L'Impresa di generazione in generazione
L'Impresa di generazione in generazione
di Gioacchino Attanzio
Direttore Generale Associazione Italiana della Aziende Familiari

Nell'attuale contesto sociale ed economico caratterizzato da una accentuata discontinuità e da una forte accelerazione dei processi di cambiamento, il sistema normativo e dispositivo che regolamenta le successioni in Italia risulta rigido nell'applicazione ed inadeguato negli effetti specialmente in rapporto alla struttura economica e al tessuto produttivo italiano costituito prevalentemente da aziende familiari.

Infatti il divieto dei patti successori, la possibilità di mutare ad oltranza la volontà testamentaria e la legittima sono tuttora vincoli, che rendono particolarmente complesso il ricambio generazionale e di conseguenza concorrono a compromettere la continuità profittevole delle aziende familiari, asse portante e motore della nostra economia, al cui sviluppo è dedicata l'attività dell'Aidaf (Associazione Italiana delle Aziende Familiari).

Si sa che, non solo in Italia, soltanto il 30% circa delle imprese arriva alla seconda generazione e non più del 15% arriva alla terza. I motivi di questa mortalità sono diversi, ma sicuramente una parte considerevole dei casi di cessione, parcellizzazione o peggio cessazione è riconducibile ad una mancata pianificazione del ricambio generazionale e, in particolare, al fatto che la generazione al comando non ha programmato e predeterminato con la propria autorevolezza, influenza e capacità di mediazione il futuro controllo e governo dell'impresa.

D'altra parte da un nostro recente studio risulta che:

· circa il 55% delle imprese hanno al vertice imprenditori con oltre 60 anni;

· 80.000 imprenditori ogni anno sono coinvolti nel passaggio generazionale;

· 3/4 degli imprenditori considerano il passaggio generazionale un evento molto difficile o quasi impossibile da gestire.

L'Ue consapevole di tali problemi, già dodici anni fa, denunciava il rischio economico e occupazionale che il passaggio generazionale comporta, e fra le varie raccomandazioni in tema fiscale e societario, invitava oltre l'Italia quei pochi Paesi (Francia, Belgio, Portogallo e Spagna) in cui ancora era in essere il divieto dei patti successori, ad attivarsi per eliminare o almeno mitigare tale divieto che, testuale «complica inutilmente una buona gestione del patrimonio».

Il Consiglio Nazionale del Notariato in occasione del Convegno di Macerata del luglio 1997 aveva lanciato la proposta di mitigare tale divieto introducendo il Patto di famiglia e il patto di impresa. Ne erano scaturite in tempi diversi due proposte di legge (primi firmatari Becchetti, Pastore) che poi non ebbero seguito.

Successivamente, nel 2000, Aidaf promosse una specifica ricerca comparata, condotta congiuntamente all'Università Bocconi, che rilevava come, al fine di consentire una maggiore competitività delle imprese, fosse particolarmente rilevante l'abrogazione del divieto dei patti successori e concludeva formulando una proposta di riforma che avrebbe dato la possibilità di farli in modo da agevolare il passaggio generazionale. Tale ricerca presentata e discussa in diverse sedi, servì a sensibilizzare gli ambienti istituzionali che si fecero poi promotori di questa ultima proposta sui Patti di famiglia.

Era (ed è) infatti una esigenza diffusa tra gli imprenditori quella di dare, oltre che avere, certezze riguardo la continuità generazionale dell'impresa e di evitare, pianificando la successione, l'insorgere di conflitti in famiglia i quali, come si sa, costituiscono una delle cause di grave difficoltà e spesso di "mortalità" delle imprese stesse.

La recente approvazione della proposta di legge sui "Patti di famiglia" (legge Buemi Benvenuto) ha cambiato nella sostanza lo scenario perché consente all'imprenditore di programmare e definire per tempo controllo e gestione dell'azienda nell'ottica della sua funzionalità attuale e futura, ma anche di salvaguardare l'unità della famiglia che costituisce da sempre un valore fortemente sentito nelle imprese familiari.

Il futuro dell'azienda costituisce per l'imprenditore una preoccupazione costante sia riguardo alla gestione e al controllo che relativamente al suo assetto proprietario.

Altrettanto rilevante d'altra parte, agli occhi dell'imprenditore, è la coesione familiare senza la quale non gli sfugge a quali problemi può andare incontro l'azienda, come del resto si rileva dai tanti casi verificatisi e noti ai più.

è naturale effetto di tale preoccupazione che ha portato molte famiglie a redigere un protocollo familiare (spesso chiamato anch'esso Patto di famiglia) con il quale vengono regolamentati numerosi aspetti del rapporto famiglia-impresa compreso quello successorio e di gestione. Tali "patti" però non avendo forza giuridica ma solo un valore morale, possono essere facilmente disattesi o successivamente contestati.

Qualcuno ha affermato che i Patti di famiglia non risolvono le liti e questo, se il conflitto è conclamato, è vero, ma sicuramente hanno l'effetto di prevenirli e, in una certa misura di impedirli, grazie all'autorevolezza del titolare, alla sua equità e, soprattutto, al processo attraverso il quale, con il coinvolgimento di tutti i futuri beneficiari, perviene alla redazione del patto condiviso. è stato anche affermato che i Patti di famiglia generano addirittura conflittualità. Ciò intuitivamente è un non senso, come peraltro è dimostrato dall'ampia letteratura italiana e straniera esistente e dallo stesso apprezzamento che imprenditori, professionisti e accademici esperti di family business hanno espresso riguardo questa istituzione.

Non c'è dubbio peraltro che è necessario accompagnare la legge appena approvata con una norma interpretativa e attuativa, che definisca compiutamente ogni suo aspetto sia formale che sostanziale al fine di consentirne la fruibilità da parte degli imprenditori e di agevolarne l'applicazione da parte dei professionisti deputati ad occuparsene.

In sede di audizione, Aidaf e il Consiglio Nazionale del Notariato, pur appoggiando con decisione l'approvazione della legge, hanno espresso giuste e pertinenti osservazioni tecniche offrendosi entrambi di dare il proprio contributo per una adeguata messa a punto della norma e per sintonizzarla con altri istituti come il trust o il fondo patrimoniale.

Molti sono i punti della nuova legge su cui fare chiarezza ma resta il fatto positivo che si è determinata una nuova importante apertura attraverso cui muoversi per favorire la continuità e la competitività delle imprese di famiglia italiane.

Non è escluso infatti che si possa nel prossimo futuro, ormai affermato con questa norma il principio per cui la trasmissione di azienda può avvenire oltre che per testamento o per legittima, anche per contratto, aprire un dibattito circa l'opportunità di un ulteriore intervento che abroghi in gran parte il divieto dei patti successori. Quel che mi sembrerebbe giusto affrontare è l'ipotesi di realizzare in vita l'assegnazione del controllo dell'impresa con un contratto fra tutti i legittimari e il testatore il cui effetto sia differito al momento della successione.

Per concludere sarei fra l'altro dell'avviso che sarebbe decisamente opportuno che il legislatore valuti nel futuro per le aziende familiari, la possibilità di un ampliamento della quota disponibile dell'eredità.

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