90 prevede l’obbligo di una previa determinazione amministrativa che anticipi e legittimi il ricorso allo strumento dell’accordo.
T.a.r. Lombardia, sez. II, 17-09-2009, n. 4671.
La modifica degli indici edificatori delle zone di atterraggio che permetta ai proprietari delle aree medesime di costruire indipendentemente dall’acquisizione delle aree collocate nelle zone di decollo determina una distorsione del meccanismo perequativo, compromettendone le finalità di neutralizzazione degli effetti sfavorevoli delle iniziative di pianificazione.
È ammissibile l’impugnazione della disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà del ricorrente se tale disciplina incide direttamente sul godimento o sul valore di mercato delle aree in proprietà, o comunque su interessi propri e specifici del ricorrente; in particolare la modifica della capacità edificatoria delle zone «di atterraggio» delle volumetrie assegnate nell’ambito di una iniziativa di perequazione determina in capo ai proprietari delle zone di «decollo» un effetto diretto ed immediato, idoneo, in quanto tale, a sostenere l’impugnazione, da parte di questi ultimi, della mutata disciplina urbanistica.
T.a.r. Veneto, sez. I, 19-05-2009, n. 1504.
In materia edilizia, non sono illegittime le scelte assunte con la variante attraverso l’impiego di tecnica pianificatoria (c.d. perequazione urbanistica che prevede di comprendere all’interno di un unico perimetro, sia le aree destinate ad interventi privati che quelle destinate ai rispondenti servizi) che consenta di addivenire al conseguimento degli obiettivi di pubblico interesse senza un’eccessiva penalizzazione degli interessi privati, coinvolgendo i proprietari dei terreni in precisi obiettivi di sviluppo, evitando il ricorso alla imposizione dei vincoli preordinati alla futura espropriazione, generatrice di contenziosi, senza implicare oneri per la finanza pubblica.
C. Stato, sez. IV, 16-10-2006, n. 6171.
Il provvedimento con cui si opera la reiterazione dei vincoli di espropriazione deve evidenziare per il tramite della motivazione, oltre alla persistenza dell’interesse pubblico e alla sua attualità, le specifiche ragioni del ritardo che hanno determinato la decadenza del vincolo; la mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione fra i proprietari espropriabili e, dunque, la ineluttabilità della scelta dell’area già vincolata; la serietà e affidabilità della realizzazione nei termini previsti delle opere di cui trattasi, con la precisazione delle iniziative mediante le quali il procedimento ablativo verrà portato a compimento ed, infine, la ragionevole dimostrazione, sulla scorta della situazione dei luoghi, che la rinnovazione del vincolo sulla stessa area è necessaria per realizzare l’opera o l’intervento pubblico.
Corte Cost. 12 maggio 2005, n. 179
È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 42, comma terzo, Cost., il combinato disposto degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 l. 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e 2, comma 1, l. 19 novembre 1968, n. 1187 (Modifica ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo, in quanto - posto che il problema di un indennizzo a seguito di vincoli urbanistici (come alternativa non eludibile tra previsione di indennizzo ovvero di un termine di durata massima dell'efficacia del vincolo) si può porre sul piano costituzionale quando si tratta di vincoli che a) siano preordinati all'espropriazione, ovvero abbiano carattere sostanzialmente espropriativo, nel senso di comportare come effetto pratico uno svuotamento, di rilevante entità ed incisività, del contenuto della proprietà, mediante imposizione, immediatamente operativa, di vincoli a titolo particolare su beni determinati, comportanti inedificabilità assoluta, qualora non siano stati discrezionalmente delimitati nel tempo dal legislatore dello Stato o delle Regioni, b) superino la durata che dal legislatore sia stata determinata come limite, non irragionevole e non arbitrario, alla sopportabilità del vincolo urbanistico da parte del singolo soggetto titolare del bene determinato colpito dal vincolo, ove non intervenga l'espropriazione, ovvero non si inizi la procedura attuativa (preordinata all'esproprio) attraverso l'approvazione di piani particolareggiati o di esecuzione, aventi a loro volta termini massimi di attuazione fissati dalla legge, c) superino sotto un profilo quantitativo la normale tollerabilità secondo una concezione della proprietà, che resta regolata dalla legge per i modi di godimento ed i limiti preordinati alla funzione sociale (art. 42, comma secondo, Cost.); che la reiterazione in via amministrativa dei vincoli urbanistici decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo) ovvero la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli stessi prevista in talune regioni a statuto speciale non sono fenomeni di per sè inammissibili dal punto di vista costituzionale; che essi assumono, invece, carattere certamente patologico, in assenza di previsione alternativa di indennizzo e fermo che l'obbligo di indennizzo opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia), quando vi sia una indefinita reiterazione o una proroga "sine die" o all'infinito (attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato che si ripetano aggiungendosi le une alle altre), o quando il limite temporale sia indeterminato, e cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non contenuto in termini di ragionevolezza; e che restano al di fuori dell'ambito della indennizzabilità i vincoli incidenti con carattere di generalità e in modo obiettivo su intere categorie di beni (ivi compresi i vincoli ambientali-paesistici), i vincoli derivanti da limiti non ablatori posti normalmente nella pianificazione urbanistica, i vincoli comunque estesi derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato, i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità e i vincoli non eccedenti la durata (periodo di franchigia) ritenuta ragionevolmente sopportabile - una volta oltrepassato il periodo di durata temporanea (periodo di franchigia da ogni indennizzo), il vincolo urbanistico, avente le anzidette caratteristiche, se permane a seguito di reiterazione, non può essere dissociato, in via alternativa all'espropriazione (o al serio inizio dell'attività preordinata all'espropriazione stessa mediante approvazione dei piani attuativi), dalla previsione di un indennizzo.
T.a.r. Emilia-Romagna, sez. I, 14-01-1999, n. 22.
È legittima la previsione del piano generale di Reggio Emilia di «zone integrate a valenza ecologica», entro le quali trova applicazione la c.d. «perequazione urbanistica»: questa tecnica di pianificazione prevede che la proprietà venga investita contemporaneamente del beneficio dell’edificabilità e del peso di contribuire all’elevazione della qualità urbana generale e si estrinseca nella formazione di comparti entro cui i proprietari sono trattati tutti in modo identico.
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