ESTRATTI NOTARILI DA LIBRI CONTABILI TENUTI CON MEZZI INFORMATICI
ESTRATTI NOTARILI DA LIBRI CONTABILI TENUTI CON MEZZI INFORMATICI
di Gea Arcella, Ugo Bechini e Raimondo Zagami
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 1-2006/IG
Pubblicato in Studi e Materiali, 2/2006, 1745
ABSTRACT: Non possono allo stato realizzarsi estratti propriamente detti di scritture contabili tenute in forma informatica, mancando ancora parte delle apposite norme tecniche sulla tenuta di tali scritture. L’operazione, una volta resa possibile, richiederà l’osservanza di molteplici cautele e precauzioni, anche sul piano tecnico-informatico, per le quali il notaio potrà verosimilmente farsi assistere da un esperto. In attesa di tale evoluzione, i dati conservati in forma elettronica appaiono assimilabili a quelli desumibili da scritture non vidimate, con analoghe conseguenze sul piano dell'operatività notarile.
Il presente studio nasce da un quesito posto da un collega che ha offerto lo spunto per un più ampio approfondimento della materia.
A – Una premessa di metodo
Legislazione e dottrina che si sono occupate della documentazione informatica hanno fatto sin qui generalizzato ricorso all’accostamento delle nuove tecniche ai rispettivi antecedenti cartacei. L’esempio più evidente è rappresentato dalla firma digitale, normativamente equiparata tout court alla sottoscrizione autografa.
Tale approccio ha avuto meriti indiscutibili ma mostra oggi, irreversibilmente, i suoi limiti. Ad ogni tentativo di approfondimento, la metafora cartacea si rivela, infatti, inutile quando non ingannevole. Per riprendere un esempio ormai più che noto, affermare che la firma digitale dei notai è (per rescriptum principis) l’equivalente di firma e sigillo, finisce con l’occultare alcune realtà di non poco momento: ad esempio, che la firma digitale può essere impiegata per sottoscrivere una normale copia autentica, ma non anche una copia in forma esecutiva, neppure se da utilizzarsi nell’ambito del neonato processo telematico. (1)
Nell’affrontare il problema proposto, così come tutti gli altri che la pratica non tarderà a sottoporre alla nostra attenzione, occorre dunque un approccio critico e vigilato. La semplice trasposizione in campo digitale delle categorie giuridiche e culturali che ci sono familiari conduce di frequente a risultati del tutto inutilizzabili. Si tratta, piuttosto, di ricostruire la disciplina applicabile attraverso un dialogo interpretativo attento, mai scontato, tra il tessuto normativo esistente e la peculiare (e spesso inusitata) morfologia delle figure che la nuova tecnologia ci offre.
B – Le scritture contabili su carta
Le scritture contabili rappresentano una particolarità nel nostro ordinamento in quanto costituiscono un esempio di documento scritto ma non sottoscritto, dotato di un suo valore probatorio specifico.
Quando ci si riferisce al documento scritto, infatti, si tende a dare talora per scontata una sua caratteristica, la sottoscrizione da parte del suo autore, che invece è propria della sola scrittura privata, rispetto alla quale il requisito della firma autografa fonda il suo valore probatorio. (2)
Nel sistema originario del codice civile (3) la mancanza, tipica della scrittura contabile, di una sottoscrizione e, quindi, di una chiara imputabilità ad un determinato soggetto, veniva surrogata attraverso la preventiva vidimazione (4) del supporto-libro, consistente nella sua numerazione e bollatura in ogni foglio da parte dell'Ufficio del registro delle imprese o di un notaio. Ciò garantiva, da un lato, la riferibilità del libro ad un certo imprenditore, individuale o societario, e dall'altro, l'immodificabilità dei dati, che una volta riportati su carta divenivano definitivi per il semplice fatto di essere contenuti in un supporto preventivamente validato e riportati in esso secondo le regole di una ordinata contabilità. (5) Risultava, dunque, sostanzialmente irrilevante l'identificazione dell'autore materiale delle annotazioni contabili. La vidimazione tradizionale assolve pertanto alla doppia funzione di tutelare l’identità del libro e di impedire la sua sostituzione in tutto o in parte, costituendo il presupposto per il valore probatorio delle scritture contabili. (6) Altre norme di carattere fiscale, ora abolite, attraverso la vidimazione annuale assicuravano se non una data certa della singola annotazione, per lo meno la riferibilità delle scritture ad un determinato intervallo temporale.
C - L'estratto nel contesto tradizionale
Nel quadro di riferimento appena tratteggiato, l'estratto - tradizionalmente inteso quale copia parziale teleologicamente orientata (7) che fa fede solo della parte di documento esplicitamente riprodotto (8) - se relativo alle scritture contabili, poteva basarsi su un materiale certo, chiaramente riferibile ad un determinato soggetto, i cui requisiti estrinseci di regolarità erano facilmente verificabili e, quindi, certificabili dal pubblico ufficiale. (9)
Infatti, nonostante l’art. 634 c.p.c. (10) - che disciplina la prova scritta nel procedimento di ingiunzione - diversamente dal successivo art. 635, non preveda espressamente l’attestazione da parte del notaio della regolare tenuta delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e ss. c.c., ma semplicemente la produzione di un estratto “autentico”, era comunque usuale che il notaio facesse menzione nell’estratto della regolare tenuta della scrittura, (11) limitandosi peraltro ad un controllo formale di tale regolarità legato all’esistenza dei contrassegni di validità della stessa (numerazione, bollatura e vidimazione) ed al rispetto di quanto previsto dall’art. 2219 c.c.: tenuta senza spazi in bianco, apparenti segni di cancellature, trasporti in margine, o correzioni poco chiare. (12)
Su questo punto persiste una notevole incertezza, non essendo ben chiaro se il notaio sia imperativamente tenuto ad eseguire un siffatto controllo (ovviamente estrinseco) della regolarità del libro contabile o fiscale, prima di rilasciarne un estratto. (13) Secondo gli studi del CNN che si sono occupati del problema (studio n. 118/1987 e studio n. 3804/2002), sulla scorta delle pronunce giurisprudenziali, pare alquanto difficile sostenere che il notaio nel rilasciare un estratto finalizzato all'ottenimento di un decreto ingiuntivo, possa sottrarsi all'obbligo di apporre un attestazione circa la regolare tenuta (formalmente intesa) del libro intero e non solo della parte cui si riferisce l'estratto.
La peculiare natura, sopra posta messa in evidenza, della scrittura contabile, documento scritto ma non sottoscritto, comporta che non le sono direttamente applicabili le norme sulle copie dettate dal codice civile agli artt. 2714 e ss., le quali testualmente si riferiscono ad atti pubblici o a scritture private di cui il pubblico ufficiale conserva il deposito, (14) né è rinvenibile nel codice civile alcuna norma espressa sulle copie di tali documenti. (15)
Secondo il legislatore del 1942, infatti, la modalità di ingresso nel processo delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione è la loro comunicazione o esibizione al giudice (articolo 2711 c.c.), il che presuppone che le stesse siano sottoposte alla cognizione dell’autorità giudiziaria nella loro interezza ed in originale. Anche quando all’articolo 2711, secondo comma, cit. è prevista l’estrazione solo di alcune registrazioni, la stessa è comunque effettuata previa l’esibizione completa del libro contabile, ed è unicamente il giudice che, su istanza di parte, può disporre che siano prodotti estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto che lo assista (articolo 212 c.p.c.): in tal caso l'esibizione completa del libro va fatta al notaio che agisce quale delegato del giudice.
Solo eccezionalmente ed ai limitati fini del processo monitorio, gli estratti volontariamente prodotti dalla parte assumono ai sensi del citato art. 634 c.p.c. il valore di prova scritta a favore dell’imprenditore: siamo però nell’ambito di un procedimento sommario e non a cognizione piena. Tale differenziazione comporta che, se non è certamente vietato rilasciare copie, totali o parziali, delle scritture contabili prescindendo da un apposito incarico dell’autorità giudiziaria, il loro valore probatorio, fuori dal procedimento per il rilascio del decreto ingiuntivo, non è equiparabile a quello di una copia o di un estratto di un documento sottoscritto, tanto che la stessa giurisprudenza (16) ha affermato la loro irrilevanza nel giudizio ordinario. Mancherebbe, al di fuori di quanto esplicitamente previsto dal codice di rito (artt. 212 e 634 cit.), non solo quell’effetto “specchio” relativo al valore probatorio della copia rispetto all’originale depositato, ma finanche quel limitato valore riconosciuto dall’art. 2717 c.c. a tutte le altre copie. (17)
Elemento qualificante in questo caso è l’esibizione al pubblico ufficiale del libro o della scrittura contabile da riprodurre per estratto: senza questo requisito, infatti, per il notaio sarà impossibile qualsiasi tipo di comparazione, (18) essenziale al fine di poter rendere la dichiarazione di autenticità. (19)
D – Gli estratti da libri non vidimati
La modifica dell’articolo 2215 del codice civile, ad opera della legge n. 383/2001, ha fatto cadere il coordinamento tra le disposizioni intorno al valore probatorio delle scritture contabili (articoli 2710 c.c. e 634 c.p.c.) e quelle sostanziali che disciplinano le modalità di tenuta delle scritture. Laddove l'imprenditore non faccia luogo alla vidimazione (ora) facoltativa, cadono le (sia pur relative) garanzie di immodificabilità evidenziate al paragrafo “B”. E se, come s'è tentato di dimostrare sopra, lo status giuridico dell'estratto tradizionale scaturisce dall'intrinseca affidabilità del materiale da cui è ricavato, ne discende che l'estrazione di dati da scritture tenute in forma libera non può condurre (indipendentemente dalla terminologia cui si preferisca ricorrere) ad un prodotto paragonabile per pregio intrinseco all'estratto tradizionale. In tal senso gli studi CNN sul punto. (20)
E – Le disposizioni “ad hoc” in tema di scritture tenute con mezzi informatici
Una disciplina relativa alla tenuta e conservazione delle scritture contabili in forma elettronica è rinvenibile nel Decreto del ministero dell’economia e delle finanze 23 gennaio 2004, emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 10, comma 6, del d.p.r. n. 445/2000 (oggi art. 21, comma 5, d.lgs. n. 82/2005). (21) Tale decreto è espressamente applicabile alla formazione ed alla conservazione di tutti, senza esclusione, i documenti rilevanti a fini tributari, salvo quelli relativi ad imposte di competenza dell’agenzia delle dogane (art. 2, comma 2). In pratica, si applica alle scritture contabili, come il libro giornale ed il libro degli inventari, nonché alle altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa, alle fatture, alle lettere ed ai telegrammi ricevuti ed alle copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti (articoli 2214-2220 c.c.). Viene consentita e disciplinata sia la diretta emissione e tenuta in forma informatica dei documenti fiscali (senza passare per il cartaceo), sia la conservazione informatica di documenti originariamente cartacei (conversione dell’archivio).
Sono invece esplicitamente fuori da questa disciplina i libri sociali obbligatori, attualmente ancora soggetti a vidimazione iniziale: essa, intesa come sottoscrizione preventiva di un insieme di pagine, è incompatibile con la tenuta informatica del libro, in primis perché l'oggetto della vidimazione è il supporto, irrilevante per l'attuale legislazione sul documento informatico; (22) e poi, perché, allo stato attuale della tecnologia, è impossibile validare ex ante un determinato documento informatico ancora privo di contenuto mediante l’apposizione della firma digitale, quest’ultima lo renderebbe immodificabile impedendo qualsiasi tipo di scritturazione successiva. (23)
La scrittura contabile formata e conservata in forma informatica, secondo le modalità previste dal sopra citato decreto e secondo le procedure della più generale deliberazione CNIPA n. 11/2004 in tema di conservazione dei documenti in forma informatica, consiste in un file (documento informatico), munito di sottoscrizione elettronica e di marcatura temporale, apposte entrambe da parte del cosiddetto responsabile della conservazione (art. 3). Non è normalmente richiesta l’apposizione della sottoscrizione elettronica di un pubblico ufficiale, salvo nel caso si tratti della conservazione di documenti cosiddetti “analogici originali” (articolo 4), come ad es. i documenti cartacei che non costituiscono copia di altri documenti cartacei. Il processo di conservazione (sottoscrizione da parte del responsabile della conservazione ed apposizione della marcatura temporale) è prescritto che venga compiuto con cadenza almeno quindicinale per le fatture, ed almeno annuale per gli altri documenti (articolo 3, comma 2).
Il processo di conservazione non si conclude però con l'apposizione della sottoscrizione elettronica e della marcatura temporale da parte del responsabile della conservazione. Il decreto prescrive che "il soggetto interessato o il responsabile della conservazione, ove designato, al fine di estendere la validità dei documenti informatici trasmette alle competenti agenzie fiscali, l'impronta dell'archivio informatico oggetto della conservazione, la relativa sottoscrizione elettronica e la marca temporale"; tale trasmissione deve avvenire, periodicamente, "entro il mese successivo alla scadenza dei termini stabiliti dal d.p.r. n. 322/1998, per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto" (articolo 5, comma 1). La trasmissione di tali dati all'amministrazione finanziaria non realizza soltanto lo scopo dichiarato di estendere nel tempo la validità dei documenti a fini fiscali, bensì concretizza una sorta di "vidimazione annuale" degli stessi, cristallizzandone il contenuto ed impedendo che, avvenuta la trasmissione telematica, i registri e le fatture possano poi essere modificati nel loro contenuto. Gli ulteriori dati ed elementi identificativi da comunicare unitamente a quelli prima indicati, saranno stabiliti con provvedimento delle agenzie fiscali (articolo 5, comma 2), le quali rendono disponibile per via telematica la ricevuta della comunicazione effettuata ed il relativo numero di protocollo (articolo 5, comma 3).
Attualmente, questa ulteriore disciplina non è stata ancora emanata, e mancano ancora talune regole tecniche che rendano effettiva la possibilità di esibizione delle scritture per via telematica. (24)
Il decreto citato stabilisce, inoltre, all'art. 3 comma 1, che i documenti informatici rilevanti ai fini tributari:
a) hanno la forma di documenti statici non modificabili; (25)
b) sono emessi, al fine di garantirne l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, con l’apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica; (26)
c) sono esibiti secondo le modalità di cui all’art. 6;
d) sono memorizzati su qualsiasi supporto di cui sia garantita la leggibilità nel tempo, purché sia assicurato l’ordine cronologico e non vi sia soluzione di continuità per ciascun periodo d’imposta; inoltre, devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita Iva, alla data o associazioni logiche di questi ultimi. (27)
E', pertanto, necessario che il formato in cui vengano conservati i dati contabili sia standard, ovvero sia tale da mettere in condizione chiunque di verificare le scritture come previsto dall'art. 6 del decreto appena citato. (28) Spesso, infatti, la contabilità aziendale viene tenuta con speciali programmi che utilizzano formati proprietari per la memorizzazione dei dati in un data base, mentre è solo al momento della stampa che il libro viene creato in un normale formato interoperabile (normalmente txt o in pdf); prima di tale operazione, dunque, il contenuto del libro contabile può essere visualizzato e controllato solo se si dispone di quel particolare software: in caso contrario il file non può nemmeno essere aperto, il che renderebbe impossibile ogni operazione di controllo indipendente.
Tale disciplina appare comunque al momento ancora inattuabile in difetto dell'emissione delle norme tecniche cui si è fatto cenno: si veda sul punto al paragrafo successivo.
Una speciale attenzione va riservata all'articolo 39 del Codice dell'amministrazione digitale (d.lgs. 5 marzo 2005, n. 82, in G.U. n. 112 del 16-5-2005 - suppl. ordinario n. 93), secondo cui “i libri, i repertori e le scritture, ivi compresi quelli previsti dalla legge sull'ordinamento del notariato e degli archivi notarili, di cui sia obbligatoria la tenuta possono essere formati e conservati su supporti informatici in conformità alle disposizioni del presente codice e secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71”. La norma non costituisce una novità del testo del 2005, giacché corrisponde sostanzialmente all'articolo 15 del d.p.r. n. 513/1997, cui fece seguito l'analogo articolo 13 del d.p.r. n. 445/2000. Non si tratta di una previsione circoscritta all'ambito fiscale, ma di portata generale; investe ogni tipologia di scrittura (sino al repertorio notarile!) sotto ogni profilo di rilevanza giuridica: civile, commerciale, tributaria, amministrativa. Siamo, quindi, dinanzi ad una disposizione che ha un ruolo di assoluta centralità sul piano sistematico. Alle stesse regole tecniche dell'art. 71, rinvia anche l'art. 43, comma 1, del sopra citato Codice dell'amministrazione digitale, espressamente disciplinante, tra l'altro, proprio la conservazione delle scritture contabili. (29)
L'inesistenza delle norme tecniche d'attuazione non consente, allo stato, di farne concreta applicazione. La situazione di stallo operativo non impedisce però di rilevare l'anomalia del quadro complessivo che viene così a comporsi. In particolare, si rinforzano le perplessità intorno alle disposizioni fiscali sopra esaminate e che, a fronte di una delega circoscritta alla sola materia tributaria, (30) si sono spinte a disciplinare la tecnica di tenuta dei libri; per tale incursione fuori dal territorio di stretta pertinenza non può infatti neppure invocarsi l'attenuante della necessità di colmare un vuoto normativo. (31)
Sul piano pratico, poi, è quasi superfluo rilevare come una normativa di carattere generale de iure condendo, in applicazione del Codice dell'amministrazione digitale, (32) sarebbe punto di riferimento assai più solido della produzione fiscale. Non che questa sia del tutto irrilevante nella nostra materia: l'articolo 634 c.p.c. prevede anzi, sin dalla sua stesura originaria del 1942, che siano utilizzabili ai fini del procedimento di ingiunzione gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie. A nessuno sfugge, però, quanto rischi di risultare insoddisfacente la meccanica trasposizione in campo civilistico di logiche e modelli (nel nostro caso non solo giuridici, ma pure tecnologici ed infrastrutturali!) pensati in rapporto alle sole esigenze di carattere fiscale.
F – Il ruolo delle norme tecniche
Si è apoditticamente affermata, nel paragrafo precedente, l'inapplicabilità delle norme dettate in materia di scritture tenute con strumenti informatici a cagione della perdurante assenza delle relative norme tecniche. Tale posizione potrebbe apparire di scarso o nullo spessore giuridico, e certamente lo sarebbe se riferita al documento tradizionale; ma in campo giusinformatico le cose stanno in termini nettamente diversi.
Gli strumenti informatici pongono dei problemi del tutto nuovi al giurista; ad esempio la scelta di utilizzare una tecnologia piuttosto che un'altra non è neutra per l'utilizzatore: non solo comporta a volte l'impiego di risorse economiche non indifferenti, ma in ogni caso impone il ricorso a mezzi tecnici che (a differenza della penna e della carta) non possono dirsi di comune dominio. Ulteriori problemi derivano dall'evoluzione della tecnologia, sia in ragione del suo continuo perfezionamento, sia in relazione alla necessità di monitorare e correggere le disfunzioni che via via si presentano. Spesso poi ci si trova dinanzi a tecnologie proprietarie (appartenenti cioè ad una determinata azienda), onde il dialogo tra sistemi di soggetti diversi pone problemi di interoperabilità.
La normativa tecnica ha innanzi tutto il compito di individuare in concreto quali siano, allo stato dell'arte, gli effettivi mezzi utilizzabili per raggiungere un determinato risultato, fissandone contemporaneamente i requisiti in termini generali affinché l'utente possa scegliere, tra più prodotti che forniscono il medesimo risultato, quello che più ritiene confacente alle sue esigenze, e perché i vari fornitori di tecnologia sappiano a quali standard tecnici devono uniformarsi al fine di garantire l'interoperabilità dei loro sistemi. Ne deriva che la mancanza delle regole tecniche rende di fatto inapplicabile la normativa generale, che non possiede alcun grado di autosufficienza, ma deve essere riempita con le dovute prescrizioni in ordine alle tecnologie ed agli standard utilizzabili tempo per tempo.
Tutto ciò ha peraltro riscontro nella quotidiana esperienza di ogni utilizzatore di computer. Se uno scritto su carta è direttamente leggibile, chi riceve un file in un formato che non conosce, e non dispone del corrispondente software, non è in grado di prendere in alcun modo conoscenza del contenuto del file stesso. Egli si trova dinanzi ad una semplice sequenza di bit senza poter dire se questa contenga un'immagine, la copia autentica di un atto notarile od un brano musicale. Solo la disponibilità di un apposito software, che sappia decifrare la struttura (puramente convenzionale) del file, consente di accedere al contenuto.
Non si può dunque condividere l'affermazione secondo cui il documento informatico può assumere il preciso valore giuridico che gli attribuisce la legge italiana anche in assenza delle apposite disposizioni tecniche, giacché si tratterebbe di attribuire obiettivo valore giuridico a materiale di cui non è garantita l'accessibilità e verificabilità secondo regole e standard predeterminati. Anche il venerabile Code Civil ha adottato un'analoga soluzione, rinviando a determinati fini alle conditions fixées par décret en Conseil d'Etat (articolo 1316-4).
G – La normativa del 1994
La possibilità di gestire i registri contabili a mezzo di sistemi informatici e meccanografici risale all’art. 7, comma 4 ter del d.l. n. 357/1994, poi convertito con la legge n. 489/1994. A mente di tale disposizione (33) la tenuta delle scritture contabili con tali sistemi è ritenuta regolare (testualmente: “a tutti gli effetti di legge”) anche quando i dati sono aggiornati entro 60 giorni dalla loro manifestazione solo su supporto magnetico, senza la relativa trascrizione su carta, a condizione che la mancata trascrizione riguardi esclusivamente l’esercizio per il quale non siano ancora scaduti i termini per le relative dichiarazioni annuali e sia possibile in qualsiasi momento trascrivere su carta i dati memorizzati nel sistema informatico. (34)
Tale disposizione va inoltre coordinata con quella dell’art. 22 del d.p.r. n. 600/1973 che prevede la numerazione progressiva di tutte le scritture contabili (ad eccezione di quelle di magazzino) per ciascun anno, con l’indicazione pagina per pagina dell’anno di riferimento, non di quello su cui si effettua la stampa. Tale numerazione, in seguito alle varie normative di semplificazione, deve essere effettuata direttamente dal contribuente. (35) Va, infine, tenuto presente il disposto dell’articolo 2219 del codice civile, che prescrive come debba essere tenuta la contabilità. (36)
Ad una superficiale analisi, si potrebbe essere tentati di affermare che, essendo tale tenuta regolare a tutti gli effetti di legge, da tali “scritture” si possano ricavare estratti con lo stesso valore probatorio di quelli tradizionali. Ma così opinando si dimenticherebbe che l'estratto di cui all'articolo 634 c.p.c. gode di un suo peculiare status giuridico in quanto ricavato da scritture che presentano determinate garanzie di provenienza ed immodificabilità, qualità che difettano del tutto in una registrazione su supporto informatico. Non è un caso che il d.m. 23 gennaio 2004, di cui si è discorso al paragrafo “E”, preveda sia l'apposizione della marcatura temporale che la trasmissione all'amministrazione fiscale dell'hash (impronta) del documento. L'obiettivo evidente è quello di impedire manipolazioni successive: di ricreare, cioè, anche in campo informatico, una delle caratteristiche proprie del libro vidimato e che il file informatico, di per sé, non possiede.
Non pare dubbia la possibilità, invece, di ricavare da tali scritture copie parziali od integrali, alla medesima stregua di quanto accade per le scritture su libri non vidimati (paragrafo “D”), che presentano a conti fatti un profilo del tutto assimilabile. (37) Se la normativa codicistica in materia di copie fa riferimento al soggetto depositario pubblico e l’efficacia probatoria deriva palesemente dal deposito dell’originale presso il medesimo, nulla esclude che, in forza di legge speciale, l’efficacia probatoria possa essere determinata in modo diverso, (38) prescindendo dal deposito: il principale punto riferimento è l’articolo 1 del r.d.l. n. 1666/1937, che concede al notaio la facoltà di rilasciare copie ed estratti di documenti a lui “esibiti”, e non necessariamente depositati. Elemento qualificante in questo caso è l’esibizione al pubblico ufficiale del documento originale da riprodurre integralmente o parzialmente; senza tale presupposto, infatti, per il notaio sarà impossibile qualsiasi tipo di comparazione.
Si dovrà sempre tenere ben distinto il valore probatorio della dichiarazione notarile, che avrà comunque valore di atto pubblico, e quello dell’atto parzialmente riprodotto, che sarà quello del documento originale esibito al notaio. Ne discende, sul piano operativo, che l’opera del notaio dovrà sempre adottare modalità tali da rendere palese al giudice (od altro fruitore del documento prodotto dal notaio) la natura e le caratteristiche della documentazione da cui la copia è ricavata. Sarebbe assai pericoloso, per ragioni su cui è certo superfluo qui insistere, che l’intervento notarile induca il fruitore ad erroneamente attribuire alle informazioni contenute nella copia uno status poziore rispetto a quello proprio della documentazione originale.
H - Le scritture contabili e la scrittura privata
La nostra materia è stata altresì interessata da una sorta di deriva concettuale e normativa. (39) Diverse disposizioni, ed in particolare alcune norme fiscali fin qui prese in esame, tendono a trasformare ogni tipologia di documento contabile in altrettante scritture private (40) richiedendo sempre e comunque una sottoscrizione purchessia, semplice (41) o qualificata. Il legislatore non pare, dunque, essere ancora riuscito ad enucleare all'interno della disciplina della firma elettronica la funzione di imputabilità ad un determinato soggetto del dato (entity authentication) da quella della sua validazione ed immodificabilità (data authentication). (42) Neppure nell'attuale Codice dell'amministrazione digitale risultano ben individuati i requisiti di validità del documento semplicemente scritto rispetto a quello scritto e sottoscritto: manca dunque una differenziazione che deve invece essere mantenuta nel mondo digitale così come esiste nel mondo dei documenti cartacei. (43) Esempio lampante sono proprio i libri contabili ed i documenti fiscali in genere come le fatture: a rigore, infatti, per essi basterebbe la semplice validazione dei dati, ma di fatto le norme (44) chiedono una "firma",(45) sia pure non del rappresentante legale ma del responsabile della conservazione.
Se sotto questo profilo la firma è, dunque, strumento che eccede le esigenze sistematiche, nel contempo è per altro verso insufficiente, in quanto la firma, isolatamente considerata (senza cioè l'ausilio di tecniche quali la trasmissione dell'hash ad un soggetto terzo od il timestamping), non è idonea a garantire la non sostituibilità del documento.
Cionondimeno si è affermato da alcuni commentatori che le scritture contabili possono già essere tenute informaticamente con le norme attuali, trasformando però un documento semplicemente scritto ai sensi del codice civile in una scrittura privata informatica vera e propria. Ma se si volesse seguire coerentemente questa strada occorrerebbe pure farsi carico fino in fondo del fatto che se tale scrittura deve essere imputabile ad un determinato imprenditore e non al suo mero sottoscrittore, dovranno essere rispettate le norme sulla rappresentanza commerciale, individuale o collettiva, (46) e che il documento informatico dovrà dar conto in qualche modo di tale rapporto di preposizione. (47)
Forse, de iure condendo, una differenziazione tra la forma scritta richiesta per i documenti fiscali e le scritture contabili e la scrittura privata potrebbe essere preservata nell'ambito dei documenti informatici valorizzando la possibilità dell'apposizione della firma in maniera automatica prevista dall'art. 35, comma 3 del d.lgs. 82/2005. Tale figura, già disciplinata dall'attuale normativa, possiede un'evidente differenza rispetto alla sottoscrizione apposta volontariamente da una persona fisica sul singolo documento: il discrimen consiste appunto nel fatto che la firma con valore di dichiarazione privata richiede una volontà consapevole nella sua apposizione, mentre i sistemi di validazione automatica dei dati, riferendosi a documenti in serie o che comunque non contengono dichiarazioni negoziali, richiedono solo un volontario avvio del procedimento da parte di un soggetto cui sono attribuite determinate mansioni – come potrebbe essere il responsabile della conservazione - e possono trovare compimento anche senza una volontà precisamente riferibile ad ogni documento o file.
Sistemi di tal fatta potrebbero, dunque, ben attagliarsi alla nostra materia in cui ciò che è giuridicamente rilevante è la riferibilità del dato genericamente all'impresa e la sua immodificabilità. Resta comunque il fatto, più volte sottolineato in queste righe, che da un materiale documentale che non presenti ragionevoli garanzie di immodificabiltà non potrà di conseguenza trarsi alcun estratto, nel senso almeno che tale termine ha nel contesto dell'articolo 634 del codice di procedura civile. Potranno invece aversi, senza limitazioni particolari, copie parziali.
I - La produzione a norma di un estratto
Nonostante i dubbi sopra prospettati, anche ammettendo che le regole dettate dal d.m. 23 gennaio 2004 siano applicabili, oltre lo stretto ambito della materia fiscale, alla tenuta delle scritture contabili in generale, resta però il fatto che queste stesse norme non sono ancora complete, in quanto rinviano ad un emanando provvedimento delle agenzie fiscali, che dovrà disciplinare le modalità di trasmissione telematica delle impronte alle agenzia fiscali stesse (art. 5). Pertanto, allo stato attuale, mancano sia le regole tecniche previste dai nuovi artt. 39 e 43 del d.lgs. n. 82/2005, sia la concreta possibilità di attuare le modalità di conservazione previste dal predetto d.m. 23 gennaio 2004. Appare, dunque, alquanto arduo sostenere la legittimità della tenuta informatica di libri e scritture contabili in mancanza della normativa loro propria. Pertanto, anche la produzione di un estratto notarile inteso a norma di legge, che costituisca prova idonea agli effetti di cui all'art. 634 c.p.c. non pare allo stato concepibile. Rimane, comunque, ammissibile, in virtù dei principi generali in materia di copie informatiche, la possibilità per il notaio di rilasciare, non estratti, bensì copie informatiche di libri e scritture contabili (cartacee o informatiche), riconoscendo naturalmente quella loro valenza limitata, secondo quanto chiarito nel paragrafo “G”.
Nel momento in cui la disciplina normativa sarà completata, ipotizzando di applicare le regole del d.m. 23 gennaio 2004, il notaio potrà senz'altro rilasciare estratti dei libri contabili tenuti in forma informatica, come previsto in generale dall'art. 1, comma 1, n. 5, r.d. n. 1666/1937 e dall'art. 212 c.p.c.
Al notaio potrebbe essere esibito un “libro” contabile nella seguente forma: file informatico sottoscritto con sottoscrizione elettronica e munito di marcatura temporale, in osservanza della disciplina di cui al suddetto decreto 23 gennaio 2004. Tale file informatico potrà essere esibito al notaio sia in via telematica, sia su supporto informatico (CD, floppy, ecc.), ma ciò è indifferente riguardo al suo valore giuridico e trattamento. Il notaio potrebbe essere richiesto di produrre un estratto autentico di tale “libro” contabile informatico, e questo estratto potrebbe essere richiesto su carta oppure a sua volta in forma informatica.
a) Estratto cartaceo di libro contabile informatico.
E' un'operazione senz'altro concepibile, perché rientra nel più generale processo di duplicazione del contenuto di un documento, da un supporto informatico ad un supporto cartaceo, consistendo in un'operazione perfettamente speculare alla digitalizzazione di un documento cartaceo. Per questo motivo, è richiesto allo stesso modo l'irrinunciabile ed imprescindibile intervento di un pubblico ufficiale che certifichi la conformità del contenuto del documento cartaceo “copia o estratto” al documento informatico “originale”. Il notaio, pertanto, potrà stampare su carta il contenuto della scrittura contabile in forma informatica, apporvi sempre a stampa la relativa dichiarazione di conformità all'originale informatico, con la propria sottoscrizione e sigillo.
Tuttavia, prima di procedere a ciò, è compito del notaio accertare e verificare la “regolare tenuta” della scrittura contabile dal punto di vista estrinseco relativo ai contrassegni che ne garantiscono la autenticità formale. Quindi, il notaio dovrà verificare che il “libro” informatico esibito sia munito di sottoscrizione elettronica (firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata) e di marcatura temporale conformi al d.lgs. n. 82/2005, nonché il fatto che esso sia stato oggetto della comunicazione della relativa impronta all'agenzia fiscale competente, il tutto secondo le modalità di cui al d.m. 23 gennaio 2004. La sottoscrizione elettronica e la marca temporale dovranno essere verificate con gli appositi programmi a ciò destinati, così come l'impronta comunicata all'agenzia fiscale (e risultante da apposita ricevuta) dovrà essere confrontata con l'impronta ricalcolata sul documento esibito al notaio. Unitamente al “libro” informatico dovrà, pertanto, essere esibita al notaio anche la ricevuta restituita telematicamente dall'agenzia fiscale a seguito della periodica trasmissione (sempre in via telematica) dell'impronta delle scritture contabili.
Il problema dibattuto nel precedente regime degli estratti da libri cartacei, e cioè la necessità o meno da parte del notaio di attestare la regolare tenuta della scrittura contabile, trova oggi una soluzione obbligata nel nuovo sistema degli estratti da libri informatici. Affinché costituiscano prove idonee agli effetti di cui all'art. 634 c.p.c., è richiesto, infatti, come si è detto, che le scritture contabili siano regolarmente tenute. Il requisito della “regolare tenuta” riferito al contesto informatico, si differenzia e si arricchisce, rispetto a quanto fin ora inteso per un libro cartaceo. E' evidente che per un file informatico non hanno alcun senso le prescrizioni sulla tenuta della contabilità di cui all'art. 2719 c.c. (ad es. mancanza di spazi bianchi, abrasioni, trasporti in margine, ecc.). Pertanto, a tal fine, affinché possa ritenersi sussistente una “regolare tenuta”, occorre che siano rispettati gli obblighi di cui all'art. 3 ed all'art. 5 del d.m. 23 gennaio 2004 (sottoscrizione elettronica, marca temporale e comunicazione dell'impronta alle agenzie fiscali). Sarebbe del tutto inconcepibile che il notaio chiamato a produrre un estratto a norma di libro informatico si disinteressi della verifica dei suoi contrassegni estrinseci di autenticità. (48)
E' plausibile, come già avviene per tutte le altre spedizioni telematiche tra cui quella relativa al Modello Unico Informatico per la registrazione, trascrizione e voltura degli atti immobiliari, che le emanande regole tecniche prevedano che già in fase di invio dell'impronta del “libro” alle agenzie fiscali siano queste a controllare l'esistenza e la validità della sottoscrizione elettronica e della marca temporale, per cui l'opera del notaio potrebbe di fatto limitarsi alla verifica che il libro a lui esibito sia il medesimo comunicato all'agenzia mediante il ricalcolo dell'impronta.
Non è, peraltro, preclusa la formazione di estratti relativi a scritturazioni non ancora sottoposte al processo di conservazione di cui all'art. 3 ed alla trasmissione di cui all'art. 5, perché ancora nei termini. (49) Nemmeno il notaio dovrebbe rifiutarsi di rilasciare un estratto di libro che è stato oggetto di procedura di conservazione in ritardo rispetto ai predetti termini periodici previsti dal d.m. 23 gennaio 2004 (periodicità quindicinale o annuale). Resta in ogni caso doveroso fare risultare l'effettiva situazione dei libri da cui è ricavato l'estratto, se questi cioè erano muniti o privi di sottoscrizione elettronica e degli altri contrassegni prescritti, in modo da consentire una corretta valutazione probatoria dell'estratto stesso.
Comunque, in pratica, dal punto di vista tecnico, non dovrà essere esibita l'intera contabilità dell'impresa, ma soltanto un file che consenta un'autonoma verifica, in quanto oggetto di autonoma sottoscrizione elettronica, marcatura temporale e specifica trasmissione dell'impronta all'agenzia fiscale competente (50). Il notaio potrebbe farsi assistere da un esperto (non solo contabile, ma anche tecnico), per la formazione di tali estratti, come previsto espressamente dall'art. 212, comma 2, c.p.c.
Come si è detto, questo tipo di procedura e questi accertamenti, tutti previsti, disciplinati e resi necessari dal d.m. 23 gennaio 2004, non sembrano oggi però ancora attuabili in concreto, poiché come sopra ricordato non è ancora stato emanato il provvedimento delle agenzie fiscali, che dovrà disciplinare le modalità di trasmissione telematica delle impronte alle agenzia fiscali stesse (art. 5).
b) Estratto informatico di libro contabile informatico.
L'estrazione di contenuti informatici da documenti informatici sottoposti a conservazione è prevista in generale dalla deliberazione CNIPA n. 11/2004 in tema di conservazione dei documenti, richiamata a tale proposito dall'art. 3, comma 3, del d.m. 23 gennaio 2004. L'operazione consiste nel cosiddetto “riversamento”, e cioè il trasferimento del contenuto da un supporto informatico ad un altro supporto informatico. Si distingue la mera duplicazione di tutto il contenuto, da un supporto ad un altro ("riversamento diretto"), dal trasferimento di parte del contenuto di un supporto in altro supporto ("riversamento sostitutivo").
Le scritture contabili in forma informatica, potrebbero essere direttamente esibite attraverso il cosiddetto "riversamento diretto", senza alcun produzione di estratti e senza alcun intervento di un pubblico ufficiale. In tal caso verrebbe prodotto ed esibito un duplicato della stessa scrittura “originale” informatica. Anche se come è noto ha poco senso parlare di “copia” ed “originale” in campo informatico. La scrittura esibita non sarebbe una “copia”, bensì un duplicato dello stesso “originale”, da quest'ultimo indistinguibile. La persona, l'ufficio, la corte o l'ente a cui la scrittura contabile è esibita, ha la possibilità di accertare l'autenticità della scrittura contabile, per mezzo degli stessi contrassegni che è tenuto a verificare il notaio chiamato a produrre come sopra un estratto cartaceo (sottoscrizione elettronica, marcatura temporale, impronta trasmessa alle agenzie fiscali). Naturalmente, l'esibizione della scrittura informatica deve consistere in un file completo e non parziale, oggetto di una autonoma e specifica sottoscrizione, marcatura temporale e trasmissione alle agenzie fiscali, in modo da permettere la verifica tecnico-informatica di tali contrassegni. Altrimenti si ricadrebbe nell'altra ipotesi del “riversamento sostitutivo”.
Diversamente, il cosiddetto "riversamento sostitutivo", consiste nella vera e propria estrazione di un contenuto da un archivio informatico oggetto di conservazione e coincide sostanzialmente con la formazione di un estratto. Proprio perché modificando l'oggetto di riferimento viene meno la possibilità di verificare le precedenti sottoscrizioni elettroniche e relative marcature temporali, la deliberazione CNIPA citata, richiede che il responsabile della conservazione apponga ai documenti contenuti nel nuovo supporto il riferimento temporale e la sua firma digitale che attesta il corretto svolgimento del processo, in modo del tutto analogo alla procedura di conservazione del supporto "origine”. Qualora si tratti del "riversamento" di documenti informatici sottoscritti" (come sono le scritture contabili) è, inoltre, richiesta l'apposizione del riferimento temporale e della firma digitale, da parte di un pubblico ufficiale, per attestare la conformità di quanto riversato al documento d'origine" (art. 3, comma 2, ed art. 4, comma 4, deliberazione CNIPA n. 11/2004).
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SCHEMA IPOTETICO DELLE ATTIVITÀ CHE, A REGIME, SARANNO PRESUMIBILMENTE RICHIESTE AL NOTAIO
Ricezione del libro (o di una parte autonomamente verificabile di esso) in forma informatica.
Può avvenire sia tramite ricezione di un supporto materiale (ad es. floppy, CD o DVD, ma anche memoria USB, ecc.), oppure tramite ricezione di un messaggio telematico.
Verifica della completezza e del formato dei dati ricevuti.
Occorre che sia ricevuto il file dei dati del libro (o parte di esso autonomamente verificabile), la sottoscrizione elettronica del responsabile della conservazione, la relativa marcatura temporale e la ricevuta di trasmissione dell'agenzia delle entrate.
Sottoscrizione elettronica e file dati saranno presumibilmente unico file (attached signature). La marcatura temporale, allo stato attuale, costituisce, invece, un file separato.
Il d.m. 23 gennaio 2004, pur non prescrivendo formati particolari, richiede che “devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni”. Pertanto, il notaio dovrebbe rifiutarsi di rilasciare estratti di libri tenuti in formato immagine o che prima facie non consentano l'implementazione delle predette funzioni.
Il notaio dovrebbe rifiutarsi di rilasciare estratti di libri con contenuto che non sia “statico e non modificabile”. Tuttavia, poiché il notaio non può essere gravato del compito di analizzare l'intero codice del file, il suo rifiuto può basarsi solo su una palese e manifesta non staticità e modificabilità del documento.
Verifica della sottoscrizione elettronica e della marcatura temporale apposte al file dati.
Deve trattarsi di “firma elettronica qualificata” ai sensi del d.p.r. n. 445/2000 (oggi d.lgs. 82/2005), non è quindi sufficiente la mera firma elettronica semplice e nemmeno la firma elettronica avanzata.
Tali verifiche verranno agevolmente effettuate con i software di firma ed i verificatori normalmente diffusi.
Verifica della ricevuta restituita dall'agenzia delle entrate.
Tale ricevuta sarà presumibilmente munita di sottoscrizione elettronica e marcatura temporale apposte dalla stessa agenzia emittente. Quindi, occorre verificare tali contrassegni con i soliti software di verifica e, principalmente, verificare che l'impronta trasmessa all'agenzia (alla quale si riferisce la detta ricevuta) corrisponda al libro contabile presentato al notaio. A tal fine dovrà essere calcolata l'impronta del libro contabile e confrontata la sua corrispondenza con l'impronta riportata nella ricevuta dell'agenzia delle entrate.
Redazione dell'estratto.
L'estratto può essere, indifferentemente, redatto in forma cartacea o in forma informatica. Salvo il caso della mera esibizione di dati oggetto di autonoma conservazione, che non richiede l'intervento del notaio (il c.d. “riversamento diretto”).
La parte di libro contabile “estratta”, viene stampata su carta oppure riportata nel nuovo file informatico che costituisce l'estratto.
Ovviamente, l'estratto su carta sarà sottoscritto dal notaio in modo tradizionale e munito dell'impronta del sigillo; mentre l'estratto in forma informatica sarà costituito da unico file sottoscritto con firma digitale dal notaio.
Nella dichiarazione di conformità (sia su carta che in forma informatica) è necessario fare risultare che il “libro” da cui è stato ricavato l'estratto, era munito di valida sottoscrizione elettronica e marcatura temporale, nonché fare risultare gli estremi della ricevuta di trasmissione telematica all'agenzia delle entrate, con il relativo numero di protocollo.
NOTE
(1) A tale risultato si perviene solo attraverso un’analisi (peraltro elementare) della natura del documento informatico, che può essere riprodotto identico un innumerevole numero di volte: si tratta infatti di un file come un altro, che non è altro che una sequenza di bit o, se si vuole, di lettere e numeri. Ciò comporta che l’operazione di copia di un documento informatico, se correttamente compiuta, ha come prodotto un duplicato perfetto, assolutamente indistinguibile dall’originale: pretendere di distinguere originale e copia sarebbe come affermare che vergando le parole Dante Alighieri io non ottenga il nome di un poeta, ma solo una copia del suo nome. Della copia in forma esecutiva deve invece garantirsi l'unicità, salvo quanto disposto dall’articolo 476 c.p.c.; la sua spedizione in formato elettronico permetterebbe una proliferazione dei titoli esecutivi incompatibile con i principi della materia. Lo stesso deve dirsi di ogni diritto incorporato in una res: titoli di credito in genere ed alcuni titoli esecutivi. Se, infatti, non è ontologicamente impossibile pensare, ad esempio, ad una cambiale elettronica, il problema è come garantirne l'unicità, che nel mondo cartaceo è assicurata dalla materialità del documento stesso. La questione non è nuova. Si ricorderà come la smaterializzazione delle azioni sia stata resa possibile solo con la creazione di Monte titoli s.p.a.: la banca dati unica in cui vengono registrate tutte le transazioni impedisce che si reiteri la vendita di uno stesso titolo. In termini più generali, la possibilità di digitalizzare i titoli cartacei che incorporano un diritto passa dunque necessariamente attraverso la creazione di infrastrutture ad hoc, che ne scongiurino l'indebita proliferazione; occorre cioè creare nuove regole, essendo del tutto insufficiente la mera trasposizione di quelle esistenti. Moltissimi i contributi sul punto: limitandosi per brevità a quelli di matrice notarile si veda: Sabrina CHIBBARO, Le problematiche giuridiche delle prime applicazioni, in AA.VV., Firme Elettroniche: questioni ed esperienze di diritto privato, Collana Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, Giuffrè, Milano, 2003, p. 103; l'argomento è nel medesimo volume accennato, in termini analoghi, pure a p. 33. Poi Manlio CAMMARATA ed Enrico MACCARONE, Introduzione alla firma digitale, 9, in Interlex (www.interlex.it) del 6/1/2000; Raimondo ZAGAMI, Firma digitale e sicurezza giuridica, Cedam, Padova, 2000, p. 201; Paolo PICCOLI ed Ugo BECHINI, Documento informatico, firme elettroniche e firma digitale, in AA.VV., I problemi giuridici di Internet , Giuffrè, Milano, 2003, tomo I, p. 242; Francisco Javier GARCÍA MÁS, Comercio y firma electrónicos, Editorial Lex Nova, seconda edizione, Valladolid, 2004, p. 236.
(2) V. art. 2702 c.c.
(3) V. testo dell'art. 2215 c.c. ante riforma, testualmente riferito al solo libro giornale ed al libro inventari; ulteriori norme fiscali prevedevano la vidimazione iniziale anche delle altre scritture contabili “richieste dalla natura o dalle dimensioni dell'impresa” (art. 2214, comma 2, c.c.)
(4) La vidimazione, secondo quanto si legge alla voce Vidimazione dei libri commerciali dell’appendice del Dizionario Enciclopedico del Notariato Falzone e Alibrandi, Roma, 1993, IV, p. 826 ss., “è un atto del pubblico ufficiale competente compiuto su richiesta dell’imprenditore (rectius interessato); è un atto interno, che non incide sul piano della pubblicità nei confronti dei terzi; è un atto accessorio al libro cui si riferisce. Diversa è la sua funzione, in quanto volta a tutelare l’identità del libro nel suo complesso, per cui è preventiva dovendo la numerazione e bollatura precedere qualsiasi scritturazione sul libro. …(omissis). Le sue modalità sono previste in funzione di impedire la sostituzione del libro o di alcune sue parti. Infatti essa si compone di due momenti: 1= numerazione progressiva su ogni pagina e bollatura in ogni foglio; 2= dichiarazione nell’ultima pagina circa il numero dei fogli”.
(5) V. quanto disposto dall'art. 2219 c.c. sulle norme per la tenuta di una ordinata contabilità.
(6) V. l'attuale art. 2710 c.c., che tuttora riserva l'efficacia probatoria tra imprenditori alle sole scritture bollate e vidimate nelle forme di legge.
(7) Cfr. Cass. 12 ottobre 1994, n. 8332, in Giust. civ., 1995, I, p. 123 ss. Secondo questa impostazione, pertanto, l'estratto si distinguerebbe dalla copia parziale perché mentre quest'ultima rappresenta la riproduzione oggettiva di una parte dell'originale, l'estratto, essendo finalizzato ad uno scopo particolare, sarebbe una copia parziale in cui le parti riprodotte rispondono ad un determinato criterio di scelta, finalizzato al soddisfacimento del predetto scopo, così Giovanni CASU, Competenza del notaio a rilasciare estratti di documenti e valore di questi ultimi, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, 4, Milano, 1995, p. 413.
(8) V. art. 2718 c.c.
(9) Cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 1997, n. 503, secondo la quale “ La legge riconnette lo specifico valore probatorio degli estratti autentici delle scritture contabili alla sussistenza di specifici requisiti di regolarità e formalità (estrinseche, di cui agli artt. 2215 e 2218 cod. civ., ed intrinseche, di cui all'art. 2219) delle scritture, che, insieme con l'obbligo di bollatura e numerazione dei fogli prima della messa in uso dei libri (con la proibizione, quindi, di abrasioni e spazi in bianco e la garanzia di leggibilità), assicurano la contemporaneità della registrazione con il fatto da registrare ed impediscono scritturazioni di comodo. Ne consegue che, quando la legge parla di "contabilità regolare" o di "scritture regolarmente tenute", intende appunto richiedere tali ordini di formalità, le quali, insieme, sono in grado di rendere controllabile l'atto e di garantire l'esigenza di veridicità”.
(10) L’articolo 634 del codice di rito dispone che “sono prove scritte idonee a norma del n. 1 dell'articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture”.
(11) Secondo Cass. n. 184/1963, infatti, “l'estratto notarile del libro giornale privo dell'attestazione che il libro sia regolarmente tenuto non è prova scritta idonea per ottenere un'ingiunzione di pagamento”.
(12) V. Giovanni CASU, Competenza del notaio a rilasciare estratti di documenti e valore di questi ultimi, cit.
(13) Secondo Pietro BOERO, La legge notarile commentata, Torino, 1993, pag. 64, “il notaio, che ne sia richiesto, non può rifiutarsi di rilasciare un estratto di un libro irregolarmente tenuto, anche se tale estratto non potrà produrre gli specifici effetti probatori che sono dalla legge ricollegati al requisito della regolarità”. Peraltro, si noti che, sempre secondo l'art. 1, n. 5, r.d.l. 14 luglio 1937, n. 1666, rimane presso “l'autorità presso cui se ne fa uso, la facoltà di richiedere l'esibizione degli originali”.
(14) Per la normativa del codice civile, presupposto per la valida formazione dell’estratto da un documento depositato è l’esistenza di una serie di requisiti: il rilascio da parte un pubblico ufficiale; il deposito presso il pubblico ufficiale medesimo; l’autorizzazione al rilascio; il rispetto di alcune formalità nella loro redazione, che possono variare a seconda degli ordinamenti professionali e che per il notaio sono stabilite dagli artt. 67 e ss. della legge not. e dall’art. 84 del reg. not. Sui requisiti degli estratti ex art. 634 c.p.c. vedi oltre nota 17.
(15) E', infatti, solo in virtù della normativa speciale di cui all’art. 1 del r.d.l. n. 1666/1937 (convertito nella legge n. 2358/1937) che è stata prevista la generale facoltà per il notaio di “rilasciare copie ed estratti di documenti a lui esibiti e di libri e registri commerciali, salvo il potere dell’autorità presso cui se ne fa uso di chiedere l’esibizione degli originali”, prescindendo, quindi, dal preventivo deposito o dall'incarico dell'autorità giudiziaria.
(16) Sul punto, App. Perugia, 2 maggio 1988, in Arch. civ., 1988, p. 951, secondo cui gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e segg. cod. civ., menzionati dall'art. 634 cod. proc. civ. costituiscono prova scritta ai limitati effetti del procedimento d'ingiunzione, ma sono privi di rilevanza probatoria in un ordinario giudizio di cognizione, e Cass. 17 novembre 2003, n. 17371 secondo cui “ Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio ordinario di cognizione e si svolge seconde le norme del procedimento ordinario nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa. Pertanto, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di forniture, spetta a chi fa valere tale diritto fornire la prova del fatto costitutivo, non potendo la fattura e l'estratto delle scritture contabili, già costituenti titolo idoneo per l'emissione del decreto, costituire fonte di prova in favore della parte che li ha emessi; né è sufficiente la mancata contestazione dell'opponente, occorrendo, affinché un fatto possa considerarsi pacifico, che esso sia esplicitamente ammesso o che la difesa sia stata impostata su circostanze incompatibili con il disconoscimento e, con riferimento al comportamento extraprocessuale, non il mero silenzio, ma atti e fatti obiettivi di concludenza e serietà tali da assurgere a indizi non equivoci idonei, in concorso con altri, a fondare il convincimento del giudice (Nella specie anteriore all'entrata in vigore della riforma del processo civile - la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva rigettato l'opposizione sulla base della prova documentale del decreto ingiuntivo e del mancato adempimento dell'onere di contestazione da parte dell'opponente prima e durante il processo)”.
(17) Anche l’art. 634 c.p.c., come l’art. 2718 c.c., pone una serie di condizioni perché gli estratti possano esplicare il loro valore probatorio eccezionalmente anche a favore, e non solo contro, l’imprenditore, ma esse si riferiscono più propriamente alle scritture da cui vengono tratti, piuttosto che all’attività di documentazione svolta dal notaio: i libri, infatti, debbono essere bollati e vidimati nelle forme di legge, nonché regolarmente tenuti. Come già rilevato, questi sono i medesimi requisiti previsti anche dal vigente art. 2710 c.c.
(18) Attualmente, per le modalità di redazione delle copie autentiche si deve far riferimento alla disposizione di cui all’art. 14 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 ora trasfusa nell’art. 18 del d.p.r. n. 445/2000 la quale, generalizzando la possibilità di rilasciare le copie di un qualunque documento esibito al pubblico ufficiale, ha disciplinato la materia in relazione alle copie, totali o parziali, di atti e documenti, tra le quali possono essere ricompresi anche gli estratti in quanto “copie parziali”.
Tale disposizione non si occupa dell’efficacia probatoria della copia, che pertanto continua ad essere disciplinata dal codice civile, ma ha il pregio di indicare esattamente in che cosa debba consistere il procedimento di autenticazione: esso risulta incentrato sul processo cognitivo di comparazione tra i due documenti, la copia e l’originale, affidato al pubblico ufficiale, il quale ha il compito di constatare che effettivamente si abbia un documento-copia speculare dell’originale. Cfr. sul punto Giovanni CASU, Competenza del notaio a rilasciare estratti di documenti e valore di questi ultimi,cit.
(19) V. più oltre nel testo al paragrafo “G” la generale differenza tra il valore probatorio della dichiarazione notarile, e quello dell’atto parzialmente riprodotto.
(20) Si veda in particolare lo Studio CNN n. 3804, Abolizione dell’obbligo di bollatura e vidimazione del libro giornale e del libro degli inventari: profili civilistici e probatori (E. Fabiani – A.Ruotolo), Approvato dalla Commissione Studi il 19 marzo 2002 e dal Consiglio Nazionale del Notariato il 10 maggio 2002. Tale lavoro conclude per l'inutilizzabilità delle scritture non vidimate ai fini dell'articolo 634 c.p.c., mentre è più possibilista su un loro libero apprezzamento da parte del giudice nell'ambito di cui all'articolo 2710 c.c.
(21) Il quale testualmente, però, si riferiva agli “obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto “ che dovevano essere “assolti secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze”, mentre era l'art. 13 del d.p.r. n. 445/2000 (oggi art. 39 del d.lgs. 82/2005) ad occuparsi della formazione e conservazione dei libri e delle scritture “di cui sia obbligatoria la tenuta “ rinviando ad apposite regole tecniche “definite col decreto di cui all'articolo 8, comma 2” del medesimo d.p.r. cit.
(22) Un'eventuale vidimazione, infatti, non potrebbe che riferirsi al supporto materiale informatico (floppy, CD, memoria circuitale, ecc.), e non anche al suo contenuto (i dati informatici). Per cui, essendo il dato informatico normalmente modificabile e duplicabile senza lasciare traccia, sarebbe del tutto irrilevante vidimare un suo contingente contenitore.
(23) Contra Saverio CINIERI, Nuove modalità di tenuta dei registri su supporto digitale, in La settimana fiscale, Edizione n. 8 del 26 febbraio 2004, senza però farsi carico dell'obiezione svolta nel testo riguardo alla necessità di preventiva vidimazione prevista dagli artt. 2421 e 2454 c.c. per i libri sociali obbligatori nella spa e nella sapa. Per la s.r.l., sia il previgente art. 2490 che l'attuale art. 2478 c.c., non menzionano espressamente l'obbligo di vidimazione iniziale, ma nessuno ha mai dubitato della sua necessità.
(24) L'art. 6, comma 2, del decreto cit. recita: “Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica secondo le modalità stabilite con provvedimenti dei direttori delle competenti Agenzie fiscali.”
(25) Secondo la definizione di cui all'art. 1 del decreto cit.: “il documento statico non modificabile è un documento informatico redatto in modo tale per cui il contenuto risulti non alterabile durante le fasi di accesso e di conservazione nonché immutabile nel tempo; a tal fine il documento informatico non deve contenere macroistruzioni o codice eseguibile, tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati”.
(26) Sempre a mente delle definizioni di cui all'articolo 1 del medesimo decreto, per sottoscrizione elettronica si intende apposizione della “firma elettronica qualificata”.
(27) Si noti come questa disposizione sembra aver eliminato, per lo meno ai fini della regolarità tributaria, il requisito della numerazione progressiva di ciascuna pagina con l'indicazione dell'anno solare cui si riferisce la scrittura prevista dall'art. 22 del d.p.r. n. 600/1973; numerazione che in un “libro informatico” non ha particolare significato, sostituendolo con quello della continuità della scrittura e con la possibilità di utilizzare funzioni di ricerca ed estrazione.
(28) Art. 6, comma 2, d.m. 23 gennaio 2004, “Il documento di cui all'art. 3 è reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo e informatico presso il luogo di conservazione delle scritture, in caso di verifiche, controlli o ispezioni.”
(29) L'art. 43 del d.lgs. n. 82/2005 sostituisce il precedente art. 6 del d.p.r. n. 445/2000, ed a differenza di quest'ultimo non rinvia più a delle regole tecniche di competenza dell'AIPA (poi CNIPA), bensì alle stesse regole tecniche di carattere più generale di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 71, d.lgs. n. 82/2005). Sembra, quindi, finalmente risolta quell'evidente sovrapposizione di competenze normative che si poneva nel regime del d.p.r. n. 445/2000, venendo meno la previgente competenza normativa attribuita ad autorità indipendenti tipo AIPA o CNIPA.
(30) Vedasi supra, nota 21.
(31) Non si discute qui il fondamento delle disposizioni del d.m. 23 gennaio 2004, anche oltre lo stretto ambito di carattere fiscale, in materia di conservazione digitale del documento formato con tecniche tradizionali: si può anzi senz'altro invocare l'art. 2220, comma 3, c.c. e il correlato art. 7 bis, comma 4, del d.l. n. 357/1994, secondo cui proprio con decreto del Ministro delle finanze sono determinate le modalità per la conservazione su supporti di immagini delle scritture e dei documenti contabili. La critica svolta nel testo si riferisce però ad un'ipotesi radicalmente differente: quella della documentazione digitale ab initio.
(32) Che, a dispetto dell'intitolazione, si applica anche in campo privatistico secondo l'articolo 2, comma 3.
(33) Comma così novellato dall'art. 3, legge n. 342/2000.
(34) L'art. 2220 c.c. (rubricato Scritture contabili), al terzo comma, aggiunto dall'art. 7 bis, comma 4, dello stesso sopracitato d.l. n. 357/1994, stabilisce che “Le scritture e i documenti di cui al presente articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con i mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti". Il comma 9 dello stesso articolo stabilisce che tali disposizioni “si applicano a tutte le scritture e i documenti rilevanti ai fini delle disposizioni tributarie. Con decreto del Ministro delle finanze sono determinate le modalità per la conservazione su supporti di immagini delle scritture e dei documenti di cui al presente comma”.
(35) Nel caso di tenuta di registri multiaziendali in base alla Circolare Ministeriale 30 luglio 2002, n. 60/E, i soggetti incaricati dell'elaborazione delle scritture contabili obbligatorie possono utilizzare dei registri a striscia continua a condizione che vengano rispettati i seguenti requisiti: 1) attribuzione di un numero progressivo ai vari fogli utilizzati per i registri ed i libri di ciascun utente, distintamente per periodo di imposta; 2) consegna a ciascun utente entro il termine di presentazione delle relative dichiarazioni annuali dei fogli relativi alle registrazioni eseguite nel periodo di imposta che costituiscono i libri o i registri da conservare secondo le regole ordinarie. In sostanza in questi casi il soggetto incaricato intesta i libri o i registri direttamente ai soggetti obbligati suoi clienti, ma numerandoli progressivamente soltanto al momento della stampa.
(36) Art. 2219 c.c., “Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di una ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili”.
(37) Nel caso in cui le scritture contabili siano temporaneamente tenute su supporto meccanografico senza ulteriori accorgimenti, e laddove non sia ancora spirato il termine di legge previsto per la loro definitiva stampa su carta, la copia, parziale o integrale, potrà essere effettuata solo se sia verificabile per lo meno il rispetto della residua normativa sulla loro regolare tenuta. Anche qualora si ritenesse non necessaria la trasposizione cartacea del libro contabile informatico ai fini dell'esibizione al notaio (limitando, pertanto, la necessità di questa operazione solo in sede di controllo ed ispezione da parte degli organi competenti), tale libro dovrà pertanto essere pur sempre creato in un formato che ne permetta, oltre che ovviamente la leggibilità, la numerazione progressiva, per ciascun anno, con l'indicazione pagina per pagina dell'anno di riferimento.
(38) Secondo Cass. 20 ottobre 1978, n. 4743, in Resp. Civ., 1979, p. 190, infatti, “il principio di cui all'art 2715 cod. civ., secondo cui le copie delle scritture private hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale, a condizione che siano spedite da un pubblico ufficiale e che l'originale sia depositato presso di lui, non esclude che la suddetta efficacia probatoria possa essere determinata in modo diverso - e specificamente prescindendo dal requisito del deposito - da leggi speciali. Ciò si verifica in materia di copie rilasciate dai notai, poiché l'art. 1 del r.d.l n. 1666/1937 (convertito nella legge n. 2358/1937) concede al notaio la facoltà di rilasciare copie ed estratti di documenti a lui "esibiti", (salvo il potere dell'autorità presso cui se ne fa uso di chiedere l'esibizione degli originali) e non necessariamente depositati”.
(39) Per un contributo divulgativo sul punto cfr. Massimiliano MINERVA, Documento informatico e forma scritta, in Interlex (www.interlex.it ) dell'8/06/2005.
(40) Questo nonostante il fatto che gli artt. 20 e 21 del Codice dell'amministrazione digitale si riferiscano espressamente al valore probatorio del documento informatico “sottoscritto”, mentre il documento informatico non sottoscritto è stato disciplinato novellando l'art. 2712 del c.c. ed attribuendogli lo stesso valore probatorio delle altre riproduzioni meccaniche sin qui conosciute.
(41) Il testo dell'originario art. 10 comma 2 del d.p.r. n. 445/2000, ora abrogato dal Codice dell'amministrazione digitale, testualmente recitava: ”Il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta”, di fatto richiedendo una sottoscrizione elettronica per qualunque documento per cui fosse prevista la forma scritta, prescindendo dal fatto che esso fosse una vera e propria scrittura privata o semplicemente uno scritto come ad esempio le scritture contabili.
(42) V. sul punto Manlio CAMMARATA, Firme elettroniche. Problemi normativi del documento informatico, Pescara, 2005.
(43) Si è più volte sottolineato come uno dei punti deboli del documento informatico è la sua possibilità di essere alterato senza che di ciò rimanga traccia, diversamente da quanto accade nei documenti cartacei (ma il discorso potrebbe essere analogo anche per le riproduzioni informatiche di suoni, immagini, filmati se comparati con registrazioni, fotografie e filmati impressi sugli ordinari supporti conosciuti, nastro, pellicola, cd, dvd), le diverse tecniche crittografiche – sia simmetriche che asimmetriche – isolatamente considerate hanno proprio come scopo quello di garantire l'immutabilità dei dati informatici o per lo meno permettono di verificarne l'integrità “smascherando” qualsiasi tentativo di loro manipolazione successiva; ma la crittografia è attualmente anche alla base della “firma elettronica”, la quale nel linguaggio comune e giuridico evoca l'individuazione dell'autore del documento. Quello che talvolta si dimentica è che ciò che garantisce l'imputabilità, rectius la provenienza, del documento è l'esistenza di un certificato qualificato che ricollega un determinato codice crittografico al suo titolare e non la crittografia in sé. Riuscire, quindi, anche normativamente a scindere i due piani permetterebbe di distinguere tra i documenti semplicemente validati, perché immodificabili, e quelli sottoscritti, legalmente imputabili a loro autore.
(44) Incluse quelle sulla fatturazione elettronica di cui al d.lgs. n. 52/2004 che prevedono espressamente la conservazione de “i certificati destinati a garantire l'autenticità' dell'origine e l'integrità' delle fatture emesse in formato elettronico”.
(45) Si tenga presente che il d.m. 23 gennaio 2004 all'art. 2, lett. b), precisa che per “sottoscrizione elettronica” deve intendersi l'apposizione della firma elettronica qualificata, finendo così per richiedere per le scritture contabili, documenti non sottoscritti ai sensi del c.c., una firma elettronica dotata del massimo valore probatorio ai sensi del codice digitale e perfetto equipollente di quella autografa.
(46) V. gli artt. 2203 e ss. c.c.
(47) Se è vero che i certificati qualificati possono indicare limiti d'uso, di valore e soprattutto qualifiche o poteri (cfr. art. 28, comma 3 del d.lgs. n. 82/2005) è per altro inconfutabile che la firma elettronica può riferirsi solo ad una persona fisica (cfr. art. 1, lett. aa e art. 24 d.lgs. cit.); con ciò mostrandosi un ulteriore caso in cui la previsione di legge (art. 24 cit.) per la quale “la firma digitale integra e sostituisce l'apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere” deve essere applicata con grande attenzione, ovvero - se non si vogliono ottenere effetti aberranti - l'addetto alla firma delle fatture informatiche, ad esempio, dovrà rendere manifesto nel proprio certificato la sua qualifica all'interno dell'azienda, altrimenti potrebbe venir meno il necessario collegamento con l'impresa cui il documento contabile deve essere imputabile; stesso discorso dovrà valere anche per il responsabile della conservazione.
(48) La mancata osservanza delle regole di tenuta dei libri informatici, potrebbe anche incidere sulla stessa esistenza e qualificazione del file prodotto, nel senso di libro contabile, piuttosto che di file dati non altrimenti qualificato.
(49) Come già analizzato, per i registri contabili tenuti a norma della legge n. 489/1994, anche in questo caso dovranno essere rispettati i requisiti minimi, indicati nell'art. 3,comma 1 del d.m. 23 gennaio 2004, perché si possa parlare di scritture contabili informatiche regolarmente tenute.
(50) Dal punto di vista tecnico, la verifica richiede l'esibizione di un file autonomamente verificabile, che in concreto potrebbe essere anche rappresentare una sola pagina di contabilità oggetto di specifica sottoscrizione e marcatura temporale. Tuttavia è da chiedersi se, al di là dell'aspetto tecnico, l'esibizione di altre parti della contabilità (ad es. l'intero anno) sia, comunque, necessaria ed in quale misura, al fine di rendere l'attestazione della “regolare tenuta”.
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