La tassazione di trasferimenti mortis causa in attesa della riforma
La tassazione di trasferimenti mortis causa in attesa della riforma
di Ugo Friedmann
Notaio in Milano

Le riflessioni che seguono sono prime impressioni su una norma che al momento della loro stesura non è ancora entrata in vigore e pertanto potranno subire anche radicali modifiche in sede di definitiva stesura della norma medesima.

Introduzione

Il maxiemendamento al D.l. 262 del 3 ottobre 2006 sostituisce il precedente testo dell'articolo 6 che ora corrisponde ai commi 47, 48, 49, 50, 51, 52 et 53 dell'articolo 2 e che al comma 47 dispone «è istituita l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990 n. 346 , nel testo vigente al 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dal presente articolo … ».

Viene quindi totalmente abbandonato lo schema impositivo delineato dal testo dell'articolo 6 in commento nella sua prima stesura [nota 1] per ritornare a quello che era da ultimo la imposta sulle successioni e donazioni dopo le modifiche apportate dall'articolo 69 della legge 21 novembre 2000 n. 342.

Viene abbandonata la tassazione mortis causa dei cosiddetti "vincoli di destinazione" che ben potranno essere disposti per testamento.

Quanto agli effetti di quanto è stato compiuto nel periodo di incertezza del decreto si dirà in seguito.

Il secco rinvio alla normativa allora vigente che potremmo definire "congelata" dopo la entrata in vigore della legge 383/2001 lascia purtroppo aperti molti dei dubbi applicativi posti all'entrata in vigore della novella di allora.

Anche ai fini di una migliore comprensione di quanto si dirà appresso va ricordato che la novella del 2000 aveva eliminato la imposizione globale sull'asse [nota 2], aveva tra l'altro sostituito la imposizione progressiva con una imposizione proporzionale graduata a seconda del livello di parentela, aveva introdotto per ciascuno dei beneficiari (quale che fosse il livello di parentela) una franchigia di trecentocinquantamilioni ed aveva esteso a successioni e donazioni le agevolazioni per la prima casa ai fini delle imposte ipotecarie e catastali.

Tale ultima previsione non era entrata nel corpo normativo, ma restava regolata dall'articolo 69 della legge 342/2000 come meglio si chiarirà appresso.

L'impianto del D.lgs. 346/90 anche in tale occasione non era stato peraltro sostanzialmente modificato ed era stato compito della dottrina e della prassi dell'Amministrazione finanziaria cercare di dare indicazioni su come conciliare testi normativi che ancora sostanzialmente risentivano della esistenza della imposizione globale e di quella per quote con i nuovi criteri introdotti.

Invero gli interventi di "lifting" normativo eseguiti con la novella del 2000 non erano stati sufficientemente incisivi per pienamente coordinare il testo normativo previgente con le novità introdotte dalla novella.

La nuova imposta, se resterà com'è anche in sede di conversione non si può certo additare come esempio di coerenza e ragionevolezza, ma scopo di queste brevi righe è solo quello di segnalare problemi operativi dell'immediato e quindi si rimanda a successivi approfondimenti un'analisi più approfondita di questo aspetto [nota 3].

La novella

La norma del D.l. 262/2006, come emendata, reintroduce le aliquote già previste dal precedente testo normativo, da applicarsi sul valore complessivo "netto" dei beni, e prevede una franchigia di un milione di euro (prima di centoottantamilasettecentocinquantanove euro a favore di ciascun beneficiario) solo a favore del coniuge o dei parenti in linea retta (franchigia da applicarsi interamente a favore di ciascuno di detti soggetti).

Viene abrogato l'articolo 13 della legge 383/2001 [nota 4], ma non vengono abrogati e devono quindi intendersi in vigore gli articoli:

14 (superato dal fatto che ora sia nuovamente applicabile in toto la normativa del D.lgs. 346/90) [nota 5].

15 (che prevedeva:

-la adozione di un nuovo modello di dichiarazione di successione, essendo quello attualmente in uso sia leggermente difforme da quello a suo tempo approvato e comunque fuori legge essendo scaduti i termini per la sua sostituzione;

-l'obbligo di trasmissione della dichiarazione di successione ai Comuni da parte degli uffici e il venir meno del relativo obbligo a carico del contribuente;

-la previsione che ove il defunto fosse residente all'estero la dichiarazione dovesse essere presentata all'ufficio competente in funzione della ultima residenza in Italia del defunto o, se sconosciuta a Roma).

Et 16 della medesima legge (norma di contrasto alla speculazione ai fini delle imposte dirette ed estendeva alle donazioni e altre liberalità - non ai trasferimenti a titolo gratuito - le disposizioni antielusive del comma 7 dell'articolo 69 della legge 342/2000).

Resta inoltre in vita la modifica portata all'articolo 26 del D.P.R. 131/86 che fissava lo scatto della presunzione sopra l'importo di trecentocinquantamilioni, collegato a quanto previsto dall'articolo 69 della legge 342/2000.

Brevi cenni storici

Fu con il R.D.l. 4 maggio 1942 n. 434, in vigore dal 12 maggio 1942, che venne istituita un'imposta sull'asse ereditario con carattere autonomo di fronte alla normale imposta sulle successioni, la cosiddetta "Globale sull'asse ereditario netto".

Detta imposta si sovrappose al tributo sull'entrata dei singoli successori, venne giustificata dall'emergenza del periodo bellico e coesistette con la già esistente imposta sulle quote.

Il venire meno delle ragioni di tale coesistenza è stato, almeno in apparenza, riconosciuto solo con l'articolo 69 della legge 342/2000.

Più coerente al principio costituzionale della capacità contributiva appare il riportare la tassazione a carico delle singole quote ereditarie e l'abolizione della progressività a scaglioni.

Il testo del D.lgs. 346/90 vigente al 24 ottobre 2001 è quello modificato dal suddetto articolo 69 della legge 342/2000 e che già ha formato oggetto di un commento con lo studio 113/2000 della Commissione Studi Tributari del Cnn [nota 6] cui le note che seguono in parte si richiamano.

I principi tecnici ispiratori della modifica al testo unico di allora rivivono nella norma oggi "riesumata".

Le ragioni che avevano ispirato la novella del 2000 sono ancora da ricercare nella esigenza di un ampliamento della base imponibile, attraverso il duplice canale della eliminazione della progressività delle aliquote e della loro drastica riduzione e razionalizzazione, e in un potenziamento degli strumenti antielusivi a disposizione della amministrazione.

La norma allora introdotta peraltro si caratterizzava per due elementi di particolare novità: da un lato, la previsione di sole aliquote proporzionali e non più progressive; dall'altro lato, la previsione di una franchigia per ciascuno dei beneficiari, di misura mobile a seconda della qualità dei beneficiari stessi.

Resta nella novella in commento la previsione delle aliquote proporzionali, ma la franchigia è prevista in misura fissa e solo per ciascuno dei beneficiari rientranti nella categoria costituita dal coniuge e dai parenti in linea retta, con ciò venendosi ad ulteriormente ed inutilmente complicare il meccanismo di calcolo dell'imposta e la ricerca di una ratio al comportamento del legislatore [nota 7].

Prime osservazioni

Una volta ancora peraltro il legislatore della riforma ha perso l'occasione di fare chiarezza su alcuni rilevanti dubbi sollevati dalla dottrina chiamata a commentare la novella del 2000.

Le perplessità che nascevano dalla mancata modifica di articoli, quali quelli sulla base imponibile (art. 8), sull'attivo ereditario (art. 9), e dalla parziale modifica di quello sulle presunzioni (art. 11) - disposizioni che nella loro operatività sembrano supporre il sussistere di una tassazione sul valore "globale" dell'attivo ereditario - avrebbero, infatti, potuto trovare risposta.

Il legislatore infatti applica le aliquote, che riguardano ora la tassazione del quantum perviene a ciascun beneficiario, parlando peraltro di «valore netto complessivo dei beni».

In relazione alle prime osservazioni sopra riportate è sempre più forte l'interrogativo se ancora possa ritenersi operante il meccanismo della solidarietà passiva tra gli eredi, che alla luce della novella pare possa forse formare oggetto di una nuova eccezione di costituzionalità.

Come può infatti ritenersi sostenibile che un chiamato debba rispondere di un tributo chiaramente nascente da un rapporto tributario facente carico ad un altro soggetto?

Se si potesse ipotizzare il venire meno della solidarietà nel rapporto tributario si potrebbe, ad esempio, ritenere ammissibile una dilazione di pagamento della imposta relativa a una sola quota.

Collegato al problema della solidarietà passiva e di non minore rilevanza è quello relativo alla territorialità dell'imposta, che era stata giustificata, nella precedente impostazione del testo normativo, proprio per l'esistenza di un asse globale tassabile.

Lo spostamento sul beneficiario del presupposto della tassazione rende l'attuale sistema sicuramente incoerente e suggerisce una radicale modifica dello stesso.

Invero già a seguito della novella si riscontrava una palese discrepanza tra il criterio (immutato) previsto dall'art. 2 del D.lgs. n. 346/1990 e il criterio introdotto per la tassazione delle donazioni estere.

La novella in commento, diversamente dalla riforma del duemila che prevedeva poi che ad una serie di meccanismi (quale quello relativo alla liquidazione in vita dell'imposta, peraltro ora abrogato) si desse attuazione a mezzo di emanandi regolamenti, secondo il non nuovo metodo di giungere a modificare norme di rango superiore con norme regolamentari, e che, una volta emanati i regolamenti, dovessero intendersi abrogate le norme in contrasto con la novella, nulla prevede e quindi fa piombare nella assoluta incertezza tali situazioni sospese.

Restiamo in attesa di conoscere:

- chi e come potrà approvare il nuovo modello per la dichiarazione di successione (essendo prevista dall'art. 69 della legge 342/2000 la adozione di nuovi modelli);

- chi e come consentirà di presentare la denuncia di successione e fare i conseguenti pagamenti per via telematica.

Nulla sembra mutato relativamente alle imposte ipotecaria e catastale, che, essendo sempre relative a formalità, andranno applicate nel modo attuale, con la precisazione che, nel caso di debenza di imposta proporzionale e dell'imposta fissa di cui sopra, quest'ultima verrà assorbita dalla prima [nota 8].

Sono venute meno le franchigie inserite dalla prima stesura dell'articolo 6 del D.l. 262/2006, ma la cui applicazione riguarderà l'espace d'un matin.

Rinasce dalle sue ceneri invece tutta la normativa relativa alle agevolazioni "prima casa" che l'articolo 69 della legge 342/2000 aveva esteso al campo delle successioni e donazioni e di cui meglio si cercherà di parlare appresso.

Ci si deve domandare se alla luce della novella le norme dettate dall'art 28 del D.lgs. n. 346/1990 debbano riferirsi all'intero asse relitto ovvero alle quote lasciate ai singoli chiamati che rientrino nelle categorie che la norma indica.

Al momento prudenza vuole che ci si abbia a riferire all'intero asse relitto.

Sostanzialmente quello che si vuole affermare è che, ancorché manchi una tassazione globale e la tassazione riguardi in modo anche differenziato il singolo avente causa del defunto, unica resta la dichiarazione di successione.

Il presente commento si propone quindi, senza pretese di esaustività e senza voler offrire soluzioni certe, visto che rinascono le notevoli carenze di coordinamento tra la novella e il testo del D.lgs. n. 346/1990, di effettuare una rapida rassegna, necessariamente problematica, delle novità introdotte dalla novella del duemila, ora riesumate, ma che non aveva avuto il tempo di sedimentare essendo stata la imposta poi abolita dalla legge 383/2001.

Entrata in vigore della novella

In considerazione del fatto che il maxiemendamento contiene una totale modifica delle norme portate dal precedente testo dell'articolo 6 del D.l. 262/2006 e che i cittadini avevano fatto affidamento sul precedente testo normativo si dispone all'articolo 1 comma 2 che «sono fatti salvi gli effetti prodotti dall'articolo 6 del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262 nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge».

Disponendo il primo comma del medesimo articolo che il decreto è convertito «con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge» si deve intendere che le donazioni effettuate nel vigore del testo emendato dell'articolo 6 siano regolate dal disposto dell'articolo medesimo vigente il testo ante emendamento, anche se con uno sforzo interpretativo di non poco momento.

Non essendo le donazioni e gli atti inter vivos oggetto della presente relazione si rimanda alla relazione che di tali argomenti tratterà per una più completa disamina della materia.

La norma invece dispone al comma 53 che le nuove norme hanno effetto per gli atti pubblici formati, per gli atti a titolo gratuito fatti, per le scritture private autenticate e per le scritture private non autenticate presentate per la registrazione dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.l. 262/2006, nonché per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006.

Le stesse decorrenze valgono per le imposte ipotecaria e catastale concernenti gli atti e le dichiarazioni relativi alle successioni di cui al periodo precedente.

Ancora una volta ci si trova di fronte a un testo normativo che da un lato introduce la categoria degli "atti a titolo gratuito fatti" senza precisare se per atto pubblico, scrittura privata autenticata o non autenticata lasciando aperta la data di decorrenza e dall'altro quando parla di imposte ipotecarie e catastali si riferisce agli atti e alle dichiarazioni «relativi alle successioni di che sopra», categoria di ben difficile individuazione.

Il fatto di fare retroagire le norme relative ai trasferimenti mortis causa al 3 ottobre può avere la funzione di evitare che la materia delle successioni si trovi ad essere regolata in modo estemporaneo dalla legge di registro anziché dalla normativa che le è propria.

Nel seguito ricorderò alcune delle osservazioni a suo tempo formulate in occasione delle modifiche portate dall'articolo 69 della legge 342/2000 al D.lgs. 346/90, osservazioni che alla luce del "rivivere" dell'imposta riprendono attualità.

Termine per la presentazione della dichiarazione

Va prestata grande attenzione al fatto che la norma, riferendosi al testo del D.lgs. 346/90 in vigore al 24 ottobre 2001 sembra sterilizzare le modifiche successivamente intervenute al suddetto D.lgs. tra cui quella introdotta nel 2003 e portante l'allungamento a un anno del termine per la presentazione della dichiarazione che sembra ritornare quindi a sei mesi salvo le deroghe già previste dalla legge.

Obbligo di presentare la dichiarazione

Ci si chiede se, alla luce della franchigia "riservata" a favore di coniuge e parenti in linea retta, alla luce del non modificato comma 7 dell'articolo 28 che esenta tali soggetti dalla presentazione di una dichiarazione di successione che contenga mobili per importo inferiore a 50.000.000 di lire (ora 25.822,84 Euro) non si possa ipotizzare che tale esenzione ora valga sino ad euro un milione e ciò al fine di evitare inutili aggravi amministrativi.

Contro tale lettura potrebbe esservi l'interesse dell'erede di evidenziare la provenienza lecita di denari per successive operazioni e la sanzione residuale prevista dall'articolo 50 per il caso di mancata presentazione della dichiarazione.

Una "provocazione"

Se è vero che la "nuova" imposta di successione è regolata dal disposto del D.lgs. 346/90 in vigore al 24 ottobre 2001 si può forse ipotizzare che ai fini successori sono stati sterilizzati gli aumenti delle rendite catastali nel frattempo intervenuti e che, ancorché estranei al dato normativo a tale data non esistevano?

Si deve ritenere che l'osservazione sopra riportata pecchi di capziosità e ciò è con ogni probabilità vero, ma si è ritenuto di inserirla lo stesso per la astrusità della norma.

Le liberalità indirette

Riprende attualità il comma 4-bis dell'articolo 1, il quale, se da un lato prevede, quale principio generale, l'assoggettabilità a tassazione delle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, dall'altro lato, dispone la non applicabilità dell'imposta alle liberalità indirette (ma anche alle donazioni) "collegate" ad alcune fattispecie di atti a titolo oneroso soggetti ad imposta di registro in misura proporzionale o ad imposta sul valore aggiunto.

Cosa deve intendersi per "liberalità" e soprattutto cosa deve intendersi per "collegate"?

Il concetto di donazione indiretta è stato ampiamente esplorato dalla dottrina civilistica, alla quale non si può, in questa sede, che rinviare. A titolo meramente esemplificativo, potrebbero rientrare nella nuova norma sia l'ipotesi di pagamento del debito altrui effettuato con spirito di liberalità (ove questo risulti dall'atto con intervento del terzo che effettua l'adempimento ex art. 1180 del codice civile), sia l'ipotesi del contratto a favore di terzi (esempio classico quello del contratto stipulato tra venditore-promittente e genitore-stipulante che effettua il pagamento del prezzo, con previsione del trasferimento della proprietà a favore del figlio-terzo beneficiario). E certamente l'elenco può arricchirsi di ulteriori esemplificazioni.

è importante chiarire che la norma fa cenno anche alle "donazioni", intendendosi evidentemente riferire alle donazioni dirette. Esempio classico è quello della donazione del denaro, effettuata dal genitore al figlio, il quale procede poi ad acquistare l'immobile o l'azienda. Quanto al termine "collegate", vi è da chiedersi se il riferimento sia alla nozione tecnico-giuridica di "collegamento negoziale", così come elaborata in sede privatistica, ovvero ad un diverso fenomeno di collegamento economico nell'ambito di una stessa operazione, rilevante solo ai fini fiscali.

La norma è criptica anche con riferimento all'oggetto dell'acquisto cui è collegata la liberalità nel momento in cui parla troppo genericamente di "diritti immobiliari".

Vi è poi da chiedersi quali implicazioni teoriche abbia la mancata menzione del trasferimento di partecipazioni sociali, non soggetto ad imposta proporzionale di registro, essendo quest'ultima surrogata dalla tassa sui contratti di borsa.

Con riferimento alle liberalità indirette non risultanti da atti soggetti a registrazione, la norma dell'articolo 56-bis prevede l'accertabilità solo quando le stesse risultino da dichiarazione resa dall'interessato nel corso di procedimenti diretti all'accertamento dei tributi (specie in sede di accertamento sintetico ai fini delle imposte sui redditi) e sempre che le stesse abbiano determinato nei confronti dello stesso beneficiario (in aggiunta ad eventuali precedenti) un incremento patrimoniale superiore a 350 milioni di lire.

Occorrerà prestare molta attenzione alla tassazione del successivo atto alla luce delle modifiche introdotte dalla Manovra Bersani che ha in molti casi modificato la tassazione dei trasferimenti immobiliari.

Le franchigie

Come più volte ricordato è scomparsa la franchigia generalizzata a favore di tutti gli eredi e legatari sostituita da una franchigia a favore del solo coniuge e dei parenti in linea retta che peraltro vedono aumentare l'importo a un milione di euro.

E' scomparsa dalla nuova norma a seguito delle abrogazioni dalla stessa disposte la elevazione della pregressa franchigia a un miliardo in caso di lascito a minori o soggetti portatori di handicap, abrogazione difficilmente comprensibile specie per la seconda categoria di successibili.

Reintegra dei diritti dei legittimari

Riprende piena attualità il disposto dell'articolo 43 del D.lgs. 346/90 che dispone in sostanza la neutralità fiscale dell'atto volto alla reintegra dei diritti dei legittimari posto in essere per atto tra vivi successivo all'apertura della successione.

Le aliquote

Viene mantenuta la abolizione della progressività per scaglioni, così come la duplice abolizione della tassazione sulla cosiddetta "globale" e la tassazione resta solo quella proporzionale con la previsione di tre differenti aliquote in relazione al grado di parentela dei successibili con il defunto.

Le aliquote sono le seguenti:

a. il quattro per cento nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta con una franchigia di un milione di euro per ciascun beneficiario;

b. il sei per cento nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado;

c. l'otto per cento nei confronti degli altri soggetti.

Presunzione esistenza mobili e gioielli

Viene subito spontaneo chiedersi (e meglio se ne parlerà in seguito) se anche la presunzione di esistenza di mobili e gioielli, ancora in essere, vada oggi applicata all'intero attivo ereditario ovvero alla singola quota tassabile, al netto della franchigia.

Quest'ultima soluzione appare preferibile, in aderenza all'orientamento ministeriale il quale da tempo è nel senso che la franchigia non vada computata nella determinazione dell'attivo su cui calcolare la presunzione.

Il coacervo

è emblematico il fatto che il legislatore fiscale con la norma in commento abroghi i commi da 1 a 2-quater dell'articolo 7 del D.lgs. 346/90 come novellato nel duemila.

La norma del comma 2-quater prevedeva l'inapplicabilità della franchigia nel caso in cui il beneficiario si fosse avvalso delle previsioni dell'art. 56 commi 2 e 3 (cioè nel caso in cui avesse usufruito della franchigia in sede di donazioni o liberalità indirette), nei limiti di valore in cui ne avesse usufruito. Il profilo dell'erosione della franchigia in sede di imposta sulle successioni trovava quindi la sua disciplina esclusivamente nel suddetto comma 2-quater.

Conseguentemente, anche se la prudenza è d'obbligo, dovrebbe a rigore ritenersi implicitamente abrogato l'ultimo comma dell'art. 8 del D.lgs. n. 346/1990, il quale, dopo aver stabilito che «il valore globale netto dell'asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari» e che «il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario», prevede che per «valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore ... riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento».

In sostanza il legislatore ha lasciato in vita la norma dell'articolo 8 che fa rinvio al disposto dell'articolo 7 abrogato nella parte de quo, ha abrogato l'articolo 7 nella parte in cui disponeva in modo inequivoco la sterilizzazione della franchigia (ove esistente) ed ha invece lasciato in essere ed anzi migliorato il medesimo meccanismo per quanto attiene alle donazioni.

Va peraltro ricordato che resta in vigore il disposto dell'articolo 28 lettera f che dispone l'obbligo di indicare nella dichiarazione le donazioni precedentemente fatte dal de cuius agli eredi, ma ciò prova troppo perchè nel medesimo articolo è rimasto l'obbligo di indicare i trasferimenti degli ultimi sei mesi del defunto mentre la corrispondente norma dell'articolo 10 è stata abrogata.

Si vuole in sostanza qui ribadire quanto già detto in occasione di precedenti commenti alle norme previgenti del D.lgs. n. 346/1990: la tesi dell'Amministrazione finanziaria, per cui le donazioni fatte in vita andavano ad erodere la franchigia (applicabile sul valore globale netto dell'asse), non appariva già allora condivisibile, in quanto la norma di cui al citato ultimo comma dell'art. 8 era finalizzata alla applicazione, al reale attivo ereditario, di una maggiore aliquota risultante dalla riunione fittizia delle donazioni fatte in vita.

Venuta meno la progressività delle aliquote ed abrogata anche la disposizione di cui sopra al comma 2-quater dell'articolo 7, che prevedeva esplicitamente la erosione della franchigia in sede successoria nei limiti in cui il beneficiario ne abbia usufruito con donazioni fattegli in vita dal de cuius, viene chiaramente meno il senso e la ratio della norma portata dall'ultimo comma del vigente testo dell'art. 8 del D.lgs. n. 346/1990.

Non si può negare che la ricostruzione sopra proposta, coerente con quanto risulta dalle modifiche al dato normativo urta senz'altro con una interpretazione sistematica delle norme e porterebbe con ogni probabilità a un vizio di costituzionalità per difetto di ragionevolezza o quantomeno di parità di trattamento rispetto a quanto dispone l'articolo 57 in tema di donazioni e quindi occorrerà grande prudenza nell'accettare le tesi di che sopra, senza avere prima atteso una precisa pronuncia dell'Amministrazione finanziaria al riguardo.

Pertanto il pratico del diritto non potrà esimersi dall'indicare ai propri clienti la vischiosità della situazione che deriva dalle modifiche normative ed attenersi a quella che riterrà la interpretazione più tutioristica nei confronti del proprio cliente.

Abrogazione delle norme in contrasto

La norma dell'articolo 69 della legge 342/2000 prevedeva l'abrogazione delle norme in contrasto con quelle portate dalla novella di allora.

Non si è prevista la riformulazione degli articoli 8 et 9 lasciando quindi nel testo vigente una apparente contraddizione.

Entrambi questi articoli trattano l'attivo ereditario nella sua integrità e supponendo la esistenza di una "globale" paiono in contrasto con il resto della riforma.

In particolare l'art. 8, nel testo vigente e non emendato, al primo comma esordisce con la menzione che «il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell'apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19 e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3».

Il coordinamento di tale norma con il disposto della novella appare in più punti problematico.

E' logico pensare, partendo dal presupposto civilistico, che, per giungere alla formazione delle quote tassabili, si debba comunque passare dalla formazione di un attivo ereditario.

L'unica eccezione potrebbe essere quella di una successione testamentaria interamente esaurita da institutiones ex rebus certis ovvero regolata da una "divisione del testatore" che assorba l'intero asse ereditario.

Tale ipotesi, peraltro residuale rispetto al presente studio, avente come fine una prima carrellata sulle novità, meriterà sicuro approfondimento.

Negli altri casi dunque si ritiene necessario procedere alla formazione di un attivo unitario da ripartirsi tra le quote. Ma come si forma tale attivo?

La norma prevede che:

a. si calcola il valore dei beni (relitti dal de cuius) ai sensi degli artt. da 14 a 19 (non si fa qui menzione alle cosiddette presunzioni di appartenenza);

b. si detraggono le passività e gli oneri diversi da quelli indicati all'art. 46, comma 3;

c. il valore così ricavato deve poi essere calcolato al netto, per quanto riguarda l'eredità o le quote ereditarie, dei legati che le gravano, e per quanto riguarda i legati, degli oneri che li gravano;

d. (la norma poi - sotto questo profilo non coordinata con le modifiche della novella - prevede che il valore "globale netto" vada maggiorato "ai soli fini dell'aliquota" di un importo pari a quello delle donazioni);

e. a questo punto vanno detratte "le franchigie" (si noti bene non più "la franchigia"), che la norma novellata attribuisce solo a taluni chiamati in misura fissa e relativamente alle qualità degli stessi;

f. infine, ai sensi del successivo art. 9, sull'attivo si applica la presunzione per mobili e gioielli, da calcolarsi - si noti bene - sul "valore globale netto imponibile".

Ma quale sarà il "valore globale netto imponibile"?

Quello cui si è pervenuti al punto e), ripartito per quote e poi, per ogni singola quota, ricalcolato al netto della franchigia, ovvero quel medesimo valore, detratto il globale importo delle franchigie, e poi suddiviso in quote?

Essendo la franchigia "fissa", come sopra detto (si pensi al caso di due eredi di cui uno destinatario della franchigia e l'altro no, chiamati in quota uguale tra loro), è evidente che il risultato può cambiare.

Le considerazioni dei paragrafi che precedono vanno poi coordinate con il disposto del successivo art. 9 del D.lgs. n. 346/1990 il quale prevede che «l'attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all'imposta a norma degli articoli 2, 3, 12 e 13».

E prosegue al comma 2 con la nota presunzione per cui «si considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati ... ».

Valgono al riguardo le considerazioni sopra riportate, anche se pare necessaria una presa di posizione dell'Amministrazione finanziaria, attese le rilevanti conseguenze dell'uno o dell'altro metodo di imputazione, anche in vista dell'eventuale autoliquidazione dell'imposta.

Articolo 48 D.lgs. 346/90

Sembra riprendere vigore il noto divieto portato dall'articolo 48 di «compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte» relativi a beni per i quali non sia stata presentata la dichiarazione di successione

Atteso che caso classico è quello del bene immobile venduto in assenza di dichiarazione di successione non posso che rimandare alle considerazioni contenute nello studio del Notaio Cantamessa disponibile in Banca Dati Cnn che ottimamente argomenta circa la natura di detti atti come atti tra vivi e non mortis causa e quindi perviene alla inapplicabilità del divieto a tali fattispecie.

Trattandosi di questione delicata e controversa sarà in ultimo la sensibilità del singolo operatore a consigliare se ritenere o meno applicabile tale norma ed entro quali limiti.

In relazione al medesimo articolo si segnala che sarà nuovamente necessario l'intervento del Notaio per la apertura delle cassette di sicurezza ove non intervenga il funzionario dell'Amministrazione finanziaria, intervento regolato dalla legge e che non richiede quindi alcuna autorizzazione dell'Autorità giudiziaria (ovviamente se e solo se di inventario a sensi dell'art. 48 si tratta).

Presunzioni

Rimane la eliminazione della presunzione di appartenenza all'attivo ereditario dei beni venduti negli ultimi sei mesi, mediante la soppressione dell'art. 10 del D.lgs. n. 346/1990.

Ciò significa che per tutte le successioni cui si applica la novella saranno totalmente irrilevanti ai fini dell'applicazione del tributo successorio le alienazioni a titolo oneroso compiute dal de cuius negli ultimi sei mesi di vita, sia se effettuate a favore di estranei che se effettuate a favore degli eredi o legatari ed a prescindere dal rapporto di parentela o coniugio tra questi ultimi e il de cuius (salva l'applicazione della presunzione di liberalità di cui all'art. 26 D.P.R. n. 131/1986).

L'abrogazione dell'art. 10, sicuramente di grande rilievo, poteva essere la occasione per eliminare del tutto un anacronistico sistema di presunzioni venutosi a sedimentare nel tempo e che trova origine già nel R.D. n. 3270/1923, sistema che è stato invece in parte lasciato e in parte come sopra detto integrato e che nella attuale formulazione sarà sicuramente foriero di contenzioso.

è stata eliminata la presunzione di integrale appartenenza al de cuius di conti cointestati (ecc.), ma si è lasciata sopravvivere una serie di presunzioni che, come sopra detto, appaiono difficilmente compatibili con il nuovo meccanismo di tassazione, tra cui quella per cui si considerano compresi nell'attivo ereditario «i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell'ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto, salvo quanto disposto nell'articolo 12, comma 1, lettera b)» (quest'ultima norma dispone «le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto alienati anteriormente all'apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, salvo il disposto dell'art. 10» il quale è abrogato).

Essendo, ovviamente, il richiamo all'art. 10 da intendersi come non effettuato, il sistema sembra doversi ricostruire come segue:

a. sono compresi nell'attivo ereditario i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell'ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto;

b. sono esclusi dall'attivo ereditario le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto alienati anteriormente all'apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, senza alcuna eccezione.

Scompare il pagamento anticipato delle imposte di successione in vita

Scompare il meccanismo della "affrancazione" in vita dell'imposta sulle successioni, che non avendo mai visto la luce il relativo regolamento attuativo non ha mai visto la luce.

Valutazione delle quote e delle aziende

Resta la cosiddetta "sterilizzazione" dell'avviamento nella valutazione delle aziende, e si può a questo punto sgombrare l'orizzonte dai dubbi sollevati in occasione dei primi commenti alla novella del duemila.

La circolare dell'Agenzia delle Entrate 58/E del 30 dicembre 2003 ha infatti accolto pienamente il punto di vista della dottrina che sino dalla entrata in vigore del D.lgs. 346/90 ha evidenziato la novità dallo stesso portata nella valutazione di azioni e quote di società non quotate.

è ora definitivamente chiarito ed accettato che il valore di dette partecipazioni è dato dal «valore proporzionalmente corrispondente al valore alla data di apertura della successione del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato … tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti … ».

La norma in esame ha radicalmente novellato il testo del precedente D.P.R. n. 637/1972, il quale prevedeva che « … il valore venale è determinato avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società … ».

Si è cioè passati, come la dottrina, la giurisprudenza e da ultimo la prassi amministrativa hanno ormai pacificamente affermato, da un sistema basato su una puntuale valutazione delle componenti dell'attivo patrimoniale (e quindi nel classico esempio della quota di una società immobiliare del valore dei singoli cespiti che compongono il suo patrimonio) a una valutazione che invece deve tenere conto solo del valore del patrimonio netto emergente dall'ultimo bilancio, con gli aggiornamenti alla data della morte mediante una situazione patrimoniale.

Varie

Restano in vigore le riduzioni dell'imposta disposte dall'articolo 25 che vengono estese quanto a quelle del comma 4-bis anche al caso di donazione.

Resta in vigore la lettera d-bis in calce al comma 1 dell'articolo 47 che prevede la facoltà per l'ufficio ai fini dell'accertamento e della riscossione di «dimostrare, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, la sussistenza, la insussistenza, la simulazione e la dissimulazione di fatti o atti rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile o dell'imposta».

Tale norma dovrebbe costituire il secondo cardine della novella per favorire la emersione di base imponibile ed assicurare la copertura finanziaria della riforma a fronte della drastica riduzione delle aliquote. Non è questo il luogo per un commento sistematico della stessa. Si rammenta comunque che la norma risulta applicabile a fatti accaduti e ad atti posti in essere dopo il 1° luglio 2000.

I benefici per la prima casa

Conosciuta una fugace abrogazione con il testo emendato dell'articolo 6 del D.l. 262/2006 rivivono pienamente i commi 3 e 4 dell'art. 69 della legge n. 342/2000 che regolano l'applicazione dei cosiddetti "benefici per la prima casa" anche alle successioni e donazioni.

è testuale che il trattamento di favore spetta per le formalità anche se uno solo dei beneficiari (erede, legatario o donatario) rivesta i requisiti. La norma stabilisce espressamente che le dichiarazioni necessarie devono essere rese dall'interessato nell'atto di donazione o nella dichiarazione di successione. Come è noto invece la Amministrazione finanziaria ha previsto che la richiesta di agevolazioni debba avvenire a mezzo di una dichiarazione sostitutiva da allegare alla dichiarazione Ci si chiede se per "interessato" si intenda ciascuno di quelli che hanno i requisiti con la conseguenza che, in tal caso, la dichiarazione dovrà essere sottoscritta da tutti costoro. Pare che la risposta possa essere negativa, essendo automatica la estensione del beneficio e ciò è confermato dalla prassi. Le agevolazioni si applicano limitatamente alle imposte ipotecaria e catastale, e non anche all'imposta sulle successioni e donazioni, che rimane immutata, salvo l'effetto della eventuale franchigia.

è confermato dall'Amministrazione che, in caso di coesistenza di beni per i quali vi sia diritto all'agevolazione e beni che scontino la imposta piena saranno dovute sia le imposte proporzionali che quelle fisse (posizione come è noto non condivisa dal Notariato).

Resta altresì confermata la possibilità (salvo che per il caso di titolarità esclusiva di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa ad uso abitazione nel medesimo Comune) di fruire nuovamente dell'agevolazione "prima casa" in caso di successivo atto a titolo oneroso quando se ne fruisca per successione o donazione.

Ciò alla luce del fatto che:

a. la neointrodotta agevolazione riguarda unicamente le imposte ipotecaria e catastale in ordine ad un trasferimento a causa di morte o per donazione;

b. la nota II-bis all'art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, non considera l'agevolazione stessa fra quelle che escludono il diritto ad usufruire dei benefici "prima casa" ai fini dell'imposta di registro.

Ci si è chiesti se, in caso di acquisto di immobile ad uso abitazione per successione con richiesta dell'agevolazione prima casa possa poi essere richiesta la agevolazione per l'eventuale successivo acquisto di una pertinenza di tale immobile con atto a titolo oneroso.

La posizione del Notariato al riguardo è di apertura, ancorché una lettura strettamente letterale della norma possa indurre a qualche incertezza.

è ormai acquisito che l'agevolazione può essere chiesta in quota da diversi eredi su beni diversi venendo poi la agevolazione ad estendersi agli altri comproprietari "beneficiari per estensione".

Il comma 3 regola infine il caso della "decadenza dal beneficio". Quest'ultima si determina non solo in caso di dichiarazione mendace, ma anche (sebbene nella norma non vi sia alcun richiamo espresso ad essa) nell'ipotesi della rivendita nel quinquennio (senza riacquisto nell'anno successivo alla rivendita di una "casa da adibire ad abitazione principale").

Ci si deve chiedere se la decadenza e le conseguenti sanzioni riguardino tutti i coeredi, o collegatari, o donatari, che hanno usufruito della agevolazione (sia in via diretta che per estensione legale) oppure il solo interessato, cioè colui che ha reso la dichiarazione.

Pare in contrasto con il sistema applicare una sanzione ad un soggetto estraneo alla dichiarazione in questione (si veda il costante orientamento della prassi nel senso di non considerare decaduto dall'agevolazione Invim il venditore in caso di decadenza dell'acquirente di una prima casa). Al riguardo richiamo la posizione assunta dalla Commissione Tributaria del Cnn che con l'argomentato studio 21/2002/T del 17 dicembre 2002 conclude per la non applicabilità di alcuna sanzione a carico dei beneficiari indiretti in caso di rivendita prima del quinquennio dei beni ricevuti.

Non consta al riguardo una posizione dell'Amministrazione finanziaria che pare senz'altro auspicabile un cenno anche se il presente studio riguarda esclusivamente le successioni e non le donazioni all' articolo 26 del D.P.R. 131/86.

Rivive tutta la problematica connessa alle presunzioni di cui all'articolo 26 del D.P.R .131/86 quale già modificato dalla novella del 2000, che aveva previsto la possibilità della prova contraria, ed aveva introdotto una nuova presunzione relativa ai "trasferimenti di partecipazioni sociali", la quale continuerà ad essere di non agevole applicazione.

Come è noto attraverso modifica dell'art. 26 del D.P.R. n. 131/1986 "Testo unico dell'imposta di registro" portata dalla novella del 2000 era stata introdotta la presunzione di liberalità, sussistendo le condizioni previste da detto articolo, per i «trasferimenti di partecipazioni sociali quando il valore della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori all'importo di 350 milioni di lire».

Il legislatore fiscale nel trattare della differenza tra "valore" e "prezzo" della partecipazione aveva operato e continua a mantenere una commistione tra imposta di registro e imposta sulle successioni e donazioni. Nel sistema dell'imposta di registro infatti non esiste un meccanismo di "valutazione" della quota, previsto invece nella imposta sulle successioni e donazioni. Andrebbe perciò chiarito cosa si intende per "valore" onde consentire la applicazione della norma. Potrebbe anche pensarsi che il "valore" della partecipazione coincida con il valore nominale. Ove non si accogliesse quest'ultima soluzione, infatti, si dovrebbe paradossalmente ammettere che il valore della partecipazione, ai fini dell'applicazione della presunzione in esame, potrebbe essere individuato (non si sa poi esattamente sulla base di quale norma) solo in sede di accertamento. La conseguenza di tale lettura della norma sarebbe che la presunzione di liberalità si applica: a) nei casi in cui si trasferiscono partecipazioni sociali di valore nominale superiore a 350 milioni; b) nei casi in cui si trasferiscono partecipazioni sociali di valore nominale inferiore a 350 milioni, quando il prezzo si discosti da tale valore per un importo superiore a 350 milioni.

Altra considerazione. Trattandosi di norma del testo unico dell'imposta di registro, non sembra possa applicarsi sullo specifico punto la norma sul coacervo. Ma allora, quid iuris nell'ipotesi in cui, con atti separati, vengano trasferite partecipazioni che non ricadono singolarmente nelle sopra menzionate condizioni di applicabilità della presunzione di liberalità? Ricorrendo i presupposti di applicazione della nuova disposizione, ci si deve chiedere quando il costo fiscale totale della cessione a titolo oneroso sia maggiore di quello da sostenersi in caso di donazione. Il dubbio è se si deve tenere conto anche dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze, gravame che non colpisce i trasferimenti a titolo gratuito. Il tutto andrà poi coordinato con il nuovo meccanismo di franchigie spettanti solo ad alcuni soggetti, essendo la norma riesumata uno dei tanti esempi di mancato coordinamento tra testo previgente e sistema attuale, prevedendo ancora il limite di trecentocinquantamilioni.

Un cenno da ultimo ad un problema applicativo della norma di non poco momento. Atteso che alcune partecipazioni (le azioni) possono essere trasferite mediante girata, vi è da chiedersi se anche in questa ipotesi possa applicarsi la presunzione in esame. La risposta pare essere negativa atteso che la girata è fuori dall'ambito dell'imposta di registro.

Norma antielusiva

L'art. 69, comma 7, estende al campo delle successioni e donazioni le disposizioni antielusive di cui all'art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973. La stessa norma specifica che tali disposizioni, così come quelle sopra ricordate relative alla lettera d-bis dell'art. 47 del D.lgs. n. 346/1990, si applicano «ai fatti accaduti e agli atti comunque formati successivamente alla data del 1° luglio 2000».

Rnvio a successivi regolamenti

L'art. 69, comma 8, rinviava ad uno o più regolamenti con cui avrebbero dovuto essere disciplinati i procedimenti concernenti la liquidazione, l'accertamento e la riscossione, sia attraverso una semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti, sia attraverso la introduzione della "autoliquidazione". Lo stesso articolo prevedeva poi la abrogazione delle disposizioni di legge "incompatibili" a far tempo dalla approvazione dei regolamenti di cui al comma 8.

Sebbene appaia discutibile il ricorrere a norme di rango inferiore per modificare norme di rango superiore, sarà opportuno che i regolamenti medesimi abbiano a specificare espressamente le norme che si intendono abrogate essendo in caso contrario ben complicato stabilire di che norme si tratti. Si prevede altresì la produzione di nuovi modelli di dichiarazione adeguati in base alla novella.

Nelle more dovranno ritenersi correttamente presentate le dichiarazioni sulla base dei modelli esistenti. Rinvio a un successivo approfondimento alla luce del testo definitivo della norma un più organico commento della novella e un esame della prassi formatasi successivamente e da intendersi con ogni probabilità applicabile al "vecchio" testo normativo.


[nota 1] Che, come è noto assoggettava i trasferimenti mortis causa ad imposta di registro, non prevedeva tassazione per i trasferimenti immobiliari mortis causa o per donazione a favore di coniuge e figli, introduceva franchigie varie nel pagamento delle imposte ipotecarie e catastali, elevava la imposta ipotecaria al tre per cento, assoggettava anche le donazioni ad imposta di registro e introduceva altre novità.

[nota 2] La cosiddetta "tassa sul morto" introdotta come norma di emergenza nel 1942 e che ha in realtà resistito per dodici lustri.

[nota 3] Vedasi anche Enrico de Mita IlSole24Ore del 1 novembre 2006 norme e tributi che stigmatizza la irragionevolezza del nuovo impianto normativo.

[nota 4] Che disponeva al primo comma che «l'imposta sulle successioni e donazioni è soppressa» e che al secondo comma regolamentava la tassazione degli atti di donazione o altra liberalità tra vivi.

[nota 5] Viene in sostanza confermata la vigenza del testo unico sulle successioni ancorché la relativa imposta fosse stata soppressa, secondo quanto ritenuto da autorevole dottrina.

[nota 6] PETRELLI-FRIEDMANN «Primi commenti alla modifica del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni» Studio 113/2000 T del 15 dicembre 2000.

[nota 7] Ben si potrebbe fare risalire la scelta del legislatore a una preferenza accordata alla famiglia nella sua essenza più fondamentale, ma tale opzione non appare del tutto convincente.

[nota 8] Diversa come è noto la posizione dell'Ammini-strazione finanziaria evidenziata nella circolare a commento della novella del 2000 in cui si affermava fossero dovute sia la imposta proporzionale che quella fissa.

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