Il contenuto della garanzia fideiussoria ex D.lgs.122/2005 e le conseguenze della sua incompletezza ed erroneità
Il contenuto della garanzia fideiussoria ex D.lgs.122/2005 e le conseguenze della sua incompletezza ed erroneità
di Francesco Macario
Ordinario dell'Università di Foggia
La garanzia fideiussoria speciale ex D.lgs.122/2005 e il modello generale della garanzia accessoria
In quanto avente ad oggetto una sostanziale novità nel panorama normativo in materia di contrattazione immobiliare (con un precedente, assai meno risonante, costituito dalla fideiussione imposta dal legislatore a garanzia dell'ultimazione dei lavori di costruzione dell'immobile in materia di multiproprietà, ex art. 7 D.lgs.427/1998), ciò che spiega la collocazione legislativa nelle disposizioni iniziali, segnatamente agli artt. 2 e 3 del Decreto Legislativo 20 giugno 2005, n. 122, (unitamente alla descrizione delle caratteristiche del contratto traslativo cui la fideiussione deve accedere), l'analisi della disciplina della garanzia fideiussoria è di regola preceduta dall'indagine relativa all'ambito di applicazione della nuova normativa e, in tal senso, ai presupposti di tipo soggettivo e oggettivo, peraltro ben delineati dal legislatore (in positivo e in negativo, per così dire, ossia definendo le fattispecie esenti).
Benché si tratti di aspetti strettamente connessi ed anzi preliminari alla trattazione del nostro tema, in questa sede ci si limiterà tuttavia all'analisi della disciplina legale del contenuto che la garanzia deve avere e dei relativi aspetti sanzionatori per l'inosservanza delle disposizioni di legge, non senza porre, tuttavia, alcune premesse di carattere generale sulla novità introdotta dal legislatore rispetto al modello della garanzia fideiussoria così come codificato, schema contrattuale da sempre - e, potrebbe aggiungersi, un po' ovunque, almeno se si considerano gli ordinamenti con i quali siamo soliti condurre l'analisi comparativa - emblematicamente rappresentativo della garanzia personale accessoria.
Accertato che si tratta, nell'ipotesi in esame, non già di un'ulteriore fattispecie giuridica di "fideiussore ex lege", bensì di un nuovo obbligo o forse più propriamente onere (come nota opportunamente LUMINOSO, 2005, p.12) di prestare la garanzia a carico del "costruttore" alienante (o promittente alienante), un primo dato attiene allora alla particolarità degli interessi che il legislatore ha inteso tutelare con la nuova figura di fideiussione (così come era avvenuto, del resto, con la già ricordata fideiussione imposta in materia di multiproprietà, ex art. 7 D.lgs.427/1998); specificità che determina l'esigenza di tipizzazione sul piano contenutistico e nella disciplina operativa.
Secondo la logica della parità formale e pertanto di neutralità che appartiene a tutti gli istituti del diritto dei contratti codificato, impermeabili alle implicazioni delle connotazioni socio-economiche dei soggetti contraenti, un tempo relegate al piano del mero fatto ma ormai idonee a determinare curvature della disciplina ai limiti dello snaturamento delle categorie tradizionali - esemplare è certamente il caso della nullità c.d. di protezione, su cui si dovrà tornare più avanti -, il modello fideiussorio del codice civile esprime un istituto le cui regole sono incentrate, evidentemente, sulla tutela del fideiussore nei diversi risvolti disciplinari (è sufficiente scorrere i titoli delle cinque sezioni dedicate al contratto). Per rimanere nel nostro tema, relativo al contenuto della garanzia, paiono significative le disposizioni generali, ad esempio in tema di fideiussione per obbligazioni future o condizionali (ricorrente nella prassi con la formula "omnibus", ex art. 1938) ovvero di limiti della fideiussione (ex art. 1941 che esprime il divieto di prestare garanzia "in duriorem causam"), intese a definire e perciò contenere l'esposizione del fideiussore.
La figura in esame, viceversa, manifesta la sua specialità in primo luogo nella dichiarata esigenza di tutela dell'acquirente dell'immobile da costruire, quale cofinanziatore dell'attività d'impresa del costruttore (privo, tuttavia, della necessaria forza contrattuale per esigere e ottenere un'adeguata garanzia) e quindi creditore nel rapporto fideiussorio. Una specialità che finisce per determinare il superamento - in punto di fatto, evidentemente - delle disposizioni codicistiche appena menzionate, posto che il problema che l'acquirente (e per lui, evidentemente, il Notaio) si troverà a fronteggiare sarà relativo semmai al rispetto di un importo minimo garantito (in considerazione del costo della fideiussione) e non certo all'indicazione dell'importo massimo (imposta dalla novellazione dell'art. 1938, avvenuta con la L.154/1992, disposizione quest'ultima pur menzionata, in modo probabilmente ultroneo, dalla nuova normativa quale modello collaudato di riferimento per la fideiussione prestata a garanzia di obbligazioni future o condizionali, ma v. infra Omissione, incompletezza ed erroneità della garanzia come cause di nullità). Analoghe considerazioni potrebbero svolgersi con riferimento all'art. 1941 che, decisamente inapplicabile per quel che concerne il secondo comma (la fideiussione "può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose"), andrebbe letto al contrario nel suo primo comma, nel senso che l'interesse concretamente tutelato dal legislatore esige che la fideiussione non sia inferiore - e non certo che non ecceda - a ciò che è dovuto dal debitore.
Sebbene possa apparire di sapore accademico, nella misura in cui tenta di inquadrare, sia pure per sommi capi, la nuova figura nel sistema consolidato del codice civile - è ben noto, del resto, che pochi istituti del diritto privato possono vantare una tradizione tanto lunga e radicata nella storia quanto la fideiussione e, in genere, la garanzia personale accessoria -, la considerazione di fondo sulla diversità e specialità dell'interesse tutelato non sembra del tutto superflua, poiché ove si presentasse l'esigenza, nella concretezza delle controversie e delle questioni giuridiche, di far ricorso alle regole generali dettate dal codice in materia di fideiussione, ciò dovrà accadere nella consapevolezza che la ricostruzione delle norme applicabili alla fattispecie ora in esame non potrà non risentire della prioritaria esigenza di tutela dell'acquirente ossia del creditore, con l'ovvia conseguenza che le regole consolidate - di matrice tanto legale quanto giurisprudenziale - potranno (ed anzi dovranno) essere filtrate attraverso la specialità della ratio legis.
In questo senso, la difficoltà di conciliare nuovi interessi e relative esigenze di tutela con gli strumenti offerti dal sistema tradizionale del diritto dei contratti si coglie in talune incongruenze di fondo, in cui incorre un legislatore che vorrebbe essere 'protettivo' ma, a ben vedere (e secondo un'opinione molto diffusa, se non addirittura unanime, fra i primi commentatori, discorrendosi addirittura di riforma che nasce "zoppa e depotenziata": PETRELLI, 2005, p.11 ss., ma v. anche le critiche di LUMINOSO, 2005, p.11 ss.), non riesce neanche a sfruttare appieno le potenzialità offerte dall'ordinamento per realizzare l'obiettivo di una più efficace tutela dell'acquirente immobiliare, sebbene il dibattito dottrinale sul tema fosse piuttosto risalente - gli albori sono nei primi anni Settanta e il coinvolgimento del ceto notarile è immediato - e non mancassero certo modelli ispiratori evoluti in altre esperienze giuridiche, come nel caso del francese Code de la construction et de l'habitation.
In primo luogo, la fideiussione è limitata alla garanzia dell'obbligo di restituzione della parte di prezzo o del valore dei beni corrisposti al costruttore venditore prima del trasferimento della proprietà, nei soli casi patologici della "situazione di crisi", senza che risulti anche lambita l'ipotesi dell'inadempimento o inesatto adempimento degli obblighi contrattuali tipici del costruttore-venditore (se non in modo indiretto ossia quale ovvia conseguenza della crisi), potendosi aggiungere, in tal senso, anche i rischi gravanti sugli acquirenti per l'inadempimento del costruttore alle prescrizioni che caratterizzano le convenzioni urbanistiche nel cui ambito l'edificazione s'inscrive (e transitano alla stregua delle note categorie degli oneri reali o delle obbligazioni propter rem).
In secondo luogo, sempre in chiave di considerazioni preliminari sullo strumento di tutela adottato, meraviglia che all'opzione forte, pur astrattamente disponibile, costituita dalla garanzia autonoma (ossia dall'ormai più che collaudato contratto autonomo di garanzia), il legislatore abbia preferito la fedeltà al modello fideiussorio classico, con tutti i limiti che l'accessorietà comporta (non potendosi certo ritenere che risponda agli interessi dell'acquirente da tutelare l'invalidità 'derivata' - della fideiussione - da quella dell'obbligazione principale, per rispettare il dettato dell'art. 1939 che sancisce l'automatismo, ossia del contratto in cui l'obbligazione principale trova la sua fonte). Da altro punto di vista, è evidente che questa criticabile opzione legislativa non esclude affatto che la prassi si orienti verso il rafforzamento della garanzia, mediante l'adozione del contratto autonomo (cfr. sul punto anche PETRELLI, 2005, p. 126 ss.), ma in considerazione del già ricordato interesse del costruttore venditore - in ultima analisi, coincidente sul piano economico con quello dell'acquirente, sul quale il costo della garanzia è comunque destinato a scaricarsi - una funzione decisiva nel garantire una maggiore effettività della tutela predisposta dal legislatore potrà essere svolta dal Notaio, inducendo le parti nel senso del rafforzamento, così come dell'estensione della garanzia agli adempimenti di diversa natura (contrattuali in senso stretto e convenzionali di natura urbanistica, nel senso appena accennato) gravanti sul costruttore.
Una sorta di compromesso fra le esigenze di tutela sostanziale e il ricorso allo schema tradizionale potrebbe rinvenirsi, oltre che nell'obbligo di procurare una fideiussione qualificata ossia rilasciata da una banca, un'impresa assicuratrice o un intermediario finanziario a ciò abilitato, nella regola - non immune da critiche dal punto di vista tecnico redazionale, poiché il legislatore, anziché esigere la "rinuncia" al beneficio che l'art. 1944, comma 2 subordina al patto espresso, avrebbe potuto più semplicemente affermare l'inefficacia di qualsiasi patto inteso a limitare l'escussione - che impone la rinuncia del fideiussore al beneficio della preventiva escussione del debitore principale (art. 3, comma 4).
In termini più generali, senza addentrarci in una riflessione teorica che trascenderebbe i limiti di questo contributo, può essere sufficiente ricordare che la fideiussione, ancorché in chiave funzionale ossia dal punto di vista socio-economico vorrebbe svolgere, indirettamente, anche il ruolo di strumento per il rafforzamento della tutela contrattuale dell'acquirente, sul piano giuridico formale è prestata a garanzia della restituzione di quanto versato dall'acquirente, a fronte cioè dell'adempimento di un'obbligazione non contrattuale del costruttore alienante (o promittente alienante) - quella restitutoria, s'intende - fondata proprio sull'estinzione del vincolo negoziale.
La tipizzazione del contenuto della garanzia
Nel tentativo di tipizzare il contenuto della fideiussione, il legislatore ne disciplina in primo luogo l'aspetto quantitativo in senso stretto ossia l'ammontare; vengono quindi determinati il presupposto per l'operatività della garanzia (individuato nella "situazione di crisi") e i tempi e i modi dell'escussione, non condizionabile s'è detto alla preventiva escussione del debitore principale; infine, in modo in un certo senso indiretto, è regolata la durata della garanzia attraverso la cessazione della sua efficacia. Attenendo gli ultimi punti complessivamente al tema dell'escussione, mi limiterò a qualche breve rilievo sul primo aspetto.
Sull'ammontare dell'importo garantito, la disposizione di cui all'art. 2, pur decisamente analitica - si riscontra la già denunciata ormai consueta tendenza legislativa di stampo prettamente regolamentare -, non può non essere letta in combinazione con il successivo art. 3, nella parte in cui si riferisce ai "relativi interessi legali" maturati fino al momento in cui si verifica la "situazione di crisi" che giustifica l'escussione (art. 3, comma 2, e così PETRELLI, 2005, p. 102). Nell'impossibilità di quantificare gli interessi ex ante, la ratio legis avrebbe dovuto comunque suggerire l'indicazione della loro copertura già nella concessione della fideiussione. Non può trattarsi, comunque, di "lacuna" incidente sulla validità dell'atto, posto che il legislatore non si esprime in tal senso nell'art. 2 (nel comminare la nullità) e, in ogni caso, ragionando in termini dogmatici, la previsione dell'estensione agli interessi è destinata a caratterizzare il rapporto fra creditore e fideiussore – in modo peraltro decisivo, al punto da essere tipizzata anche nel modello generale c.c. ex art. 1942 – e, in particolare, la fase dell'escussione, che si colloca al di fuori e al di là dell'atto che intercorre fra creditore e debitore principale (ciò può aiutare a comprendere il riferimento agli interessi operato soltanto nel successivo art. 3).
Al di là della precisazione relativa agli interessi, nucleo della disposizione è l'ammontare delle somme e/o del valore di ogni altro eventuale corrispettivo – il riferimento, immediatamente esplicitato in tutti i commenti 'a caldo' alla disciplina (RIZZI, 2005, p. 20; nonché RUOTOLO E PAOLINI, 2005, p.10), è al valore del suolo nella fattispecie di permuta di area edificabile contro unità immobiliari da costruire - che il costruttore ha riscosso o deve riscuotere prima del trasferimento della proprietà (o di altro diritto reale di godimento).
Il dettato legislativo appare molto chiaro e ancor più cristallina è la ratio di tutela, che dovrà guidare l'interprete – in primo luogo, s'intende, il Notaio cui le parti le parti richiedano di conferire all'operazione il placet sul piano formale - nello smascherare le fattispecie elusive che la prassi s'ingegnerà di costruire per evitare il costo della fideiussione: la garanzia è disposta a copertura del rischio da mancata restituzione delle somme effettivamente erogate dall'acquirente (o promittente acquirente) in assenza del titolo formale di proprietario, prima cioè che questo si perfezioni in modo da poter essere opponibile erga omnes. La precisazione relativa all'opponibilità del titolo potrebbe non essere irrilevante, se si considera l'ipotesi (non tanto di scissione dell'operazione nella sequenza preliminare-definitivo), quanto piuttosto di vendita di cosa futura (così come di permuta di area edificabile contro unità immobiliari da realizzare), in cui l'art. 1472 fa dipendere l'effetto traslativo, fra le parti del contratto, dalla "venuta ad esistenza" della cosa da costruire. Non è mancato così l'opportuno suggerimento di prevedere espressamente nell'atto "quando il fabbricato, secondo la volontà delle parti, dovrà considerarsi venuto ad esistenza" (RIZZI, p. 21), dovendosi tuttavia ricordare che la previsione legislativa incide direttamente nei rapporti fra le parti e soltanto di riflesso nei confronti dei terzi (particolarmente interessante, in tal senso, è la vicenda esaminata da Cass., sez. II, 10 marzo 1997, n. 2126, in Corriere giur., 1997, 1092, secondo la quale, nella vendita di cosa futura l'effetto traslativo si verifica nel momento in cui il bene - nella specie, appartamento da costruire - è venuto ad esistenza nella sua completezza, restando irrilevante soltanto la mancanza di rifiniture e o di qualche accessorio non indispensabile alla sua utilizzazione; pertanto la trascrizione - legittima ai sensi dell'art. 2643 c.c. - di una vendita di cosa futura è idonea a rendere opponibile il relativo diritto, allorché verrà ad esistenza, agli acquirenti dello stesso bene che non hanno trascritto o hanno trascritto posteriormente il loro titolo, ma è irrilevante ai fini - art. 111 c.p.c. - dell'opponibilità all'acquirente di bene futuro della domanda trascritta nei confronti del suo dante causa prima della venuta ad esistenza di tale bene).
Le considerazioni che precedono consentono di comprendere la ragione per la quale il legislatore esclude dall'obbligo di garanzia "le somme per le quali è pattuito che debbano essere erogate da un soggetto mutuante nonché i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia" (art. 2, comma 1). In argomento, tuttavia, autorevole dottrina (LUMINOSO, 2005, p. 12 ss., nt. 28; già PETRELLI, 2005, p. 103) ha sollevato dubbi sulla chiarezza della formula legislativa e sulla sua congruità con riferimento all'ipotesi di somme date a mutuo all'acquirente ma versate dal mutuante direttamente al venditore (nonostante la spiegazione offerta dalla Relazione al decreto, che può leggersi in Guida al diritto, 2005, n. 30, p. 23).
Con riferimento alla ricorrente ipotesi dell'accollo del mutuo (o di quota frazionata del mutuo), l'analitico studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 5813/C (a firma di RIZZI, p. 20 ss., anche in Notariato, 2005, p. 439) offre un'esemplare casistica di varianti cui si può rinviare, fra le quali si segnala quella (sub lett. D) in cui l'accollo di quota del mutuo avviene prima del trasferimento della proprietà (o del diritto reale) sull'unità immobiliare oggetto del contratto. Nel silenzio legislativo, è certamente condivisibile l'idea che la ratio della normativa includa nella copertura fideiussoria le somme che l'acquirente debba versare a tale titolo (cfr. anche PETRELLI, p. 102).
Sempre in ordine agli aspetti contenutistici della garanzia fideiussoria - e ancora una volta, inevitabilmente, sulla spinta dell'esigenza di contenere i costi della prestazione di garanzia imposta dal legislatore - ci si è posti il problema della fideiussione "progressiva" (a contenuto "progressivo", secondo RIZZI, Studio n. 5813/C, 2005, p. 23, Notariato, 2005, p. 440, ovvero come polizza "aperta", secondo RUOTOLO E PAOLINI, Studio n. 5691/C, 2005, p. 11 o ancora a tranches, secondo PETRELLI, 2005, p. 114). L'appiglio normativo è stato rinvenuto nell'esplicito richiamo del legislatore all'art. 1938 - del quale non si comprende la necessità, posto che la disposizione sarebbe stata comunque applicabile quale norma generale in materia di fideiussione, se non alla luce della già evidenziata tecnica didattico-regolamentare nel modo attuale di legiferare, comprovata dalla Relazione al decreto - che ha la funzione, del tutto estranea alla disciplina in esame come si è avuto modo di segnalare in apertura, di tutelare il fideiussore contro esposizioni debitorie 'a sorpresa' e pertanto è presidiata dall'invalidità della fideiussione priva dell'indicazione ex ante dell'importo massimo garantito.
Premesso che la appena ricordata esigenza di tutela, nell'ambito del rapporto fideiussorio, permane comunque, sicché per la validità della fideiussione dovrà essere indicato l'importo massimo garantito, non v'è motivo di ritenere preclusa, al diverso fine della validità dell'atto (contratto preliminare o definitivo) finalizzato all'acquisto della proprietà immobiliare, la possibilità di procurare una fideiussione "progressiva", purché il documento che contiene la fideiussione esprima l'importo massimo garantito in misura da coprire l'ammontare delle somme e/o del valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso o deve riscuotere prima del trasferimento della proprietà (in questo sembrerebbe da intendere anche la posizione tendenzialmente negativa verso fideiussioni parziali espressa da PETRELLI, 2005, p. 114).
Se si vuole rispettare pienamente la ratio legis di tutela dell'acquirente attuata sin dal momento della stipulazione dell'atto fonte dei suoi obblighi di pagamento (soprattutto quelli anteriori al trasferimento della proprietà) con la prestazione di una garanzia fideiussoria valida e capiente, dunque effettiva, mi sembra necessario che la fideiussione sia predisposta ab origine per coprire tutti gli esborsi, senza peraltro che ciò escluda, nelle modalità operative (incidenti sull'economia del rapporto fra fideiussore e richiedente, nel cui ambito in fin dei conti la questione è destinata a trovare soluzione con la disponibilità del fideiussore a porre in essere il modello 'elastico'), l'ancoraggio della garanzia ai tempi degli effettivi pagamenti, con un meccanismo di automatica estensione della copertura in coincidenza e in conseguenza degli incassi del costruttore. In alternativa, la prestazione di una fideiussione a copertura (soltanto) di quanto già versato al momento della stipula, con l'obbligo del costruttore di prestare (successivamente) le ulteriori fideiussioni al momento dei progressivi versamenti, non realizzerebbe le finalità protettive del legislatore e, ponendosi in contrasto con quanto prescritto dall'art. 2, determinerebbe la nullità del contratto.
Omissione, incompletezza ed erroneità della garanzia come cause di nullità
L'inosservanza degli obblighi connessi al rilascio della fideiussione è sanzionata con la nullità dell'atto, nella veste compromissoria, ma ormai consueta, della nullità relativa (ossia invocabile dal solo acquirente), riconducibile alla categoria delle c.d. nullità di protezione. Il discorso sulle conseguenze sanzionatorie determina un ampliamento del raggio di analisi, che supera gli aspetti meramente contenutistici della fideiussione per investire le diverse patologie nella prestazione della garanzia (a cominciare dalla sua mancanza tout court). Ci si dovrà limitare, perciò, a brevi cenni.
Va premesso che, a parte i dubbi sollevati, in termini generali, sulla stessa figura giuridica (puntualmente rievocati ogni qualvolta che il legislatore vi faccia ricorso, nei contesti più vari, anche al di là dell'originaria matrice della normativa consumeristica: cfr. la sintesi in RUOTOLO E PAOLINI, Studio n. 5691/C, 2005. p. 14 ss.), la soluzione adottata dal legislatore può apparire prima facie semplicistica e pone comunque una serie di interrogativi che, non trovando nel sistema risposte precise e coerenti, hanno finito per suscitare giustificate apprensioni nel mondo notarile.
A parziale discolpa del legislatore si potrebbe argomentare - sul piano teorico dogmatico -, che la disciplina in esame si colloca sul crinale di un ideale spartiacque fra la normativa a tutela della corretta circolazione del bene immobile (con particolare riferimento al bene-casa, anche se la disciplina riguarda gli immobili da costruire in genere) e la legislazione protettiva degli interessi di soggetti considerati istituzionalmente più deboli. A ben vedere, le nullità di protezione esprimono sempre questa duplice esigenza di tutela o, se si preferisce, un'esigenza di tutela dalla doppia anima pubblico-privatistica. In tal senso, la nullità di cui all'art. 2 ha ben poco in comune con le sanzioni invalidanti disposte dalla legislazione urbanistica, incidenti sugli atti aventi ad oggetti i diritti sui beni immobili e intese a consentire, già in sede di stipula dei contratti, il controllo sulla regolare circolazione degli immobili (rectius, dei diritti ad essi facenti capo) nell'interesse generale ossia dello stesso ordinamento.
La soluzione legislativa e dunque la nullità di cui ci occupiamo è orientata dall'esigenza di predisporre una forma 'forte' di controllo sulla regolarità dell'operazione nel suo complesso, in chiave di funzionalizzazione dell'esercizio dell'atto di autonomia alla tutela di specifici interessi (considerati 'deboli' sul piano negoziale e pertanto suscettibili di protezione attraverso meccanismi in qualche misura correttivi dello squilibrio di potere contrattuale), ma come tale essa si trova a dover fare i conti con istituti giuridici e, più in generale, lo stesso sistema codicistico impostati in termini diversi, se non opposti (alla stregua della 'trovata' ottocentesca, che ha impregnato le codificazioni civili, di sancire l'eguaglianza dei soggetti e quindi anche contraenti sul piano formale proprio quale correttivo giuridico alla diseguaglianza materiale).
Di qui la difficoltà di conciliare - in questa sede, diversamente da quanto è accaduto in passato per le nullità disposte a tutela della regolarità urbanistico-edilizia della circolazione immobiliare - una tutela che vorrebbe essere forte, incidente sulla disciplina stessa dell'atto e quindi capace di assurgere a deterrente effettivo nel momento della contrattazione, con la protezione di interessi particolari (nella specie, degli acquirenti degli immobili), tradizionalmente affidati a rimedi meno devastanti rispetto a quello della nullità. Se mi fosse concesso rievocare una raffinata prospettazione della dottrina civilistica degli anni Sessanta (che non ha perso d'attualità sul piano sistematico, pur dovendo tuttavia armonizzarsi con la nuova legislazione: cfr. AURICCHIO, L'individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960), si potrebbe dire che, per tutelare adeguatamente gli acquirenti a fronte di reiterate e dolorose esperienze non di rado di carattere fraudolento di "situazioni critiche" dei costruttori, il legislatore s'è trovato nella necessità di incidere sulla disciplina dell'atto optando per la sanzione di invalidità più invasiva che il sistema conosca, al fine di rimediare tuttavia agli effetti di una patologia che, pur essendo molto grave (trattandosi di inadempimento connesso alla definitiva perdita della facoltà di acquistare la proprietà), spiega i suoi effetti soltanto sul piano del rapporto, rimanendo irrilevante per i terzi. A tali considerazioni, va aggiunto che il rimedio rischia di risultare di fatto inefficace, poiché non sarà certo l'invalidità dell'atto, pur solennemente proclamata dal legislatore, che consentirà agli acquirenti aventi causa dal costruttore fallito o esecutato di recuperare le somme e/o il valore dei beni attribuiti al venditore (come hanno subito rilevato i commenti: cfr. ad esempio, RIZZI, Studio n. 5813/C, 2005, p. 22 e in Notariato, 2005, p. 440, ma anche PETRELLI, 2005, p.12).
Da tale ulteriore incongruenza della disciplina, che si manifesta nella pretesa del legislatore di trasfondere nell'atto, con il riflesso della sanzione civilistica tipicamente riferibile ai vizi strutturali del negozio, una vicenda che si rivela difettosa (soltanto) nel rapporto fra i contraenti, deriva, da un lato la già denunciata difficoltà di fornire risposte certe (da parte dei primi commentatori della nuova disciplina, pur particolarmente esperti nella materia: per tutti, LUMINOSO, 2005, p. 17, spec. nt. p. 33) e soprattutto sistematicamente coerenti ai numerosi interrogativi di dettaglio relativi ai diversi difetti della prestazione di garanzia, dall'altro la necessità di intendere la nullità in termini il meno possibile invasivi, in modo da rimanere coerenti, se non al sistema, almeno all'esigenza di tutela effettiva dell'acquirente.
Premesso che nessuno potrà negare l'azionabilità dei rimedi contrattuali per inadempimento anche nel caso di omissione o difetti della prestazione di garanzia, obbligando l'acquirente a percorrere la via della nullità dell'atto, può incidentalmente notarsi che l'azione di adempimento, anche in termini di obbligo (del costruttore-venditore) di rinegoziare il contratto lacunoso – in dottrina, non soltanto nel nostro ordinamento, sono state elaborate ricostruzioni teoriche che consentono di enucleare una siffatta figura giuridica - per adeguarlo alle prescrizioni normative, potrebbe rivelarsi strumento di pressione nei confronti del contraente 'forte' più efficace della minaccia di ottenere la declaratoria di nullità dell'atto di acquisto, tanto più in tempi nei quali il mercato immobiliare in rapida crescita (come è accaduto negli ultimi anni, in modo imprevedibilmente fruttuoso per i venditori) consente il raggiungimento di un risultato perverso (ma realistico): il costruttore-venditore potrà spuntare un prezzo più alto quale frutto di una negoziazione 'aggiornata' e all'acquirente, viceversa, sarà preclusa la possibilità, in punto di fatto, di ottenere un analogo bene con le somme recuperate (se e quando tale recupero dovesse avvenire). Anche in questa prospettiva, la normativa si rivela lacunosa, non riuscendo la fideiussione a realizzare un'adeguata tutela, nell'illusoria convinzione da parte del legislatore - si deve ritenere - che il semplice ricorso alla sanzione civilistica massimamente penalizzante ossia la nullità dell'atto possa funzionare (anche) per rafforzare la realizzazione del risultato contrattuale, che peraltro si colloca per definizione al di là del controllo notarile. Ma di tale ambiguità irrisolta della normativa s'è già avuto modo di riferire.
Considerando la sanzione invalidante predisposta dal legislatore nella prospettiva qui adottata, può darsi in primo luogo una rapida esemplificazione di ipotesi preclusive, dovendosi così ritenere inammissibili: (a) in generale, la rilevabilità d'ufficio della nullità (nello stesso senso, LUMINOSO, 2005, p. 17, così come per le ipotesi che seguono; diversamente, anche se in termini compromissori, tali da condurre in sostanza alla soluzione qui prospettata, RIZZI, Studio n. 5813/C, 2005, p. 23 e in Notariato, 2005, p. 440; PETRELLI, 2005, p. 244); (b) la proposizione della relativa azione dopo l'avvenuto acquisto della proprietà (o del diritto reale oggetto del contratto), anche in assenza di apposita rinuncia in tal senso da parte dell'acquirente (come invece ritiene RIZZI, ibid.) ovvero (c) dopo la prestazione della fideiussione in sanatoria ossia successivamente alla stipula dell'atto (invalido al momento della stipulazione), purché rispondente ai requisiti di legge o ancora (d) qualora il contratto sia condizionato sospensivamente, nell'interesse dell'acquirente, al rilascio della fideiussione (in quanto la possibilità di far valere l'inefficacia ed ottenere la restituzione delle somme eventualmente corrisposte è un'adeguata forma di tutela per l'acquirente).
Non potrà invece negarsi la ricorrenza della nullità nei casi di inottemperanza alle prescrizioni di legge, sempre che non concorrano le condizioni 'sananti' appena indicate (alle lettere b-c) ossia in ipotesi di: omissione tout court, cui può assimilarsi il caso di prestazione di fideiussione invalida; copertura soltanto parziale dei pagamenti effettivamente fatti e da fare (includendo così anche il caso della insufficienza della fideiussione in considerazione della simulazione del prezzo dichiarato nell'atto, fatta salva ovviamente la tecnica, pur da sperimentare nella prassi, della da più parti auspicata fideiussione "progressiva", v. supra); mancata consegna del relativo documento; rilascio da parte di soggetto diverso da quelli previsti dalla legge; durata inferiore a quella legale. A rigore, dovrebbe ammettersi la nullità anche nel caso di mancata previsione della rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale (e così si sono espressi i primi commentatori: ad esempio, LUMINOSO, 2005, p. 17; RIZZI, Studio n. 5813/C, 2005, p. 23, e in Notariato, 2005, p. 440), ma la già rilevata incongruenza del legislatore nel dettare la regola indice a non seguire la logica-illogica del dettato normativo, potendosi l'interprete limitare a ritenere prive di effetto eventuali pattuizioni adottate ex art. 1944, comma 2, rimanendo salva così la validità dell'atto (in ipotesi, dotato di tutti gli altri requisiti relativi alla fideiussione in positivo) emendato giuridicamente dalla pattuizione potenzialmente pregiudizievole per l'acquirente.
Conclusioni su ruolo e responsabilità del Notaio
In sede di rapide conclusioni, come considerazione ancora una volta d'ordine generale, si può dire che il reticolato legislativo a maglie strette, predisposto certamente con le migliori intenzioni ossia per moralizzare la contrattazione immobiliare in esame, pur non privo di spazi destinati ad essere colmati dall'interpretazione della regola destinata a diventare diritto vivente, spingerà inesorabilmente la prassi verso la ricerca delle più fantasiose combinazioni negoziale elusive della normativa (si consideri, ad esempio, l'ipotesi già prospettata dai commentatori dell'utilizzazione di una società ad hoc c.d. di trading da parte del costruttore per la vendita delle unità immobiliari realizzate), sicché anche le questioni in materia di garanzia fideiussoria, una volta acclarata la natura imperativa della disciplina qui esaminata e, di conseguenza l'inefficacia della rinuncia dell'acquirente alla garanzia (anche sul punto i primi commenti sembrano convergere: cfr. RIZZI, Studio n. 5813/C, 2005, p. 24 e in Notariato, 2005, p. 441), finiranno per convergere nella più ampia cornice della quaestio iuris fondamentale relativa all'ambito oggettivo di applicazione della normativa di tutela.
Il tema, s'è detto, trascende senz'altro quello assegnato, ma schiude una più generale riflessione sul ruolo e sulla responsabilità del Notaio nella disciplina dei rapporti fra privati, che va arricchendosi di fattispecie invalidanti sempre più problematiche per l'interprete, nella misura in cui si discostano dal paradigma tradizionale della nullità del contratto (così come disposta in termini generali dal codice civile). Una problematicità che risulta accresciuta dalla mancanza di parametri di tipo ermeneutico ragionevolmente affidabili in quanto sufficientemente consolidati nella prassi.
In tal senso, se una delle questioni cruciali in presenza di una nuova ipotesi di nullità ossia quella dell'applicabilità dell'art. 28 della Legge Notarile, può dirsi pacificamente risolta in senso negativo dallo stesso carattere relativo della nullità (oltre che dalla configurabilità di ipotesi 'sananti' dell'originario carattere difettoso dell'atto, v. il paragrafo precedente), è proprio la natura dichiaratamente protettiva della disciplina che potrebbe indurre la giurisprudenza a ravvisare una più marcata responsabilità del Notaio nei confronti del soggetto tutelato dal legislatore (PETRELLI, 2005, p. 235; nonché DE CRISTOFARO, 2005, p. 1016), nell'ovvio presupposto che qualsiasi forma di controllo notarile non potrà spingersi al di là di quello tipicamente documentale (ciò vale, in modo particolare, per quel che concerne la garanzia fideiussoria).
Non essendo soltanto un libero professionista, il Notaio, nella veste molto più qualificata di pubblico ufficiale cui l'acquirente si affida (non di rado in condizioni di ignorantia legis e anche iuris pressoché radicale, tanto più se l'ambito socio-economico è quello dell'acquisto immobiliare, eventualmente finalizzato al conseguimento dell'abitazione) per la tutela dei suoi diritti e interessi giuridicamente rilevanti, finisce per trovarsi 'in prima linea' nel nuovo percorso che il legislatore va disegnando per la tutela di interessi di categorie di soggetti presuntivamente considerati deboli. In questo caso, la linea del fronte - se è consentita l'espressione - è ancora più avanzata, trattandosi di contrattazione immobiliare, l'ambito negoziale che più emblematicamente rappresenta, come s'è appena detto, la fattispecie del completo (o quasi) affidamento del cliente alle 'cure' del Notaio rogante.
Il controllo sulla mera legalità, che sembrerebbe il risvolto naturale, sul piano dell'attività notarile, di una legislazione dal volto sempre più regolamentare - s'è già detto - ossia 'procedimentale' e venata (a detta di molti) di 'neoformalismo', potrà così valere, almeno in linea di principio, ad evitare la nullità dell'atto e le relative sanzioni, ma non riuscirà sempre ad esaurire, in ipotesi legislative più complesse – quale è certamente quella in esame, per le ragioni esposte in apertura e le incongruenze sul piano dogmatico che la nuova disciplina deve scontare perché possa essere garantita, negli auspici del legislatore, l'effettività della tutela - un compito professionale che l'ordinamento va ridisegnando in funzione 'tutoria', in un certo senso, con contenuti nuovi rispetto al passato, e sempre maggiori, di controllo sostanziale sulla correttezza della contrattazione, con la precisazione appena fatta del carattere documentale del controllo.
Se un messaggio, quindi, può cogliersi dalla nuova disciplina in esame - nell'intreccio dei piani, rispettivamente della politica legislativa e della funzione notarile - questo non deve essere nel senso di un'ulteriore 'spada di Damocle' appesa agli effimeri, discutibili, per ciò stesso assai labili, fili dell'opzione interpretativa, bensì nella direzione di un ulteriore riconoscimento, indiretto forse ma non per questo meno evidente, in un ordinamento che deve fronteggiare un complesso intreccio di interessi in gioco, del compito decisivo che il Notaio è chiamato a svolgere nella disciplina negoziale dei rapporti fra privati, soprattutto in presenza di soluzioni legislative che sempre più difficilmente si lasciano ricondurre ad un sistema dato come una sorta di a priori. Ciò che vale, qualora ve ne fosse l'esigenza, a restituire piena dignità alla funzione notarile in un'epoca di inevitabile caos normativo, dissolvendo al contempo i dubbi ingenerati, per effetto alternativamente dell'ignoranza o di deliberate opzioni ideologiche, da quanti tendono talvolta a mortificarne la rilevanza.
Bibliografia essenziale
Aprile, «Acquisto di immobili da costruire nuova tutela», in Fallimento, 2005, p. 1123.
RIZZI, Studio n. 5813/C, 2005 (anche in Notariato, 2005, p. 438)
RUOTOLO E PAOLINI, Studio n. 5691/C, 2005.
DE CRISTOFARO E COSTOLA, Le misure di protezione degli acquirenti di edifici da costruire introdotte dal D.lgs.122/2005, p. 1013.
LUMINOSO, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Appendice a La compravendita, 4 ed., Torino, 2005.
PETRELLI, Gli acquisti di immobili da costruire, Milano, 2005.
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