PRIME OSSERVAZIONI IN TEMA DI SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA SEMPLIFICATA E DI SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA A CAPITALE RIDOTTO
PRIME OSSERVAZIONI IN TEMA DI SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA SEMPLIFICATA E DI SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA A CAPITALE RIDOTTO
di Giuseppe Ferri jr
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 221-2013/I
Pubblicato in Studi e Materiali, 3/2013, 807
1. Il problema
Tra i numerosi interrogativi sollevati dall’introduzione nel nostro ordinamento dapprima della disciplina della società a responsabilità limitata semplificata, di cui all’art. 2463-bis cod. civ. – inserito ad opera del primo comma dell’art. 3 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 2012, n. 27 – e, successivamente, di quella della società a responsabilità limitata a capitale ridotto, di cui all’art. 44 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 187, uno dei più delicati riguarda l’operatività dell’autonomia statutaria: se, infatti, in entrambe le figure ad essa sembrerebbe riservato uno spazio meno esteso di quello che caratterizza l’“ordinaria” società a responsabilità limitata, nella prima, alla luce in particolare della disposizione di cui all’art. 2463-bis, 2° comma, cod. civ., nella parte in cui richiede che l’atto costitutivo sia redatto in conformità di un “modello standard tipizzato” predisposto dal Ministro della Giustizia (che ha provveduto, secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 3 del d.l. 1 del 2012, con decreto del 23 giugno 2012, n. 138, pubblicato nella G.U. n. 189 del 14 agosto 2012), l’ampiezza di tale spazio risulta ulteriormente ridotta, e comunque fortemente controversa, apparendo assai incerta l’individuazione dei margini entro i quali l’intervento dell’autonomia statutaria possa ritenersi compatibile (anche) con siffatta tipizzazione, come dimostrano eloquentemente le contrastanti interpretazioni offerte, a questo riguardo, dai pareri del Ministero della Giustizia (nota prot. n. 43633 del 2012) e, rispettivamente, del Ministero dello Sviluppo Economico (circ. n. 3657/C del 2012).
Non è tuttavia su quest’ultima questione[1], come detto circoscritta alla società a responsabilità limitata semplificata, per quanto logicamente preliminare, che ci si intende in questa sede soffermare, quanto piuttosto sul problema, più generale, e comune ad entrambe le figure, dell’individuazione del valore giuridico da riconoscere ai limiti all’autonomia statuaria previsti dalla disciplina positiva, e dunque, in una prospettiva più immediatamente operativa, delle modalità e delle conseguenze del loro superamento: un problema, questo, che in vero si giustifica alla luce della considerazione, e a partire dalla premessa, che le figure in esame rappresentano altrettante discipline organizzative, destinate cioè a regolare l’attività della società, e non soltanto – come invece è dirsi di analoghe figure regolate da altri ordinamenti[2] – la sua fase costitutiva (nonostante la rubrica del citato art. 3 del d.l. n. 1 del 2012, intitolata, con formula per lo meno ridondante, “Accesso dei giovani alla costituzione di società a responsabilità limitata”), nel qual caso, una volta concluso il procedimento di costituzione, verrebbe meno, in una con l’operatività della disciplina, la possibilità stessa di ravvisarvi un limite all’autonomia statutaria.
Il problema in esame si pone, in particolare, nell’eventualità in cui i soci, dopo aver costituito la società avvalendosi di una delle discipline di nuova introduzione, intendano introdurre una regola – e si pensi a quella che innalzi il capitale ad una cifra superiore a quella corrispondente al limite massimo previsto per tali società – che, per quanto incompatibile con la corrispondente disciplina, risulti tuttavia pienamente conforme con quella della società a responsabilità limitata “ordinaria”: e si risolve nella questione se, al fine di introdurre una regola siffatta, si renda in ogni caso necessario procedere alla trasformazione della società, in mancanza della quale la relativa deliberazione, e proprio in quanto non conforme alla disciplina organizzativa attualmente in vigore, risulterebbe invalida[3], o possa invece considerarsi sufficiente una modificazione dell’atto costitutivo, allora da ritenersi non solo in via di principio valida, ma idonea a rendere automaticamente applicabile, in via esclusiva, la disciplina “ordinaria” della società a responsabilità limitata.
2. L’impostazione
La soluzione del problema dipende, come è chiaro, dalla qualificazione che si intenda offrire delle figure in esame, se cioè si tratti di altrettanti tipi societari, autonomi (anche) rispetto alla “ordinaria” società a responsabilità limitata, o, rispettivamente, di discipline che rientrano pur sempre nell’ambito del relativo tipo: un problema, questo, che si presenta in termini a ben vedere differenti da quelli in cui si è soliti affrontare il tema del tipo di società[4], e di società a responsabilità limitata in particolare.
Tradizionalmente, infatti, si muove dalla premessa che quello in questione sia un tipo autonomo, e ci si propone di identificare i tratti che lo caratterizzano: fermo restando che la questione in esame, almeno per quanto riguarda le società di capitali, assume rilevanza, ai fini della qualificazione della fattispecie, soltanto nella fase anteriore all’iscrizione nel registro delle imprese[5], successivamente alla quale – risultando ormai preclusa ogni possibilità di riqualificazione della società – il tipo è chiamato a svolgere la funzione, ulteriore e diversa, di limite alla autonomia statutaria, o meglio di referente della conformità entro la quale l’operatività di quest’ultima deve ritenersi circoscritta[6]; ai nostri fini, invece, si tratta – in una prospettiva per certi versi analoga a quella a suo tempo adottata nell’ambito del risalente dibattito sulla possibilità di considerare la società quotata in termini di autonomo tipo societario – di verificare se le figure di nuova introduzione valgano ad individuare altrettanti tipi di società: il che rende allora di per sé problematica, o quantomeno non del tutto immediata, la possibilità di risolvere la questione sulla sola base della verifica della presenza, nelle figure in esame, dei tratti, peraltro controversi, che valgono a distinguere il tipo della società a responsabilità limitata dagli altri tipi societari, trattandosi, al contrario, di prendere in considerazione anche profili diversi, ulteriori e specifici (ed ai fini tradizionali tendenzialmente inutilizzabili, come quello, ad esempio, della sede in cui le corrispondenti discipline risultano collocate).
Sotto questo profilo, dalla disciplina positiva si ricavano indicazioni tra loro discordanti, o comunque non univoche. In senso contrario alla qualificazione delle figure in esame in termini di autonomi tipi societari sembra, in particolare, deporre la collocazione topografica della disciplina della società a responsabilità limitata semplificata[7], che risulta contenuta all’interno del capo VII del titolo V del libro V del codice civile, dedicato alla società a responsabilità limitata, laddove la legge, a partire dall’art. 2249 cod. civ., mostra di individuare proprio nel “capo” la partizione, interna al citato titolo, che vale ad individuare, isolandoli dagli altri, gli articoli che compongono la disciplina di ciascuno dei tipi societari: una circostanza, questa, che si presta ad assumere rilevanza, seppure soltanto indiretta, anche in ordine alla società a responsabilità limitata a capitale ridotto, che, per quanto regolata all’esterno del codice civile, risulta strettamente collegata alla prima, come dimostrano i ripetuti richiami all’art. 2463-bis cod. civ. ad opera del primo e del secondo comma del citato art. 44; sempre nel medesimo senso, poi, si presta ad essere richiamata la scomparsa, in sede di conversione, dell’espresso riferimento alla “trasformazione della società” a responsabilità limitata semplificata presente nell’originaria versione dell’art. 2463-bis cod. civ., il quale mostrava di rinvenirvi uno strumento idoneo ad evitare, a seconda dei casi, l’esclusione del socio non più in possesso del “requisito d’età di cui al primo comma”, e, rispettivamente, lo scioglimento della società a seguito del venir meno del medesimo requisito “in capo a tutti i soci”: trasformazione che, nell’impianto della norma, sembrava appunto alludere anche, ed anzi in primo luogo, all’adozione dell’ordinaria forma di società a responsabilità limitata, allora considerata come tipo diverso da quello in esame.
A favore della qualificazione di queste figure in termini di autonomi tipi sembrerebbe invece potersi invocare, da un lato, la circostanza che ciascuna di esse risulta dotata di una propria, specifica, denominazione sociale, che deve contenere “l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata” e, rispettivamente, quella di società a responsabilità limitata a capitale ridotto (e v. il n. 2 del secondo comma dell’art. 2463-bis cod. civ., come richiamato dal secondo comma del citato art. 44): denominazione sociale che, peraltro, la legge annovera tra gli elementi da indicare “negli atti, nella corrispondenza... e nello spazio elettronico” della società (così l’art. 2463-bis, 3° comma, cod. civ. e l’art. 44, 3° comma, cit.); e, dall’altro, la scelta, operata dal quinto comma dell’art. 2463-bis cod. civ. e dal quarto comma del citato art. 44, di circoscrivere l’applicabilità ad entrambe le figure in esame della disciplina della “ordinaria” società a responsabilità limitata entro i limiti della compatibilità, analogamente a quanto mostra di fare, tra l’altro, l’art. 2454 cod. civ., che dichiara bensì applicabili alla società in accomandita per azioni le disposizioni relative alla società per azioni, ma appunto solo “in quanto compatibili con” quelle dettate a proposito della prima: il che potrebbe far pensare che anche nel nostro caso, come in questo, si tratti di tipi tra loro diversi.
In realtà, nessuno di questi argomenti risulta decisivo: non quello relativo alla denominazione sociale, dal momento che la circostanza che essa debba contenere specifiche indicazioni non implica affatto che si sia in presenza di un tipo autonomo e diverso[8], come dimostra, in particolare, l’art. 2487-bis, 2° comma, cod. civ., che, pur imponendo alla società di capitali in liquidazione di aggiungere alla denominazione sociale “l’indicazione trattarsi di società in liquidazione”, non appare di per sé sufficiente a (né risulta essere stata interpretata nel senso di) qualificare quest’ultima come un tipo diverso dalla società non ancora disciolta (e, per giunta, unitario, indifferente cioè al tipo originario); non quello fondato sull’esigenza di una verifica di compatibilità tra complessi di discipline, in vero richiesta, e sempre in tema di scioglimento delle società di capitali, dall’art. 2488 cod. civ., al fine di stabilire i limiti entro i quali la disciplina dell’organizzazione risulta applicabile anche in fase di liquidazione: senza che si sia mai pensato di ricavare nemmeno da tale disposizione elementi per definire la società di capitali in liquidazione come un autonomo tipo societario.
3. La disciplina: la struttura
Se, dunque, dalla legge non sembrano in realtà potersi ricavare elementi sufficienti a qualificare le figure in esame come altrettanti tipi di società, una più approfondita analisi della struttura e della funzione della relativa disciplina induce, in positivo, a negare senz’altro siffatta possibilità[9].
In via del tutto preliminare, appare opportuno notare come le peculiarità che caratterizzano, da un punto di vista normativo, tali figure riguardino profili che, per quanto operativamente rilevanti (e si pensi a quello, peraltro solitamente enfatizzato, relativo alla misura del capitale minimo), sono comunque diversi da quelli che si è soliti considerare come i tratti tipologicamente caratteristici della società a responsabilità limitata[10], qualunque essi siano[11], che allora, e per definizione, ricorrono anche in ordine alle figure in esame[12]: né, del resto, può assumere rilevanza, in senso contrario, la compressione dell’autonomia statutaria che sembra, come detto, caratterizzare, in particolare, la società a responsabilità limitata semplificata, alla luce del secondo comma dell’art. 2463-bis cod. civ. Non soltanto, infatti, a risultare tipologicamente rilevante, nell’ambito della società a responsabilità limitata, non è lo spazio concesso all’autonomia statutaria, quanto semmai la centralità del socio e la sua immanenza in ordine alla gestione[13], che in vero si prestano ad essere considerate esse stesse come altrettanti limiti all’operatività dell’autonomia statutaria: centralità e immanenza non solo non contraddette, ma addirittura enfatizzate nella società a responsabilità limitata semplificata, come dimostra la regola, di cui all’art. 2463, 2° comma, n. 6, cod. civ., che impone che gli amministratori siano “scelti tra i soci”, ad ulteriore dimostrazione della piena compatibilità di tale figura con quella “ordinaria”; ma, a ben vedere, a doversi revocare in dubbio è la stessa possibilità di rinvenire nell’esigenza di conformità con lo statuto tipizzato un’effettiva compressione dell’autonomia statutaria: una conseguenza, questa, che in vero si presta ad essere ricavata solo a partire dalla premessa (che allora essa appare inidonea a dimostrare) che quello in esame rappresenti un tipo autonomo, per “abbandonare” il quale si richiede l’adozione del procedimento di trasformazione, dal momento che, in caso contrario – qualora cioè si dovesse ritenere a tal fine sufficiente una ordinaria modificazione statutaria – l’autonomia dei soci non potrebbe, e per definizione, ritenersi per questa via in alcun modo circoscritta.
Dal punto di vista della struttura, poi, le discipline in esame, a ben vedere, si risolvono nella previsione di una serie di condizioni, alla ricorrenza congiunta delle quali risulta subordinata la possibilità di ottenere quello che, nella prospettiva dell’ordinamento, viene considerato come un beneficio: condizioni e beneficio che, in ciascuna figura, si configurano in termini che, per quanto diversi, risultano in gran parte coincidenti[14].
Comune ad entrambe le figure è, in particolare, il beneficio consistente nella possibilità di disattivare la regola, dettata dal n. 4 del secondo comma dell’art. 2463 cod. civ., che fissa la misura del capitale minimo della società a responsabilità limitata in diecimila euro, e di sostituirla con una regola diversa, quella di cui al n. 3 del secondo comma dell’art. 2463-bis cod. civ., richiamata dal secondo comma dell’art. 44 cit., la quale, pur ribadendo (e sul punto si avrà modo di tornare) la necessità di un minimo di capitale, ne stabilisce l’importo in un euro: possibilità, questa, che la legge condiziona (i) ad una determinata composizione della compagine sociale, che deve essere formata esclusivamente da una o più persone fisiche, (ii) all’adozione di una specifica denominazione sociale, allora essenzialmente a fini informativi, più che identificativi (come dimostrano gli ulteriori “luoghi” in cui essa deve essere indicata), (iii) alla fissazione della misura del capitale sociale in un importo, come detto, almeno pari ad un euro, ma, ed è questo il punto, inferiore al minimo legale richiesto di regola per la società a responsabilità limitata, inferiore cioè a diecimila euro, per quanto oscura risulti la funzione, o comunque incerta l’efficacia, della previsione di un limite massimo riferito al capitale sociale[15], e dunque alla presenza nell’atto costitutivo di una clausola di corrispondente tenore, (iv) alla mancata previsione, nel medesimo atto costituivo, della deroga alla norma di legge, applicabile alla società a responsabilità limitata in via solo residuale (e cioè “se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente”), dettata dall’art. 2465, 3° comma, cod. civ., ai sensi della quale “il conferimento deve farsi in danaro”, e, infine, (v) all’avvenuto versamento dell’intero conferimento, come detto necessariamente in danaro, “all’organo amministrativo”, per quanto quest’ultima, più che una condizione, sembrerebbe potersi considerare un beneficio, consistente, in particolare, nella possibilità di evitare di effettuare il versamento “presso una banca”, come richiesto dal quarto comma dell’art. 2465 cod. civ. (nel qual caso anche quest’ultima modalità potrebbe ritenersi ammissibile), e dunque, può aggiungersi, (vi) alla mancata sostituzione del versamento in esame con la stipulazione di una delle garanzie previste dal comma da ultimo citato[16].
Esclusivo della società a responsabilità limitata semplificata è invece l’ulteriore beneficio, rappresentato dall’esonero dal diritto di bollo e di segreteria e dalla corresponsione degli onorari notarili, di cui al terzo comma dell’art. 3 del d.l. n. 1 del 2012: un beneficio, questo, che, da un lato, risulta subordinato alla presenza di condizioni aggiuntive, relative tanto (i) alla composizione della compagine sociale, che deve essere formata unicamente da una o più persone fisiche che, alla data della costituzione della società, non abbiano ancora compiuto i trentacinque anni di età, quanto (ii) al contenuto dell’atto costitutivo, e cioè alla circostanza che esso non preveda deroghe alla regola, anch’essa applicabile in via residuale alla società a responsabilità limitata, di cui all’art. 2475, 1° comma, cod. civ., ai sensi della quale “l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci” (deroghe invece ammesse nella società a responsabilità limitata a capitale ridotto: art. 44 cit., secondo comma), e, più in generale, risulti conforme “al modello standard tipizzato” (salvo precisare in cosa in concreto si risolva siffatta conformità: ma, come detto, di tale problema non si intende in questa sede trattare); e che, dall’altro, implica un limite (non già all’autonomia statutaria, ma) alla circolazione delle partecipazioni sociali, e dunque al potere di disporre (validamente) delle stesse, derivante, in particolare, dal divieto, previsto dal quarto comma dell’art. 2463-bis cod. civ., di cederle a soggetti sprovvisti dei “requisiti di età” necessari ai fini della sua costituzione, a pena di nullità del relativo atto[17]: senza che, si noti, la perdita sopravvenuta di tale requisito, conseguente al superamento di tale limite di età da parte di chi già assume la qualità di socio, assuma una qualche rilevanza[18], diversamente da quanto disponeva, come accennato, la versione originaria della disciplina[19].
Il mancato compimento dei trentacinque anni di età risulta dunque richiesto non solo ai soci fondatori, alla data della costituzione, ma anche agli acquirenti (o, meglio, cessionari) delle partecipazioni, al momento del suo trasferimento: e se quest’ultima circostanza vale a confermare l’impossibilità di esaurire la rilevanza della figura della società a responsabilità limitata semplificata in termini di disciplina della (sola) fase costitutiva, la prima induce a mettere in luce che lo specifico beneficio ad essa ricollegato risulta subordinato, tra l’altro, ad una condizione idonea a verificarsi esclusivamente in occasione della costituzione della società, allo stesso modo in cui, a ben vedere, è unicamente in questa sede che si realizza quel risparmio di spese, di bollo, di segreteria e di onorari notarili, nel quale siffatto beneficio si risolve[20], come del resto risulta dal terzo comma dell’art. 3 del d.l. n. del 2012, che riferisce l’esenzione da tali adempimenti all’“atto costitutivo” e all’“iscrizione nel registro delle imprese”.
4. (segue): la funzione
Tutto ciò, a sua volta, consente, passando all’esame della funzione delle figure in esame, e dunque della loro utilizzazione, di escludere, prima ancora della possibilità, l’utilità stessa del ricorso alla disciplina della società a responsabilità limitata semplificata in una fase diversa da quella costitutiva[21]: come peraltro emerge anche dalla già ricordata rubrica dell’art. 3 del d.l. n. 1 del 2012; una volta che tale fase risulti conclusa, l’unico beneficio ricavabile è, infatti, quello della riduzione del limite minimo del capitale, per ottenere il quale, tuttavia, la legge reputa, come detto, sufficiente la sussistenza delle “condizioni” che caratterizzano la disciplina della società a responsabilità limitata a capitale ridotto: non avendo allora senso affrontare il “costo”, aggiuntivo, derivante dall’esigenza di ottemperare alle ulteriori condizioni previste dalla disciplina della società a responsabilità limitata semplificata, quando ormai non ci si può più giovare dello specifico, ed ulteriore, beneficio ad esse ricollegato, vale a dire appunto della riduzione delle spese di costituzione[22].
Nulla, al contrario, sembra ostacolare la possibilità di avvalersi, beninteso in presenza delle richieste condizioni, della disciplina della società a responsabilità limitata a capitale ridotto anche successivamente alla costituzione della società[23], all’esito, a seconda dei casi, di una modificazione dell’atto costituivo di una preesistente società a responsabilità limitata (ordinaria, ma anche, come si dirà, semplificata), ovvero di una trasformazione di una società di altro tipo, tanto di persone, ad esempio al fine di evitare lo scioglimento ai sensi dell’art. 2272, n. 4, cod. civ. (la pluripersonalità non rientrando in vero, come detto, tra le condizioni richieste dalla disciplina di siffatte figure societarie), quanto per azioni, al fine, in particolare, di scongiurare le conseguenze che la legge ricollega all’emersione di perdite che, oltre a superare il terzo del capitale, lo abbiano ridotto al di sotto del rispettivo minimo legale: sempre che, deve precisarsi, il patrimonio netto raggiunga la misura di un euro, che in vero rappresenta pur sempre il minimo di capitale, per quanto assai esiguo, richiesto per la società a responsabilità limitata a capitale ridotto[24].
La legittimità della scelta di avvalersi della disciplina della società a responsabilità limitata a capitale ridotto come strumento idoneo a consentire la prosecuzione dell’attività, originariamente organizzata nella forma di (ordinaria) società a responsabilità limitata (o anche di società per azioni), a seguito dell’emersione di perdite particolarmente ingenti, non sembra in vero di per sé preclusa dalla circostanza che la previsione di siffatte figure sia dichiaratamente diretta ad agevolare l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali[25], presumibilmente destinate, in caso di successo, ad assumere la forma di ordinaria società a responsabilità limitata, a fronte di un aumento del capitale fino ad un ammontare almeno pari a diecimila euro[26]: ed anzi appare per certi versi coerente alle ragioni, per vero non del tutto chiare, che sembrerebbero aver giustificato l’introduzione, peraltro successiva, della disposizione di cui all’art. 182-sexies l. fall., che disapplica l’operatività della disciplina della riduzione obbligatoria del capitale per perdite a partire dal deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo ovvero di quella per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione.
Quanto si viene dicendo si presta, a sua volta, ad essere rafforzato alla luce della considerazione che della disciplina della società a responsabilità limitata a capitale ridotto ci si può in realtà avvalere anche nell’eventualità in cui i soci non abbiano ancora compiuto i trentacinque anni di età[27], e dunque, se del caso, pure all’esito di una modificazione dell’atto costitutivo di società a responsabilità limitata semplificata[28]: è vero, infatti, che il primo comma dell’art. 44 cit. sembra condizionare l’applicabilità della relativa disciplina alla circostanza che, alla data della costituzione, tutti i soci fondatori abbiano un’età superiore ai trentacinque anni, con una formula che, salvo il diverso, ed anzi alternativo, “requisito di età”, riprende letteralmente quella utilizzata dal primo comma dell’art. 2463-bis cod. civ. a proposito della società a responsabilità limitata semplificata; tuttavia, di là dal fatto che, interpretando letteralmente siffatte disposizioni, si finirebbe per giungere all’esito, in vero irragionevole, di precludere la possibilità di ottenere il beneficio della riduzione della misura minima legale del capitale alle società che presentino una compagine sociale “anagraficamente” mista (vale a dire nell’eventualità in cui ad avere compiuto i trentacinque anni di età siano solo taluni soci, ma non altri), è altrettanto vero che la possibilità che a costituire una società a responsabilità limitata a capitale ridotto siano (anche, o addirittura solo) soci che non hanno ancora compiuto trentacinque anni, oltre ad essere adombrata nella “salvezza” dell’art. 2463-bis cod. civ. operata dal primo comma del citato art. 44 (il significato della quale sembra presupporre una pur parziale sovrapponibilità delle due discipline, allora in contraddizione con la previsione di “requisiti di età” tra loro alternativi), risulta espressamente prevista nel comma 4-bis del medesimo art. 44, ove si prende in considerazione l’eventualità che a costituire una società a capitale ridotto siano “giovani di età inferiore a trentacinque anni”: il che, oltre a giustificare la mancata menzione dei “requisiti di età” tra le condizioni alle quali è ricollegato il beneficio, come detto comune ad entrambe le figure in esame, consistente nella riduzione della misura del minimo legale di capitale, consente di confermare l’impostazione tendente a ravvisare nella società a responsabilità limitata a capitale ridotto una disciplina che, per quanto derogatoria nei confronti di quella dell’ordinaria società a responsabilità limitata, si presenta come generale rispetto a quella della società a responsabilità limitata semplificata[29].
5. La soluzione
Sulla base di queste considerazioni appare possibile tentare di qualificare in positivo le figure in esame e di precisare il loro rapporto con quella della società a responsabilità limitata “ordinaria”: premesso, infatti, che non si tratta di autonomi tipi societari, la circostanza che le relative discipline appaiano volte a permettere ai soci di ottenere un trattamento (considerato come) di favore, ma solo in presenza di una serie di condizioni[30], induce a ravvisarvi non già sotto-tipi o varianti tipologiche della società a responsabilità limitata (espressioni, queste, in vero prive di un autentico significato tecnico, ed utilizzabili al più a fini meramente descrittivi), e nemmeno, come meglio si dirà, altrettanti sotto-sistemi normativi tipici, e cioè complessi organici di discipline formalmente assimilabili ai sistemi di amministrazione e controllo previsti in materia di società per azioni; quanto piuttosto, e più semplicemente, altrettante discipline eccezionali e derogatorie, rispetto, si noti, non già all’intero sistema di regole in cui articola la disciplina della società a responsabilità limitata, ma esclusivamente a quella specifica disposizione, dettata dall’art. 2463, 2° comma, n. 4, cod. civ., che fissa nella misura di diecimila euro il limite minimo del capitale nominale: come pure, ma limitatamente alla società a responsabilità limitata semplificata, alle regole, estranee alla disciplina societaria, che richiedono il pagamento dei diritti di bollo e di segreteria e la corresponsione dell’onorario al notaio.
Si consideri, in particolare, che i sistemi di amministrazione e controllo, e proprio in quanto veri e propri complessi normativi tipici[31], valgono, una volta adottati, ad introdurre ulteriori e specifici criteri di compatibilità, all’osservanza dei quali risulta subordinata la validità delle modificazioni statutarie[32], finendo dunque, e proprio per tale ragione, per incidere, riducendolo, sull’ambito di operatività dell’autonomia statutaria dei soci: i quali, in vero, non potranno limitarsi ad introdurre una regola incompatibile con il sistema attualmente in vigore, ma saranno tenuti a tal fine ad assumere una apposita deliberazione, per quanto pur sempre avente la forma di una “ordinaria” modificazione statutaria[33], diretta ad abbandonarlo e ad adottarne uno diverso, rispetto al quale la nuova regola risulti conforme.
Al contrario, la connotazione eccezionale e derogatoria delle discipline in esame, che la legge pur indica come altrettante figure di società, avvalendosi di un’ipostasi in chiave soggettiva (come avrebbe potuto fare, ad esempio, riferendosi alla disciplina del bilancio in forma abbreviata in termini di “società abbreviate”), non impedisce ai soci di inserire, attraverso una “ordinaria” modificazione dell’atto costitutivo[34], integralmente soggetta cioè alla relativa disciplina (e non anche a quella della trasformazione, che in vero non risulta in tal caso applicabile nemmeno in via analogica), regole che, per quanto incompatibili con il loro contenuto, devono ritenersi perfettamente legittime: salvo con ciò perdere, o non essere in grado di ottenere, quei benefici che la legge mostra appunto di subordinare al rispetto di determinate condizioni; né, del resto, la circostanza che alcune di esse si risolvano nella previsione, o nella mancata previsione, di specifiche clausole dell’atto costitutivo sembra potersi ritenere di per sé sufficiente a ricollegare alle discipline in esame una qualche limitazione dell’ambito di operatività dell’autonomia statutaria: per la ragione, decisiva, che il mancato rispetto di tali condizioni, lungi dal riflettersi sulla validità delle corrispondenti deliberazioni, vale pur sempre, e soltanto, a precludere ai soci la possibilità di conseguire i relativi benefici.
[1] Sulla quale risulta in vero sufficiente rinviare a M. Cian, S.r.l., s.r.l. semplificata, s.r.l. a capitale ridotto. Una nuova geometria del sistema o un sistema disarticolato?, in Riv. soc., 2012, da p. 1101, pp. 1112 ss., e a M. Rescigno, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata (art. 2463 bis c.c; art. 44 d.l. n. 83/12; d.m. giustizia 23 giugno 2012, n. 138), in Nuove Leggi Civili Commentate, 2013, da p. 65, pp. 75 ss., testo e nota 27.
[2] Sul punto, v. M. Cian, op. cit., pp. 1102 s.
[3] Del tutto analogamente a quanto accade nell’ipotesi in cui si intendano adottare regole incompatibili anche rispetto alla disciplina della società a responsabilità limitata, ma conformi ad un tipo diverso, al qual fine risulta in vero inevitabile ricorrere alla trasformazione (sempre che essa risulti in concreto ammissibile): e v., in argomento, M. Cian, op. cit., p. 1110.
[4] E v., sul punto, M. Rescigno, op. cit., p. 68.
[5] In questo senso, v. P. Spada, La tipologia delle società tra volontà e nomenclatura, in Scritti in onore di Angelo Falzea, Vol. II, t. 2, Diritto privato (M-Z), Milano, 1991, da p. 911, pp. 921 ss.; Id., Dalla trasformazione delle società alle trasformazioni degli enti ed oltre, in Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, Vol. III, Diritto commerciale, Società, tomo III, Milano, 2005, da p. 3879, pp. 3889 ss., Id., Due aggettivi per cinque vicende (ancora a proposito della trasformazione), in Studi in onore di Pier Giusto Jaeger, Milano, 2011, da p. 617, pp. 621 s., P. Spada-M. Sciuto, Il tipo della società per azioni, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Vol. 1, Tomo I, Tipo – Costituzione – Nullità, Torino, 2004, da p. 3, pp. 7 ss. (versione rielaborata e aggiornata di P. Spada, Dalla nozione al tipo della società per azioni, in Riv. dir. civ., 1985, I, da p. 95), e M. Maltoni-P. Spada, L’impresa start up innovativa costituita in società a responsabilità limitata, Iuris responsa, par. 3 del manoscritto.
[6] E v., ancora, P. Spada-M. Sciuto, op. cit., pp. 17 s., come pure, con specifico riguardo alla società a responsabilità limitata, M. Rossi, La revoca degli amministratori di s.r.l., Milano, 2012, pp. 99 ss.
[7] E v., infatti, M. Rescigno, op. cit., p. 68.
[8] E v., infatti, M. Cian, op. cit., p. 1105, testo e nota 7.
[9] In questo senso, v. M. Cian, op. cit., pp. 1104 s., e M. Rescigno, op. cit., pp. 68 ss.
[10] E v., infatti, M. Cian, op. cit., p. 1105, e M. Rescigno, op. cit., pp. 68 s.
[11] Sul punto v., per tutti, P. Spada, Classi e tipi di società dopo la riforma organica (guardando alla “nuova” società a responsabilità limitata), in Riv. dir. civ., 2003, I, da p. 489, pp. 496 ss., e M. Rossi, op. cit., pp. 99 ss. e 114 ss.
[12] Diversamente da quanto, almeno apparentemente, potrebbe dirsi a proposito della c.d. start up innovativa (di cui al d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221) in forma di società a responsabilità limitata: e v., sul punto, M. Maltoni-P. Spada, op. cit., par. 3.
[13] E v., in argomento, M. Rossi, op. cit., pp. 114 ss. e 119 ss.
[14] E v., infatti, M. Rescigno, op. cit., pp. 69 e 72.
[15] Sul punto, M. Rescigno, op. cit., pp. 72 s.
[16] In questo senso, v. M. Rescigno, op. cit., p. 73, testo e nota 22.
[17] Sul punto v., diffusamente, M. Cian, op. cit., pp. 1118 ss., e M. Rescigno, op. cit., pp. 78 s., testo e nota 31, il quale affronta altresì il problema, comune alle due figure, e non risolto espressamente dalla legge, della cessione delle partecipazioni a soggetti diversi dalle persone fisiche (ivi, pp. 74 s., testo e nota 26).
[18] E v., in argomento, M. Rescigno, op. cit., pp. 70 s. e 79, nota 32.
[19] E v., infatti, M. Cian, op. cit., pp. 1116 ss.
[20] E v., nel medesimo senso, M. Rescigno, op. cit., p. 77, nota 27.
[21] In questo senso, v. M. Cian, op. cit., p. 1107 s., testo e nota 14, e M. Rescigno, op. cit., pp. 69 e 71 s.
[22] E v., sul punto, M. Rescigno, op. cit., p. 71, nota 18.
[23] In senso diverso, v. M. Rescigno, op. cit., pp. 69 ss., spec. 71 ss., testo a nota 19, ove ultt. citt., come pure, sostanzialmente, M. Cian, op. cit., pp. 1109 ss.
[24] E v. M. Cian, op. cit., pp. 1122 s., testo e nota 54, e M. Rescigno, op. cit., pp. 79 ss., testo e nota 35, ove ultt. citt.
[25] Sul punto, v. M. Rescigno, op. cit., pp. 65 e 70.
[26] E v., infatti, M. Rescigno, op. cit., pp. 69 s., testo e nota 16.
[27] Nello stesso senso, v. M. Cian, op. cit., pp. 1106, 1110 e 1116, e M. Rescigno, op. cit., pp. 65 s., testo e nota 3, ove ultt. citt., e 74.
[28] A questo specifico riguardo, v., in particolare, M. Cian, op. cit., p. 1108 s., testo e nota 16.
[29] E v., infatti, M. Rescigno, op. cit., pp. 66 e 72.
[30] Analoga configurazione è stata del resto riconosciuta alla disciplina delle c.d. imprese start up innovative da M. Maltoni-P. Spada, op. cit., par. 1, i quali peraltro sottolineano come “la qualità di impresa start up innovativa s.r.l.” risulti senz’altro “compatibile” con la figura della società a responsabilità limitata a capitale ridotto, non anche, almeno di regola, con quella semplificata (ivi, par. 4.2): in ordine a quest’ultimo profilo, v. altresì M. Rescigno, op. cit., pp. 80 s.
[31] In questo senso, v., diffusamente, V. Cariello, Il sistema dualistico, Torino, 2012, pp. 122 ss., ove un’approfondita analisi sul significato sistematico, sulle conseguenze operative e sulle possibili accezioni che la tipicità presenta in relazione, in particolare, al sistema dualistico.
[32] E v., infatti, V. Cariello, op. cit., pp. 123 s.
[33] Lo precisa V. Cariello, op. cit., pp. 155 ss., spec. 157 s., testo e nota 17, ove ultt. citt.
[34] E v. M. Rescigno, op. cit., pp. 69 s., testo e nota 17, il quale in particolare esclude la possibilità di riconoscere al socio il diritto di recesso.
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