Patto di famiglia e diritto internazionale privato
Patto di famiglia e diritto internazionale privato
di David Ockl
Notaio in Lana

Individuazione delle questioni di diritto internazionale privato e ricostruzione dogmatica del Patto di famiglia

Di fronte alla nuova disciplina del Patto di famiglia si pongono all'interprete tre questioni di diritto internazionale privato [nota 1]:

1. Quale è la forma necessaria per un Patto di famiglia di cittadino italiano stipulato all'estero, considerato che l'art. 768-ter c.c. prevede la forma pubblica a pena di nullità?

2. Uno straniero può stipulare un Patto di famiglia?

3. Quid iuris in caso di variazione della legge applicabile alla successione del disponente al momento della sua morte?

Tali domande richiedono la ricostruzione dogmatica del Patto di famiglia, operazione sicuramente ardua, considerata la novità dell'istituto per il nostro ordinamento, ma che va ad ogni modo tentata se ad esse si vuol dare rigorosa risposta.

Le principali questioni a riguardo sono due:

1. se il Patto di famiglia realizzi o meno un patto successorio o se piuttosto, realizzando una "successione anticipata", non vada qualificato diversamente;

2. se il Patto di famiglia costituisca fattispecie a causa unica ovvero sia composto da una pluralità di contratti.

Per quanto riguarda la prima questione si rimanda quanto si dirà in seguito.

In ordine alla seconda questione mi pare che le diverse soluzioni proposte dai primi commentatori possano essere raggruppate in tre diverse tesi:

1) Secondo una prima tesi, che potremmo definire tesi atomistica, nella fattispecie sarebbero ravvisabili una pluralità di contratti: una donazione dell'azienda o delle partecipazioni sociali [nota 2], un altro contratto volto alla liquidazione degli altri legittimari e un patto successorio volto ad escludere le attribuzioni così avvenute dalla collazione e dalla riduzione in ordine alla futura successione del disponente [nota 3].

2) Altra tesi, che potremmo definire tesi dualistica, vede nella fattispecie due contratti: uno attributivo dell'azienda o delle partecipazioni sociali (con la partecipazione secondo alcuni solo eventuale degli altri legittimari) con esclusione di quanto assegnato dalla collazione e dalla riduzione in sede di successione del disponente e un altro contratto volto alla liquidazione dei legittimari da parte di chi ha ricevuto l'azienda o le partecipazioni sociali. In quest'ottica, trattandosi di due contratti, ciascuno dovrebbe avere una propria causa. Si tratterebbe comunque di tipi contrattuali autonomamente previsti dalla legge la cui causa pur nella diversità delle ricostruzioni proponibili, sarebbe comunque sicuramente diversa dalla causa donativa: pertanto non si tratterebbe di donazioni. I due contratti potrebbero venire conclusi contestualmente o anche successivamente [nota 4], fermo restando il collegamento del secondo con il primo ex art. 768-quater, secondo comma c.c.

3) Una terza impostazione, che potremmo definire tesi unitaria, ricostruisce il Patto di famiglia come un unico contratto [nota 5] con causa propria di natura complessa [nota 6] che riunisce in sé un aspetto liberale, un aspetto divisionale in ordine ad una futura successione e un aspetto volto a regolare una futura successione nel senso di stralcio dei beni attribuiti dalla collazione e dalla riduzione [nota 7].

Non sembra possa aderirsi alla prima ricostruzione proposta (tesi atomistica). La stessa intitolazione del nuovo capo V-bis c.c. "del Patto di famiglia" suggerisce una ricostruzione unitaria della fattispecie, ricostruzione unitaria suggerita poi dall'art. 768-bis c.c. che sotto la rubrica "nozione" definisce il Patto di famiglia come «il contratto con cui, …l'imprenditore trasferisce in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.»

Anche la disciplina successiva in tema di impugnazione in caso di vizi del consenso (art. 768-quinquies c.c.) scioglimento (art. 768-septies c.c.) e risoluzioni delle controversie (art. 768-octies c.c.) suggeriscono una visione unitaria della fattispecie.

A sostegno della seconda tesi (tesi dualistica) sembra potersi argomentare ex art. 768-quater ultimo comma c.c. che, in tema di assegnazioni agli altri legittimari, stabilisce che tali assegnazioni possono essere disposte anche con successivo contratto che sia espressamente collegato al primo. Una prima lettura di tale articolo dovrebbe portare alla conclusione che il Patto di famiglia sia composto appunto da due contratti che potrebbero avvenire contestualmente o anche successivamente, nel qual caso sarebbe necessaria l'esplicita indicazione del collegamento del secondo al primo (con tutte le difficoltà interpretative derivanti, posto che la nozione di collegamento è stata oggetto di elaborazione dottrinale senza tuttavia che vi sia una definizione legislativa a proposito [nota 8]).

Tuttavia pur nella diversità delle ricostruzioni della nozione di collegamento negoziale, la dottrina concorda nel ritenere distinte le cause dei contratti collegati. In questa prospettiva risulta allora difficile individuare un'autonoma causa al secondo contratto mediante il quale avvengono le attribuzioni ai legittimari. Tali attribuzioni sembrano piuttosto porsi come adempimento di un'obbligazione precedentemente assunta con conseguente funzione solutoria. Se di adempimento di obbligazione si tratta tali attribuzioni non avrebbero una causa propria, ma piuttosto una causa esterna. Esse potrebbero al più – in caso di attribuzione di beni in natura – qualificarsi come adempimento traslativo [nota 9].

D'altra parte l'intera restante disciplina del Patto di famiglia porta a ricostruire la fattispecie come autonomo unitario tipo contrattuale. Così a cominciare dalla nozione contenuta nell'art. 768-bis c.c., proseguendo per le prescrizioni riguardo alla forma dell'art. 768-ter, ai successivi articoli: sempre il legislatore parla di "il contratto" lasciando intendere l'unitarietà della fattispecie.

In particolare l'art. 768-ter c.c. prescrivendo la forma pubblica per il Patto di famiglia porta ad escludere che possa trattarsi di donazione, dato che in tal caso la previsione espressa della forma pubblica non sarebbe stata necessaria.

Anche l'art. 768-quinquies c.c. in tema di impugnazione per vizi del consenso nel prevedere che il patto può essere impugnato dai partecipanti ai sensi degli articoli 1427 e seguenti presuppone l'unitarietà della fattispecie, dato che non si vede come un contratto possa essere impugnato per errore dai partecipanti ad un altro contratto diverso seppur ad esso collegato.

A medesime conclusioni porta l'art. 768-septies c.c. in tema di scioglimento. Stabilisce infatti tale articolo che il contratto può essere sciolto o modificato o mediante diverso contratto o mediante recesso. Se si dovesse ricostruire la fattispecie come composta da una pluralità di contratti dovrebbe ammettersi la possibilità di scioglimento per mutuo dissenso in maniera indipendente di ciascuno di essi, con ciò contrastando la previsione letterale dell'art. in questione che dispone che il contratto (e quindi contratto unico) può essere sciolto con diverso contratto (in singolare e quindi con contratto unico) «con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo». Ora trattandosi del contratto di mutuo dissenso di contratto unico ed avendo esso le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti del Patto di famiglia, deve concludersi per l'unicità causale (e quindi per la ricostruzione quale contratto unico) del Patto di famiglia: unica essendo cioè la causa del contratto che lo scioglie unica dovrebbe essere allora anche la causa del contratto sciolto.

Del pari il recesso pattiziamente convenuto incidendo sull'intera fattispecie necessariamente ne presuppone l'unitarietà.

Sembra allora che la nozione prevista dal secondo comma dell'art. 768-quater c.c. di «successivo contratto» vada intesa in senso atecnico, come possibilità di procedere alle assegnazioni con successivo atto.

Non resta allora che ricostruire il Patto di famiglia unitariamente aderendo a quella indicata come tesi unitaria: unico contratto tipizzato dal legislatore a causa unica seppur complessa ed in quanto tale contratto diverso dalla donazione.

E' comunque chiaro che la ricostruzione proposta non può essere vista come risultato acquisito, dovendo piuttosto essere sottoposta al vaglio delle ulteriori e più approfondite riflessioni dottrinali e giurisprudenziali. Tale premessa ricostruttiva era tuttavia necessaria in quanto presupposto logico necessario alle conclusioni alle quali si giungerà tentando di rispondere alle questioni di diritto internazionale privato in apertura proposte, conclusioni che potranno essere, come si vedrà, di diverso risultato ove si voglia aderire ad una diversa ricostruzione dogmatica del Patto di famiglia.

"L'apertura" dell'ordinamento italiano nei confronti di atti provenienti dall'estero

In ordine alla prima delle due questioni proposte, vale a dire su quale sia la forma richiesta per un Patto di famiglia di cittadino italiano stipulato all'estero, è innanzitutto da notare come il nostro ordinamento consenta l'utilizzazione al proprio interno di atti stipulati all'estero.

Ciò risulta da varie disposizioni legislative:

- dagli artt. 2657 ultimo comma c.c. e 2837 c.c. che prevedono la necessità della legalizzazione per gli atti esteri rispettivamente per procedere alla trascrizione e all'iscrizione. Disposizione analoga è dettata dall'art. 32, secondo comma, legge tavolare (R.D. 28 marzo 1929 n. 499);

- dall'art. 106 L.N. (legge Notarile L. 16 febbraio 1913 n. 89) : prevede la necessità del preventivo deposito degli atti formati all'estero presso un Notaio o presso l'archivio notarile;

- dall'art. 64 della legge 31 maggio 1995 n. 218 (riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in seguito legge dip) riguardo al riconoscimento di sentenze straniere;

- dall'art. 68 legge dip in relazione all'attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'estero.

Tutte queste norme, nel dettare particolari disposizioni per l'attuazione in Italia di atti formati all'estero, implicitamente ne riconoscono l'idoneità a produrre effetti nel nostro ordinamento.

Tuttavia tale apertura necessita di alcune precisazioni [nota 10].

Prima precisazione:

Va rilevato che le norme in ordine alla forma e alla pubblicità degli atti aventi ad oggetto diritti reali su immobili dettate dal nostro ordinamento sono vincolanti anche per gli atti formati all'estero.

Ciò risulta dall'art. 55 della legge dip che in tema di pubblicità degli atti relativi ai diritti reali stabilisce in modo chiaro che: "La pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti reali è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al momento dall'atto.»

Quanto alla forma dell'atto poi, l'art. 57 legge dip prevede per le obbligazioni contrattuali: "Le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, resa esecutiva con la L. 18 dicembre 1984, n. 975, senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali, in quanto applicabili".

Il rinvio riguarda la legge 18 dicembre 1984, n. 975 - Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, con protocollo e due dichiarazioni comuni, adottata a Roma il 19 giugno 1980.

L'articolo 9 - Requisiti di forma - al paragrafo 6, derogando a tutti i criteri indicati dai paragrafi precedenti, stabilisce: «In deroga ai paragrafi da 1 a 4, qualsiasi contratto che ha per oggetto un diritto reale su un immobile o un diritto di utilizzazione di un immobile è sottoposto alle regole imperative di forma della legge del paese in cui l'immobile è situato semprechè, secondo questa legge, esse si applichino indipendentemente dal luogo di conclusione del contratto e dalla legge che ne regola la sostanza».

Dal combinato disposto dei citati articoli risulta quindi con chiarezza che:

a. le norme sulla pubblicità dei diritti reali su immobili vigenti nel nostro ordinamento sono comunque vincolanti anche per gli atti formati all'estero;

b. le norme sulla forma richiesta per l'accesso alla pubblicità immobiliare vincolano anche gli atti formati all'estero.

Seconda precisazione:

Il mutuo riconoscimento degli atti esteri in Italia può ammettersi solo a parità di condizioni: a fronte dell'apertura effettuata nei confronti degli atti esteri sta la necessità che gli stessi siano atti pubblici o scritture private autenticate secondo la nozione intesa dal nostro ordinamento [nota 11]. E' questo un principio che la dottrina che si è occupata del tema [nota 12] definisce come necessità di equivalenza dell'atto proveniente dall'estero all'atto italiano [nota 13]. Si intende per tale equivalenza l'esigenza che l'atto estero non si limiti a presentare il nomen di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, ma corrisponda nella sostanza al suo omologo italiano, ne presenti cioè gli elementi minimi che consentano di porre l'atto formato all'estero sullo stesso piano dell'atto italiano: non quindi qualunque atto formato, o autenticato da un soggetto che si qualifica come Notaio, ma solo quelli provenienti da pubblici ufficiali con caratteristiche e funzioni analoghe a quelle del Notaio italiano [nota 14], non qualsiasi atto qualificato come atto pubblico, ma solo quello in cui sia accertata l'identità delle parti e vi sia la consapevolezza del consenso prestato. Inoltre l'atto, per qualificarsi pubblico, deve appartenere al pubblico ufficiale, con la conseguente piena prova sia della provenienza dell'atto che delle dichiarazioni rese dalle parti e degli altri fatti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. L'avvenuta sottoscrizione deve essere avvenuta in presenza dello stesso pubblico ufficiale e deve essere garantito il controllo di legalità da parte di questi. Del pari deve ritenersi equivalente non qualsiasi atto qualificato come scrittura privata autenticata, ma solo quello che ne presenti gli elementi qualificanti ed essenziali previsti dal nostro ordinamento: accertamento dell'identità delle parti, attestazione eseguita dal pubblico ufficiale qualificato dell'avvenuta sottoscrizione in sua presenza previo controllo di legalità.

Diviene pertanto importante verificare, prima di dare attuazione all'atto estero, che lo stesso sia atto pubblico o scrittura privata autenticata secondo la nozione prevista dal nostro ordinamento, vale a dire che esso presenti tutti quegli elementi necessari al fine di poter qualificare l'atto come atto pubblico o scrittura privata autenticata secondo quanto inteso dal nostro legislatore (e quindi non dal legislatore straniero).

Per gli atti provenienti dall'estero sarà poi necessaria la legalizzazione o l'apposizione dell'apostille [nota 15] (salvo esenzioni in base a convenzioni internazionali) nonché il preventivo deposito ex art. 106 L.N. [nota 16]

La forma richiesta per un Patto di famiglia stipulato all'estero

A prescindere dalla forma necessaria per l'accesso alla pubblicità immobiliare qual'è in concreto la forma necessaria per un Patto di famiglia stipulato all'estero, considerato che l'art. 768-ter c.c. prescrive a pena di nullità la forma pubblica?

Essendo il Patto di famiglia una fattispecie contrattuale (indipendentemente da quale delle tre ipotesi ricostruttive di cui sopra si voglia accogliere) non sarà sicuramente applicabile in tema di forma necessaria l'art. 48 della già citata legge 31 maggio 1995 n. 218 (legge dip) in base al quale il testamento è valido in quanto alla forma se è considerato tale dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza [nota 17].

A meno di non voler aderire alla tesi riscostruttiva che abbiamo denominato atomistica non sarà applicabile nemmeno l'art. 56 legge dip che in tema di donazioni al terzo comma stabilisce che la donazione è valida quanto alla forma se è considerata tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello stato nel quale l'atto compiuto.

Secondo la tesi che abbiamo definito unitaria ed alla quale si è creduto di dover aderire, il Patto di famiglia costituisce contratto unico a causa complessa, tipizzato dalla legge. Come tale esso si distingue dalla donazione costituendo fattispecie da questa causalmente diversa con conseguente inapplicabilità dell'art. 56 in questione.

La norma di riferimento non può allora essere che l'art. 57 legge dip in tema di obbligazioni contrattuali. In base a tale art. queste sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 [nota 18] sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, resa esecutiva con la legge 18 dicembre 1984 n. 975, senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali, in quanto applicabili.

Viene allora in considerazione, visto il richiamo effettuato dall'art. 57 legge dip, il già citato art. 9 della Convenzione di Roma citata (in seguito Convenzione) ed in primis i suoi primi due commi:

Comma 1 «Un contratto concluso tra persone che si trovano nello stesso paese è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti di forma della legge del luogo che ne regola la sostanza in forza della presente convenzione o della legge del luogo in cui viene concluso.»

Comma 2 «Un contratto tra persone che si trovano in paesi differenti è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge che ne regola la sostanza in forza della presente convenzione o della legge di uno di questi paesi.»

Il sistema delineato porta dunque a ritenere il contratto formalmente valido se considerato tale alternativamente dalla legge in cui almeno uno dei contraenti si trova al momento della stipula [nota 19] ovvero dalla legge che ne regola la sostanza. I due criteri vanno analizzati singolarmente.

legge che regola la sostanza:

L'art. 3 della Convenzione prevede, al primo comma, la possibilità per le parti di libera scelta della legge applicabile.

Tuttavia tale libertà di scelta è da escludersi per il Patto di famiglia: infatti se le parti scegliessero l'applicabilità di una legge straniera ciò farebbe venir meno l'operare degli artt. 768-bis c.c. e ss. e pertanto non si avrebbe Patto di famiglia in tal senso ma eventualmente un simile patto previsto dalla legge straniera. Tuttavia in tal caso esso non sarebbe ammissibile per il nostro ordinamento, considerato che l'unica deroga all'art. 458 c.c. ed al sistema della collazione e riduzione è appunto quella introdotta dall'istituto in commento.

Il Patto di famiglia incide infatti sulla successione del disponente e la successione del cittadino italiano è regolata dalla legge italiana (ex art 46 legge dip). Il soggetto della cui eredità si tratta può sì sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l'intera successione alla legge dello Stato in cui risiede (ex art. 46 secondo comma legge dip). Tuttavia nell'ipotesi di successione di un cittadino italiano la scelta non pregiudica i diritti dei legittimari residenti in Italia al momento della morte della persona della cui successione si tratta.

Il cittadino italiano residente all'estero può pertanto scegliere l'applicabilità alla propria successione di una legge straniera che per ipotesi preveda la possibilità di stipulare patti successori o patti simili al nostro Patto di famiglia senza tuttavia che vi sia pregiudizio per i legittimari residenti in Italia al momento della morte. Nel caso in cui tale scelta sia possibile (legittimari tutti residenti all'estero) un'eventuale stipula di un patto successorio o di un patto volto a regolare la successione dell'impresa sarebbe soggetta alla legge straniera ma non in virtù di una scelta di legge applicabile fatta dalle parti ex art. 3 della Convenzione (e quindi in contratto) ma in virtù della scelta della legge applicabile alla propria successione fatta dal disponente ex art. 46 legge dip (scelta fatta quindi in forma testamentaria secondo le previsioni di quest'ultimo articolo). Ad ogni modo in questo caso non si avrebbe Patto di famiglia con applicabilità della legge straniera per quanto riguarda la forma, ma diverso contratto da tale legge straniera previsto, dalla stessa interamente regolato e riconosciuto dal nostro ordinamento nei limiti dell'art. 46 legge dip.

Esclusa la possibilità di scelta contrattuale ad opera delle parti per quanto riguarda la legge applicabile, occorre analizzare quale sia la legge che si applica alla sostanza del contratto in base alle previsioni dell'art. 4 della Convenzione, che regola la legge applicabile al contratto in mancanza di una scelta delle parti (considerato che l'art. 9 della Convenzione considera il contratto valido quanto alla forma se rispettante i requisiti appunto di tale legge).

A tal proposito l'art. 4 della Convenzione al primo comma prevede che in mancanza di scelta delle parti il contratto è regolato dalla legge del paese con cui presenta il collegamento più stretto. I seguenti commi 2, 3 e 4 dello stesso articolo prevedono poi una serie di presunzioni in ordine al paese rispetto al quale debba ritenersi sussistere il collegamento più stretto. Tuttavia non si tratta di presunzioni assolute: infatti il successivo comma quinto prevede che tali presunzioni vengono meno quando dal complesso delle circostanze risulta che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro paese. Ora non può dubitarsi che dal complesso delle circostanze rispetto ad un Patto di famiglia il paese con cui sussiste il più stretto collegamento debba considerarsi essere l'Italia, indipendentemente dal fatto che il patto abbia ad oggetto quote di società estere o un'azienda sita all'estero. Andando ad incidere su una futura successione il collegamento più stretto dovrebbe infatti essere quello con il paese la cui legge a tale successione si applica (e quindi necessariamente la legge italiana).

La legge applicabile alla sostanza rispetto ad un Patto di famiglia risulta pertanto essere sempre la legge italiana. Pertanto con riferimento a tale criterio il contratto quanto alla forma sarà valido se stipulato per atto pubblico anche se tale stipula avviene all'estero.

Tuttavia l'art. 9 della convenzione considera valido anche il contratto non rispondente ai requisiti formali del paese la cui legge si applica alla sostanza del rapporto, ma che risponda invece ai requisiti formali del paese in cui tutte le parti od almeno una di esse si trovano al momento della conclusione.

In tali ipotesi bisogna distinguere:

a. le parti si trovano in un paese dove non sono ammessi contratti assimilabili al nostro Patto di famiglia: in tal caso il Patto di famiglia stipulato in tale paese dovrà necessariamente avere la forma pubblica in quanto potrà applicarsi solo il criterio del più stretto collegamento (e quindi la legge italiana) e non quello del luogo in cui le parti si trovano dato che la legge di quel paese nemmeno prevede, anzi vieta riguardo alle successioni regolate dal proprio diritto, i Patti di famiglia;

b. le parti si trovano in un Paese in cui sono ammessi contratti assimilabili al nostro Patto di famiglia: in tal caso il patto ivi stipulato sarà formalmente valido se rispettante alternativamente o la forma pubblica prescritta dal nostro ordinamento o la forma prevista per tali ipotesi dall'ordinamento straniero. Tuttavia per il carattere eccezionale che nel nostro ordinamento il Patto di famiglia riveste, occorre che il diritto straniero preveda istituti effettivamente ad esso assimilabili e che di tali istituti siano rispettati i criteri formali. Ad esempio qualora si ritenga che il Patto di famiglia non costituisca un patto successorio in quanto non comportante un'attribuzione mortis causa ma realizzi piuttosto una successione anticipata, occorre che il diritto straniero disciplini non patti successori, ma piuttosto fattispecie contrattuali volte ad escludere il relativo oggetto da collazione e riduzione (o istituti analoghi) assimilabili al nostro Patto di famiglia. In concreto la valutazione potrebbe rivelarsi non agevole.

Va nuovamente ricordato che, qualora per la validità formale in base ai criteri di cui sopra, si debba ritenere necessario l'atto pubblico come richiesto dall'art. 768-ter, non è sufficiente che l'atto straniero rechi il nomen atto pubblico o simili, ma è necessario che esso rispecchi nella sostanza caratteri equivalenti a quelli dell'atto pubblico secondo il nostro ordinamento come già detto. [nota 20]

Inoltre quando nell'azienda siano compresi beni immobili è da tenere presente il sesto comma dell'art. 9 della Convenzione in base al quale un contratto che ha per oggetto un diritto reale su un immobile è sottoposto alle regole imperative di forma della legge del paese in cui l'immobile è situato sempreché secondo questa legge, esse si applichino indipendentemente dal luogo di conclusione del contratto e dalla legge che ne regola la sostanza. Ciò non significa che il Patto di famiglia con oggetto comprendente beni immobili siti in Italia debba in ogni caso rispettare la forma pubblica. Tale forma è infatti prescritta dall'ordinamento italiano non in relazione all'oggetto del contratto quanto alla sua particolare causa. Piuttosto in virtù del combinato disposto degli artt. 2657 c.c. e 55 legge dip, per accedere alla pubblicità immobiliare nel nostro paese sarà necessaria, anche per gli atti stranieri la forma minima della scrittura privata autenticata, che dovrà comunque anch'essa avere requisiti equivalenti alla scrittura privata autenticata come prevista dal nostro ordinamento e sempre che in virtù dei criteri di cui sopra non sia necessario l'atto pubblico anche per l'atto estero.

Patti di famiglia stipulati da cittadini stranieri

Per quanto riguarda invece la forma di Patti di famiglia stipulati da cittadini stranieri nel nostro paese vanno distinti due casi:

a. vera e propria stipula di Patto di famiglia: potrà aversi solo nel caso in cui alla successione del disponente si applichi la legge italiana. Infatti, come meglio si vedrà in seguito. il Patto di famiglia presenta aspetti che incidono sulla successione del disponente e pertanto a tale legge si dovrà aver riguardo per stabilire l'ammissibilità o meno del patto.

L'applicabilità della legge italiana al cittadino straniero potrà poi aversi o in base ad optio iuris dello stesso ovvero in caso di rinvio delle disposizioni di diritto internazionale privato straniere al diritto italiano per la successione dello straniero (la legge straniera potrebbe ad esempio prevedere che alla successione del cittadino straniero si applichi la legge di residenza o la legge in cui i beni si trovano). Lo straniero potrà in tal caso stipulare Patti di famiglia in Italia che saranno regolati sia per quanto riguarda la forma che la sostanza dalla legge italiana (semprechè la legge di cittadinanza non impedisca tale stipula in virtù di disposizioni a tutela dei legittimari inderogabili [nota 21]).

b. stipula di patto previsto dalla legge estera: qualora alla successione dello straniero si applichi la legge del suo Stato di cittadinanza e questa preveda patti successori o contratti analoghi al nostro Patto di famiglia, lo straniero potrà senz'altro (salvo che il suo Stato non riconosca atti stipulati all'estero) stipulare tali contratti anche in Italia. Essi non saranno però Patti di famiglia e come tali non sottostanno alle prescrizioni formali e sostanziali degli artt. 768-bis e ss. c.c., ma piuttosto alle relative disposizioni della legge estera.

Il mutamento della legge applicabile alla successione

La questione probabilmente più problematica per quanto riguarda gli aspetti di diritto internazionale privato inerenti al Patto di famiglia è quella sulle conseguenze del mutamento della legge applicabile alla successione al momento della morte di un soggetto che abbia in vita stipulato un Patto di famiglia.

Va innanzitutto rilevato che la legge dip non prevede espressi criteri per risolvere il conflitto di leggi applicabili né in tema di patti successori o comunque di patti che vadano ad incidere sulla successione di chi li stipula o sui diritti dei legittimari in generale né in tema di Patto di famiglia in particolare.

Secondo la comune opinione per il nostro diritto internazionale privato la liceità o meno dei patti successori dipende dalla legge applicabile alla successione del disponente [nota 22].

Si tratta tuttavia di valutare se il Patto di famiglia realizzi o meno un patto successorio [nota 23].

Accanto ad autori che alla questione danno risposta positiva, ve ne sono altri che propongono una diversa ricostruzione della fattispecie definita come "successione anticipata".

In particolare tale ricostruzione considera i beni oggetto del Patto di famiglia come una massa autonoma con autonomia perfetta tra beni oggetto del Patto di famiglia da un lato e futuro asse ereditario dall'altro [nota 24].

In base a tale ricostruzione potrebbe allora ritenersi che le successive vicende in ordine al mutamento della legge applicabile alla successione del disponente non intacchino il Patto di famiglia già stipulato, in quanto la fattispecie si sarebbe conclusa con caratteri di stabilità al momento della stipula.

Tuttavia mi pare che anche volendo qualificare il Patto di famiglia come successione anticipata, esso vada visto come successione anticipata "imperfetta", nel senso che essa comunque non resta indifferente all'evento della morte del disponente, la quale piuttosto rileva come elemento dal quale dipendono o dal quale hanno origine situazioni su cui l'atto è destinato ad operare.

Si consideri in proposito:

- l'art. 768-sexies prevede al primo comma che «all'apertura della successione dell'imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell'art. 768-quater, aumentata degli interessi legali».

I soggetti che hanno diritto a tale liquidazione sono coloro che sono legittimari al momento dell'apertura della successione e quindi individuati al momento della morte e pertanto necessariamente con riguardo alla legge applicabile alla successione del disponente in tale momento. Solo al momento della morte a tali soggetti spetterà il diritto di chiedere la liquidazione. Il secondo comma dello stesso articolo prevede poi che «l'inosservanza delle diposizioni del primo comma costituisce motivo di impugnazione ai sensi dell'art. 768-quinquies». Ne deriva che, potendosi avere inosservanza di tali disposizioni solo al momento della morte, solo in tale momento potrà aversi la relativa impugnazione con l'ulteriore conseguenza che i termini per la stessa previsti dall'art. 768-quinquies potranno decorrere solo ad avvenuta morte del disponente.

Se di successione anticipata "perfetta" si trattasse, la sopravvenienza di legittimari dovrebbe ritenersi ininfluente sulle attribuzioni effettuate o al più dovrebbe consentirsi quantomeno la facoltà per il destinatario delle attribuzioni di liquidare tali legittimari sopravvenuti già in vita del disponente.

- A ben vedere nemmeno il valore dell'azienda o delle partecipazioni sociali è fissato in maniera definitiva assoluta al momento della stipula del Patto di famiglia: il citato art. 768 -sexies prevede che «all'apertura della successione dell'imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell'art. 768-quater, aumentata degli interessi legali».

In mancanza di espressa previsione della produzione di interessi legali questi non sarebbero stati dovuti, considerato che l'art. 1282 c.c. prevede tali interessi solo per crediti liquidi ed esigibili, mentre il credito dei legittimari sopravvenuti esigibile non è se non al momento della morte del disponente (e dal quel momento produrrà interessi legali ex art. 1282 c.c. e non ex art. 768-quater).

La previsione della produzione di interessi legali non si giustificherebbe inoltre se la fattispecie fosse una successione anticipata "perfetta", considerato che i crediti di denaro sono crediti di valuta e non di valore (art. 1277 c.c.).

L'espressa previsione si inserisce piuttosto nel solco di quelle previsioni di interessi compensativi [nota 25] espressamente previsti dalla legge (vedi art. 1499 c.c. in tema di vendita, art. 1782, secondo comma, c.c. in tema di deposito irregolare, art. 1815 c.c. in tema di mutuo, art. 1825 c.c. in tema di conto corrente) ai quali è sottesa la funzione di venire a riequilibrare vantaggi goduti dal debitore pecuniario anche indipendentemente dalla effettiva detenzione di una somma di denaro. La peculiarità della fattispecie ex art. 768-quater c.c. rispetto alle altre fattispecie citate è costituita dal fatto che il credito non solo non è esigibile, ma addirittura non esiste ancora il creditore che potrà essere determinato solo in seguito alla morte del disponente. Il legislatore pare così voler compensare l'anticipata attribuzione dell'azienda o delle partecipazioni sociali (che altrimenti si avrebbero in via definitiva - senza assoggettamento a collazione e riduzione - solo in seguito alla morte del disponente) con ciò dimostrando di non considerare totalmente conclusa la vicenda al momento della stipula del Patto di famiglia.

- Ulteriore indice in tal senso viene dall'art. 768-septies c.c. che prevede la possibilità di scioglimento del contratto per recesso o per mutuo dissenso: «Il contratto può essere sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il Patto di famiglia nei seguenti modi:

1. mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo;

2. mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da Notaio.»

Interessante è a proposito il confronto con il tenore letterale dell'art. 768-quater che in tema di assegnazioni ai legittimari prevede che le stesse possano avvenire anche con successivo contratto «purchè vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti.» Mentre in tema di successiva assegnazione è espressa la previsione della possibilità di intervento degli aventi causa («coloro che li abbiano sostituiti»), tale espressa previsione manca in tema di scioglimento ex art. 768-septies. Tale mancata previsione potrebbe giustificarsi nell'ottica di escludere la possibilità di scioglimento per mutuo dissenso o per recesso esercitati dagli eredi o nei confronti degli eredi del disponente. In altre parole, mentre il legislatore ammette, seppur per previsione pattizia, la modificabilità degli assetti determinati con il Patto di famiglia in vita del disponente, tale possibilità rimarrebbe preclusa con la morte del disponente che renderebbe definitive le attribuzioni nel senso di non ammettere più lo scioglimento per mutuo dissenso o per recesso (che sarebbe precluso in seguito alla definitività delle attribuzioni ex art. 1373 c.c.).

L'ultimo comma dell'art. 768-quater prevede che «quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione e riduzione». La collazione e la riduzione si potrebbero verificare solo al momento ed in seguito alla morte del disponente. Il Patto di famiglia produce quindi effetti non solo non immediati in quanto differiti al momento della morte del disponente, ma effetti dalla morte stessa dipendenti (l'esclusione dell'oggetto del patto dalla collazione e riduzione) e pertanto qualificabili come mortis causa. Certo, l'esclusione della collazione e riduzione potrebbe essere letta ed interpretata in due sensi: o derivante dalla natura di successione anticipata del Patto di famiglia (con conseguente non applicabilità degli istituti in esame appunto perché di masse distinte si tratterebbe) oppure come deroga al divieto dei patti successori eccezionalmente ammessa. Tuttavia la previsione letterale dell'art. 458 c.c. nella sua nuova formulazione porta a propendere per questa seconda lettura, dato che qualora il legislatore avesse voluto regolare una successione anticipata "perfetta" la deroga non avrebbe dovuto essere all'art. 458 c.c. ma piuttosto all'art. 456 c.c. [nota 26]

Si è visto come, in mancanza di criteri di collegamento, la dottrina prevalente ritenga che la liceità, l'ammissibilità e la validità di patti successori vada valutata con riguardo alla legge applicabile alla successione del disponente al momento della morte.

Alla luce delle considerazioni di cui sopra, indipendentemente dalla natura o meno di patto successorio del Patto di famiglia ad esso dovrebbe applicarsi il medesimo criterio, trattandosi comunque di negozio che va ad incidere sulla successione del disponente e sui diritti dei legittimari: nella previsione legislativa esso infatti va a produrre da un lato effetti immediati (l'attribuzione dell'azienda o delle partecipazioni societarie e la liquidazione agli altri legittimari) - e quindi per questo aspetto andrebbe qualificato quale negozio inter vivos - dall'altro esso produce come visto altresì effetti non solo non immediati in quanto differiti al momento della morte del disponente, ma effetti dalla morte stessa dipendenti e pertanto qualificabili come mortis causa, [nota 27] con conseguente assimilabilità ai patti successori [nota 28].

Pertanto anche per quanto riguarda il Patto di famiglia sembra si debba giungere a conclusioni analoghe a quelle in tema di patti successori: la legge regolatrice quanto alla loro validità per il diritto privato internazionale italiano è la legge applicabile alla successione del defunto [nota 29].

Viene allora in considerazione l'art. 46 legge dip in base al quale la successione per causa di morte è regolata dalla legge nazionale del de cuius al momento della morte. Lo stesso art. 46 consente poi, al secondo comma, al soggetto della cui eredità si tratta, di sottoporre con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l'intera successione alla legge dello Stato in cui risiede, fermo restando l'inefficacia di tale scelta qualora il soggetto non risieda più in tale Stato al momento della morte.

Può pertanto accadere che la legge astrattamente applicabile alla successione del disponente al momento della stipula di un Patto di famiglia sia diversa da quella in concreto applicabile alla sua successione al momento della sua morte.

Quid iuris in caso in cui tale legge vieti i patti successori o comunque i patti stipulati in vita che vadano ad incidere sulla successione del disponente e sui diritti dei legittimari? [nota 30]

Si è visto che il Patto di famiglia opera in tre direzioni:

- attribuzione dell'azienda o delle partecipazioni;

- liquidazione degli altri legittimari;

- esclusione dall'imputazione e dalla riduzione.

Ci si chiede se il divieto di patti successori stabilito dalla (mutata) legge applicabile alla successione del disponente vada ad incidere su tutto il campo operativo del Patto di famiglia o piuttosto ne colpisca solo taluni effetti.

Decisiva per la risposta a tale domanda risulta la scelta fatta in ordine alla ricostruzione dogmatica della fattispecie come in principio delineata.

Se infatti si intende aderire alla tesi ricostruttiva che abbiamo definita atomistica, l'attribuzione dell'azienda e la liquidazione dei legittimari costituendo autonomi contratti di per sé non qualificabili come patti successori, rimarrebbero validi ed efficaci, mentre l'invalidità colpirebbe solo il terzo aspetto del patto, vale a dire l'esclusione dalla collazione e dalla riduzione.

Seguendo tale tesi le attribuzioni effettuate rimarrebbero pertanto valide ed efficaci ma soggette a collazione e riduzione (recte agli istituti analoghi previsti dalla legge straniera applicabile alla successione).

Se invece si aderisce alla tesi ricostruttiva che abbiamo definita dualistica avremmo due contratti: uno attributivo dell'azienda o delle partecipazioni e un altro, necessariamente collegato al primo per espressa disposizione normativa [nota 31], con cui si opera la liquidazione dei legittimari. Dal collegamento normativamente espressamente previsto tra i due contratti si avrebbe il conseguente effetto della esclusione dalla collazione e dalla riduzione.

In tal caso dovrebbe necessariamente concludersi per l'invalidità del secondo contratto, in quanto esso per espressa previsione normativa può sussistere solo se espressamente collegato al primo, collegamento che necessariamente presuppone l'esclusione dalla collazione e riduzione inammissibile per la mutata legge applicabile. Cadrebbe quindi la liquidazione ai legittimari con le conseguenti pretese restitutorie di chi le ha effettuate, mentre per quanto riguarda il primo contratto attributivo dell'azienda o delle partecipazioni, la sua permanente validità o meno andrebbe risolta in base alla valenza che si voglia attribuire al collegamento negoziale [nota 32] con il secondo.

Come sopra sostenuto ritengo tuttavia che la corretta ricostruzione dogmatica dell'istituto sia quella definita come tesi unitaria che vede nel Patto di famiglia un unico contratto. Se di unico contratto si tratta unica ne è la causa, seppur complessa. L'invalidità della limitazione dei diritti dei legittimari derivante dal divieto dei patti successori stabilito dalla legge straniera va pertanto ad incidere su un aspetto essenziale di tale causa complessa inficiando necessariamente l'intero contratto.

Le conseguenze sarebbero allora quelle di rimettere tutto in gioco: l'azienda o le partecipazioni cadono in successione, le liquidazioni fatte ai legittimari andrebbero restituite a chi le ha effettuate.

Tale soluzione comporta tuttavia gravi problemi in tema di atti compiuti medio tempore in particolare per quanto riguarda la gestione dell'azienda. Posto la validità del Patto di famiglia al momento della sua stipula, la permanenza della cittadinanza italiana o comunque dell'applicabilità della legge italiana alla successione del disponente mi pare vada valutata alla stregua di una condicio iuris per la sua efficacia anche al momento della morte del disponente. Potrebbero allora utilizzarsi le norme previste in tema di condizione ed in particolare l'art. 1361 c.c. in base al quale «l'avveramento della condizione non pregiudica la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della condizione stessa, spettava l'esercizio della stessa.

Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata.»

In tal senso rimarrebbero validi gli atti gestionali d'impresa compiuti da chi aveva ricevuto l'azienda, al quale spetterebbero anche gli utili percepiti anteriormente alla morte del disponente.

In tema è poi necessaria una precisazione: l'inefficacia del Patto di famiglia in seguito alla mutata legge applicabile alla successione si avrà solo al momento della morte del disponente. Qualora sia stato stipulato un Patto di famiglia ed in seguito muti la legge astrattamente applicabile alla successione del disponente, ciò non avrà conseguenza alcuna sul Patto di famiglia vita natural durante del disponente [nota 33], ma appunto solo al momento della sua morte e con riguardo alla legge concretamente applicabile alla sua successione.

Per tali ipotesi potrebbe allora essere opportuna una clausola inserita nel Patto di famiglia volta ad attribuire il diritto di recesso ex art. 768-septies n. 2 c.c. per il caso in cui cambi la legge astrattamente applicabile alla successione del disponente per consentire una rinegoziazione corrispondente ai canoni di tale legge.

Le conclusioni a cui si è giunti andrebbero comunque vagliate con le norme di diritto internazionale privato della legge straniera applicabile alla successione.

Alla luce dei problemi e delle incertezze che potrebbero derivare dal mutamento della legge applicabile alla successione del disponente per mantenere comunque l'efficacia delle attribuzioni compiute appare opportuno l'inserimento nel Patto di famiglia di una clausola che precisi che l'attribuzione dell'azienda o delle partecipazioni valga comunque come donazione modale in caso di mutata legge in concreto applicabile alla successione del disponente.?


[nota 1] Sull'ambito di applicazione della disciplina del Patto di famiglia in diritto internazionale privato cfr. PETRELLI «La nuova disciplina del Patto di famiglia», Riv.Not., 2006, 2, p. 401, 466.

[nota 2] Secondo LUPETTI «Il finanziamento dell'operazione: familiy buy out» - in questo volume, l'atto di attribuzione sembra atteggiarsi come una sorta di donazione modale, in cui però il modus è imposto dalla legge.

Ritiene che il Patto di famiglia vada ricostruito come donazione modale MERLO «Divieto dei patti successori ed attualità degli interessi tutelati» - in questo volume. Lo stesso autore propone però anche una qualificazione alternativa come atto divisionale. Esclude invece che il Patto di famiglia possa essere ricostruito come donazione modale G. PETRELLI «La nuova disciplina del Patto di famiglia» in Riv.Not., Volume LX, Marzo Aprile 2006.

[nota 3] LUPETTI in LUPETTI «Il finanziamento…», cit., nota che «si potrebbe pertanto ritenere il Patto di famiglia o un autonomo negozio giuridico distinto dalla donazione e dal testamento, con una sua autonoma disciplina, ovvero un "contenitore" nel quale sono contenuti più atti: donazioni, rinunzie ai diritti di legittima, atti solutori, etc., al pari di quanto avviene, per intenderci, in materia di diritto di famiglia nel cosiddetto "contratto di matrimonio"». Lo stesso autore rileva come si potrebbe anche prospettare «una causa unitaria dei Patti di famiglia, rappresentata dalla funzione di regolamentazione dei futuri assetti successori dei legittimari in ordine all'azienda ceduta, un po' come accade in caso di accordi di separazione e divorzio aventi, secondo una diffusa opinione, quale causa la sistemazione degli assetti familiari in occasione della disgregazione della famiglia».

[nota 4] Ritiene che il secondo contratto di assegnazione successivo al patto possa avere una natura diversa da quella meramente satisfattiva e quindi una causa propria assimilabile ad una datio in solutum FFIETTA «Divieto dei Patti successori ed attualità degli interessi tutelati» - in questo volume.

[nota 5] Ritiene si tratti di unico contratto RIZZI, «Compatibilità con le disposizioni in tema di impresa familiare e con le differenti tipologie societarie», in questo volume.

[nota 6] Parla di funzione complessa PETRELLI «La nuova disciplina…» cit.

[nota 7] Nota PETRELLI, «La nuova disciplina…» cit. «Occorre quindi rinunciare ad incasellare il Patto di famiglia in uno degli schemi tipici preesistenti alla novella: semplicemente si tratta di un ulteriore contratto, avente una sua funzione tipica di natura complessa, irriducibile a quella dei tipi contrattuali precedentemente disciplinati dal codice».

[nota 8] Sul collegamento negoziale v. tra gli altri: BRAVO «L'unicità di regolamento nel collegamento negoziale: la "sovrapposizione" contrattuale», Contratti, 2004, 2, p. 118; LEO, TRAPANI «Il collegamento negoziale: ipotesi a rilevanza notarile» (3 maggio 2000), Cnn Strumenti, voce 0540 ed in Studi e materiali, 6.2, Milano, 2001, p. 846; LENER Profili del collegamento negoziale, Milano, 1999; RAPPAZZO I contratti collegati, Milano 1998; SCHIZZEROTTO Il collegamento negoziale (con ampia appendice di giurisprudenza), Napoli, 1983; CASCIO, ARGIROFFI Contratti misti e contratti collegati, in Enc. giur. Treccani, IX, Roma 1988; SCOGNAMIGLIO Collegamento negoziale, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 375; MESSINEO Contratto collegato, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 48; FERRANDO «Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale», Nuova giur. civ. comm., 1997, II, p. 233; DI NANNI «Collegamento negoziale e funzione complessa», Riv. dir. comm., 1977, I, p. 279; DI SABATO «Unità e pluralità di negozi (contributo alla dottrina del collegamento negoziale)», Riv. dir. civ., 1959, I, p. 412.

[nota 9] Sul pagamento traslativo v. tra gli altri MARICONDA «Il pagamento traslativo», Contratto e impresa, 1988, p. 734, MACCARONE «Obbligazioni di dare e adempimento traslativo», Riv. Not., 1994, 6, p. 1319 CHIANALE Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, Milano. 1990; CHIANALE «Obbligazione di dare e atti traslativi solvendi causa», Riv. dir. civ., 1989, II, p. 233; DI MAJO «Causa e imputazione negli atti solutori», Riv. dir. civ., 1994, 5, I, p. 781; SCIARRONE ALIBRANDI «Pagamento traslativo e art. 1333 c.c.», Riv. dir.civ., 1989, II, p. 525.

[nota 10] V. sul tema OCKL «Le scritture private autenticate all'estero e la pubblicità immobiliare», Studio 05.06.01.40/Ue Commissione affari europei ed internazionali del Cnn, Banca Dati Notarile, Cnn notizie 8 agosto 2005.

[nota 11] Cfr. PASQUALIS, «Il problema della circolazione in Italia degli atti notarili provenienti dall'estero», Riv. Not., 2002, fasc. 3, parte 1, p. 585-594. In particolare sostiene l'autore che «per dare ingresso nel nostro sistema, con parità di effetti e forza rispetto agli atti notarili nazionali, a documenti provenienti da altri paesi, non basteranno le norme di diritto internazionale privato che facciano rinvio alla legge straniera per quanto attiene alla sostanza o alla forma dell'atto, ma occorrerà altresì individuare un insieme di elementi minimi che permettano di qualificare tali documenti come equivalenti agli omologhi italiani».

[nota 12] PASQUALIS, «Appunti sulla circolazione degli atti notarili nello spazio giuridico europeo», in Relazioni al XL congresso nazionale del notariato, Bari 26-29 ottobre 2003, Milano 2003.

[nota 13] Parla espressamente di equivalenza e dei requisiti necessari alla sua realizzazione, BALLARINO, Forma degli atti e diritto internazionale privato, Padova, 1970, p. 85, v. anche LICINI, PASQUALIS, SALERNO CARDILLO, «Circolazione del documento notarile e suoi effetti quale titolo legittimante nel traffico giuridico», Relazioni al XXIII Congresso internazionale del notariato latino, Milano, 2001.

[nota 14] Si dovrà guardare pertanto alla reale funzione esercitata dal soggetto certificante, piuttosto che alla sua veste esteriore. Non è "Notaio" in tal senso il "public notary" anglosassone. Sul punto v. SANTARCANGELO, Valore ed effetto di un documento estero ricevuto da Notaio, Roma, 1992; sulla figura del Notaio v. SANTANGELO, SCRADACCIONE, «Il ruolo del Notaio nella volontaria giurisdizione», XX Congresso internazionale del notariato latino, Cartagena, 1992, delegazione italiana, Roma 1992.

[nota 15] Vedi sul tema SANTARCANGELO, Traduzione della formula di legalizzazione di atti esteri e dell'apostille in Cnn, Studi e materiali, 2, Milano, 1990, p. 391; SPATAFORA, Legalizzazione degli atti formati all'estero in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 1990; VERDE, Legalizzazione, in Enciclopedia del Diritto, Milano, 1973, p. 703; TONDO, Sull'uso in Italia di scritture private autenticate all'estero, in Studi e Materiali 1, 1983 - 85, Milano, 1986, p. 94 e ss.; OCKL «Le scritture private …» cit.

[nota 16] Sulle funzioni del preventivo deposito v. OCKL «Le scritture private …» cit.

[nota 17] Cfr. PETRELLI, «La nuova disciplina…», cit.: «Il Patto di famiglia è quindi atto inter vivos, e non di ultima volontà. Tale configurazione incide evidentemente sulla disciplina applicabile, che è quella dei contratti (artt. 1321 c.c.) e non quella degli atti di ultima volontà.»

[nota 18] Sulla Comunitarizzazione della Convenzione di Roma v. CASTELLANETA «Relazione sulla comunitarizzazione della convenzione di Roma del 1980 in materia di obbligazioni contrattuali», Studio 04.09. 03.30/Ue del 03 settembre 2004 Commissione affari europei ed internazionali del Cnn, in Banca Dati Notarile e Rassegne della BDN.

[nota 19] Indipendentemente dalla tesi che si voglia accogliere in tema di necessità di partecipazione di tutti i legittimari al contratto, non sembra vi siano impedimenti ad una formazione progressiva del contratto mediante proposta ed accettazione secondo le regole generali.

[nota 20] Il principio della necessaria equivalenza è stato ribadito recentemente anche dalla Corte di Cassazione. Il caso verteva attorno all'utilizzabilità nel nostro ordinamento di una procura alle liti con autentica di sottoscrizione da parte di Notaio francese. A tal proposito la Corte, sul presupposto dell'applicabilità della lex loci alle procure alle liti per il disposto di cui all'art. 12 della L. 31 maggio 1995, n. 218, ha ritenuto non utilizzabile nel nostro Paese una tale procura autenticata in Francia appunto per la mancata equivalenza di tale autentica all'autentica effettuata nel nostro Paese. In particolare ha ritenuto la Corte: «Occorre però che il diritto straniero quanto meno conosca i suddetti istituti (l'atto pubblico e la scrittura privata autenticata, n.d.a.) e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell'ordinamento italiano…» Corte di Cassazione, sez. II, 12 luglio 2004, n. 12821, Notariato, 2, 2005, 127, con nota di MARZI.

[nota 21] PETRELLI propone l'eventuale stipula di un Patto di famiglia sottoposto alla condizione sospensiva del mutamento dei criteri di collegamento rilevanti - in «La nuova disciplina…», cit.

[nota 22] V. BALLARINO, «Diritto internazionale privato, commento agli artt. 46 e 48», Nuove leggi civ. comm., 1996, p. 1307-1308; CALò, «Patto successorio olandese tra conviventi», Studio n. 2886 del 3 maggio 2000, Commissione studi civilistici del Cnn - Banca Dati Notarile - Cnn strumenti, voce 0690; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, II, Padova, 1994, p. 420; MIGLIAZZA, Successione (diritto internazionale privato) in Novissimo Dig. It., XVIII, Torino 1971, p. 877 e 881.

[nota 23] Ritengono che il Patto di famiglia realizzi un patto successorio MERLO, «Il Patto di famiglia» cit., LUPETTI, «Patti di famiglia: note…», cit., PETRELLI, «La nuova disciplina…», cit., il quale precisa che il Patto di famiglia può realizzare un patto successorio dispositivo e/o rinunziativo, ma non un patto successorio attributivo, dato che le attribuzioni che esso Patto di famiglia realizza sono individuate con riguardo al momento in cui il patto si perfeziona.

[nota 24] ZOPPINI, «Profili sistematici della successione anticipata»; TASSINARI, «Il Patto di famiglia per l'impresa e la tutela dei legittimari», in questo volume.

[nota 25] Sulle tipologie distintive degli interessi v. per tutti INZITARI, voce Interessi, in Digesto delle, discipline privatistiche - sezione civile Torino 1993.

[nota 26] Come acutamente osservato da un autore che sostiene la tesi della successione anticipata: «Il Patto di famiglia per l'impresa e la tutela dei legittimari», in questo volume.

[nota 27] Secondo una felice definizione dottrinale, nell'atto a causa di morte questa costituisce «l'evento dal quale ha origine la stessa situazione su cui l'atto è destinato ad operare, in quanto essa è appunto la situazione che verrà a sussistere, e quale verrà a sussistere, dopo la morte del soggetto» GIAMPICCOLO, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954 p. 46 e ss.

[nota 28] Rileva come il Patto di famiglia presenti profili, riflessi e ripercussioni riportabili nel campo tradizionale del mortis causa F FIETTA «Divieto dei Patti…», cit.

[nota 29] Nello stesso senso PETRELLI, «La nuova disciplina…», cit.

[nota 30] Per rimanere in ambito Ue, anche in seguito alla raccomandazione della Commissione Europea del 7 dicembre 1994 e dalla comunicazione n. 98/C 93/02 relativa alla trasmissione delle piccole e medie imprese, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. C 93 del 28 marzo 1998 («gli Stati membri che vietano i patti successori (Italia, Francia, Belgio, Spagna, Lussemburgo) dovrebbero provvedere a consentirli, dal momento che il predetto divieto complica inutilmente la buona gestione del patrimonio (familiare)») il divieto dei patti successori non è stato rimosso in tutti gli Stati. Sulla comunicazione della Commissione v. CALò, «Piccole e medie imprese: cavallo di Troia di un diritto comunitario delle successioni?», Nuova Giur. Civ. Comm., 1997 II, p. 217 e ss.

Per una rassegna delle soluzioni adottate negli ordinamenti europei cfr. PETRELLI, «Sulla sicurezza degli acquisti da eredi e donatari», Notariato, 2005, p. 211

[nota 31] Ritiene invece che il collegamento negoziale sia da qualificarsi come volontario MERLO, «IMERLO «Divieto dei patti successori …» cit.: «si tratta di collegamento volontario e non necessario, poiché, malgrado sia espressamente previsto dalla legge, la creazione del nesso, che accomuna i due negozi, è affidata alla libera scelta delle parti.». Tuttavia c'è da chiedersi cosa accada allora qualora le parti non prevedano tale espresso collegamento. Secondo lo stesso autore si tratterebbe poi di collegamento unilaterale, poiché il secondo negozio è subordinato e accessorio rispetto al primo e non segue la medesima sorte.

[nota 32] Sul collegamento negoziale in tema di patti successori v. Cass. 19 ottobre 1978 n. 4712 "Attribuzione patrimoniale effettuata dai genitori ad una figlia, assunzione da parte di quest'ultima di un'obbligazione nei confronti della sorella, collegamento negoziale e violazione del divieto di patti successori", Riv. Not., 1979, p. 211

Sul collegamento negoziale in diritto internazionale privato v. MARIANI «Il collegamento negoziale nel diritto internazionale privato», Riv. dir. priv., 1998, p. 250.

[nota 33] Infatti la legge concretamente applicabile alla sua successione potrebbe ulteriormente cambiare o perché al momento della morte risulterà applicabile la legge di un altro Paese, o perché nel frattempo è intervenuta una modifica legislativa da parte del legislatore straniero.

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