LA DISCIPLINA DELL’ATTIVITA’ EDILIZIA DOPO IL DECRETO SULLO SVILUPPO 2011
LA DISCIPLINA DELL’ATTIVITA’ EDILIZIA DOPO IL DECRETO SULLO SVILUPPO 2011
di Giovanni Rizzi
Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 325-2011/C
Pubblicato in Studi e Materiali, 3/2011, 761
1. Premessa
La vigente disciplina dell'attività edilizia trova la sua fonte nel Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (di seguito “T.U. DPR 380/2001”) entrato in vigore il 30 giugno 2003 (e più precisamente nella PARTE I del suddetto Testo Unico per l'appunto rubricata “ATTIVITA' EDILIZIA” comprendente gli articoli da 1 a 51).
Il T.U. DPR 380/2001 nel suo testo originario prevedeva:
- all'art. 6 la disciplina della “attività edilizia libera” ossia degli intereventi edilizi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo;
- agli articoli da 10 a 21 la disciplina della attività edilizia subordinata a permesso di costruire;
- agli artt. 22 e 23 la disciplina dell'attività edilizia subordinata a denuncia di inizio attività;
- agli articoli da 27 a 48 la disciplina dedicata alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità ed alle sanzioni.
In sostanza il T.U. DPR 380/2001, nel suo testo originario (entrato in vigore il 30 giugno 2003) prevedeva due soli titoli edilizi abilitativi (per gli interventi diversi da quelli dell'attività edilizia libera):
- il permesso di costruire, prescritto per gli interventi edilizi puntualmente indicati all'art. 10
- la denuncia di inizio attività (di seguito anche indicata con l'acronimo “D.I.A.”), fattispecie residuale prevista, invece, per tutti gli interventi non rientranti tra le attività di edilizia libera né nell'elencazione di cui all'art. 10 (inoltre, per effetto della disposizione dell'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001 introdotta con il D.Lgs. n. 27 dicembre 2002, n. 301, potevano essere assoggettati a D.I.A., in alternativa al permesso di costruire, a scelta quindi dell'interessato, anche alcuni degli specifici interventi indicati dall'art. 10, come, ad esempio, la ristrutturazione edilizia)
Con il T.U. DPR 380/2001 è stata invece soppressa la figura della autorizzazione edilizia, prevista dalla legislazione speciale in materia edilizia anteriore al 2001 e che si era posta come titolo abilitativo intermedio tra la concessione edilizia (figura sostituita dal permesso di costruire) e la D.I.A.
Il T.U. DPR 380/2001 successivamente alla sua entrata in vigore ha subito ricorrenti modifiche. Particolarmente rilevanti sono state le modifiche apportate, da ultimo, con i seguenti provvedimenti legislativi:
i) con la L. 22 maggio 2010, n. 73, di conversione del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, che ha ampliato le fattispecie di “attività edilizia libera” già previste dall'art. 6 del T.U. DPR 380/2001 distinguendo peraltro tra attività “totalmente libere” ed attività soggette a preventiva “comunicazione di inizio lavori”;
ii) con la L. 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, che ha modificato la disposizione dell'art. 19 della L. 7 agosto 1990, n. 241, portante la disciplina in via generale della D.I.A., prevedendo in luogo della D.I.A. suddetta un nuovo istituto: la “Segnalazione certificata di inizio attività” (di seguito anche indicata con l'acronimo “S.C.I.A.”);
iii) con il D.L. 13 maggio 2011 n. 70 convertito con legge 12 luglio 2011 n.106 (cd. decreto per lo sviluppo per il 2011, entrato in vigore il 14 maggio 2011 e nel testo emendato in sede di conversione con decorrenda dal 13 luglio 2011) che ha dettato:
- una disposizione di carattere “interpretativo” (art. 5, c.2, lett.c) con la quale si è confermato che la S.C.I.A. sostituisce la D.I.A. per tutti gli interventi edilizi di cui all'art. 22, c.1 e c.2, T.U. DPR 380/2001, mentre troverà, al contrario, ancora applicazione la D.I.A. (o meglio quella figura di D.I.A. conosciuta nella prassi come “super-D.I.A.”) ove la stessa, in base alla normativa statale o regionale, sia alternativa o sostitutiva al permesso di costruire (ad esempio per gli interventi di cui all'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001);
- una disposizione (art. 5, c.2, lett.b) con la quale è stato ridotto il termine riconosciuto alla amministrazione Comunale per vietare la prosecuzione dell'attività edilizia oggetto di S.C.I.A., da 60 a 30 giorni e con la quale sono state estese alla S.C.I.A. in materia edilizia tutte le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal T.U. DPR 380/2001 (artt. da 27 a 48) e dalle leggi regionali;
- una disposizione (art. 5, c.2, lett. a, punto 3) con la quale è stato introdotto il “silenzio assenso” per il rilascio del permesso di costruire, ad eccezione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali;
- una disposizione (art. 5, c.2, lett. a, punto 5) con la quale è stata introdotta una sorta di “sanatoria edilizia” ex lege per le difformità contenute entro il limite del 2% delle misure progettuali
Attualmente la disciplina dell'attività edilizia può essere, pertanto, così ricostruita:
- attività edilizia totalmente libera: si tratta degli interventi edilizi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo né è prevista alcuna specifica comunicazione; la relativa disciplina è dettata dall'art. 6, c.1, T.U. DPR 380/2001;
- attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori: si tratta degli interventi edilizi eseguibili senza alcun titolo abilitativo ma previa comunicazione al Comune dell'inizio lavori; la relativa disciplina è dettata dall'art. 6, c.2, 3, 4, T.U. DPR 380/2001;
- attività edilizia soggetta a permesso di costruire: si tratta degli interventi edilizi puntualmente indicati all'art. 10 T.U. DPR 380/2001 (interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o, limitatamente alle zone A, mutamento di destinazione d'uso); la relativa disciplina è dettata dagli articoli da 10 a 21 del T.U. DPR 380/2001;
- attività edilizia soggetta a super-D.I.A.: si tratta degli interventi edilizi per i quali, in base alla normativa statale o regionale, si può ricorrere alla D.I.A. in via alternativa o sostitutiva rispetto al permesso di costruire (quali ad esempio gli interventi di cui all'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001); la relativa disciplina è dettata dagli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 nonché dall'art. 5, c.2, lett c, D.L. 70/2011;
- attività edilizia soggetta a S.C.I.A.: si tratta di tutti i restanti interventi edilizi non rientranti tra quelli di attività edilizia totalmente libera, di attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori, di attività edilizia soggetta a permesso di costruire, di attività edilizia soggetta a super-D.I.A.; la relativa disciplina è dettata dagli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 nonché dall'art. 5, c.2, lett b e lett c, D.L. 70/2011;
2. L'attività edilizia libera
L'art. 5 L. 22 maggio 2010, n. 73 di conversione del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 ha riscritto l'art. 6 del T.U. DPR 380/2001, portante la disciplina dell'“attività edilizia libera”, ossia degli interventi edilizi eseguibili senza alcun titolo abilitativo, distinguendo peraltro tra attività totalmente libere ed attività soggette a preventiva comunicazione di inizio lavori.
La norma in questione stabilisce che debbano comunque essere rispettate:
- le eventuali diverse prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali (conseguentemente se gli strumenti urbanistici Comunali prescrivono eventuali diverse norme più restrittive in ordine ai presupposti ed ai titoli abilitativi per poter eseguire taluno degli interventi in oggetto, dovranno trovare applicazione dette norme, che prevarranno, pertanto, sulla normativa statale)
- le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all'efficienza energetica (si tratta per lo più di normative poste a tutela di interessi pubblici, che debbono trovare sempre e comunque applicazione, a prescindere dalla circostanza che per un determinato intervento edilizio sia o meno richiesto il titolo abilitativo)
- le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; nel caso di immobili soggetti a vincolo culturale e/o paesaggistico l'esecuzione dell'intervento edilizio, anche se non necessita del titolo edilizio abilitativo, dovrà essere autorizzato dall'autorità competente alla tutela del vincolo medesimo a sensi degli artt. 21 e segg. (vincolo culturale) e 146 e segg. (vincolo paesaggistico) del D.Lgs. n. 42/2004
Come sopra detto l'art. 6 del T.U. DPR 380/2001, nel suo nuovo testo così come modificato dalla L. 22 maggio 2010, n. 73, distingue tra le attività totalmente libere ed le attività libere previa comunicazione di inizio lavori.
2.1 L'attività edilizia totalmente libera
L'attività edilizia totalmente libera trova la sua disciplina nell'art. 6, c.1, del T.U. DPR 380/2001 (nuovo testo) e riguarda i seguenti interventi:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria(1);
b) gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;
c) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;
d) i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;
e) le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola.
2.2 L'attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori
L'attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori trova la sua disciplina nell'art. 6, c.2, c.3 e c.4, del T.U. DPR 380/2001 (nuovo testo) e riguarda i seguenti interventi:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria(2) ivi compresa l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;
b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;
c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati;
d) i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
Gli interventi edilizi sopra descritti possono essere eseguiti previa comunicazione dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale. La comunicazione può essere eseguita anche in via telematica. Alla comunicazione di inizio dei lavori vanno allegate le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore.
Successivamente all'esecuzione degli interventi l'interessato provvede, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale nei termini di legge. Quest'ultima prescrizione si pone in stretta correlazione con la normativa dettata dall'art. 19, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con L. 30 luglio 2010, n. 122, volta a garantire l'aggiornamento delle banche dati immobiliari (Catasto e Conservatoria dei RR.II.); particolare attenzione dovrà, pertanto, essere posta dal Notaio chiamato a stipulare un atto avente per oggetto immobili sui quali siano stati eseguiti interventi edilizi soggetti a comunicazione di inizio lavori ex art. 6, c. 2, T.U. DPR 380/2001 in quanto, se l'intervento è andato ad incidere sul classamento dell'immobile (stato, consistenza, classe, categoria), sarà necessaria la denuncia di variazione catastale (e la nuova planimetria); si rammenta, al riguardo, che l'art. 19, c.14, D.L. 78/2010 sopra citato richiede che nel caso di trasferimento di un'unità immobiliare urbana vi deve essere la dichiarazione di parte (o l'attestazione di tecnico abilitato) dalla quale risulti che vi è conformità tra i dati catastali e le planimetrie catastali depositate in Catasto e lo stato di fatto, e ciò a pena di nullità dell'atto di trasferimento.
Limitatamente agli interventi di manutenzione straordinaria (ivi compresa l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici) l'interessato, unitamente alla comunicazione di inizio dei lavori, trasmette all'amministrazione comunale:
- i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori
- una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo.
Sanzioni: la mancata comunicazione dell'inizio dei lavori ovvero la mancata trasmissione della relazione tecnica (nel caso di interventi di manutenzione straordinaria) comportano la sanzione pecuniaria pari ad €. 258,00. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione.
Profili formali nel caso di trasferimenti immobiliari: non vi è alcun obbligo di citare gli estremi della comunicazione preventiva in eventuali atti traslativi o divisionali aventi per oggetto fabbricati che siano stati oggetto di interventi edilizi ricompresi tra quelli elencati nell'art. 6, c.2, T.U. DPR 380/2001 (nuovo testo). Infatti le menzioni prescritte a pena di nullità dall'art. 40 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 e dall'art. 46 del T.U. DPR 380/2001 riguardano i soli titoli edilizi che hanno autorizzato o la costruzione del fabbricato ovvero la sua eventuale ristrutturazione (cd. “maggiore”)(3). Non è invece obbligatoria la menzione degli estremi dei titoli abilitativi edilizi per tutti gli altri interventi sull'esistente diversi dalla “ristrutturazione maggiore” (come ad esempio gli interventi di manutenzione straordinaria o gli altri interventi riconducibili all'art. 6, c.2, T.U. DPR 380/2001 nuovo testo)
Benché non obbligatorio, può, comunque, essere opportuno, anche nei casi di cui all'art. 6, c.2, T.U. DPR 380/2001 (nuovo testo) riportare in atto gli estremi della comunicazione preventiva introdotta dalla L. n. 73/2010.
Si tratterà, ovviamente, di dichiarazione facoltativa, non obbligatoria, in quanto la sua mancanza non determinerà la nullità dell'atto; si tratterà peraltro di dichiarazione quanto mai opportuna, per offrire un quadro completo della “storia urbanistico-edilizia” dell'immobile, anche al fine di garantire alla parte acquirente l'acquisizione di un edificio conforme alle disposizioni in materia urbanistica ed edilizia. Vi è, infatti, in materia anche un'esigenza di TUTELA della parte acquirente, circa le qualità del bene oggetto di vendita.
3. L'attività edilizia soggetta a permesso di costruire
A sensi dell'art. 10 del T.U. DPR 380/2001 costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:
- gli interventi di nuova costruzione(4);
- gli interventi di ristrutturazione urbanistica(5);
- gli interventi di ristrutturazione edilizia(6) che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.
E' comunque riconosciuta la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire (senza obbligo del pagamento dl contributo concessorio) per la realizzazione degli interventi di cui all'art. 22 c.1 e c.2, T.U. DPR 380/2001 per i quali é prescritta la presentazione della S.C.I.A. (che ha sostituita la D.I.A. a decorrere dal 31 luglio 2010) In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta la applicazione delle sanzioni di cui all'art. 44 del T.U. DPR 380/2001 (ossia delle sanzioni penali) (art. 22, c.7, T.U. DPR 380/2001)
Il T.U. DPR 380/2001, inoltre, riconosce alle Regioni la facoltà di ampliare l'ambito di applicazione del permesso di costruire; infatti le REGIONI possono individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, siano sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione di queste norme regionali non comporta peraltro l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44 T.U. DPR 380/2001 (ossia della sanzioni penali)
L'art. 7 del T.U. DPR 380/2001 stabilisce che non si applicano le disposizioni in tema di permesso di costruire alle opere pubbliche dei comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi dell'art. 47 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
DA RICORDARE che, a seguito della modifica introdotta con il decreto legislativo 301/2002, è prevista in alternativa al permesso di costruire la possibilità di avvalersi della cd. super-D.I.A. per i seguenti interventi (Art 22, c.3, T.U. DPR 380/2001):
a) gli interventi di ristrutturazione cd. “maggiore” (come definiti dall'art. 10, c.1, lett.c, T.U. DPR 380/2001)(7)
b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
Si tratta pertanto di interventi che in presenza di una scelta specifica dell'interessato di ricorrere alla super-D.I.A. possono essere sottratti al regime del permesso di costruire. Nel caso in cui, per l'effettuazione degli interventi di cui sopra, ci si intenda avvalere in luogo del permesso di costruire della super-D.I.A.., troveranno comunque applicazione, in caso di violazioni, le sanzioni penali di cui all'art. 44 del T.U. DPR 380/2001, contrariamente a quanto invece previsto per il caso in cui ci si intenda avvalere del permesso di costruire per interventi invece soggetti a S.C.I.A. a sensi dell'art. 22, c.1 e c. 2 del T.U. DPR 380/2001.
Per tali interventi restano pure ferme, nonostante si opti per la super-D.I.A., le disposizioni in tema di requisiti formali degli atti di trasferimento previsti per gli interventi soggetti a permesso di costruire: pertanto negli atti, a pena di nullità, dovranno essere citati gli estremi della super-D.I.A. (art. 46, c.5bis T.U. DPR 380/2001)
3.1 Caratteristiche del permesso di costruire
E' un atto tipico: deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del competente Ufficio Comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici al proprietario o a chi abbia titolo per richiederla (es. superficiario) (artt. 11 e 13 T.U. DPR 380/2001); l'eventuale diniego, pertanto, deve essere motivato ed indicare le prescrizioni di legge, dello strumento urbanistico o del regolamento in contrasto con la relativa domanda.
E' un atto trasferibile: il permesso è trasferibile, insieme all'immobile, ai successori ed aventi causa; esso peraltro non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio (art. 11 T.U. DPR 380/2001); il permesso ha pertanto natura reale e non personale. Può essere trasferito insieme all'area. Necessita un provvedimento di voltura che peraltro non dà luogo ad un nuovo permesso (solo cambio di intestazione)
Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi. (art. 11, c.3, T.U. DPR 380/2001).
Non vi è nel T.U. DPR 380/2001 (come peraltro nelle leggi precedenti) alcuna norma in tema di "forma" del provvedimento autorizzativo. Vale pertanto quanto affermato dalla giurisprudenza per la concessione edilizia circa la necessità di un atto scritto (Cass. 5.5.88 n. 3344 - Cass. 21.5.1982 C. Stato 2.3.1983 n.64). La questione della forma riveste particolare importanza per l'attività notarile stante l'obbligo, a pena di nullità di gran parte degli atti immobiliari, di indicare in atto gli estremi del permesso di costruire (art. 46 T.U. DPR 380/2001).
3.2 Onerosità del permesso di costruire
Il permesso di costruire è atto oneroso (art. 11, c2, e art. 16 T.U. DPR 380/2001). Il suo rilascio è subordinato al versamento del contributo concessorio articolato in 2 quote :
- una commisurata all'incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria (stabilita con delibera del Consiglio Comunale sulla base di tabelle parametriche definite dalla Regioni), da versarsi all'atto del rilascio del permesso di costruire (su richiesta dell'interessato può essere rateizzata) (a scomputo totale o parziale della quota dovuta il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e garanzie stabilite dal Comune con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune)
- una proporzionata al costo di costruzione (su parametri fissati dalle Regioni) da versarsi in corso d'opera con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e comunque non oltre 60 gg. dalla ultimazione delle opere.
Il contributo concessorio non è dovuto per:
a) opere in zone agricole, comprese le residenze, se il richiedente è imprenditore agricolo a titolo principale e se le opere sono in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore;
b) ristrutturazione e ampliamenti non superiori al 20% di edifici unifamiliari
c) opere pubbliche
d) opere da eseguire a seguito di pubbliche calamità.
Sono previste anche ipotesi di riduzione del contributo concessorio; ad esempio il contributo concessorio può essere limitato alla sola quota commisurata agli oneri di urbanizzazione, in caso di interventi di edilizia abitativa, se viene stipulata apposita convenzione (ovvero un atto d'obbligo) con cui si precisino le caratteristiche tipologiche e costruttive degli edifici e con cui ci si obblighi a praticare prezzi di cessione o canoni locazione concordati (art. 17, c.1, e art. 18 T.U. DPR 380/2001)
3.3 Procedimento per il rilascio del permesso di costruire
Il D.L. 70/2011 ha inciso profondamente sulla disciplina del procedimento di rilascio del permesso di costruire, introducendo il meccanismo del silenzio assenso. L'intero procedimento di rilascio può essere così ricostruito:
a) la domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati, va presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio, e quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II del T.U. DPR 380/2001 (ad esempio la dichiarazione di professionista abilitato di conformità degli elaborati alle disposizioni in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche di cui all'art. 77, le specifiche relazioni tecniche previste per il caso di costruzione in zone sismiche, ecc. ecc.). La domanda potrà essere presentata anche in modalità telematica.
La domanda (in funzione proprio del meccanismo del silenzio assenso introdotto dal D.L. 70/2011) dovrà essere accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie nel caso in cui la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali, alle norme relative all'efficienza energetica (in precedenza era prevista solo la possibilità di presentare in sostituzione del parere dell'A.S.L. un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardasse interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comportasse valutazioni tecnico-discrezionali) .
b) Lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento;
c) Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria e valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto. Detto termine può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione; in tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.
d) Il provvedimento finale è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di cui sub c). Dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all'albo pretorio. Il termine è di quaranta giorni nel caso di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10 bis legge 7 agosto 1990 n.241 (essendo riconosciuto all'istante il termine di dieci giorni per presentare proprie osservazioni).
e) I termini di cui sopra sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.
f) Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
g) Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di cui sub d) decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, decorso il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.
h) Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia prodotto dall'interessato, il competente ufficio comunale acquisisce il relativo assenso mediante conferenza di servizi ai sensi della L. 241/1990. Il termine di cui sub d) decorre dall'esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, decorso il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.
i) Il termine per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi soggetti a S.C.I.A. per i quali, peraltro l'interessato, preferisce ricorrere al permesso di costruire, così come consentito dall'art. 22, c.7, T.U. DPR 380/2001, è di settantacinque giorni dalla data di presentazione della domanda.
l) Sono, comunque, fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali che prevedano misure di ulteriore semplificazione e ulteriori riduzioni di termini procedimentali.
m) Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni inerenti il procedimento di rilascio del permesso di costruire, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti cui è subordinato il rilascio del premesso stesso è punito con la reclusione da uno a tre anni. In tali casi, il responsabile del procedimento informa il competente ordine professionale per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari.
La novità introdotta dal DL. 70/2011 con riguardo al procedimento di rilascio del permesso di costruire ha un indubbio rilievo anche per l'attività notarile. Si era già avuto modo di osservare come la questione della forma del permesso di costruire non possa non avere riflessi per l'attività notarile, stante l'obbligo, a pena di nullità di gran parte degli atti immobiliari, di indicare in atto gli estremi del permesso di costruire (art. 46 T.U. DPR 380/2001). Nel caso di formazione del permesso di costruire per silenzio-assenso non vi sarà, peraltro, un titolo “formale” del quale citare in atto gli estremi identificativi (data di rilascio, numero di protocollo, ecc.). Sarà gioco forza per il Notaio indicare in atto i presupposti e gli elementi costitutivi del silenzio assenso che si è formato. Così si dovrà far constare dall'atto:
- la data di presentazione della domanda di rilascio del permesso di costruire (precisando anche che detta domanda era completa di tutta la documentazione tecnica e progettuale prescritta per lo specifico intervento così come richiesta dalla vigente normativa)
- l'Ufficio Comunale cui la domanda è stata presentata
- l'avvenuto pagamento del contributo concessorio (si rammenta al riguardo che la quota del contributo proporzionata al costo di costruzione può essere versata in corso d'opera e comunque entro i 60 gg. dalla ultimazione delle opere)
- l'avvenuto decorso dei termini previsti dalla normativa (eventuale di fonte regionale) senza che sia intervenuto il rilascio del provvedimento o il rilascio di un provvedimento espresso di diniego
- la mancanza di richieste di integrazione della documentazione da allegare alla domanda e quindi la mancanza di cause di sospensione del decorso del termine per la presentazione della documentazione integrativa richiesta
- l'assenza di vincoli ambientali, paesaggistici o culturali ovvero l'osservanza delle specifiche procedure e dei diversi termini previsti dalla nuova normativa in presenza di tali vincoli.
Per quanto concerne le modalità redazionali, è ragionevole pensare che tutti gli elementi sopra descritti, ossia gli elementi costitutivi del silenzio assenso, possano essere fatti risultare dall'atto nella forma della dichiarazione di parte (alienante o condividente), non essendo prescritta, in questa materia, una specifica attestazione da parte del Notaio rogante. Infatti tutta la legislazione in materia urbanistica ed edilizia, per quanto attiene i requisiti formali da osservare negli atti negoziali, si fonda sulla dichiarazione di parte (in questo sia sia l'art. 40, c.2, L. 47/1985 che l'art. 46, c.1, T.U. DPR 380/2001).
Il Notaio, ovviamente, non sarà tenuto ad effettuare controlli sulla regolarità edlizio-urbanistica del procedimento conclusosi con il silenzio assenso, non avendone neppure la competenza; il Notaio non potrà che limitarsi ad una verifica puramente formale circa la sussistenza dei presupposti del silenzio assenso ed a ricevere, per riprodurla in atto, la dichiarazione di parte.
4. L'attività edilizia soggetta a S.C.I.A. o a SUPER-D.I.A.
L'art. 49, c.4bis, L. 122/2010 ha sostituito il previgente testo dell'art. 19, L. 241/1990 già portante la rubrica “dichiarazione di inizio attività” con un nuovo testo portante ora la rubrica “Segnalazione certificata di inizio attività – Scia”
Ricordiamo che la denuncia di inizio attività in campo edilizio non trovava la sua disciplina nella disposizione “generale” dell'art. 19 L. 241/1990 (ora riscritta dall'art. 49, c.4bis, L. 122/2010) ma nelle disposizioni specifiche di cui agli artt. 22 e 23 T.U. DPR 380/2001 (disposizioni che invece non sono state modificate dall'art. 49, c.4bis, L. 122/2010 sopra citato); tant'è vero che l'art. 19, L. 241/1990, nel testo previgente al suo quarto comma, faceva salve le disposizioni di legge vigenti che prevedevano termini diversi da quelli previsti nei commi precedenti per l'inizio attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti.
In relazione proprio alla specificità della disciplina dettata con riguardo alle D.I.A. in materia edilizia dal T.U. DPR 380/2001, rispetto alla disciplina generale della L. 241/1990, molti Comuni, all'indomani dell'entrata in vigore della L. 122/2010 avevano sollevato più di un dubbio circa l'applicabilità della S.C.I.A. in materia edilizia, ritenendo ancora applicabile l'istituto della D.I.A.
Sul punto era, allora, intervenuto il Ministero per la Semplificazione Normativa, con nota del proprio Ufficio legislativo (datata 16 settembre 2010)(8), nota con la quale il Ministero ebbe modo di affermare che la S.C.I.A.:
- si applica a tutti gli interenti edilizi già soggetti a D.I.A.
- non si applica invece agli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire e per i quali è consentito, in via alternativa, fare ricorso alla D.I.A. (la cd. Super-D.I.A.) (per i quali pertanto sopravvive l'istituto della D.I.A.)(9)
Neppure l'intervento del Ministero, peraltro, si era rivelato sufficiente a fugare ogni dubbio, in quanto non tutti i Comuni ritenevano, comunque, applicabile la S.C.I.A. in materia edilizia.
Per porre la parola “fine” alla questione è sceso in campo il Governo, che nel D.L. 13 maggio 2011 n. 70 ha dettato una disposizione di carattere “interpretativo” con la quale viene in sostanza accolta la posizione già espressa dal Ministero per la Semplificazione Normativa; in particolare, con tale disposizione, si conferma:
- che la S.C.I.A. sostituisce la D.I.A. per tutti gli interventi edilizi di cui all'art. 22, c. 1 e c. 2, del T.U. DPR 380/2001
- che troverà, al contrario, ancora applicazione la D.I.A. (o meglio, utilizzando l'espressione adottata nella prassi, la super-DIA) laddove la stessa sia, in base alla normativa statale o regionale, alternativa o sostitutiva rispetto al permesso di costruire (ad esempio per gli interventi di cui all'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001 o a quelli previsti dalle leggi regionali)
- che, comunque, le Regioni con propria legge possono ampliare l'ambito delle fattispecie per le quali si può ricorrere alla D.I.A. in via alternativa o sostitutiva al permesso di costruire (fattispecie alle quali, pertanto, non si applicherà la nuova disciplina in materia di S.C.I.A.)
- che nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, la S.C.I.A. non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla osta, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale.
4.1 L'ambito applicativo della S.C.I.A.
Gli interventi edilizi ai quali, sulla base della norma di carattere interpretativo contenuta nel D.L. 70/2011 si applica, sin dal 31 luglio 2010, data di entrata in vigore della L. 122/2010, la disciplina dettata in tema di S.C.I.A., sono quelli di cui all'art. 22, c.1 e c. 2, T.U. DPR 380/2001 (nei quali vanno ricompresi anche gli interventi indicati dall'art. 137 medesimo T.U.); in particolare la S.C.I.A riguarda i seguenti ambiti di applicazione:
A) ambito ex art. 22, c.1, T.U. DPR 380/2001
Il ricorso alla S.C.I.A. è, innanzitutto, previsto per TUTTI gli interventi che:
- non siano riconducibili all'elenco di cui all'art. 10 T.U. DPR 380/2001 ossia a quegli interventi soggetti al permesso di costruire (interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o, limitatamente alle zone A, mutamento di destinazione d'uso)
- che non siano riconducibili all'elenco di cui all'art. 6 T.U. DPR 380/2001 (nel nuovo testo così come riscritto dalla L. 73/2010 di conversione del D.L. 40/2010) ossia agli interventi ad attività "libera" per i quali non è prescritto nessun titolo abilitativo nonché agli interventi ad attività “libera” per i quali è peraltro richiesta la previa comunicazione inizio lavori
- che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.
Pertanto saranno soggetti a S.C.I.A, a titolo esemplificativo, i seguenti interventi:
i) gli interventi di restauro e risanamento conservativo(10)
ii) i mutamenti di destinazione d'uso “funzionale”
iii) gli interventi di manutenzione straordinaria che riguardino parti strutturali dell'edificio (e come tali non rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 6, c.2, del T.U. DPR 380/2001 (relativo all'attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori)
iv) i singoli interventi “strutturali” non costituenti un “insieme sistematico di opere” e quindi non qualificabili come “ristrutturazione edilizia”, quali ad esempio:
- il frazionamento di quella che in progetto approvato era un'unica unità in due o più distinte unità (con l'esecuzione di opere minime, esclusivamente “interne”, per ottenere la fisica separazione delle unità);
- l'accorpamento di quelle che in progetto approvato erano due o più unità in un'unica unità (con l'esecuzione di opere minime, esclusivamente “interne”, per ottenere la fusione fra le unità)
- l'ampliamento di fabbricati all'interno della sagoma esistente che non determini volumi funzionalmente autonomi
- semplici modifiche prospettiche (ad esempio apertura o chiusura di una o più finestre, di una o più porte).
B) ambito ex art. 22, c.2, T.U. DPR 380/2001
Il ricorso alla S.C.I.A. è, inoltre, previsto per le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.
C) ambito ex art. 137 T.U. DPR 380/2001
Sono pure soggetti a S.C.I.A. (giusta quanto disposto dall'art. 9, c.1 e c.2, L. 24 marzo 1989, n. 122 così come modificato dall'art. 137 T.U. DPR 380/2001 i seguenti interventi:
- realizzazione di parcheggi al piano terra o nel sottosuolo di fabbricati anche in deroga ai vigenti strumenti urbanistici
- realizzazione di parcheggi ad uso esclusivo dei residenti nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico
E' comunque riconosciuta la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio del permesso di costruire (senza obbligo del pagamento dl contributo concessorio) per la realizzazione degli interventi di cui all'art. 22 c.1 e c.2 o dell'art. 137 T.U. (DPR 380/2001), per i quali è prevista la presentazione della S.C.I.A. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44 T.U. DPR 380/2001 (ossia delle sanzioni penali) (in questo senso l'art. 22, c.7, T.U. DPR 380/2001).
Sanzioni: quali sanzioni troveranno applicazione nel caso di interventi edilizi eseguiti in assenza ovvero in difformità dalla S.C.I.A. presentata? La disciplina applicabile al riguardo è quella dettata per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla D.I.A. dall'art. 37 T.U. DPR 380/2001, e ciò in forza del rinvio alle norme sull'attività di vigilanza urbanistico edilizia, sulle responsabilità e sulle sanzioni dettate dal T.U. DPR 380/2001 suddetto operato dall'art. 19, c.6bis, L. 241/1990 (così come introdotto dall'art. 5, c.2, lett.b, D.L. 70/2001). Ne consegue che:
- la realizzazione di interventi edilizi rientranti nell'ambito di applicazione della S.C.I.A. in assenza della o in difformità dalla S.C.I.A. comporterà la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a €. 516,00;
- quando le opere realizzate in assenza di S.C.I.A. consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorità competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, potrà ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irrogherà una sanzione pecuniaria da €. 516,00 ad €. 10.329,00;
- qualora gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nei centri storici (zone classificate “A” dagli strumenti urbanistici) il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiederà al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a €. 516,00. Se il parere non verrà reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell'ufficio provvederà autonomamente.
Anche per gli interventi in assenza o in difformità della S.C.I.A. si potrà ottenere la sanatoria; pertanto:
- ove l'intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile potranno ottenere la sanatoria dell'intervento versando la somma, non superiore a €. 5.164,00 e non inferiore ad €. 516,00 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all'aumento di valore dell'immobile valutato dall'Agenzia del territorio.
- la presentazione spontanea della S.C.I.A., effettuata quando l'intervento è in corso di esecuzione, comporterà il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di €. 516,00 (ferma restando la possibilità per il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti, di adottare, entro i successivi 30 giorni, motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa)
La mancata presentazione della S.C.I.A. non comporta l'applicazione di sanzioni penali
4.2 L'ambito applicativo della Super-D.I.A.
Rimangono soggetti alla disciplina della D.I.A. (e non invece alla disciplina innovativa della S.C.I.A.) tutti quegli interventi per i quali è ammesso il ricorso alla D.I.A. medesima in alternativa ovvero in sostituzione al permesso di costruire.
Si tratta, ad esempio, degli interventi di cui all'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001, ossia:
- degli interventi di ristrutturazione “maggiore” ex art. 10, c.1, lett. c, , T.U. DPR 380/2001 (ossia gli interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso).
- degli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
- degli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
A questi interventi, ovviamente, debbono aggiungersi tutti quegli interventi per i quali le varie leggi regionali prevedano la possibilità di ricorrere alla D.I.A. in alternativa o in sostituzione del permesso di costruire.
4.3 La disciplina applicabile alla S.C.I.A. ed alla Super-D.I.A.
Il D.L. 122/2010 ha introdotto nel nostro ordinamento la S.C.I.A in sostituzione della D.I.A. ma, come già sopra ricordato, la D.I.A. in campo edilizio non trovava la sua disciplina nella disposizione “generale” dell'art. 19, L. 241/1990 (ora riscritta dall'art. 49, c.4bis, L. 122/2010) bensì nelle disposizioni specifiche di cui agli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 (disposizioni che invece non sono state modificate dalla L. 122/2010 suddetta).
A sua volta il D.L. 70/2011, oltre alla norma di carattere interpretativo sopra ricordata (con la quale è stata confermata l'applicabilità in materia edilizia della disciplina in tema di S.C.I.A. quale contenuta nel nuovo testo dell'art. 19, L. 241/1990) ha dettato anche una norma specifica dedicata ai soli casi di S.C.I.A. in materia edilizia, (norma che viene a costituire il nuovo comma 6bis del suddetto art. 19 legge 241/1990)(11); in particolare con la disposizione di nuova introduzione si prevede che nei casi di S.C.I.A. in materia edilizia:
- il termine riconosciuto alla amministrazione competente per vietare la prosecuzione dell'attività segnalata, in caso di accertata carenza dei requisiti, è di trenta (anziché di sessanta) giorni;
- oltre all'applicazione delle sanzioni previste in via generale per tutte le S.C.I.A. dal comma 6 dell'art. 19 L. 241/1990 di cui trattasi, trovano applicazione anche le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal T.U. delle leggi in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) e dalle leggi regionali.
A questo punto appare lecito chiedersi come debbano ritenersi modificate dalle nuove disposizioni concernenti la S.C.I.A. le disposizioni degli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 che hanno per oggetto la D.I.A.; infatti la L. 122/2010 non ha abrogato le succitate norma del T.U. DPR 380/2001 ma ha determinato una “sovrapposizione” della disciplina dettata in via generale per la S.C.I.A. (nuovo art. 19, L. 241/1990) rispetto alla disciplina specifica dettata con riguardo alla D.I.A. (non solo i suddetti artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001ma anche le eventuali disposizioni dettate dalle varie leggi regionali). Tutto ciò risulta confermato dalla disposizione dell'art. 49, c.4ter, L. 122/2010 che così dispone: “ ...... Le espressioni "segnalazione certificata di inizio attività" e "Scia" sostituiscono, rispettivamente, quelle di "dichiarazione di inizio attività" e “Dia” ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia e la disciplina della S.C.I.A sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa statale e regionale”
Quali, dunque, tra le disposizioni contenute negli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 debbono ritenersi tuttora in vigore (pur con gli opportuni adeguamenti) in quanto compatibili con la struttura della nuova figura della S.C.I.A.? Quali invece debbono intendersi implicitamente abrogate in quanto incompatibili con la nuova disciplina?
A questi quesiti cercheremo di dare una risposta, tracciando, attraverso un confronto con la disciplina della D.I.A. (tuttora applicabile alla super-D.I.A.) quella che dovrebbe essere la disciplina in materia edilizia ed urbanistica della S.C.I.A., il tutto sulla base del combinato disposto dell'art. 19 L. 241/1990 (ora riscritto dall'art. 49 c.4bis L. 122/2010 e dall'art. 5 c.2 lett. b, D.L. 70/2011 che ha inserito il nuovo comma 6bis riferito espressamente alle S.C.I.A in materia edilizia) e degli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001
INIZIO LAVORI |
LA SUPER D.I.A. |
LA S.C.I.A. |
La Super-D.I.A. deve essere presentata allo SPORTELLO UNICO 30 giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori. Così dispone l'art. 23, c.1, T.U. DPR 380/2001.
In sostanza non si può dare inizio ai lavori se non dopo il decorso di trenta giorni dalla data di presentazione della Super-D.I.A.
Tuttavia il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il suddetto termine di 30 giorni, riscontri l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, deve notificare all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento. E' comunque salva la facoltà di ripresentare la Super-D.I.A., con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. |
Su questo punto la disciplina in materia di S.C.I.A. diverge nettamente da quella dettata in tema di D.I.A.
L'attività oggetto della S.C.I.A., infatti, può essere iniziata dalla data stessa di presentazione allo SPORTELLO UNICO della S.C.I.A., senza, pertanto, dover attendere il decorso di alcun termine.
Tuttavia il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti, nel termine di 30 giorni dal ricevimento della S.C.I.A., adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione Comunale di assumere determinazioni in via di autotutela.
Il termine di 30 giorni concesso al Comune per vietare la prosecuzione dell'attività è stato così fissato dal D.L. 70/2011, in deroga al termine di 60 giorni previsto in via generale per la S.C.I.A., ed è previsto nel comma 6bis dell'art. 19 legge 241/1990 così come introdotto dal D.L. 70/2011 suddetto.
Decorso il termine (30 gg.) per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, all'amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente. |
DOCUMENTAZIONE INTEGRATIVA |
LA SUPER D.I.A. |
LA S.C.I.A. |
La Super-D.I.A. deve essere accompagnata da una relazione dettagliata a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, relazione nella quale deve essere asseverata la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
Deve inoltre essere corredata dall'indicazione dell'impresa cui sono affidati i lavori.
Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. |
L'art. 19, L. 241/1990 (nel suo nuovo testo) dispone che “la S.C.I.A. è corredata dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati” e che “tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione”
La disciplina dettata in materia edilizia dal T.U. DPR 380/2001 (con riguardo alla D.I.A.) appare pertanto sul punto compatibile con la disciplina dettata in via generale per la S.C.I.A. dall'art. 19, L. 241/1990 (nel suo nuovo testo) per cui anche la S.C.I.A. presentata ai fini edilizi dovrà essere accompagnata da una relazione dettagliata a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, relazione nella quale dovrà essere asseverata la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie; la S.C.I.A. dovrà, inoltre, essere corredata dall'indicazione dell'impresa cui sono affidati i lavori.
In tema di sanzioni l'art. 19, c.6, L. 241/1990 (nel suo nuovo testo) prevede che “ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la S.C.I.A., dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1, è punito con la reclusione da uno a tre anni”; si ritiene che la suddetta sanzione, specificatamente prevista dalla disciplina in materia di S.C.I.A., sia applicabile anche al tecnico abilitato nel caso di false dichiarazioni ed attestazioni nella relazione e/o negli elaborati progettuali presentati a corredo della S.C.I.A.
Sotto il profilo procedurale, nulla disponendo, al riguardo, l'art. 19, L. n. 241/1990 (nuovo testo), troverà applicazione, la specifica disciplina dettata in materia dal T.U. DPR 380/2001, che non appare incompatibile con quella dettata dalla norma generale; pertanto il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informerà l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. |
EFFICACIA |
LA SUPER D.I.A. |
LA S.C.I.A. |
La Super-D.I.A. ha efficacia limitata a tre anni; i lavori non ultimati entro tale termine possono essere completati previa presentazione di una nuova Super-D.I.A.
Ultimato l'intervento, l'interessato è tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori; a sua volta, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, con il quale deve attestare la conformità dell'opera al progetto presentato con la Super-D.I.A.; detto certificato va presentato allo sportello unico, unitamente alla ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate o a dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento; quest'ultima prescrizione si pone in stretta correlazione con la normativa dettata dall'art. 19, D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con L. 30 luglio 2010 n. 122, volta a garantire l'aggiornamento delle banche dati immobiliari (Catasto e Conservatoria dei RR.II.); particolare attenzione dovrà, pertanto, essere posta dal Notaio chiamato a stipulare un atto avente per oggetto immobili sui quali siano stati eseguiti interventi edilizi soggetti a super-D.I.A., in quanto, se l'intervento è andato ad incidere sul classamento dell'immobile (stato, consistenza, classe, categoria), sarà necessaria la denuncia di variazione catastale (e la nuova planimetria); si rammenta, al riguardo, che l'art. 19, c.14, D.L. 78/2010 sopra citato richiede che nel caso di trasferimento di un'unità immobiliare urbana vi deve essere la dichiarazione di parte (o l'attestazione di tecnico abilitato) dalla quale risulti che vi è conformità tra i dati catastali e le planimetrie catastali depositate in Catasto e lo stato di fatto, e ciò a pena di nullità dell'atto di trasferimento.
La mancanza del certificato di collaudo finale, e dell'eventuale variazione catastale, comporta l'applicazione della sanzione di €. 516,00.
Nel caso della Super-D.I.A., la sussistenza del titolo è provata con la copia della stessa, dalla quale risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, nonché l'attestazione del professionista abilitato, e gli atti di assenso eventualmente necessari. |
Nessuna disposizione particolare risulta dettata con riguardo all'efficacia della S.C.I.A. (né risultava dettata dalla norma generale in materia di D.I.A.)
La disciplina “specifica” dettata in materia edilizia dal T.U. DPR 380/2001 (con riguardo alla D.I.A.) appare pertanto sul punto compatibilecon la disciplina dettata in via generale per la S.C.I.A. dall'art. 19 legge 241/1990 (nel suo nuovo testo) per cui si ritiene che:
- anche la S.C.I.A. presentata ai fini edilizi abbia efficacia limitata a tre anni dalla data della sua presentazione;
- i lavori non ultimati entro tale termine possano essere completati previa presentazione di una nuova S.C.I.A.;
- l'interessato sia comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori;
- ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato debba rilasciare un certificato di collaudo finale, con il quale attestare la conformità dell'opera al progetto presentato con la S.C.I.A.; detto certificato dovrà essere presentato allo sportello unico, unitamente alla ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate o a dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento; particolare attenzione dovrà, pertanto, essere posta dal Notaio chiamato a stipulare un atto avente per oggetto immobili sui quali siano stati eseguiti interventi edilizi soggetti a S.C.I.A, in quanto, se l'intervento è andato ad incidere sul classamento dell'immobile (stato, consistenza, classe, categoria), sarà necessaria la denuncia di variazione catastale (e la nuova planimetria); si rammenta, al riguardo, che l'art. 19, D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con L. 30 luglio 2010 n. 122 richiede che nel caso di trasferimento di un'unità immobiliare urbana vi deve essere la dichiarazione di parte (o l'attestazione di tecnico abilitato) dalla quale risulti che vi è conformità tra i dati catastali e le planimetrie catastali depositate in Catasto e lo stato di fatto, e ciò a pena di nullità dell'atto di trasferimento.
Si ritiene, inoltre, che:
- la mancanza del certificato di collaudo finale, e dell'eventuale variazione catastale, comporterà, anche nel caso di ricorso alla S.C.I.A., l'applicazione della sanzione di €. 516,00;
- che, anche nel caso della S.C.I.A., la sussistenza del titolo è provata con la copia della stessa, dalla quale risulti la data di ricevimento della segnalazione, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, nonché l'attestazione del professionista abilitato, e gli atti di assenso eventualmente necessari. |
VINCOLO AMBIENTALE PAESAGGISTICO e CULTURALE |
LA SUPER D.I.A. |
LA S.C.I.A. |
E' ammesso il ricorso alla Super-D.I.A. anche per immobili soggetti a vincoli di tutela storico-artistica o paesaggistica ambientale; peraltro la realizzazione degli interventi soggetti a Super-D.I.A. riguardanti immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Al riguardo l'art. 23, c.3 e c. 4, T.U. DPR 380/2001 distingue a seconda che:
- l'intervento oggetto di Super-D.I.A. sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale; in questo caso il termine di trenta giorni per dare inizio ai lavori decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti.
- l'intervento oggetto di Super-D.I.A. sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale; in questo caso ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia stato allegato alla denuncia, il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi della L. 241/1990. Il termine di trenta giorni per dare inizio ai lavori decorre dall'esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, la denuncia è priva di effetti. |
Su questo punto la disciplina in materia di S.C.I.A. sembrerebbe divergere da quella dettata in tema di D.I.A.: l'art. 19, c.1, L. 241/1990 (nel suo nuovo testo) stabilisce, infatti, che “o gni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, ..... il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, ... è sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali .......”. Pertanto sembrerebbe escluso il ricorso alla S.C.I.A. per gli immobili soggetti a vincoli di tutela storico-artistica o paesaggistica ambientale (come, peraltro, previsto originariamente per la D.I.A. con la disciplina iniziale introdotta dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, che escludeva in maniera tassativa la possibilità di avvalersi della D.I.A. per interventi su immobili "vincolati", disciplina successivamente modificata in senso più liberale dapprima dalla L. 21 dicembre 2001, n. 443, e successivamente dal T.U. DPR 380/2001)
Senonché su questo punto era già, a suo tempo, intervenuto il Ministero per la Semplificazione Normativa, il quale con la già citata nota datata 16 settembre 2010, nota con la quale aveva sostenuto l'applicabilità della S.C.I.A. in materia edilizia, aveva anche precisato che l'esclusione cui si riferisce la norma in commento, con riguardo ai vincoli di tutela storico-artistica o paesaggistica ambientale, non riguarda tanto il titolo edilizio bensì il parere dell'autorità preposta alla tutela dei vincoli suddetti. Così, infatti, si leggeva nella nota del Ministero: “in caso di intervento edilizio in zona sottoposta a vincolo permane l'onere di acquisizione ed allegazione alla S.C.I.A. dello specifico atto di assenso dell'ente preposto alla tutela del vincolo stesso; tale atto, in virtù dell'espressa previsione dell'art. 19 primo comma della legge 241 del 1990 (“con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali”) non può essere sostituito dalla S.C.I.A.”
Tale posizione sembra in sostanza confermata anche dal D.L. 70/2011 ove all'art. 5, c.2, lett.c, recante la disposizione di carattere interpretativo, si afferma che “nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, la S.C.I.A. non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla osta, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale.”
Pertanto, in virtù dell'interpretazione fornita dal Ministero, come corroborata dalla successiva norma “interpretativa” dettata dal D.L. 70/2011, si deve concludere nel senso che, fermo restando che il parere dell'ente preposto alla tutela del vincolo non potrà essere sostituito da una S.C.I.A., deve ammettersi la S.C.I.A. anche per immobili soggetti a vincoli di tutela storico-artistica o paesaggistica ambientale, purché alla stessa sia allegato il prescritto nulla osta e/o parere favorevole .
Una volta ritenuto ammissibile il ricorso alla S.C.I.A. anche per immobili soggetti a vincoli di tutela storico-artistica o paesaggistica ambientale, va rilevato come la disciplina “specifica” dettata con riguardo alla D.I.A dal T.U. DPR 380/2001 (art. 23 c.3 e c.4) non possa trovare applicazione in quanto incompatibile con la specifica disciplina dettata per la S.C.I.A. in ordine al momento dal quale si può dare inizio ai lavori.
Pertanto il parere favorevole dell'ente preposto alla tutela del vincolo deve essere già stato rilasciato nel momento in cui viene presentata la S.C.I.A. e deve essere allegato alla S.C.I.A. stessa, in quanto è dal momento di presentazione della S.C.I.A. che l'interessato può dare inizio ai lavori. Tant'è vero che lo stesso Ministero della Semplificazione Normativa, nella propria nota interpretativa sopra citata, non aveva mancato di sottolineare come nel caso di specie vi fosse a carico dell'interessato “l'onere di acquisizione ed allegazione alla S.C.I.A. dello specifico atto di assenso dell'ente preposto alla tutela del vincolo” |
CONTRIBUTO CONCESSORIO |
LA SUPER D.I.A. |
LA S.C.I.A. |
In base alla disciplina dettata dal T.U. DPR 380/2001 solo gli interventi soggetti a Super-D.I.A. e di cui all'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001 sono soggetti al contributo concessorio di cui dell'art. 16 T.U. DPR 380/2001, in quanto per tali interventi il ricorso alla Super-D.I.A. è pur sempre previsto in alternativa rispetto al permesso di costruire (per gli stessi, pertanto rimane ferma la disciplina sostanziale prevista per gli interventi soggetti a permesso di costruire: contributo concessorio, sanzioni penali, ecc.) |
Nessuna disposizione particolare risulta dettata con riguardo all'obbligo di corresponsione del contributo concessorio in caso di presentazione della S.C.I.A.
La disciplina “specifica” dettata in materia edilizia dal T.U. DPR 380/2001 (con riguardo alla D.I.A.) appare pertanto sul punto compatibile con la disciplina dettata in via generale per la S.C.I.A. dall'art. 19 L. 241/1990 (nel suo nuovo testo), per cui sarà necessario fare riferimento alla vigente legislazione regionale, spettando, alle Regioni individuare le tipologie di intervento soggette a S.C.I.A (e già soggette a D.I.A.) assoggettate a contributo concessorio, definendo criteri e parametri per la relativa determinazione (art. 22, c.5, T.U. D.P.R. n. 380/2001).
In mancanza di specifica disposizione regionale gli interventi soggetti a S.C.I.A. debbono considerarsi “gratuiti” |
DISCIPLINA REGIONALE |
LA SUPER D.I.A. |
LA S.C.I.A. |
Da segnalare che gli interventi soggetti a Super-D.I.A. possono variare da Regione a Regione:
- sia a sensi dell'art. 22, c.4, T.U. DPR 380/2001 in base al quale le Regioni possono ampliare o ridurre l'ambito applicativo delle disposizioni relative agli interventi soggetti a Super-D.I.A. (e di cui all'art. 22, c.3, T.U. D.P.R. n. 380/2001)
- che a sensi dell'art. 10, c.3, T.U. DPR 380/2001 in base al quale le Regioni possono individuare con apposita legge ulteriori interventi oltre a quelli indicati dal medesimo art. 10 del T.U. che in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, siano sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire (riducendo l'ambito di applicazione della Super-D.I.A.). |
Anche su questo punto è intervenuta la norma interpretativa di cui al D.L. 70/2011, che ha precisato che la disciplina in tema di S.C.I.A. non si applica in tutti i casi in cui la D.I.A., in base alla normativa statale o regionale, sia alternativa o sostitutiva del permesso di costruire e quindi non solo nei casi disciplinati dall'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001 ma anche nei casi eventualmente disciplinati da una legge regionale (in attuazione della facoltà di cui all'art. 22, c.4, medesimo T.U.).
In questo senso si era anche espresso il Ministero della Semplificazione Normativa nella succitata nota interpretativa del 16 settembre 2010: “al riguardo è avviso dello scrivente Ufficio che la disciplina della S.C.I.A. non si applichi alla D.I.A. alternativa al permesso di costruire e che le leggi regionali previgenti con le quali è stata esercitata la facoltà prevista dall'art. 22, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001 non siano state incise dall'entrata in vigore dell'art. 49 della L. n. 122 del 2010”. |
4.4 La SC.I.A e la super-D.I.A. e l'incidenza sulla commerciabilità dei fabbricati
Per quanto riguarda l'incidenza della nuova disciplina in materia di S.C.I.A. e di super-D.I.A. sulla commerciabilità dei fabbricati, SOLO per gli interventi di cui all'art. 22, c.3, T.U. DPR 380/2001 (interventi ai quali continuerà ad applicarsi la cd. super-D.I.A.) e per gli interventi a tal fine individuati dalle leggi regionali, vi sarà l'obbligo di menzione degli estremi della D.I.A., a pena di nullità dell'atto traslativo o di divisione.
Tale conclusione si fonda sul disposto dell'art. 46, c.5bis T.U. DPR 380/2001: “sono nulli e non possono essere stipulati gli atti notarili aventi per oggetto il trasferimento o la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici, sui quali siano stati eseguiti interventi edilizi mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22 terzo comma T.U. DPR 380/2001) qualora negli stessi non siano indicati gli estremi della denuncia stessa”(12)(agli interventi di cui al terzo comma dell'art. 22 vanno equiparati, ai fini dell'applicazione della norma de quo, anche gli interventi assoggettati a super-D.I.A. da apposita norma regionale, in virtù del disposto dell'art. 22, c.4, T.U. DPR 380/2001) .
Circa gli estremi della Super-D.I.A. da dichiarare in atto vi sono posizioni contrastanti in dottrina; si va da chi ritiene sufficiente la semplice menzione degli estremi della denuncia a chi invece ritiene necessaria l'indicazione di tutti gli elementi del procedimento: a) estremi della denuncia b) estremi della relazione dettagliata dell'esperto che assevera la conformità dell'opera agli strumenti urbanistici; c) dichiarazione di parte che il Comune non ha dato risposta nei tempi previsti; riteniamo nel caso di specie sia sufficiente, per la validità dell'atto, indicare i soli gli estremi (data di presentazione e numero di protocollo se attribuito) della denuncia di inizio attività presentata al Comune; sarà, invece, opportuno (ma non necessario, ai fini della validità dell'atto) indicare, nel caso di nuova costruzione ex art. 22, c.3, T.U. (D.P.R. 380/2001), anche gli estremi del Piano attuativo che consente l'intervento, nonché integrare tali menzioni con la dichiarazione di parte che nel caso di specie ricorrevano le condizioni di legge per avvalersi della D.I.A. e che sono stati osservati i termini e le altre modalità procedimentali previste dalla legge, anche per il caso di vincoli. Nel caso sia già stato presentato anche il certificato di collaudo sarà opportuno citarne gli estremi.
Per gli altri interventi (quelli di cui ai commi primo e secondo del suddetto art. 22 T.U. D.P.R. 380/2001), dal 31 luglio 2010 non più soggetti a D.I.A. ma soggetti a S.C.I.A., non è prescritta alcuna menzione a pena di nullità, anche se tale menzione potrà essere quanto mai opportuna al fine di ricostruire in atto tutta la "storia urbanistico-edilizia" del fabbricato.(13)
In relazione al “profilo formale”, si ritiene che nel caso di S.C.I.A. debbano essere indicati data e numero di protocollo (se attribuito) della segnalazione presentata, con l'aggiunta, più che opportuna, della garanzia resa dall'interessato che nel caso di specie ricorrevano tutte le condizioni di legge per avvalersi della S.C.I.A. (compreso il riferimento all'atto di assenso dell'ente preposto in caso di vincolo ambientale, paesaggistico o culturale); nel caso di S.C.I.A in sanatoria ex art. 37 T.U. DPR 380/2001 il requisito formale viene rispettato con l'allegazione all'atto ovvero con l'indicazione in atto deli estremi della ricevuta di pagamento della sanzione pecuniaria.
Può essere anche opportuno, nel caso di atti aventi per oggetto immobili sui quali siano in corso interventi per i quali sia stata presentata la S.C.I.A., stipulati prima che siano decorsi i trenta giorni dalla presentazione della stessa, dare atto che le parti interessate (l'acquirente nel caso di vendita, i condividenti nel caso di divisione, ecc. ecc.) sono a conoscenza della circostanza che l'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge, potrà vietare la prosecuzione dell'attività edilizia e ordinare la rimozione degli effetti dannosi della stessa.
Nel caso sia già stato presentato anche il certificato di collaudo sarà opportuno citarne gli estremi.
Si ribadisce che tutte le suddette indicazioni e dichiarazioni relative alla S.C.I.A. nonché l'allegazione della ricevuta di pagamento nel caso di sanatoria, possono essere opportune al fine di ricostruire in atto la "storia urbanistico-edilizia" del fabbricato, ma non sono assolutamente prescritte a pena di nullità dell'atto. La violazione della disciplina in materia di S.C.I.A. porterà all'applicazione di sanzioni amministrative ma non coinvolgerà mai la validità dell'atto traslativo o divisionale.
Attenzione deve, inoltre, porre il Notaio, in presenza di interventi edilizi soggetti a super-D.I.A. o a S.C.I.A., in relazione alle possibili conseguenze sulla validità dell'atto di trasferimento ex art. 19, c.14, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con L. 30 luglio 2010 n. 122, nel caso di mancato aggiornamento dei dati catastali in conseguenza di modifiche che incidano sul classamento dell'edificio.
Si rammenta, al riguardo. che l'Agenzia del Territorio, nella sua Circolare n. 2/T del 9 luglio 2010, a commento sulla succitata disciplina dettata dall'art. 19, c.14, D.L. 78/2010, ha avuto modo di precisare che:
- nel caso in cui la planimetria catastale depositata in Catasto non riproduca fedelmente la configurazione reale (attuale) dell'immobile (ad esempio a causa di incompleta o non corretta rappresentazione degli ambienti costituenti l'unità immobiliare e delle pertinenze ad uso esclusivo, ovvero delle parti comuni, laddove originariamente rappresentate), il disponente dovrà presentare una denuncia di variazione, allegando la nuova planimetria aggiornata (con applicazione oltre che dei tributi previsti, anche delle sanzioni di legge)
- che le eventuali incoerenze tra planimetria e situazione di fatto potrebbero sussistere fin dall'origine (cioè, sin dalla prima dichiarazione in catasto, in relazione alla data di ultimazione dei lavori) oppure essere riconducibili a vicende avvenute in epoca successiva (ad esempio, a seguito di lavori di ristrutturazione, trasformazione, etc., cui non è seguita la prescritta dichiarazione di variazione in catasto).
- che la riproduzione in atto degli estremi di titoli edilizi per interventi successivi alla prima costruzione, può costituire un indizio di possibile difformità e quindi “un primo elemento di riferimento al fine di verificare la sussistenza di possibili incoerenze”.
In pratica se su un immobile sono stati eseguiti, dopo la costruzione, interventi urbanisticamente rilevanti (ristrutturazione, ampliamento, modificazioni in genere), fatti constare in atto attraverso la menzione dei relativi titoli edilizi, mentre le planimetrie di “riferimento”, quali risultano depositate in catasto, sono ancora quelle presentate dopo la costruzione (e quindi prima degli interventi modificativi citati), vi sarebbe una “presunzione” di incoerenza tra rappresentazione planimetrica e situazione di fatto per mancato aggiornamento delle planimetrie, che esige una verifica particolarmente attenta ed accurata.
5. La sanatoria ex lege delle difformità marginali
Il D.L. 70/2011 ha introdotto una sorta di “sanatoria ex lege” per le difformità contenute entro il limite del 2% delle misure progettuali. In particolare l'art. 5, c.2, n. 5, l.a, del decreto legge suddetto (che ha introdotto un nuovo comma 2ter dopo il comma 2bis dell'art. 34 del T.U. DPR 380/20011) esclude che concretizzi l'abuso di parziale difformità dal titolo edilizio la realizzazione di interventi edilizi con violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano, per singola unità immobiliare, il 2 per cento delle misure progettuali; in pratica viene riconosciuta una soglia di tolleranza rispetto alle misure progettuali (pari al 2% di dette misure) entro la quale l'intervento edilizio può ancora considerarsi conforme al progetto e quindi regolare sotto il profilo urbanistico-edilizio, senza dar luogo all'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 34 T.U. DPR 380/20011 suddetto per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire.
Un precedente analogo, nel quale viene esclusa rilevanza alle difformità contenute entro il limite del 2% delle misure progettuali, è quello della disposizione di cui all'art. 32, c.1, L. 28 febbraio 1985 n. 47 e s.m.i., ove, ai fini della sanatoria di opere abusive eseguite su immobili sottoposti a vincolo, viene esclusa la necessita del previo parere favorevole dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo suddetto, quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2% delle misure prescritte.
(1) Così definisce gli interventi di ordinaria manutenzione l'art. 3, c.1,, lett. a, T.U. DPR 380/2001: “... gli interventi edilizi riguardanti le opere volte alla riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.
(2) Così definisce gli interventi di straordinaria manutenzione l'art. 3, c.1, lett. b, del T.U. DPR 380/2001: “... le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso".
(3) Sul punto si rinvia allo studio n. 5389/C "Menzioni urbanistiche e validità degli atti notarili" (estensore G. Rizzi) approvato dalla Commissione studi civilistici del C.N.N. in data 30 ottobre 2004 in “Studi e Materiali” Giuffrè Editore 2005 pagg. 46 e segg.
(4) Così definisce gli interventi di “nuova costruzione” l'art. 3, c.1, lett. e, del T.U. DPR 380/2001: “.... quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali: e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6); e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune; e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato; e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione; e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee; e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale; e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”
(5) Così definisce gli interventi di “ristrutturazione urbanistica” l'art. 3, c.1, lett. f, del T.U. DPR 380/2001: “.. quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”
(6) Così definisce gli interventi di “ristrutturazione edilizia” l'art. 3, c.1, lett. d, del T.U. DPR 380/2001: “... gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”
(7) Così dispone l'art. 10, c.1, lett. c, del T.U. DPR 380/2001, così dispone: “c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso”.
(8) Nota redatta in risposta ad un quesito posto dalla regione Lombardia
(9) Per il Ministero l'applicabilità della S.C.I.A. anche in materia edilizia, limitatamente, peraltro ai soli interventi soggetti a D.I.A. e di cui all'art. 22 c.1 e c.2, T.U. DPR 380/2001, si fonda su quattro argomenti: i) innanzitutto depone l'argomento letterale: infatti l'art. 49, c.4ter, L. 122/2010 così dispone: “ ...... Le espressioni "segnalazione certificata di inizio attività" e "Scia" sostituiscono, rispettivamente, quelle di "dichiarazione di inizio attività" e “Dia” ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia e la disciplina della S.C.I.A sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa statale e regionale” ii) in secondo luogo nel nuovo testo dell'art. 19, L. 241/2010, contenente la disciplina della S.C.I.A., non è stata riprodotta la disciplina in precedenza contenuta nel quarto comma di detto articolo, che faceva salve le diverse disposizioni in tema di D.I.A. previste in altri testi di legge (e che aveva indotto a ritenere che la D.I.A. in materia edilizia fosse esclusivamente disciplinata dalle disposizioni degli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 e non anche dalla disposizione “generale” di cui all'art. 19, L. 241/1990) iii) in terzo luogo la previsione (non presente nel previgente art. 19, dlgs 241/1990 e contenuta, invece, nel nuovo testo dell'art. 19) secondo la quale la S.C.I.A. deve essere corredata non solo dalle certificazioni ed attestazioni ma anche dalle “asseverazioni di tecnici abilitati”, appare “in linea” con la disciplina della D.I.A. dettata dagli artt. 22 e 23 del T.U. DPR 380/2001 a conferma della applicabilità della S.C.I.A. stessa in materia edilizia iv) in quarto luogo a favore della applicabilità della S.C.I.A. in materia edilizia depongono anche i “lavori preparatori della L. 122/2010” ove si è avuto modo di sottolineare come la norma in questione “ha anche un profilo abrogativo della normativa statale difforme, per cui si deve intendere che ad essa va ricondotta anche la denuncia di inizio attività disciplinata dagli artt. 22 e 23 del DPRn. 380 del 2001”
(10) Così definisce gli interventi di “restauro e di risanamento conservativo” l'art. 3, c.1, lett. c, del T.U. DPR 380/2001: “g li interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio”
(11) Art. 5, c.2, lett. b, D.L. 13 maggio 2011, n. 70: “b ) Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modifiche: 1) ...... 2) all'articolo 19 ......... e dopo il comma 6 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380, e dalle leggi regionali.".
(12) In questo senso CNN – studio n. 5389/C del 30 ottobre 2004 “Menzioni Urbanistiche e validità degli atti notarili” estensore Giovanni Rizzi in Studi e materiali 1/2005 Ediz. Giuffrè pag. 46 e segg.
(13) In questo senso CNN – studio n. 5389/C del 30 ottobre 2004 “Menzioni Urbanistiche e validità degli atti notarili” estensore Giovanni Rizzi in Studi e materiali 1/2005 Ediz. Giuffrè pag. 46 e segg.
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