Problemi specifici della permuta di cosa presente con cosa futura alla luce del D.lgs.122/2005
Problemi specifici della permuta di cosa presente con cosa futura alla luce del D.lgs.122/2005
di Ciro Caccavale
Notaio in Ercolano
Cenni descrittivi della fattispecie
Il titolo che è stato prescelto per il mio intervento rischia di essere fuorviante in quanto potrebbe indurre a ritenere che il recente provvedimento normativo irradi di luce la materia che ne è oggetto e, di essa, offra dunque una disciplina chiara e immediatamente comprensibile: di contro è bene subito chiarire che, se la trasparenza normativa rappresenta una aspirazione del legislatore, ora finalmente anche esplicitamente enunciata, e soprattutto dell'interprete, ancora una volta tale aspirazione è stata ampiamente disattesa.
Vero è che con la legge in commento il legislatore ci ha affidato una disciplina, essa sì, ancora in buona parte da costruire e la rilevanza delle cui opere mancanti torna evidente proprio trattando dello specifico tema che mi è stato affidato.
La fattispecie è arcinota: si tratta dell'ipotesi, - della quale è appena il caso di ricordare, in estrema sintesi, i tratti salienti -, per cui il proprietario di un'area edificabile ne compia il trasferimento verso il corrispettivo del trasferimento, a suo favore, di uno o più cespiti che, nell'ambito di una più ampia consistenza immobiliare, verranno ivi edificati da parte del cessionario dell'area stessa.
Il ricorso a tale strumento tecnico-giuridico si lascia apprezzare per l' opportunità, che esso offre, di portare a compimento la fase preliminare del processo edificatorio senza esborso di danaro da parte dell'imprenditore; ciò con immediato vantaggio, sia per quest'ultimo, sia anche per il proprietario dell'area, che verosimilmente spunterà condizioni economiche di maggior favore, sia, in definitiva, per l'andamento stesso del mercato immobiliare, in quanto incentivato dal minor impiego di liquidità richiesto, in tal guisa, nella prima fase dell'iniziativa edificatoria.
Non è questa la sede per mettere a punto la ricostruzione teorica della fattispecie, che appartiene alla più ampia tematica dei contratti ad effetti reali differiti, la quale, a sua volta, è momento topico della riflessione civilistica, cui per altro non poco ha contribuito la dottrina di matrice notarile.
Di essa è preferibile porre in risalto innanzitutto i profili di carattere prettamente operativo.
In questa prospettiva, viene da domandarsi, in primo luogo, se la disciplina al vaglio si applichi, oltre che ad essa stessa fattispecie, come pacificamente si ritiene, anche a quelle fattispecie cui talvolta si ricorre in via alternativa e che si rivelano funzionali, per l'appunto, alle medesime ragioni di economicità.
Il primo problema che la permuta di cosa presente con cosa futura introduce è così quello della assoggettabilità, al nuovo mezzo di tutela, di figure negoziali altre rispetto alla permuta, e tuttavia assimilabili quanto alla sostanza economica dell'affare che vi è sotteso.
Non appaia strano che tale problema venga anteposto ad ogni altro che pure afferisca direttamente alla fattispecie al vaglio, in quanto ciò è dovuto al duplice motivo che la sua soluzione, da un lato, impone all'interprete di confrontarsi immediatamente con il momento della ratio legis, la cui compiuta individuazione rappresenta obiettivo sempre prioritario dell'analisi ermeneutica, dall'altro, gli richiede di confrontarsi subito con la tecnica definitoria della quale la legge in commento si avvale, e la cui esatta percezione pure si rivelerà di fondamentale importanza nel prosieguo dell'indagine.
Del resto la fortuna della permuta, nel vigore della nuova disciplina, non potrà non dipendere direttamente anche dalla riconducibilità, o meno, a quest'ultima delle evocate fattispecie sostitutive.
Applicazione del nuovo regime a fattispecie sostitutive della permuta alla stregua dell'interpretazione teleologica
Nei primi commenti si suole affermare che la nuova disciplina è diretta ad apprestare tutele di vario genere a favore del cliente dell'impresa di costruzione, in ragione dello squilibrio strutturale intercorrente tra le posizioni delle contrapposte parti contrattuali.
Delineata la finalità perseguita dal legislatore in termini di tale genericità, non solo risulta estremamente difficile spiegare perché il medesimo sistema di protezione non sia stato predisposto anche a vantaggio degli acquirenti di immobili già costruiti dall'impresa venditrice, ma soprattutto ne deriva, - e una tale impostazione non può non ripercuotersi anche sulla soluzione dell'interrogativo che ora ci riguarda -, che l'interprete, il quale pure avverte l'esigenza di delimitare l'ambito di incidenza della nuova disciplina, si accontenti di avvalersi, a tal fine, di criteri selettivi formalistici o, in ogni caso, incentrati su profili meramente tecnico-formali, dai quali, invece, proprio la disciplina in commento mostra chiaramente di voler prescindere.
Occorre segnalare allora, per quanto qui specificatamente interessa, che non sono pochi quegli studiosi i quali già sostengono che il nuovo regime non riguardi affatto le fattispecie anche succedanee alla permuta, sebbene da questa differiscano in relazione al dato, per l'appunto soltanto tecnico, che la titolarità dell'immobile in questione non si consegue a titolo derivativo, e quindi direttamente con il contratto, ma a titolo originario, e pertanto come conseguenza ulteriore dell'effetto che scaturisce in via immediata dal contratto stesso.
I congegni negoziali chiamati in causa sono anch'essi ben conosciuti e appartengono allo strumentario di base della contrattualistica notarile.
è risaputo che le parti, muovendo dal medesimo assetto di interessi sul quale si innesta la permuta di cosa presente con cosa futura, in sua vece, possono preferire concludere un contratto con il quale il proprietario del suolo ne cede al costruttore una quota di comproprietà indivisa e, a titolo di corrispettivo, il cessionario assuma, verso il cedente, l'obbligo di realizzare, all'interno dell'edificando complesso edilizio, uno o più immobili del medesimo valore proporzionale, rispetto all'intero edificio, di quello che, rispetto all'intero suolo, spetta alla quota di comproprietà che esso cedente se ne è riservata; contestualmente; ad esso contratto viene collegata, o la divisione del futuro complesso edilizio, con la quale le parti si assegnano le porzioni immobiliari di rispettiva competenza, o la concessione di reciproci diritti di superficie , tale da assicurare a ciascuna di esse parti il conseguimento della proprietà esclusiva di porzioni immobiliari il cui valore corrisponda al valore della rispettiva quota ideale.
Ancora una volta non è affatto richiesta, qui, una puntuale analisi delle divisate operazioni negoziali, come pure si può prescindere dall'approfondire significato e portata della configurazione dell'assetto negoziale in termini di condominio precostituito; ciò che occorre mettere in evidenza, – in quanto punto critico per la sussunzione nella disciplina al vaglio –, è che la parte che contratta con il costruttore consegue la proprietà dell'immobile che ha previsto di acquistare, non per effetto di un trasferimento a suo favore, bensì, come certo non necessita di essere spiegato, in virtù dell'operatività della regola dell'accessione e, eventualmente, del concorrente effetto, non traslativo, della divisione.
Ebbene, è convincimento di chi scrive che il riscontro della peculiare tecnica acquisitiva, nell'uno e nell'altro caso, sia destinato a rimanere del tutto irrilevante per la soluzione del problema dell'applicabilità, o meno, alle menzionate operazioni, della normativa in commento.
Bisogna acquisire piena consapevolezza di quali siano i rischi cui risulta esposto colui che acquisti immobili non ancora costruiti, semmai, come normalmente si verifica, anticipandone in tutto o in parte il corrispettivo, così da porli anche in relazione, in particolare, con quelli che affronta chi, da costruttore, acquisti invece immobili già costruiti.
Rileva, allora, che, quando l'immobile ancora non esiste, poiché, da un lato, per definizione non può essere visionato e, dall'altro, per sua natura, non può essere descritto mediante riferimento a una marca, un modello o un tipo, la compiuta descrizione della sua consistenza e delle sue note caratteristiche e qualitative vale in primo luogo ad assicurare all'acquirente adeguata certezza in ordine al contenuto delle sue pretese.
La trasparenza del contratto è chiamata ad assolvere, inoltre, come è ricorrente nella più recente normativa consumeristica, anche all'importante compito di richiamare l'attenzione del contraente "debole" su aspetti dell'operazione che egli potrebbe essere invece portato a trascurare dal prendere in considerazione (salvo poi a dolersi della sua negligenza quando sia ormai troppo tardi) e che, qualora l'immobile fosse realizzato, o non rileverebbero, o già naturalmente tenderebbero a rendersi oggetto di sua accurata valutazione.
Ulteriori ragioni di tutela sovvengono, poi, per l'acquirente il quale, rispetto al conseguimento della proprietà dell'immobile, in una o più soluzioni anticipi anche, in tutto o in parte, il corrispettivo da lui dovuto.
In tal caso, infatti, l'acquirente finanzia la realizzazione dell'immobile che gli viene venduto e partecipa (in qualche modo) al rischio aggiuntivo, che l'acquirente di un immobile già realizzato non è costretto ad assumersi, che l'impresa del suo venditore vada in crisi, cosicchè possa risultare non più in grado di assolvere all'impegno assunto nei confronti di esso acquirente e, al contempo, incapace anche di far fronte alla restituzione, a quest'ultimo, degli acconti da lui ricevuti.
Ebbene, può seriamente dubitarsi che le medesime istanze di certezza e di adeguata ponderazione, da un lato, e di protezione contro rischi inerenti all'andamento dell'attività imprenditoriale del costruttore, dall'altro, non ricorrano, oltre che nella permuta, anche nelle altre più complesse operazioni negoziali in questione?
è fin troppo evidente che il proprietario dell'area il quale, di essa disponga per acquistare uno o più immobili che vi saranno costruiti, in quanto si tratta di beni pur sempre non ancora esistenti, nel prefigurarseli, può essere indotto a non adeguatamente valutare aspetti invece importanti, indipendentemente dalla natura derivativa o originaria dell'acquisto.
Le modalità attraverso le quali l'acquisto stesso avrà luogo rilevano, per volontà della legge, sul piano prettamente giuridico del collegamento della posizione dell'acquirente con quella del precedente titolare del diritto acquistato, ma non valgono a diversamente condizionare la propensione dell'acquirente stesso a compiere, o meno, determinate valutazioni che, inerenti al bene oggetto dell'acquisto, afferiscono piuttosto al momento materiale della vicenda.
Quanto, poi, al rischio del cattivo andamento dell'impresa costruttrice, esso ricorre ogni qual volta l'immobile da acquistare non sia stato ancora realizzato, in quanto connesso con il differimento dell'acquisto e non, invece, con il meccanismo tecnico per il cui tramite l'acquisto è destinato a compiersi.
Dalla normazione per tipi contrattuali alla normazione per operazioni economiche
La conclusione, fin qui sorretta da considerazioni di ordine sostanziale, è confermata anche dalla formulazione letterale della normativa al vaglio.
è vero infatti che l'interpretazione dell'art. 2, concernente la garanzia fideiussoria, ha riguardo a quei contratti che sono diretti al "trasferimento" di un immobile da costruire; nondimeno la norma dell'art. 6, che si occupa del contenuto del contratto nel quale l'immobile da costruire sia dedotto, fa riferimento, oltre che al preliminare, anche ad «ogni altro contratto che ... sia comunque diretto al successivo acquisto ...», dell'immobile stesso, dove il concetto di "acquisto" è neutro rispetto alla modalità, traslativa o meno, con la quale esso si compie.
Se ora l'interpretazione letterale avvalora la conclusione che la disciplina in commento si applica, indipendentemente dal carattere, derivativo o originario, dell'acquisto, a qualsiasi contratto avente ad oggetto immobili da costruire, in relazione alla prescrizione del contenuto contrattuale, essa vale a confermare la medesima conclusione anche con riguardo alla prescrizione della garanzia fideiussoria.
Si noti che la norma di cui al citato art. 6, nel menzionare ogni contratto diretto al futuro acquisto di un immobile da costruire, lo assume come già reso oggetto di previsione nel precedente, già citato art. 2, nel quale la stessa locuzione di "trasferimento" si rivela, in tal guisa, impropria.
Si consideri, in secondo luogo, che la disposizione dell'art. 13, che detta le condizioni per l'accesso alle prestazioni del Fondo di Solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire, contempla la perdita che l'acquirente abbia subito per il versamento di somme di danaro o per l'esecuzione di attribuzioni di altra natura a titolo di corrispettivo, non già del "trasferimento" dell'immobile da costruire, bensì, - avendo riguardo più genericamente al momento ultimo della vicenda -, del suo "acquisto" tout court, quali che siano le modalità tecniche attraverso le quali si concretizzi.
Valga allora una riflessione di fondo.
Se il legislatore, secondo l'impostazione già altre volte seguita nelle più recenti normative di settore, ha preferito riferire la nuova disciplina, non a questo o quel tipo contrattuale, ma ad ogni contratto che persegua una certa finalità, ciò ha fatto perché le istanze di tutela cui ha avuto riguardo prescindono dalle modalità tecnico-strumentali delle quali le parti si sono di volta in volta avvalse.
Epperò, se valutazione di tipo sostanziale deve essere, è ragionevole che tale essa sia a tutto tondo.
Ne consegue, anche per ragioni di coerenza, che termini di riferimento oggettivo della disciplina al vaglio non possono essere le diverse fattispecie negoziali, anche variamente collegate tra loro, quanto, piuttosto, le operazioni stesse per i loro risultati pratici o, altrimenti detto, avvalendosi della più moderna terminologia in uso presso la dottrina del contratto, l'operazione economica, l'affare cioè che è sotteso al contratto concretamente concluso, a prescindere dal tipo cui esso debba essere ascritto.
Proprio perché la valutazione deve essere di carattere tutto sostanziale, bisogna anche evitare di assimilare fattispecie accomunate tra loro per la sola ricorrenza di aspetti prettamente tecnico-formali.
Ciò per dire che, sebbene si sostenga la riconducibilità delle fattispecie al vaglio al nuovo regime normativo, ancorchè in relazione alla conclusione di un contratto di appalto quale strumento per la realizzazione dell'acquisto immobile, conclusione diversa deve valere per l'ipotesi in cui, dal proprietario di un suolo, semplicemente ne venga commissionata la edificazione.
A fronte della identità del tipo contrattuale, cui le parti nelle diverse ipotesi fanno ricorso, del tutto diversa è, infatti, nell'uno e nell'altro caso, il senso dell'operazione.
Mentre nelle fattispecie in commento il proprietario del suolo intende in realtà disfarsene per acquistare un diverso cespite (abitazione, ufficio, locale commerciale o altro) e, in ragione di questo suo programma, è portato a prospettarsi il realizzando cespite come tuttavia opus perfectum, diversamente, nella fattispecie del mero appalto di costruzione, il concedente è naturalmente predisposto a più compiutamente prospettarsi la fase di svolgimento dei relativi lavori.
è più impellente in quelle fattispecie, che non in questa, l'opportunità di tutelare l'acquirente dell'immobile contro il rischio della formulazione di programmi contrattuali carenti e, dal punto di vista regolamentare, inadeguati.
Nell'appalto, inoltre, il coinvolgimento del committente nell'intero processo di costruzione corrisponde al significato dell'affare, cosicchè eventuali sospensioni dei lavori, quali possano derivare da una situazione di crisi dell'appaltatore (pur gravandolo dell'onere di dover provvedere ad un nuovo affidamento dell'incarico, tuttavia) semplicemente gli richiedono di interessarsi ad una vicenda afferente ad una fase naturale dell'operazione; laddove nelle esaminate operazioni di do ut facias il prodotto finito assorbe in sé e contrae, fino ad annullarla, ogni fase della sua realizzazione, per cui eventuali interruzioni dei lavori portano alla ribalta un momento che sarebbe dovuto restare invece nell'ombra alla stregua del significato pratico del convenuto affare.
Nelle operazioni comunque finalizzate all'acquisto di immobili da costruire, l'acquirente corre un rischio, quello dell'andamento dell'impresa durante la fase della edificazione, che tipicamente, ove rivolga le sue preferenze verso un immobile già costruito, non sarebbe costretto a sopportare, cosicchè la fideiussione viene imposta per far fronte ad un'alea occasionata dalla circostanza, nuova e contingente, dell'attuale inesistenza dell'immobile stesso, quando, invece, essa alea (che già si è rivelata essere comunque meno grave, fino a potersi ridurre al minimo se l'appaltatore, come si verifica spesso nella prassi, viene pagato ad avanzamento lavori) risulta del tutto connaturale all'operazione di appalto in quanto tale.
Entità della perdita e garanzia fideiussoria nelle descritte fattispecie sostitutive della permuta
L'argomento merita senz'altro un supplemento di riflessione.
V'è, infatti, che, mentre nella permuta l'originario proprietario del suolo , il quale si svincoli dal contratto per il sopraggiungere di una situazione di crisi dell'impresa costruttrice, conteggia a proprio danno una perdita economica corrispondente al valore della prestazione da lui stesso eseguita, nelle fattispecie ora considerate, nelle quali esso originario proprietario del suolo se ne è riservata una quota di comproprietà, risolto il contratto (rectius: i contratti tra loro collegati), resta comproprietario delle opere che, sul suolo, eventualmente siano già state realizzate.
In altri termini, nella permuta, come nella compravendita, il rischio di cui si discute, e contro il quale è chiamata ad intervenire la nota fideiussione, è per l'acquirente del futuro immobile senz'altro pieno, mentre può essere più limitato nelle diverse sopramenzionate fattispecie di do ut facias.
La diversa entità del rischio economico non può essere in grado, tuttavia, di giustificare una diversa rilevanza delle varie figure negoziali rispetto alla legge in commento.
Innanzitutto, è facile intendere che, anche nelle operazioni alternative alla permuta, la circostanza che, all'insorgere della situazione di crisi, siano state già realizzate opere di costruzione è soltanto eventuale.
Inoltre, vale comunque la constatazione che l'originario proprietario del suolo non riceve l'immobile che intendeva acquistare, alla stessa stregua di qualsiasi acquirente di immobile da costruire il quale veda delusa la sua aspettativa, e che, di contro, le opere pur eventualmente già realizzate saranno di valore normalmente inferiore a quello che sarebbe stato proprio dell'immobile ultimato, quale dedotto in contratto, e comunque inferiore a quello della alienata quota di comproprietà del suolo.
Ciò, a parte i casi nei quali l'occupazione del suolo con opere incompiute costituisca addirittura un intralcio per intraprendervi successivamente una nuova iniziativa edificatoria (e a prescindere dalle complicazioni inevitabilmente connesse con il regime di comunione oramai instauratosi sul suolo stesso).
Si tratterà dunque di individuare quale sia il più congruo meccanismo di diritto positivo che consenta di conteggiare, normalmente a carico dell'acquirente, il valore delle opere già compiute.
Resta da accertare, allora, se la fideiussione debba garantire l'acquirente dell'intero suo esborso o, invece, soltanto della perdita che egli abbia sopportato: in tal caso, oltre ad una fideiussione progressiva, la cui portata aumenti man mano che vengano versati ulteriori acconti, che la dottrina ha già prospettato in tema di compravendita, possa anche profilarsi l'idea di una fideiussione regressiva, che, nelle fattispecie considerate, si riduca periodicamente, di pari passo con l'implementazione delle opere eseguite, cosicchè ancora una volta potrebbero ridursi in una qualche misura i costi della garanzia che, come è chiaro, saranno per sempre destinati a ribaltarsi sul consumatore finale.
Occorre muovere dalla considerazione che il congegno della garanzia fideiussoria è chiamato ad assolvere ad una funzione meramente riparatrice e in nessun modo speculativa, per cui è fuor di dubbio che l'acquirente dovrà comunque vedersi conteggiato il valore delle opere che avrà mantenuto per se stesso.
Come si è detto, l'alternativa intercorre tra il tenerne conto direttamente in sede di escussione della garanzia fideiussoria o farne conseguire soltanto un obbligo di rimborso, a carico dell'acquirente e a favore del venditore/costruttore.
Ebbene, soluzione preferibile appare, - pur nella consapevolezza della provvisorietà dei primi esiti interpretativi della nuova legge -, quella che reputa la fideiussione come svincolata dall'effettiva perdita subita dall'acquirente, e connessa, di contro, esclusivamente all'entità della prestazione da lui stesso eseguita.
In tal senso sembra già chiaramente disporre la prescrizione del primo comma dell'art. 3, a tenore della quale la fideiussione deve garantire la restituzione "delle somme e del valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscossi" (in uno agli interessi legali), soprattutto se la si raffronti con le disposizioni del primo comma dell'art. 12 e dell'art. 13, concernenti l'istituzione e l'accesso al Fondo di Solidarietà, ove, invece, si contempla espressamente la perdita che l'acquirente abbia subito.
Vero è che l'acquirente è interessato a conseguire l'immobile ultimato e che l'esecuzione soltanto parziale di questo può comportare per esso acquirente una situazione anche di grave disagio, sotto il profilo economico o, più genericamente, gestionale (cfr. art. 936 c.c.).
In ogni caso, mentre il calcolo del valore delle opere già realizzate quale a conteggiarsi a carico dell'originario proprietario del suolo non è di immediata elaborazione (al riguardo dovrebbe trovare applicazione il secondo comma del citato art. 936), una effettiva tutela di quest'ultimo suggerisce, come anche si evince dai commi 4, 5 e 6 dell'art. 3, di non intralciare in alcun modo l'escussione della garanzia.
D'altra parte, venendo in tal guisa posto in primo piano il profilo qualitativo dell'interesse dell'acquirente, risulta rispettato appieno lo spirito dell'intera disciplina al vaglio, che, nel dettagliare il contenuto necessario del contratto, mostra di voler assicurare il più ampio spazio, per l'appunto, a quelle istanze dell'affare che sono connesse con il livello qualitativo della prestazione.
Non da ultimo è da tenere presente che la correlazione ora prospettata si armonizza meglio con il principio della par condicio creditorum, in quanto, rendendosi il valore delle opere preliminari quale oggetto di un successivo rimborso al venditore/costruttore, se ne consente l'acquisizione alla massa fallimentare e si assicura così, il concorso, sulla relativa somma, insieme con il soggetto che abbia prestato la fideiussione, e agisca in regresso, anche di tutti gli altri creditori; all'opposto, l'imputazione di detto valore alla prestazione del fideiussore verrebbe a determinare il conseguimento, da parte sua, di una posizione di immotivato privilegio.
La situazione di crisi in relazione alla permuta e agli altri contratti ad essa alternativi
Non è in questa sede che si deve sottoporre a dettagliata analisi, nella sua globalità, il momento della situazione di crisi, al cui verificarsi è condizionata l'escussione della garanzia fideiussoria.
Di certo i profili di incongruenza della nozione quale espressamente proposta dal legislatore vengono subito in evidenza, appena se ne constati il riferimento, oltre che alle procedure concorsuali, altresì al pignoramento, comunque soltanto dell'immobile a trasferirsi, e non anche all'ipoteca, giudiziaria o volontaria, o al sequestro conservativo ovvero all'esperimento di domande giudiziali; tuttavia il tema della tassatività, o meno, dell'elencazione normativa, come pure quello del carattere, assoluto o relativo, della presunzione di crisi connessa con l'avvio di una procedura esecutiva individuale non attiene, in modo specifico, all'area delle fattispecie negoziali ora in esame.
Quanto a queste può risultare utile, invece, una qualche precisazione in ordine alle ripercussioni che determina, nel vincolo contrattuale, l'esercizio, da parte dell'acquirente, del diritto potestativo di recesso che gli spetta quando, per l'appunto, una delle situazioni di crisi abbia luogo.
è rilievo preliminare che, nel caso della permuta, solo allora l'immobile in costruzione può legittimamente essere reso oggetto di pignoramento, in quanto si contesti che la trascrizione di contratti traslativi aventi ad oggetto beni futuri esplichi immediata efficacia dichiarativa: altrimenti, una volta trascritta la permuta, nessuna ulteriore trascrizione, nemmeno quella del pignoramento, potrà mai essere opposta all'acquirente del costruendo immobile.
Analoghe considerazioni possono ripetersi per il contratto di scambio cui sia collegata la divisione del realizzando complesso edilizio; vale invece a precludere senz'altro ogni proficua trascrizione di successivi pignoramenti dell'immobile in questione, la trascrizione del contratto che si configuri in termini di reciproca concessione di diritti di superficie (che, in quanto ineriscono al suolo, riguardano un bene già attualmente esistente).
Ciò posto, mette conto di sottolineare che la ragion d'essere della fideiussione, anche in relazione alle fattispecie contrattuali tutte ora in esame, dipende dalla circostanza che, risolvendosi il vincolo contrattuale, il contraente che aveva trasferito, per intero o pro quota, l'area edificabile, non ne recuperi la titolarità ma consegua soltanto un diritto di credito al controvalore in denaro.
Qualora, infatti, il recesso dal contratto comportasse l'automatica riacquisizione dell'area precedentemente trasferita, esso contraente non necessiterebbe di essere garantito per il recupero di alcunché.
Ne consegue che l'escussione della fideiussione sarà inevitabile se il costruttore, prima di essere sottoposto a procedura concorsuale, abbia disposto dell'area trasferitagli, e, invece, ove ciò non si sia verificato, dipenderà dall'opinione che si segua, in generale, con riguardo all'incidenza delle procedure concorsuali sulla ricuperabilità della res da parte del contraente che l'abbia trasferita in virtù del contratto che, ricorrendone i presupposti, venga risolto proprio per l'assoggetamento del cessionario a procedura concorsuale.
A tal proposito occorrerà allora anche accertare se la riacquisizione del cespite sia compatibile con la circostanza che esso risulti gravato da diritti parziari ovvero, in una diversa prospettiva, come vi incida la circostanza che il cessionario abbia già compiuto atti di disposizione di altri cespiti dei quali fosse prevista la realizzazione oppure, ancora, nella misura in cui lo si reputi compatibile con la fattispecie al vaglio, come debba valutarsi, ai fini della riacquisizione dell'area, l'intervenuto pignoramento dell'immobile in questione, che pure sull'area stessa insiste.
La persistenza, con riguardo alle operazioni negoziali in esame, di problemi concernenti in generale il nuovo regime normativo. Il problema della sussistenza di gravami sull'immobile
Anche, con riferimento alla permuta, come pure al contratto di cessione pro quota del suolo verso corrispettivo dell'appalto, collegato o alla divisione del futuro edificio o alla concessione di reciproci diritti di superficie, si pongono ovviamente tutti quegli interrogativi concernenti, in generale, la contrattazione di immobili da costruire alla stregua della nuova disciplina.
Così, ad esempio, tra i fondamentali, quello concernente l'individuazione del momento traslativo dell'immobile, quello inerente alla definizione di termini di decadenza della fideiussione e, primo tra tutti, l'interrogativo che riguarda il presupposto soggettivo di applicazione delle disposizioni al vaglio e, dunque, se con essa si sia inteso tutelare soltanto l'acquirente che agisca in veste di consumatore oppure qualsiasi acquirente di immobile da costruire, purchè si tratti – ma di ciò ancora non si comprende quale possa essere la ragione – di persona fisica.
Rileva, qui, anche la problematicità della disposizione dell'art. 8, portante il divieto, a carico dei Notai, di procedere alla stipula dell'atto di compravendita quando non sia stata disposta la cancellazione di ipoteche o pignoramenti che gravino sull'immobile ovvero non sia intervenuto il frazionamento del finanziamento, in uno, evidentemente, con quello della garanzia ipotecaria che lo assista.
Si tratta di disposizione di non agevole comprensione.
Tra le diverse interpretazioni ipotizzabili appare preferibile quella che la intenda come volta a preservare, sebbene in modo per più versi irrazionale, le ragioni di quello stesso acquirente di immobile da costruire cui è rivolta la restante parte della disciplina in commento (salvo che in quelle norme aventi portata espressamente più ampia).
Se però, pur in questo più limitato ambito, il divieto venisse riferito a qualsiasi compravendita che intervenga in una vicenda concernente immobile da costruire, l'autonomia dei privati ne risulterebbe troppo gravemente compressa.
Invero, atteso il normale ricorso al finanziamento bancario da parte del costruttore, le possibilità di concludere, in luogo di un preventivo contratto preliminare, direttamente una compravendita, ad effetti reali differiti, di cosa futura, resterebbe in pratica preclusa, in quanto il frazionamento in quote dell'ipoteca che sia stata iscritta a garanzia del finanziamento stesso rinverrebbe un decisivo ostacolo proprio nella circostanza che il cespite non sia stato ancora costruito.
Vale sottolineare che, sebbene la menzionata disposizione sancisca il predetto divieto soltanto, letteralmente, per la compravendita, nondimeno, ricorrendone le medesime ragioni, lo si deve ritenere esteso anche ad ogni altro contratto definitivo di diverso tipo, che pur sempre coinvolga un immobile da costruire: così, in primo luogo, la permuta, ma poi, senz'altro, anche le altre fattispecie contrattuali che ne costituiscono ricorrente alternativa; contratti, questi, i quali tutti si caratterizzano, a tal proposito, per l'esclusiva circostanza che l'ipoteca, che la banca chiederà di ottenere in garanzia sull'intera area, dovrà essere concessa o dal suo originario proprietario, quale terzo datore, anteriormente all'operazione di trasferimento della stessa, o, se in un momento successivo, pur sempre con il suo concorso.
Una qualche precisazione merita piuttosto la permuta.
Non v'è dubbio che, pur alienati alcuni cespiti che saranno costruiti sull'area, questa, in quanto tale, potrà essere ipotecata per intero anche soltanto dal suo proprietario attuale, e quindi prescindendo dall'intervento dell'originario proprietario dell'area stessa/acquirente di futuri immobili che vi saranno edificati: tale intervento si renderà invece necessario ove la banca finanziatrice preveda che l'ipoteca impegni l'area per il suo valore complessivo e, dunque, per la sua intera capacità edificatoria.
Epperò, proprio il divieto al vaglio potrà rivelarsi ugualmente preclusivo dell'operazione di permuta, sia nell'ipotesi di cui da ultimo, sia pure nell'ipotesi prospettata in precedenza, in cui l'ipoteca venga concessa dal solo costruttore/cessionario dell'area: ciò, a condizione che si assuma che la trascrizione di contratti reali ad effetti differiti (per l'appunto, la permuta in relazione al trasferimento dell'edificando immobile) non valga mai quale mezzo di risoluzione dei conflitti tra più aventi causa, e sia invece costretta a soccombere anche alla forza espansiva dell'ipoteca che venga iscritta sull'area, ove l'immobile dedotto nel contratto traslativo si troverà in futuro ad insistere.
Il punto è che il divieto di cui si discute non sembra rivolto affatto ai contratti che abbiano ad oggetto immobili da costruire.
è vero che la norma dell'art. 8 è inserita in una disciplina che si preoccupa di offrire garanzie all'acquirente di immobili da costruire.
Si è già detto che la norma stessa deve essere interpretata come diretta a tutelare proprio tale acquirente.
Deve finalmente chiarirsi che, quando l'immobile sia ancora in fase di costruzione, esso acquirente è già adeguatamente tutelato dalle fideiussione, dalla quale è garantito contro il verificarsi di situazioni di crisi, compresa l'escussione dell'immobile oggetto del suo acquisto.
Conseguentemente, se la norma deve avere un minimo di razionalità, il divieto più volte menzionato necessita sì di essere calato nel regime di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, ma, ivi, può intervenire soltanto in riferimento al contratto traslativo, ad effetto immediato, che fosse concluso, ad intervenuta ultimazione dell'opera, in adempimento di un precedente preliminare.
Solo in questo caso, invero, l'acquirente si trova esposto in pieno al rischio di azioni esecutive sull'immobile; nel caso in cui l'immobile non sia stato costruito, quale che sia il contratto concluso, preliminare o definitivo, egli già gode invece della apposita protezione della fideiussione, che potrà essere escussa, per l'appunto, anche a seguito del pignoramento dell'immobile dedotto in contratto.
La scomposizione della permuta in due contratti collegati…
è un'eventualità, nella prassi non rara a verificarsi, e che potrebbe essere resa ancora più frequente proprio dal diffondersi della più ampia interpretazione dell'evidenziato divieto dell'art. 8, che le parti preferiscano destrutturare il contratto di permuta in due contratti, l'uno di natura traslativa, con il quale il suolo viene venduto al costruttore, l'altro di natura meramente obbligatoria, con il quale quest'ultimo si impegna a vendere all'originario proprietario del suolo uno o più cespiti quando vi saranno stati edificati.
Affinchè l'operazione si compia senza esborso di danaro si pattuisce, poi, che i termini di pagamento del prezzo delle due compravendite, quella immediata e quella che sarà posta in essere in adempimento del preliminare che vi è collegato, abbiano a coincidere: i relativi debiti potranno così, automaticamente, compensarsi tra loro.
La scomposizione strutturale dell'unitaria operazione economica risulta in grado di meglio tutelare gli interessi in gioco, quando l'originario proprietario del suolo non intenda limitarsi a convertirlo in uno o più cespiti edilizi, ma già preveda di massimizzare l'utilità dello scambio mediante la successiva vendita dei cespiti stessi.
Per evitare che siano resi oggetto di un doppio trasferimento, con la conseguente duplicazione di imposta e l'immancabile aggravio di costi, il preliminare di compravendita viene allora concluso per persona da nominare; la vicenda si arricchisce di momenti di ulteriore complessità allorchè, alla conclusione del preliminare, si accompagni anche il rilascio, a favore del promissario acquirente, di apposita procura a vendere.
Occorre adesso chiedersi se questa più articolata combinazione negoziale presenti profili di specifico interesse in relazione al particolare regime di garanzie in commento.
V'è innanzitutto che nessun dubbio può porsi in ordine al suo coinvolgimento nella nuova disciplina.
La finalizzazione del preliminare al trasferimento di beni futuri è infatti fuori discussione.
Nondimeno le ragioni per le quali la duplicazione dei contratti desta l'attenzione dell'interprete risiede essenzialmente nello iato che essa determina tra configurazione formale e profilo sostanziale dell'operazione.
Invero, secondo il mero dato strutturale, l'acquirente dei realizzandi immobili non anticipa, per il loro acquisto, alcun corrispettivo, in quanto il trasferimento del suolo rinviene la sua giustificazione causale nel prezzo che il suo acquirente si è impegnato a corrispondergli.
Se ne potrebbe trarre l'illazione che, dovendo il preliminare sottostare ai vincoli contenutistici sanciti dall'art. 6, tuttavia la garanzia fideiussoria prescritta dagli artt. 2 e 3 non si rende obbligatoria.
Il ragionamento pecca chiaramente di formalismo e può essere confutato seguendo percorsi argomentativi di diverso ordine.
Si potrebbe ritenere, ad esempio, di scorgere nei due contratti di compravendita, definitivo e preliminare, un'operazione simulata che dissimuli, per l'appunto, un contratto di permuta.
Il trasferimento del suolo si manifesterebbe subito come il vero corrispettivo dell'acquisto del futuro immobile, e dovrebbe essere necessariamente assistito da garanzia fideiussoria, pena la nullità, relativa, del contratto che quelle due vicende contestualmente contempli.
Alla medesima conclusione si potrebbe pervenire anche per altra via.
Altro è, infatti, creare l'apparenza di una fattispecie negoziale, riproducendone tutti gli elementi essenziali, altro rinnegarla in quanto, nel momento stesso in cui la si formalizzi, si provveda anche a neutralizzare qualcuno di quegli essenziali elementi.
Nell'ipotesi al vaglio, allora, più che la ricorrenza di una simulazione, sarebbe plausibile scorgere l'esempio di una errata qualificazione della fattispecie ad opera delle sue parti, che, pur volendo concludere un contratto di permuta, lo abbiano, per l'appunto, impropriamente, all'uopo sdoppiandolo, definito in termini di compravendita e preliminare.
Anche in questa prospettiva la necessità della fideiussione risulta subito conseguenza inconfutabile.
Epperò, il carattere pur sempre obbligatorio della fideiussione merita di essere sostenuto, a ben riflettere, pur quando non si condivida la ricostruzione poc'anzi prospettata.
Si è già posto in risalto, da un lato, che la disciplina in commento è orientata in senso marcatamente sostanzialistico, cosicchè vi assume rilevanza, anziché la dimensione della fattispecie, il profilo economico dell'operazione.
è affermazione oramai ricorrente, dall'altro, che proprio il collegamento negoziale costituisce tipico momento di emersione, sul piano giuridico, del sottostante affare: la sua rilevanza risiede, in altri termini, nel veicolare sul piano della giuridicità gli interessi concreti delle parti oltre i termini del regolamento negoziale.
Nel caso di specie, il collegamento tra compravendita e preliminare, accomunati dalla pattuizione di un medesimo termine per il pagamento dei prezzi rispettivamente convenuti, rivela il reale interesse dei contraenti ad utilizzare il suolo, oggetto di vendita, come fattore di scambio dei cespiti oggetto del preliminare.
Ebbene, o si reputa che tale interesse assuma importanza per il diritto in virtù della generale rilevanza che oramai si riconosce al fenomeno del collegamento negoziale, o si ritiene che comunque esso sia significativo, ai fini dell'applicazione della presente normativa, in ragione della vocazione di essa stessa normativa a valorizzare i concreti interessi in gioco oltre gli angusti limiti della fattispecie: in entrambi i casi il rilascio della garanzia fideiussoria si rivela ancora una volta insuperabile.
Valga aggiungere, semmai, una considerazione che trascende il particolare tema dei problemi introdotti dalla novità legislativa in esame.
Il convogliamento degli immobili da costruirsi in un contratto meramente obbligatorio ha origine, come si è già detto, nell'esigenza di poter intestare direttamente a terzi, aventi causa dall'originario proprietario del suolo, i predetti immobili, che egli riceva in cambio del suolo stesso.
La necessità che gli immobili da costruirsi siano resi oggetto di un contratto ad effetti obbligatori, anziché di un contratto traslativo, ad effetti reali differiti, potrà dipendere, peraltro, anche dalla sussistenza di ipoteche non ancora frazionabili, se il divieto posto dall'art. 8 non venga circoscritto, come invece dovrebbe sostenersi, ai soli contratti traslativi riguardanti immobili ormai ultimati.
Occorre prendere atto, allora che la suddivisione della permuta in due contratti di compravendita, definitivo e preliminare è operazione ultronea rispetto alle finalità che le parti perseguono.
Basterebbe strutturare il contratto, pur sempre unico, come contratto di scambio tra il trasferimento del suolo edificatorio e l'assunzione dell'obbligo di trasferimento dei cespiti che ne costituiscono contropartita; l'atto che attui la vicenda traslativa di questi ultimi, e che può essere posto in essere anche nei confronti del terzo nominato dal contraente che abbia ceduto il suolo, varrebbe come atto solutorio, concluso in adempimento del preventivo obbligo.
E tuttavia la soluzione, che si è definita ultronea, ancora una volta può risultare imposta da ragioni prettamente operative: ciò quando, ad esempio, il ricorso, da parte del costruttore, ad un finanziamento ipotecario renda necessario, a causa per vero di una malintesa interpretazione del privilegio nascente dalla trascrizione del preliminare, di non formalizzare quest'ultimo, come invece occorre che avvenga per la cessione del suolo, in un atto notarile, in quanto tale inevitabilmente soggetto alla formalità pubblicitaria.
…(segue) l'ipotesi del collegamento successivo
V'è un caso nel quale sembra che della fideiussione può farsi a meno: è il caso in cui il contratto preliminare dei futuri immobili venga concluso successivamente al contratto traslativo del suolo, e a seguito di una ulteriore valutazione di convenienza, sebbene i termini di pagamento ancora una volta risultino essere coincidenti in entrambi i contratti.
Ora, infatti, quale sia il modo di ricostruire il rapporto che si instaura tra le due vicende giuridiche, vale pur sempre la constatazione che l'originario proprietario del suolo aveva accettato di correre il rischio del cattivo andamento dell'impresa di costruzione del cessionario fuori dalle ipotesi per le quali l'ordinamento abbia ritenuto opportuno apprestargli protezione, e che l'entità di tale rischio resta immutata anche a seguito della conclusione dell'ulteriore contratto preliminare.
Diversa, e più rigorosa, dovrebbe essere la conclusione, allorchè invece, in occasione del perfezionamento di quest'ultimo, si modifichi il termine di pagamento del precedente contratto di trasferimento, procrastinandolo in modo da farlo scadere all'unisono con quello del preliminare stesso.
In tal guisa la convenzione modificativa di quel termine, modificando l'originario assetto e ricomponendolo in una più ampia combinazione, vale anche a collocare il rischio del proprietario del suolo nella diversa dimensione nella quale gli è riconosciuta la tutela in commento.
La modificazione dell'originaria configurazione dei rapporti contrattuali può inoltre riguardare, anziché i termini di pagamento, anche il termine di adempimento dell'obbligo di trasferire, cosicchè, per accordo espresso o tacito, venga prorogato ben oltre il momento dell'ultimazione, normalmente per consentire al promissario acquirente di organizzarsi per la (ri)vendita.
Nessun dubbio sulla legittimità dell'operazione.
Fermo tutto quanto si è detto sul tema delle alterazioni dello schema della permuta di cosa presente con cosa futura, si pone, al riguardo, il duplice, non trascurabile problema della incidenza, sulla fideiussione, delle modifiche concernenti il rapporto obbligatorio garantito e, più in generale, della sussistenza, o meno, di termini, inferiori a quelli dell'ordinaria prescrizione, oltre i quali, pur ultimato il cespite, se non ne venga compiuto il trasferimento, il fideiussore possa reputarsi liberato.
Entrambe le questioni riguardano la particolare materia della garanzia fideiussoria, rispetto alla quale, quanto segnatamente alla questione dell'anzidetto termine, si ritiene di dover soltanto evidenziare come l'idea che il rischio del verificarsi di situazioni di crisi debba essere sopportato sine die dal garante, appaia irrazionale e, in quanto eccessivamente penalizzante per quest'ultimo, anche motivo di sicura implementazione dei costi, che, per procurarsi la fideiussione, il costruttore, ma in definitiva il suo cliente, sarà costretto a sostenere.
Qualora, infine, l'operazione venga ideata sin dall'origine come unitaria, ma, per converso, la si completi in tempi successivi, è difficile ipotizzare, anche solo in teoria, che al primo atto, che si configura come trasferimento del suolo dietro corrispettivo di un prezzo, già si accompagni il rilascio della garanzia fideiussoria: questa interverrà, verosimilmente, quando sarà anche emerso il collegamento con l'atto di acquisto degli edificandi immobili.
Ora, tale differimento non deve intendersi come necessariamente illegittimo, sia perché, ponendosi da una certa angolazione, potrebbe assumersi che il contratto che interessa ai fini della disciplina in commento - quello, per l'appunto, dissimulato o quale dovrà essere correttamente qualificato - ancora non è stato perfezionato e, di esso, è stata realizzata soltanto una prima tranche; sia perché, riconducendo l'operazione al fenomeno del collegamento negoziale tra più contratti, può pur sempre asserirsi che, intanto l'unitarietà dell'affare assume rilievo in positivo, in quanto anche si realizzi il presupposto della sua emersione sul piano giuridico.
La conclusione della permuta in data anteriore al rilascio del permesso di costruire
La disamina della permuta del suolo contro immobili, che vi saranno costruiti, si interseca, immancabilmente, con la questione della incidenza, ai sensi della nuova disciplina, del permesso di costruire, atteso che, come oramai ben noto, essa, in base al combinato disposto dei suoi primi sei articoli, risulta chiamata ad intervenire soltanto quando oggetto del contratto siano immobili per i quali il permesso di costruire, o altro idoneo titolo abilitativo, se non già rilasciato, sia per lo meno già stato richiesto.
Innanzitutto una premessa di ordine generale.
In base alla normativa urbanistico-edilizia vigente, la legittimità dei contratti traslativi di immobili da costruire non deve ritenersi subordinata al previo rilascio del titolo edilizio che si renderà necessario per realizzare la costruzione.
Nonostante qualche opinione di segno opposto, valga la assorbente considerazione che le menzioni richieste nei contratti traslativi, in ordine ai provvedimenti concessori dell'immobile, assolvono, per assicurare il controllo della regolarità edilizia, ad una funzione ricognitiva dello stato di fatto e non ad una funzione programmatica, quale invece si pretenderebbe di assegnare loro se ne si imponesse il compimento anche nei contratti traslativi ad effetti reali differiti portanti l'impegno di costruire; impegno in relazione al quale, quelle menzioni, in quanto la costruzione ancora a compiersi potrà comunque disattendere le prescrizioni della pubblica autorità, in alcun modo garantirebbero invero la regolarità dell'immobile.
Ciò posto, - e ribaditasi la conclusione che, in via di principio, non sussistono impedimenti ad ammettere contratti traslativi di immobili futuri quando ancora ne manchi il permesso di costruire, che, evidentemente, dovrà pur sempre essere previamente conseguito per compiere la costruzione -, devono farsi ora i conti con le previsioni della normativa in commento.
Ebbene, è il caso di dire subito che la legittimità del contratto continua a non essere subordinata, né al rilascio del permesso di costruire, né alla sua stessa richiesta.
La nuova legge non ha inteso comprimere l'autonomia dei privati, ma ponendo rimedio, nel settore di riferimento, a situazioni che ne possono alterare la fisionomia, ha voluto, anzi, assicurare la più piena esplicazione delle sue potenzialità.
In coerenza con il suo spirito, deve escludersi che la previsione in essa contenuta, la quale ne subordini l'applicazione alla circostanza che il permesso di costruire sia stato rilasciato o almeno richiesto, valga anche a vietare la conclusione di contratti, concernenti immobili da costruire, in epoca anteriore a tale rilascio o richiesta.
Alla autolimitazione del suo ambito di intervento può, dunque, riconoscersi tutt'altro senso.
Appare verosimile che il legislatore abbia inteso più semplicemente offrire un sistema di protezione a quel solo contraente che, nell'acquistare un immobile non ancora edificato, non abbia anche manifestato una certa qual propensione ad accettare rischi di irrealizzabilità dei suoi programmi, come invece proprio si verifica nell'ipotesi in cui ci si impegni contrattualmente in relazione ad un immobile, la cui futura edificazione non risulti sorretta neanche da quel minimo indizio di fattibilità che è rappresentato dalla già intervenuta richiesta del permesso di costruire, con la presentazione del relativo progetto.
Secondo l'interpretazione proposta, bene potrebbe la permuta al vaglio essere perfezionata pur quando la pratica edilizia sia ancora tutta da approntare; allo stesso modo, nella medesima situazione, potrebbero legittimamente concludersi anche quei diversi contratti già precedentemente esaminati, cui talvolta si fa ricorso in via alternativa alla permuta stessa.
In tutti i casi il sistema di tutela offerto dallo speciale regime in commento non troverà applicazione e eventuali carenze nell'individuazione del contenuto contrattuale potranno rilevare alla stregua della più generale disciplina applicabile al contratto di specie.
Bisogna prendere atto, nondimeno, che quando il suolo ancora sia carente del permesso di costruire, l'operazione transita normalmente per la conclusione di un contratto preliminare, nel quale il costruttore assume a suo carico i costi inerenti alla redazione del progetto edificatorio e allo svolgimento della pratica amministrativa per il rilascio del relativo titolo abilitativo, che a sua volta viene anche dedotto come condizione risolutiva del contratto.
L'osservazione di questa prassi operativa induce a formulare, proprio con riguardo allo specifico argomento appena affrontato, un'ulteriore ipotesi interpretativa.
Se è vero che il sistema di garanzie predisposte dalla legge in commento non ha ragione d'essere quando il contraente, con le sue scelte operative, mostri in qualche modo spregiudicatezza proprio in ordine alla gestione di quegli interessi alla cui tutela tale sistema di garanzie è diretto, allora, nel rispetto delle sue stesse finalità, esso - si può immaginare, ma si tratta ancora di una prima impressione - dovrebbe tornare in vigore quando l'anticipazione della conclusione del contratto, rispetto alla richiesta/rilascio del permesso di costruire, non valga anche ad esprimere quella propensione al rischio che si è supposta essere preclusiva alla sua applicazione.
In questa prospettiva, - che come si è precisato, appartiene però ancora al campo delle ipotesi -, la contrattazione preliminare che si è tratteggiata poc'anzi dovrebbe considerarsi attratta nell'orbita della nuova legge, in quanto la subordinazione del contratto alla condizione risolutiva del mancato rilascio del permesso di costruire, unitamente alla circostanza che il proprietario del suolo/promissario acquirente di immobili che vi saranno edificati non anticipa corrispettivi di sorta, ne evidenzia, tutt'altro che audacia, un atteggiamento di congrua cautela.
La medesima conclusione potrebbe anche proporsi in riferimento direttamente alla permuta di cosa presente con cosa futura, anziché al corrispondente contratto preliminare, purché, il rilascio del permesso di costruire sia dedotto in una condizione risolutiva che vi risulti opportunamente apposta.
Bisognerebbe allora ammettere che quegli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta, i quali per disposizione dell'art. 6, 1° comma, lett. I), devono essere indicati nel contratto, nei casi considerati saranno invece mancanti e, in loro vece, questo conterrà la previsione di termini e modalità alla cui stregua la menzionata condizione dovrà ritenersi avverata.
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