Problematiche concernenti il nuovo sistema di alternatività tra Iva e imposte sui trasferimenti della ricchezza
Problematiche concernenti il nuovo sistema di alternatività tra Iva e imposte sui trasferimenti della ricchezza
di Massimo Basilavecchia
Ordinario di Diritto Tributario Università di Teramo
Nuove e più incisive deroghe
Il principio di alternatività è considerato un pilastro del nostro sistema dell'imposizione indiretta, a partire dalla legge delega n. 825 del 1971, che lo prevedeva all'art. 7, articolandolo in un profilo sostanziale - attinente cioè all'entità del prelievo - tale per cui le imposte di registro, ipotecarie e catastali avrebbero dovuto applicarsi in misura fissa, «sugli atti che prevedono corrispettivi soggetti all'imposta sul valore aggiunto», ed in un profilo "procedurale", tale da comportare la registrazione solo in caso d'uso per tali atti, purchè non redatti in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata. Esso si è poi sviluppato in modo omogeneo: I) quanto all'imposta di registro, Ia) nell'originario decreto delegato D.P.R. 634/72, all'art. 38, con assimilazione alle operazioni soggette ad Iva di quelle non imponibili ex artt. 8, 8-bis e 9 D.P.R. 633/72 e di quelle esenti, ma con esclusione delle locazioni non finanziarie e degli affitti di immobili; Ib) poi, nel testo unico, all'art. 40, con progressivo ampliamento della nozione di operazione assoggettata ad Iva (estesa alle operazioni prive dei requisiti di territorialità di cui all'art. 7 D.P.R. 633/72) ma anche delle deroghe (estese a taluni tipi di cessioni immobiliari); II) quanto alle imposte ipotecarie, IIa) nell'originario decreto delegato D.P.R. 635/72, all'art. 6 della tariffa, formulata con la generica dizione di atti soggetti ad Iva, poi IIb) nel T.U. del 1990, D.lgs. 347/90, alla nota all'art. 1, sempre con riferimento ai trasferimenti soggetti ad Iva; III) quanto alle imposte catastali, con formulazioni analoghe a quelle impiegate per le imposte ipotecarie, nell'art. 21 secondo comma del D.P.R. 635/72, e nell'art. 10 del citato T.U. del 1990. Si tratta di un principio che non ha fondamento nelle direttive comunitarie sull'Iva, in quanto diretto a governare, data una certa area non modificabile di applicazione dell'Iva, le altre imposte indirette, al fine di evitare aggravi di tassazione per taluni soggetti con effetti distorsivi sul mercato.
Le modifiche introdotte con il D.l. 223/2006 e poi con la legge di conversione 248/2006 lasciano fermo, nella sua essenza, il principio, ampliando però in modo significativo l'ambito delle deroghe, attraverso due tipi di intervento:
a. "dilatazione indiretta" delle deroghe già previste: poiché, tra le operazioni esenti Iva per le quali vale la regola dell'alternatività, il settore delle locazioni e delle cessioni immobiliari già si sottraeva all'applicazione del principio, nel momento in cui il D.l. 223/06 amplia notevolmente l'ambito delle operazioni immobiliari esenti ne deriva automaticamente una notevole (ma non del tutto corrispondente) dilatazione dei casi in cui, all'esenzione Iva, si abbina, peraltro secondo schemi variabili, la tassazione proporzionale di registro e/o con le imposte ipotecarie e catastali;
b. superamento dei limiti sinora propri delle ipotesi di deroga: per effetto del quale (per la prima volta dal 1971) anche operazioni effettivamente assoggettate ad Iva scontano comunque: b1) o l'imposta di registro fissata però all'1%, anziché al 2% - si tratta delle locazioni immobiliari relative a beni strumentali - ovvero b2) le imposte ipotecarie e catastali, inasprite però fino al 4% complessivo, in caso di cessione di fabbricati strumentali.
Contrariamente a quanto potrebbe apparire a prima vista, l'alternatività non è mai influenzata dall'opzione del contribuente tra il regime di esenzione e quello di imponibilità: infatti, per le cessioni di beni strumentali, l'imposta di registro in misura fissa resta ferma, quale che sia il regime Iva; mentre le imposte ipotecarie e catastali si applicano comunque in misura proporzionale "rinforzata", anche in questo caso in modo indipendente dal regime Iva dell'operazione. Pure nelle locazioni (sempre relative a beni strumentali), l'opzione è ininfluente: in qualunque senso sia compiuta, la locazione sarà colpita dall'aliquota dell'1%, a prescindere dall'esenzione o dall'imponibilità Iva.
Dal contratto preliminare al definitivo
L'opzione - sulla quale è opportuno svolgere alcune considerazioni, ancorché, come detto, la sua efficacia sia destinata a svilupparsi esclusivamente nel campo dell'Iva - è da intendere come una scelta rimessa alla esclusiva volontà dell'alienante, ovvero del locatore; ancorché essa incida sul costo complessivo dell'operazione a carico di acquirenti e locatari, la norma sembra attribuire a tali soggetti una funzione meramente passiva, di soggezione ad un diritto potestativo della controparte (che deve esercitarlo in modo espresso). In base alla tradizionale interpretazione, l'opzione per un determinato regime fiscale è di regola irrevocabile, salvo che la legge non preveda modi e termini del contrarius actus. E' verosimile pensare che l'acquirente avveduto cercherà di avere garanzie circa gli oneri fiscali del negozio che si andrà a perfezionare, per cui tenderà ad inserire, già nel contratto preliminare, una clausola nella quale sia prefigurato il regime fiscale applicabile all'atto definitivo. Tuttavia, sebbene normalmente il preliminare abbia effettivamente attitudine a identificare oggetto e soggetti della cessione, consentendone una precisa qualificazione come soggetta o meno ad Iva, è da rilevare che il momento di espressione dell'opzione è indicato, nel nuovo numero 8-ter dell'art. 10 D.P.R. 633/72, come quello "del relativo atto", sicchè pare indubitabile che, sino all'atto di trasferimento definitivo, che è la sede "propria", la scelta per il regime fiscale della cessione possa essere espressa per la prima volta, o modificata, se già inclusa nelle trattative o in sede di contratto preliminare. Potrebbero dunque manifestarsi problemi in ordine al permanere del consenso delle parti, giacchè le differenze non sono di poco conto in quanto, al passaggio da esenzione a imponibilità, non sempre corrisponderà una possibilità di detrazione da parte del soggetto acquirente. Irrilevante invece l'opzione ai fini delle imposte di registro e ipocatastali, dato che il preliminare è registrato e trascritto con applicazione della misura fissa, e, sempre riferendosi ai casi che prevedono l'opzione, la cessione con atto definitivo è invece assoggettata all'imposta fissa di registro e al 4% di aliquota complessiva per le ipocatastali, quale che sia il regime Iva. Nel tempo che intercorre tra preliminare e stipula del definitivo, possono verificarsi poi ipotesi anche più complesse, nelle quali, al di là della volontà dei contraenti, muta il regime fiscale applicabile all'operazione: si pensi alla percentuale di detraibilità riferibile al soggetto acquirente che si riveli minore, o alla perdita della soggettività Iva da parte del medesimo soggetto, tanto da rendere obbligatoriamente soggetta ad Iva una cessione per la quale si fosse ipotizzato un regime di esenzione. Viceversa, un consenso sulla imponibilità dell'operazione espresso in sede di preliminare potrebbe sempre essere conservato, mediante l'opzione, anche se dovesse venir meno l'imponibilità Iva obbligatoria.
E' appena il caso di confermare che, ove nel contratto preliminare siano inserite disposizioni connesse alla cessione, ma suscettibili di separata tassazione in quanto aventi autonomia funzionale, resta ferma la consueta problematica di assoggettamento ad imposta di registro di tali disposizioni, ancorché collegate a cessione soggetta ad Iva.
Le basi imponibili
Ancora, osservazioni di carattere generale sono possibili in ordine alla determinazione della base imponibile, che resta diversa, in astratto, in ciascuna delle imposte "alternative". Nell'imposta sul valore aggiunto, invero, la regola della coincidenza della base imponibile con il corrispettivo potrebbe essere ora superata, in sede di accertamento, attraverso l'utilizzo del valore normale, quale risultanza certa e diretta (ma, almeno in astratto, sindacabile da parte del giudice tributario sulla base di elementi presuntivi contrari offerti dal contribuente) del maggior ammontare del "ricavo" conseguito per effetto della cessione dell'immobile e delle relative pertinenze (art. 35, comma 2 D.l. 223/06): a sua volta, il valore normale del bene trasferito viene desunto, a norma del successivo comma 23-bis, dall'ammontare del mutuo o del finanziamento erogato per l'acquisto dell'immobile. Sia il comma 2 che, ancor più, il comma 23-bis, non coinvolgono direttamente le imposte ipotecaria e catastale, il che legittima una applicazione delle singole imposte a basi imponibili diverse, ma potrebbe condurre al tentativo degli uffici di recuperare in sede di accertamento l'unitarietà della base imponibile, applicando sia l'Iva che le ipocatastali (o l'imposta di registro, quando l'operazione sia esente da Iva e il fabbricato ceduto non sia strumentale) al valore di mercato del bene, desumendo quest'ultimo dall'importo del finanziamento.
Sotto altro aspetto, va rilevato che le imposte di registro, ipotecarie e catastali debbono ritenersi comprese tra le spese poste dall'art. 1475 c.c. a carico del compratore salvo diversa pattuizione; normalmente, quindi, un eventuale rimborso, al venditore che le abbia anticipate, di tali spese, dovrebbe essere comunque escluso dalla base imponibile Iva, trattandosi di anticipazione effettuata in nome e per conto del cessionario (art. 15, n. 3, D.P.R. 633/72).
La dilatazione delle deroghe già previste
L'ampliamento delle ipotesi di deroga al principio di alternatività, conseguente all'espansione dell'area delle operazioni immobiliari esenti (supra, sub a) può essere descritto o muovendo dalla natura del soggetto che compie l'operazione, o analizzando la natura del bene oggetto dell'operazione (abitativo, strumentale per natura, strumentale per destinazione). Per ragioni di semplicità, tuttavia, appare preferibile seguire la stessa impostazione delle norme, imperniata sulla tipologia di negozio, che al n. 8 dell'art. 10 disciplina come in passato le locazioni, ai n. 8-bis e 8-ter dello stesso articolo si riferisce alle cessioni, rispettivamente di fabbricati residenziali e di fabbricati strumentali per natura.
Preliminare alla descrizione dei nuovi regimi, dovrebbe tuttavia essere la considerazione delle diverse tipologie di immobili in relazione alle loro caratteristiche e alla funzionalità nell'ambito delle imprese lato sensu immobiliari: su questo aspetto si rinvia alla relazione di Forte, segnalando qui che la disciplina ruota tutta sul concetto - normativamente scolpito nella legislazione concernente le imposte sui redditi - di bene immobile strumentale per natura (cioè non suscettibile di diversa destinazione senza radicali trasformazioni), cui viene contrapposta un'ampia categoria di immobili diversi (quindi abitativi, ma non solo: anche strumentali per destinazione). Sul piano pratico, ciò comporta che, almeno ad una prima analisi, la partizione può essere compiuta separando gli immobili abitativi accatastati in categoria A (esclusa A10), dagli altri; dovrebbe peraltro restare fermo, in attesa di più dettagliate istruzioni operative, il criterio adottato dalla circolare Assonime 25 luglio 1996, n. 85, in base al quale le pertinenze dei fabbricati abitativi devono essere compresi nello stesso trattamento, ancorché censite in diversa categoria catastale.
Le locazioni
Tutte le locazioni e gli affitti - e le relative cessioni, risoluzioni e proroghe -, di beni immobili, terreni non edificabili esclusi quelli destinati a parcheggio, aziende agricole, fabbricati (con le relative pertinenze, scorte, e mobili stabilmente adibiti a servizio degli stessi), sono o diventano esenti da Iva. L'area dell'imponibilità si restringe alle locazioni di beni strumentali per natura effettuate nei confronti di soggetti non Iva, o di soggetti Iva con detraibilità minore del 25%,o alle locazioni degli stessi beni per le quali il locatore opti, nell'atto, per l'imponibilità Iva. Sostanzialmente, la precedente area di imponibilità viene meno per le locazioni finanziarie e per gli immobili strumentali e per le operazioni poste in essere da immobiliari di costruzione o di rivendita. Contestualmente, si generalizza sulle locazioni (anche finanziarie) di "area Iva" l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro, nella misura del 2%, se si tratta di locazioni di immobili per i quali la regola è quella dell'esenzione, nella misura dell'1% (supra, sub b1), se si tratta di locazioni relative ad immobili strumentali,che potrebbero, a seconda del ricorrere o meno delle ricordate condizioni, essere esenti Iva o invece assoggettate ad Iva.
Nell'ambito delle locazioni finanziarie, si segnala l'importante previsione che recupera, al momento del riscatto, l'unicità della vicenda contrattuale, prevedendo lo scomputo dell'imposta di registro proporzionale, pagata sui canoni di locazione, dalle imposte ipotecarie e catastali dovute sull'eventuale atto di riscatto dell'immobile (comma 10-sexies, art. 35, D.l. 223/2006). Completano il riassetto normativo: a) l'abrogazione della parte della lettera i) del comma 1 dell'art. 19-bis del D.P.R. 633/72, che prevedeva la possibilità di detrazione dell'Iva pagata sulla locazione di immobili anche per le imprese aventi ad oggetto la rivendita degli stessi; b) la soppressione del n. 127-ter della tabella parte III (beni soggetti ad aliquota del 10%), avente ad oggetto la locazione di immobili di civile abitazione (ormai operazione esente); c) la modifica dell'art. 5 del T.U. imposta di registro, che prevede l'obbligo di registrazione delle scritture private relative a tutte le locazioni di cui ai n. 8, 8-bis e 8-ter dell'art. 10 del D.P.R. 633/72, ancorché esenti o imponibili Iva; d) la norma transitoria del comma 9 dell'art. 35, che ai fini Iva attenua l'obbligo della rettifica della detrazione derivante dall'ampliamento delle operazioni immobiliari esenti; e) la norma transitoria del comma 10-quinquies dell'art. 35 del D.l. 223/06, che prevede per i contratti in corso al 4 luglio 2006 la presentazione per la registrazione di una dichiarazione ove può essere espressa l'eventuale opzione per l'imponibilità.
Affitti di azienda
La disciplina delle locazioni di immobili diventa applicabile, in virtù del comma 10-quater, se meno favorevole, agli affitti di azienda (verosimilmente, anche di rami di azienda) il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50%, dal valore normale degli immobili posseduti. In tal modo, anche l'affitto d'azienda, prima certamente in regime di alternatività piena, può entrare nelle ipotesi di deroga, con possibile regime di esenzione Iva, e comunque con la sottoposizione a imposta di registro in misura proporzionale, alle aliquote dell'1 o del 2%, secondo la casistica già illustrata. Poiché la disciplina da sostituire a quella naturale è articolata ed è costituita da almeno due blocchi di regole, non sarà sufficiente valutare l'imputabilità ai beni immobili del valore complessivo dell'azienda, ma occorrerà anche stabilire di quale tipo di beni immobili l'azienda sia composta, per verificare se la disciplina meno favorevole applicabile sia quella dei fabbricati strumentali ovvero quella degli "altri fabbricati": con possibili dubbi, nei casi in cui il 50% venga superato per effetto della presenza, nel patrimonio dell'azienda, dell'una e dell'altra tipologia di immobili; probabilmente, l'intento della disposizione, di cui è chiara la finalità antielusiva, è quello di scomporre il negozio unitario (affitto, riferito al bene produttivo) astraendo le locazioni dei singoli beni immobili compresi nel patrimonio aziendale.
La disposizione, comunque, in quanto finalizzata a colpire in ultima istanza l'abuso nella detrazione Iva riferibile alla acquisizione delle disponibilità di beni immobili, sembra destinata ad applicarsi alle sole operazioni di affitto di azienda ricomprese nel campo di applicazione dell'Iva, e presuppone dunque il permanere della soggettività passiva Iva in capo al concedente. Poiché la nuova disciplina delle imposte indirette, per le locazioni di fabbricati, si applica in definitiva anche ai contratti in corso di esecuzione «alla data di entrata in vigore del presente decreto» (arg. ex comma 10-quinquies), anche la disposizione antielusiva riferita agli affitti di aziende potrebbe a rigore intendersi di immediata applicazione ai contratti in corso, con obbligo, ove ricorrano le condizioni, di provvedere alla presentazione della dichiarazione prevista appunto dal comma 10-quinquies.D'altra parte, la riconosciuta funzione antielusiva della disposizione ne potrebbe comportare la possibilità di disapplicazione, in esito alla procedura prevista dal comma 8 dell'art. 37-bis del D.P.R. 600/73, soprattutto se si tiene conto che la disciplina "meno favorevole" è in definitiva finalizzata ad evitare, o a rendere meno agevole e conveniente, l'esercizio del diritto di detrazione.
Molto delicata e difficile, almeno fino a quando non vi sarà un indirizzo interpretativo ufficiale dell'Agenzia delle Entrate, l'accertamento di quale sia il regime "meno favorevole". Premesso che tale valutazione deve intendersi riferita ai contribuenti, piuttosto che all'Amministrazione finanziaria (quindi l'espressione va considerata equivalente a "meno conveniente", e comporta l'applicazione del trattamento fiscale deteriore), vanno confrontati gli effetti di una possibile applicazione della nuova disciplina con la normale applicazione delle regole Iva certamente applicabili all'affitto di azienda o di ramo di azienda. Ma, quanto alla nuova disciplina, occorre stabilire se essa riguardi solo il trattamento del contratto di affitto ovvero anche i riflessi, sulla situazione debitoria Iva del concedente, del regime di esenzione (ad esempio, valutandone l'incidenza sulla detraibilità a monte), ovvero se debba essere considerata anche la posizione del locatario, per il quale l'esposizione alla rivalsa Iva può essere o meno sterilizzata dalla integrale detraibilità. Si può presumere che, anche valutando complessivamente la posizione di entrambi i contraenti, applicare le disposizioni del D.l. 223/06 potrà essere in generale meno favorevole, dato che il tributo di registro si aggiunge (supra, sub b1) e che l'Iva, eventualmente venuta meno per effetto dell'esenzione,sarebbe stata nella maggior parte dei casi detraibile, ma certamente preventivare esattamente il carico fiscale sarà tutt'altro che agevole, e, in taluni casi, potrebbe anche rivelarsi arbitrario.
Nell'ipotesi in cui si rientri nella disciplina delle locazioni immobiliari, per quanto riguarda l'imposta di registro dovrebbe rendersi applicabile anche l'art. 17 T.U. 131/86, che al terzo comma facoltizza l'applicazione dell'imposta distintamente per l'ammontare dei canoni di ciascun anno: infatti, il riferimento contenuto nel comma 10-quater è alla generalità delle disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati, e non solo a quelle introdotte o modificate dal D.l. 223/2006.
Cessioni di fabbricati abitativi
Il nuovo numero 8-bis dell'art. 10 D.P.R. 633/72 si riferisce alle cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato «non strumentali per natura», ed esclude dal generale regime di esenzione solo i soggetti costruttori o realizzatori di interventi di recupero, ristrutturazione edilizia o urbanistica, semprechè la cessione avvenga entro quattro anni dalla ultimazione o dal completamento dell'intervento. L'area dell'esenzione è dunque molto ampia, con deroga all'alternatività, (secondo lo schema di cui supra, sub a), con imposta di registro e imposte ipocatastali in misura proporzionale (salva l'applicazione delle agevolazioni prima casa, ove spettanti); imponibilità riservata invece alle vendite connesse, soggettivamente e cronologicamente, all'attività di costruzione o di recupero dell'immobile, e caratterizzata da piena applicazione del principio di alternatività, con soggezione a Iva che comporta la misura fissa per imposte di registro e ipocatastali.
Cessioni di fabbricati strumentali
Il nuovo comma 8-ter prevede in linea di massima l'esenzioneper tutte le cessioni di beni immobili strumentali per natura con applicazione dell'imposta di registro in misura fissa (in questo caso particolare l'alternatività resta invariata, mancando un riferimento nell'art. 40 del T.U. imposta di registro al nuovo n. 8-ter dell'art. 10 D.P.R. 633/72, nonostante il passaggio dell'operazione Iva da imponibile a esente):il disfavore viene espresso dal legislatore con esclusivo riferimento alle imposte ipocatastali, che non solo risultano dovute, in deroga all'alternatività, ma addirittura maggiorate (3%+ 1%; supra, sub b2). Il solo modo di evitare il regime di esenzione è, per il cedente l'immobile, quello di optare per l'imposizione Iva, che peraltro non ha l'effetto di attenuare l'imposizione ipocatastale (salvo che per fondi chiusi, società di leasing e finanziarie, che scontano il 2% complessivo) con una nuova, penetrante deroga al principio di alternatività. Non si verifica quindi in tal caso la prevedibile espansione delle deroghe all'alternatività, con riferimento all'imposta di registro che resta dovuta in misura fissa anche su cessioni immobiliari ora qualificate come esenti,ma la deroga è penetrante, quanto alle ipocatastali, nelle quali si assiste ad un superamento dei limiti consueti, con tassazione proporzionale, per di più "rinforzata", anche su cessioni assoggettate ad Iva.
Il regime di esenzione è invece obbligatoriamente inapplicabile quando la cessione, chiunque ne sia destinatario, è effettuata da imprese costruttrici o esecutrici di interventi di ristrutturazione, come sopra individuati anche in relazione al tempo trascorso dalla costruzione o dall'intervento, ovvero quando effettuate - da qualsiasi tipo di impresa cedente - nei confronti di soggetti con detraibilità inferiore al 25%, ovvero nei confronti di cessionari non soggetti passivi Iva. Anche in questi casi, l'assoggettamento ad Iva non comporta alternatività con le imposte ipocatastali, ma anzi queste vengono applicate al nuovo tasso maggiorato.
Il contenuto degli atti
Come da altri interventi del D.l. 223/2006, anche dalla nuova disciplina delle imposte indirette sulle operazioni immobiliari emerge, quale risultato pratico operativo, quello di un appesantimento della struttura degli atti giuridici, dovuto alla necessità o alla opportunità di includere, nel testo, una serie di clausole o di dichiarazioni di notevole impatto fiscale. Detto in precedenza dell'opzione, affidata formalmente alla dichiarazione unilaterale del cedente o prestatore, ma sorretta da un consenso della controparte, vanno qui ricordate, come prima esemplificazione:
a) la dichiarazione obbligatoria che il locatario o il cessionario dell'immobile strumentale sono tenuti a rendere, in ordine alla propria qualità di soggetto passivo Iva (dichiarazione che include, nel caso dell'ente non commerciale, la dichiarazione circa l'afferenza del bene all'eventuale attività d'impresa svolta in via non principale);
b) la dichiarazione pure obbligatoria che il locatario o il cessionario dell'immobile strumentale sono tenuti a rendere in ordine alla percentuale di detraibilità, provvisoriamente o presuntivamente stimabile, che caratterizza la propria posizione Iva (dichiarazione da ratificare o correggere successivamente, ad anno solare concluso);
c) la dichiarazione, opportuna per quanto già osservato sub "Affitti di azienda", in ordine alla consistenza quantitativa degli immobili, in rapporto al patrimonio aziendale, in caso di affitto di azienda potenzialmente riqualificabile come locazione di immobili;
d) l'eventuale dichiarazione con la quale, sempre nel contesto di un contratto di affitto di azienda, si dia atto del regime fiscale applicabile all'operazione e del migliore o peggiore trattamento fiscale derivante dalla applicazione delle nuove disposizioni (quindi riassumendo dati circa l'incidenza del contratto sulla entità delle posizioni debitorie e creditorie inerenti alla posizione Iva delle parti);
e) eventuali dichiarazioni in ordine al rapporto pertinenziale che leghi beni immobili non abitativi (quindi, di per sé considerati strumentali) ad immobili abitativi, che siano oggetto principale dell'atto di cessione, o meno.
Cenni sul regime transitorio
La nuova disciplina dell'alternatività non può non coinvolgere anche vicende pregresse, ma il testo finale delle disposizioni esaminate affronta solo in parte tali problemi, in particolare per quanto riguarda la registrazione dei contratti in corso e la disciplina della rettifica della detrazione, che, in mancanza della disposizione transitoria di cui al comma 9 dell'art. 35, avrebbe coinvolto i dieci anni precedenti alla cessione del bene strumentale ammortizzabile.
Dubbi suscita, ad esempio, la decorrenza del periodo quadriennale entro il quale deve essere effettuata la cessione del fabbricato, perché l'impresa costruttrice o quella che ha eseguito i lavori possa assoggettare l'operazione ad Iva. In mancanza di una previsione specifica, la formulazione dei nuovi numeri 8-bis e 8-ter dell'art. 10 del D.P.R. 633/72, nonché l'impostazione della citata disposizione transitoria in materia di rettifica della detrazione, sembrano infatti tali da applicarsi anche ai periodi quadriennali già in corso al momento di entrata in vigore della nuova disciplina, il che però comporta che in alcuni casi la scadenza del quadriennio potrebbe essere immediatamente successiva al cambiamento normativo e non consentire un consapevole adeguamento alla nuova disciplina; in tali casi l'imponibilità potrebbe essere recuperata solo mediante opzione.
Ci si può poi chiedere se debbano applicarsi le nuove misure delle imposte ipocatastali, introdotte in sede di conversione del decreto-legge, anche agli atti di trasferimento di immobili strumentali successivi che tuttavia abbiano già esaurito la loro rilevanza agli effetti Iva, ad esempio perché i corrispettivi siano stati pagati in epoca anteriore. La risposta dovrebbe essere positiva, dato che il presupposto per l'applicazione di tali tributi viene in essere con la stipulazione dell'atto, o con le formalità successive, e d'altra parte il nuovo regime prevede espressamente il cumulo con l'Iva.
Ancora, potrebbero essere stati fatturati acconti, nel vecchio regime, con applicazione di un'Iva che ora, in mancanza di opzione ove possibile, risulterebbe non dovuta; normalmente, la rettifica della fatturazione, in diminuzione, è facoltativa, ma nel caso in esame ci si può chiedere se la nuova disciplina non debba assorbire integralmente la precedente, precludendo, con l'imporre la variazione in diminuzione, l'applicazione di due regimi diversi per la stessa cessione; ovvero se all'opposto la variazione non debba considerarsi inibita, avendo l'acconto esaurito la propria rilevanza ai fini Iva con autonomia dalle vicende successive. Viceversa, acconti considerati esenti - soprattutto nelle more della conversione in legge - non dovrebbero essere regolarizzati, sebbene al momento della stipulazione dell'atto ricorrano le condizioni per un'applicazione obbligatoria o facoltativa dell'Iva.
Impatto sistematico e prime valutazioni
In linea generale, la nuova disciplina, pur introducendo le più significative innovazioni mai registrate dal 1973 in tema di alternatività, non sembra avere sconvolto la validità del principio; che, giova ricordarlo, è comunque un principio fissato con legge ordinaria, direttamente vincolante solo per il legislatore delegato del 1972/73, largamente modificabile o derogabile ad opera del legislatore ordinario successivo; privo di copertura a livello di direttive comunitarie, trattandosi di regola destinata interamente a spiegare i suoi effetti nell'ambito delle imposte indirette diverse dall'Iva. Il principio resta, dunque, anche se ne viene erosa la portata, attraverso un ampliamento delle deroghe, e mutata la consistenza, atteso che per la prima volta l'applicazione delle imposte proporzionali può verificarsi in concomitanza con il pieno assoggettamento dell'operazione ad Iva: il principio arretra, dunque, e forse inizia un percorso involutivo, destinato a ridimensionarlo piuttosto a criterio guida tendenziale.
Peraltro, è da registrare che oggi le deroghe all'alternatività, pur accresciute, si sviluppano ancora tutte nel settore immobiliare, e ciò può essere causato da plurime considerazioni. In primo luogo, la disponibilità di immobili, mediante locazioni o cessioni, viene offerta sul mercato in misura sostanzialmente equivalente da imprese e da privati, sicchè, al di là delle ragioni di cautela o di politica economica che consigliano l'esenzione ai fini Iva, appare ragionevole l'assoggettamento dell'operazione allo stesso trattamento, assicurato dall'imposta proporzionale di registro e/o ipocatastale, a prescindere dai requisiti soggettivi dell'alienante o del locatore. In secondo luogo, se le misure più recenti sembrano ispirate in larga parte dalla preoccupazione, per comportamenti fraudolenti od elusivi, che induce a eliminare a priori i presupposti per la detrazione dell'Iva da parte del cessionario o committente, esse sembrano trovare una ratio meno repressiva nella considerazione della peculiare componente patrimoniale che caratterizza gli impieghi degli immobili, e che in parte colora anche gli atti di impresa, aventi ad oggetto tali beni; sotto questo aspetto, la considerazione separata, ai fini Iva, delle operazioni immobiliari (e, in taluni casi, la totale contraddizione espressa, rispetto all'alternatività, dal cumulo delle imposte) sembra derivare dall'idea - e dalla comune esperienza delle società immobiliari scarsamente attive sul piano della produttività economica - che esse solo in parte si riconducano alla vera e propria attività d'impresa e per il resto esprimano una forma di impiego (e di utilizzo) del patrimonio piuttosto assimilabile a quello che si riscontra negli enti non produttivi. Ancora, occorrerà riflettere sulle ragioni di un intervento che, nella misura in cui concede ancora l'assoggettamento ad Iva, magari a discrezione del cedente, di operazioni immobiliari, nel contempo mirando ad impedire la corrispondente detrazione, appare non privo di rischi sotto il profilo comunitario; e sulla razionalità di una "non alternatività" costruita a sua volta in modo diseguale, sulla base di regimi diversificati più in funzione della natura del bene, che non di quella dell'operazione; alcune volte, come per le cessioni di beni strumentali esenti da Iva, limitata alle sole imposte ipocatastali (con una disciplina addirittura più favorevole rispetto alle cessioni di immobili "abitativi", che sono sottratte all'alternatività con applicazione piena dell'imposta di registro), altre volte attenuata (l'imposta di registro all'1% sulle locazioni di fabbricati strumentali), altre volte aggravata (le ipocatastali al 4%, sulle cessioni di beni strumentali, esenti o imponibili Iva). Con una fungibilità, nella discrezionalità legislativa in ordine all'individuazione del regime derogatorio dell'alternatività, tra imposte di registro, ipotecarie e catastali, che dovrà costiture a sua volta oggetto di riflessione, se confermata come linea di tendenza evolutiva della legislazione.
[nota 1] Per riferimenti generali per tutti v. PURI, Le imposte indirette sui trasferimenti, in Fantozzi, Il diritto tributario, 3 ed. Torino, 2003, p. 979 e ss.; LA ROSA, Principi di diritto tributario, 2 ed., Torino, 2006, p. 190 e ss.; BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, III, 1, Milano 1987, p. 8 e ss., che ne tratta tra i principi generali del tributo di registro.
[nota 2] La mancanza di omogeneità nelle formulazioni delle regola di alternatività, ed in particolare il difetto, nelle norme relative alle imposte ipocatastali, di un'espressa assimilazione, alle operazioni soggette ad Iva, di quelle ricomprese sì nell'ambito applicativo dell'Iva ma in effetti non gravate dal tributo sul valore aggiunto, indurrebbe a dubitare che il principio di alternatività debba avere applicazione identica nel registro e nelle ipocatastali; tuttavia, per convenzione interpretativa che nasce da un'esigenza di coordinamento sistematico tra le discipline di tributi complementari tra loro, o quanto meno in qualche modo collegati, non si dubita che l'alternatività vada intesa allo stesso modo, tra Iva e registro, e tra Iva e ipocatastali: si vedano, in tal senso, sia la prassi ministeriale (circolare 182/E dell'11 luglio 1996), sia la posizione dell'Assonime (Circolare 85 del 15 luglio 1996), entrambe in Banca di Roma, Iva 2004, p. 493, ed entrambe riferite alla precedente opera di risistemazione delle operazioni immobiliari, effettuata, per singolare coincidenza, esattamente dieci anni prima, sempre con decreto legge estivo (all'epoca, si trattava del numero 323/96).
[nota 3] E "inopinatamente", secondo la circolare Assonime, 36/06, par. 1/2.
[nota 4] Sotto questo aspetto, si può rilevare una contrazione (o meglio, una mancata dilatazione) del possibile ambito delle deroghe, nel senso che, per la prima volta, all'esenzione di un'operazione immobiliare corrisponde la non applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale; secondo il rapporto tradizionale tra le due imposte, invece, ci si sarebbe atteso ora un rinvio, da parte del nuovo art. 40 T.U. 131/86, anche al nuovo n. 8-ter dell'art. 10 del D.P.R. 633/72, che invece non è stato inserito.
[nota 5] Per le locazioni di beni non strumentali l'opzione non è prevista e all'esenzione Iva corrisponde comunque l'imposta di registro al 2%. Nelle locazioni, dunque, l'alternatività Iva registro è sempre derogata.
[nota 6] Vi è un altro aspetto più generale del rapporto tra Iva e altre imposte indirette che viene toccato dal D.l. 223/06, ma esso non attiene alla portata del principio di alternatività e delle relative deroghe (sia l'uno che le altre restano infatti invariate), bensì alla dilatazione del campo applicativo di una delle imposte a discapito delle altre: ad esempio, la nuova nozione di area edificabile, introdotta dal comma 2 dell'art. 36 del decreto legge, certamente produrrà un ampliamento dell'area di applicazione dell'Iva sulle cessioni di tali immobili, senza peraltro influire concettualmente sul rapporto di alternatività con le imposte di registro e ipocatastali.
[nota 7] Motivo per il quale sembra corretta l'osservazione contenuta nella citata circolare Assonime 36/06, par. 1/1, secondo la quale sarà comunque necessario acquisire la (almeno) tacita adesione della controparte in sede di trattative.
[nota 8] FEDELE, «Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria», in Riv. Not., 1998, p. 1121, avverte «l'operazione prefigurata e disciplinata nel contratto preliminare è già qualificata, sussistendone i requisiti oggettivi e soggettivi, come operazione Iva: il principio di alternatività esclude sin dall'origine l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro». In realtà, anche dopo le modifiche del D.l. 223/06, l'opzione può modificare il regime Iva nel passaggio dal preliminare al definitivo, ma non l'alternatività, essendo l'opzione concessa in casi nei quali il trattamento fiscale ai fini delle altre imposte indirette non viene influenzato dal mutato trattamento Iva.
[nota 9] Cfr. BUSANI-ARDUINI, «Immobili, interessi in conflitto», in Ilsole24ore, 8 agosto 2006, i quali segnalano che normalmente il venditore avrà maggiore interesse all'imponibilità Iva, al contrario dell'acquirente. In effetti, l'ampliamento dell'area di esenzione sulle operazioni immobiliari fa sì che, sia in base al criterio prospettico della destinazione - quindi, in via immediata -, sia in base a quello dell'imputazione (o afferenza) - quindi a distanza di tempo -, sia alto il rischio per l'acquirente o per il locatario di incappare in una indetraibilità dell'Iva pagata sull'acquisto del bene immobile o sulla locazione. Il conflitto sarà ancora più significativo, nell'ipotesi di registrazione dei contratti di locazione in corso al 4 luglio, dato che in questo caso l'opzione viene espressa con modalità che non prevedono la partecipazione del locatario.
[nota 10] L'unica attenuazione del peso delle ipocatastali deriva dalla qualità dell'acquirente, che, se riveste le condizioni di cui al comma 10-ter dell'art. 35 del decreto legge 223, ha diritto dal 1 ottobre 2006 a scontare l'aliquota complessiva del 2% (1,5%+ cinque per mille). I soggetti agevolati sono imprese di locazione finanziaria, banche e intermediari finanziari, fondi immobiliari chiusi. Per la ratio del differente trattamento, v. circolare Assonime 36/06, par. 1/4, che rileva criticamente il mancato riferimento alle imprese di trading immobiliare.
[nota 11] Ove nel contratto preliminare il regime fiscale appaia ancora indefinito, ovvero identificato in quello di esenzione, potrebbe essere del tutto legittimamente omesso l'addebito dell'Iva, nella fattura riguardante l'acconto prezzo; ove poi all'atto del definitivo l'opzione per l'Iva venga esercitata, dovrebbe essere possibile la regolarizzazione dell'operazione, senza applicazione di sanzioni neppure ai sensi della disposizione sul ravvedimento operoso; lo stesso principio dovrebbe valere se, all'atto del preliminare, appaia possibile fruire dell'esenzione Iva, che si riveli impraticabile poi in base alle condizioni soggettive dell'acquirente al momento del definitivo. Su tali punti è urgente una presa di posizione ufficiale da parte dell'Agenzia delle Entrate. Minori problemi dà l'ipotesi inversa, di fatturazione con Iva poi non più adeguata alla acclarata esenzione in sede di definitivo: premesso che, a fini di semplificazione e di cautela, il cedente potrà sempre optare per l'applicazione Iva, in caso si permanga nel regime di esenzione il rimedio per recuperare l'Iva sarà quello della nota di accredito, da emettere alle condizioni di cui all'art. 26 D.P.R. 633/72, che ne prevede il carattere facoltativo. Tuttavia, nel caso in esame si potrebbe in via alternativa sostenere o che la variazione in diminuzione sia addirittura obbligatoria, per recuperare l'unitarietà del regime (ma non vi è una previsione in tal senso nelle norme, mentre il principio dell' art. 6 del D.P.R 633/72 è nel senso dell'autonomia, quale operazione distinta, dell'acconto prezzo); o che la variazione in diminuzione sia all'opposto inibita, perché il nuovo regime di esenzione non è applicabile retroattivamente alla parte di operazione coincidente con l'acconto. Ancorché quest'ultima sia probabilmente, a rigore, la soluzione tecnicamente più corretta, l'ipotesi più equilibrata appare la prima (ammettere cioè la rettifica facoltativa della fatturazione) anche perché dà modo di recuperare l'Iva quando, con l'esenzione applicabile all'atto definitivo, si rendono applicabili (tutte o alcune delle) altre imposte indirette in misura proporzionale sull'intero valore del bene trasferito.
[nota 12] La circolare Assonime 36/06 suggerisce di optare per l'imponibilità Iva anche in tutti quei casi in cui potrebbero essere non del tutto sicuri i requisiti previsti dalla nuova disciplina in capo all'acquirente per ritenere verificata tale imponibilità.
[nota 13] Si tratta di un problema più generale, che nasce dalla diversa funzione delle due tipologie di tributi: v. FEDELE, op.cit., p. 1121.
[nota 14] La base imponibile delle imposte ipotecarie e catastali è comunque riconducibile, direttamente o indirettamente, a quella stabilita per l'imposta di registro.
[nota 15] Lo slittamento, sia pure criptico, della base imponibile Iva delle operazioni immobiliari verso il valore normale del bene, in luogo del corrispettivo effettivo, suscita molte perplessità sotto il profilo della compatibilità comunitaria: si v. la citata circolare Assonime 36/06, PIAZZA, «Denunce Iva sul filo del rasoio», in Ilsole24ore, 10 agosto 2006; sul problema in generale, MONDINI, Base imponibile e aliquota, in Lo stato della fiscalità nell'Unione europea, a cura di Di Pietro, Roma 2003, I, p. 295 e ss.; COMELLI, Iva comunitaria e Iva nazionale, Padova 2000, p. 627 e ss.; con specifico riferimento all'imponibile delle operazioni immobiliari, STANCATI, La base imponibile e le aliquote, in (a cura di Tesauro) L'Imposta sul valore aggiunto, Torino 2001, p. 252 e ss. Va peraltro ribadito che la nuova norma non ha avuto l'ardire di modificare direttamente le disposizioni che regolano la base imponibile Iva; pertanto, la fatturazione per un imponibile pari al valore normale sembra da escludere non solo quale obbligo, ma anche quale semplice scelta cautelativa che esprimerebbe, in parte, un corrispettivo inesistente.
[nota 16] Potrebbe essere questa la metodologia migliore, adottata del resto dalla circolare 27/E del 4 agosto scorso dell'Agenzia delle Entrate.
[nota 17] La circolare 27/E precisa che la percentuale di detraibilità, se non definitiva, va applicata in via provvisoria, desumendola da quella dell'anno precedente, o, in mancanza, in via presuntiva, con obbligo di comunicazione delle variazioni che risultino, a consuntivo, rilevanti ai fini di una modifica del regime provvisoriamente applicato.
[nota 18] Cfr. la citata circolare 27\E del 2006, nella premessa.
[nota 19] Si veda ora l'art. 5 della Tariffa parte I allegata al T.U. 131/86, come integrata dal D.l. 223/2006.
[nota 20] Sull'importanza della quale, per una corretta determinazione dell'an e del quantum del tributo, insiste FEDELE, op.cit., p. 1120.
[nota 21] Si dà notizia, sulla stampa specializzata del 16 settembre 2006, dell'avvenuta emanazione del provvedimento dirigenziale che stabilisce condizioni e modalità di registrazione dei contratti in corso, rinviando alle disposizioni del decreto del 31 luglio 1998, in ordine alle modalità di trasmissione telematica dei contratti e di versamento telematico delle somme dovute, e stabilendo quale periodo di tempo utile quello che va dal 2 al 30 novembre 2006.
[nota 22] E' da ritenere preferibile che nel contratto di affitto siano precisamente indicati i beni immobili che compongono il patrimonio aziendale, con una sorta di autoaccertamento in ordine alla (in)sussistenza delle condizioni per applicare il comma 10-quater nonché in ordine, eventualmente, alla disciplina alternativa applicabile ai singoli immobili. Peraltro, in caso di ricorrenza delle condizioni, l'unitario compenso indicato in atto dovrebbe anche essere scomposto con riguardo ai singoli beni immobili, con la possibile emersione di una quota di corrispettivo, non direttamente riferibile a tali beni, il quale andrebbe o ripartito sui singoli immobili, o autonomamente assoggettato a tassazione (con imposta di registro, essendo "saltata" l'unitarietà della concessione in godimento del compendio aziendale).
[nota 23] Peraltro, in contrario può rilevarsi che appare estremamente vessatorio modificare in corso di esecuzione il carico fiscale di operazioni complesse quali gli affitti di azienda, e che d'altra parte una norma antielusiva dovrebbe avere una funzione dissuasiva sui comportamenti futuri, a meno che non riqualifichi espressamente quelli passati: in senso contrario all'applicazione sui contratti in corso, PORTALE-TOSONI, «Affitto d'azienda più caro», Ilsole24ore, 17 agosto 2006. Un indizio (sicuramente non decisivo) a favore di tale tesi potrebbe essere desunto dal provvedimento dirigenziale citato a nota 21, che, pur comprendendo gli affitti, non menziona mai le aziende.
[nota 24] Non è possibile qui sviluppare l'analisi complessa che sarebbe necessaria per verificare in quale misura l'art. 37-bis del D.P.R. 600/73 sia applicabile in materia di Iva: basterà segnalare da un lato come emergano tendenze, nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, ad applicare nell'Iva concetti molto simili a quelli codificati nella disposizione nazionale, dall'altro come il comma 8 si presti, più delle altre parti della disposizione, ad un impiego generalizzato e trasversale ad una pluralità di tributi.
[nota 25] Ci si chiede ad esempio in quale modo la detraibilità dell'Iva debba essere valutata dall'affittuario, in relazione ai noti criteri della destinazione prospettica, ovvero dell'utilizzo effettivo, una volta che il negozio unitario si scompone in tante locazioni di immobili, e se l'eventuale indetraibilità "prospettica" debba incidere, nel confronto funzionale a identificare la disciplina meno favorevole.
[nota 26] Qualificato come esente, l'affitto d'azienda potrebbe essere considerato un'autonoma attività, assoggettando all'applicazione del pro rata la generalità dell'Iva assolta, a monte, dal locatario; circostanza, questa, che non dovrebbe ricorrere nelle altre, nuove esenzioni stabilite dal D.l. 223/2006, quanto meno con riferimento alla cessione di beni.
[nota 27] Prime ipotesi in PORTALE-TOSONI, op.cit.
[nota 28] Nel regime Iva le prestazioni di servizi di considerano effettuate solo nel momento del pagamento del corrispettivo (salvo il caso di precedente fatturazione): difficilmente si avrà quindi un immediato assoggettamento ad Iva dell'intero corrispettivo pattuito per la durata complessiva del contratto.
[nota 29] Anche l'impresa che si avvale di imprese terze per l'esecuzione dei lavori è da considerare impresa costruttrice (circolare 27/E del 2006).
[nota 30] Accentuando i profili di convenienza dello spin off immobiliare mediante scissione, che, salvi i consueti sospetti di elusività, si sottrae agli svantaggi connessi al nuovo regime delle cessioni e delle locazioni, nonché alla stretta prevista per le società non operative: GAIANI, «La scissione conquista appeal», Ilsole24ore, 22 agosto 2006; ID., «Il valore storico riduce i ricavi», ivi.
[nota 31] Non dovrebbe scattare il prorata di detraibilità (art. 19 comma 5 D.P.R. 633/72), atteso che si tratta di operazione estranea all'attività d'impresa: GAIANI, «La scissione…» cit.
[nota 32] Circostanza che ha fatto rilevare come risulti ora penalizzante il perdurante assoggettamento ad imposta di registro proporzionale delle cessioni di immobili (esenti per effetto del n. 27-quinquies dell'art. 10 D.P.R. 633/72) per le quali non sia stato possibile operare la detrazione: v. ARDUINI-BUSANI «Immobili … » cit. In linea logica, si potrebbe anche considerare inapplicabile tale previsione, considerando che, quando le condizioni di cui all'art. 10 punto 27-quinquies ricorrono a proposito di un fabbricato strumentale, sia assorbente la nuova disciplina generale delle cessioni di fabbricati strumentali di cui al n. 8-ter; se dovesse condividersi questa linea interpretativa, andrebbe però espunto (o, più correttamente, limitato), nell'art. 40 del T.U. 131/86, il riferimento al n. 27-quinquies dell'art. 10 D.P.R. 633/72.
[nota 33] Si rinvia alla nota 17.
[nota 34] ARDUINI-BUSANI, «L'abitazione esce dall'Iva», in Ilsole24ore, 9 agosto 2006.
[nota 35] Si rinvia alla precedente nota 11, segnalando che le ipotesi ivi formulate, ipotizzando diverse tassazioni dal preliminare con acconto al definitivo, si riferivano alla disciplina "a regime", mentre in questa sede si ipotizza che tra acconto e atto definitivo si interponga la modifica normativa (a sua volta frazionata tra decreto legge e legge di conversione).
[nota 36] Con riferimento alle locazioni, l'intento perequativo della deroga all'alternatività rigidamente intesa era rilevato già da BERLIRI, op. cit., p. 9.
[nota 37] D'altra parte, lo stesso provvedimento legislativo dell'estate 2006 ha da un lato inasprito la disciplina delle società non operative, dall'altro previsto una valutazione d'accesso al regime Iva, subordinando l'ammissione al club dei soggetti passivi Iva a forme di controllo preventivo da parte degli uffici, destinate in particolare ad operare la verifica della sussistenza delle condizioni per rivestire un'effettiva soggettività passiva.
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