LA REGOLA DEL "PREZZO-VALORE" E SUA APPLICAZIONE ALL'ALIENAZIONE DI BENI IMMOBILI CULTURALI
LA REGOLA DEL "PREZZO-VALORE" E SUA APPLICAZIONE ALL'ALIENAZIONE DI BENI IMMOBILI CULTURALI
di Adriano Pischetola
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 72-2006-T
(Approvato dalla Commissione Studi Tributari il 14 luglio 2006)
Pubblicato in Studi e Materiali 2/2006, 1587 ss

Quesito

Si chiede se all'alienazione di beni immobili sottoposti a "vincolo" culturale sia applicabile la regola del "prezzo-valore" prevista dall'art. 1 comma 497 legge n. 266/2005 o se - al contrario - in ragione della peculiare natura di tali beni (esposti al rischio dell'acquisto in via di prelazione da parte dello Stato o di altro ente pubblico territoriale) - l'imposta di registro sia assolvibile esclusivamente su di una base imponibile rappresentata dal prezzo pattuito dalle parti contraenti.

Premessa

Come è noto, la cd. regola del "prezzo valore" (consistente in concreto in un meccanismo di "forfettizzazione" della base imponibile) risulta racchiusa nel disposto dell' art. 1 comma 497 della legge n. 266/2005 (cd. Finanziaria 2006)[1], a tenore del quale : " In deroga alla disciplina di cui all'art. 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'art. 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Le parti hanno comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento" .

Dalla formulazione del testo di legge emerge un'assoluta genericità del meccanismo ivi disciplinato, tale da non discriminarne l'applicazione (sotto il profilo oggettivo) a seconda della natura o meno degli immobili oggetto di cessione (richiedendo solo intuitivamente che si tratti di immobili ad uso abitativo e loro pertinenze) o dell'esistenza o meno di un particolare status giuridico al quale gli immobili stessi siano ascrivibili, il che fa senz'altro deporre per l'assenza del benché minimo dubbio sulla estensibilità dell'alveo applicativo della normativa de qua anche alla fattispecie che ci occupa.

E' allora pensabile che il quesito in epigrafe sia stato originato dalla vexata quaestio (ben anteriore alla introduzione sul piano normativo del sistema "prezzo-valore") in ordine alla possibilità/necessità di considerare quale base imponibile per atti portanti alienazione di beni culturali un valore ragguagliato a quello risultante dall'applicazione della più bassa delle tariffe d'estimo della zona in cui è sito l'immobile, valore da assumersi quale "prezzo" fiscalmente rilevante.

2. Presunta interferenza del regime fiscale ex legge n. 413/1991 con le imposte indirette

La questione cui si è accennato prende origine da quanto dispone l'art. 11 secondo comma della legge 30 dicembre 1991 n. 413, secondo cui "In ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell' articolo 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato." [2] Nella materia in esame è intervenuta anche la Corte Costituzionale, che, con sentenza n. 346 depositata il 28 novembre 2003 [3], ha respinto le eccezioni di incostituzionalità del richiamato art. 11, comma 2.

Il principio sotteso alla detta norma risulta altresì recepito dal vigente T.U. in materia di imposte dirette all'art. 190, 3° comma, ove ai primi due periodi si stabilisce: "L'aggiornamento delle rendite catastali degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è effettuato mediante l'applicazione del minore tra i coefficienti previsti per i fabbricati. Qualora i predetti immobili risultino allibrati al catasto terreni, la relativa rendita catastale è ridotta a metà ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi." [4]

Il problema che si è posto per lungo tempo e che ha visto orientate in modo opposto l'Amministrazione finanziaria da un lato [5]e varie commissioni tributarie dall'altro è stato quello dell'applicabilità o meno del principio contenuto nell'art. 11 della legge n. 413/91 anche alla materia delle imposte indirette , oltre che - come era ed è incontestato - a quella delle imposte dirette [6].

La questione non è di scarso rilievo in quanto una ricaduta del principio di cui alla ricordata norma anche nell'ambito delle imposte indirette porterebbe ad un'utilizzazione del meccanismo ex art. 52 D.P.R. n. 131/86 [7] con riferimento al reddito appunto determinato applicando il minore tra i coefficienti previsti per i fabbricati e non quelli con i quali quei fabbricati risultano censiti.

Come si diceva, talune commissioni, appartenenti alla giustizia tributaria, hanno sostenuto l'opinione positiva [8], valorizzando in modo pregnante l'inciso "in ogni caso" [9] di cui al cit. art. 11 e la specialità della disciplina ivi contenuta rispetto al 'macrosistema' generale in cui essa si colloca.

Ma in contrario avviso di recente la Suprema Corte con sentenza n. 17152/2004 [10]ha ribadito la esclusione dell'applicabilità del principio di cui si diceva dall'ambito delle imposte indirette, e ciò perchè - a giudizio del giudice di legittimità - l'art. 11 della cit. legge n. 413 definisce uno statuto positivo in se conchiuso e definito (non suscettibile di applicazione estensiva ad un settore - quello delle imposte indirette - per il quale non è stata pensato), né peraltro rinvenendosi in esso alcun riferimento o accenno alle imposte indirette stesse, ma solo a quelle sui redditi. Inoltre - sempre a giudizio del Supremo Collegio - di fronte ad un principio di rango costituzionale (art. 53) che attrae ad imposizione la capacità contributiva del cittadino, non si può ritenere che detto principio possa essere disapplicato proprio nell'ambito di quei fenomeni - come i trasferimenti di immobili, sia pure "culturali" - che danno luogo a manifestazione di quella capacità, come avverrebbe se si ritenesse estensibile l'agevolazione di cui si discorre anche alle imposizione indiretta. D'altra parte nell'ambito di questa figurano già disposizioni agevolative specifiche in considerazione della peculiarità di tali beni, non rendendosi necessario pertanto mutuare dalla normativa in materia di imposta sui redditi un meccanismo impositivo ultroneo [11].

Il fatto poi che il valore calcolato con riferimento alla minore delle tariffe d'estimo della zona censuaria di ubicazione dell'immobile (sia pure opportunamente rivalutata con i coefficienti di aggiornamento di volta in volta vigenti) non costituisca criterio di riferimento nell'ambito delle imposte indirette, risulta ulteriormente avvalorato in una recente sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto [12]. Essa ha ritenuto che in caso di trasferimento di immobile culturale vincolato, la base imponibile per l'imposta di registro è rappresentata dal prezzo e non dal valore calcolato con riferimento alla detta minore tariffa d'estimo, e ciò anche se il valore risulti opportunamente evidenziato in modo specifico e distinto rispetto al prezzo: ciò pertanto confermando la estromissione dall'ambito delle imposte indirette del criterio di cui al cit. art. 11 legge n. 413/91.

E, in un'ottica essenzialmente analoga, si è mossa ulteriormente la Suprema Corte [13] quando ha statuito - in relazione ad un atto traslativo proprio di un immobile culturale vincolato e sia pure prima della novella portata dalla legge n. 266/2005 - che "ove nell'atto di compravendita di un bene venga indicato il prezzo effettivo corrisposto, accompagnato dalla dizione secondo cui "ai fini fiscali" l'imponibile viene indicato nella somma corrispondente alla capitalizzazione della rendita (cosiddetta valutazione automatica ai sensi dell' art. 52, comma 4, del D.P.R. n. 131 del 1986), l'imposta deve essere applicata sul prezzo effettivo dichiarato". Se infatti anche nell'ambito delle imposte indirette il valore calcolato con riferimento alla minore delle tariffe d'estimo fosse stato ritenuto unico ed esclusivo criterio valido per la determinazione della base imponibile, non vi sarebbe stato motivo del contendere e le conclusioni della Suprema Corte sarebbero state giocoforza diverse.

Tutto ciò conduce a concludere per l'assenza di qualsiasi interferenza in materia di beni culturali tra la peculiarità del "microsistema" fiscale in materia di imposte dirette e quello in materia di imposte indirette, con consequenziale attrazione di quest'ultimo nell'alveo applicativo generale per quanto attiene alla quantificazione della base imponibile.

3. Ulteriori considerazioni in ordine ai criteri di quantificazione della base imponibile

Quanto enunciato nelle riflessioni che precedono, induce pertanto a ritenere che non vi sia alcuna sottrazione della specifica materia che ci occupa dall'ambito dei principi generali ai fini della determinazione della base imponibile: questa viene determinata ai sensi del combinato disposto artt. 43 e 51 D.P.R. n. 131/86 con riferimento al "valore venale in comune commercio" e, inoltre, l'accesso al meccanismo della cd. valutazione automatica ai sensi dell'art. 52 detto decreto avviene secondo canoni e modalità consuete, senza poter invocare alcun criterio derogatorio o speciale con riferimento alla più bassa delle tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato l'immobile culturale alienato.

Ciò peraltro comporta che - così come si applicano i medesimi principi e criteri generali di quantificazione della base imponibile prevista per tutti gli immobili abitativi indistintamente - trovi senz'altro applicazione in relazione alla cessione di tale ultimo immobile la speciale deroga di cui alla legge n. 266/2005 (ricorrendo i requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalla norma di cui al comma 497 art. 1 [14]), a prescindere dalla sua natura "culturale".

Non influisce al riguardo nemmeno il particolare procedimento in cui si articola l'acquisizione (eventuale) del bene culturale alienato in via di prelazione. Intuitivamente, infatti, l'Ente prelazionario (Stato o altro ente pubblico territoriale) non potrà mai procedere a tale acquisto (ai sensi dell'art. 60 del D.Lgs. n. 42/2004) versando l'importo commisurato al valore catastale rivalutato sul quale le parti abbiano richiesto l'applicazione del meccanismo del "prezzo-valore", in quanto per espressa e testuale previsione normativa unico elemento (necessario e sufficiente) per perfezionare l'acquisto in via di prelazione è il pagamento del " prezzo stabilito nell'atto di alienazione", e ciò anche laddove la prelazione fosse esercitata, magari in esito ad una denuncia tardiva, a molta distanza di tempo dalla stipula dell'atto traslativo [15].

E vieppiù considerando l'insensibilità per l'Ente prelazionario delle clausole contrattuali (ancorché con effetto sul piano fiscale) convenute dai paciscenti, ex art. 61, quinto comma, detto decreto, nonché l'inesistenza a suo carico di alcun obbligo di assolvimento di altri oneri diversi dal prezzo, ancorché di natura tributaria (che pertanto residuano a carico dell'acquirente, soggetto passivo della prelazione esercitata dall'Ente) [16].

4. Conclusioni

Ragioni pertanto legate sia alla genericità della regola "prezzo-valore" quanto all'assenza di qualsiasi interferenza con regole del tutto peculiari della imposizione fiscale diretta ed infine alla inesistenza di particolari vincoli procedimentali connessi con l'(eventuale) acquisto in via di prelazione fanno ritenere senz'altro applicabile anche alla alienazione di beni immobili "culturali" la particolare procedura di quantificazione "forfetaria" della relativa base imponibile di cui al cit. art. 1 comma 497 legge n. 266/2005 ( ricorrendone i prescritti requisiti soggettivi ed oggettivi).


[1] Così come modificato dal d.l. 4 luglio 2006 n. 223.

[2] Il principio è stato ritenuto operante anche in riferimento alle locazioni di immobili culturali ad uso abitativo(vedi Circolare Agenzia Entrate in data 14 marzo 2005 n. 9); per talune considerazioni fatte in materia di imposte dirette e di Ici relative a beni culturali e con riferimento a quanto si leggeva nell'originario schema del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 (non più riprodotto nel testo definitivo), cfr. Segnalazione novità normative (di Susanna Cannizzaro e Maria Concetta Cignarella) in CNN Notizie del 13 luglio 2006 n. 133.

[3] In " il fisco " n. 4/2004, fascicolo n. 1, pag. 581.

[4] In generale sul tema in dottrina cfr. F. Padovani, Riflessioni in tema di trattamento fiscale degli immobili di interesse storico ed artistico , in "Rassegna Tributaria " n. 4/1997, pagg. 979 e seguenti; S. Ricci, L'imposizione relativa agli immobili di interesse-culturale, in " il fisco " n. 25/2001, pagg. 8785 e seguenti; L. Alemanno, Esclusività della speciale disciplina di cui all' art. 11 , comma 2, L. n. 413/1991 per la tassazione ai fini delle imposte sui redditi degli immobili di interesse storico-artistico , in "Bollettino tributario d'informazione", 1999, pagg. 833 e seguenti; C. Caumont Caini, Immobili storici: nuove conferme in tema di imposte dirette e indirette , in " Diritto e pratica tributaria" , 2000, II, pagg. 891 e seguenti; G. Tomasin-E. Zanetti, Reddito fondiario degli immobili di interesse storico o artistico: una importante tappa nella storia infinita, in " Il fisco " n. 48/2001, pagg. 15338 e seguenti.

[5] E quest'ultima non senza oscillazioni, in quanto alla Risoluzione del 16.7.1990 n. 350574 e prima ancora alla risoluzione del 1° agosto 1987 prot .n. 300890 (che in buona sostanza riconoscevano l'applicabilità anche nell'ambito della imposizione indiretta del principio del riferimento alla minore delle tariffe d'estimo) è seguita la circolare del 12 febbraio 1999 n. 34/E (in Guida Normativa n. 31 del 19 febbraio 1999 pagg. 20 e ss. con commento di BUSANI), con cui il ministero delle Finanze ha escluso la possibilità di determinare per le imposte indirette le rendite catastali degli immobili di pregio storico-artistico secondo le modalità dettate per l'Irpef.

Contrastante a sua volta con le conclusioni di detta ultima Circolare fu peraltro quella emanata qualche giorno prima dalla Direzione Regionale delle Entrate del Piemonte del 2 febbraio 1999 prot. n. 999624;

[6] Sul punto vedi BUSANI, Rendite catastali e fabbricati 'vincolati' , in Notariato, 2001, fasc. 6 pagg. 595-602.

[7] In base al quale la potestà di accertamento del maggior valore da parte dell'A.F. non è azionabile qualora venga dichiarato in atto un valore o corrispettivo non inferiore a quello risultante dai coefficienti catastali opportunamente aggiornati con i moltiplicatori di volta in volta in vigore.

[8] Cfr. Comm. trib. prov . Piacenza, n. 104 del 18 dicembre 2001, in banca dati " Fisconline" e in " il Fisco" 1 , 2002, 1532. Nei medesimi termini cfr . Comm. trib. prov. di Parma, n. 404 del 6 dicembre 1999, in banca dati "Fisconline " e Riv. giur. trib., 2000, 436 e Comm. trib. prov. Parma, 22 giugno 2000, in Arch. locazioni , 2000, 772, secondo cui in caso di immobili riconosciuti di interesse storico o artistico ex L. n. 1089/1939 , il reddito, anche ai fini delle imposte indirette, deve essere determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per la zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato, e detto reddito deve essere assunto a parametro di riferimento per la determinazione del valore catastale di cui all' art. 52 , comma 4, D.P.R. n. 131/1986 nell'ipotesi di trasferimento degli immobili medesimi.

[9] Inciso che invece - secondo Cassaz. Sent. n. 11211 del 19 dicembre 2001 (dep. il 30 luglio 2002) in il fiscovideo n.1-2006 - ha un peso del tutto diverso: "La locuzione "in ogni caso" sta a significare che per gli immobili di interesse storico od artistico destinati ad abitazione si applica sempre la particolare disciplina prevista dal menzionato art. 11, comma 2, senza alcuna differenza tra fabbricati goduti direttamente dal proprietario e non, e in caso di locazione tra fabbricati assoggettati o meno alla disciplina legale del canone", senza che insomma tale inciso possa comportare migrazione della specifica disciplina ex art. 11 anche nell'ambito delle imposte indirette.

[10] Sent. n. 17152 del 21 aprile 2004 (dep. il 27 agosto 2004) in Foro. It , 2004, Registro (imposta) [5650], n. 41.

[11] V. inoltre Cassaz. n. 15671 del 12 agosto 2004 in Giust. civ . Mass. 2004, f. 7-8.

[12] Sez. XIX n. 8/2005 emessa il 9 marzo 2005 e depositata il 31 marzo 2005, in Sole 24Ore del 4 maggio 2005, n.121 pag. 28 e altresì in il fiscovideo n. 1-2006.

[13] Sent. n. 18150 del 4 maggio 2004 (dep. il 9 settembre 2004) in il fiscovideo n. 1-2006;

[14] Sul che si rinvia allo Studio CNN n. 116/2005/T approvato dalla Commissione studi tributari il 13 gennaio 2006 e leggibile sul sito www.notariato.it (e specificamente nella sezione Studi e approfondimenti - Tributario).

[15] Cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 30 gennaio 1991, n. 58 in Rass. avv. Stato 1991, 303: "È legittima la prelazione tardiva esercitata dall'amministrazione nei confronti di un bene assoggettato a vincolo artistico, anche dopo più di dieci anni dalla sua alienazione originaria, seguita da altri successivi passaggi di proprietà, per il prezzo allora pattuito, nel caso in cui gli atti di trasferimento non le siano stati mai denunciati in modo completo, con l'indicazione dei dati e con gli elementi richiesti dal regolamento tuttora vigente r.d. del 1913 n. 363.".

[16] Un po' in analogia con quanto accade nel riscatto agrario ove, secondo la Cassazione civile, sez. III, 8 agosto 1987, n. 6792 ( in Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 8-9) " ...il retraente ha l'onere di rimborsare esclusivamente il prezzo e non anche le altre spese sostenute dal retrattato per l'acquisto del fondo, né gli interessi compensativi, nè una maggiorazione per svalutazione monetaria, versandosi in ipotesi di debito di valuta"; vedi sul punto PISCHETOLA, Circolazione dei beni culturali e attività notarile , Milano, 2006, pagg. 48-49.

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