Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto.
Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto.
di Giuseppe Trapani
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 671-2009/C
Pubblicato in Studi e Materiali, 2/2001, 339

* Parte Prima *

1. Gli accordi di micropianificazione.

L'art. 17 della legge n. 765 del 1967 che ha inserito l'art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942(1) introduce per la prima volta il concetto di standards edilizi, diretti all'individuazione degli indici inderogabili di densità edilizia, quale espressione del rapporto tra la superficie interessata dall'intervento edificatorio e il volume del fabbricato realizzando.

Siffatti limiti sono determinati, di volta in volta, con riguardo a ben precisi criteri, quali in via esemplificativa la superficie edificabile in proprietà, le distanze tra i costruendi edifici, le aree destinate alle opere di urbanizzazione, alle attività collettive, pubbliche o private, a parcheggi, ed a verde pubblico.

L'interesse tutelato da una siffatta previsione normativa è di rango costituzionale: si tratta del più razionale sfruttamento degli spazi fabbricabili, nel rispetto delle regole di programmazione territoriale, devolute alla mano pubblica, a salvaguardia della salute della collettività (art. 32 Cost.) per la promozione delle attività economiche (artt. 41 e 44 Cost.), in funzione di assicurare la più adeguata funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.).

Nella prassi negoziale sono diffuse da ormai molto tempo accanto a forme sempre più evolute di accordi rivolti alla urbanizzazione delle aree di espansione o riqualificazione urbana, alcune forme di “micropianificazione ad iniziativa privata”(2) consistenti in accordi tra privati, qualificati talora cessioni di volumetria o di cubatura(3), con i quali il proprietario di un'area cede la potenzialità edificatoria della stessa o parte di essa ad un soggetto cessionario che incrementando la capacità di espansione fabbricabile del proprio terreno, possa ottenere dal Comune un permesso di costruire (definito “maggiorato”) idoneo alla edificazione di un manufatto avente un volume maggiore di quello che in origine avrebbe potuto esser realizzato(4).

In tal modo, la volumetria fruibile complessivamente in base agli indici di densità edilizia viene concentrata su una o più aree.

Non viene mutato, insomma, l'indice di densità complessivo della zona o del comparto, non essendovi alcun intervento premiale della condotta del privato istante da parte dell'Amministrazione comunale(5): qualora quest'ultima accolga la regolazione privata approntata dalle parti dello sviluppo edificatorio delle aree di loro spettanza, all'inedificabilità totale o parziale del fondo del cedente, corrisponderà un eguale incremento della volumetria utilizzabile nel fondo di cui è proprietario il cessionario(6).

L'indice edilizio è, infatti, stabilito per zone e non per singole aree: l'interesse pubblico è soddisfatto perfettamente anche se le costruzioni vengono realizzate su una sola area, restando le residue aree inedificate ed inedificabili.

Non deve mutare, insomma, nella realizzazione dei manufatti urbanisticamente rilevanti, la distribuzione totale del carico urbanistico sul territorio (cd. “cubatura media”), indipendentemente dalla ripartizione e distribuzione reciproca da parte dei privati: “l'eccedenza di volumetria che si realizza in virtù del negozio in questione, trova compensazione nella correlativa minore edificazione dell'area asservita; cosicchè, l'alterazione del rapporto di densità edilizia è da reputarsi, avuto riguardo alla considerazione complessiva della zona interessata, inesistente”(7).

In concreto, all'obiettivo di ancorare al parametro della superficie edificabile a disposizione dei singoli proprietari la capacità edificatoria corrisponde il concetto di “superficie minima edificabile”(8).

La cessione di cubatura nasce e si sviluppa nella pratica, e trova riscontro ed espressione nell'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, di massima amministrativa, in assenza per lungo tempo, di alcuna specifica disciplina normativa, in considerazione non solo dell'esigenza di disciplinare l'accordo intervenuto tra le parti nei limiti consentiti all'autonomia privata, ma anche di garantire ai terzi la piena conoscibilità dello stato giuridico dei terreni(9).

Dal punto di vista sostanziale, tale istituto nasce anche dalla difficoltà di conciliare l'esiguità delle superfici utilizzabili, frutto di frazionamenti catastali dall'esito sempre più parcellizzante, con le prescrizioni urbanistiche vigenti tempo per tempo, rispettando nel contempo lo sviluppo armonico delle aree finitime e realizzando costruzioni aventi il pregio dell'omogeneità strutturale ed architettonica(10).

La cessione di cubatura impone, inoltre, che i fondi siano posti all'interno della medesima zona urbanistica o che almeno abbiano la medesima destinazione urbanistica: si tratta, insomma, di un doppio limite di tipo quantitativo e qualitativo(11).

In primo luogo, il trasferimento della cubatura tra proprietari di fondi posti in differenti zone urbanistiche non genererebbe quel meccanismo compensativo in forza del quale all'incremento del fondo destinatario della cubatura corrisponderebbe un decremento della cubatura del fondo oggetto della limitazione, ferma restando in ogni caso la densità edilizia massima di ciascuna delle due zone; anzi ove un siffatto meccanismo venisse ammesso si verificherebbe un superamento di pari misura della densità edilizia massima permessa nella zona oggetto dell'incremento stesso dagli strumenti urbanistici vigenti(12).

E', poi, necessario che vi sia omogeneità destinatoria delle zone oggetto del trasferimento della cubatura: anche i fabbricati realizzandi devono avere le medesime caratteristiche secondo le previsioni urbanistiche.

Secondo un'impostazione della dottrina(13) e della giurisprudenza(14) è poi necessario che i terreni oggetto del trasferimento della volumetria siano confinanti o almeno siano collegati tra loro in modo da realizzare un lotto unico in senso fisico o almeno funzionale.

Un tale indirizzo è stato in prosieguo di tempo mitigato dalle interpretazioni che hanno richiesto quale requisito sufficiente per poter cedere la volumetria la mera contiguità dei fondi(15), non ritenendo ad esempio che una strada o un fosso di scolo di acque siano idonei ad interrompere un siffatto nesso.

E' un solo semplice segnale dell'esigenza di continuo adeguamento delle strutture contrattuali e del loro contenuto alle esigenze che di volta in volta appaiono corrispondere ad interessi meritevoli di tutela.

Ed ancora, si pensi alla indicazione secondo la quale il trasferimento di volumetria può avere luogo solo tra terreni appartenenti a diversi proprietari.

Le esigenze della prassi hanno invece elaborato la fattispecie della concentrazione di cubatura, che si realizza invece allorquando l'unico proprietario di più aree contigue intende utilizzare l'intera cubatura solo su una di esse o solo su alcune di esse.

Non basta. Il proprietario di un fondo potrebbe alienarlo a terzi, riservando contestualmente a favore di un altro lotto di propria titolarità, contiguo a quello alienato, in tutto o in parte la capacità edificatoria sviluppata dal lotto ceduto.

E' l'evoluzione dell'urbanistica a porre, poi, sul tappeto la questione dei crediti di volumetria, frutto del vantaggio per il privato discendente dall'atteggiamento collaborativo con l'amministrazione pubblica.

A differenza tuttavia della cessione di volumetria in senso proprio e della concentrazione di volumetria, quest'ultima fattispecie genera un incremento della densità edificatoria, che pone complessi problemi di ordine contrattuale, tali da permettere oggi di prendere in considerazione la possibilità di ammettere – in presenza di nuovi dati normativi, nazionali e regionali -la configurazione quale bene patrimonialmente valutabile dell'incremento di volumetria di un suolo edificabile.

2. Aspetti negoziali del trasferimento reale di cubatura, in senso proprio.

La peculiare caratteristica della cessione di cubatura in senso proprio, quale negozio finalizzato a determinare un incremento di edificabilità del suolo,(16) è la singolare coesione dell'interesse privato allo sfruttamento della capacità edificatoria di un determinato lotto di terreno più conforme alla volontà ed alle esigenze delle parti e dell'interesse pubblico al rispetto delle regole di programmazione territoriale come definite dagli strumenti urbanistici tempo per tempo vigenti(17).

I negozi “traslativi” della cubatura si collocano, insomma, nella linea di saldatura del diritto privato e del diritto pubblico, partecipando ad entrambi i sistemi.

Il negozio di diritto privato si pone quale presupposto imprescindibile per un idoneo rilascio del permesso di costruire richiesto dal cessionario allo scopo di edificare una maggiore volumetria di quella che le dimensioni del lotto svilupperebbe.

L'incremento e la corrispondente diminuzione della cubatura nei due lotti oggetto dell'attività negoziale delle parti fanno però seguito solo ed esclusivamente all'intervento della pubblica amministrazione: qualora all'atto negoziale non segua il permesso di costruire come richiesto dal beneficiario della cessione, quest'ultima non ha prodotto effetto alcuno; il permesso di costruire presuppone in modo indefettibile che la regolamentazione negoziale della fattispecie sia stata completata tra le parti(18).

E' stato sottolineato(19) che se si enfatizza la fase genetica della cessione, rappresentata dall'accordo tra le parti, la disciplina del caso andrebbe rinvenuta nel diritto privato, laddove ponendo attenzione alla fase conclusiva di rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato all'avente causa, il ricorso alle regole del diritto amministrativo sarebbe indispensabile. In realtà, il collegamento tra i due segmenti della fattispecie, non può giungere sino ad attribuire ad uno dei due un carattere tale sino ad affermarne la prevalenza assoluta delle sue regole sull'altro.

E', al proposito, accreditata l'opinione(20) secondo la quale il rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato, conforme al voluto delle parti, rappresenta la condicio iuris alla quale è subordinata l'efficacia del negozio concluso tra cedente e cessionario(21).

L'inedificabilità del lotto spogliato in tutto o in parte della volumetria e l'incremento corrispondente dell'area beneficiaria sono legati, insomma, da un vincolo funzionale e di corrispettività; il mancato o difettoso rilascio del permesso di costruire richiesto dal proprietario del fondo beneficiario non priva solo il negozio di “qualsiasi giustificazione determinandone così l'inefficacia”(22), ma addirittura non lo fa mai divenire efficace per quanto concerne il trasferimento della cubatura in modo definitivo, a far tempo dalla sua stipulazione iniziale.

Le due fattispecie (il procedimento diretto al rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato ed il negozio di diritto privato di cessione di volumetria) pur funzionalmente collegate, mantengono in definitiva una loro autonoma rilevanza(23); pur essendo unico il risultato perseguendo, voluto dai privati, le vicende delle due ipotesi, regolate dal diritto pubblico e dal diritto privato non solo restano perfettamente indipendenti tra loro, ma per certi versi appaiono reciprocamente irrilevanti.

In particolare, il contratto di cessione è perfettamente valido ed efficace indipendentemente dal rilascio del permesso di costruire, con conseguente piena applicazione ad esso delle regole che disciplinano la materia contrattuale dal punto di vista fisiologico e patologico.

Uno dei dubbi più frequenti sollevati dalla dottrina(24) con riguardo alla cessione di volumetria concerne proprio la difettosa tutela dell'interesse pubblico sotteso al collegamento tra il rilascio del permesso di costruire e la stipulazione del negozio di diritto privato avente ad oggetto il trasferimento della cubatura. La caducazione dell'accordo pattizio, magari discendente dal mutuo consenso delle parti, potrebbe recare con sé, infatti, quale conseguenza non voluta un grave pregiudizio all'assetto urbanistico di una certa area, ponendo il fondo vincolato in uno stato di inedificabilità permanente.

E' stato affermato(25), allora, che solo un accordo trilaterale tra cedente, cessionario e Comune potrebbe salvaguardare tutti gli interessi pubblici e privati in gioco(26).

Va, invero, segnalato che una siffatta ricostruzione – pur ispirata da ragioni apprezzabili – finirebbe per rendere ancor più complesso il meccanismo giuridico della fattispecie, quanto meno dal punto di vista pratico, senza per altro verso riscuotere il consenso pieno della giurisprudenza(27). E' preferibile affermare che ciascun segmento della materia è regolato dalla disciplina rispettiva, senza bisogno alcuno di trovare un margine comune a statuti giuridici tra loro del tutto autonomi.

Non vi è in concreto, inoltre, alcun pericolo per l'interesse pubblico che è sotteso alla disciplina urbanistica della materia.

L'eventuale nullità o invalidazione successiva o risoluzione(28) (anche per mutuo consenso) del contratto di trasferimento della cubatura, come è stato sottolineato(29), importa che il cessionario non possa avvalersi della maggiorata capacità edificatoria non ancora esercitata in tutto o in parte.

Se la costruzione non è stata ancora realizzata, la caducazione del contratto determinerà, infatti, certamente il mancato rilascio del permesso di costruire e nel caso in cui esso fosse già stato rilasciato, non la sua decadenza, quanto piuttosto la possibilità di un suo annullamento d'ufficio.

Se, invece, la costruzione è stata già realizzata, l'eliminazione del vincolo non vuol dire riespansione automatica della capacità edificatoria del fondo cedente la cubatura: un simile risultato sarà giuridicamente impossibile sino a quando sul terreno insisterà la costruzione che abbia esaurito in tutto o parzialmente la capacità edificatoria in conformità al rilasciato permesso di costruire(30).

In ipotesi, poi, di demolizione di tale ultimo manufatto, sia per effetto espresso dell'accordo obbligatorio di ripristino della situazione quo ante, sia quale effetto implicito della definitività della caducazione dell'accordo traslativo originario, ai due fondi saranno attribuite le capacità edificatorie che a ciascuno di essi spettavano secondo le prescrizioni urbanistiche primigenie, anteriori al negozio da esse stipulato fatta eccezione per il caso di una eventuale nuova regolamentazione pattizia, che moduli diversamente tra i fondi la volumetria ceduta(31).

Il rilievo dell'interesse pubblico al rispetto delle regole di programmazione urbanistica e ad una corretta, armonica ed omogenea espansione edilizia nel territorio interessato ha indotto poi parte minoritaria della dottrina(32) e della giurisprudenza(33) a svilire il ruolo giocato dall'autonomia privata nell'ambito della cessione di volumetria, tanto da qualificare in termini di assoluta superfluità qualsiasi accordo concluso dalle parti, non solo tra esse, ma addirittura anche nei confronti della pubblica Amministrazione.

Il momento essenziale e costitutivo della intera fattispecie sarebbe costituito, insomma, solo ed esclusivamente dal rilascio del permesso di costruire.

In una tale ottica, diviene sufficiente la mera adesione del proprietario “cedente” in qualsiasi modo essa sia stata manifestata, magari attraverso una mera firma apposta sull'istanza di permesso di costruire o anche ancor più semplicemente sugli estratti planovolumetrici allegati al progetto ed alla domanda medesima e che un tale impegno potrebbe risultare recepito in sede di rilascio del permesso di costruire stesso, mediante un'apposita clausola apposta su di esso(34).

Un primo indirizzo di matrice giurisprudenziale ormai risalente(35) richiede che il proprietario cedente manifesti espressamente la sua adesione al trasferimento mediante un atto d'obbligo, non ritenendo sufficienti a perfezionare il meccanismo traslativo la mera firma apposta sull'istanza di permesso di costruire avanzata dal proprietario del lotto ad quem o anche ancor più semplicemente sugli estratti planovolumetrici allegati al progetto ed alla domanda medesima, proprio perché insufficienti alla tutela delle ragioni dei terzi in quanto non aventi accesso ai registri immobiliari.

In senso parzialmente diverso, un risalente indirizzo della giurisprudenza amministrativa(36) ha, al proposito, affermato che, pur essendo legittima la richiesta da parte dell'amministrazione comunale di un atto d'obbligo unilaterale, non appare invero necessaria la sua trascrizione nei registri immobiliari presso l'agenzia del Territorio, dal momento che la tutela delle ragioni dei terzi estranei discende dalla semplice annotazione del vincolo negli atti amministrativi del Comune; la limitazione edificatoria di un lotto e la conseguente espansione dell'altro lotto deriva, insomma, soltanto esclusivamente dal provvedimento amministrativo(37).

Diverrebbe, in tal modo, irrilevante per la pubblica Amministrazione non solo l'intervenuto eventuale accordo tra le parti cedente e cessionaria, privo di qualsivoglia effetto sul completamento dell'iter di rilascio del richiesto permesso di costruire; diverrebbero, alla luce di una tale impostazione dogmatica, del pari assolutamente irrilevanti anche tutte le vicende successive alla stipulazione eventuale del contratto di cessione di volumetria (quali ad esempio l'annullamento, la rescissione, e la risoluzione per inadempimento o per mutuo consenso).

L'esigenza di salvaguardia dell'interesse pubblico sotteso all'intero procedimento, non deve però far dimenticare la necessità di tutela dell'interesse delle parti a conformare un assetto negoziale, per loro satisfattivo mediante l'espressione di un consenso libero e cosciente, e nel contempo rispettoso delle regole e dei principi e dell'interesse dei terzi a conoscere attraverso il regime della pubblicità immobiliare ( che presenta un elevato grado di accessibilità trasparenza e chiarezza) il trasferimento della cubatura sviluppata da un fondo all'altro.

Non è possibile, infatti, reputare sufficienti a tale scopo la mera sussistenza di provvedimenti amministrativi che legittimino lo spostamento della cubatura da un fondo all'altro, ancorché contenenti clausole che diano atto del trasferimento stesso.

La sottoscrizione della documentazione amministrativa non può mai surrogare e sostituire la predisposizione di strumenti negoziali, coscienti e volontari che siano a presidio del corrispondente assetto avente carattere squisitamente amministrativistico(38).

Né peraltro la scarsa o nulla considerazione del ruolo giocato in argomento dall'attività negoziale delle parti permetterebbe di comprendere come la pubblica Amministrazione possa consentire un effetto giuridico così importante quale il trasferimento della volumetria, che incide profondamente sulle facoltà del proprietario che subisce la minorazione totale o anche solo parziale della capacità edificatoria del proprio lotto, addirittura sulla base di una sua non formale adesione in qualità di cedente.

E' stato, in senso contrario, sostenuto(39), infatti, che nel caso di specie non si può prescindere da un vero e proprio accordo contrattuale tra le parti dal momento che qualsiasi atto dispositivo di un qualsiasi bene richiede sempre il consenso pieno del legittimo titolare affinché possa essere valido ed efficace, espresso nelle forme richieste dal legislatore.

Il corretto e chiaro assetto negoziale è espressione dell'accordo intercorso tra cedente e cessionario e non può allora che precedere giuridicamente e logicamente l'intervento della pubblica Amministrazione.

Indipendentemente, insomma, dalle vicende legate allo svolgimento della successiva fase amministrativa , “il negozio crea il vincolo sui beni e soddisfa l'interesse dei privati a consolidare il più possibile nel tempo (fino all'emanazione del permesso di costruire) l'assetto negoziale che concerne i fondi oggetto del rapporto contrattuale. Esso, si ribadisce, non realizza il trasferimento di cubatura in assenza del provvedimento della pubblica Amministrazione, ma garantisce in via immediata la creazione del vincolo di inedificabilità: tale risultato, per quanto parziale, sarà opponibile erga omnes mediante la trascrizione”(40).

Il collegamento tra il rapporto di diritto privato ed il rapporto di diritto pubblico è, insomma, reciproco(41), nel senso che il cd. permesso di costruire maggiorato può essere rilasciato al proprietario del lotto ad quem solo qualora sia stato stipulato un negozio idoneo dal punto di vista contrattuale a produrre l'effetto voluto tra le parti.

3. Natura giuridica del negozio di trasferimento di cubatura.

Il trasferimento della volumetria è in definitiva l'esito di un iter complesso al quale si può giungere attraverso un accordo tra cedente e cessionario al quale segue necessariamente il provvedimento amministrativo con il quale è autorizzata sul lotto del secondo lo sfruttamento di una cubatura incrementata in modo corrispondente alla diminuzione sul lotto del primo.

Se certamente, in estrema sintesi, l'efficacia del negozio traslativo è subordinata(42) al rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato, numerosi dubbi si sono affollati nella dottrina e nella giurisprudenza in ordine alla ricostruzione della natura giuridica della fattispecie(43).

Le ipotesi formulate in dottrina e giurisprudenza possono essere delineate come segue.

  • A) Il negozio ad effetti obbligatori.

Il contratto concluso dai privati produrrebbe, secondo una prima impostazione(44), solo ed esclusivamente effetti obbligatori quali l'impegno del soggetto cedente a non richiedere il permesso di costruire (per la intera o per la parte di cubatura trasferita) e ad attivarsi presso la pubblica Amministrazione affinché il permesso cd. maggiorato possa essere ottenuto dal soggetto cessionario.

La pubblica Amministrazione, unico destinatario immediato di una siffatta espressione di consenso(45), in tale ottica, recependo il trasferimento della volumetria, opererebbe una vera e propria modificazione degli strumenti urbanistici, non limitandosi in concreto semplicemente a recepire l'assetto negoziale formulato dalle parti interessate(46).

Fino al momento del rilascio del permesso di costruire corrispondente alla volontà delle parti tra i due soggetti proprietari dei fondi esisterebbe insomma solo un vincolo di natura obbligatoria, con la conseguenza che l'atto di trasferimento di volumetria non può essere trascritto nei registri immobiliari(47) e se trascritto la pubblicità avrebbe mero valore di pubblicità notizia.

La consapevolezza dei rischi che da un tale assunto deriverebbero per la circolazione immobiliare esponendo – in assenza di modalità agevoli di accertamento del dato reale - l'acquirente alla possibilità di acquistare un lotto che sia interamente privo della cubatura o che ne sia stato privato in parte, non costituirebbe per i fautori di essa un limite per tale tesi: il ricorso alla tutela fornita dall'art. 1489 c.c. rappresenterebbe strumento idoneo di salvaguardia, trattandosi essenzialmente di limitazioni legali alla proprietà(48), dal momento che il vincolo di inedificabilità assoluta o parziale discendente dal trasferimento della volumetria, deriverebbe direttamente dagli strumenti urbanistici e sarebbe pertanto opponibile erga omnes anche senza l'esecuzione di alcuna formalità nei registri immobiliari(49).

Tale vincolo sarebbe un onere gravante sulla proprietà ed il terzo acquirente potrebbe essere legittimato a chiedere la risoluzione del contratto o una congrua riduzione del prezzo nel caso in cui il venditore del lotto gravato non lo avesse dichiarato o qualora esso non fosse stato conosciuto dall'acquirente(50): non avrebbe alcun rilievo nei meccanismi della fisiologia e patologia contrattuale la conoscibilità del vincolo realizzata attraverso la lettura dei registri dell'Agenzia del Territorio competente(51).

Il rapporto intercorrente tra il negozio di diritto privato ed il provvedimento della pubblica Amministrazione può essere inquadrato nell'alveo di un procedimento amministrativo dal quale scaturirà poi l'effetto finale: il trasferimento di volumetria, in definitiva, non si collegherebbe ai singoli elementi di una fattispecie a formazione progressiva, ma al verificarsi dell'ultimo atto di un procedimento di carattere squisitamente amministrativo(52).

In tale luce diviene del tutto indifferente il modo con il quale viene espressa la volontà dei privati, essendo del tutto superflua la stipulazione di un atto nella forma addirittura pubblica: il consenso potrà assumere la veste di una mera adesione al progetto mediante istanza congiunta o mediante controfirma alla richiesta di permesso di costruire(53).

Una tale opinione, pur autorevolmente condivisa, non può essere, tuttavia, considerata conclusiva.

Può agevolmente obiettarsi in contrario che non solo accedendo alla natura obbligatoria del negozio di trasferimento della volumetria verrebbe meno la possibilità di opporre ai terzi il vincolo di inedificabilità costituito dal cedente sul lotto oggetto di trasferimento, ma addirittura si realizzerebbe l'effetto distorsivo per il quale sarebbero vincolati ed obbligati all'impegno assunto in sede costitutiva solo i primi soggetti obbligati e non i loro aventi causa a titolo particolare.

Verrebbe poi leso l'interesse della pubblica Amministrazione a realizzare in modo chiaro l'assetto urbanistico, mantenendo la cubatura media della zona.

La prospettiva esclusivamente pubblicistica non offrirebbe, da ultimo, sufficienti garanzia all'assetto degli interessi privati delle parti(54), in quanto l'obbligo di collaborazione del cedente finirebbe per essere ridotto a mera espressione dei principi generali in tema di esecuzione di buona fede o di integrazione contrattuale.

  • B) La cessione di contratto.

Secondo una impostazione originale(55), è possibile inquadrare dogmaticamente il negozio avente ad oggetto il trasferimento di cubatura nell'alveo della cessione di contratto: si tratterebbe, in concreto, della cessione a favore del soggetto beneficiario dell'incremento di volumetria della posizione contrattuale assunta dal privato nei confronti della pubblica Amministrazione.

Una tale opinione trae lo spunto dal fatto che dopo la legge del 28 gennaio 1977 n. 10 l'acquisto dello ius aedificandi da parte del titolare del diritto di proprietà del suolo avviene solo in seguito al rilascio del provvedimento concessorio (oggi permesso di costruire), previo pagamento degli oneri determinati dal legislatore: tra il pagamento degli oneri concessori e il rilascio del permesso di costruire sussisterebbe un nesso sinallagmatico, che consentirebbe di ricostruire dogmaticamente la fattispecie convenzionale come un contratto di diritto pubblico.

Il trasferimento di cubatura in tale ottica rientra agevolmente nello schema legale della cessione del contratto di cui all'art. 1406 c. c.; il proprietario del fondo che intende trasferire in tutto o in parte la volumetria sviluppata dal suo lotto in realtà cede al proprietario del fondo che otterrà il permesso cd. maggiorato la sua posizione contrattuale nei confronti della pubblica Amministrazione: il rilascio del permesso che utilizza la intera cubatura richiesta sarà espressione del consenso della stessa pubblica Amministrazione quale contraente ceduto.

Siffatto inquadramento reca con sé l'applicazione della disciplina di cui agli articoli 1406 e seguenti.

E' stato sottolineato che non costituisce ostacolo ad una tale tesi che le prestazioni siano state in parte già adempiute.

La previsione dell'art. 1406 c.c. laddove preclude la facoltà di cedere il contratto qualora una delle prestazioni sia stata già eseguita, ha carattere dispositivo ed è pertanto derogabile dall'autonomia dei privati: il pagamento degli oneri concessori non impedisce allora la cessione di un siffatto contratto.

Un primo limite di tale originale ricostruzione è costituito dall'impossibilità di effettuare una o più cessioni parziali (a favore di uno solo o anche a favore di più beneficiari) della volumetria sviluppata dal lotto di proprietà del soggetto cedente. In tal caso, infatti non si genererebbe una vera e propria cessione, bensì una pluralità di autonome cessioni “aventi ad oggetto frammenti o frazioni di una posizione contrattuale”(56).

Il vero ostacolo all'accoglimento di una tale impostazione discende, tuttavia, dal fatto che – come ormai è pacificamente accettato dopo la fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale del 30 gennaio 1980 n. 5(57) -lo ius aedificandi continua ad inerire alla proprietà, anche dopo l'approvazione della Legge 28 gennaio 1977 n. 10. La concessione ad edificare (oggi permesso di costruire) non attribuisce nuovi diritti e facoltà al proprietario, ma ha una funzione sostanzialmente assimilabile a quella della vecchia licenza edilizia.

L'impostazione proposta parte insomma dall'erroneo presupposto che l'entrata in vigore della Legge Bucalossi abbia modificato il regime amministrativistico previgente.

Inoltre, la cessione della posizione contrattuale importerebbe che il proprietario cessionario verrebbe a trovarsi nell'identica posizione giuridica del cedente con l'effetto quasi paradossale che potrebbe esercitare il proprio diritto non sul proprio fondo, bensì sul lotto del proprio dante causa(58).

Da ultimo, non pare secondaria la difficoltà che avrebbe un tale indirizzo ad ammettere la possibilità di trascrivere nei registri immobiliari una tale cessione.

  • C) Il diritto reale atipico.

Un indirizzo molto risalente della Suprema Corte(59) che ha trovato qualche riscontro in dottrina(60), ha qualificato la cessione di cubatura come un negozio traslativo di un diritto reale atipico.

Il proprietario del fondo che intende cedere in parte o integralmente una determinata volumetria in realtà dispone di un diritto a sé stante che trasferisce a favore del proprietario del fondo beneficiario, affinché quest'ultimo possa ottenere un permesso cd. maggiorato.

Oggetto del trasferimento è una delle facoltà della proprietà fondiaria e precisamente la facoltà di costruire; la cubatura costituirebbe in tale luce un oggetto del diritto a sé stante, una utilitas vera e propria ed un valore economico che il titolare può liberamente disporre e negoziare.

Una siffatta ricostruzione non contraddirebbe il principio del numero chiuso dei diritti reali, atteso che il paradigma legislativo che lo impone, può essere derogato da norme speciali e quindi dal legislatore medesimo. In particolare nella fattispecie in esame, le previsioni dei piani regolatori che disciplinano la cessione di volumetria costituirebbero espressione di un siffatto assunto.

La soluzione proposta della cubatura quale diritto reale atipico sembrerebbe da una parte coniugare la certezza dei rapporti tra privati e tra costoro e la pubblica Amministrazione, essendo necessaria da una parte la forma scritta ad substantiam e dall'altra assicurerebbe la opponibilità della convenzione ai terzi, ben potendo essere trascritta presso i registri immobiliari.

E' stato obiettato(61) che alla ammissibilità di una tale tesi non è di impedimento l'eventuale deroga al principio del numero chiuso, quanto “la regola che nega alle facoltà l'autonomia del diritto cui attengono”(62). E' inaccettabile, infatti, ammettere che le singole facoltà possano essere rese autonome e trasferite quali specifici diritti reali, dotati di vita propria e proprie regole di circolazione(63).

Una siffatta impostazione, qui criticata è, invero, espressione della concezione dei diritti reali come diritti parziari o frazionari, e cioè diritti aventi ad oggetto alcune soltanto delle facoltà comprese nel diritto di proprietà: il diritto di proprietà non è, in realtà, un fascio di facoltà autonome separabili, ma un diritto pieno ed unitario che può essere compresso per effetto della costituzione di diritti reali parziali per poi riespandersi a seguito della loro estinzione(64).

Appare forzato – secondo la serrata critica svolta a tale tesi(65) - anche il tentativo di configurare la volumetria quale bene a sé stante: in concreto, la cubatura non è altro che un termine tecnico, espressione del rapporto matematico ed ingegneristico tra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, in rappresentazione figurativa delle dimensioni che la futura costruzione dovrà avere(66).

  • D) La rinuncia.

Secondo un'altra impostazione(67) la cessione di volumetria costituirebbe una rinuncia dietro corrispettivo alla facoltà di edificare, alla quale farebbe seguito una richiesta di permesso di costruire che tenga conto dell'intervenuta minorazione da parte di un terzo beneficiario. La pubblica Amministrazione rilascerebbe al terzo un permesso di costruire cd. maggiorato proprio sul presupposto dell'intervenuta rinuncia che avrebbe in tale ottica un carattere meramente abdicativo (e non traslativo).

Sarebbe sufficiente l'impegno del cedente a rinunciare allo sfruttamento di tutta o parte della cubatura del proprio fondo a consentire al rinunciante ad utilizzare per sé la volumetria necessaria. Il titolo al permesso di costruire cd. maggiorato in capo al soggetto beneficiario discenderebbe proprio dall'intervenuta rinuncia.

L'incremento edificatorio non è collegato, tuttavia, direttamente all'atto abdicativo, bensì al provvedimento amministrativo.

Tale opinione ha subito numerose critiche da parte della dottrina.

E' stato osservato(68), al proposito, che non è chiaro quale sia il diritto oggetto di siffatta rinuncia.

Qualora si affermasse che oggetto della rinuncia è il diritto di edificare a sé stante, si andrebbe contro il principio di tipicità e numerus clausus dei diritti reali(69); qualora, invece, si sostenesse che, in realtà, si tratti di una mera rinuncia alla facoltà di costruire, si contraddirebbe piuttosto l'assunto che il contenuto del diritto di proprietà non solo non può essere modulato dalla mera volontà delle parti, ma che le facoltà in esso comprese non possono formare oggetto di autonomi atti dispositivi.

Inoltre, è stato rilevato(70) che la rinuncia abdicativa è un negozio unilaterale, non recettizio ed irrevocabile, mediante il quale un soggetto “dismette puramente e semplicemente un diritto di cui è titolare, senza trasferirlo ad altri e indipendentemente dal fatto che il diritto rinunziato si estingua o venga acquistato da un altro soggetto”(71).

In concreto, è agevole, insomma, rilevare che non vi è alcun collegamento tra la diminuzione della volumetria del fondo appartenente al soggetto rinunciante e l'incremento della capacità edificatoria di un altro fondo e soprattutto delle ragioni per le quali un lotto piuttosto di un altro benefici di una siffatta espansione della capacità edificatoria. E' difficile in una tale ottica fornire una spiegazione delle ragioni per le quali un determinato cessionario piuttosto che un altro benefici degli effetti favorevoli della rinuncia. La rinuncia infatti “non è direttamente a favore di alcuno”, ma “in modo indiretto se ne avvantaggiano tutti coloro che si trovano in una determinata posizione”(72).

Né è sufficiente a superare simili obiezioni la considerazione che la rinuncia ha quale beneficiaria solo ed esclusivamente la pubblica Amministrazione(73): una tale ricostruzione non fotografa certo la fattispecie in esame nella quale il cedente non vuole solo abdicare ad un proprio diritto, bensì indica espressamente il beneficiario di una tale attribuzione; si tratterebbe in definitiva di una rinunzia traslativa avente ad oggetto un diritto reale non propriamente definito, finendo con esporsi alle medesime critiche formulate nei confronti dell'opinione che ricostruisce quale diritto reale atipico la fattispecie in esame.

Analoghe obiezioni incontrerebbe anche una ricostruzione della fattispecie(74) quale rinuncia cd. traslativa, nella quale alla rinuncia del cedente corrisponderebbe l'incremento della volumetria del fondo appartenente al soggetto cessionario; ed in concreto una siffatta rinuncia non sarebbe altro se non un comune negozio traslativo(75).

  • E) Il diritto di superficie.

Un risalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità(76) ha tentato di ricondurre la fattispecie della cessione di volumetria alla costituzione del diritto di superficie, affermando che l'acquisto della cubatura realizza il medesimo effetto di un concessione ad aedificandum e conseguentemente il trasferimento di diritti da un fondo all'altro.

In realtà nell'ipotesi in questione, l'elemento del tutto peculiare è rappresentato dal fatto che il diritto di costruire venga esercitato non sul fondo del cedente, ma sul diverso lotto del beneficiario dell'attribuzione, ottenendo il rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato.

L'art. 952 c.c. dispone al primo comma che il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà ed al secondo comma che egli può alienare la proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo stesso.

Il principale vizio di una siffatta ricostruzione dipende dal fatto che la potenzialità edificatoria del fondo gravato dal diritto su cosa altrui viene sfruttata in un lotto diverso da quello che la origina(77); un tale meccanismo che altera lo schema tipico del diritto di superficie consistente esclusivamente nel diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri o nella possibilità di alienare la proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo stesso, confligge ancora una volta con il principio del numero chiuso dei diritti reali, inibendo l'accoglimento di una siffatta proposta di soluzione(78).

Secondo un'opinione(79) che rielabora lo spunto offerto dall'art. 952 c. c., nel caso di specie si tratterebbe in particolare di una sorta di evoluzione della ipotesi regolata dal legislatore, in quanto oggetto del trasferimento della cubatura sarebbe in realtà una costruzione non ancora esistente.

Tale impostazione incontra però la critica di chi(80) afferma correttamente che in tal caso oggetto del contratto sarebbe un bene futuro (la costruzione non ancora realizzata) e non la cubatura in sé; inoltre, se l'oggetto dell'alienazione di una costruzione da effettuare è una cosa determinata, la cessione di cubatura sembrerebbe aver ad oggetto una mera facoltà di edificare da esercitarsi su un suolo altrui(81).

  • F) Il vincolo di destinazione puro.

Secondo un'impostazione originale(82) con l'atto di cessione di cubatura il proprietario del fondo imporrebbe a favore del lotto confinante un vincolo di destinazione, consistente nell'obbligo di “non utilizzare l'area di sua proprietà a fini edificatori” ossia di “non modificare lo stato di fatto dell'immobile mediante la costruzione di edifici”(83).

Si tratterebbe, in altre parole, di un atto di disposizione avente contenuto negativo che certamente rientra agevolmente nel contenuto tipico del diritto di proprietà.

La riconduzione, poi, di un siffatto vincolo destinatorio alla disciplina sic et simpliciter dell'art. 1379 c.c. (secondo la quale appunto esso deve rispondere ad un apprezzabile interesse di una delle parti, ha efficacia obbligatoria solo tra le parti, non è opponibile ai terzi ed infine ha carattere temporaneo, dovendo essere contenuto entro apprezzabili canoni temporali) risulterebbe, invero, quasi del tutto inutile dal punto di vista concreto, a meno di non attribuire ad un tale vincolo caratteristiche del tutto atipiche rispetto alla previsione codicistica che consistono proprio nella perpetuità e nella realità e che invece difettano nello schema legale della ricordata disposizione.

Nessun dubbio sussiste, anche secondo una siffatta opinione, in ordine alla ricostruzione degli interessi in gioco, rispettivamente dei privati ad ottenere un permesso di costruire cd. maggiorato e della pubblica Amministrazione al rispetto della programmazione urbanistica e con essa dell'assetto urbanistico edilizio del territorio.

La lettura e l'analisi della fattispecie devono essere affrontate allora in modo diverso.

Secondo una pronuncia della Suprema Corte(84) in materia di vincoli urbanistici discendenti dalla adesione a convenzioni urbanistiche, va esclusa l'affermazione del carattere meramente obbligatorio degli impegni assunti, in specie in ordine al divieto di alienazione; non può essere congruo il richiamo all'art. 1379 c. c., che concerne piuttosto solo limitazioni alla circolazione dei beni poste nell'interesse esclusivamente privato, ma deve essere riconosciuta invece, l'operatività dei vincoli anche nei confronti dei terzi , proprio in considerazione degli interessi di rango generale che sono in gioco nel caso in esame.

In tale ottica, la disciplina privatistica può subire delle deroghe in considerazione appunto del rilievo pubblico degli interessi coinvolti: un tale assunto offrirebbe, allora, una spiegazione condivisibile del perché un vincolo destinatorio (imposto da un soggetto privato) potrebbe avere carattere reale e perpetuo, nonostante la espressa previsione in contrario dell'art. 1379 c. c..

L'Autore(85) che ha formulato tale tesi è, tuttavia, ben consapevole del fatto che l'imposizione di un vincolo di destinazione, atipico nel contenuto e negli effetti, pur permettendo il sorgere del limite (reale e perpetuo) all'edificabilità nel fondo a quo, non consente di comprendere come si realizzi tecnicamente l'incremento di cubatura nel fondo ad quem e tenta, pertanto, di offrire una spiegazione.

All'atto di “dismissione” della volumetria da parte del soggetto cedente, secondo tale indirizzo, corrisponde il potere per il Comune di redistribuire tra i proprietari dei fondi aventi le caratteristiche previste dagli strumento urbanistici la volumetria non utilizzata.

La scelta comunale della distribuzione della volumetria volontariamente non utilizzata dal cedente in modo generalizzato e diffuso è regolata dalle norme urbanistiche vigenti, ma può essere conformata in modo diverso allorquando sussista un accordo espresso tra i privati interessati o anche solo tra alcuni di loro, sia pure nel rispetto dei rigidi limiti (spaziali e qualitativi) imposti dalle regole tempo per tempo vigenti.

Non vi è, dunque, alcun ostacolo logico giuridico ad ammettere la possibilità di una regolamentazione pattizia della distribuzione della cubatura non impiegata dal cedente ad uno o tra più cessionari secondo le regole del diritto privato, né ciò potrebbe mai contrastare con un interesse avverso della pubblica Amministrazione; appare tuttavia preferibile, proprio in tale luce, che l'atto di destinazione abbia una struttura bilaterale o plurilaterale, in modo da far accettare espressamente e senza dubbio alcuno i beneficiari dell'attribuzione(86).

Il trasferimento della volumetria costituisce, insomma, il momento finale al quale si giunge attraverso due distinti atti: l'atto d'obbligo privato avente una struttura bilaterale mediante il quale è imposto sul fondo a quo un vincolo di destinazione nella specie di un vincolo di inedificabilità, dal quale deriva il depauperamento della volumetria; il provvedimento amministrativo cd. maggiorato dal quale consegue la redistribuzione o l'assegnazione della cubatura non utilizzata.

Il Comune, in conclusione, mediante il proprio provvedimento verifica la condicio iuris alla quale è assoggettata l'efficacia dell'intera operazione.

Un tale atto di destinazione, formalizzato in atto pubblico o in una scrittura privata autenticata potrà essere trascritto rendendo opponibile il trasferimento di volumetria intervenuto ai terzi, mediante l'esame dei registri immobiliari.

Sembra all'Autore(87) poi che possano essere agevolmente superate anche le autorevoli obiezioni in tema di chi(88) reputa non trascrivibili le convenzioni concluse tra privati a norma dell'art. 1379 c.c..

Rileva questo Autore, infatti, al proposito, che la circolare del Ministero delle Finanze 2 maggio 1995 n. 128 recante istruzioni per la compilazione delle note di trascrizione in applicazione della Legge 27 febbraio 1985 n. 52 ammette la trascrizione degli atti unilaterali di obbligo, senza esclusione alcuna, almeno espressa, per gli atti bilaterali. L'atto impositivo del vincolo può essere tecnicamente inquadrato nell'alveo degli atti d'obbligo con conseguente accesso alla pubblicità immobiliare.

Ed aggiunge che anche il principio di tassatività di cui all'art. 2645 c.c. secondo il quale deve rendersi pubblico ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti reali immobiliari taluno degli effetti di cui all'art. 2643 c.c. , debba essere letto in modo attenuato, permettendo in ogni caso la trascrizione “di quei diritti immobiliari assimilabili ai diritti reali atipici in quanto si traducono in un peso della proprietà immobiliare”(89). In definitiva, se l'art. 2645 c.c. producesse i medesimi effetti dell'art. 2643 c.c. sarebbe privo di autonomo contenuto e rappresenterebbe un'inutile duplicazione di norme.

Da ultimo, un limite alla possibilità di eseguire la formalità della trascrizione nei registri immobiliari può avere ragione di esistere solo in relazione ad interessi di rango privatistico, ma non laddove la fattispecie complessa è frutto di una singolare coesione di interessi pubblici e privati, meritevole di godere di un pieno regime di opponibilità negoziale.

Il difetto di una tale impostazione, che precorre i tempi postulando un ricorso al meccanismo del vincolo destinatorio in urbanistica, ben prima della introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell'art. 2645 ter c.c. , è rappresentato proprio dalla difficoltà di immaginare il ricorso ad uno strumento quale il vincolo di destinazione che difetta – in assenza di un dato positivo che sarà temporalmente successivo alla proposta tesi – in concreto esattamente dei requisiti della realità e della perpetuità che costituirebbero invece il valore aggiunto di una tale fattispecie e dall'inane sforzo dogmatico di suggerire una nuova conformazione dell'istituto che, in virtù del carattere pubblico degli interessi in gioco, acquisti proprio le due caratteristiche ontologicamente mancanti.

Sembra in realtà che il ricorso al vincolo di destinazione, sia pure originale nella sua proposta, miri esclusivamente a sostituire i riferimenti normativi alla servitù di non edificazione e alla servitù altius non tollendi di cui appresso, senza risolverne i dubbi, ed anzi enfatizzandone le perplessità.

  • G) Il vincolo di destinazione di cui all'art. 2645 ter c.c..

E' stato affrontata dalla dottrina(90) la possibilità di ricostruire la fattispecie della cessione di volumetria utilizzando il nuovo schema offerto dall'art. 2645 ter c.c.. che dispone la trascrivibilità nei registri immobiliari del vincolo di destinazione che sia destinato a soddisfare un interesse meritevole di tutela da parte della pubblica Amministrazione.

In realtà, mediante la cessione di volumetria la potenzialità edificatoria di un lotto viene sfruttata dal lotto limitante in senso urbanisticamente rilevante; non si destina il proprio bene a qualcosa, ma si rinuncia semplicemente alla sua capacità edificatoria a favore di un'area appartenente a un diverso proprietario.

Si è quindi al di fuori del meccanismo destinatorio di cui all'art. 2645 ter c.c. , che rende funzionale all'interesse la destinazione, atteso peraltro il contenuto preparatorio di un siffatto contratto, in considerazione del fatto che solo il rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato permetterà la realizzazione dell'interesse prospettato tra le parti e l'utilizzazione della maggior volumetria sul fondo ad quem.

  • H) La costituzione di servitù.

Il trasferimento della volumetria è stato, poi, ricondotto allo schema legale della servitù: la cessione di cubatura sarebbe, in concreto, un negozio mediante il quale il proprietario di un fondo lo grava volontariamente di un peso a favore di un altro lotto. Il contenuto innominato degli schemi tipici delle servitù consentirebbe nel caso di specie di coniugare il rispetto del principio della tipicità dei diritti reali, con una soddisfacente ricostruzione dogmatica della fattispecie, assicurando piena conoscibilità ai terzi, mediante il ricorso alla pubblicità immobiliare(91).

Secondo una siffatta impostazione, di matrice dottrinale(92) e giurisprudenziale(93), che “soddisfa esigenze di certezza giuridica e di effettività delle previsioni urbanistiche”(94) attraverso la cessione di cubatura si restringono in via permanente i poteri connessi al proprietario cedente in relazione al bene di cui è proprietario e si incrementa la particolare utilità rappresentata dalla capacità edificatoria del fondo appartenente ad un diverso proprietario: simili pattuizioni attribuiscono all'area che ne beneficia vantaggi che possono agevolmente essere ricondotti ad una qualitas fundi conducendo di conseguenza la fattispecie al tipo servitù.

In particolare, nell'ipotesi in cui il cedente spogli integralmente della capacità edificatoria il fondo servente in modo tale che – sulla base degli indici al tempo vigenti – non possa esser più realizzato alcun manufatto, lo schema legale sarà quello della servitù di non edificazione; qualora piuttosto le parti intendano realizzare un parziale trasferimento della cubatura, il meccanismo tipico di riferimento potrà essere la servitù altius non tollendi(95) , in modo tale che il cedente possa utilizzare egli stesso sul proprio lotto un manufatto che impieghi la residua cubatura oppure possa cederla a terzi.

Siffatte limitazioni alla edificabilità restringono i poteri connessi al diritto di proprietà sull'area gravata, assicurando nel contempo un'espansione della capacità edificatoria dell'area che ne beneficia(96).

La cessione di cubatura segue, insomma, dal punto di vista contenutistico della entità della cubatura trasferita, le regole urbanistiche vigenti al tempo della stipulazione del negozio.

In nessuno dei due casi (cessione integrale o trasferimento parziale della volumetria) può, infatti, essere escluso che a causa di un mutamento successivo alla conclusione del contratto delle regole urbanistiche che attribuiscano al fondo a quo un ulteriore residuo di cubatura utilizzabile, quest'ultimo possa essere sfruttato o direttamente o ancora mediante una ulteriore cessione a soggetti terzi.

La cessione di volumetria avrebbe, inoltre, tutti i requisiti richiesti dal legislatore per la costituzione della servitù.

Nel rispetto del dettato positivo (conforme all'antico broccardo nemini res sua servit) il trasferimento può avere luogo solo laddove i fondi appartengano a diversi proprietari.

Se la pluralità soggettiva è elemento essenziale, l'ipotesi della concentrazione di cubatura, potrebbe anch'essa essere ricondotta allo schema legale della servitù sub specie di una servitù per destinazione del padre di famiglia a norma dell'art. 1062 c. c.(97), con il vantaggio evidente di rendere opponibile la fattispecie ai terzi, a certe condizioni, allorquando i due o più fondi, cessino di appartenere allo stesso proprietario(98).

In ossequio poi al canone secondo il quale praedia vicina esse debent, i fondi oggetto attivamente e passivamente della cessione devono essere confinanti.

Ricondurre la cessione di volumetria nello schema legale della servitù presenta, poi, l'indubbio vantaggio della trascrivibilità e con essa della emersione pubblicitaria di una tale convenzione(99).

E' stato rilevato(100) che il ricorso al meccanismo legale delle servitù non aedificandi o altius non tollendi offrirebbe una spiegazione chiara alla nascita del vincolo sul fondo appartenente al cedente, ma non permetterebbe di comprendere come si verifichi tecnicamente il corrispondente incremento della volumetria in capo al cessionario; infatti, a differenza della mera imposizione del peso della servitù, che si esaurisce in un semplice non facere, nella cessione di volumetria vi è un quid pluris rappresentato dal diritto(101) da parte del soggetto proprietario del fondo ad quem di utilizzare una cubatura maggiore di quella originariamente sviluppata dal lotto medesimo.

Una soluzione alla questione è proposta da chi(102) afferma – in linea con l'assunto secondo il quale le servitù possono avere un contenuto atipico - che nel caso di specie potrebbe essere configurata una servitù di non edificare finalizzata o qualificata, nella quale il peso sul fondo servente non consisterebbe solo in un mero non facere, ma anche in pati : il cedente sopporta, infatti, che sul fondo limitante (in senso urbanistico) insista un manufatto avente una volumetria maggiore di quella prevista dagli strumenti urbanistici, dopo il rilascio del nuovo permesso di costruire. L'obbligo di non edificare avrebbe un significato diverso dalla tipica servitù di non edificare, atteso che esso concernerebbe solo una certa cubatura e non impedirebbe al proprietario del fondo servente di sfruttare l'eventuale cubatura residua.

In concreto, all'atto di trasferimento della cubatura deve accompagnarsi un atto d'obbligo (unilaterale o anche bilaterale) con il quale il cedente rende irrevocabile la sua volontà anche nei confronti della pubblica Amministrazione o piuttosto l'assunzione da parte sua di uno specifico obbligo contrattuale di rogare siffatto atto a semplice richiesta del cessionario. Un tale atto, sottratto alle vicende risolutorie dei contratti, avrebbe il pregio della irrevocabilità, salvo espressa autorizzazione da parte della pubblica Amministrazione(103).

In alternativa, il cessionario, nel cui interesse il procedimento si svolge, potrebbe essere costituito mandatario in rem propriam alla stipula di un siffatto atto d'obbligo appena richiesto dalla pubblica Amministrazione(104).

Alla prima critica secondo la quale talora il meccanismo tecnico della cessione di volumetria può essere attuato anche tra lotti non contigui, magari spazialmente lontani tra loro, in violazione del principio per il quale praedia vicina esse debent(105), è stato obiettato che un siffatto requisito deve essere valutato specificamente con riguardo alla zona nella quale entrambi i fondi sono compresi.

Alla successiva critica per la quale l'utilità dedotta in servitù deve avere il carattere della permanenza, dato che non è possibile riscontrare nel caso di specie dal momento che il vantaggio per il cessionario si esaurisce nel mero rilascio del cd. permesso di costruire cd. maggiorato, è agevole rispondere invece che l'utilità della maggior cubatura non si esaurisce con la realizzazione dell'edificio, ma che essa può essere riutilizzata in occasione di una eventuale ricostruzione dello stesso manufatto(106).

E' stato poi obiettato(107) che ad una siffatta servitù mancherebbe il requisito dell'inerenza oggettiva e soprattutto non sarebbe ravvisabile nel caso di specie l'asservimento attuale di un fondo a favore dell'altro confinante, dal momento che il provvedimento concessorio è in ogni caso indispensabile affinché possa configurarsi una utilitas: il rilascio del permesso di costruire non è, insomma, condizione di efficacia, bensì un elemento costitutivo della fattispecie(108).

In realtà, in senso contrario alla pur autorevole critica, può rappresentarsi che è vero che la utilità deve necessariamente esser presente, ma essa può essere legata, nella prospettazione negoziale formulata dalle parti, ad un elemento futurante quale il provvedimento amministrativo. Ed è proprio una siffatta configurazione, resa nella forma dell'assoggettamento di un fondo a vantaggio dell'utilità temporalmente prossima dell'altro lotto a dare espressione dell'inerenza reale della fattispecie che non può che essere qualificata che in termini di realità.

In particolare, che una servitù possa essere costituita per vantaggio futuro era già ammesso dalla giurisprudenza romana(109): l'art. 1029 c.c. oggi dispone espressamente che la costituzione della servitù possa assicurare ad un fondo un vantaggio futuro(110).

La ratio di una tale norma va rinvenuta nelle esigenze di costituire i presupposti che possano permettere di meglio fruire delle utilità dei fondi(111), in attuazione del “principio di previsione economica”(112).

Per vantaggio futuro, non si intende l'astratta utilità collegata ad ogni forma di servitù(113), ma un qualcosa di diverso: l'utilità deve essere attuale, il vantaggio può essere infatti futuro ed eventuale(114).

Ricorda la dottrina(115) che “generalmente utilità e vantaggio coincidono. Ma possono essere disgiunti nel tempo”. Il futuro di cui all'art. 1029 c.c. non è il futuro certo (come nel caso della costituzione di servitù di derivazione di acqua piovana, in cui il vantaggio è rimandato nel tempo ma sicuro nella sua verificazione), ma il futuro eventuale (come nell'ipotesi della costituzione di una servitù rispetto all'acqua che si potrà scoprire).

La servitù, al tempo della sua costituzione, contiene in sé tutti gli elementi essenziali per la sua venuta ad esistenza previsti dalle norme, ivi comprese le utilità e produce effetti immediati, ponendo in essere il vincolo a favore del fondo dominante(116); futuro ed eventuale non è, in altre parole, l'effetto che è attuale ed immediato(117), ma la possibilità di esercizio concreto della servitù(118).

E' stato poi sottolineato(119) che il vantaggio futuro non è un elemento condizionale della fattispecie: la costituzione della servitù è condizionata qualora la futurità non riguardi il vantaggio oppure il vantaggio futuro sia dedotto quale condizione in modo espresso, con l'effetto di escludere all'ipotesi in questione la disciplina speciale di cui all'art. 1029 primo comma c.c..

Nel caso di specie, insomma, la costituzione della servitù di non edificazione o della servitù altius non tollendi sub specie di servitù a vantaggio futuro permette di focalizzare e scandire anche tecnicamente i due tempi della fattispecie: il primo che consiste nell'imposizione del limite all'edificazione del fondo servente, limite che produce effetto immediato tra le parti, indipendentemente dal rilascio del permesso di costruire e che rende possibile nel secondo momento, all'esito positivo del procedimento amministrativo, il trasferimento finale della cubatura da un lotto all'altro; il futuro incremento edificatorio del fondo dominante, che è invece strettamente connesso al rilascio del provvedimento da parte della pubblica Amministrazione, costituisce, infatti, il vantaggio (in senso tecnico) del fondo dominante, vantaggio che è futuro ed eventuale, ma è nel contempo un elemento costitutivo della fattispecie, fatta salva(120) in ogni caso una chiara ed espressa configurazione negoziale da parte degli interessati, di esso quale elemento esterno e condizionale del negozio costitutivo medesimo(121).

4. La concentrazione di volumetria ( il cd. accorpamento di cubatura).

Accanto alla figura della cessione di volumetria in senso proprio, nella quale la pluralità soggettiva è elemento essenziale, vi è l'ipotesi della concentrazione di cubatura (detta anche accorpamento di cubatura), che si realizza allorquando l'unico proprietario di più aree contigue, intende utilizzare l'intera cubatura solo su una di esse.

L'ipotesi della concentrazione di cubatura si realizza in particolare allorquando l'unico proprietario di più aree vicine tra loro in senso urbanisticamente rilevante, intenda utilizzare l'intera cubatura sviluppata dal proprio lotto, solo su una di esse o solo su alcune di esse.

E' necessario innanzi tutto che i fondi siano posti all'interno della medesima zona urbanistica o che almeno abbiano almeno la medesima destinazione urbanistica: si tratta, insomma, di un doppio limite di tipo quantitativo e qualitativo(122).

E' stato posto in dubbio che l'accorpamento di cubatura presupponga che le aree idonee alla realizzazione di una siffatta operazione urbanistica siano necessariamente tra loro confinanti.

E', invero, piuttosto sufficiente la contiguità dei lotti, che va intesa non nel senso di continuità spaziale tra i terreni in oggetto, bensì nel senso di collegamento tra i lotti tale da consentire che alla contrazione della capacità edificatoria dell'una, mediante l'imposizione di uno specifico vincolo di inedificabilità, possa agevolmente fare da contrappunto l'espansione della volumetria utilizzabile dell'altra(123).

Devono, tuttavia, essere individuate delle limitazioni.

E' stata esclusa innanzi tutto la contiguità delle aree allorquando esse, pur appartenenti al medesimo proprietario, siano nello stato di fatto tra loro separate da elementi naturali o artificiali (quali in via meramente esemplificativa, corsi d'acqua, strade, muraglioni o ancora aree di proprietà altrui interposte).

Può, invece, secondo la giurisprudenza amministrativa(124), prescindersi integralmente dal requisito della contiguità nel caso in cui oggetto dell'attività edilizia siano costruzioni realizzande in zone agricole, caratterizzate dall'esistenza di attività agricole svolte dall'unico soggetto, proprietario della pluralità degli appezzamenti di terreno in oggetto.

E' discusso nella rara dottrina e giurisprudenza(125) che hanno affrontato la questione, quali siano i requisiti formali per porre correttamente in essere l'operazione di accorpamento o concentrazione di cubatura.

In prima approssimazione, il proprietario di tutte le aree non dovrà porre in essere alcun atto negoziale rilevante dal punto di vista privatistico. Anzi in concreto, il vincolo sull'area complessivamente intesa discende proprio dalla sua utilizzazione edificatoria, in virtù del permesso di costruire come rilasciato dall'autorità amministrativa e non richiede alcun atto sacramentale o, vieppiù, di tipo negoziale(126).

L'insoddisfazione che una tale soluzione lascia nell'interprete, teso alla ricerca di una soluzione tecnica che coniughi i principi e le regole con l'esigenza di chiarezza e di salvaguardia delle ragioni e dell'affidamento dei terzi, impone di continuare l'indagine.

Secondo un'altra impostazione(127) l'obbligo di trascrizione del negozio con il quale il proprietario unico di un compendio rinuncia alla edificabilità su una certa area, deve essere trascritto in ottemperanza al principio di tutela dell'affidamento; oggetto di una tale rinuncia sarebbe un diritto di superficie, la rinuncia al quale dovrebbe esser trascritta a norma dell'art. 2643, n. 5 c.c. , garantendo l'opponibilità del vincolo ai terzi. Il negozio giuridico nel quale si sostanzia una siffatta rinuncia è l'atto di asservimento o di obbligo dal quale nasce il vincolo di inedificabilità.

Va, al riguardo, precisato che la necessità o l'opportunità di trascrivere un negozio segue e non precede, come parrebbe piuttosto dall'esposizione della appena ricordata tesi, la determinazione della sua natura giuridica: la esecuzione delle formalità presso gli uffici dell'Agenzia del Territorio discende, infatti, da una tipica previsione normativa; inoltre, il diritto di superficie, così come disciplinato dal legislatore del 1942, presuppone necessariamente l'alterità soggettiva, elemento quest'ultimo che nel caso di specie difetta chiaramente.

E' stato proposto(128) inoltre anche il richiamo nel caso di specie all'istituto dell'obbligazione reale, che è caratterizzata dall'ambulatorietà passiva del rapporto, atteso che l'obbligato è individuato attraverso il suo collegamento reale con il bene dedotto in obbligazione. Va in contrario osservato che siffatte obbligazioni, invero, richiedono quale fonte una chiara previsione di legge, che nella fattispecie evidentemente difetta.

Non sembra neppure utilizzabile nell'ipotesi della concentrazione di cubatura, come idoneo strumento dal quale potrebbe risultare la modulazione della cubatura nel lotto al tempo della rivendita da parte dell'originario unico proprietario, il certificato di destinazione urbanistica(129); a tale proposito, piuttosto complesso e discusso appare il problema del giudizio sulla sufficienza del suo contenuto minimo; è però pacifico che costituisce nucleo essenziale di un siffatto documento l'esatta indicazione delle prescrizioni riguardanti l'area interessata – in via meramente esemplificativa – in ordine allo strumento urbanistico vigente ed eventualmente in adozione (per il conseguente effetto di salvaguardia), alla zona omogenea nella quale è posta l'area in oggetto, alle tipologie consentite ossia della destinazione d'uso realizzabile nell'area interessata, dei parametri edilizi ed urbanistici relativi alla futura edificazione, ed ancora all'obbligo o meno di adozione di strumenti attuativi (o della loro esistenza) e delle eventuali altre prescrizioni rilevanti contenute nei medesimi strumenti urbanistici(130).

Nell'ipotesi in esame, in concreto, il presupposto evidente della richiesta di permesso di costruire da parte dell'unico proprietario è la modulazione della cubatura sull'intero compendio in modo non direttamente corrispondente alla volumetria che ciascuna singola area (come catastalmente identificata e definita) potrebbe sviluppare da sola. L'esigenza di un'emersione documentale e pubblicitaria del fenomeno è funzionale al trasferimento futuro ed eventuale della proprietà di una parte del maggior appezzamento o alla costituzione su di esso di diritti reali di godimento.

Potrebbero, allora, essere utilizzate, al proposito, le conclusioni raggiunte a proposito della cessione di cubatura. Tuttavia, la difficoltà di una riconduzione anche dell'ipotesi in esame allo schema della servitù discende dal fatto che la costituzione di essa può avere luogo solo laddove i fondi appartengano a diversi proprietari. La pluralità soggettiva è, infatti, elemento essenziale, nel rispetto del dato positivo, conformato sull'antico broccardo nemini res sua servit.

Vi sono, comunque, degli spazi argomentativi che potrebbero essere sfruttati.

La fattispecie potrebbe, allora, essere ricostruita, infatti, attingendo allo schema legale della servitù sub specie di una servitù per destinazione del padre di famiglia a norma dell'art. 1062 c. c.(131) ed alle letture di esso fattene dagli interpreti(132), con evidenti vantaggi dal punto di vista della chiarezza e certezza dei rapporti giuridici, nei successivi trasferimenti a qualsivoglia titolo di porzioni di area facenti parte del maggior compendio oggetto della concentrazione o accorpamento di cubatura.

L'art. 1062 c.c. recita al primo comma che la destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta mediante qualunque genere di prova che due fondi attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario e che questo ha posto e lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.

Una siffatta costituzione non è, tuttavia, ricollegata dal legislatore del 1942 ad una manifestazione negoziale del padre di famiglia dal momento che è sufficiente che costui abbia posto (o lasciato) le cose in uno stato di fatto dal quale risulti la sussistenza della servitù, con un comportamento volontario qualificabile tecnicamente come atto giuridico in senso stretto. E' necessario, peraltro, che una tale situazione di asservimento di una porzione del fondo all'altra emerga oggettivamente da segni visibili(133).

Dispone, inoltre, il secondo comma dell'art.1062 c.c. che se i due fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario senza la previsione di alcuna disposizione in ordine alla costituzione ed alla configurazione della servitù “questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati”.

In assenza di indicazioni espresse e contrarie da parte del dante causa(134), consistenti magari anche in una specifica clausola, purché non di stile(135), la servitù si intende costituita, insomma, in virtù del preciso disposto di legge.

E' del tutto irrilevante qualsiasi riferimento alla volontà o all'intenzione dell'originario proprietario in ordine alla costituzione della servitù, rilevando quest'ultima solo per escluderne l'insorgere, purchè il diverso avviso risulti in modo chiaro.

In realtà, nel momento in cui le diverse aree del maggior fondo cesseranno di appartenere al medesimo proprietario sussisteranno tutti i presupposti per la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia ex art. 1062 c.c. , che non discende da qualsivoglia attività negoziale posta in essere dall'unico proprietario, bensì dalla visibile e oggettiva situazione di subordinazione esistente di fatto(136).

I presupposti di un istituto che ha la caratteristica della non negozialità(137), devono essere rinvenuti nella preesistente appartenenza e di possesso dei due fondi (o di due o più porzioni del medesimo fondo) al medesimo unico proprietario(138), nonché in uno stato di oggettivo(139) assoggettamento integrante il contenuto di una servitù prediale tipica, nel perdurare(140) un siffatto stato al tempo dell'alienazione(141) di una porzione dell'intero maggior appezzamento a terzi, e nell'inequivoca apparenza(142) della servitù con segni ed opere idonee a dimostrarla(143), atteso che proprio la visibilità delle opere rende palese all'acquirente il peso imposto sull'area che egli si accinge ad acquistare e gli consente di valutare le condizioni della cessione nel modo più consapevole possibile(144).

E' evidente, per altro verso, che la operatività della fattispecie di cui all'art. 1062 c.c. – definita nei suoi contorni e nei suoi presupposti rigorosamente dal legislatore - è preclusa, invece, in ipotesi di difetto dei suddetti requisiti.

L'effetto (quasi paradossale) della mancanza o della espressa previsione di una clausola contraria al sorgere della servitù nel contratto con il quale si cede una parte della maggior area, è, insomma, evidente: la mancanza di una qualsivoglia disposizione negoziale – giusta l'art.1062 c.c. ed in presenza dei ricordati ulteriori requisiti costitutivi della fattispecie - permette il sorgere della servitù in argomento; solo una espressa clausola contraria inibisce un siffatto effetto(145).

Nulla è statuito nella norma in esame in ordine alla facoltà del proprietario di prevedere, e conseguentemente disciplinare, per il tempo (anche magari del tutto eventuale) nel quale i due fondi verrano divisi e verranno assegnati a soggetti diversi il sorgere di una servitù che si intenda “stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati”.

Nel caso di specie, l'assoggettamento delle aree per effetto dell'intervenuto accorpamento o concentrazione della volumetria potrebbe non essere “esteriormente e oggettivamente apprezzabile”(146), sia per difetto di contiguità, sia per l'assenza di segni o opere aventi rilievo esteriore.

In assenza di un qualsivoglia dato di apparenza dell'esistenza del vincolo di subordinazione, il proprietario in occasione dell'alienazione dovrà rendere edotto l'acquirente dell'esistenza di una siffatta limitazione del proprio diritto di proprietà, esponendosi in difetto a rispondere a norma dell'art. 1489 c.c. con l'azione di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo, salvo in ogni caso il risarcimento del danno(147).

E' stato affermato(148) che se è pacifico che la servitù non possa essere costituita dall'unico proprietario delle porzioni di fondo a favore ed a carico della quale essa grava in virtù del ricordato principio nemini res sua servit, nulla ostacola la realizzazione della servitù in caso di successivo trasferimento a terzi di uno dei due fondi: se le opere sono realizzate, la servitù verrà costituita per destinazione del padre di famiglia, mancando invece queste ultime essa sorgerà convenendo il costituente una apposita riserva in occasione della vendita parziale dell'intero terreno(149).

Nessun dubbio che la sussistenza delle opere visibili e l'assenza di qualsivoglia indicazione contraria formulata espressamente dall'originario unico proprietario dell'intero lotto legittimi evidentemente il ricorso allo schema tipico dell'art.1062 c.c.. E' parimenti evidente che in ipotesi di assenza di opere visibili, per non esser neppure iniziata l'edificazione dell'opera di cui al richiesto permesso di costruire, l'originario unico proprietario potrà riservare la servitù (deductio servitutis) a proprio favore in occasione del vendita ad un terzo.

Il fondamento dell'istituto della destinazione del padre di famiglia è stato sempre ravvisato nella tacita volontà del proprietario rivolta alla creazione del vincolo: una siffatta costituzione è, tuttavia, un effetto solo ed esclusivamente legale derivato dalla sussistenza dei presupposti richiesti dalla norma e “prescinde del tutto da un'ipotetica e improbabile volontà del proprietario originario volta a costituire una futura servitù”(150).

Nulla esclude, tuttavia, che i requisiti di sussistenza della fattispecie, come indicati dal legislatore dell'art. 1062 c.c. ed elaborati dalla decennale interpretazione della giurisprudenza, possano trovare chiara espressione in un atto unilaterale formato in previsione della futura vendita di una porzione del maggior appezzamento, composto da più lotti, in cui l'unico proprietario sancisca dal punto di vista negoziale la sussistenza di una tale servitù nella specie della fattispecie della servitù di non edificazione o altius non tollendi per il tempo in cui verrà, con l'alienazione di una parte del maggior fondo ad un terzo, ricostituita la pluralità soggettiva, nel rispetto del ricordato principio nemini res sua servit(151).

Una tale soluzione, ove accolta, avrebbe il pregio non solo di rendere possibile in via anticipata ed eventuale l'emersione chiara e palese di un siffatto peso gravante sul fondo costituito ed efficace però solo dal tempo dell'alienazione separata di parte di esso, ma permetterebbe altresì di svincolare il paradigma dagli angusti limiti di cui all'art.1062 c.c., anche qualora la servitù non abbia le caratteristiche dell'apparenza, per non esser neppure iniziate le opere edilizie in questione sul fondo dominante.

Consentirebbe, poi, al venditore di escludere dalla contrattazione concreta un simile riserva, che seppur certamente ammissibile in occasione della vendita a terzi, darebbe adito a quest'ultimo di richiedere al cedente una diversa modulazione degli impegni contrattuali. L'originario proprietario, soprattutto in ipotesi in cui la cubatura sviluppata da una certa parte del maggior fondo sia oggetto di parziale impiego nella residua parte dello stesso, sarebbe libero di modularla nel modo più rispondente e funzionale alla realizzazione dei suoi interessi.

In definitiva, anche in ipotesi di concentrazione o accorpamento di cubatura, il vantaggio del ricorso ad un atto negoziale che sia reso opponibile ai terzi con l'esecuzione della formalità della trascrizione presso l'Agenzia del Territorio, mediante il quale il proprietario si obblighi a non edificare sulle altre aree vincolate, emergerà allorquando i due o più fondi, cessando di appartenere allo stesso proprietario siano ceduti a terzi(152).

Solo allora la servitù si intenderà costituita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati(153), nel rispetto del requisito dell'alterità soggettiva della proprietà dei lotti servente e dominante.

Né è di ostacolo all'accesso ai registri immobiliari l'attuale unisoggettività (iniziale) del rapporto(154), atteso che in concreto la costituzione(155) rappresenta un evento futuro ed incerto a favore di colui che sarà cessionario di una porzione di esso, solo al tempo in cui esso eventualmente lo sarà(156).

E' necessaria, tuttavia, un'ulteriore precisazione.

Anche nel caso nella concentrazione di cubatura, ricondotta alla specie della servitù di non edificazione o altius non tollendi condizionata all'alienazione di una parte del maggior fondo ad un terzo, che ricostituisce la pluralità soggettiva, l'utilità deve necessariamente esser presente, ma essa può essere legata, nella prospettazione negoziale formulata del costituente unico proprietario ad un ulteriore elemento futurante elemento futurante quale il necessario provvedimento amministrativo, con un evidente e chiaro richiamo all'art.1029 c.c.(157).

Anche nel caso di specie, insomma, la costituzione condizionata all'alienazione della servitù di non edificazione o della servitù altius non tollendi sub specie di servitù a vantaggio futuro permette di focalizzare e scandire anche tecnicamente i due tempi della fattispecie, soprattutto nel caso in cui l'edificazione, come spesso accade segue e non precede la vendita stessa.

In particolare, in tale ultima ipotesi, il primo momento consiste nell'imposizione del limite all'edificazione del fondo servente, limite che produce effetto al tempo della cessione di una porzione dell'originario fondo, indipendentemente dal rilascio del relativo permesso di costruire e rende possibile nel secondo momento, all'esito positivo del procedimento amministrativo, il trasferimento finale della cubatura da un lotto all'altro, nonostante l'intervenuta alienazione.

L'affermazione dottrinale(158) secondo la quale la servitù per vantaggio futuro può costituirsi anche per destinazione del padre di famiglia come nel caso che “un tale prepari l'acquedotto in vista del dissodamento di uno dei due fondi e poi muoia lasciando questi ultimi a due persone diverse; non vi è qui solo una mera intenzione, ma vi è soprattutto una situazione reale concernente l'onere del fondo servente” conferma la proposta ricostruzione, che innesta nella precostituzione della servitù condizionata all'evento dell'alienazione a terzi di parte dell'originario fondo le caratteristiche di cui al primo comma dell'art.1029 c.c..

Se una tale impostazione appare certo più appagante dal punto di vista sostanziale e contrattuale, va rilevato che spesso è stato richiesto da numerose amministrazioni comunali alle quali non è sufficiente la mera sottoscrizione del progetto da parte dell'interessato, almeno un impegno che assuma, magari, la sola forma minimale dell'atto d'obbligo o di asservimento unilaterale.

Un tale atto d'obbligo o di asservimento(159), nella prassi quotidiana, concerne non tanto l'imposizione di un vincolo di non edificazione, modulato in modo corrispondente al progetto presentato per l'approvazione presso l'ufficio tecnico comunale e poi approvato formalmente con il rilascio del permesso di costruire corrispondente, quanto l'impegno, irrevocabile senza un'autorizzazione espressa da parte del Comune stesso, a rispettare le prescrizioni del provvedimento autorizzatorio.

Il vantaggio di dare espressa emersione ad una tale fattispecie mediante un siffatto atto d'obbligo o di asservimento, requisito minimale per il rilascio del richiesto permesso di costruire da parte di numerosi uffici tecnici comunali, che non giungono tuttavia al punto di imporre anche (o solo) la stipulazione del negozio condizionato all'alienazione di parte del maggior appezzamento, reca in sé un duplice vantaggio, prevenendo, da una parte, l'insorgere delle controversie tra privati e, dall'altra, evitando all'amministrazione comunale il rischio di errori(160), in ipotesi in cui il nuovo permesso di costruire non tenesse in considerazione il depauperamento o l'esaurimento della volumetria che la volumetria sviluppata dal fondo avesse subito in occasione di un pregresso intervento edilizio.

5. La riserva di cubatura.

I meccanismi contrattuali aventi ad oggetto la cubatura hanno progressivamente manifestato un progressivo affinamento sino a giungere – in occasione delle operazioni negoziali aventi ad oggetto i crediti di volumetria e addirittura gli incrementi premiali di essa – all'adozione di strumenti talmente sofisticati da apparire quasi sfumati se non eterei, rispetto alla consistenza iniziale del diritto di proprietà dal quale ab origine promanano.

Le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali in tema di mero trasferimento e di concentrazione (o accorpamento) della volumetria hanno evidenziato la singolare connessione di interessi giusprivatistici e giuspubblicistici in materia e che, accanto allo schema contrattuale adottato dalle parti, il ricorso allo struttura codicistica della servitù permette di assicurare la piena opponibilità ai terzi della fattispecie, fermo restando in ogni caso che l'incremento come modulato trasferito dal cedente al cessionario avrà luogo solo con l'avvenuto rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato.

Tali risultati, frutto di una ormai lunga riflessione sulla questione, tornano utili nell'esame di una figura di confine tra la mera cessione di volumetria e le operazioni aventi ad oggetto i crediti di volumetria: la riserva di cubatura.

Il proprietario di un fondo potrebbe, infatti, alienarlo (o comunque cederlo a qualsiasi titolo(161)) a terzi, riservando contestualmente a favore di un altro lotto di propria titolarità, contiguo a quello alienato, in tutto o in parte la capacità edificatoria sviluppata dal lotto ceduto.

Il terzo acquisterebbe, in tal modo, un'area in tutto o in parte priva, al tempo dell'acquisto, della volumetria che essa avrebbe potuto sviluppare in conformità agli strumenti urbanistici tempo per tempo vigenti. Anche in siffatta ipotesi, la contiguità dovrà essere intesa non nel senso di vicinanza spaziale, ma di identità di zona e, quindi, di vicinanza tra i fondi per così dire in senso urbanistico.

Nel caso di specie, insomma, la riserva, secondo le indicazioni della quotidiana pratica, si atteggerebbe quale un atto d'obbligo contestuale alla vendita, ma ad essa logicamente e giuridicamente immediatamente antecedente. In tal modo, il proprietario alienante prima dovrà stipulare l'atto di asservimento e solo poi cederlo all'acquirente. I due negozi sia pure contestuali e collegati saranno autonomamente trascrivibili.

Può rilevarsi che il vantaggio anche in tale ultima ipotesi del ricorso ad un atto negoziale (anche nella forma minimale dell'atto d'obbligo o di asservimento unilaterale) reso opponibile ai terzi con l'esecuzione della formalità della trascrizione presso l'ufficio del territorio, tornerà utile in occasione delle successive cessioni a terzi del fondo gravato.

E' possibile, tuttavia, seguire un percorso argomentativo del tutto differente.

Il ricorso allo schema della servitù nell'ipotesi prospettata permette di dare una risposta positiva al dubbio posto; in particolare, ricondurre la fattispecie nell'alveo della figura della deductio servitutis rivela alcune interessanti conseguenze sul piano concreto: si tratta dell'istituto, non regolato dal legislatore, ma comunemente ammesso(162), che si realizza allorquando il proprietario dell'immobile nell'atto di alienazione costituisce una servitù a favore di un immobile di cui è titolare.

La riserva di servitù, non regolata dal vigente codice e poco studiata dagli interpreti(163), differisce nettamente dalla riserva di usufrutto, disciplinata per le donazioni ed in generale per gli atti a titolo gratuito dall'art. 796 c.c., dal momento che nella prima l'alienante, in realtà, “non trattiene” “alcuna facoltà che possa dar luogo ad un diritto reale limitato”(164): il riservatario non può che costituire la servitù su un bene immobile diverso da quello trasferito, bene, che diviene generalmente(165) in seguito alla cessione il fondo servente.

Costituente della servitù non può, neppure, essere l'acquirente, come sua facoltà o dovere, per il rispetto del principio nemini res sua servit.

La servitù costituita in occasione della riserva nasce, piuttosto, “per volontà concorde delle parti”(166).

E', in tale luce, preferibile l'impostazione(167) assai risalente, ma sempre attuale che individua nella fattispecie della riserva di servitù, due contratti distinti (il contratto traslativo di proprietà in generale(168) e il contratto costitutivo di servitù) intervenuti tra le medesime parti, collegati tra loro e non un unico contratto atipico o misto, atteso che le vicende reali sono in concreto due, come rispettivamente definite nei loro elementi costitutivi ed effettuali dal legislatore e modulate nel collegamento negoziale in virtù dell'autonomia delle parti e pertanto esattamente tra loro individuate senza commistione alcuna tra loro; tale considerazione induce ad affermare che “i due contratti sono talmente distinti che possono avere natura diversa ed essere sottoposti a diversa disciplina, senza che questa importi prevalenza dell'una o dell'altra natura”(169).

Il risultato evidente di una tale ultima impostazione, del tutto condivisibile, è che potrà essere configurata dall'autonomia delle parti addirittura una vendita ed una costituzione gratuita di servitù (in occasione della riserva) oppure una donazione del diritto di proprietà ed una riserva contestuale a titolo oneroso della servitù: i due contratti saranno, in ogni caso, ciascuno di essi soggetti alla rispettiva disciplina della compravendita e della donazione(170).

La riserva, insomma, non è una clausola modificativa dell'atto traslativo, bensì un vero e proprio contratto costitutivo di diritti reali collegato al contratto traslativo.

Tra i due contratti vi è, inoltre, un rapporto di netta successione temporale: la costituzione della servitù deve certamente seguire il contratto traslativo “ al fine di superare la contraddizione per cui nel medesimo momento le parti si dovrebbero considerare proprietari e non proprietari”(171): una volta trasferita la proprietà, solo allora potrà essere costituita (secondo il voluto delle parti onerosamente o gratuitamente) la servitù; l'effetto traslativo della proprietà deve precedere logicamente e giuridicamente la costituzione della servitù.

I due contratti sono poi certamente collegati: le parti intendono in virtù del medesimo rapporto trasferire la proprietà e costituire la servitù.

Il nesso relazionale fra i negozi sarà naturalmente o espresso (e potrà anche emergere adeguatamente dalla predisposizione di un'apposita clausola contrattuale) o dovrà risultare pure tacitamente, ma in modo chiaro ed univoco dalla volontà delle parti, dal momento che evidentemente la espressione di una siffatta connessione implica necessariamente il rischio dell'insorgenza e della trasmissione delle vicende contrattuali che affettassero ciascun singolo negozio all'altro(172).

Secondo una opinione(173), la posizione del proprietario che in sede di trasferimento a terzi di un suolo edificabile riservi la volumetria del fondo alienato ad altro fondo di sua proprietà, con l'effetto che l'acquirente acquisti un lotto in tutto o in parte inedificabile, non differisce in concreto dalla posizione dell'unico proprietario che intende concentrare la cubatura solo su una delle aree di sua spettanza e non su altre, modulando in tal modo la diffusione della cubatura sui terreni di cui è proprietario (cd. concentrazione di volumetria)(174): muterebbe lo strumento tecnico giuridico, ma non il risultato al quale in concreto si perviene.

In realtà, il ricorso alla riserva di servitù di non edificazione o altius non tollendi in occasione della stipulazione dell'atto traslativo risponde ad un diverso interesse delle parti: il cedente vuole riservare a proprio favore in tutto o in parte la cubatura sviluppata dal fondo oggetto del trasferimento ed il cessionario intende acquistare il fondo svuotato in misura corrispondente della sua capacità di espansione edificatoria. Una tale programmazione negoziale informa in tutti gli aspetti i due negozi (dal prezzo alle garanzie, in via meramente esemplificativa) e colora in modo particolare il collegamento tra essi.

Le considerazioni svolte permettono di trarre indicazioni conseguenti in ordine alla esecuzione delle formalità pubblicitarie.

Due sono i contratti, tra loro distinti ed autonomi, seppur collegati, e due sono le trascrizioni da eseguire presso l'agenzia del Territorio competente(175).

Dall'impostazione accolta, è possibile trarre ulteriori proficui frutti.

Anche nel caso prospettato, se è vero che l'utilità deve necessariamente esser presente, essa è certamente legata, nella programmazione negoziale formulata dalle parti, ad un elemento futurante quale il provvedimento amministrativo. E' possibile, allora, affermare che anche la riserva della servitù possa assicurare ad un fondo (dominante) un vantaggio futuro, con un evidente e chiaro richiamo allo schema disegnato dall'art.1029 primo comma c.c..

Anche nell'ipotesi di specie, insomma, la costituzione in occasione dell'alienazione della servitù di non edificazione o della servitù altius non tollendi sub specie di servitù a vantaggio futuro permette di focalizzare e scandire anche tecnicamente i due tempi della fattispecie, soprattutto nel caso in cui l'edificazione sul fondo del cedente, come accade normalmente, segua(176) e non preceda la vendita stessa.

In particolare, in tale ultima ipotesi, il primo momento consiste nell'imposizione del limite all'edificazione del fondo servente, oggetto della cessione al terzo, ed è indipendente dal rilascio del relativo permesso di costruire; nel secondo momento, all'esito positivo del procedimento amministrativo, si verificherà il trasferimento (o, meglio, la retrocessione) finale della cubatura da un lotto all'altro o alla porzione di esso che il cedente si è riservato in proprietà e non ha formato oggetto dell'atto traslativo.

La servitù, al tempo della sua costituzione per effetto della riserva, contiene in sé tutti gli elementi essenziali per la sua venuta ad esistenza previsti dalle norme, ivi comprese le utilità e produce effetti immediati, ponendo in essere il vincolo a favore del fondo dominante(177); futuro ed eventuale non è, in altre parole, anche nella fattispecie, l'effetto, ma la possibilità di esercizio concreto della servitù(178).

Una volta ammesso nella configurazione del negozio della cessione di area con riserva di cubatura il ricorso alla struttura della deductio servitutis, è possibile, inoltre, ipotizzare, percorrendo un passo ancora, che essa possa concernere anche un fondo ancora da acquistare, secondo le regole dettate dal secondo comma dell'art. 1029 c.c. (179).

Va subito precisato che non vi sono ostacoli tecnici ad ammettere una siffatta soluzione(180).

La differenza tra le fattispecie regolate nei due commi dell'art. 1029 c.c. consiste nel fatto che nell'ipotesi disciplinata dal primo comma (servitù per un vantaggio futuro del fondo dominante) esistono già tutti gli elementi per la costituzione della servitù (fondo dominante e servente) e l'unica peculiarità va rinvenuta nel fatto che l'utilità del fondo non è attuale ma verrà ad essere in futuro; è il caso, già trattato, della cessione di un bene immobile con riserva della cubatura a favore di un lotto di cui il proprietario cedente è già titolare.

Nella fattispecie regolata piuttosto dal secondo comma della stessa disposizione da ultimo citata all'atto del negozio costitutivo difetta un elemento essenziale della fattispecie (l'immobile edificando o il terreno acquistando) a vantaggio del quale la stessa opererà(181).

Nel primo caso, insomma, la servitù nasce immediatamente, nel secondo sorgerebbe in base ad un'impostazione risalente nel tempo(182), piuttosto un vincolo obbligatorio suscettibile in seguito di trasformarsi in un rapporto di natura reale solo con l'acquisto del terreno(183) (o con la venuta ad esistenza del bene edificio )(184).

E' preferibile al proposito la soluzione, di recente riportata in auge, che ha trovato conferma in una recente sentenza della Suprema Corte(185), secondo la quale in un siffatto atto costitutivo della riserva della servitù sarebbe ravvisabile un negozio soggetto a condicio iuris(186) o un negozio sospensivamente condizionato(187) nel quale la condizione consisterebbe nell'acquisto del fondo dominante(188) (o servente(189)), nell'una o nell'altra interpretazione, come tale immediatamente trascrivibile.

L'inciso dell'art. 1029 secondo comma c.c. “non ha effetto” va, insomma, interpretato nel senso che escluso l'effetto costitutivo della servitù , ma l'atto perfettamente valido e vincolante avrà tutti gli effetti obbligatori di cui è capace un negozio condizionato(190): innanzi tutto, i cd. effetti preliminari, consistenti nell'astensione da qualunque condotta possa inibire lo svolgimento dell'attività preparatoria della futura servitù, quali la predisposizione della documentazione, della progettazione, degli scavi e delle altre opere preparatorie all'esercizio futuro della servitù, da parte del cessionario,titolare del fondo servente, rendendo operante la cessione della volumetria(191); è trascrivibile(192); l'efficacia reale è quella di un contratto costitutivo di servitù sotto condizione(193).

Gli effetti reali si produrranno solo se e quando la proprietà sarà acquistata(194).

Per distinguere le due fattispecie disciplinate dal primo e secondo comma della ricordata disposizione occorrerà, poi, avere riguardo al criterio dell'attualità dell'utilità ed alla volontà del costituente, tenendo presente che il secondo comma dell'art.1029 c.c. ha carattere eccezionale e presuppone in ogni caso la sicura individuazione del fondo da acquistare (o dell'edificio costruendo)(195).

Va, inoltre, distinta la vera e propria costituzione della servitù, a mente della ricordata disposizione, rispetto al mero obbligo della sua costituzione, che può concretarsi in un contratto preliminare o in un legato con effetti obbligatori, avente ad oggetto il compimento dell'atto costitutivo di servitù(196). Affinchè possa avere applicazione il secondo comma dell'art. 1029 c.c. è necessario che nell'atto di costituzione sia precisato il fondo da acquistare o sul quale sorgerà il costruendo edificio(197). Non basta, infatti, un generico riferimento al fondo o all'edificio costruendo(198): è però sufficiente, a norma dell'art.1346 c.c., che il fondo da acquistare e l'edificio da costruire pur non determinati al tempo della riserva, siano comunque determinabili(199).

La determinabilità, infatti, si ha quando sono indicati o sicuramente identificabili i criteri in base ai quali si fissa la prestazione, attraverso specifiche disposizioni contrattuali. Il contratto costitutivo è in tal modo perfettamente valido, ma non ancora efficace: “alla pari di una qualunque vendita di cosa futura l'oggetto c'è, possibile, determinabile benché non attuale”(200).

In tale luce, allora, il riferimento al comparto o alle norme edilizie (anche regolamentari) che disciplinano la fattispecie e la definizione spaziale (con riguardo al foglio catastale o alla località o alla specifica indicazione utilizzata in sede di programmazione urbanistica), costituiscono certamente elementi in virtù dei quali l'oggetto della riserva di volumetria assume la qualità della determinabilità(201).

Una tale impostazione può essere proficua di utili sviluppi: quanto più le tecniche di individuazione e di determinabilità del fondo da acquistare saranno affinate, tanto più la riserva di servitù di non edificazione o della servitù altius non tollendi sub specie di servitù a vantaggio futuro diventerà uno strumento duttile che una volta svincolato e liberato dai limiti posti da una concezione arcaica e statica della proprietà fondiaria e dei diritti reali su cosa altrui.

Sarà al tempo della certa ed esatta identificazione dell'oggetto (attivo o passivo della servitù) che la costituzione avrà effetto: recita, infatti, la ricordata disposizione che in questo caso “la costituzione non ha effetto se non dal giorno in cui l'edificio è costruito o il fondo è acquistato”.

La riserva di volumetria (parziale o totale) sarà essere costituita normalmente a favore del fondo da acquistare: in tal caso, il contratto costitutivo è subordinato alla condizione che il fondo sia proprio del costituente.

Il terzo proprietario che rimane estraneo all'atto non potrà vantare alcun diritto al riguardo.

E', tuttavia, ipotizzabile anche una riserva di volumetria (in tutto o in parte) a carico di un fondo da acquistare. In tale caso, il proprietario cedente il fondo si riserva di integrare la cubatura che il fondo ceduto è in grado di sviluppare, mediante la cessione della cubatura che – a mò di esemplificazione - il fondo Tuscolano che attualmente non è di sua proprietà, è in grado di sviluppare. L'integrazione della volumetria costituisce, insomma, un elemento importante della programmazione contrattuale delle parti, che particolare attenzione dovranno dedicare alla modulazione delle regole convenzionali che presiederanno il collegamento negoziale.

Si tratta, in definitiva, di un atto sul patrimonio altrui, al pari della vendita di cosa altrui regolata dall'art. 1478 c.c. : fintanto che il fondo appartiene al terzo il costituente è semplicemente obbligato a far acquistare la servitù al beneficiario cessionario del fondo principale; la servitù sorgerà solo allorquando il fondo sia da lui acquistato(202).

La riserva di cubatura, insomma, ricondotta allo schema della deductio servitutis su specie della servitù a vantaggio di un fondo ancora da acquistare apre scenari interessanti in ordine alla possibilità per il cedente di meglio sfruttare le potenzialità edificatorie sviluppate dal fondo che egli sta per cedere ad un terzo.

* Parte Seconda *

6. Perequazione, compensazione ed incentivazione, espressioni del principio di equità urbanistica.

Le regole che presiedono il governo del territorio hanno subito nell'ultima decade del 1900 radicali innovazioni.

La disciplina urbanistica che affonda le proprie radici nelle norme del 1942(203), improntata ad un rigido zoning, eredità dell'urbanistica razionalista, al pari del sistema degli standards, retto piuttosto da una logica rigidamente parametrica (metro cubo su metro quadrato) e dei vincoli preespropriativi diretti alla separazione delle aree sulle quali realizzare le opere pubbliche, è offuscata oggi dalla ricerca di soluzioni tecniche rivolte a favorire la compresenza di funzioni(204) (mixité)(205) che meglio permettano la realizzazione dei bisogni e degli interessi pubblici e della collettività che lì vive ed opera.

E' stato segnalato che proprio la progressiva consapevolezza che “il parametro suolo” è una risorsa limitata e “non rinnovabile”, ha imposto “il passaggio da pianificazioni incrementali, fondate sulla diffusione urbana (sprawl), a piani connotati da una impostazione fortemente contenitiva, nella quale ogni ulteriore consumo di suolo agro – naturale deve trovare una rigorosa giustificazione”(206).

Si assiste, insomma, ad una frammentazione nella quale ciascuna amministrazione individua ex ante “i valori ai quali conformare l'azione pianificatoria, gli obiettivi da assumere nella fase di impostazione (framing) del piano e da ultimo gli strumenti e le tecniche più efficienti al raggiungimento dei risultati prefissi”(207).

In tale ottica, il ricorso alle metodiche della perequazione, della compensazione e della incentivazione rappresenta senz'altro espressione delle nuove tendenze.

L'analisi di siffatti orientamenti urbanistici risulta in realtà difficile e complessa atteso il fatto che le sperimentazioni tecniche sono temporalmente anteriori ed addirittura anche indipendenti dalla regolamentazione delle medesime fattispecie da parte delle norme di fonte regionale, in assenza anche di un organico quadro dispositivo nazionale(208).

Storicamente, la soluzione perequativa, adottata in un primo tempo solo da alcune Amministrazioni comunali, trova un primo riscontro favorevole nel vaglio della giurisprudenza amministrativa(209), che si è espressa, in particolare, in tal senso in occasione dei ricorsi proposti contro il piano regolatore di Reggio Emilia; in siffatta pronuncia, che affronta specificamente la questione della legittimità delle previsioni urbanistiche, è affermata, a chiare lettere, l'indipendenza dello strumento perequativo rispetto alla necessità (presunta) di una modificazione della vigente legislazione sia essa di rango nazionale o regionale.

La perequazione consentirebbe, inoltre, secondo una tale impostazione, di far beneficiare del vantaggio dell'edificabilità la proprietà garantendo, nel contempo, l'elevazione della qualità urbana: la chiave di lettura della perequazione è, insomma, concentrata proprio “in questa inscindibilità tra vantaggi della trasformazione ed oneri infrastrutturativi”(210) o in altre parole tra l'utilità pubblica e l'utilità immediata dei cittadini uti singuli.

Il progressivo abbandono della zonizzazione importa, poi, che quest'ultima divenga espressione esclusiva di una mera componente progettuale: le tavole di zoning non coincidono più con il piano e sono organizzate più spesso per tessuti organici e sempre meno per zone omogenee(211). Si realizza, in tal modo, il singolare risultato di un doppio livello di pianificazione, che ha l'effetto di svincolare e, per così dire, liberare la cubatura sviluppata dai singoli lotti: il primo livello, diretto a disciplinare le previsioni insediative ed infrastrutturali; il secondo livello, funzionale alla allocazione delle dotazioni volumetriche ed al riparto dei costi infrastrutturali su un'ampia base di titolari del diritto di proprietà.

L'obiettivo di una siffatta scelta urbanistica è quello, evidente, di evitare l'insorgere di sperequazioni tra i proprietari delle aree interessate dall'attività di programmazione, indipendentemente dalla distinzione delle funzioni destinatorie delle aree medesime.

Il meccanismo richiede, tuttavia, in concreto, una modulazione dei diritti edificatori e della titolarità delle aree che ha assunto, nella realtà, diverse forme tecnico – giuridiche, senza purtuttavia pervenire ancor oggi, in assenza di un generale ed univoco dato normativo che coaguli le diverse locali esperienze urbanistiche a risultati che possano avere il pregio della soddisfazione.

Il modello perequativo tende, insomma, a generare il massimo dell'equità applicando all'intero territorio un unico indice di edificazione, con l'esclusione delle sole zone agricole e del centro storico. In tale luce, in prima approssimazione, la permuta o la cessione delle aree o lo scambio (a titolo oneroso) dei diritti edificatori ripartiti prima di tutto sui fondi cd. sorgente (sending areas) permetteranno al tempo della successiva concentrazione dei volumi (cd. fase di atterraggio) sui soli fondi cd. accipienti o riceventi (receiving areas) di garantire anche ai proprietari dei fondi cd. sorgente di ottenere una frazione in senso economico o nel senso dello sfruttamento edificatorio dell'attività di trasformazione del territorio urbano interessato dall'intervento(212).

Il rischio di un tale meccanismo, che richiede necessariamente di essere affinato è, però, palese: la totale parificazione delle aree, dal punto di vista urbanistico reca con sé, infatti, il risultato paradossale di non tenere in alcuna considerazione le differenze discendenti dalla allocazione delle medesime, generando in tal modo una disuguaglianza per così dire di ritorno.

Per evitare un tale risultato inefficiente e soprattutto iniquo e certo discordante con le premesse di partenza, è necessario procedere, allora, “alla decodificazione dei caratteri e delle invarianti territoriali” (la cd. classificazione dei suoli): i lotti compresi in una certa classe riceveranno una eguale potenzialità di cubatura, indipendentemente dalla destinazione finale; le dinamiche perequative consentono, infatti, con la revisione profonda delle regole di pianificazione, una maggiore flessibilità(213).

Dovranno essere, di conseguenza, fissate le regole di trasformazione all'interno di unità minime di intervento (comparti, piani attuativi, ambiti o distretti) o le regole di circolazione dei titoli volumetrici esattamente corrispondenti con la cubatura sviluppata da ciascun fondo interessato(214).

E' necessario, a questo punto, definire i contorni degli istituti della perequazione e della compensazione, che concernono in concreto – nonostante di frequente vengano utilizzati in modo confuso e le linee direttrici dei piani e delle norme regionali disegnino ipotesi pratiche che sono talora espressione di una sorta di melting pot urbanistico - fattispecie del tutto diverse tra loro.

La perequazione(215), intesa quale equa ripartizione tra più proprietari dei vantaggi ed oneri derivanti dalla trasformazione in senso edificatorio delle aree, attuata mediante tecniche che “consentono il raggiungimento dell'indifferenza delle situazioni proprietarie rispetto agli effetti conformativi delle scelte discrezionali di allocazione delle diverse funzioni territoriali”(216) trova la propria fonte in numerose leggi regionali(217), ma ancor di più nei piani regolatori approvati con sempre maggiore frequenza negli anni più recenti, strumenti questi ultimi che danno maggiormente il segno dei modelli scelti ed in concreto praticati dalle amministrazioni locali.

Le disposizioni vigenti di rango regionale, insomma, sono diffuse in modo non organico ed unitario sul territorio nazionale, in assenza di disposizioni nazionali che abbiano un siffatto crisma, e subiscono deroghe anche rilevanti per effetto delle regole contenute nei piani di volta in volta approvati.

Un dato deve, tuttavia, essere sottolineato.

I sistemi perequativi non sono obbligatori e costituiscono semplicemente uno strumento opzionale nella pianificazione territoriale.

Si assiste, comunque , pur in assenza di una disposizione - quadro nazionale che incentivi la creazione e la fruizione di tali fattispecie, ad una progressivo irrobustimento della prospettiva perequativa, soprattutto per effetto di interventi della giurisprudenza amministrativa(218) secondo la quale in ipotesi di vaste acquisizioni di aree, il modello della perequazione giunge a divenire obbligatorio, proprio in considerazione dei rilevanti vantaggi che esso in concreto presenta; in particolare, in ipotesi di reiterazione dell'imposizione di vincoli urbanistici scaduti, nella motivazione del provvedimento amministrativo deve darsi certamente conto della “mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione fra i proprietari espropriabili”(219), atteso che le alternative su base volontaria all'esito espropriativo devono sempre e comunque essere privilegiate dall'amministrazione pubblica.

In tale luce, la riproposizione di un tessuto vincolistico sulle aree da destinare alla realizzazione di opere pubbliche può trovare spazio solo laddove motivi squisitamente urbanistici inibiscano il ricorso alle metodiche perequative e compensative.

Nei modelli urbanistici tradizionali viene, infatti, trascurata, sempre ed integralmente, la dimensione distributiva; nel modello perequativo, ispirato ad un parametro di eguaglianza sostanziale, oggetto dell'analisi sono invece il numero, l'entità e l'allocazione delle aree, secondo il criterio del maximin (maximum minimorum)(220): “la strategia egualitaria si concentra, in realtà, sull'innalzamento del risultato ottenibile dei proprietari altrimenti svantaggiati”(221).

Per effetto del modello perequativo, invece, ai fondi che secondo il modello tradizionale verrebbero gravati da vincoli, viene riconosciuta una frazione della cubatura complessiva, addirittura modulabile e fruibile in altre aree contigue o meno.

E' opportuno ricorrere ad un esempio tratto dalla recente dottrina(222) per chiarire gli elementi sin qui esposti: nei piani tradizionali, un solo fondo è beneficiato della capacità volumetrica derivante dalla sua utilizzazione edificatoria in misura 1mc/1mq e contestualmente altri 4 fondi sono assoggettati a vincoli per la realizzazione delle opere infrastrutturali o quale verde privato. Nei piani ispirati ai modelli perequativi, invece, lo sviluppo volumetrico è ripartito equamente tra i cinque lotti a ciascuno dei quali verrà assegnato un indice perequativo 0,2mc/1mq, con contestuale identificazione di un solo fondo sul quale avverrà la concentrazione edificatoria e delle aree da destinare a verde o ad infrastrutture.

L'obiettivo di una maggiore eguaglianza tra i cittadini nello sfruttamento delle risorse del territorio è, in definitiva, di tutta evidenza.

Diverso dalla perequazione in senso tecnico è, invece, lo strumento della compensazione, che sino ad oggi ha avuto una maggiore diffusione rispetto alla prima(223).

Siffatto ultimo meccanismo si è risolto, talora, nell'inserimento in piani di stampo tradizionale di accordi di scambio tra aree destinate alla realizzazione di infrastrutture e diritti edificatori o ancora nel rapporto matematico con l'esecuzione delle opere a scomputo, in un'ottica che offrisse nel contempo una soluzione alla storica inefficienza della pubblica Amministrazione, senza per questo abbandonare gli schemi consolidati classici di pianificazione urbanistica, nell'erroneo convincimento per altro verso che “la moneta volumetrica” (224) fosse per i Comuni a costo nullo o quasi nullo, ponendo al contrario nuove questioni, mai postesi prima, in ordine al “consumo di territorio a fini edificatori”(225).

7. La perequazione e la compensazione quali fattispecie polimorfe.

Le tecniche utilizzate dalle Amministrazioni e dalle leggi regionali sono molto diverse tra loro ed in assenza di precise e chiare disposizioni – quadro nazionali profondamente eterogenee.

Non esiste, infatti, un unico modello perequativo o compensativo(226).

Appare difficile, in tal senso, individuare addirittura uno schema categoriale unitario al quale fare riferimento allo scopo di definire le regole urbanistiche e la disciplina civilistica applicabile, soprattutto in considerazione della poca precisione tecnica con la quale tali termini vengono impiegati (indifferentemente) nella redazione delle disposizioni regionali e delle norme degli strumenti urbanistici(227), spesso frutto di commistioni di fattispecie eteronome.

E' stato innanzi tutto posto in dubbio, come già ricordato, al proposito se fosse necessaria o meno una “copertura legislativa”(228) nazionale o quanto meno regionale per l'adozione da parte dei singoli comuni dei sistemi perequativi(229).

In realtà, un'opera di conformazione delle tecniche perequative e compensative ai principi desumibili dalla legislazione vigente in tema di esercizio della pianificazione territoriale è stata effettuata dalla giurisprudenza amministrativa la quale ha consentito di volta in volta di verificare che lo strumento tecnico in questione non deroga ma attua le scelte del legislatore nazionale, “declinando il modulo base del comparto di cui all'art.23 della legge urbanistica del 1942”(230): in tale luce, non è neppure necessaria (ma semmai fortemente opportuna) l'adozione di una disciplina da parte delle regioni, ferme restando appunto le linee direttrici fissate dal legislatore nazionale(231).

Secondo un'impostazione recente(232), che fa proprie tali considerazioni, dovrebbe, innanzi tutto più correttamente esser fatto riferimento più che alla perequazione ed alla compensazione, alle perequazioni ed alle compensazioni.

E' possibile, allora, tracciare alcune linee guida distintive delle diverse ipotesi:

  • 1. La perequazione urbanistica pura: è previsto, in tal caso, dal piano un'equa ed ampia distribuzione dei vantaggi dell'edificazione mediante un'attribuzione omogenea delle cubature alle aree nelle quali saranno effettuate le trasformazioni urbanistiche e le aree (cd. interstiziali) che devono restare immodificate per ragioni urbanistiche;
  • 2. La perequazione infrastrutturale (o infrastrutturativa) o con oneri di cessione: si tratta di un modello che segue logiche di equità e conformazione condivisa; il piano deve prevedere oltre un'equa ed ampia distribuzione dei vantaggi dell'edificazione l'acquisizione di aree senza esborsi di sorta a carico del Comune; in tale ipotesi trovano spazio possibilità edificatorie ben più ampie del caso della cd. perequazione urbanistica pura, con contestuale cessione delle aree al Comune per la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e concentrazione della cubatura nelle aree esattamente individuate;
  • 3. La perequazione con volumetria pubblica aggiuntiva: oltre allo schema proprio dei modelli sopra descritti ai numeri 1 e 2, il piano attribuisce al Comune una frazione della volumetria concentrabile su lotti specifici(233); in tali ipotesi, il Comune potrà o cedere tale volumetria a titolo oneroso a terzi (anche privati) o realizzare mediante l'utilizzazione diretta di essa dei programmi di social housing(234);
  • 4. La perequazione sui residui: si tratta del piano che si occupa di tutte le previsioni edificatorie espresse dai piani precedenti, rimaste inattuate e giudicate non confermabili; in tale caso, si prevede una trasformazione delle potenzialità edificatorie in veri e propri diritti edificatori che possono formare autonomo oggetto di scambio; l'obiettivo del piano in questione è di orientare altrove l'atterraggio dei diritti edificatori, perseguendo una sorta di equità intertemporale tra piani;
  • 5. La compensazione infrastrutturativa: l'amministrazione comunale individua delle aree nelle quali – in considerazione dell'importanza delle opere da realizzare – essa non può rinunciare all'imposizione di vincoli preespropriativi quinquennali ed alla conseguente potestà di espropriazione delle stesse; il ristoro del proprietario potrà avere luogo solo attraverso l'attribuzione di un credito compensativo(235) in luogo del consueto indennizzo(236); l'obiettivo non è di esercitare un principio di autorità, quanto piuttosto incentivare l'adesione del privato a meccanismi convenzionali, che presentano un minor grado di diseconomicità;
  • 6. La compensazione paesaggistico – ambientale: si tratta di un piano in cui in considerazione di rischi ambientali o paesaggistici (per la presenza di manufatti in via esemplificativa degradati o abusivi) è possibile invitare i privati a procedere ad operazioni di riqualificazione urbana i cui oneri vengono remunerati mediante l'attribuzione di “crediti compensativi”.

Emergono, in definitiva, dalla classificazione proposta i tratti distintivi delle fattispecie delle perequazioni dalle ipotesi di compensazioni, che purtroppo la prassi urbanistica non presenta distinte in modo altrettanto netto.

In maggiore sintesi, la perequazione costituisce una efficiente alternativa all'imposizione del vincolo, allargando la platea dei soggetti proprietari sui quali si distribuiscono i vantaggi e gli oneri del piano, “spalmando” sui proprietari i vantaggi del piano ed è fondata su un'adesione volontaria del proprietario al quale, in ogni caso, competono dei vantaggi. La redistribuzione permette, poi, di diffondere i vantaggi derivanti dall'edificazione, senza tenere in considerazione le differenze delle aree stesse; il diritto edificatorio, insomma, “viene ad accedere al fondo, anche se tale potenzialità, prodotta dal fondo, non sarà dispiegabile sul fondo”(237) stesso.

E' stato, poi, sottolineato(238) che l'applicazione delle tecniche di perequazione può avvenire all'interno di ambiti o piani attuativi (cd. perequazione endoambito) oppure su tutta la porzione territoriale interessata, mediante la circolazione dei diritti edificatori (cd. perequazione estesa) (239).

A] Il primo caso, definito quale perequazione endoambito, è il modello più diffuso nelle normative regionali e trova applicazione in perimetri (anche discontinui)(240) denominati in modo non univoco(241). Il meccanismo è attuato mediante l'assegnazione di una potenzialità volumetrica all'intero ambito da parte del piano regolatore, dedotta la volumetria degli edifici esistenti; è, poi, il piano attuativo a ripartire tra tutti i proprietari le capacità edificatorie e gli oneri derivanti dalle trasformazioni territoriali. I proprietari attraverso la redazione di un piano di ricomposizione fondiaria avente ad oggetto un complesso sistema di permute e cessioni reciproche consentono la realizzazione dell'intervento pubblico. Invero, è proprio il vincolo di attuazione necessariamente unitario delle previsioni di piano a imporre (o consigliare) ai proprietari di cooperare fattivamente, fatta salva la loro rinuncia generale ai vantaggi edificatori; e la cooperazione presuppone certamente che la redistribuzione delle aree ( e della loro volumetria) sia percepita equa dagli stessi attori della vicenda urbanistica. In tale ipotesi, la perequazione è attuata attraverso delle ricomposizioni fondiarie, che assumono generalmente la forma delle cessioni di volumetria.

B] La seconda ipotesi, qualificata perequazione estesa(242), consiste nella dematerializzazione della dotazione volumetrica del fondo sorgente sub specie di diritto edificatorio cedibile a titolo oneroso a terzi. Tale diritto edificatorio (generato da un lotto insuscettibile di una variazione in senso edificatorio) può atterrare sui soli fondi cd. accipienti o riceventi (receiving areas), previsti quali aree di concentrazione necessaria realizzando l'obiettivo di garantire anche ai proprietari dei fondi cd. sorgente di ottenere una frazione in senso economico o di sfruttamento edificatorio dell'attività di trasformazione del territorio urbano interessato dall'intervento. Il piano regolatore, in tale secondo caso, lascia libere le parti di modulare le diverse ipotesi di atterraggio dei diritti edificatori, con l'unico limite di un coefficiente di ponderazione avente la forma di un indice fondiario differenziato(243) che consente, nel caso in cui il meccanismo riguardi aree poste in parti del territorio aventi accentuate differenze morfologiche, di modulare il diritto edificatorio in funzione delle aree di atterraggio dello stesso, nel rispetto del principio di eguaglianza. Il vantaggio di tale ultima prospettiva è rappresentato dalla grande libertà della quale godono i proprietari nella realizzazione di fattispecie piuttosto complesse, giungendo addirittura ad ipotizzare una sorta di mercato dei titoli volumetrici nel quale sia agevole identificare un elevato numero di interlocutori: tale meccanismo escluderebbe così proprio le patologie tipiche del mercato, che impedirebbero al modello di funzionare(244).

La compensazione rappresenta, invece, uno strumento che svolge una piena funzione di ristoro per eliminare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'imposizione dei vincoli stessi o per soddisfare gli oneri sostenuti per il facere sostenuto, mirando a ridurre gli effetti sfavorevoli e negativi del piano stesso; svolge insomma una funzione indennitaria (nel caso della compensazione cd. infrastrutturativa) o economica (nel caso della compensazione paesaggistica o ambientale) per rendere neutra in tal modo l'imposizione di interventi posti a carico dei privati(245).

Al proprietario del terreno gravato da un vincolo viene attribuita un'utilità consistente in una cubatura fruibile in altra area edificabile o in un credito compensativo trasferibile anche a terzi(246), ispirata da ragioni di evidente efficienza amministrativa. Il privato, insomma, è dinanzi ad un'alternativa: accettare, senz'altro, la somma liquidata a titolo di indennizzo economico oppure accettare il credito compensativo.

Colui che adempie una precisa obbligazione di tipo urbanistico, ottiene un pieno ristoro mediante l'assegnazione di un titolo che permette una soddisfazione differita mediante lo sviluppo delle esigenze circolatorie. Si può configurare, in concreto, in tal ultimo caso, una sorta di datio in solutum atipica(247) ad effetti non reali consistenti esattamente nell'attribuzione di siffatto credito compensativo che potrà essere utilizzato direttamente su fondo accipiente dal titolare o da costui ceduto a terzi.

Deve essere evidenziato, tuttavia, un possibile rischio di penalizzazione dei crediti compensativi rispetto ai diritti edificatori assegnati al momento stesso di entrata in vigore del piano e scambiabili sin da allora(248); invero, i primi hanno origine, invece, soltanto in seguito alla cessione volontaria al Comune o all'esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico - ambientale e, quindi, sorgono in un tempo necessariamente successivo ai secondi, con l'effetto paradossale di permettere al titolare una minore scelta tra le aree di atterraggio disponibili e conseguentemente generare un minore valore economico. Per evitare, insomma, una disarmonica ed iniqua fruizione delle volumetrie è necessario immaginare la previsione di una sorta di quota riservata a favore dei titoli che siano espressione dei crediti compensativi.

Essi potranno, infatti, essere oggetto di scambio solo dopo la cessione volontaria al Comune o l'impegno irrevocabile ad effettuarla o ancora dopo l'esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico – ambientale ora ricordati(249), fatta eccezione per le fattispecie nelle quali vi è una espressa previsione normativa regionale che dispone in senso diverso.

E' il caso, ad esempio, delle Regioni che hanno adottato a chiare lettere il registro dei crediti di cubatura nei quali, ancor prima della cessione al Comune dell'area vincolata, essi potrebbero essere iscritti (magari in una speciale sezione) sin dall'apposizione iniziale del vincolo (250).

8. La regolazione convenzionale delle operazioni sui crediti di cubatura e la pubblicità degli eventi circolatori.

Le difficoltà che il trasferimento, l'accorpamento e la riserva della cubatura pongono, divengono ancora maggiori nelle ipotesi della perequazione cd. estesa e della compensazione, nelle quali è permessa la circolazione di titoli volumetrici anche a favore di più aventi causa in tempi successivi tra loro, in modo da permettere al loro titolare originario, che non sia anche proprietario del fondo accipiente, di cederli a fronte di un prezzo ad altro soggetto, anch'egli estraneo alla titolarità del lotto recipiente; le vicende traslative dei titoli volumetrici divengono così talmente astratte da prescindere dal collegamento reale immobiliare che le ha originate.

Se dal punto di vista meramente descrittivo, la fattispecie può essere disegnata con brevi tratti, l'ostacolo concreto è, invero, un altro; difetta, infatti, del tutto una qualsiasi regolamentazione organica della fattispecie nella legislazione nazionale, essendo la disciplina fissata spesso solo in disposizioni di legge regionale ed ancor più frequentemente da norme contenute negli strumenti di programmazione urbanistica; manca, inoltre, la disciplina civilistica applicabile alle fattispecie, certamente non delegabile alla competenza normativa delle singole regioni: la materia del diritto privato, a mente dell'art. 117, comma secondo lettera l della Costituzione (“ordinamento civile”) è esclusivamente riservata alla competenza normativa del Parlamento della Repubblica, restando devoluta, invece, alla legislazione concorrente la regolamentazione del “governo del territorio” (art.117 comma terzo Cost.)(251).

In assenza di tali, auspicate, disposizioni quadro di legge nazionale, che fissino i punti fermi della disciplina perequativa, delineando esattamente il confine tra la competenza statuale e la competenza delle regioni(252), soccorrono, allora, alcune norme regionali che attribuiscono al Comune interessato lo svolgimento di un ruolo attivo di equilibrio e di garanzia nell'incontro tra domanda ed offerta di tali titoli volumetrici(253).

Le soluzioni accolte in concreto sull'intero territorio nazionale non hanno certo il pregio della loro reciproca uniformità e coerenza.

E' evidente, insomma, che le Regioni hanno regolato la fattispecie in questione in modo del tutto diverso tra loro, come emerge sin dall'impiego di termini non omogenei in ordine alla definizione dei meccanismi compensativi: si fa rispettivamente riferimento in Veneto, ai crediti edilizi, in Lombardia alla disciplina di incentivazione, in Umbria agli incrementi premiali o alle compensazioni, ed ancora nella provincia di Trento alla compensazione urbanistica.

L'obiettivo delle norme regionali è però chiaro: riempire (nei limiti concessi dall'ordinamento giuridico nazionale e dal dato costituzionale) un vuoto e, nel contempo, garantire la certezza dei negozi giuridici perequativi in presenza di un sistema pubblicitario nazionale informatizzato presso l'Agenzia del Territorio impostato su canoni tecnici rigidi, poco flessibili e fondato sulla tipicità delle situazioni giuridiche(254), dall'accesso al quale sistema, appunto, allo stato sembrano essere escluse l'accesso le fattispecie urbanistiche in argomento.

E' possibile rinvenire, ciò nonostante, alcuni elementi comuni nella complessiva normazione regionale.

Un dato unificante delle diverse discipline diffuse sul territorio può, innanzi tutto, essere rinvenuto nello scopo riconosciuto dell'istituto premiale, giustificato proprio generalmente dall'esecuzione di interventi di riqualificazione urbanistica ed ambientale; alcune regioni aggiungono, tuttavia, ad un tale elemento di coesione, anche altri obiettivi quali, ad esempio, la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica (Lombardia Trento e Puglia), la tutela e la valorizzazione di beni storico- artistici in generale (Lombardia e Veneto) e dei centri storici in particolare (Umbria), il risparmio energetico (Lombardia) ed infine la prevenzione sismica (Umbria)(255).

Un altro elemento normativo comune alle disposizioni regionali è dato dalla necessaria perimetrazione delle aree di intervento, la cui individuazione è devoluta in gran parte dei casi allo strumento urbanistico (Trento, Umbria e Veneto), talaltra semplicemente alla sola pianificazione attuativa (Lombardia).

Purtroppo, gli elementi unificanti, almeno sino all'approvazione, molto attesa, di una legge quadro nazionale, sono destinati a rimanere esili e rari.

E' diverso, infatti, il criterio per determinare i luoghi di cd. atterraggio del credito: secondo un'impostazione della normativa regionale (Veneto), quest'ultimo può essere utilizzato in ambiti anche diversi da quelli di origine; in altra (Provincia di Trento), invece la fruizione potrà avere luogo solo negli ambiti di perequazione, eccezion fatta qualora vi sia un'espressa previsione del piano regolatore; altrove (Umbria), i crediti possono atterrare, invece, solo nell'area nella quale si svolge l'intervento di riqualificazione che lo origina, ad eccezione dei casi in cui esso sia diretto a realizzare attrezzature e servizi, in aggiunta agli standards, o a migliorare la qualità ambientale, nei quali i esso può essere esercitato al di fuori dell'ambito di origine(256); in Lombardia, ancora, lo sfruttamento potrà trovare spazio solo nell'ambito di origine, senza eccezioni di sorta.

Altrettanto eterogeneo è il criterio di quantificazione della misura del credito stesso: talora, è delineata una disciplina che consente un incremento non superiore al quindici per cento rispetto alla volumetria ammessa (Lombardia), talaltra, invece, un incremento corrispondente ai costi, sostenuti dal Comune o ai benefici che quest'ultimo ne ha tratto (Umbria); o ancora, è consentito un incremento nella misura da definirsi in sede di approvazione dello strumento urbanistico (Provincia di Trento) o, infine, addirittura, in senso diametralmente opposto, non è dato rinvenire alcuna limitazione normativa né alcuna definizione, per così dire, a monte dei criteri generatori (Veneto)(257).

Altrettanto non uniforme nel tessuto normativo regionale, è la definizione del regime della commerciabilità, che in alcuni casi è libero (Veneto), in altri è limitato ad alcune fattispecie soltanto (in Umbria agli interventi nei centri storici, nella Provincia di Trento agli ambiti perequativi), ed in altri ancora è del tutto escluso (Lombardia).

Anche la previsione di meccanismi pubblicitari di siffatte operazioni su base squisitamente localistica è il frutto di interventi normativi disorganici e spazialmente diffusi a macchia di leopardo e non basta a risolvere in modo conforme tutte le questioni poste sul tappeto al proposito. Alcune leggi regionali (Provincia di Trento, Veneto e Lombardia) soltanto hanno, ad esempio, introdotto un registro di diritti (e crediti) edificatori gestito, dal Comune nel quale sono annotati (rectius trascritti)(258), dopo l'assegnazione, i diritti edificatori ed i crediti compensativi e (annotate) le loro vicende circolatorie, laddove altre nulla hanno previsto al riguardo.

La carenza, in realtà, di un sistema pubblicitario organico e generalmente diffuso sul territorio nazionale è, tuttavia, essa stessa espressione del limite e della valenza parziale di siffatte previsioni; difetta, inoltre, in tali registri introdotti solo da alcune Regioni, la funzione primaria di regolazione dei conflitti che è, invece, propria dei registri immobiliari.

In definitiva, le registrazioni operate dall'amministrazione comunale permettono solo ed esclusivamente di far conoscere la disponibilità di titoli volumetrici ai proprietari dei fondi cd. accipienti o riceventi (receiving areas).

Nella perequazione cd. estesa e nella compensazione, in concreto, si realizza un distacco vero e proprio del diritto edificatorio dal suolo che lo ha generato a vantaggio di soggetti che non sono titolari di diritti reali sul fondo stesso, che ha condotto attenta dottrina(259) ad ipotizzare addirittura una sorta di dematerializzazione(260) dello ius aedificandi o ancor meglio a qualificare la fattispecie “alla stregua di un (nuovo ed autonomo) bene di natura non reale”.

Il credito di volumetria o più semplicemente il credito edilizio è, insomma, la situazione giuridica soggettiva che può formare oggetto di peculiari accordi contrattuali, che portano all'atterraggio della cubatura stessa su un diverso fondo detto appunto accipiente o ricevente, sino al momento del rilascio del permesso di costruire da parte dell'autorità competente. Il ruolo svolto nelle vicende che concernono la allocazione spaziale delle volumetrie dall'accordo contrattuale è di primario rilievo e non può essere insomma ricondotto ad una mera funzione ancillare del procedimento amministrativo che disegna le regole di origine e di atterraggio della cubatura. La stessa dottrina urbanistica(261) conferma un tale assunto quando afferma che “la questione centrale è quella della potestà discrezionale dell'amministrazione nel suo rapporto con i poteri privati”.

La necessità di un intervento normativo statuale è, insomma, di tutta evidenza, al pari della delicatezza del ruolo del Notaio che, dovendo regolare l'accordo tra le parti, si trova a ripetere le esperienze creative dei primi anni settanta ed ottanta allorquando negli studi notarili torinesi videro la luce i primi atti di cessione di cubatura. Il quadro complessivo odierno, per certi versi pur simile al passato, appare davvero oggi particolarmente evoluto, complesso e, addirittura, realmente sofisticato rispetto ai risalenti e timidi tentativi di dare espressione all'autonomia privata in un campo così peculiare. Alla polverizzazione delle opportunità perequative, compensative e premiali corrisponde una parcellizzazione di “modalità consensuali”, nella definizione delle quali le regole rischiano di dover essere definite secondo canoni viziati dall'occasionalità, ottenendo un risultato che è “l'esatto contrario della giustizia redistributiva e dell'indifferenza dei proprietari che si intende raggiungere con alcuni degli strumenti richiamati”(262).

Le considerazioni svolte appaiono però utili in relazione alla definizione di una linea concreta.

La ricordata dematerializzazione (o la smaterializzazione) dello ius aedificandi (intendendo per tale la tecnica circolatoria dei titoli rappresentativi della stessa) o, meglio ancora, la cartolarizzazione della cubatura a mò di bene autonomo rispetto al lotto che la ha generata, scisso da qualsivoglia legame aprioristico con il fondo accipiente (addirittura ancora oggettivamente da individuare tra i fondi posti nelle aree a ciò deputate) consentono di unire – in prospettiva - la serietà e la certezza auspicate della negoziazione con l'efficienza urbanistica delle regole di piano.

I diritti edificatori generati nella perequazione cd. estesa e nella compensazione possono essere espressi generalmente da un titolo: si tratta, in concreto, di una sorta di scheda(263) (rilasciata dal Comune), trasferibile e cedibile, che contiene in sé tutte le indicazioni caratteristiche della fattispecie sottostante quali ad esempio la consistenza effettiva della cubatura, gli indici di adeguamento della stessa in funzione dei fondi riceventi, nonché il suo eventuale contenuto temporale (previsione di scadenze per la fruizione della cubatura o una modulazione della stessa in funzione inversamente proporzionale al decorso del tempo) ed , infine, gli oneri ai quali è subordinata la fruizione del diritto edificatorio.

La circolazione di siffatti diritti edificatori (definita “il volo”), incorporati nei titoli relativi (a mò di carthula), segue allora gli schemi normativi che regolano la circolazione dei titoli di credito; la esatta corrispondenza tra il titolo e la potenzialità volumetrica ad esso connessa (cd. letteralità) verrebbe risolta proprio attraverso la stampa del documento in questione da parte dell'amministrazione comunale, che gestisce direttamente una tale delicata attività e prescinderebbe addirittura essa stessa dalla trascrizione delle vicende traslative su un apposito registro tenuto dall'Amministrazione comunale.

Oggetto immediato del diritto ceduto ed acquistato dal cessionario è, quindi, il titolo portante a sua volta i diritti edificatori (che ne costituiscono l'oggetto mediato).

Il grado di complessità delle tecniche circolatorie, in assenza di un dato normativo generale e comune non pare essere costante: non sempre, tuttavia, appare necessario il ricorso a tecniche complesse.

E', infatti, possibile immaginare che nei piccoli Comuni vi possa essere ancora uno scambio diretto dei diritti edificatori tra il titolare di essi ed il proprietario del fondo accipiente(264) e che, invece, nei Comuni di maggiori dimensioni territoriali i titoli portanti diritti edificatori possano permettere una maggiore fluidità(265) delle contrattazioni.

In tal modo, l'agilità delle contrattazioni sarebbe massima proprio in virtù dell'astrattezza rispetto alle vicende contrattuali che intercorrono tra le parti.

Si assisterebbe, in altre parole, al fatto che i diritti edificatori possano esser oggetto di scambio e di trasferimenti mediante una continua serie di girate da annotarsi anche negli appositi registri comunali.

Il titolo, pur collegato ad una vicenda la cui origine reale immobiliare è indubbia, circolerebbe, invece, secondo le regole proprie dei beni mobili (possesso vale titolo)(266), sarebbe, insomma, rappresentativo di uno sviluppo volumetrico ed avrebbe, inoltre, un elevato grado di affidabilità proprio perché la sua gestione verrebbe accentrata presso il Comune stesso oppure presso una sorta di “borsa”.

La tecnica di circolazione potrebbe, poi, giungere ad essere talmente evoluta da ipotizzare addirittura una dematerializzazione del titolo stesso in questione.

Resta impregiudicata, in ogni caso, quale che sia la tecnica circolatoria adottata dalle singole amministrazioni comunali, la questione della valenza delle annotazioni recate da un siffatto registro per i terzi, non potendosi evidentemente trattare di un rilievo secondario e meramente interno delle medesime.

Invero, laddove si acceda alla soluzione più avanti proposta della cubatura quale bene giuridico in sé che può formare essa stessa oggetto di volta in volta di diritti reali od obbligatori, saranno le ordinarie regole civilistiche poste a disciplinare i conflitti tra i diversi aventi causa ed in specie, in ipotesi di diritti personali di godimento, l'art.1380 c.c. ; in tal senso, quest'ultima regola, dettata dal legislatore del codice civile, attribuisce la preferenza in caso di conflitto, dopo colui al quale in concreto compete il godimento (ipotesi che nel caso di specie va evidentemente esclusa per la semplice ragione che le operazioni in questione preludono il rilascio del permesso di costruire dal quale dipende il godimento medesimo) in particolare proprio a colui che vanta un titolo di data certa, salve in ogni caso le norme in relazione agli effetti della trascrizione nei registri immobiliari. Nel caso dei crediti di volumetria, non vi è dubbio che l'annotazione nel registro (del cui valore di atto pubblico non è dato dubitare, al pari della certezza giuridica conseguente della sua datazione) rappresenta un elemento in sé di soluzione del conflitto tra eventuali più aventi causa, in assenza dell' autenticazione diretta delle sottoscrizioni apposte sull'atto circolatorio(267).

Il Comune, in ogni caso, terminato il volo del titolo, al momento della richiesta di un permesso di costruire cd. maggiorato da parte del titolare del fondo cd. accipiente deve semplicemente valutare se il presentatore sia effettivamente il soggetto legittimato a fruire della nuova aggiuntiva capacità volumetrica; costui, poi, solo allora, salderà il proprio diritto edificatorio con il credito derivato dalla compensazione e, qualora quest'ultimo sia il risultato di una serie di negozi tutti validi, sul suo lotto verrà fatta atterrare una diversa cubatura.

Il Comune, in particolare, in tale ultima fase, dovrà effettuare un duplice controllo: da una parte esterno, in ordine al titolo urbanistico che abilita la esecuzione della trasformazione urbanistica, salvi certamente i diritti dei terzi ed in secondo luogo, interno in relazione alla nuova dotazione nascente da un titolo frutto dei meccanismi compensativi(268).

Va fatto a questo punto un passo ulteriore.

Le ipotesi sin qui delineate, concernono in realtà la cubatura originata da meccanismi urbanistici compensativi, nei quali manca certamente un atto dispositivo avente direttamente ad oggetto la cessione al Comune del fondo sorgente. La cubatura premiale generata prescinde, allora, dall'immediato collegamento reale con un fondo sorgente e può, sia pure con le difficoltà sin ad ora rappresentate, circolare incorporata direttamente in un titolo che ne sia rappresentativo(269).

Diverso e ben più complesso è, invece, il caso in cui sia necessario per il perfezionamento del meccanismo urbanistico anche il trasferimento volontario (o almeno l'impegno irrevocabile di esso) al Comune del fondo sorgente.

La difficoltà tecnica di inquadramento della fattispecie discende proprio dal fatto che accanto al titolo incorporante la nuova volumetria, appare indispensabile un impegno di natura contrattuale che permetta di garantire la contestuale cessione al Comune da parte di colui che sarà il cessionario ultimo del titolo incorporante la cubatura al tempo dell'atterraggio della volumetria stessa.

L'obbligo di cessione è, in tali casi, assolutamente condizione ineludibile per realizzare il completo impiego della volumetria sviluppata attraverso il ricorso al meccanismo perequativo.

Il problema è, quindi, la ricerca della soluzione tecnica che permetta di contemperare tutti gli interessi pubblici e privati in gioco in materia garantendo contemporaneamente il perfezionamento del modello urbanistico applicando.

Secondo autorevole dottrina(270), la difficoltà nel caso di specie è proprio rappresentata dal fatto che “il diritto allo sfruttamento della volumetria incorporato nel titolo non può infatti dispiegarsi disgiuntamente dall'adempimento dell'onere di cessione”.

Possono in tale senso, secondo tale impostazione, costituire un'idonea soluzione giuridica dal punto di vista civilistico o il rilascio da parte dell'originario proprietario di una procura irrevocabile o la stipulazione di un contratto preliminare di cessione dell'area a vantaggio del Comune (terzo) stipulato con il primo acquirente con la clausola per persona da nominare (e che verrà identificata nell'ultimo cessionario del titolo [ carthula ] della cubatura).

Lo stesso Autore(271) afferma che nella diversa ipotesi nella quale il proprietario del fondo sorgente e quello del fondo accipiente trovino un accordo chiaro e finale tra di loro ed il primo non ceda al secondo il diritto edificatorio, bensì ottenga di fruirne direttamente nell'area di concentrazione un siffatto assetto negoziale, può trovare espressione in un negozio di permuta che si realizza o tra beni presenti (le aree da cedere al Comune e parte del volume ed una frazione pro indiviso delle aree edificabili) o tra un bene presente ed un bene futuro (le aree da cedere al Comune e parte del volume ed una porzione dei fabbricati erigendi sul lotto edificabile). Inoltre, simili operazioni potrebbero trovare spazio mediante l'adozione delle tecniche societarie, come ad esempio mediante il conferimento in sede di società costituende o ancora attraverso l'intervento fattivo da parte dell'Amministrazione comunale mediante il ricorso ad una società di trasformazione urbana, destinata a “progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti(272).

In entrambi i casi, l'attribuzione dei crediti compensativi in seguito alla cessione delle aree al Comune o alla “riqualificazione di detrattori percettivi” può esser fatto confluire nel “meccanismo attributivo tra i contenuti di una convenzione urbanistica, con il notevole vantaggio della trascrivibilità nei” Registri Immobiliari”(273).

E', invero, preferibile, nel primo caso, immaginare una soluzione in parte diversamente modulata.

Il rilascio del mandato a cedere al Comune l'area in questione, oneroso, irrevocabile ed anche nell'interesse del mandatario - cessionario della cubatura, dovrebbe contenere anche la facoltà di sostituire a sé altro soggetto a norma dell'art.1717 c.c. ed in particolare solo colui che di volta in volta si renda contestualmente cessionario del titolo rilasciato da parte del Comune medesimo. In tal modo, il mandato(274) circolerebbe contemporaneamente al titolo atteso che giratario e procuratore devono sempre coincidere in ogni fase della circolazione del credito edilizio.

Un siffatto mandato, che scaturisce da un vero e proprio patto tra le parti, reca in sé l'oggettiva utilità che il mandatario ricava da esso; può, poi, ipotizzarsi che invero esso possa essere configurato anche quale mandato irrevocabile nell'interesse del Comune(275); in tal caso, al vantaggio che il Comune medesimo avrebbe per effetto del meccanismo contrattuale, utile alla realizzazione del modulo perequativo, non corrisponderebbe un vero e proprio diritto all'adempimento da parte dell'Amministrazione comunale. E', tuttavia, altrettanto evidente che solo all'esito traslativo a favore dell'ente territoriale da parte dell'ultimo mandatario che sia anche ultimo giratario del titolo, si realizzerà la fattispecie propedeutica al rilascio dei corrispondenti permessi di costruire.

Inoltre, è evidente che il mandato così predisposto, ai sensi dell'art. 1723 c.c. secondo comma, avrebbe, poi, il pregio di essere indifferente non solo alla sua successiva revoca (da parte del primo mandante o di uno dei mandatari che sia egli stesso mandante in sostituzione), fatto sempre salvo il risarcimento del danno e la eventuale giusta causa, ma anche alla sopravvenuta morte o incapacità del primo mandante o di uno dei mandatari che sia a sua volta mandante in sostituzione(276).

Quanto alla sostenuta soluzione della stipulazione di un contratto preliminare di cessione dell'area a vantaggio del Comune (quale terzo), stipulato con il primo acquirente con la clausola per persona da nominare (e che verrà identificato nell'ultimo cessionario del titolo [ carthula ] della cubatura), appare, invero, difficile una siffatta configurazione atteso che la deviazione dell'effetto traslativo propria del meccanismo di cui all'art.1411 c.c. riguarda certamente il cessionario, e che invece nella fattispecie, in ogni caso, l'area, prima della fruizione della cubatura frutto dei meccanismi perequativi, dovrà sempre essere ceduta al Comune; si avrebbe, accedendo alla tesi poc'anzi ricordata, infatti, un'ipotesi del tutto singolare in cui il terzo è predeterminato e muterebbe, invece, lo stipulante; né sembra che permettano di cogliere risultati appaganti il ricorso alla figura della proposta a fermo di cessione volontaria da parte dell'originario proprietario o alla figura della cessione di contratto preliminare di cessione volontaria a favore del Comune, che si scontrano entrambe con la permanenza della piena proprietà sull'area oggetto dei meccanismi traslativi in capo all'originario proprietario.

Del pari, l'impiego del duttile istituto della riserva di servitù a vantaggio futuro in occasione della cessione volontaria a favore del Comune, proficuo in ipotesi in cui sia il riservatario a godere direttamente di un tale incremento sia pure in un fondo ancora da acquistare purché posto nella zona nella quale il meccanismo perequativo è operante, si rivela inefficiente in occasione di trasferimento della volumetria perequativa a favore di ulteriori aventi causa; è ben difficile innestare sulla riserva a proprio favore di una servitù a vantaggio futuro posta dal cedente volontario dell'area al Comune, la clausola della persona da nominare(277).

Nella diversa sopra ricordata ipotesi nella quale il proprietario del fondo sorgente non ceda a quello del fondo accipiente il diritto edificatorio e bensì il primo ottenga di fruirne direttamente nell'area di concentrazione un siffatto assetto negoziale, è possibile invero ricorrere piuttosto che allo schema negoziale della permuta prima ricordato come proposto, allo schema della servitù a vantaggio futuro in occasione della cessione volontaria al Comune stesso, modulata in concreto in relazione agli interessi privati in gioco.

Nell'ipotesi in cui il credito tragga poi origine dall'esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico – ambientale, sorgendo in un tempo necessariamente successivo alla esecuzione ed all'adempimento di essi, le soluzioni sin qui delineate paiono essere tutte in concreto praticabili.

Tanto maggiore è l'ampiezza della circolazione dei diritti edificatori, tale da rendere impossibile un contatto qualsivoglia tra il primo contraente ed il fruitore conclusivo, tanto minore è la forza vincolante e l'efficienza del meccanismo contrattuale(278); né l'incertezza in ordine alla natura giuridica di essi e delle annotazioni su di essi effettuate, nonché in ordine alla loro efficacia rende i registri dei diritti edificatori comunali uno strumento parziale e non completamente affidabile(279).

Dalle ipotesi di soluzione prospettate o suggerite emerge con chiarezza la difficoltà di conciliare complessi meccanismi urbanistici con altrettanto complessi meccanismi contrattuali che ai primi sono profondamente compenetrati e soprattutto di individuare dei meccanismi che permettano l'accesso ai registri immobiliari in essere presso l'Agenzia del Territorio, reputando implicitamente inefficienti diversi sistemi di registrazione aventi carattere squisitamente volontario e localistico.

Sintomo di una tale esigenza è, di certo, la tendenza a suggerire, comunque laddove sia possibile, la stipulazione di una convenzione urbanistica che abbia in sé un meccanismo attributivo e che sia appunto trascrivibile.

Il ruolo del notaio, in una visione della fattispecie che non si esaurisca nella mera procedimentalizzazione avente natura squisitamente amministrativa della quale l'accordo sia un semplice secondario tassello, è, allora, evidentemente, di tutto rilievo; la delicatezza dei meccanismi di formazione del consenso, che presiedono la stipulazione delle convenzioni urbanistiche e degli atti negoziali essenziali per la conclusione del meccanismo perequativo o compensativo da realizzare, impone, infatti, una peculiare attenzione non solo dell'interprete, ma anche del pratico(280).

L'assenza di norme nazionali che regolino la circolazione dal punto di vista civilistico (affrontando sia la questione del tipo, dell'oggetto ma anche quella della pubblicità) in uno con la non uniformità delle regole urbanistiche dettate in materia dalle singole regioni rendono arduo il lavoro dell'interprete e del pratico, ma rendono soprattutto ancor più incerta la contrattazione dei diritti edificatori.

9. La cubatura, bene giuridico autonomo.

Per lungo tempo è stato sollevato il dubbio che la cubatura potesse essere considerata quale bene giuridico autonomo, valutabile dal punto di vista patrimoniale.

La capacità edificatoria di un lotto, espressa in termini di volumetria, rappresenta sempre di più, nel comune sentire e nelle previsioni normative delle regioni, un valore economico che costituisce esso stesso oggetto di attività negoziale tra privati.

La difficoltà maggiore nell'ammettere che la cubatura possa formare oggetto di diritti è, però, legata alla impossibilità di immaginare che lo spazio aereo connesso alla proprietà del suolo possa essere oggetto di diritti separatamente dalla proprietà del suolo(281).

Oggetto di diritti e, quindi, oggetto di trasferimento può essere solo la porzione di materia, la res corporalis, e lo spazio non è una cosa, bensì il mezzo in cui si trova l'oggetto dei diritto(282).

Essenziale è, tuttavia, sulla questione l'interpretazione dell'art. 810 c.c. che recita “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”(283); tale disposizione offrirebbe un criterio di qualificazione solo per quei beni definibili cose.

Vi sono cose che non sono beni e non possono formare oggetto di diritti e beni che, d'altro canto, non sono cose(284). In realtà, il concetto di bene è più ampio del concetto di cosa, comprendendo non solo le cose materiali o corporali (tra le quali sono le energie), ma anche quelle entità immateriali o ideali che pur non essendo cose sono idonee a formare oggetto di diritti, per la soddisfazione degli interessi tutelati dal nostro ordinamento giuridico(285).

La scelta normativa del legislatore del 1942 permette di attribuire al termine cosa il significato di porzione materiale o ideale, ma determinata del mondo esteriore che diviene bene in senso giuridico proprio nel momento in cui è idonea ad adempiere una certa funzione economica(286).

Le cose per potere costituire oggetto di rapporti giuridici debbono essere beni: “ciò vuol dire che debbono essere utili,atte a soddisfare un bisogno umano, senza di che mancherebbe persino l'interesse giuridicamente tutelabile”(287); ed il bene costituisce, insomma, l'oggetto del diritto soggettivo(288).

Resterebbe, comunque, da chiarire se, qualificata la cubatura come bene astrattamente idoneo a formare oggetto di diritto e quindi di per sé trasferibile, la situazione giuridica della quale formi oggetto possa essere ricondotta tra quelle reali o tra quelle personali(289), laddove appunto riuscisse naturalmente ad attribuirsi ad essa una reale autonomia – dal punto di vista giuridico – rispetto al bene immobile(290) al quale inerisce.

E' stato affermato(291), anticipando con sensibilità una tendenza dai connotati all'epoca di redazione dello studio solo appena precisati, che pur non risultando difficoltoso verificare se riguardo alla fattispecie in esame sussistano astrattamente i presupposti per adattare “la disciplina civilistica dei beni o estendere ad essa la tutela delle situazioni proprietarie”, in concreto l'utilizzabilità delle potenzialità edificatorie del fondo, se non è un bene in senso tecnico giuridico, è certamente almeno un'utilità oggettiva del lotto, in grado di avere un valore economico, magari anche notevole, espresso tecnicamente dal rapporto matematico ed ingegneristico tra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, in rappresentazione figurativa delle dimensioni che la futura costruzione dovrà avere.

Il rapporto matematico, insomma, è l'unità di misura della cubatura che in quanto tale è in sé stessa bene in senso giuridico e non esso stesso un sinonimo della volumetria(292) ed il bene – cubatura, in quanto tale è un elemento idoneo a formare oggetto di diritto(293).

Il segno dell'evoluzione del pensiero giuridico sul punto è però evidente, nell'ammettere che la cubatura, quale bene giuridico autonomo non urta, poi, con il principio del numero chiuso dei diritti reali, non costituendo essa stessa un diritto(294), bensì un bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può costituire oggetto di accordo tra privati ed in particolare oggetto di diritti reali(295).

Si tratterebbe in specie di un bene immateriale di origine immobiliare(296), certamente lecito e possibile e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche di cui all'art.1346 c.c. e quindi determinato o determinabile(297).

Nessun ostacolo si frapporrebbe, in tal caso, ad ammettere che la volumetria possa essere intesa quale bene autonomo in senso economico e di conseguenza costituire oggetto di diritto reali, qualsiasi forma e struttura abbia assunto il negozio; in una tale ottica, andrebbe, poi, distinta la circolazione del bene cubatura dalla sua fruizione: la prima, devoluta esclusivamente alla regolamentazione pattizia, la seconda, subordinata all'esito favorevole dell'attività provvedimentale della pubblica Amministrazione(298).

Ulteriore conferma di una siffatta soluzione è possibile rinvenire nella ricostruzione tecnico - giuridica di alcune fattispecie del tutto speculari seppur afferenti materie del tutto diverse, alle operazioni aventi ad oggetto i diritti edificatori.

Il primo esempio è offerto dalle cd. quote latte: nel contesto della disciplina emanata in applicazione delle normativa comunitaria avente ad oggetto la regolazione le quote della produzione del latte bovino assegnate a ciascun produttore, la titolarità di essa compete al produttore nella sua qualità di conduttore dell'azienda agricola, salve diverse pattuizioni tra le parti (art. 10 comma 1 della legge 26 novembre 1992, n.468); il secondo comma della stessa disposizione prevede poi che il conduttore possa cedere o affittare totalmente o parzialmente, anche per singole annate, la quota latte senza alienare l'azienda agricola, a condizione che l'azienda del produttore cessionario sia ubicata nella medesima regione e si trovi in un territorio della medesima categoria.

La quota latte è perciò un bene immateriale, incorporale, collegato all'azienda dell'allevatore quale elemento di essa, e non più al terreno. Si tratta, insomma, di un bene oggetto di una specifica tutela giuridica il diritto sul quale, esercitato dal rispettivo titolare, è ricostruito dalla giurisprudenza europea(299) e costituzionale(300) quale diritto di proprietà, che può essere dismesso in cambio di un'indennità o ceduto in tutto o in parte, definitivamente o temporaneamente a favore di un terzo in cambio di un certo prezzo.

Altra ipotesi è il cd. diritto al reimpianto del vitigno(301) che può esser trasferito a favore di altri viticoltori, con modalità autonome rispetto all'azienda di appartenenza originaria che siano determinate tra le parti convenzionalmente. Una tale fattispecie acquisisce in tal modo il rilievo oggettivo di un vero e proprio bene – nel significato di cui all'art.810 c.c. - del tutto indipendente anch'esso rispetto al terreno di riferimento.

La dottrina, pur ricostruendo nei termini di volta in volta sopra ricordati, la fattispecie della cessione di volumetria, senza giungere, se non occasionalmente, a qualificare quale bene in sé la cubatura stessa ha, tuttavia, sempre dimostrato, nel tempo, un atteggiamento prudente, forse in più o meno consapevole attesa di un intervento normativo che fosse indice di un segnale di mutamento da parte del legislatore nazionale.

Il difetto di un elemento normativo nel panorama legislativo di qualsiasi rango ha indotto, poi, anche la dottrina più lungimirante al termine di un'approfondita analisi a discernere la circolazione del bene – cubatura, dalla sua concreta fruizione e dal suo godimento sottoposto in ogni caso alla valutazione amministrativa.

L'assenza di qualsivoglia disposizione in materia non però è oggi certo un dato di attualità: alla essenzialità delle norme presenti nella legislazione nazionale (pur in mancanza di ormai necessarie disposizioni quadro) fa da contraltare un'ipertrofia evidente della legislazione regionale(302), che trascura, tuttavia, per l'espresso limite di cui all'art. 117 della Costituzione che devolve al legislative nazionale la regolamentazione delle fattispecie di diritto privato.

La questione assume maggiore difficoltà proprio a proposito della perequazione cd. estesa e della compensazione nelle quali si realizza un distacco vero e proprio del diritto edificatorio dal suolo che lo ha generato a vantaggio di soggetti che non sono titolari di diritti reali sul fondo stesso; secondo recente dottrina(303) è possibile, al riguardo, ipotizzare una sorta di dematerializzazione dello ius aedificandi o ancor meglio qualificare la rispettiva fattispecie “alla stregua di un (nuovo ed autonomo) bene di natura non reale (superando, in tal modo, il problema del numero chiuso dei diritti reali)”.

Alcuni sporadici interventi del legislatore nazionale confermano un tale assunto(304).

La Legge 15 dicembre 2004 n.308(305) all'art.1 comma 21 dispone che “qualora per effetto di vincoli sopravvenuti diversi da quelli di natura urbanistica non sia più esercitabile il diritto di edificare che sia già stato assentito a norma delle vigenti disposizioni è in facoltà del titolare del diritto di chiedere di esercitare lo stesso su un'altra area del territorio comunale, di cui abbia acquisito la disponibilità a fini edificatori”.

Ed al comma 22 aggiunge che “ in caso di accoglimento dell'istanza presentata ai sensi del comma 21, la traslazione del diritto di edificare su area diversa comporta la contestuale cessione al Comune a titolo gratuito dell'area interessata dal vincolo sopravvenuto”.(306)

L'art. 1 commi 258 e 259 della legge n.244 del 24 dicembre 2007(307) dispone, poi, che all'interno dei meccanismi perequativi e delle previsioni degli strumenti urbanistici, in aggiunta delle aree necessarie per garantire gli standards, siano definiti ambiti (e non più zone) la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o riuniti in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti, è possibile prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale(308). Si può, poi, prevedere in occasione della localizzazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, una premialità di cubatura che deve restare nei limiti di incremento massimo della capacità edificatoria prevista per gli ambiti stessi, come definiti dalla medesima legge(309).

I Comuni potranno, insomma, mediante i propri strumenti urbanistici, definire gli ambiti nei quali è permessa l'attribuzione di diritti premiali purché:

- il diritto edificatorio premiale sia assegnato per il perseguimento di finalità relative all'attuazione dell'edilizia residenziale sociale, al rinnovo urbanistico ed edilizio, e alla riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti;

- l'incremento volumetrico non superi l'incremento massimo della capacità edificatoria prevista per gli ambiti nei quali sono collocate le aree destinate all'edilizia residenziale sociale.

L'art. 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133(310), sotto la rubrica “Piano Casa”, contiene le linee guida per l'emanazione di un decreto legislativo che abbia quale fine il garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana(311). E' evidente il segnale di un nuovo interesse del legislatore per l'edilizia residenziale sociale, la cui incentivazione è fondata sul ruolo degli imprenditori privati ai quali è devoluto il compito della promozione dell'iniziativa(312).

Tale disposizione contiene al comma 5(313) tre precise indicazioni normative che per la prima volta – nella legislazione nazionale - attribuiscono alla cubatura in sé (rectius ai diritti edificatori), vera e propria dignità di bene, inteso nel senso tecnico giuridico di cui all'art. 810 c.c. : la volumetria cessa insomma di essere un mero rapporto matematico per assurgere essa stessa ad oggetto del diritto.

In particolare, gli interventi del Piano Casa potranno essere realizzati anche:

- mediante il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo (lettera a);

- mediante incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (lettera b);

- ed ancora mediante la cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato , ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate (lettera e).

Dopo il primo timido tentativo della ricordata legge 15 dicembre 2004 n.308, ma ancor più dopo le disposizioni appena menzionate del 2007 e del 2008, il legislatore inizia a mostrare un interesse nuovo nei confronti dell'urbanistica perequativa, compensativa e premiale, sia con riguardo alla sua genesi, sia alla circolazione vera e propria dei diritti edificatori, legittimando e, forse, anche incentivando, la creazione di prassi negoziali(314): la carenza assoluta di una disposizione - quadro di legge nazionale avrebbe, infatti, rafforzare il tentativo di dissuadere il pratico e l'interprete dalla ricerca di soluzioni negoziali che fossero sempre più appaganti, proprio per l'assunto della riserva costituzionale alla mano del legislatore nazionale e della preclusione al legislatore regionale di qualsiasi intervento su tale materia.

Va, invece, in senso nettamente contrario, segnalato, come acutamente già evidenziato(315), che le appena ricordate disposizioni sembrano piuttosto presupporre il fenomeno e non assumere il ruolo di elementi fondanti dello stesso: la generazione ed il trasferimento dei diritti edificatori sono semplicemente enunciati, lasciando che “ambiti, contenuti e condizioni” siano regolati da normative regionali e prassi applicative alle quali è devoluta la disciplina delle ipotesi, delle forme e delle modalità di trasferimento(316).

La ricordata produzione normativa nazionale, magari non organica e carente nelle sue linee definitorie e contenutistiche, magari anche colorata dal sapore dell'occasionalità, ha, però, certo il pregio di avere per la prima volta dato un chiaro e inequivoco fondamento tecnico giuridico alle attività negoziali che hanno ad oggetto siffatti diritti, sulla scorta della variegata disciplina regionale.

E', per altro verso, vero, infatti, che la regolazione convenzionale delle fattispecie premiali affonda, in realtà, le proprie radici addirittura nella legge urbanistica del 17 agosto 1942 n.1150, laddove attribuisce direttamente ai Comuni il potere di conformazione della proprietà immobiliare.

La riconduzione ultima della urbanistica premiale nell'alveo della disciplina urbanistica del 1942 reca in sé la soggezione di essa ad alcuni evidenti limiti: in particolare, il richiamo essenziale alla zonizzazione (art.7) ed all'obbligo di determinare per ciascuna zona “limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza di distanza tra i fabbricati (art.41 quinquies), con l'effetto tecnico pratico che l'atterraggio dei diritti edificatori potrà avvenire solo ed esclusivamente nelle zone a tal uopo esattamente destinate dallo strumento urbanistico vigente(317).

Ecco, perché il legislatore nazionale, nella scrittura delle scarne disposizioni appena citate, si è limitato quasi a dichiarare semplicemente come presupposto un fenomeno che appare creato dal diritto vivente.

Ricorda un Autore(318) che la conformazione della proprietà alla quale la tradizionale pianificazione è ispirata segue lo schema (di elaborazione sociologica) della regolazione finale “che impone dei comportamenti da seguire necessariamente per raggiungere un determinato obiettivo”.

La regolazione condizionale informa, invece, una conformazione basata sulla tecnica della premialità: dalle disposizioni non sono imposti comportamenti obbligati per l'ottenimento dello scopo, ma semplicemente indicati obiettivi incentivati appunto attraverso la predisposizione di meccanismi premiali.

Si tratterebbe, insomma, nel caso della premialità, di “una proprietà conformata tramite l'impiego della regolazione condizionale e non finale” (319) che si fonda sulla potestà conformativa che trae la propria fonte direttamente nella legge urbanistica del 17 agosto 1942 n.1150.

La previsione espressa da parte del legislatore nazionale dei diritti edificatori, quale possibile oggetto di un negozio traslativo, permette di superare definitivamente, altresì, l'opinione che un forte ostacolo alla configurazione autonoma dei diritti edificatori sarebbe stato costituito proprio dal principio di tipicità dei diritti reali(320).

Secondo un'altra opinione(321), pur anteriore alla ricordata produzione normativa nazionale, oggetto delle cessioni e dei trasferimenti di cubatura, non sarebbero diritti edificatori, ma “interessi legittimi volti a pretendere nei confronti dell'amministrazione domina, che l'astratta volumetria riconosciuta dal potere di piano o altre fattispecie equipollenti, possa concretizzarsi tramite il rilascio del titolo abilitativo ( e similia)”.

Una tale ultima opinione troverebbe la propria giustificazione nell'evoluzione storica della materia, che negli anni ottanta e novanta del 1900, esprimeva una concezione non patrimoniale e formale dell'interesse legittimo, tale da impedire che lo stesso potesse direttamente costituire oggetto di una negoziazione tra privati; successivamente, con la previsione degli accordi amministrativi gli interessi legittimi divengono situazioni negoziabili tra la pubblica amministrazione ed i privati; inoltre, dopo la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n.500 del 1999, gli interessi legittimi sono definibili situazioni sostanziali dirette a proteggere i beni della vita e, dunque, patrimonializzabili e, laddove oggetto di lesione, risarcibili proprio in quanto posizioni suscettibili di un'autonoma valutazione economica.

In tale luce, l'interesse legittimo, negoziabile nei rapporti tra privati e pubblica Amministrazione, autonomamente risarcibile ove leso contra ius, può costituire oggetto di atti dispositivi tra privati. Tecnicamente, allora, le parti non dispongono di diritti edificatori, ma “di interessi pretensivi alla realizzazione delle volumetrie”(322).

Invero, una tale ricostruzione delle fattispecie, del tutto apprezzabile per originalità e per certi versi anche condivisibile, non ha tenuto in considerazione (per ragioni squisitamente temporali, essendo stata formulata prima) l'intervento legislativo dell'art. 1 commi 258 e 258 della legge n.244 del 24 dicembre 2007 e dell'art. 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133, prima ricordati che insieme all'art.1 comma 21 della Legge 15 dicembre 2004 n.308, costituiscono pur nella loro incompletezza, una sorta di immaginaria linea Maginot nella materia urbanistica.

Secondo una recente impostazione(323), inoltre, la circolazione del bene – cubatura, pur oggettificato dal punto di vista giuridico, deve essere distinta rispetto al godimento ed allo sfruttamento di essa sul lotto beneficiato dall'attribuzione, che in ogni caso è subordinata all'esito positivo dell'iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire.

Ebbene, siffatti diritti edificatori, pur costituendo la dimensione quantitativa dello ius aedificandi, assurgono oggi proprio a seguito dei ricordati interventi del legislatore ordinario, alla dignità di bene, inteso nel senso tecnico giuridico di cui all'art. 810 c.c. e possono costituire essi stessi oggetto di rapporti giuridici e del diritto soggettivo(324).

La cubatura reificata consiste, insomma, in una chance ossia “una potenzialità di trasformazione in termini volumetrici del territorio”(325), ed è bene in sé distinto dal bene finale (la costruzione), la cui prerogativa è la concreta possibilità di impiego della volumetria corrispondente, proprio in considerazione dell'elevato grado di rigore che anima la disciplina urbanistica ed edilizia.

La peculiarità della fattispecie è, dunque, evidente: le operazioni sulla volumetria si pongono sull'esatto confine tra diritto amministrativo e diritto civile, atteggiandosi la cubatura quale bene che può formare oggetto di diritti nei rapporti interprivatistici e contemporaneamente interesse legittimo nei confronti della pubblica Amministrazione strettamente collegato al potere di pianificazione di quest'ultima.

Riemerge, allora, in modo prepotente la questione mai sopita del rilievo che per il giurista hanno le categorie ordinanti(326).

La chance edificatoria – la cui lesione sul piano extracontrattuale è, peraltro, ormai perfettamente risarcibile – si può conformare, insomma, in modo diverso (quale rispettivamente diritto soggettivo ed interesse legittimo), in relazione al piano sul quale si opera(327): essa può costituire, infatti, nei rapporti tra le parti private oggetto di un diritto soggettivo [la cui natura è stata talora ricondotta allo schema del diritto di credito (i cd. crediti di cubatura o di compensazione), ma il cui carattere reale emerge chiaramente se si pone mente a quanto appresso], allorquando il trasferimento opera in volo, senza necessità di decollo o atterraggio oppure di un diritto reale(328), come avviene, ad esempio, in materia di micropianificazione urbanistica o di perequazione, nelle quali i meccanismi di decollo e atterraggio sono ben definiti; assume, invece, almeno sino al tempo dell'avvenuto rilascio del titolo edilizio che ne costituisce lo scopo ultimo(329), la veste di interesse legittimo nei confronti della pubblica Amministrazione(330).

Se, infatti, è il bene cubatura a costituire il concreto oggetto del contratto traslativo, esso forma esclusivamente ed agevolmente oggetto di un diritto soggettivo (quale la piena proprietà) di natura reale che non muta nella sua natura giuridica ancorchè durante il volo: in tale ultima fase muteranno semmai le garanzie da prestare da parte del cedente e le forme di pubblicità, per effetto della peculiarità della situazione giuridica, ma mai varieranno i suoi connotati tecnico giuridici che ne costituiscono l'essenza.

Appare evidente, in una tale configurazione della fattispecie, il rilievo del profilo contrattuale e con esso il ruolo che il notaio deve svolgere, attesi i rischi che la circolazione di siffatta chance, reca proprio per i suoi chiari profili di indeterminatezza; l'atterraggio potrebbe essere, infatti, impedito, in concreto, dalla mancanza o dalla scarsità delle aree o ancora da sopravvenienze di tipo normative o addirittura di fatto.

Inoltre, qualora si aderisse alla impostazione(331) secondo la quale l'oggetto immediato del rapporto contrattuale è costituito dall'interesse legittimo di tipo pretensivo sopra descritto, ne discenderebbe una effettiva imprescrittibilità che ha indotto un interprete a sollecitare uno specifico intervento normativo sul punto(332).

E' preferibile, invece, ritenere che il regime della prescrizione operi in funzione della natura giuridica del diritto in gioco, in linea con la conformazione del rapporto giuridico effettuata dalle parti(333).

Il pregio della distinzione nella qualificazione della fattispecie tra diritto soggettivo (nei rapporti tra le parti, atteggiato a sua volta nei termini richiesti da ciascuna fattispecie) ed interesse legittimo (nei riguardi della pubblica Amministrazione), permette, allora, di realizzare anche lo scopo di porre accanto al chiaro richiamo allo strumentario del contrattualista nella predisposizione dell'atto negoziale, che curerà l'emersione dei profili di realità(334), il riferimento evidente ai meccanismi di salvaguardia specifici della situazione giuridica lesa nei confronti dell'ente pubblico(335).

Resta di tutta evidenza la difficoltà del compito devoluto all'operatore contrattuale, chiamato a dipanare una matassa tecnico giuridica che diviene vieppiù complessa ove si pone mente alla sempre più mobile frontiera dei diritti reali(336).

Una tale ricostruzione opererebbe, però, chiaramente in funzione limitativa del contenzioso, atteso che ciascuno dei profili della fattispecie sarebbe soggetto alla propria disciplina ed, in particolare, ai meccanismi di tutela propri di essa, ordinaria o amministrativa. E la salvaguardia sarebbe vieppiù maggiore quanto più ampio è l'ambito di atterraggio di siffatti diritti, come nell'ipotesi della cd. perequazione estesa(337).

La qualificazione oggettiva della cubatura lascia, poi, del tutto impregiudicata la questione della pubblicità degli atti interprivati, che seguirà le regole dello statuto rispettivo dei diritti reali e dei diritti di credito.

10. I meccanismi di generazione premiale dei diritti edificatori.

In base alle ricordate disposizioni dell'art. 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133, i diritti edificatori possono costituire specifico oggetto di trasferimento in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo e possono essere ceduti in corrispettivo parziale od integrale per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate.

Ed ancora il loro contenuto può espandersi mediante un incremento premiale nelle peculiari ipotesi di cui lettera b del menzionato art.5.

Nulla però la disposizione statuisce in ordine all'origine di tali diritti che sembrano presupporre che vi sia “a monte nella disponibilità pubblica, un tesoretto costituito da crediti edilizi”(338), che può assumere diverse forme: o essa trae origine o da aree di proprietà comunale (ipotesi prevista dal Comune di Reggio Emilia, che ha disciplinato un apposito sistema di allocazione di essi mediante asta), o dall'acquisto di diritti edificatori da privati da rivendere a terzi (ipotesi prevista dal Comune di Terni), o ancora addirittura prescinde dalla proprietà del suolo stesso (ipotesi del Comune di Monza)(339).

Va sottolineato che se le prime due fattispecie sono espressione delle normali regole della conformazione urbanistica, la terza, invece, può essere ricondotta ad un'ipotesi concessoria, nella quale il diritto edificatorio non è collegato alla proprietà edilizia del suolo, né è una facoltà del diritto di proprietà, secondo l'ormai risalente e pur sempre attuale insegnamento del Giudice delle Leggi(340), ma è un vero e proprio “nuovo diritto” che prima non esisteva. Può agevolmente al riguardo osservarsi che in realtà il diritto di edificare inerisce al diritto di proprietà e non può essere ab origine un diritto di spettanza dell'Ente territoriale, proprio in virtù dell'appena ricordato principio espresso dalla Corte Costituzionale, in ordine alla natura non concessoria della concessione edilizia.

In assenza di un'espressa disposizione della Legge nazionale, insomma, non esiste il potere del Comune di dare vita e di generare, quasi per partenogenesi, diritti edificatori non collegati alla proprietà dei suoli stessi, con conseguente illegittimità di tali disposizioni degli strumenti urbanistici.

Né la lettura delle ricordate norme della Legge 6 agosto 2008, n. 133 può avvalorare una simile impostazione atteso che si tratta semplicemente di una disciplina premiale che nulla statuisce in ordine appunto alla generazione dei diritti edificatori medesimi(341).

11. I negozi aventi ad oggetto la cessione (reale) di cubatura.

La disciplina del rapporto convenzionale avente ad oggetto diritti sulla volumetria risente inevitabilmente della soluzione e più in particolare della configurazione specifica a monte alla quale si accede.

I negozi aventi ad oggetto il trasferimento di volumetria ed i negozi aventi ad oggetto i crediti di cubatura possono assumere la forma che le parti liberamente intendono scegliere se alla fattispecie si attribuisce una valenza di tipo squisitamente obbligatorio(342).

Se, tuttavia, siffatte ipotesi convenzionali sono ancorate comunque a meccanismi di carattere reale, non si può prescindere dalla forma scritta ad substantiam: solo l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata permettono, secondo le regole codicistiche, l'accesso ai registri immobiliari ed assicurano in tal modo l'adempimento delle condizioni idonee per la pubblicità del negozio stipulato.

Tali negozi possono, poi, avere carattere gratuito o liberale (richiedendo il rispetto dei requisiti legali in ipotesi in cui si configuri una donazione vera e propria(343)) o oneroso.

In particolare sul punto, se la cubatura costituisce un bene, del tutto attuale, economicamente apprezzabile ed immediatamente fruibile dal suo titolare, indipendentemente dall'atterraggio futuro sul fondo di destinazione, non vi è ostacolo alcuno alla possibilità che la volumetria possa formare oggetto di negozi gratuiti o liberali non trovando evidentemente alcuna applicazione il divieto di cui all'art.771 c.c. in materia di donazione di beni futuri.

E' stata ipotizzata(344), poi, la possibilità di configurare una vendita, una permuta (anche di bene presente con bene futuro(345)), una datio in solutum ed, addirittura, un conferimento in società sia in fase costitutiva(346), sia in fase di aumento di capitale(347), fattispecie tutte aventi ad oggetto la volumetria.

In tutte le ipotesi comunque convenzionalmente configurate ed ipotizzate, sarà poi fortemente opportuno il ricorso a meccanismi condizionali, ad eccezione della permuta in occasione della quale l'elemento accidentale della condizione diviene addirittura necessario ed imprescindibile(348).

12. Conclusioni.

L'art.1 comma 21 della Legge 15 dicembre 2004 n.308, l'art. 1 commi 258 e 258 della legge n.244 del 24 dicembre 2007 e l'art. 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133 coprono solo in parte le questioni poste dalla previsione urbanistica di meccanismi perequativi e compensativi, lasciando, invece, del tutto scoperti non solo la completa regolamentazione dell'origine dei diritti premiali, la disciplina della circolazione dei diritti edificatori e della pubblicità degli atti negoziali, nonché ancor prima la definizione della linea di confine esatta tra la competenza statuale e la competenza delle regioni, a discapito della certezza del diritto(349).

Pur in assenza delle auspicate disposizioni quadro di legge nazionale, le ricordate norme, che affondano le proprie radici addirittura nella legge urbanistica del 17 agosto 1942 n.1150, consentono, tuttavia, di compiere un passo avanti nell'elaborazione e nell'interpretazione delle fattispecie in esame, poiché hanno il pregio di avere per la prima volta dato un chiaro e inequivoco fondamento tecnico giuridico alle attività negoziali che hanno ad oggetto diritti edificatori sulla scorta delle previsioni della variegata disciplina regionale.

Il diritto edificatorio diviene, in tal modo, una res, un bene in sé, che può formare oggetto di autonoma negoziazione tra le parti.

Nonostante l'affievolimento del contenuto reale porti a far assumere una veste diversa, ai diritti su tali beni (addirittura contrattata in specifici mercati a mò dei futures), l'emersione di tali posizioni giuridiche deve essere affidata ai meccanismi della pubblicità immobiliare che garantiscono la sicurezza della loro circolazione.

L'enfatizzazione della prospettiva contrattuale affidata alla cura del notaio, consente poi non solo la limitazione del rischio contenzioso, che lo svilimento dell'accordo pattizio a vantaggio della sola ottica pubblicistica reca con sé, ma anche nella medesima luce un complessivo risparmio economico. L'adesione agli accordi perequativi da parte dei proprietari avviene infatti solo laddove siano vantaggiosamente superabili per loro i costi transattivi(350).

E' stato, tuttavia, acutamente osservato che “la debolezza e la volatilità delle regole urbanistiche che si stanno introducendo nel sistema della pianificazione urbanistica rischiano di essere l'anticamera dello schiacciamento dell'amministrazione comunale”(351), con l'effetto che all'ampliamento della discrezionalità di quest'ultima faccia da contraltare l'incremento delle scelte discriminatorie che i modelli urbanistici proposti mirano, invece, ad attenuare, se non a dissolvere.

Ed è proprio una tale prospettiva, assolutamente concreta ed attuale, a rendere indifferibile l'approvazione, in tempi brevi, di una legge quadro nazionale.


(1) Tale disposizione recita nel testo come ulteriormente modificato a seguito del Testo Unico dell'Edilizia “1.Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25 non possono essere realizzato edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi all'intera zona e contenenti disposizione planovolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa. 2. In tutti i Comuni, ai fini della formazione di strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. 3. I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i Lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima.”
(2) L'espressione di A. GAMBARO La proprietà edilizia in Trattato dir. civ. diretto da P. Rescigno, VII, Torino 1982, p. 527, è poi ripetuta dall'Autore in Il diritto di proprietà in Trattato dr. Civ. e com. a cura di A. Cicu e F. Messineo Milano 1995, p. 309.
(3) Sulla cessione di cubatura tra i tanti si ricordano i contributi di A. CANDIAN Trasferimento di cubatura in Digesto disc. priv. Sez. priv. (aggiornamento) Torino, 2000, p. 735 ; A. CECCHERINI Funzione ed efficacia della cessione di cubatura in Giust. Civ. 1990, II, p. 103; ID. Asservimento di area edificabile e cessione di cubatura in Nuova Giur. Civ. comm. 2009 p. 557; S. CERVELLI I diritti reali Milano, 2001, p.65-67; N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile in Riv. Not. 2003 p. 1113; R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori Milano, 2009, p.413; C. FRANCO Appunti sulla cd. cessione di cubatura in Vita Not. 1997 p. CXC; A. GAMBARO La proprietà edilizia, op. cit. p. 527, ID. Il diritto di proprietà, op. cit. p. 309; F. GAZZONI La trascrizione immobiliare Tomo I artt. 2643-2644 in Il codice civile comm. diretto da P. SCHLESINGER Milano, 1991, p. 655 e ss. ; F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui Milano, 2001, p. 246; ID. La cessione di volumetria in Il Notaro 1998, p. 105; N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata in Riv. Not. 1992 p. 1070 (ed in Giur. It. 1990, IV,c. 383); A. IANNELLI La cessione di cubatura e i così detti atti di asservimento in Giur. Merito 1977, IV p.740; M. LANGELLA Brevi cenni in tema di cessione di cubatura in Vita Not. 2007, p. 428; M. LEO Il trasferimento di cubatura in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, VI, t. 2 1998-2000, Milano p. 669; ID. Trasferimento di volumetria voce del Dizionario Enciclopedico del Notariato Roma 2002, volume V, p. 710 M. LIBERTINI Sui trasferimenti di cubatura in Contr. e Impr. 1991, p.73 ; ID. Sui trasferimenti di cubatura in I contratti del commercio, dell'industria e del mercato finanziario diretto da F. GALGANO t. 3 Torino 1995, p. 2253 ; M. MARE' Natura e funzione dell'atto d'obbligo nell'ambito del procedimento di imposizione di vincoli di destinazione urbanistica in Riv. Not. 1990, p. 1347; M. A. MAZZOLA Le servitù in Proprietà e diritti reali (a cura di G. CASSANO) Padova 2007 Tomo II, p. 1815; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico in Vita Not. 2001 p. 1675; S. SCARLATELLI La cd. cessione di cubatura, problemi e prospettive in Giust. Civ. 1995, II, p. 287; R. TRIOLA La “cessione di cubatura”: Natura giuridica e regime fiscale in Riv. Not. 1974, p. 115; P.L. TROJANI Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale in Vita Not. 1990, p. 285; G. VIOTTI Vincoli di destinazione convenzionali e loro efficacia nei confronti degli enti pubblici in Vita Not. 2001, p. 148, nota a Corte App. Ancona 19 giugno 1999. Per le monografie si rinvia a G. CECCHERINI Il cd. trasferimento di cubatura Milano, 1985; A. CANDIAN Il contratto di trasferimento di volumetria Milano, 1994; S.G. SELVAROLO Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; C. T. SILLANI I limiti verticali della proprietà fondiaria Milano, 1994, p. 575. Per comodità di lettura si segnala che in tutti i richiami alle opere precedenti all'entrata in vigore del Testo Unico dell'Edilizia i richiami al permesso di costruire si intendono fatti dal rispettivo Autore alla licenza edilizia o alla concessione edilizia (salvo espresso riferimento in contrario). Deve poi essere richiamato l'originale ed interessante contributo di A. FUSARO La determinazione convenzionale circa l'uso dei beni immobili nel diritto inglese e nel diritto italiano Genova 2002, ricevuto per la consueta cortesia dell'Autore.
(4) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 655 ricorda che “talvolta” la cessione di cubatura trae origine dalla espressa previsione nei piani regolatori (per tutti quello della città di Torino, approvato con d.P.R. 6 ottobre 1959, art. 6); M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 669 e ss. ritiene invece che “il trasferimento di cubatura è un'operazione giuridica ed economica in grado di esprimere una indubbia utilità sociale e non solo nell'ipotesi in cui il P.R.G. lo preveda espressamente”. Secondo F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico op. cit. , p. 1689 e ss. sono possibili quattro diverse ipotesi in ordine all'atteggiamento del Comune in relazione alla cessione di volumetria; in particolare il Comune potrà: a) prevedere, ammettere e regolare espressamente la fattispecie della cessione di volumetria; b) negare espressamente l'ammissibilità del trasferimento di volumetria; c) prevedere la cessione di cubatura in particolari casi soltanto e previa espressa autorizzazione; d) non prevedere nulla in relazione alla fattispecie de qua. In tale ultima ipotesi, che ad avviso degli Autori, è la più ricorrente, è del tutto legittimo lo strumento della cessione di cubatura allo scopo di trasferire la volumetria da “un'area contigua a quella direttamente interessata dalla costruzione (Cons. St. sez. V 8 settembre 1983, n.366, citato dagli Autori stessi senza altri riferimenti)”. Il permesso di costruire sarà allora rapportato alla volumetria disponibile pari a quella sviluppata dall'immobile sul quale sorgerà il manufatto e quella acquisita a seguito di cessioni di cubatura. Nello stesso senso, A. GAMBARO Il diritto di proprietà, op. cit. p. 312, il quale ricorda che le cessioni di volumetria prescindono da una previsione di piano espressa, atteso che essi svolgono una funzione utile maggiormente proprio nelle zone non disciplinate da alcuno strumento urbanistico. Si segnala di recente AA.VV. Della trascrizione in Commentario al codice civile a cura di P. Cendon Milano 2009 che dedica un intero capitolo alla questione della cessione di cubatura.
(5) A differenza di quanto accade nella disciplina dei crediti di cubatura, nei quali, invece, è proprio la condotta collaborativa a generare un premio consistente esattamente nell'incremento dell'indice di cubatura dell'area appartenente al soggetto stesso.
(6) N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1113, il quale afferma che per inedificabilità, totale o parziale, a seguito della cessione di volumetria, “si intende non solo l'impossibilità a costruire sull'area, ma anche l'impossibilità che l'area stessa venga nuovamente presa in considerazione ai fini del calcolo della volumetria per il rilascio di una nuova concessione edilizia”.
(7) L'espressione è di N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1070.
(8) M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 669 e ss. il quale afferma che “l'attività sulle aree è consentita solo se a disposizione del costruttore vi sia un'area con la superficie minima idonea a contenere una determinata volumetria.”
(9) M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 669 e ss. , segnala ricostruendo storicamente la nota questione dello ius aedificandi , sintetizzando l'ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla questione, che il dato di novità della legge 28 gennaio 1977 n. 10 è il passaggio dal sistema della licenza edilizia a quello della concessione, che – come evidenziato dalla lettura della Corte Costituzionale n. 5 del 30 gennaio 1980 (pubblicata in Riv. giur. Edil. 1980, I, p. 17 ed in Giur. Cost. 1980, p.21) – ha carattere puramente nominalistico, restando il diritto di edificazione parte integrante del contenuto del diritto di proprietà del suolo. In ordine alle intese che precedono il rilascio del permesso di costruire Cass. 13 luglio 2001 n.9524 in Riv. Not. 2002, p. 488.
(10) M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 671 ricorda che è stato prospettato in dottrina che il sistema del trasferimento di cubatura sia sorto come una delle possibili soluzioni al sistema previsto dalla legislazione urbanistica del quale sono parte i comparti edificatori e la perequazione dei volumi. Aggiunge che la questione dello ius aedificandi deve essere sottratta dalla problematica dei trasferimenti di cubatura, in considerazione, a tacer d'altro, della diversità sempre più marcata tra esso e le facoltà inerenti alla proprietà in senso tradizionale. Nello stesso senso, A. GAMBARO Il diritto di proprietà, op. cit. p. 310 il quale sintetizza come segue il trasferimento di volumetria: si supponga una zona nella quale le prescrizioni fissino lo standard planovolumetrico di 2 mc ogni mq e che in tale zona si trovino le aree di due proprietari una di x mq e una di y mq, tali da sviluppare due edifici uno di 2 per i mq dell'area e uno di 2 per i mq dell'area. In caso in cui uno dei proprietari sfrutti la cubatura pari a 2 per x + 2 per y, si verserebbe per la pubblica Amministrazione nel campo dell'“urbanisticamente indifferente”.
(11) In questo senso, N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1117; N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1070.
(12) E' evidente che una tale considerazione è superata da un'espressa previsione da parte degli strumenti urbanistici , in tal senso, A. GAMBARO Il diritto di proprietà, op. cit. p. 310, il quale ricorda l'esperienza americana dei Transfert development rights nati con l'intento di perequare la distribuzione delle volumetrie edificabili ovvero con lo scopo di allocare in modo più efficiente una risorsa estremamente scarsa quale l'edificabilità.
(13) N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op.cit. p.1118.
(14) Cons. Stato sez. V 30 marzo 1994 n. 193 in Rep. Giur. It. 1994 voce Edilizia e urbanistica n. 368; Cons. Stato sez. V 1° aprile 1998 n. 400 in Rep. Giur. It. 1998 voce Edilizia e urbanistica n. 633. Secondo Cons. Stato sez. V 2 dicembre 1977 n. 1092 in Foro amm. 1977, I, p. 2900, “non vi è dubbio che il concetto di lotto – inteso quale porzione minima di area edificabile , necessaria per realizzare una costruzione funzionalmente autonoma, in conformità del tipo edilizio permesso nella zona dalla disciplina urbanistica in vigore al momento del rilascio della licenza (leggi e regolamenti; piani regolatori generali e particolareggiati; programmi di fabbricazione; lottizzazioni convenzionate) – da un lato, postula la continuità fisica dell'area da adibire non solo a base di impianto, ma anche a servizio dell'erigendo edificio; dall'altro implica uno stretto vincolo di unitarietà tra le singole parti in cui è frazionabile materialmente, oltre che idealmente, il terreno costituente il lotto stesso. I limiti allo sfruttamento edilizio dei suoli, che derivano dai caratteri ora specificati, sono preordinati al soddisfacimento di interessi pubblici relativi all'igiene, all'estetica, all'ecologia e alla densità demografica poiché, garantendo ad ogni costruzione determinate quantità di aria, luce e verde, tendono ad impedire un eccessivo grado di concentrazione dei fabbricati e a garantire, nell'assetto urbanistico dell'ambiente una pressoché uniforme ed armonica distribuzione degli spazi liberi. La tutela delle esigenze in parola verrebbe gravemente compromessa, ove esistesse la possibilità di qualificare come lotto parti separate del territorio comunale e di frazionare l'unità edilizia formata dal lotto medesimo”.
(15) Cons. Stato sez. V 1° ottobre 1986 in Riv. Giur. Edil. 1986, I, p.1014.
(16) F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 246, il quale afferma che un tale apporto si rende necessario perché il titolare del fondo, sia egli il proprietario, il superficiario o il titolare di un'enfiteusi edificatoria, (p. 247, nota 73) avvantaggiato dalla cessione solo mediante esso può raggiungere la cubatura necessaria non raggiungendo il terreno uno standard di edificabilità minima o intendendo egli edificare in misura superiore allo standard dell'area.
(17) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1119 ricorda che lo strumento negoziale utilizzato per la realizzazione della cessione di volumetria edificabile non può mai divenire un mezzo per eludere o violare il sistema di obblighi e divieti posto dagli strumenti urbanistici.
(18) In questo senso, N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1120; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 710.
(19) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 710 ricorda che “l'intreccio tra il diritto privato e il diritto amministrativo” è “espressione di un fenomeno più generale”; M. MARE' Natura e funzione dell'atto d'obbligo nell'ambito del procedimento di imposizione di vincoli di destinazione urbanistica op. cit. p. 1347 afferma che “sotto la spinta della legislazione specialistica, ha coinciso” la disgregazione del sistema codicistico da un lato” e “la sempre meno netta separazione tra diritto privato e pubblico dall'altra”.
(20) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1120; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 710. Va anticipato che la ricostruzione della fattispecie ricorrendo al meccanismo della servitù a vantaggio futuro, consente di utilizzare uno schema tipico del tutto peculiare in cui l'elemento futuro (distinto dall'utilità attuale del vincolo imposto sul fondo a quo), non è accessorio rispetto allo convenzione, ma fa parte del tessuto connettivo della stessa.
(21) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. ricorda che un tale risultato può essere qualificato anche come condicio facti dal momento che la cessione di cubatura potrebbe prescindere da un'espressa previsione degli strumenti urbanistici, o ancora come presupposizione atteso che il rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato all'avente causa è una situazione giuridica futura, comune ad entrambe le parti, oggettiva ed indipendente dalla loro volontà, che in ogni caso i contraenti, anche in difetto di espressa previsione hanno tenuto senz'altro in debita considerazione. F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1678 ricordano che il meccanismo condizionale potrebbe atteggiarsi quale condizione risolutiva del mancato rilascio del permesso di costruire per volumetria ampliata o in assenza di una chiara ed espressa previsione pattizia quale presupposizione (sulla presupposizione in generale si rinvia a C. CACCAVALE etc.); in tale lettura, il negozio civilistico sarebbe perfetto, anche se caducabile; gli Autori sottolineano tuttavia che una tale interpretazione non basta a legittimare la titolarità della maggior cubatura in capo al cessionario. Sul punto, R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.420.
(22) L'espressione è di N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1120.
(23) N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1121 afferma che si tratta di “due binari paralleli – quello di diritto pubblico e quello di diritto privato – che pur conducendo ad un unico risultato unitario (l'incremento della cubatura edificabile), non si incrociano, per cui le vicende del negozio concluso fra i privati e quelle del rapporto di diritto pubblico rimangono nettamente distinte ed in parte reciprocamente irrilevanti”.
(24) N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1121.
(25) A. GAMBARO La proprietà edilizia, op. cit. p. 527 ricorda che in tal modo l'atto privatistico si fonderebbe in un unico accordo con l'atto della pubblica amministrazione. Aggiunge N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1122 che il Piano Regolatore del Comune di Torino recita all'art. 6 che “nell'ambito del singolo lotto, dell'isolato,del gruppo di isolati o nell'intera zona la cubatura ammessa è trasferibile anche su diverse proprietà purché il trapasso avvenga in sede di piano particolareggiato, previa stipulazione con l'intervento del Comune, di atto pubblico che regoli il trasferimento della cubatura mediante vincolo sulle aree a minore sfruttamento o da mantenere libere, in modo che sia conservata nel complesso la cubatura media di zona”.
(26) N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1071 afferma che all'accordo medesimo “non può disconoscersi efficacia bidirezionale: efficacia di diritto privato per quanto riguarda i rapporti tra i proprietari delle aree edificabili ed efficacia di diritto pubblico per quel che concerne i rapporti dei proprietari con il Comune”. Nello stesso esatto senso, M. LANGELLA Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, op. cit. , p. 429
(27) Cass. 29 giugno 1981, n. 4245 in Giur. It. 1982, I, I, c. 685.
(28) In particolare sulla questione dell'inadempimento del contratto di cessione di cubatura N. GRASSANO (in La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1087) segnala che va distinta l'ipotesi in cui il contenuto del contratto non contrasta con le prescrizioni urbanistiche, nel qual caso il privato vanta un diritto certo all'esecuzione in forma specifica (ossia al ripristino dello stato anteriore alla violazione) nelle forma previste dall'art. 2933 c.c. , che statuisce un generale potere di ottenere l'esecuzione dell'obbligo di non fare mediante la distruzione a spese dell'obbligato di ciò che fu realizzato in violazione dell'obbligo medesimo. Appare fruibile nel caso di specie, in considerazione della realità della fattispecie, ove ricostruita quale servitù, l'azione confessoria di cui all'art. 1079 c.c. , devoluta al titolare attuale della stessa.
In ipotesi invece di contrasto con la disciplina urbanistica vi è una differenza di opinioni: il contratto di cessione di cubatura sarebbe irrimediabilmente nullo, secondo un primo indirizzo giurisprudenziale assai risalente nel tempo ( App. Roma 24 febbraio 1964 in Temi Rom. 1964, p. 285, citato dall'Autore), o piuttosto manterrebbe la propria validità tra le parti, secondo un diverso orientamento (Cass. 23 marzo 1961 n. 651 in Foro It. 1962 I, c. 132, anch'esso citato dall'Autore, il quale dichiara da ultimo che non pare che il negozio possa avere una sua vita autonoma rispetto al rapporto intercorrente tra cessionario e Comune).
(29) M. LIBERTINI Sui trasferimenti di cubatura op. cit., p. 2253, segnala che trattandosi di provvedimenti di natura discrezionale richiedono una adeguata motivazione.
(30) Reputa ammissibile in tale caso l'esercizio dell'azione generale di arricchimento senza causa M. LIBERTINI Sui trasferimenti di cubatura op. cit., p. 2265.
(31) M. LIBERTINI Sui trasferimenti di cubatura op. cit., p. 2276; N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1122-1123.
(32) M. COSTANZA Nota (anepigrafa) a Cass. 6807/88 in Nuova Giur. Comm. 1989, I, p. 372; F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 656.
(33) Cass. 29 giugno 1981, n. 4245 in Giur. It. I, 1, c. 685, cit.; Cass. 12 settembre 1998, n. 9081 in Rep. Giur. It. 1998, voce Edilizia ed urbanistica, n. 632. Vanno distinte da tali pronunce, le sentenze che riconoscono comunque all'autonomia privata uno spazio seppur residuale, allorquando affermano che il trasferimento di volumetria presuppone il perfezionamento di un accordo, che ha un'efficacia obbligatoria tra le parti medesime, determinando il trasferimento della cubatura solo ed esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato dall'assetto negoziale configurato dalle parti stesse. In tal senso, per tutte Cass. 29 giugno 1981, n. 4245 in Giur. It. I, 1, c. 685, cit.; Cass. 22 febbraio 1996 , n. 1352 in Foro It. I, 1, c. 1698.
(34) Sul punto, M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(35) Trib. Vallo della Lucania 16 novembre 1982, in Riv. Giur. Edil. 1983, I, p. 261.
(36) Tar Umbria 24 gennaio 1990, n.7 in Foro Amm. 1990, I, p. 2100.
(37) Sull'evoluzione del ruolo della trascrizione in materia G. PETRELLI L'evoluzione del principio di tassatività nella trascrizione immobiliare E.S.I. Napoli 2009 in particolare p. 359 e ss.; l'Autore ricorda che i vincoli reali nascenti da convenzioni urbanistiche ed atti d'obbligo in materia edilizia oscillano tra una qualificazione di tipo pubblicistico , in cui la trascrizione è elemento di perfezionamento del procedimento amminsitrativo) e una qualificazione privatistica in termini di obbligazione propter rem in cui l'opponibilità discende evidentemente dall'attuazione della pubblicità immobiliare. La questione più complessa si pone, continua l'Autore, allorquando la legge non preveda la trascrizione espressa della convenzione urbanistica in esame; in tali casi , la trascrizione deve ritenersi ammissibile ogni qualvolta detta opponibilità sussista in conformità al principio di cui all'art.2645 c.c. , con la sola esclusione delle ipotesi nelle quali tali convenzioni abbiano contenuto squisitamente obbligatorio.
(38) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. rileva ad esempio che una sottoscrizione non avveduta della documentazione progettuale potrebbe non dare contezza del parziale trasferimento della cubatura voluto dal cedente in luogo del totale trasferimento realizzato in concreto con l'operazione e fornire alle parti adeguati strumenti di tutela.
(39) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1125; M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 671.
(40) L'espressione è di M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 711. In giurisprudenza, nel senso che è fortemente opportuno che un negozio di diritto privato preceda l'intervento amministrativo che legittima il trasferimento della volumetria Cons. St. 17 novembre 1970, n. 925 in Rep. Giur. It. 1970 voce Edilizia e urbanistica n.155.
(41) M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 699 e ss..
(42) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1678 ricordano la ricostruzione della fattispecie quale condizione risolutiva o mera presupposizione del rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato. E concludono (p. 1688) che “potrà essere introdotto l'elemento accidentale della condizione che appare quasi necessario nella fattispecie permutativa”. Insomma, la condizione non è, in una siffatta impostazione, elemento accidentale essenziale del negozio di cessione di cubatura; infatti, in “mancanza di condizione il negozio giuridico oneroso avrà un contenuto parzialmente aleatorio, sia per la possibilità che non venga consentito l'utilizzo della volumetria ampliata sia per la possibilità di cambiamento degli strumenti urbanistici che aumentino o diminuiscano l'indice di densità sull'area in oggetto” (p. 1689). Deve essere sottolineato che in un quadro così delineato da tale dottrina, solo nell'ipotesi del ricorso al contratto di permuta la condizione diviene comunque un elemento quasi necessario, potendo invece tale elemento accidentale mancare in tutti gli altri casi in cui la cubatura formi oggetto di attività negoziale (in via esemplificativa, la cessione onerosa o gratuita, la datio in solutum , il conferimento sociale e così via).
Va segnalato, al riguardo, che il subordinare l'efficacia del negozio al rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato, in linea con le previsioni pattizie dei contraenti, può permettere di accedere in ogni caso ad una diversa ricostruzione della fattispecie da quella appena ora ricordata, quale servitù a vantaggio futuro, utilizzando uno schema tipico del tutto peculiare in cui l'elemento futuro (distinto dall'utilità attuale del vincolo imposto sul fondo a quo), non è accessorio rispetto allo convenzione, ma fa parte del tessuto connettivo della stessa.
(43) I primi interventi della giurisprudenza di legittimità sulla questione sono stati originati da questioni di natura fiscale, ben lungi da istanze di natura classificatoria; in particolare era discusso se il trasferimento di volumetria avesse dovuto essere sottoposto alla disciplina della Legge 2 luglio 1949, n. 408 (Legge Tupini) fruendo delle agevolazioni previste dalla medesima in tema di trasferimenti immobiliari, oppure avesse dovuto esser assoggettato alla ordinaria disciplina prevista dall'art. 1 della tariffa allegata sub A alla Legge di Registro all'epoca vigente. Si trattava di un indirizzo noto con l'appellativo di piemontese, in quanto occasionato dalla necessità di risolvere le questioni poste in concreto dal Piano regolatore di Torino (sul punto, diffusamente M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 669 e ss. ) Nello stesso senso, F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1677; nonché brevemente anche F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 253.
(44) A. CANDIAN Trasferimento di cubatura op. cit., p. 735, A. CECCHERINI Funzione ed efficacia della cessione di cubatura op. cit. , p. 103 ; F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 656; S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.65-67; in giurisprudenza Cass. 14 dicembre 1988 n. 6807 in Giur. It. 1989, I, 1, c. 1544,in Riv. Not. 1989, p. 412, e in Nuova Giur. It. 1989, I p. 368; Cons. St. 28 giugno 2000, n. 3537 in Foro Amm. 2000, I, 2186.
(45) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 656.
(46) Segnala tale profilo M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(47) Opta per l'intrascrivibilità in modo netto, affermando altresì l'inopponibilità della cessione ai terzi S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.65-67.
(48) Tale è l'indicazione di Cass. 29 giugno 1981, n. 4245 in Giur. It. 1982, I, I, c. 685, cit., secondo la quale l'atto d'obbligo e la successiva trascrizione non sono necessari, pur costituendo “uno strumento efficace per la conoscenza della limitazione da parte dei terzi”. Una tale impostazione, quale si evince anche da una tale pronuncia denuncia una sorta di non possumus: lo schema negoziale della servitù che pure agevolerebbe la conoscibilità della limitazione anche efficacemente, non è condiviso atteso che la fattispecie deve essere ricostruita in termini solo obbligatori, essendo qualsiasi opzione contraria destinata all'insuccesso.
(49) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 660, afferma che in caso di inadempimento non è praticabile una richiesta di riduzione in pristino, bensì solo il risarcimento del danno, per non essersi il cedente prestato al compimento di tutti gli atti necessari al fine di far ottenere al cessionario una maggior cubatura sul suo lotto.
(50) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 661, sostiene che il vincolo interno tra le parti resta del tutto irrilevante su un piano diverso da quello della promessa di attivarsi con il Comune, con esclusione di qualsivoglia forma di pubblicità della fattispecie.
(51) E' stato sostenuto in giurisprudenza (Cons. St. 28 giugno 2000 n. 3637 cit. ) che dalla lettura del certificato di destinazione urbanistica allegato agli atto traslativi e divisionali potrebbe rilevarsi la limitazione della capacità edificatoria dei fondi che di volta in volta costituiscono oggetto dell'attività negoziale: un siffatto documento potrebbe dare conto delle variazioni della volumetria sviluppata da una certa area senza necessità di lettura dei registri immobiliari o difficoltosi accessi presso gli uffici tecnici competenti per il rilascio del permesso di costruire. In tal senso, F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 660, per il quale “il contratto di cessione concluso inter partes,” “è inutiliter factum. Ciò dimostra a sufficienza che il cessionario non è titolare di un diritto reale opponibile ai terzi, perché senza dubbio in caso di doppia cessione della cubatura a due cessionari limitrofi , prevarrebbe ai fini del rilascio della concessione per una cubatura superiore, non già chi per primo ha trascritto l'atto di cessione, ma colui il quale potrà vantare un atto di consenso del cedente manifestato nei confronti del Comune nelle debite forme”.
(52) In questo senso, sul punto G. CECCHERINI Il cd. trasferimento di cubatura op. cit. p. 53; F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 656; criticamente su tale impostazione M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss.. Va ricordata l'opinione di F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 248 il quale afferma, in parziale ed originale dissonanza rispetto alla posizione ricordata, che nel caso di specie unitamente ad elementi di natura privatistica e pubblicistica, le cessioni di cubatura “si inseriscono rappresentandone un segmento, in un procedimento complesso a fattispecie progressiva”.
(53) In tal senso, F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 656.
(54) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(55) P.L. TROJANI Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, op. cit. p. 285.
(56) In tal senso, criticamente nei riguardi dell'esposta opinione N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1129; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1680, i quali escludono la possibilità di configurare la cessione parziale della volumetria o la cessione a favore di più soggetti dell'intera cubatura.
(57) In Giur. Cost. 1980, I, p.21.
(58) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1130.
(59) Cass. 30 aprile 1974, n. 1231 in Giust. Civ. 1974, I, p. 1424.
(60) M. COSTANZA Nota (anepigrafa) a Cass. 6807/88 op. cit. p. 372; N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1070; S. SCARLATELLI La cd. cessione di cubatura, problemi e prospettive in Giust. Civ. 1995, II, p. 287; di recente, con qualche incertezza, M. LANGELLA Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, op. cit. , p. 438.
(61) In tal senso, F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 657; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss.
(62) L'espressione è di M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. secondo il quale i diritti reali tipici o atipici hanno quale elemento comune l'inerenza ad una res materiale determinata, mentre nella ricostruzione qui criticata il “diritto” sarebbe “una facoltà astratta come tale non compatibile con la concretezza insita nel concetto di diritto reale”. L'Autore sembra implicitamente ammettere però la configurabilità dei diritti reali atipici.
(63) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 657.
(64) In tal senso, N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1131.
(65) Si esprimono in senso critico sul punto N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1132; F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 657.
(66) In realtà è evidente che la produzione normativa nazionale recente permette di superare l'impasse della qualificazione della cubatura quale diritto reale atipico, specificando la natura giuridica di essa quale vero e proprio bene, oggetto a sua volta di diritto soggettivo.
(67) Cass. 6 luglio 1972, n. 2235 in Riv. Not. 1973, p. 1165; Cass. 29 giugno 1981, n. 4245 in Giur. It. 1982, I, I, c. 685, cit.; in dottrina R. TRIOLA La “cessione di cubatura”: Natura giuridica e regime fiscale op. cit. p. 115.
(68) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1132.
(69) Si tratta di un principio non codificato desumibile dalla lettura complessiva della attuale legislazione alla luce della sua evoluzione storica, in base al quale nessun contratto potrebbe costituire diritti reali diversi da quelli previsti dalla legge o ancora modificarne elementi strutturali (o essenziali) del tipo. Sulla questione della tipicità dei diritti reali di recente U. MORELLO Tipicità e numerus clausus dei diritti reali in Trattato dei diritti reali a cura di A. GAMBARO e U. MORELLO vol.1 Proprietà e possesso Milano 2009, p.67, secondo il quale un siffatto principio giustificato da ragioni di ordine pubblico economico o di ordine pubblico di direzione economica, trattandosi di “regola non scritta” (p.68 nota 2). Ed ancora in dottrina tra i tantissimi, C.M. BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.133, S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.40, F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, Milano, 2001, p.53, ID. Il problema della tipicità dei diritti reali in Il Notaro 1998 p.37; G. IACCARINO Diritti reali atipici in Riv. Not. 1993, p. 101, M. MAGRI La sovrapposizione di diritti reali tra tipicità ed atipicità in Riv. Not. 2002, p.1416, In giurisprudenza, di recente ex multis Cass. sez. II del 26 febbraio 2006 n.5034 , pubblicata in Ced Cassazione nonché in Nuova giur. Comm. 2008 p.1266 con nota di D. TESSERA Differenze tra diritto d'uso e diritti personali di godimento sotto il profilo contenutistico e della disciplina di circolazione ed in Giur. It. 2008, I, c.2474 con nota di S. CONTI Diritto reale d'uso e diritto personale di godimento.
(70) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1132; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss.; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1678.
(71) L'espressione è di N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1132.
(72) F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 251, il quale rileva che nell'ipotesi in esame trae vantaggio un fondo (dato oggettivo).
(73) M. COSTANZA Nota (anepigrafa) a Cass. 6807/88 op. cit. p. 372.
(74) Cass. 6 luglio 1972, n. 2235 in Riv. Not. 1973, p. 1165, cit..
(75) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss.; F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 251; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1678.
(76) Cass. 9 marzo 1973 n. 641 in Foro It. 1973, I, c. 2117 ed in Riv. Not. 1973, p. 1164.
(77) In questo senso, F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1677.
(78) Qualora si accedesse invece alla possibilità di configurazione dei diritti reali atipici la cessione di cubatura sarebbe “l'ipotesi tipica di concessione ad aedificandum e se ne distingue soltanto perché le possibilità edificatorie dell'area debbono essere utilizzate su un fondo contiguo e non su quello cui ineriscono” (in tal senso, A. IANNELLI La cessione di cubatura e i così detti atti di asservimento op. cit. p. 743).
(79) S.G. SELVAROLO Il negozio di cessione di cubatura, op. cit. p. 69.
(80) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(81) Una siffatta impostazione reca in nuce, seppur non espressa, al pari di altre opinioni, l'idea che la cubatura sia essa stessa un oggetto del contratto di cessione.
(82) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1138, trae lo spunto dall'insoddisfazione che ciascuna tesi in argomento suscita e dall'esigenza di ancorare a meccanismi di tipo reale la cessione di volumetria.
(83) L'espressione è di N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1138.
(84) Cass. 27 settembre 1997, n. 9508 in Urb e App. 1998 p. 263.
(85) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1140.
(86) Non vi è dubbio che i Comuni possano dare pubblico rilievo ai piani privati di lottizzazione aderendovi e consentendo di conseguenza la ripartizione tra le aree coinvolte nel progetto della volumetria complessiva edificabile, legittimando su alcuni lotti il rilascio di concessioni (oggi permessi di costruire) cd. maggiorati. Secondo N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1141 un tale parallelo con la semplice cessione di volumetria appare del tutto ammissibile.
(87) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1142.
(88) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare op. cit. p. 650. Nello stesso senso, G. VIOTTI Vincoli di destinazione convenzionali e loro efficacia nei confronti degli enti pubblici, op. cit., p. 148, nota a Corte App. Ancona 19 giugno 1999.
(89) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1143 riporta virgolettata l'espressione tratta dalla pronuncia della Suprema Corte del 6 giugno 1973 n. 1711 in Mass. Giust. Civ. 1968 p. 867.
(90) G. CASU I negozi di destinazione a tutela della pianificazione urbanistica in corso di pubblicazione, ricevuto in manoscritto per la consueta cortesia dell'Autore (in particolare si richiama p. 13 del manoscritto).
(91) Secondo F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 659, la vera motivazione recondita della impostazione della fattispecie in termini di diritto reale innominato o di servitù consiste nel tentativo di utilizzare la trascrizione come elemento idoneo a garantire l'acquirente in sede di circolazione, ma “il tentativo è destinato all'insuccesso”. La soluzione proposta porta poi ad escludere la necessità di menzioni urbanistiche, in ordine al permesso di costruire: sul punto in generale, a seguito delle modifiche apportate dal Testo Unico dell'Edilizia: E. MARMOCCHI La menzione del permesso di costruire e l'insidia delle interpolazioni in Riv Not. 2002, p.323.
(92) F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 252; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 710.
(93) Cass. 25 ottobre 1973, n. 2743 in Giust. Civ. 1973, I, p. 922 ed in Riv. Not. 1973, p. 547; Cass. 25 febbraio 1980 , n. 1317 in Giur. It. 1981, I, 1, c. 1346; Cass. Sezioni Unite 20 dicembre 1983, n. 7499 in Giur. It. I, I, c. 209 e Cons. Stato 25 novembre 1988 sez. V n. 744 in Foro Amm. 1988, p. 3251 e Tar Puglia 16 giugno 1990, n.279 in Foro Amm. 1991, p. 881.
(94) Cons. Stato 25 novembre 1988 sez. V n. 744 in Foro Amm. 1988, p. 3251, cit.. M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. ricorda che a sostegno di tale impostazione viene sovente richiamato un temporalmente lontano precedente giurisprudenziale della Suprema Corte del 7 giugno 1968 n. 1738 (pubblicato in Riv. Giur Edil. 1969, I, 1, p. 46) che – in tema di redistribuzione tra fondi confinanti delle quote di edificabilità – in ipotesi di mancata autorizzazione da parte dell'autorità comunale, l'accordo concluso tra le parti conservava piena validità di convenzione di diritto privato.
(95) Su tale forma di servitù Cass. 15 giugno 2001 n.8151 in Vita Not. 2003 p.704 con nota dal titolo Servitus altius non tollendi : estinzione totale per lesione minima e utilitas (utilitas del fondo o utilitas delle parti di E. MARANGONI.
(96) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(97) N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1083.
(98) Basti immaginare alla pluralità dei lotti appartenenti al medesimo proprietario in cui la volumetria sviluppata complessivamente dall'area sia invece concentrata con un indice diverso su ciascuno dei lotti stessi.
(99) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. ricorda che l'obiezione secondo la quale il ricorso allo schema legale della servitù è eccessivo rispetto alle finalità economiche perseguite dalle parti, dal momento che il cedente intende conseguire solo ed esclusivamente un mero vantaggio economico dalla cessione dei diritti di cubatura al pari del cessionario che mira ad incrementare la capacità edificatoria del proprio lotto. A tali considerazioni l'Autore contrappone che l'eventuale eccessività dello strumento non consente di negare la praticabilità del ricorso al medesimo.
(100) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1136; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(101) Si tratta di un diritto nei confronti del cedente; è evidente che la posizione giuridica in specie nei confronti della pubblica Amministrazione non può che essere qualificata quale interesse legittimo.
(102) M. LIBERTINI Sui trasferimenti di cubatura op. cit., p. 73.
(103) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(104) In tal senso, M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss..
(105) Sulla questione diffusamente N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1136-1137; F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit. , p. 252; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. ; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1680.
(106) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1137; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1680-1681. F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 252 afferma semplicemente che il vantaggio permane a costruzione ultimata.
(107) F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 655-656, il quale rappresenta che nel caso di specie si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva, in cui confluiscono sul piano dei presupposti dichiarazioni private nel contesto di un procedimento amministrativo. Atteso il carattere pubblicistico della fattispecie, secondo tale Autore (p. 657) solo al rilascio del permesso di costruire il cessionario acquisterà il diritto ad una cubatura maggiore; sino ad allora se il cedente perdesse il proprio diritto alla volumetria sviluppata dal proprio lotto, verrebbe automaticamente meno qualsiasi pretesa del cessionario. In concreto, a seguito della cessione di cubatura, il cessionario vanterà un interesse legittimo (esattamente corrispondente a quello vantato dal cedente prima della cessione di volumetria) ad ottenere il rilascio di un permesso di costruire in misura corrispondente alla cubatura sviluppata dal solo lotto sul quale sarà realizzata la costruzione o anche dai lotti oggetto del trasferimento della volumetria medesima.
(108) Secondo F. GAZZONI La trascrizione immobiliare, op. cit. p. 659, il tentativo di ricorrere all'ipotesi della servitù è destinato all'insuccesso atteso che esso non ha alcun rilievo per la pubblica Amministrazione, nei confronti della quale è indispensabile “la sussistenza dei presupposti” “previsti dal piano regolatore”. Ed ancora aggiunge l'Autore che “il cd. cedente dovrà quindi manifestare nei confronti della pubblica Amministrazione, con i modi i tempi e le formalità di legge, il proprio consenso alla cessione di cubatura”. E “tale consenso non potrà di certo essere sostituito dalla mera esibizione del contratto di cessione concluso inter partes, il quale a tal fine , è inutiliter factum. Ciò dimostra a sufficienza che il cessionario non è titolare di un diritto reale opponibile ai terzi, perché senza dubbio in caso di doppia cessione della cubatura a due cessionari limitrofi , prevarrebbe ai fini del rilascio della concessione per una cubatura superiore, non già chi per primo ha trascritto l'atto di cessione, ma colui il quale potrà vantare un atto di consenso del cedente manifestato nei confronti del Comune nelle debite forme” (p. 660). In realtà, l'utilità della costituzione della servitù di non edificazione e della servitù altius non tollendi consiste nell'imposizione immediatamente efficace del limite alla sua edificazione, che produce effetto indipendentemente dal rilascio del permesso di costruire e rende possibile nel momento di esito positivo del procedimento amministrativo l'esito finale del trasferimento della cubatura da un lotto all'altro; il futuro incremento edificatorio del fondo dominante, che è invece strettamente connesso al rilascio del provvedimento da parte della pubblica Amministrazione, costituisce invece il vantaggio (in senso tecnico) del fondo servente, vantaggio che è futuro ed eventuale: è evidente che sarà la pubblica Amministrazione a rendere possibile, con il rilascio del permesso di costruire, il perfezionamento della fattispecie e con esso il trasferimento della volumetria da un fondo all'altro, ma sino ad allora l'immediata efficacia dell'accordo e la sua vincolatività esprimeranno tra le parti tutta la loro forza (con le conseguenze codicistiche in caso di doppia cessione e quindi di inadempimento) e saranno mediante il meccanismo pubblicitario conoscibili ai terzi.
(109) B. BIONDI Le servitù in Trattato di dir. civ. e comm. a cura di A. CICU e F. MESSINEO XII Milano, 1967, p. 148, il quale ricorda che in D. 8,2,22 colui che ha un edificio può costituire una servitù di luce anche in ordine a quelle luci che si apriranno in seguito. Sulla questione diffusamente, G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) in Commentario a cura di A. Scialoja e G.Branca Roma Bologna 1967 p.33 e ss. il quale ricorda che la norma è nuova sebbene figurasse nel progetto della Commissione Reale all'art.184.
(110) Si tratta di una norma che ha risolto i dubbi e le discussioni in ordine alla ammissibilità della servitù a vantaggio futuro, ma non ha radicalmente risolto tutte le questioni sul punto; basti pensare alla configurabilità di tali ipotesi solo in riguardo alle servitù volontarie e non coattive. In giurisprudenza, Cass. 7 aprile 2000, n.4346 in Riv. Not. 2001, p.695 e in Vita Not. 2001, p.923, Cass. 29 agosto 1997, n.8227 in Urbanistica e App. 1998 p.36, Cass. 19 febbraio 1996 n.1267 in Foro It. 1996, I, c.2464, Cass. 14 novembre 1989 n.4839 in Rep. Foro It. voce Servitù n.5, Cass. 4 agosto 1988 n.4833 in Giur. Agar. It. 1988, p.606 (con nota di R. TRIOLA), Cass. 6 agosto 1983 n.5827 in Rep. Foro IT. voce Servitù n.17, Cass. 14 gennaio 1982, n.235 in Giust. Civ. 1983, I, p.609. Secondo la giurisprudenza appena ricordata, la differenza tra le due fattispecie di cui al primo ed al secondo comma dell'art. 1029 c.c. consiste nel fatto che nell'ipotesi disciplinata dal primo comma (servitù per un vantaggio futuro del fondo dominante) esistono già tutti gli elementi per la costituzione della servitù (fondo dominante e servente) e l'unica peculiarità va rinvenuta nel fatto che l'utilità del fondo non è attuale ma verrà ad essere in futuro; invece nella fattispecie regolata dal secondo comma all'atto del negozio costitutivo difetta un elemento essenziale della fattispecie (l'immobile o il terreno) a vantaggio del quale la stessa opererà. Nel primo caso insomma la servitù nasce immediatamente , nel secondo nasce un vincolo obbligatorio suscettibile di trasformarsi in un rapporto di natura reale solo con la venuta ad esistenza del bene edificio o l'acquisto del terreno. Per distinguere le due fattispecie occorrerà avere riguardo al criterio dell'attualità dell'utilità ed alla volontà del costituente tenendo presente che il secondo comma dell'art.1029 c.c. ha carattere eccezionale e presuppone la sicura individuazione dell'edificio costruendo o del fondo da acquistare. Sarà al tempo della certa identificazione dell'oggetto (attivo o passivo della servitù) che la costituzione avrà effetto. Sul punto, P. PERLINGIERI rapporto preliminare e servitù su edificio da costruire Napoli, 1966 p.79 il quale afferma che il negozio di servitù su edificio da costruire è legalmente condizionato e come tale regolato dalle norme sulla condizione e può essere qualificato come “negozio ad effetti tipici parzialmente sospesi”. Ciò porterebbe a sottolineare che nel caso di cui al secondo comma dell'art.1029 c.c. l'idea dell'efficacia obbligatoria si scontra con la “difficoltà di ravvisare un obbligo diretto alla costituzione di servitù” C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà Milano, 1999, p.650. E' poi preferibile ritenere che lo schema della servitù a vantaggio futuro possa essere applicato a tutti i tipi di servitù ; sulla questione, M. A. MAZZOLA Le servitù in Proprietà e diritti reali, op. cit., p. 1855.
(111) B. BIONDI Le servitù op. cit. p. 148 ricorda che il proprietario di un fondo sul quale intende fare dei miglioramenti, approfittando di una buona occasione, mediante una servitù di acquedotto o di presa d'acqua si assicura immediatamente l'acqua necessaria per la coltivazione che vorrà impiantare; ed ancora al fine di impiantare sul fondo un'industria, si assicura già da oggi il vantaggio per l'industria che sorgerà; ed infine, il proprietario, sebbene oggi non gli giovi, si assicura la servitù “in guisa che il saggio negoziante approvvigiona il magazzino in previsione del futuro andamento del mercato, sebbene le merci acquistate e di cui non intende approfittare subito attualmente non gli giovino”.
(112) L'espressione è di B. BIONDI Le servitù, op. cit. p. 148.
(113) E' evidente che l'assenza di utilità importa che quel rapporto giuridico non possa essere qualificato neppure come servitù.
(114) G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.34-38, ricorda che il vantaggio futuro può dipendere da un modo di essere del fondo servente, del fondo dominante o di un altro fondo appartenente ad un terzo. Secondo S. BURDESE Le servitù prediali Padova 2007, p. 34 il fatto che l'utilità sia immediata comporta la decorrenza della prescrizione sin dalla sua costituzione.
(115) B. BIONDI Le servitù, op. cit. p. 149, il quale ricorda che la separazione tra vantaggio ed utilità era di maggiore evidenza nel diritto romano, in considerazione del sistema tipico di servitù: ciascuna comprende una determinata utilità compresa nel tipo; “il vantaggio poteva determinarsi in seguito. Pertanto rispettata la struttura della servitù, era possibile ammettere una servitù a vantaggio futuro” (p. 149). In senso parzialmente contrario, G. PESCATORE, R. ALBANO e F. GRECO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, Libro II, Tomo II, Torino, 1958, p.310 (la parte avente riguardo all'art.1029 è curata da R. ALBANO), secondo cui l' “utilità può essere futura o anche solo eventuale: l'utilità futura è certa, quella eventuale è problematica; in entrambi i casi può costituirsi egualmente”.
(116) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.649. S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.222 sottolinea che ancor prima del verificarsi del vantaggio futuro, la servitù può essere subito esercitata per diverse e minori utilità; in tale senso, una servitù di presa d'acqua in vista della successiva trasformazione della coltura di un podere può essere esercitata per il fondo nello stato attuale, purché sia evidente un'utilità fondiaria.
(117) G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.39 afferma prova dell'effetto immediato è che ne è ammesso l'esercizio anche quando ancora non si può realizzare il vantaggio futuro: l'importante è che l'onere sul fondo servente non ne sia aggravato.
(118) Non è chiaro il significato della sentenza n.6673 del 16 dicembre 1981 della Suprema Corte (in Rep. Giur. It. voce Vendita n.81) che sembra estendere gli effetti reali della fattispecie contemplata dal primo comma dell'art.1029 c.c. all'ipotesi regolata dal secondo comma.
(119) B. BIONDI Le servitù, op. cit. p. 150, il quale sottolinea che nel caso di cui al secondo comma la costituzione ha effetto dal giorno in cui la costruzione è stata realizzata o l'edificio acquistato. Nello stesso senso, C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà op. cit. p.650.
(120) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1688 ricordano che nei negozi aventi ad oggetto la cubatura “potrà essere introdotto l'elemento accidentale della condizione che appare quasi necessario nella fattispecie permutativa”. La condizione non è,secondo una siffatta tesi , elemento accidentale essenziale del negozio di cessione di cubatura; infatti, in “mancanza di condizione il negozio giuridico oneroso avrà un contenuto parzialmente aleatorio, sia per la possibilità che non venga consentito l'utilizzo della volumetria ampliata sia per la possibilità di cambiamento degli strumenti urbanistici che aumentino o diminuiscano l'indice di densità sull'area in oggetto” (p. 1689). Deve essere sottolineato che in un quadro così delineato da tale dottrina, solo nell'ipotesi del ricorso al contratto di permuta la condizione diviene comunque un elemento quasi necessario, potendo invece tale elemento accidentale mancare in tutti gli altri casi in cui la cubatura formi oggetto di attività negoziale (in via esemplificativa, la cessione onerosa o gratuita, la datio in solutum , il conferimento sociale e così via).
(121) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.311 segnala che la servitù per vantaggio futuro può costituirsi anche per destinazione del padre di famiglia come nel caso che “un tale prepari l'acquedotto in vista del dissodamento di uno dei due fondi e poi muoia lasciando questi ultimi a due persone diverse; non vi è qui solo una mera intenzione, ma vi è soprattutto una situazione reale concernente l'onere del fondo servente”. Nello stesso senso, G. BRANCA Della proprietà (art.957-1099) in Commentario a cura di A. Scialoja e G.Branca Roma Bologna 1954 p.332-333.
(122) In questo senso, N.A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1117; N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1070.
(123) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1684.
(124) Cons. Stato sez. IV 5 gennaio 1984, n. 19, riportata da F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1684, i quali ricordano che un tale indirizzo è stato accolto anche dalla legislazione regionale, citando l'art. 1 della Legge n. 24 del 1985 (Regione Veneto) che definisce il fondo rustico “un insieme di terreni anche non contigui”, costituenti un stessa azienda.
(125) Sulla questione, N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1086; M. LANGELLA Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, op. cit. , p. 438- 439; F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1682; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss.. In giurisprudenza, Consiglio di Stato sez. V del 23 febbraio 1973, n. 178 in Cons. Stato 1973 , I, p. 222; Cons. Stato sez. V 4 gennaio 1993, n. 26 in Foro It. 1993, II, p. 573.
(126) Cons. Stato sez. V 4 gennaio 1993, n. 26 cit.. Sul punto anche F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1682; M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss. il quale richiama la pronuncia del Consiglio di Stato sez. V del 23 febbraio 1973, n. 178 cit..
(127) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1683; N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1086. Quest'ultimo Autore segnala che una tale soluzione può apparire estrema allorquando si giunga ad affermare che il diritto di superficie abdicato o rinunciato entra nella disponibilità del patrimonio dello Stato ex art. 827 c.c. e definisce prima facie un tale effetto “aberrante” e poi ridimensionato nella sua portata “sol che si rifletta sulla sostanziale impalpabilità dell'acquisto statuale”; in particolare l'eventuale rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato renderebbe non utilizzabile il diritto di superficie entrato nel patrimonio dello Stato, come al contrario il diniego determinerebbe la caducazione della rinuncia. La singolarità di tali impostazioni discende dal fatto che per esse l'inquadramento tecnico discende sempre dall'esigenza dominante di trascrivere un tale atto, giungendo sino al limite paradossale, come riconosciuto dai medesimi proponenti di forzare anche il principio del numero chiuso dei diritti reali; insomma, l'obiettivo della esecuzione della formalità della trascrizione giustificherebbe lo scardinamento di un sistema; ebbene, una tale soluzione parrebbe troppo semplice e quasi banale, quasi che la soluzione di ogni questione non sia da rinvenire nel sistema ordinamentale ma al di fuori o addirittura contro esso. Nello stesso esatto senso, M. LANGELLA Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, op. cit. , p. 438- 439.
(128) N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1085, in senso fortemente dubitativo, in considerazione del principio del numero chiuso dei diritti reali.
(129) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1683, i quali lo reputano utile strumento alla bisogna. N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1085, ritiene invece che sia “buona regola” delle amministrazioni indicare sul certificato avente ad oggetto le aree asservite espressa menzione dei vincoli di parziale o totale inedificabilità nascenti dalle cessioni o concentrazioni di volumetria. Sul contenuto del certificato di destinazione urbanistica, rinvio alla mia monografia La circolazione giuridica dei terreni Milano, 2007, p.41 e ss..
(130) E' evidente che una tale ricerca corre l'evidente rischio dell'impossibilità di determinare con certezza un contenuto minimo che abbia il pregio della generale condivisione. La difficoltà di una tale valutazione appare, infatti, in tutta la sua ampiezza, laddove si ponga mente all'estrema discrezionalità da parte dei Comuni nel determinare il contenuto di ciascuna di dette certificazioni. La ricordata soppressione della parola “tutte” prima della determinazione legislativa dell'oggetto del certificato medesimo (“le prescrizioni riguardanti l'area interessata”) a seguito della novella di cui all'art. 7 bis del d.l. 23 aprile 1985, n. 146 come poi modificato dalla legge di conversione del 21 giugno 1985, n.298, induce, infatti, a ritenere che l'eventuale incompletezza sostanziale del certificato di destinazione urbanistica, che pure appaia in sé formalmente come completo, non può mai nuocere alla validità dell'atto traslativo al quale accede. Deve essere, però, chiaro che ciò non significa, certamente, legittimare le Amministrazioni comunali al rilascio di certificati di destinazione urbanistica che non abbiano il pregio della chiarezza, della completezza e della esaustività. La carenza assoluta di un tale requisito minimo di contenuto non consentirebbe mai, in definitiva, la salvaguardia proprio di quegli interessi che il legislatore attraverso la norma in oggetto intende esattamente tutelare. Non sembra, d'altro canto, che possa competere al Notaio la valutazione della completezza sostanziale del contenuto del certificato di destinazione urbanistica. In questo senso, il mio La circolazione giuridica dei terreni op. cit. p.41 e ss..
(131) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1683; N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1083 (il quale ha anche ipotizzato una sorta di rinuncia condizionata sul presupposto che il proprietario rinunci alla capacità edificatoria di una porzione dei lotti di sua proprietà a condizione che la pubblica Amministrazione rilasci il permesso di costruire per una cubatura maggiorata su un'altra porzione del compendio.
(132) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà op. cit., p.688 ricorda che il fondamento dell'istituto deve essere rinvenuto nell'esigenza di conservazione della situazione dei luoghi in quanto corrispondente ad un rapporto di cooperazione fondiaria e ad una migliore valorizzazione della proprietà immobiliare; sul punto, R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.501; M. A. MAZZOLA Le servitù in Proprietà e diritti reali op. cit., p. 1901; AA.VV. Diritti reali (a cura di R. TRIOLA e M.R. VIGNALE) Milano, 2000, p. 35. Di recente G. MUSOLINO La costituzione per destinazione del padre di famiglia in Riv. Not. 2001, p. 1182 a commento della sentenza della Cass. 7 marzo 2001 n.3314.
(133) L'esistenza di segni visibili concretantesi in opere permanenti, potendo per destinazione del padre di famiglia sorgere le sole servitù apparenti, va verificata con riguardo al tempo della separazione dei fondi poiché a nulla rilevano eventuali modificazioni successive incidenti negativamente sullo stato di fatto ai fini dell'acquisto del diritto o della sua opponibilità ai successori ed aventi causa a qualsiasi titolo. In realtà il richiamo alla destinazione del padre di famiglia nell'occasione giova solo al fine di permettere il ricorso allo schema del negozio unilaterale condizionato alla cessione separata delle porzioni di fondo sulle quali grava, con facoltà all'interessato di impiegare un tale schema anche nelle ipotesi, come quelle inerenti il trasferimento della cubatura, che sono squisitamente, nella gran parte dei casi, per loro natura non apparenti.
(134) Sul ruolo del curatore fallimentare in relazione alla costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia Cass. 16 febbraio 2000, n.1720 in Ced Cassazione, nonché in dottrina G. MUSOLINO La costituzione per destinazione del padre di famiglia op. cit., p. 1184.
(135) Non sono certo, a tal fine, idonee ad escludere il sorgere della servitù clausole di stile quali “il fondo è venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova ben noto alla parte acquirente” o ancora che “il fondo è venduto franco e libero da servitù”. E' necessario, infatti, che la volontà di impedire il sorgere della servitù risulti da un'apposita dichiarazione e non manifestato magari per fatti concludenti. Diffusamente sul punto, R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.509-511; AA.VV. Diritti reali (a cura di R. TRIOLA e M.R. VIGNALE) op. cit., p. 44.
(136) G. BARALIS I diritti reali di godimento in Diritto civile diretto da n. LIPARI e P. RESCIGNO vol. II Successioni, donazioni beni, Tomo II La proprietà e il possesso Milano, 2009, p. 241; C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.687; F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 252; AA.VV. Diritti reali (a cura di R. TRIOLA e M.R. VIGNALE) op. cit., p. 43; G. MUSOLINO La costituzione per destinazione del padre di famiglia op. cit., p. 1184.
(137) La destinazione di un fondo a servizio dell'altro è infatti un mero atto giuridico in senso stretto che risulta dalla durevole modifica dello stato dei luoghi tale da creare una situazione di servizio corrispondente al contenuto di una servitù; in tal senso esattamente C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.690. G. BARALIS I diritti reali di godimento op. cit., p. 248 rileva senza prendere posizione al riguardo che tale “lasciare e porre” può essere inteso come un atto di destinazione non negoziale sorretto da volontarietà, addirittura intenzionale o come una mera situazione di fatto ed aggiunge che secondo l'opinione prevalente la fattispecie di cui all'art. 1062 c.c. non richiede la pubblicità né a fini tipici né la pubblicità notizia; conclude però, in modo condivisibile, che le parti possano accertare la costituzione con un atto soggetto a pubblicità notizia. R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.510 pone la questione se colui che acquista la servitù per titolo trascura di trascrivere l'acquisto, può opporlo ed afferma che in ogni caso in cui nel contratto vi sia una disposizione concernente la servitù questa deve considerarsi come elemento impeditivo della sua costituzione con le regole della destinazione del padre di famiglia. S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.219 propende per la non negozialità della fattispecie che qualifica come mero atto giuridico, che prescinde dalla volontà del costituente. Secondo G. MUSOLINO La costituzione per destinazione del padre di famiglia op. cit., p. 1186 l'inesistenza di servitù per destinazione del padre di famiglia esclusa dal cedente dovrebbe emergere dal quadro D della nota di trascrizione.
(138) Specificamente in questo senso C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.689.
(139) L'apparenza deve dipendere dalle oggettive caratteristiche dell'opera e non dal modo soggettivo nel quale essa viene utilizzata; sul punto M. A. MAZZOLA Le servitù in Proprietà e diritti reali op. cit., p. 1903 nonché in giurisprudenza Cass. 17 febbraio 2004 n.2994 in Guida al Diritto 2004, 14 p.62.
(140) Il vantaggio che deriva a ciascuno dei nuovi proprietari non deve essere transitorio, personale od equivoco, in tal senso, Cass. 27 febbraio 1976 n.652 in Mass. Foro It. 1976, c.142. In ordine alla permanenza della situazione fonte della servitù Cass. 16 ottobre 2002 n.14693 in Riv. Not. 2003, p.1012; nonché Cass. 26 gennaio 2004 n.1328 in Ced Cassazione. Permanenza dell'utilità non vuol dire perpetuità atteso che anche le servitù temporanee possono essere costituite per destinazione del padre di famiglia; la temporaneità non deve però scadere nella precarietà; sul punto, R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.507.
(141) La cessazione dell'appartenenza all'unico proprietario può avvenire per contratto testamento, sentenza o altro provvedimento del giudice , atto amministrativo ; sul punto, R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.508.
(142) Possono essere acquistate per destinazione del padre di famiglia sia le servitù continue sia le servitù discontinue purchè appunto apparenti. Sono continue le servitù che si esercitano mediante il mantenimento delle opere o dello stato dei luoghi dai quali deriva direttamente il vantaggio per il fondo dominante ; l'esercizio di una siffatta servitù non richiede il fatto dell'uomo; si pensi alla servitù di veduta che si esercita mantenendo la finestra con vista sul fondo servente. Sul punto, C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà op.cit. , p.667.
(143) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà op.cit. , p.687 (nota 163) ritiene che la servitù si costituisca per destinazione del padre di famiglia nel caso in cui il proprietario venda la casa, ma conservi il giardino; in tal caso, l'acquirente della casa acquista legalmente la servitù di veduta sul giardino. L'apparenza, continua l'Autore nella stessa opera, richiede, infatti, opere permanenti e visibili (nell'esempio fatto la casa, magari in un diverso caso anche poste sul fondo dominante,) dalle quali risulti inequivocabilmente l'asservimento attesa l'inopponibilità di vincoli ignoti all'acquirente (p.692). In contrario nettamente, A. SACCHI Trattato teorico-pratico sulle Servitù prediali , Torino 1902, p.658.
(144) N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1084.
(145) S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.219 segnala che in ipotesi in cui il fondo servente sia dichiarato venduto quale libero da pesi e servitù, qualora dalle clausole, non aventi un mero carattere di stile, sia ravvisabile una vera e propria rinuncia, allora in tale specifico caso sarebbe possibile la esecuzione della formalità della trascrizione a norma dell'art.2643 n.4 c.c..
(146) N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1084.
(147) Non solo è insufficiente allo scopo dell'esenzione da responsabilità la dichiarazione di stile che la vendita è effettuata nello stato di fatto e di diritto in cui versa l'immobile, bensì ne è fonte anche la dichiarazione del venditore contraria al vero in ordine all'inesistenza di oneri e diritti sulla cosa oggetto della cessione. Sul punto, N. GRASSANO La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata op. cit. p. 1084-1085. Sulla questione delle ricadute dell'azione di annullamento del contratto dispositivo sulla costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.508-509.
(148) F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 252, ammette una siffatta configurazione della fattispecie.
(149) Sul punto ed in particolare sull'apparenza della servitù altius non tollendi in relazione alla costituzione per destinazione del padre di famiglia, diffusamente A. SACCHI Trattato teorico-pratico sulle Servitù prediali , op. cit., p.655 par.101, il quale esclude la costituzione della servitù per destinazione familiare in ipotesi di servitù negative. In giurisprudenza in contrario, Cass. 20 ottobre 1997 n.10250 in Vita Not., 1998 p. <>.
(150) L'espressione è di C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà op.cit. , p.688.
(151) Condizione negativa per l'insorgere della destinazione del padre di famiglia, regolata dall'art. 1062 c.c. è non solo il difetto dei requisiti dettati dalla disposizione stessa, o la sua espressa esclusione, bensì anche la sua espressa previsione e regolamentazione: in tal caso, osserva un Autore (C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà op.cit. , p.692) la servitù avrà il contenuto dell'atto costitutivo in modo specifico, ammettendo sia pure non esplicitamente l'anticipata costituzione di essa. E' tuttavia pur sempre possibile ammettere un atto di carattere ricognitivo della servitù già costituita per effetto della destinazione del padre di famiglia. In tal senso, AA.VV. Diritti reali (a cura di R. TRIOLA e M.R. VIGNALE) op. cit., p. 48-49 ; sarà devoluto al giudice l'accertamento se si è trattato di un atto ricognitivo oppure di un atto a sua volta costitutivo della servitù stessa. In giurisprudenza sul punto, Cass. 10 ottobre 1966 n. 2433, in Giur. Agr. 1967, p.606; e Cass. 30 ottobre 1978 in Foro It. 1979, I, c.29. Quest'ultima pronuncia afferma che la disposizione relativa alla servitù che inibisce il sorgere della stessa per destinazione del padre di famiglia, non può avere carattere ricognitivo dello stato dei luoghi.
(152) Anche una tale ipotesi potrebbe essere ricondotta allo schema legale della servitù sub specie di una servitù per destinazione del padre di famiglia a norma dell'art. 1062 c.c.. Il negozio che costituisce la servitù, subordinatamente alla rivendita frazionata del maggior complesso, non incontra ostacoli neppure dal punto di vista della concreta esecuzione della formalità ipotecaria, generando errori definiti quali “forzabili”.
(153) Basti immaginare alla pluralità dei lotti appartenenti al medesimo proprietario in cui la volumetria sviluppata complessivamente dall'area sia invece concentrata con un indice diverso su ciascuno dei lotti stessi.
(154) Non è neppure di ostacolo la mancata identificazione soggettiva dell'avente causa, atteso che la deduzione in condizione riguarda l'evento soggettivo del futuro acquisto di cui il terzo è parte. La giurisprudenza (Cass. 13 febbraio 1993 n.1842 in CED CASSAZIONE) ha espressamente ammesso il ricorso in sede di costituzione della servitù del meccanismo del contratto a favore del terzo. Altrettanto ammissibile, seppur di complessa realizzazione concreta, pare anche il ricorso allo schema del contratto per persona da nominare. Nello stesso senso, S. PALAZZOLO voce Servitù I) Diritto civile in Enc. Treccani Roma vol. <> anno <>, p.21.
(155) Va ricordato che la servitù può essere costituita per contratto o per testamento. In tale ultimo caso la servitù a carico di beni che non rientrano nell'eredità può essere ricondotta all'ipotesi del legato di cosa altrui (art.651 c.c.).
(156) G. BARALIS I diritti reali di godimento op. cit., p. 248 rileva che secondo l'opinione prevalente la fattispecie di cui all'art. 1062 c.c. non richiede la pubblicità né a fini tipici né la pubblicità notizia; conclude però, in modo condivisibile, che le parti possano accertare la costituzione con un atto soggetto a pubblicità notizia. Nella configurazione proposta invero si tratterebbe di “pubblicità a fini tipici” (ricorrendo all'espressione dell'Autore) in quanto la costituzione della servitù è condizionata all'evento futuro ed incerto della vendita ad un terzo di una porzione dell'originario fondo. Esclude assolutamente la trascrivibilità, coerentemente con gli assunti esposti nel volume S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.219.
(157) In questo senso espressamente G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.40. L'ipotesi proposta dall'illustre Maestro è quella di un tizio che ha preparato l'acquedotto in vista del dissodamento di uno dei due fondi ed è morto lasciandoli a persone diverse. Va però esclusa, secondo l'illustre Autore, che la servitù a vantaggio futuro possa sorgere per assicurare un vantaggio ad un fondo da acquistare per destinazione del padre di famiglia (p.51). Può invece ipotizzarsi una fattispecie simile con riguardo all'edificio da costruire.
(158) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.311, BRANCA Della proprietà (art.957-1099) in Commentario Scialoja Branca op. cit., p.332-333.
(159) R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.425.
(160) Va, al riguardo, considerato che spesso è richiesta al notaio in occasione della stipulazione di tali atti di asservimento la dichiarazione di aver controllato i registri immobiliari escludendo l'esistenza di ulteriori atti d'obbligo già stipulati. La funzione del notaio diretta alla collaborazione con la pubblica amministrazione consente di escludere errori, possibili ad esempio in ipotesi di successivi frazionamenti delle originarie porzioni immobiliari.
(161) L'identica situazione giuridica si verificherebbe non solo nei casi di vendita, ma anche in tutte le ipotesi di trasferimento a titolo gratuito o liberale. E' ipotizzabile una permuta (anche di bene presente con bene futuro), una datio in solutum ed addirittura un conferimento in società sia in fase costitutiva sia in fase di aumento di capitale con riserva di cubatura.
(162) Sul punto, B. BIONDI Le servitù op. cit. p.294; S. PALAZZOLO voce Servitù I) Diritto civile op.cit., p.21.
(163) B. BIONDI Le servitù op. cit. p.294 ricorda come già il codice francese ed il nostro codice del 1865 tacciano, al pari del codice del 1942 in proposito, e si domanda il perché di una tale omessa regolamentazione. La ragione della esatta disciplina prevista per usufrutto e donazione si rintraccia nel codice francese che volle espressamente sancirla per escludere il dubbio che la riserva di usufrutto potesse urtare contro il tradizionale dogma “donner et retenir ne vaut”. E' poi altrettanto certo che la riserva possa essere contenuta in qualunque contratto traslativo della proprietà e valga non solo per l'usufrutto ma per qualsiasi diritto di godimento. La riserva (o vorbehalt), ricorda l'Autore, deriva dalla figura della deductio servitutis, anche se nel diritto romano deducere servitutem non voleva dire trattenere, bensì piuttosto costituirla “nel senso di creare una nuova situazione giuridica” (p.295). Ed aggiunge che la riserva di servitù (a differenza della riserva di usufrutto) è uno degli istituti meno studiati in dottrina (p.298 in specie nota 12).
(164) L'espressione è di S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.204.
(165) E' possibile, tuttavia, ammettere l'ipotesi in cui il fondo ceduto divenga anche il fondo dominante. Amplius più avanti.
(166) B. BIONDI Le servitù op. cit. p.300.
(167) G. GROSSO e G. DEJANA Le servitù prediali in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da F. VASSALLI Torino, 1951, p.429; B. BIONDI Le servitù op. cit. p.300; nello stesso senso di recente S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.204.
(168) Il riferimento è alle ipotesi contrattuali alle quali è comunque ricollegabile un effetto traslativo.
(169) B. BIONDI Le servitù op. cit. p.300 sostiene che unità di intento e duplicità di effetti non inducono neppure a ritenere la fattispecie quale unico contratto misto atteso non partecipa della natura di entrambi i contratti. In contrario, S. PALAZZOLO voce Servitù I) Diritto civile op. cit. p.21 secondo il quale attesa la contemporaneità tra alienazione del fondo e costituzione della servitù tali due momenti appaiono difficilmente scindibili; anzi scindendoli si avrebbe una vendita condizionata alla concessione di una servitù che però è fattispecie ben diversa dalla prospettata riserva di servitù. Secondo tale ultima impostazione si otterrebbe “il risultato di riaffermare l'unità cronologica e fenomenica”. Tale opinione non è però maggioritaria.
(170) B. BIONDI Le servitù op. cit. p.300 ricorda che all'unicità del sistema di calcolo del valore dell'operazione, squisitamente unitario essendo negli esempi fatti frutto della somma algebrica del valore della vendita e della costituzione gratuita di servitù oppure in altro caso della donazione della proprietà e della riserva a titolo oneroso della servitù, fa da contrappunto il fatto che ciascuno dei due negozi è soggetto alla sua specifica disciplina di diritto. Va subito precisato che la riserva non potrà assumere il carattere gratuito qualora concerna un bene da acquistare pena la violazione dell'art. 771 c.c. che statuisce che la donazione può concernere solo i beni presenti del donante. Sulla questione R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.313 distingue tra servitù attive e passive a vantaggio futuro, ammettendo che un siffatto divieto riguardi solo le seconde e non le prime. Diffusamente sul punto, G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.51.
(171) B. BIONDI Le servitù op. cit. p.301.
(172) M. LEO e G. TRAPANI Il collegamento negoziale: ipotesi a rilevanza notarile , studio n. 2471 approvato dalla Commissione studi CNN il 3 maggio 2000 in Studi e Materiali 6.2. 1998 –2000 p.846-874 secondo i quali “La cura del Notaio rogante dovrà, allora, essere particolare non solo nella fase dell'indagine della volontà, ma anche nella fase della redazione delle clausole negoziali affinché sia evidente opportunamente dall'atto l'esistenza di un simile rapporto fra i negozi, che vada oltre la mera coesistenza all'interno dell'unico documento pubblico o della pluralità o coesistenza delle dichiarazioni dei contraenti, dato irrilevante al fine della dichiarazione della presenza di un collegamento contrattuale. Il far emergere una connessione fra più fattispecie negoziali, ove ciò non corrisponda all'intento delle parti, né allo scopo che esse intendono in concreto raggiungere, viola il canone di chiarezza che deve assistere l'opus notarile, con gravi rischi per i contraenti da travolgimento per estensione dei negozi da loro stipulati”.
(173) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1144.
(174) F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, op. cit., p. 253.
(175) B. BIONDI Le servitù op. cit. p.305. L'Autore affronta approfonditamente la questione della mancata esecuzione della formalità della trascrizione della riserva e dei suoi effetti sugli impegni assunti dalle parti e della loro efficacia ed opponibilità nei confronti dei terzi.
(176) Resta fuori naturalmente il caso in cui il cedente abbia già realizzato le opere accorpando la cubatura sviluppata dalle aree facenti parte del maggior fondo e in occasione della vendita di una porzione dell'intero lotto ad un terzo voglia far emergere la soggezione funzionale al rilasciato permesso di costruire. Il caso è stato oggetto di esame nella trattazione della fattispecie della concentrazione o accorpamento di volumetria.
(177) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.649; S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.222.
(178) E' discusso in tema di riserva il caso del proprietario di un terreno da lottizzare destinato ad essere venduto in modo graduale il quale predispone che tra i diversi lotti vi siano alcune reciproche limitazioni che possano formare oggetto di specifiche servitù, in modo tale che mano a mano che si procede alle alienazioni a favore ed a carico di ciascun lotto siano costituite le programmate servitù. Non è certo di ostacolo ad una tale configurazione la reciprocità delle servitù. In realtà nella fattispecie prospettata vi è un programma di future costituzioni di servitù, per le quali è necessario di volta in volta il rispetto del principio dell'alterità soggettiva. La riserva non permette di raggiungere l'obiettivo poiché essa vale tra fondo alienato e fondo trattenuto e non fondo alienato anticipatamente. La giurisprudenza (App. Firenze 22 gennaio 1954 in Foro Pad. 1955, I, p.1390; App. Roma 11 marzo 1957 in Rep. Foro It. 1957 voce Obbligazioni e contratti n.369) ha fatto ricorso al contratto a favore del terzo: l'alienante del singolo lotto costituisce servitù a carico dei fondi trattenuti ed a favore del fondo precedentemente ceduto; sorgerebbe in tal modo riserva dal lato passivo a carico del fondo alienato e costituzione a favore del terzo in ordine al fondo precedentemente alienato dal lato attivo. Una tale impostazione non supera tuttavia la critica secondo la quale in concreto l'alienante verrebbe a costituire servitù a carico ed a favore del terzo, atteso che nessuna riserva è possibile tra il fondo alienato oggi ed il fondo alienato in seguito. La riserva infatti giova per i fondi trattenuti non per quelli alienati. Sulla questione diffusamente B. BIONDI Le servitù op. cit. p.302-304.
(179) In giurisprudenza, Cass. 7 aprile 2000, n.4346 in Riv. Not. 2001, p.695 cit. ed in Vita Not. 2001, p.923, cit., Cass. 29 agosto 1997, n.8227 in Urbanistica e App. 1998 p.36, Cass. 19 febbraio 1996 n.1267 in Foro It. 1996, I, c.2464, Cass. 14 novembre 1989 n.4839 in Rep. Foro It. voce Servitù n.5, Cass. 4 agosto 1988 n.4833 in Giur. Agr. It. 1988, p.606 (con nota di R. TRIOLA), Cass. 6 agosto 1983 n.5827 in Rep. Foro it. voce Servitù n.17, Cass. 14 gennaio 1982, n.235 in Giust. Civ. 1983, I, p.609, tutte già citate.
(180) La riserva può intervenire negli atti traslativi di proprietà o di quei diritti su cosa altrui che attribuiscono la legittimazione alla costituzione della servitù. Non può mai intervenire tra due fondi ceduti contemporaneamente a soggetti diversi. Aggiunge un illustre Autore (B. BIONDI Le servitù op. cit. p.302) che anche negli atti traslativi della proprietà la riserva può avere effetti obbligatori, come nell'ipotesi del ricorso all'art.1029 c.c..
(181) Sull'uso non necessario di formule sacramentali per far sorgere la servitù a vantaggio futuro In giurisprudenza Cass. 23 febbraio 2001 n.2658 in Ced cassazione.
(182) L'adesione ad una siffatta impostazione pone dubbi in ordine alla immediata trascrivibilità del negozio di riserva a favore del fondo da acquistare che avrebbe al tempo della costituzione carattere solo obbligatorio. La esclude in modo deciso S. BURDESE Le servitù prediali op. cit., p.38-39; G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.43 ricorda alla nota 7 le numerose sentenze della giurisprudenza, di merito e di legittimità, tutte piuttosto risalenti nel tempo alle quali si rinvia ed espressione della tesi che affermava la trasformazione del rapporto da obbligatorio a reale. Di recente, Cass. 21 maggio 1987 n.4630, in Giur. It. 1988, I., I c.805, con nota di A. BARBA; Cass. 7 aprile 2000, n.4346 in Riv. Not. 2001, p.695 cit. e in Vita Not. 2001, p.923 ed in merito, G.O.A. presso il Trib. Busto Arsizio del 21 novembre 2000 in Vita Not. 2001, p.561, secondo le quali le convenzioni costitutive di servitù producono effetti meramente obbligatori che diventano poi reali con la costruzione dell'edificio (o l'acquisto del terreno).
(183) In un obiter dictum della sentenza della Cass. 7 aprile 2000, n.4346 in Riv. Not. 2001, p.695 cit. e in Vita Not. 2001, p.923 cit. ove si accedesse alla opinione della natura reale del vincolo si potrebbe configurare una lottizzazione abusiva; una tale opinione è destituita di fondamento dal momento che in ogni caso la fruizione della cubatura maggiorata è assoggetta al relativo permesso di costruire.
(184) Secondo una tale impostazione il termine prescrizionale sarebbe, poi, quello ordinario decennale, in linea con la sentenza della Cassazione del 21 maggio 1987 n.4630, in Giur. It. 1988, I., I c.805, cit., con nota di A. BARBA.
(185) Cass. del 18 ottobre 2004 n.20400 in Ced Cassazione, secondo la quale la costituzione della servitù per vantaggio futuro consistente nel vincolo di inedificabilità imposto dall'originario unico proprietario del fondo a carico di una porzione di terreno ed a favore di altra successivamente oggetto di distinte alienazioni viene ad esistenza sin dal momento della sua costituzione.
(186) G. BARALIS I diritti reali di godimento op. cit., p. 234.
(187) In questo senso, di recente S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.222. Una tale impostazione ha il vantaggio che il titolare della servitù potrà esercitare le misure cautelari che la legge attribuisce nell'art. 1356 c.c. al titolare di diritti sotto condizione. In contrario, Cass. 24 gennaio 1962 n.103 in Foro It. 1962, I, c.1132 con nota di G. BRANCA.
(188) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.313.
(189) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.313 afferma in tal caso che si applicheranno le regole della vendita di cosa altrui di cui all'art. 1478, secondo comma c.c.. S. PALAZZOLO voce Servitù I) Diritto civile op. cit., p.11 afferma che deve essere trascritta la servitù a carico del fondo esistente e di proprietà del costituente con la relativa condizione di efficacia.
(190) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.315 segnala che la prescrizione estintiva ventennale decorrerebbe dalla costruzione dell'edificio; tale assunto è certo un punto debole della ricostruzione secondo G. BARALIS I diritti reali di godimento op. cit., p. 234.
(191) G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.45; è opportuno ricordare che nessun obbligo grava sul concedente: egli non deve far nulla affinché essa sorga; è però evidente che tale assunto vale solo in ipotesi in cui il fondo da acquistare sia il fondo dominante e non il servente; altrimenti la situazione giuridica sarà speculare.
(192) G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.45; G. BARALIS I diritti reali di godimento op. cit., p. 234.
(193) G. BARALIS I diritti reali di godimento op. cit., p. 234, il quale aggiunge che contrariamente alla tesi prevalente da ciò discende l'imprescrittibilità della servitù così come costituita.
(194) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.313, diffusamente sul punto conclude che si tratta di un “rapporto condizionato relativamente agli effetti reali”. G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.45 esclude che possa configurarsi la fattispecie come negozio in via di formazione. In contrario,
(195) E' possibile ipotizzare che la riserva riguardi passivamente il fondo da acquistare. Anche in tal caso lo sviluppo edificatorio del terreno oggetto di cessione è subordinato all'effettivo avvenuto acquisto.
(196) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.312.
(197) La giurisprudenza (Cass. 7 aprile 2000, n.4346 in Riv. Not. 2001, p.695 cit. e in Vita Not. 2001, p.923 cit.) fa riferimento al criterio della sicura identificazione, senza tenere in conto alcuno le distinzioni tra la sicura identificazione del bene presente con quella del bene futuro
(198) R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.312 afferma che un dato testuale conferma siffatta opinione : l'art. 1029 c.c. impiega il termine il fondo o l'edificio, “intendendo con ciò indicare che si deve trattare di un fondo determinato o di un edificio da costruire su un determinato fondo”. Ed aggiunge che il difetto di determinatezza del bene oggetto della servitù importa la nullità della costituzione, anche in ipotesi di qualificazione obbligatoria di essa il rapporto sarebbe egualmente nullo per la genericità dell'obbligazione.
(199) Resta fermo l'ordinario termine prescrizionale decennale, a meno di non aderire alla tesi (G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.45) dell'imprescrittibilità.
(200) L'espressione è di G.BRANCA Servitù prediali (art.1027-1099) op. cit. p.45.
(201) Appare in tale luce del tutto legittima la riserva di cubatura, in via esemplificativa, “a favore del fondo collocato al foglio 10 del comparto denominato X e governato delle regole di programmazione esattamente definite”.
(202) Sulla questione R. ALBANO Della Proprietà in Commentario del Codice Civile, op. cit., p.313 distingue tra servitù attive e passive a vantaggio futuro, ammettendo che il divieto di cui all'art.771 c.c. in ordine alla donazione di beni futuri riguardi solo le seconde e non le prime.
(203) Il riferimento è naturalmente alla legge urbanistica del 17 agosto 1942 n.1150. In particolare sull'evoluzione dello zoning, M. MIGLIORANZA Le funzioni delle zone e degli edifici : individuazione e conseguenze in Riv. Giur. Edil. 2005, p.245.
(204) Sulla questione, E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni relazione pubblicata in atti del Convegno organizzato dalla società Paradigma tenuto nel mese di marzo 2009 in Milano e nel mese di aprile 2009 in Roma. Inoltre, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) (pubblicato anche in Giust. Amm. 2008, n.4, p.163); E. MICELLI La perequazione urbanistica in alcune esperienze di piani e progetti (slides), A. QUAGLIA Gli strumenti di concertazione pubblico-privato nelle politiche di rinnovamento urbano, G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004; P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, relazioni pubblicate tutte negli atti del Convegno organizzato dalla società Paradigma nel mese di febbraio 2009 in Milano. I riferimenti ai contributi appena citati si intendono fatti alle pagine del rispettivo dattiloscritto pubblicato, ad eccezione del saggio di A. BARTOLINI, per il quale varranno i richiami al testo pubblicato in Giustizia Amministrativa. Sulla questione dei crediti di volumetria diffusamente altresì, A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria in Riv. Giur. Urb. 2007 p.302; P. MARZARO GAMBA Credito edilizio compensazione e potere di pianificazione. Il caso della legge urbanistica veneta in Riv. Giur. Urb. 2005 p.644; P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli in Urb. e app. 2006, p.905. Sul tema della perequazione, E. BOSCOLO Una conferma urbanistica (e qualche novità legislativa) in tema di perequazione urbanistica in Riv. Giur. Edil. 2003, 3, p.823; S. DE PAOLIS Pianificazione di dettaglio e perequazione in Riv. Giur. Edil 2008, p.527; P. STELLA RICHTER La perequazione urbanistica in Riv. Giur. Edil. 2005, p.169; P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali in www.pausania.it/files/perequazione;
Si rinvia per un inquadramento generale delle fattispecie in esame a N. ASSINI Pianificazione urbanistica e governo del territorio Padova 2000 p. 148 e ss.; N. CENTOFANTI Diritto urbanistico Padova 2008; E. MICELLI Perequazione urbanistica Marsilio 2004; P. URBANI Urbanistica consensuale Bollati Boringhieri 2000; AA.VV. Urbanistica e perequazione a cura di S. CARBONARA e C.M. TORRE Franco Angeli 2008.
In tema di lettura della fattispecie dal punto di vista fiscale A. PISCHETOLA Utilizzo di volumetria perequativa e ipotesi di applicabilità delle agevolazioni ex legge n.10 del 1977 in Studi e Materiali del Cons. naz. Not. 2006/1 p.556.
(205) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni op. cit., p.1.
(206) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.6, il quale sottolinea anche un problema di formazione del consenso intorno ai modelli della perequazione e della compensazione, dal momento che oggi spesso le uniche possibilità di intervento sono rappresentate dalla “ ricucitura di circoscritte aree interstiziali” e che anche in un piano che preveda il mantenimento delle capacità insediative anteriori (i cd. residui di piano) , i proprietari delle aree attualmente edificabili chiamati a condividere le possibilità edificatorie vivono tale situazione quale “un'autentica privazione”; rispetto, infatti, ad un piano tradizionale in cui il saldo volumetrico non subisce variazioni mutano “gli esiti individuali”. Deve essere segnalato che la tecnica dello zoning segnava inevitabilmente anche le sorti dei proprietari sulla base delle linee disegnate dal pennarello del pianificatore (p.9). La perequazione costituisce insomma il rimedio alle “esternalità negative dello zoning (p.10). Questione questa delicatissima, ma già segnalata in un risalente ma attuale saggio da P. STELLA RICHTER Il potere di pianificazione nella legislazione urbanistica in Riv. Giur. Edil. 1968, II, p.123, il quale già all'epoca affermava il carattere intrinsecamente discriminatorio degli schemi tradizionali.
(207) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.2.
(208) Il richiamo esemplificativo può esser fatto al piano regolatore di Torino che prescinde dall'assenza di una regolamentazione regionale della materia.
(209) Tar Emilia Romagna sez. I, 14 gennaio 1999, n.22 con nota di E. BOSCOLO Dalla zonizzazione alla perequazione in Riv. Giur. Urb. 2000, p.5 ed in Urb. App. 2000, p.780 con nota di A. MANDARANO Nuove tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale.
(210) L'espressione è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.10. Sottolinea l'Autore che intorno agli anni novanta il valore etico dell'equità che già era stato utilizzato in materia sociale o tributaria, trova spazio anche in materia urbanistica.
(211) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.11.
(212) In questo senso, E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.11; P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.905, ricorda che “una certa dose di diseguaglianza è connaturale alla pianificazione urbanistica”, dal momento al contrario verrebbe meno la possibilità stessa di differenziare “attraverso tale tecnica, le forme di utilizzazione, di trasformazione e di tutela del territorio”. Ed aggiunge che questa impossibilità egalitaria riemerge nella disciplina delle tutele parallele (paesaggio, difesa del suolo delle acque, beni ambientali e naturali).
(213) Diffusamente, sul punto, E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.12; P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.2.
(214) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.13 segnala che occorre l'identificazione di un set di indicatori conoscibili e rendere aperta ad un'autentica partecipazione l'attività di applicazione di tali indicatori ai suoli e che spesso manca nei piani regolatori e addirittura nelle leggi regionali in argomento proprio la qualificazione giuridica delle classi differenziate dei suoli.
(215) P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.3 distingue tra la perequazione di valori e la perequazione di volumi. La prima consiste nella monetizzazione dei diritti edificatori unita ai trasferimenti compensativi delle disparità derivanti dalla pianificazione; si tratta di un modello che richiede l'applicazione all'intero territorio comunale ed è quindi di difficile applicazione concreta. La seconda, piuttosto diffusa negli strumenti di pianificazione già adottati, si realizza allorquando a certe aree (o ambiti) esattamente individuate, è attribuito un unico indice territoriale. Compete ai privati il trasferimento e la conseguente distribuzione delle quote di edificabilità; alla pubblica Amministrazione posta in posizione di terzietà spetta il controllo sul rispetto delle previsioni di piano.
(216) L'espressione è di P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.2.
(217) Si indicano di seguito tra parentesi le fonti che regolano la fattispecie in ciascuna regione; Toscana (Legge 3 gennaio 2005, n.1 , che ha sostituito l'originaria legge 16 gennaio 1995, n.5); Emilia Romagna (24 marzo 2000 n.<>); Basilicata (11 agosto 1999, n.23); Lazio (22 dicembre 1999, n.38); Puglia (27 luglio 2001, n.20); Calabria (16 aprile 2002, n.19); Campania (22 dicembre 2004 n.16); Veneto 23 aprile 2004, n.1); Lombardia (11 marzo 2005, n.12); Umbria (22 febbraio 2005, n.11) Provincia di Trento (11 novembre 2005, n.16 sostituita dalla legge 4 marzo 2008 n.1) Friuli Venezia Giulia (23 febbraio 2007, n.20); Provincia di Bolzano (2 luglio 2007 n.3 a modifica della Legge 11 agosto 1997, n.13 art.55bis).
(218) Cons. Stato sez. IV 16 ottobre 2006 n.6171; Cons. Stato sez. IV 30 giugno 2005 n.3535, entrambe in Ced Cassazione.
(219) Cons. Stato sez. IV 16 ottobre 2006 n.6171 cit. in Ced Cassazione. E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.4 sottolinea l'importanza nel diritto amministrativo del principio di proporzionalità - idoneità, in specie dello strumento rispetto agli obiettivi che ciascun Comune si prefigge di raggiungere.
(220) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.7.
(221) L'espressione è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.7. L'Autore ricorda ancora che alla soddisfazione di alcun proprietari corrisponderà l'insoddisfazione di altri, soprattutto per effetto del confronto inevitabile tra lo strumento urbanistico originario e quello perequativo. E' però vero che in una oggettiva carenza di spazi edificabili è proprio l'adozione di un criterio perequativo a garantire maggiormente la pace sociale, proprio perché appare particolarmente stringente l'esigenza di estendere ad un sempre maggiore numero di proprietari, evitando oggettive discriminazioni l'allocazione della cubatura disponibile (in particolare nota 7 di p.7).
(222) L'esempio è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.7 nota 31.
(223) Ricorda P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.5 che è stata la sentenza della Corte Costituzionale n.179 del 1999 a legittimare l'istituto della compensazione e che la rimozione nell'art.11 della Legge 7 agosto 1990 n.241 dei limiti apposti agli accordi sostitutivi di provvedimento ai soli casi previsti dalla legge.
(224) L'espressione è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.8. Aggiunge un Autore (P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.906) che il vero problema è rappresentato dalla crisi sistemica che conduce gli enti a “utilizzare la risorsa territorio come merce di scambio per coprire il fabbisogno di opere di urbanizzazione e di servizi per la collettività”.
(225) L'espressione è di P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.906.
(226) Anche la terminologia in ordine ai meccanismi compensativi è diversa da una regione all'altra: si fa rispettivamente riferimento in Veneto, ai crediti edilizi, in Lombardia alla disciplina di incentivazione, in Umbria agli incrementi premiali o alle compensazioni, nella provincia di Trento alla compensazione urbanistica.
(227) P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.4 ricorda che i legislatori regionali hanno pasticciato “creando commistioni tra perequazione di valori e di volumi).
(228) L'espressione è di P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.4.
(229) In giurisprudenza, per tutte, Tar Emilia Romagna sez. I, 14 gennaio 1999, n.22 con nota di E. BOSCOLO Dalla zonizzazione alla perequazione in Riv. Giur. Urb. 2000, p.5 ed in Urb. App. 2000, p.780 con nota di A. MANDARANO Nuove tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale, cit. sulla non necessità di una regolazione a monte della materia.
(230) In questo senso, P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.5.
(231) Sul punto, si rinvia alla storica pronuncia, già ricordata, del Tar Emilia Romagna sez. I, 14 gennaio 1999, n.22 cit. con nota di E. BOSCOLO Dalla zonizzazione alla perequazione in Riv. Giur. Urb. 2000, p.5 ed in Urb. App. 2000, p.780 con nota di A. MANDARANO Nuove tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale, cit..
(232) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.16-18.
(233) Si può trattare di lotti facenti parte di piani attuativi o di recupero di edifici dismessi; in tal senso, E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.17.
(234) Solleva qualche perplessità al riguardo, E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.17 il quale sottolinea la necessità che il diritto edificatorio dovrebbe comunque essere legato ad un fondo, affinchè il proprietario possa farne un uso efficiente; desta dubbi la possibilità che l'amministrazione possa godere di diritti edificatori disancorati dal suolo stesso. Un siffatto modello è previsto dalla legge urbanistica calabrese.
(235) Un siffatto ristoro può assumere la veste di quote di edificabilità o di recupero di cubature in altra area o la possibilità di permuta con altre aree o addirittura la possibilità di mantenere la proprietà dell'area sulla quale realizzare direttamente gli interventi pubblici per servizi gestendoli mediante convenzione; sulla questione P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.906.
(236) Secondo E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.18 la definizione di perequazione infrastrutturativa discende proprio dal fatto che è una tale esigenza a dominare la condotta della pubblica amministrazione. L'Autore ricorda, al proposito, che l'incentivazione del ricorso alla cessione bonaria è espressione di un ruolo fondamentale di “approcci neocomportamentali” e di “modelli di formazione delle preferenze individuali” (p.37).
(237) L'espressione è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.43. P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.907 segnala che la scarsa applicazione dell'istituto del comparto è dovuta alla sua rigidità, dimostrando all'epoca più duttile applicazione il meccanismo della lottizzazione convenzionata; aggiunge che una tale duttilità agevola la diffusione dello strumento perequativo atteso che oggi l'esigenza più sentita concerne la riqualificazione degli edifici già realizzati e relativa dotazione di opere e servizi.
(238) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.22
(239) Ricorda siffatta distinzione dogmatica lo schema, già ricordato, proposto da P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.3 tra perequazione di valori (consistente nella monetizzazione dei diritti edificatori unita ai trasferimenti compensativi delle disparità derivanti dalla pianificazione, modello da applicarsi all'intero territorio comunale, di difficile applicazione concreta, che ricorda la cd. perequazione estesa ) e perequazione di volumi (che si realizza allorquando a certe aree o ambiti esattamente individuati, è attribuito un unico indice territoriale che ricorda la cd. perequazione endoambito).
(240) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.23 richiama al riguardo alla nota 87 l'art.16 delle Norme Tecniche di attuazione del Comune di Piacenza. Aggiunge poi che le difficoltà ricostruttive incontrano poi l'ulteriore ostacolo della tassazione incerta (p.35); il carattere della contiguità dei fondi non è, comunque, elemento essenziale della fattispecie; è possibile ipotizzare, infatti, comparti discontinui, nei quali le receiving areas non sono attigue alle sending areas produttive di diritti edificatori (p.36). Sulla questione, E. MICELLI La perequazione urbanistica in alcune esperienze di piani e progetti, op. cit. par.2; P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.907.
(241) Si tratta di piani attuativi, ambiti, distretti della trasformazione.
(242) Ne è espressione l'art.11 comma secondo della legge della regione Lombardia del giorno 11 marzo 2005, n.12. Si tratta di una fattispecie di minore diffusione territoriale. Sul punto, P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.908, il quale rileva che i diritti edificatori costituiscono in tal modo autonomi beni giuridici che circolano indipendentemente dagli immobili di riferimento.
(243) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.25.
(244) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.26, ricorda che un tale modello permette di escludere forme monopolistiche, di dipendenza e di atteggiamento predatorio che diventerebbero “fattori esiziali di inceppamento del modello”. L'amministrazione comunale, nei modelli perequativi, svolge una funzione diretta ad ottenere il risultato urbanistico programmato, con la massima efficienza, “intesa come allocazione dei titoli volumetrici e delle possibilità edificatorie nelle mani dei soggetti interessati allo sfruttamento”. Inoltre, se la pianificazione deve essere impostata su un meccanismo di stampo essenzialmente consensualistico è bene che il piano sia corredato da schede contenenti simulazioni di scenari secondo ipotesi come nella teoria dei giochi (p.32). A tale proposito, devono essere poi accentuati i sistemi che permettono la realizzazione dei risultati urbanistici prefissati, al fine di escludere che il principio consensualistico divenga paradossalmente un ostacolo insormontabile; espressione di un tale assunto è l'art.27, comma 5° della legge 1° agosto 2002, n.166 nel quale è statuito che i proprietari delle aree equivalenti alla maggioranza assoluta di un piano esecutivo possono richiedere che si proceda all'esproprio delle aree dei proprietari non rimanenti di cui sono titolari i proprietari non cooperanti, che non vogliono partecipare al consorzio attuativo del piano stesso (p.33).
(245) Accanto ai vincoli urbanistici espropriativi, sussistono dei vincoli che limitano l'attività d'impresa svolta su una certa area; il decreto legislativo n.227 del 2001 prevede la possibilità di compensare il sacrificio imposto alle attività incompatibili con la normativa forestale mediante indennizzi; analoghe disposizioni sono previste dalla disciplina di tutela delle acque (decreto legislativo n.152 del 1999); sulla questione, P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.906.
(246) La previsione di soluzioni alternative all'espropriazione trova la sua fonte nella sentenza della Corte Costituzionale n.179 del 1999, già ricordata, e di essa ne è espressione la Legge 15 dicembre 2004 n.308, esaminata nel paragrafo seguente per i profili concernenti l'oggetto del presente studio..
(247) L'espressione è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.37; sulla questione diffusamente A. QUAGLIA Gli strumenti di concertazione pubblico-privato nelle politiche di rinnovamento urbano, op. cit., p.8 e ss.; si tratta, invero, di accordi complessi, che consentono di sgravare la pubblica Amministrazione del costo di esproprio e/o dell'esecuzione di opere pubbliche, nelle quali il riconoscimento della edificabilità compensa le spese affrontate dal privato.
(248) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.43 definisce i diritti edificatori un “ prodotto interno del piano”. Sulla questione P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.908 segnala che la carenza di un'adeguata disciplina pone il rischio che la possibilità di utilizzare altrove le volumetrie dissolve l'elemento organizzativo contrattuale che lega i comproprietari dei fondi allocati nel comparto, depotenziando la potestà decisionale dell'apparato pubblico. E se addirittura taluni soggetti facessero incetta di tali diritti, aggiunge l'Autore, concentrandole in aree il cui valore crescerebbe in modo esponenziale, l'amministrazione si troverebbe costretta a concordare con i privati l'allocazione dei maggiori diritti edificatori in altre aree in grado di sostenere l'impatto di essi dal punto di vista sociale, ambientale ed estetico, ottenendo in concreto proprio una lesione del principio di eguaglianza che i canoni perequativi mirano a realizzare.
(249) Va segnalato che i diritti edificatori possono essere oggetto di revisione da parte dell'amministrazione comunale, salva un'eventuale autolimitazione da parte del Comune stesso, sia pure limitata nel tempo; diversa la regola per i crediti compensativi che hanno origine in una prestazione già effettuata (quale la cessione dell'area o la sua riqualificazione paesaggistico - ambientale ).
(250) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.38 segnala, infatti, che il credito, ancor prima della cessione al Comune, potrebbe essere iscritto in una speciale sezione del registro sin dall'apposizione del vincolo; in tal modo, la circolazione anticipata del credito stesso “fungerebbe da volano dell'intero sistema”. E' evidente che l'intero meccanismo indennitario subisce un radicale mutamento dall'impianto della Legge 25 giugno 1865 n.2359, più volte rimaneggiata sino al Testo Unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n.327. La compensazione permette un ristoro economicamente più accettabile al privato il cui terreno sia stato assoggettato a vincolo.
(251) Sulla questione della legislazione concorrente in materia di urbanistica e pianificazione del territorio G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004, op. cit. p.1
(252) Sul punto, P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.6, in specie in ordine alla necessità di chiarire e definire la qualificazione dei diritti edificatori. Sul punto, G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004, op. cit. p.3 precisa che la disciplina urbanistica regionale non può in alcun modo derogare i principi posti dal diritto civile.
(253) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.27, il quale ipotizza indici perequativi temporalmente limitati oppure indici progressivamente destinati a diminuire con il decorso del tempo (p.28). Si può verificare, inoltre, la programmazione di un sistema di “aste amministrate” nel quale il Comune assume la garanzia della regolarità delle trattative tra titolari e terzi interessati all'acquisto dei diritti edificatori (ad esempio in Basilicata e Veneto); oppure un intervento di mediazione a mezzo di una società pubblica (ad esempio la società Veneto scambi spa)
(254) Secondo E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.28 la trascrivibilità dei negozi aventi ad oggetto titoli volumetrici nei registri immobiliari presso l'Agenzia del territorio potrebbe avere luogo solo laddove questi vengano considerati diritti atipici di natura reale pur se una tale configurazione urterebbe contro il principio del numero chiuso dei diritti reali. Invero, non tutte le situazioni giuridiche che hanno emersione pubblicitaria sono caratterizzate dalla realità : basti pensare alla locazione ultranovennale o all'anticresi.
(255) Sul punto, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.165.
(256) A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.165, segnala che in ipotesi di intervento nei centri storici il diritto edificatorio può essere esercitato al di fuori di essi in aree particolari individuate dallo stesso programma o dagli strumenti urbanistici in modo espresso.
(257) Sul punto, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.165
(258) Il termine annotazione, utilizzato probabilmente per rappresentare l'attività di registrazione su supporto cartaceo o elettronico, evoca in realtà l'esecuzione delle formalità nei registri tenuti dall'agenzia del territorio o nei registri dello stato civile; si tratta tuttavia di una suggestione priva di concretezza; i registri dei diritti e crediti edificatori , previsti semplicemente da norme regionali, hanno una valenza molto limitata: non è chiaro infatti il metodo né l'accessibilità della consultazione.
(259) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.29 secondo il quale in tal modo è superato il problema del numero chiuso dei diritti reali.
(260) La dematerializzazione allude ad una tecnica circolatoria; forse sarebbe stato più opportuno utilizzare la parola smaterializzazione per disegnare plasticamente il fenomeno del distacco dall'area che lo ha generato della cubatura.
(261) Espressamente in tal senso, P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.909.
(262) La frase è di P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.909, il quale ricorda pessimisticamente una espressione di Guido Rossi (Il gioco delle regole, Milano, 2006, p.23), che ha affermato che “laddove è necessario un ordinamento a tutela dell'interesse generale, le norme non possono essere sostituite dal contratto”.
(263) Il certificato o titolo portante i diritti edificatori potrebbe ricordare una sorta di certificato di destinazione urbanistica.
(264) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30 suggerisce che un tale atto avvenga nella “cornice di un accordo che veda la presa d'atto dell'amministrazione”. Invero, la “presa d'atto” dell'amministrazione discende direttamente dall'atto generativo del diritto edificatorio.
(265) L'espressione è di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30.
(266) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30.
(267) In contrario, G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004, op. cit. p.20 il quale attribuisce a tali annotazioni una mera valenza interna, nel senso della loro inidoneità alla risoluzione dei conflitti tra più aventi causa, anche se più avanti nel corpo del testo riconosce che la legge del Veneto che egli commenta attribuisce alla iscrizione nel registro degli eventi costitutivi o traslativi del credito efficacia costitutiva, che è addirittura un valore aggiunto ancora più ampio del mero strumento di risoluzione dei conflitti.
(268) Ancora sulla questione E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30, nota 113.
(269) E' evidente allora che non sempre appare necessario il ricorso alla emersione della fattispecie circolatoria dai registri immobiliari. In contrario, con riferimento alla speciale normativa in corso di approvazione nella Regione Veneto, G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004, op. cit. p.20, secondo il quale “la conoscibilità e l'accertabilità” di tali fattispecie mediante annotazione nel registro comunale dei crediti edilizi “dovrà necessariamente affiancarsi la pubblicità da realizzarsi mediante la trascrizione nei” registri Immobiliari. Può in senso opposto osservarsi che è proprio la specificità delle fattispecie ad imporre o escludere di volta in volta l'esigenza dell'accesso alla pubblicità nei registri immobiliari.
(270) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30, nota 114. L'Autore segnala alla nota 115 che il problema non si dovrebbe porre nella compensazione infrastrutturativa paesaggistica atteso che in tali ipotesi il sorgere del credito presuppone l'avvenuta cessione. Tali fattispecie sono definite contratti coalizionali in quanto generano “obbligazioni di comportamento in vista della presentazione del piano attuativo, previa redistribuzione dei benefici” che permettono poi di far “atterrare i diritti edificatori sulla porzione destinata all'edificazione, ripartendo gli oneri in modo equo (p.35 nota 126). Nello stesso senso, M. PALLOTTINO La perequazione urbanistica: profili giuridici in AAVV I principi di governo del territorio , a cura di P. MANTINI e M. LUPI Milano, 2005, p.161.
(271) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30, nota 114.
(272) La disciplina delle società di trasformazione urbane può essere rinvenuta nell'art. 17 comma 59 della legge n.127 del 1997, poi trasfuso nell'art.120 del d.lgs. n.367 del 2000 e poi a sua volta modificato dall'art.44 della legge n.166 del 2000. Si tratta di interventi che riguardano non solo aree non edificate, ma generalmente immobili. Sul punto diffusamente, A. QUAGLIA Gli strumenti di concertazione pubblico-privato nelle politiche di rinnovamento urbano, op. cit., p.11 e ss.; A. CONTIERI La società di trasformazione urbana come strumento di attuazione del principio di perequazione in Riv. Giur. Edil. 2004, II p.187.
(273) Le espressioni sono di E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30.
(274) Si tratterebbe di un mandato stipulato in nome proprio dal mandatario con il sostituto in favore di un terzo (il mandante) in modo che il diritto attribuito a quest'ultimo nei confronti del sostituto sarebbe una mera applicazione dell'art.1411 c.c..
(275) E' stato distinto in giurisprudenza (Cass. 1995, n.8343 in Ced cassazione) il mandato irrevocabile nell'interesse del terzo (quale nel caso di specie), laddove il terzo stesso estraneo al rapporto tra mandante e mandatario è sfornito di azioni dirette nei confronti del mandatario ed il mandato irrevocabile in favore del terzo laddove invece in applicazione della disciplina dell'art.1411 c.c. il terzo vanta un vero e proprio diritto all'adempimento nei confronti del mandatario.
(276) E' evidente in siffatta ipotesi il rischio discendente dall'eventuale iscrizione o trascrizione sul terreno oggetto dell'operazione urbanistica di formalità che possano essere pregiudizievoli dal punto di vista sostanziale.
(277) In particolare, anche ammettendo la possibilità di utilizzare la riserva di nomina in ipotesi di cessione volontaria con riserva di cubatura, la difficoltà tecnica di modulazione dello strumento sorge per gli aventi causa dal riservatario successivi al primo; in tal caso, dovrebbe ipotizzarsi il ricorso ad un mandato che autorizzi il penultimo avente causa prima del fruitore finale della volumetria perequativa a esprimere la nomina stessa. E' evidente la complicazione di un tale meccanismo,
(278) Discerne il riconoscimento iniziale del credito rispetto alle successive transazioni dal punto di vista dell'annotazione sul registro comunale dei crediti edilizi G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004, op. cit. p.21.
(279) E' evidente che la parziale affidabilità di un sistema pubblicitario equivale alla sua non affidabilità piena, attesa l'impossibilità di confidare in annotazioni che comunque non è noto se siano o meno complete. Va poi sottolineato che la precarietà degli strumenti proposti viene senza dubbio enfatizzata se si pone mente al problema degli effetti di un'eventuale evizione subita dal Comune per effetto della rivendica da parte di un terzo dell'area ceduta allo stesso Comune. Su tale ultima questione, E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.30, nota 116. P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.6 segnala che qualsiasi trasferimento di volumetria senza la titolarità di un'area richieda comunque un intervento normativo disciplinato dal piano urbanistico; aggiunge che il progetto di legge n.2319 (Mariani ed altri) sotto la rubrica Principi fondamentali per il governo del territorio. Delega al Governo in materia di fiscalità urbanistica e immobiliare aveva l'obiettivo di regolare la disciplina dei diritti edificatori e la pubblicità degli atti traslativi di essi nei registri tenuti dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari.
(280) P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.8-9 sottolinea, ricordando l'impostazione di Massimo Severo Giannini che il consenso della controparte è idoneo a superare il principio di legalità. In particolare, i maggiori oneri di urbanizzazione o le prestazioni aggiuntive richieste ai privati in termini di cessioni di aree o di realizzazioni di servizi, o ancora di assegnazione di volumi edificatori, richiede l'incontro delle volontà; e ricorda che un tale assunto ha trovato espressione nelle sentenze del Consiglio di Stato n.4014 e 4015 del 28 luglio 2005 e n.33 del 2003.
(281) Sul punto, M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 671, P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.908.
(282) In questo senso, M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 671.
(283) Tale disposizione manca nel codice civile del 1865 nel quale l'art.406 così recitava: tutte le cose che possono formare oggetto di proprietà pubblica o privata sono beni immobili o mobili”.
(284) F. SANTORO PASSARELLI Dottrine generali del diritto civile Napoli, 1989 p.55.
(285) M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 672; S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.1.
(286) In questo senso, S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.1. Ricorda C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.54 che alle nozioni di bene e cosa corrispondono i termini bona e res delle fonti romane; la prima rileva per il suo valore intrinseco economico, al netto delle passività.
(287) L'espressione è di F. SANTORO PASSARELLI Dottrine generali del diritto civile op. cit. p.55 il quale aggiunge che i beni devono poi essere suscettibili di appropriazione atteso che un bisogno umano quale l'aria e l'acqua fluente proprio perché comune a tutti non può formare oggetto di rapporto giuridico.
(288) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.50.
(289) Secondo F. SANTORO PASSARELLI Dottrine generali del diritto civile op. cit. p.56 la proprietà e gli altri diritti reali che dalla res si chiamano reali hanno ad oggetto una porzione della materia e si distinguono dagli altri diritti soggettivi appunto per il fatto che “pur indicendo, come ogni altro diritto, una relazione fra soggetti, investono direttamente la res” tanto che la generalità degli altri soggiace ad un obbligo secondario di astensione. L'oggetto degli altri diritti è invece non una cosa ma un comportamento del soggetto passivo (come nel diritto di credito) o del soggetto attivo (come nel diritto potestativo), anche se serve per procurare una cosa.
(290) L'art. 812 c.c. definisce beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua gli alberi gli edifici e le altre costruzioni anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che è incorporato al suolo. Al secondo comma statuisce che sono altresì reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione.
(291) M. LEO Il trasferimento di cubatura, op. cit., p. 699 e ss.
(292) Al pari delle altre unità di misura (litri, grammi, chilometri, metri e così via) il rapporto matematico tra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, è la misura della cubatura e non la cubatura essa stessa. Solo superando un tale equivoco, è possibile affermare che la cubatura è essa stessa bene in senso giuridico.
(293) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.54 afferma che beni sono tutte le entità fisiche o ideali idonee a costituire oggetto di diritto; le cose sono invece i beni corporali.
(294) Tale opinione è stata sostenuta da G. RIZZI I crediti edilizi : l'esperienza della Legge Regione Veneto n.11 del 2004, op. cit. p.12; l'Autore, partendo da un'indagine approfondita delle norme che disciplinano la materia delle operazioni su volumetria nella Regione Veneto nella quale Egli vive ed opera, trae le conclusioni della sua analisi tentando di delineare alcune linee in ordine alla definizione della natura giuridica della fattispecie; innanzi tutto afferma che il credito edilizio non può esser certo ricondotto ad alcuna fattispecie di diritti reali tipici atteso che nel caso di specie anche il ricorso alla servitù (o ad altro diritto reale tipico) apparirebbe vano, in considerazione del fatto che la cubatura edificabile che il credito edilizio stesso rappresenta “perde ogni collegamento con il bene immobile oggetto dell'intervento o della cessione che ha determinato il credito medesimo, potendo lo stesso circolare ed essere negoziato in maniera autonoma” (p.12); aggiunge poi che la fattispecie non può assumere una colorazione esclusivamente obbligatoria e che in realtà la “prestazione cui ha diritto il titolare del credito (consistente nella possibilità di utilizzare un determinata quantità volumetrica ai fini edilizi ) sia suscettibile di valutazione economica”; è evidente infatti che non mancano i profili di realità: 1) “titolare di detto credito non può che essere il proprietario di un immobile oggetto di uno degli interventi di riqualificazione urbanistico/ambientale; 2) il credito per la sua realizzazione presuppone la titolarità in capo al creditore di un immobile” “nel quale riversare la quantità volumetrica riconosciuta dal credito”. Attese tali premesse, l'Autore afferma quindi che il credito edilizio è un diritto atipico di natura reale, posta la non unanime adesione al principio del numero chiuso dei diritti reali, che tuttavia la Suprema Corte ha dimostrato di preferire con la pronuncia citata n. 6807/88 pubblicata in Nuova Giur. Comm. 1989, I, p. 372 con nota M. COSTANZA con nota (anepigrafa), già cit., affermando che nella cessione di cubatura si è in presenza di un trasferimento diritto reale immobiliare. Invero, dalla lettura dello studio di Giovanni Rizzi emerge chiaramente il tentativo di superare il muro che separa la concezione (pur gravida di incognite) della cubatura quale diritto reale atipico dalla cubatura quale bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può, a sua volta, costituire oggetto di diritti reali ovvero, secondo la prospettazione delle parti, di un rapporto obbligatorio, impostazione che a tacer d'altro incontra a suo favore non solo il dato normativo, ma anche il sentire comune. L'Autore avverte infatti la forte esigenza che la cubatura sia destinata a circolare in modo autonomo; inoltre, la qualificazione del credito edilizio “in termini di diritto reale atipico” (p.18) consegue ad un'attività interpretativa di una situazione giuridica che concerne la materia urbanistica che ben rientra nella competenza concorrente del legislatore regionale al quale spetta la regolazione del governo del territorio (art.117 terzo comma Cost. ). Ad una tale ricostruzione, che rievoca nella materia della compensazione e della perequazione il ricorso allo schema del diritto reale atipico, pur nella meritevolezza delle istanze che la motivano, non è di impedimento l'eventuale deroga al principio del numero chiuso, quanto la regola che nega alle facoltà l'autonomia del diritto cui attengono. E' inaccettabile, infatti, ammettere che le singole facoltà possano essere rese autonome e trasferite quali specifici diritti reali, dotati di vita propria e proprie regole di circolazione. Il diritto di proprietà non è, in realtà, un fascio di facoltà autonome separabili, ma un diritto pieno ed unitario che può essere compresso per effetto della costituzione di diritti reali parziali per poi riespandersi a seguito della loro estinzione.
(295) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1686, i quali distinguono il caso della concentrazione di cubatura, dal caso della cessione in senso tecnico nel quale oggetto del trasferimento è la cubatura in sé, quale autonomo oggetto del rapporto tra le parti, al quale si accompagna una servitù di non edificazione corrispondente alla misura di volumetria rinunciata dal cedente. Gli Autori sottolineano poi che la cessione di cubatura costituisce un'indubbia operazione socialmente utile, in grado di soddisfare variegati interessi pubblici e privati. Nello stesso senso di recente R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.422 il quale sostiene che non vi è alcun conflitto tra cubatura e principio del numero chiuso dei diritti reali; la cubatura infatti non è un diritto ma l'oggetto di esso: “è il bene giuridico economicamente apprezzabile che può formare oggetto di un diritto reale ovvero di un rapporto obbligatorio”. Secondo P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.908, l'impossibilità di qualificare il diritto edificatorio come diritto reale, sganciato dalla proprietà dell'area, come diritto reale, per la tipicità di essi, ha condotto a valutare la fattispecie “in termini di bene immateriale e si è coniata la formula del credito edilizio o volumetrico ricorrendo in luogo del contratto di trasferimento della volumetria al contratto con effetti obbligatori”; creditore sarebbe il privato titolare del diritto edificatorio debitrice l'amministrazione comunale tenuta ad adempiere l'obbligazione; può, invero, obiettarsi a tale ultima impostazione che la reificazione dei diritti edificatori importa la loro soggezione ad un diritto soggettivo (reale o di credito), restando piuttosto sempre qualificabile come interesse legittimo la posizione nei confronti della pubblica Amministrazione. In tal modo non si urta alcuno dei principi portanti del nostro ordinamento giuridico. La configurazione che si accoglie permette di escludere che i contenziosi tra privato possano coinvolgere la pubblica Amministrazione, che è e resta arbitro della moneta urbanistica. Sulla questione del numero chiuso, diffusamente anche C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.133 e ss..
(296) E' ipotizzabile in questo senso che la cubatura in quanto bene immateriale di origine immobiliare possa costituire oggetto di usufrutto ed anche di possesso. La qualcosa non deve destare perplessità ben potendo anche le energie costituire oggetto di possesso.
(297) Nessun dubbio anche in ordine alla divisibilità della cubatura tra la pluralità di aventi causa.
(298) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1689 affermano che se la circolazione del bene cubatura potrà essere attuata con il ricorso a schemi negoziali aventi una struttura e caratteri squisitamente privatistici, il suo godimento è piuttosto “strettamente legato all'intervento della p.a. e si realizza al momento in cui emana il provvedimento abilitativo della costruzione”.
(299) Si tratta della pronuncia n.44/89 del 22 ottobre 1991 della Corte di Giustizia.
(300) Il riferimento è al giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale di cui alla sentenza 10-11 dicembre 1998 n.398 in Gazz.Uff. Rep. It. serie speciale 1^, 16 dicembre 1998 n.50 p.11. La quota latte è definita dal Giudice delle Leggi quale un bene immateriale suscettibile di costituire l'oggetto di negozi di trasferimento separatamente dal complesso aziendale al quale inerisce. Nello stesso senso, sentenza n.100 del 26 marzo 6 aprile 1998 in Gazz.Uff. Rep. It. serie speciale 1^, del 15 aprile 1998, che in particolare afferma che la disciplina delle quote latte non tocca e non altera in alcun modo i rapporti giuridici tra proprietario ed affittuario, a vantaggio dell'uno o dell'altro, ma concerne esclusivamente la regolamentazione dei quantitativi di produzione e la legittimazione al compimento degli atti relativi.
(301) Si tratta di una fattispecie regolata dal Regolamento del 18 febbraio 1980 n.456/80 diretto ad incentivare l'abbandono definitivo o temporaneo delle superfici vinicole, che aveva previsto a favore di coloro che sceglievano la formula dell'abbandono temporaneo , il diritto a procedere al reimpianto delle viti dopo otto campagne vitivinicole; il regolamento del 16 marzo 1987 n.822/87, nel vietare ogni nuovo impianto di viti stabiliva poi che il diritto al reimpianto può essere esercitato su una superficie equivalente a quella oggetto di estirpazione dello stesso fondo o del fondo altrui purché destinato alla produzione di vini di qualità prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.).
(302) Un tale dato riguarda tuttavia solo alcune Regioni particolarmente sensibili sulla questione.
(303) E. BOSCOLO Le perequazioni e le compensazioni, op. cit., p.29.
(304) Un antecedente storico può essere rinvenuto nell'art.30 della Legge 28 febbraio 1985 n.47 che dispone “In luogo della indennità di esproprio, i proprietari di lotti di terreno, vincolati a destinazioni pubbliche a seguito delle varianti di cui all'art. 29 possono chiedere che vengano loro assegnate equivalenti lotti disponibili nei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n.167 per costruirvi singolarmente o riuniti in cooperativa la propria prima abitazione. I proprietari di terreni coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale possono chiedere al comune in luogo dell'indennità di esproprio, l'assegnazione in proprietà di equivalenti terreni facenti parte del patrimonio disponibile delle singole amministrazioni comunali, per continuare l'esercizio dell'attività agricola. I proprietari degli edifici per i quali è prevista la demolizione possono chiedere l'assegnazione di un lotto nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962 n.167 per costruirvi la propria prima abitazione”. Su tale disposizione, P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.906.
(305) Pubblicata con la rubrica Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2004 n.302 supplemento ordinario n.187.
(306) I commi 23 e 24 così recitano: “Il Comune può approvare le varianti al vigente strumento urbanistico che si rendano necessarie ai fini della traslazione del diritto di edificare di cui al comma 21” e “L'accoglimento dell'istanza di cui ai commi 21 e 22 non costituisce titolo per le richieste di indennizzo, quando, secondo le norme vigenti, il vincolo sopravvenuto non sia indennizzabile. Nei casi in cui, ai sensi della normativa vigente, il titolare del diritto di edificare può richiedere l'indennizzo a causa del vincolo sopravvenuto, la traslazione del diritto di edificare su area diversa, ai sensi dei citati commi 21 e 22 è computata ai fini della determinazione dell'indennizzo eventualmente dovuto”.
(307) Recita il ricordato comma 258 “Fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive , a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n.1444 e alle relative leggi regionali negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti è possibile prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale.” Ed il comma 259 aggiunge : “Ai fini dell'attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, il comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale nei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui al comma 258.”
(308) P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.9 critica una siffatta disposizione, pur definendola “lodevole”, nel senso che per l'edilizia sociale non è stata stabilita una misura minima degli standards, lasciando alla contrattazione tra le parti pubblica e privata la sua definizione quantitativa. In senso diverso sulla questione la legge n.12 del 2008 della Regione Puglia.
(309) P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.10 rileva, inoltre, l'enfatizzazione dell'urbanistica per accordi delle nuove norme soprattutto in considerazione delle esigenze della residenzialità sociale. Sul punto, anche A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.166.
(310) La legge reca la rubrica “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008 - Suppl. Ordinario n. 196.
(311) I commi 2, 3 e 4 dell'art. 11 così dispongono: 2.“Il piano e' rivolto all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di abitazioni di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinate prioritariamente a prima casa per:a) nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito;b) giovani coppie a basso reddito;c) anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate;d) studenti fuori sede;e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio;f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1 della legge 8 febbraio 2007, n. 9;g) immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione
3. Il Piano nazionale di edilizia abitativa ha ad oggetto la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente ed e' articolato, sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell'effettivo bisogno abitativo presente nelle diverse realtà territoriali, attraverso i seguenti interventi:
a) costituzione di fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e all'incremento dell'offerta abitativa, ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi e con la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale, per l'acquisizione e la realizzazione di immobili per l'edilizia residenziale;b) incremento del patrimonio abitativo di edilizia con le risorse anche derivanti dall'alienazione di alloggi di edilizia pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo, con le modalità previste dall'articolo 13; c) promozione da parte di privati di interventi anche ai sensi della parte II, titolo III, Capo III del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;d) agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi, potendosi anche prevedere termini di durata predeterminati per la partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo transitorio dell'esigenza abitativa;e) realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale.
4. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti promuove la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa nei singoli contesti, rapportati alla dimensione fisica e demografica del territorio di riferimento, attraverso la realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da elevati livelli di qualità in termini di vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica, anche attraverso la risoluzione dei problemi di mobilità, promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati. Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati.”
(312) In questo senso, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.166.
(313) I commi 5 e 6 dell'art. 11 così recitano: “5. Gli interventi di cui al comma 4 sono attuati anche attraverso le disposizioni di cui alla parte II, titolo III, Capo III, del citato codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, mediante:a) il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo;b) incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; c) provvedimenti mirati alla riduzione del prelievo fiscale di pertinenza comunale o degli oneri di costruzione; d) la costituzione di fondi immobiliari di cui al comma 3, lettera a) con la possibilità di prevedere altresì il conferimento al fondo dei canoni di locazione, al netto delle spese di gestione degli immobili; e) la cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate di cui al comma 2.
6. I programmi di cui al comma 4 sono finalizzati a migliorare e a diversificare, anche tramite interventi di sostituzione edilizia, l'abitabilità, in particolare, nelle zone caratterizzate da un diffuso degrado delle costruzioni e dell'ambiente urbano.”
(314) In questo senso, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.166.
(315) A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.167.
(316) Le espressioni sono di A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.167.
(317) A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria op. cit. p.309, afferma che per derogare a tale disciplina e trasferire fuori zona la cubatura è necessaria una specifica previsione normativa nazionale e/o regionale, nel rispetto comunque della predeterminazione delle aree di atterraggio la cui individuazione non può essere lasciata al privato cessionario.
(318) A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.167, alla cui paternità deve essere attribuita la frase virgolettata che segue..
(319) A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.167 afferma che in tal senso non vi è alcun bisogno di “scomodare” l'ordinamento civile.
(320) Sulla questione, C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.134; S. CERVELLI I diritti reali op. cit., p.38.
(321) A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria op. cit. p.304.
(322) In questo senso, A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria op. cit. p.306, il quale afferma che la locuzione diritto edificatorio ha, allora, valenza assolutamente atecnica.
(323) R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.427.
(324) A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.167, da un lato, afferma che i diritti edificatori costituiscono “una situazione soggettiva attinente alla dimensione quantitativa di una facoltà insita nel diritto di proprietà”, dall'altro, si limita ad aggiungere che il diritto edificatorio “riguarda un bene della vita oggetto della disciplina del potere di piano”, che in mancanza di un espresso divieto, “può essere liberamente commerciabile, trattandosi di diritti personali e non reali naturalmente”.
Il proficuo risultato sino ad ora raggiunto parrebbe a questo punto privo di utili effetti concreti e sembrerebbe essere stato ricondotto in un alveo gravido di dubbi se si afferma che per un verso la cubatura è un bene della vita e, per altro, che essa può essere liberamente commerciabile, trattandosi di un diritto personale e non reale; in realtà, seguendo una tale impostazione dogmatica, si sovrappone il bene – cubatura al diritto che si esercita su di essa, che invero a sua volta può essere reale o personale.
(325) L'espressione è di A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.167.
(326) Sulla questione delle categorie ordinanti, A. GAMBARO I diritti reali come categoria ordinante in Trattato dei diritti reali a cura di A. GAMBARO e U. MORELLO vol.1 Proprietà e possesso op. cit., p.3 e ss., A. GUARNIERI Diritti reali e diritti di credito in Trattato dei diritti reali a cura di A. GAMBARO e U. MORELLO vol.1 Proprietà e possesso op. cit., p.29; ID. Le categorie ordinanti nel diritto civile (a proposito di Rodolfo Sacco, Il fatto, l'atto, il negozio) in Riv. Dir. civ. 2007, p.547; R. SACCO Il fatto, l'atto, il negozio in Trattato di diritto civile diretto da R. SACCO Torino 2005.
(327) A. GUARNIERI Diritti reali e diritti di credito op. cit., p.42 ricorda la concezione classica dei diritti reali caratterizzata dal rapporto giuridico intercorrente tra titolare ed omnes, obbligati ad astenersi da ogni ingerenza sul bene, sino a giungere nel distinguere il diritto reale dal diritto di credito in virtù della bipartizione immediatezza/mediatezza e assolutezza / relatività e sottolinea, ricordando la rivisitazione offerta da M. GIORGIANNI (nella celebre voce Diritti reali (diritto civile), in Nuov. Dig. It. Torino 1968, Vol. V p.748), che “un punto di debolezza dell'antitesi è stato costituito in passato dall'elenco sempre variabile dei diritti reali”; aggiunge, poi, lo stesso Autore che vanno ricordati anche i tentativi , soprattutto provenienti dalle dottrine tedesca e francese dirette a costruire una categoria intermedia tra diritti reali e diritti di credito, motivata dall'esigenza di allocare in modo coerente al sistema alcune ipotesi del tutto peculiari (quali ad esempio il diritto del conduttore). In realtà, Egli continua, è la tipicità stessa degli iura in re aliena a dimostrare la presenza di una crisi della ricordata bipartizione tra diritti reali e di credito proprio perché i diritti su cosa altrui paiono semplicemente destinati ad essere riassorbiti nell'alveo di una proprietà che nel disegno codicistico appare essere libera da pesi, vincoli ed oneri di sorta. Si determina in tale modo un avvicinamento tra il diritto in alienis e il diritto obbligatorio che trova timido spazio nel nostro ordinamento (si pensi all'obbligo di miglioramento del fondo da parte dell'enfiteuta, il cui adempimento deve essere letto alla luce del criterio di cui alla'art.1176 c.c.), seppur già riconosciuto con maggiore ampiezza in altri ordinamenti, come nel BGB che secondo gli interpreti permette l'applicazione ai diritti reali su cosa altrui del diritto delle obbligazioni [par. 269] del tempo dell'adempimento [par.271], della mora del creditore [par.293] e della responsabilità del debitore per il fatto commesso da chi lo sostituisce nell'adempimento o ancora nell'art. 7 del codice svizzero che dispone che le regole del diritto delle obbligazioni relative alla conclusione, agli effetti ed all'estinzione dei contratti possono essere applicabili anche alle altre materie del diritto civile o infine l'art. 308 del codice cubano che estende le regole in tema di obbligazioni ai rapporti tra nudo proprietario e titolare di un diritto su cosa altrui.
(328) Anche i beni immateriali possono formare oggetto di diritti assoluti, anche se per la particolare natura del loro oggetto ne differiscono in modo rilevante nell'esercizio; in tal senso, secondo una autorevole impostazione (F. SANTORO PASSARELLI Dottrine generali del diritto civile op. cit. p.55) non può correttamente parlarsi di proprietà letteraria o industriale. E', tuttavia, vero che la i diritti edificatori costituiscono un bene diverso da questi ultimi.
(329) A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.168, riconduce i crediti di volumetria nell'alveo dei rapporti aventi natura obbligatoria.
Critica, poi, una visione bifronte della situazione giuridica in esame, A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria op. cit. p.304, il quale osserva che una siffatta soluzione appare artificiosa, doppiando una situazione soggettiva unitaria, in un diritto edificatorio che riguarda l'astratta titolarità e nell'interesse legittimo che riguarderebbe la legittimazione ad esercitare il diritto; ed aggiunge che un tale sdoppiamento, “utile dal punto di vista logico”, non appare “perseguibile sotto un profilo giuridico, atteso che di diritto edificatorio si potrà parlare solo laddove sia stato rilasciato il titolo ampliativo, il quale consentirà di esercitare concretamente l'astratto diritto che in realtà è un interesse legittimo pretensivo”. La posizione dell'Autore in tale ultimo suo contributo risente della carenza del dato positivo, al tempo della sua redazione dato che è stato integrato, come ricordato a far tempo solo dal 2007.
(330) C.M.BIANCA Diritto civile Tomo 6 La proprietà, op. cit., p.24, qualifica l'interesse legittimo, interesse alla legittimità degli atti amministrativi; nei diritti soggettivi l'interesse del soggetto è tutelato direttamente in via autonoma, laddove negli interessi legittimi la tutela è in via indiretta solo mediante il potere di impugnativa degli atti illegittimi, dinanzi al giudice amministrativo.
(331) A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria op. cit. p.310.
(332) A. BARTOLINI Profili giuridici del cd. credito di volumetria op. cit. p.311 propone l'introduzione di un limite quinquennale.
(333) In ipotesi di credito edilizio in senso stretto il termine prescrizionale sarà allora decennale.
(334) L'inquadramento della fattispecie di volta in volta all'esame dell'interprete in termini di realità o obbligatorietà non è scevra di effetti; sulla questione diffusamente A. GUARNIERI Diritti reali e diritti di credito op. cit., p.54 e ss.; in particolare, senza pretese di esaustività, nelle due ipotesi mutano le regole di circolazione, le tecniche di rinuncia al diritto, le ipotesi di estinzione (confusione per i diritti di credito e consolidazione per i diritti reali) le regole di protezione sul piano della tutela aquiliana e sul piano possessorio, ed infine le regole processuali. E', poi, discusso se l'atto emulativo, l'abuso del diritto, la funzione sociale e le regole di correttezza siano indistintamente applicabili ad ambedue le categorie.
(335) G. AMADIO in La teorica degli effetti preliminari tra fattispecie e situazioni giuridiche soggettive in corso di pubblicazione ricorda a p.17 del testo dattiloscritto del contributo, ricco di innumerevoli, proficui spunti, ricevuto per la cortesia dell'Autore “il passaggio da una sistematica incentrata sul paradigma del diritto soggettivo a una considerazione comprensiva di pluralità di schemi mediante i quali la norma formalizza le diverse posizioni di interesse soggettivo che giudica meritevoli di protezione, attribuendo ad esse giuridica rilevanza” e che “il risultato più importante di tale processo evolutivo” “è aver riconquistato completa autonomia alla situazione pendente, liberandola dal vincolo di strumentalità esclusiva, e dunque di dipendenza da quella finale,rappresentata dal diritto soggettivo pieno”.
(336) L'espressione “mobili frontiere dei diritti reali” è di A. GUARNIERI Diritti reali e diritti di credito op. cit., p.61. Sulla questione dello smembramento del diritto reale U. MATTEI Regole sicure Milano, 2006, in particolare p.234 e ss.. Di una tale difficoltà è espressione il richiamo all'atto ricognitivo di cui all'art.1988 c.c. la cui applicazione, secondo un'impostazione ristretta ai soli diritti di credito, andrebbe alla luce di una diversa lettura, ora estesa anche ai diritti reali. In tale ultimo senso, sia pure non in modo completo, di recente Cass. civ. 13 ottobre 2004 n.20198 in I contratti 2005, p.437 con nota di A. VALENTINI Efficacia della dichiarazione ricognitiva di diritti reali su beni immobili.
(337) P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.908 paventa un proliferare dei contenziosi contro la pubblica Amministrazione ed un depotenziamento del suo ruolo, soprattutto in ipotesi di cd. perequazione estesa. Può obiettarsi che adottando, invece, la diversa impostazione che qui si accoglie, con l'enfatizzazione del ruolo antiprocessuale del notaio, un tale rischio è senz'altro limitato.
(338) L'espressione è di A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.168.
(339) Gli esempi sono tratti da A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.168, in specie note 20, 21 e 22.
(340) Corte Cost. 30 gennaio 1980 n.5 pubblicata in Riv. giur. Edil. 1980, I, p. 17 ed in Giur. Cost. 1980, p.21, cit..
(341) In tale senso, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.169 afferma che il trasferimento indicato nel Piano casa concerne solo diritti edificatori “frutto del potere di conformazione della proprietà dei suoli”. Di particolare delicatezza è la questione, che fuoriesce dal tema oggetto del presente studio, se il trasferimento delle chances volumetriche dal Comune debba essere oggetto di procedure di evidenza pubblica.; in particolare, la Legge n.133 del 2008 fa riferimento alla scelta del promotore attraverso i meccanismi del project financing, previste dal codice dei contratti, lasciando tuttavia aperte e percorribili altre procedure peraltro non indicate dal legislatore. Talora ad esempio si è utilizzato il ricordato meccanismo delle aste dei diritti edificatori (Reggio Emilia). L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (determinazione n.4/2008 del 2 aprile 2008 in www.autoritalavoripubblici.it) ha affrontato la questione se le convenzioni urbanistiche che trasferiscono ai costruttori i diritti edificatori sono o meno soggette al codice dei contratti, distinguendo il meccanismo della cessione dei diritti edificatori (nel quale vi è un meccanismo sinallagmatico, nel quale il prezzo di realizzazione delle infrastrutture è rappresentato da diritti edificatori) dal meccanismo premiale in senso stretto (nel quale difetta il sinallagma, dal momento che il diritto edificatorio compete in considerazione della realizzazione di obiettivi pubblicistici particolarmente qualificati). L'Autorità, in considerazione del fatto che nel concetto di onerosità può essere ricondotto non solo il riconoscimento di una somma, ma anche di qualsiasi diritto suscettibile di valutazione in senso economico, ha affermato la soggezione delle convenzioni dirette alla cessione di diritti edificatori verso la realizzazione di infrastrutture pubbliche, proprio in quanto onerose, alla disciplina statuale e comunitaria in materia di appalti pubblici ed in specie a quella del codice dei contratti. In contrario è stato sostenuto (A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.170-171; sulla questione, anche A. QUAGLIA Gli strumenti di concertazione pubblico-privato nelle politiche di rinnovamento urbano, op. cit., p.8) che l'onerosità richiama essenzialmente lo scambio con la moneta; inoltre, anche ammesso che in ipotesi di cessione di diritti edificatori la soggezione ai principi in tema di procedure competitive debba esser accolta, in caso di premialità urbanistiche manca la corrispettività e si è non nel campo degli appalti, ma nel paradigma della sovvenzione, intendendosi per tale “quel provvedimento unilaterale con cui la p.A. trasferisce risorse ad un'altra parte, senza ricevere in cambio una prestazione equivalente in termini di valutazione di mercato”. In via esemplificativa, in ipotesi in cui il Comune assegni diritti premiali a coloro che realizzeranno opere di bio edilizia, non sarà necessario il ricorso a procedure competitive; in caso invece in cui (come nelle previsioni del piano casa o delle aste di diritti edificatori) le volumetrie assegnabili paiono limitate e fruibili da peculiari categorie di beneficiari, allora siffatte procedure andranno seguite. Sulla possibilità di applicare ai meccanismi premiali la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.173.
(342) Sulla questione, N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1143.
(343) R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.427.
(344) N. A. CIMMINO La cessione di cubatura nel diritto civile op. cit. p. 1143; M. LEO Il trasferimento di cubatura op. cit. p. 671.
(345) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1688; R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.427. Si tratterebbe dello scambio tra cubatura ed unità immobiliari da realizzare in forza della volumetria ampliata.
(346) La questione del conferimento della cubatura in società di capitali, soprattutto in sede di costituzione appare meno problematica per le società a responsabilità limitata laddove nell'art.2464 c.c. è espressamente statuito al secondo comma che possano essere conferiti appunto tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica. E la cubatura intesa quale bene è certamente un elemento dell'attivo suscettibile di valutazione economica.
(347) F. PATTI e F. RUSSO La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit. p. 1688 ricordano che nei negozi aventi ad oggetto la cubatura, intesa quale bene in sé “potrà essere introdotto l'elemento accidentale della condizione che appare quasi necessario nella fattispecie permutativa”, ed inoltre che la condizione è elemento accidentale essenziale solo nell'ipotesi del contratto di permuta mancare in tutti gli altri casi in cui la cubatura formi oggetto di attività negoziale (in via esemplificativa, la cessione onerosa o gratuita, la datio in solutum , il conferimento sociale e così via).
(348) R. CONTI (a cura di ) La proprietà e i diritti reali minori op. cit., p.427.
(349) Sul punto, P. URBANI La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, op. cit. p.6, in specie in ordine alla necessità di chiarire e definire la qualificazione dei diritti edificatori. A. BARTOLINI I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie) op. cit. in Giust. Amm., p.174 suggerisce, altresì, che il quadro delle certezze legali richiederebbe anche la definizione delle regole di stabilità dei diritti edificatori, altrimenti soggetti alle variazioni del piano.
(350) Ricorda E. BOSCOLO Una conferma urbanistica (e qualche novità legislativa) in tema di perequazione urbanistica op. cit. p.823 che la perequazione concettualmente si richiama allo schema normativo messo a punto dall'economista R. Coase negli anni sessanta, secondo il quale una serie di negoziazioni porterà alla allocazione più efficiente dei beni. Aggiunge però che tuttavia nel caso del mercato dei diritti edificatori la loro circolazione si scontra con il legame strettissimo con un'area e con il conseguente carico fiscale. Maggiore è il carico fiscale minore è la possibilità che il proprietario acceda all'attuazione del comparto, a meno di un innalzamento della potenzialità volumetrica da parte della pubblica Amministrazione. Segnala poi che nell'ambito della perequazione, “la razionalità privata viene sicuramente a coincidere con il vantaggio collettivo”.
(351) P. URBANI Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli op. cit., p.909.

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