Giurisprudenza - Abuso del diritto nell'ordinamento tributario. E' ancora lecito il risparmio d'mposta?
Giurisprudenza

Cassazione, sentenza 28 giugno 2012, n. 10807

L'abuso del diritto è ravvisabile in tutte quelle pratiche che, pur formalmente rispettose del diritto interno o comunitario, siano mirate principalmente ad ottenere benefici fiscali contrastanti con la ratio delle norme che introducono il tributo. Questa nozione, per la sua generalità e per il fondamento costituzionale (art. 53 Cost.) che la sorregge, è applicabile e deve essere applicata anche al trattamento fiscale degli immobili sì che deve ritenersi costituire, appunto, abuso del diritto (comunque a fini fiscali, se non pure a fini edilizi) la pratica costruttiva di sostanziale aggiramento delle disposizioni, anche dei regolamenti comunali, sulla cubatura degli immobili quante volte l'utilizzo di questo specifico elemento non sia dettato da ragioni costruttive e/o economiche (o, comunque, da qualsivoglia valida ragione diversa da quella fiscali) ma assuma soltanto rilievo fiscale per la sua idoneità ad aggirare la ratio delle afferenti norme, determinando una indebita minore tassazione

Cassazione, sentenza 6 luglio 2012, n. 11357

Posto che in materia tributaria il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione od un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici, si rileva che l'ufficio, ai fini della ripresa a tassazione, debba fondare la presunzione in parola sulla base di motivi con caratteristiche di gravità, precisione e concordanza e che, pertanto, non v'è ragione di dubitare della volontà del donante, che pone in essere un'operazione negoziale, allo scopo di agevolare i propri figli nel compimento di scelte importanti, come l'acquisto della prima casa, anticipando così gli effetti della successione.

Cassazione, sentenza 21 gennaio 2011, n. 1372

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio di imposta, in difetto di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse alla mera aspettativa di quei benefici. Ne consegue che il carattere abusivo di un'operazione va escluso quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell'operazione medesima ma possono rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda. (In applicazione del riportato principio, la S.C. ha negato potesse essere riconosciuto il carattere abusivo di una complessa operazione di trasferimento di un pacchetto azionario di una società facente capo ad un gruppo multinazionale ad altra società del gruppo, con l'assunzione di notevoli impegni economici per il finanziamento dell'operazione e con conseguente riduzione del carico fiscale, solo perché lo stesso risultato economico avrebbe potuto raggiungersi attraverso un'operazione di fusione, essendo peraltro non contestate dall'amministrazione finanziaria le necessità organizzative volte ad una gestione unitaria di uno dei settori di attività del gruppo).

Cassazione, sentenza 2 novembre 2011, n. 22716

E' elusione fiscale donare al coniuge e ai figli la quota dell'immobile per rivenderlo subito dopo. Al di là della legittimità del contratto sussiste infatti un indebito risparmio d'imposta. L'alienazione del bene a bravissima distanza dalla donazione predetta configura una condotta elusiva che può essere contestata dall'Amministrazione finanziaria in mancanza di valide giustificazioni da parte del contribuente. Pur in assenza di un'esplicita enunciazione, come nell'ordinamento tedesco, la nozione di "abuso del diritto", di matrice comunitaria o costituzionale, s'impone infatti anche nell'ordinamento italiano.

Cassazione, sentenza 21 gennaio 2009, n. 1465

In materia tributaria, integra gli estremi del comportamento abusivo quell'operazione economica che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante ed assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale più ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta. La prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull'amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l'onere di allegare la esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di reale spessore che giustifichino operazioni in quel modo strutturate. (In applicazione del principio, la Suprema Corte ha escluso la configurabilità di un'operazione elusiva nell'impianto organizzativo di una corporate joint venture in cui gli investimenti erano stati effettuati da una società ad hoc, costituita per l'acquisto di attrezzature e linee di produzione, concesse in comodato gratuito a terzi per la realizzazione di veicoli poi acquisiti dalla comodante ad un minor prezzo, in quanto, pur derivando dall'operazione un risparmio di imposta, essa trovava giustificazione ragionevole nell'obiettivo di assicurarsi vantaggiose posizioni commerciali di competitività sui mercati cui i veicoli prodotti erano destinati).

SS.UU., Sentenze 23 dicembre 2008, n. 30055, n. 30056, n. 30057

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. Esso comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione.

PUBBLICAZIONE
» Indice
» Approfondimenti