Il regime Iva della cessione degli immobili e delle locazioni dopo il D.l. 223/2006
Il regime Iva della cessione degli immobili e delle locazioni dopo il D.l. 223/2006
Problematiche concernenti il nuovo sistema di alternatività tra Iva e imposte sui trasferimenti della ricchezza
di Nicola Forte
Dottore Commercialista

Premessa

Il Parlamento ha approvato in via definitiva la L. 248/2006 di conversione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, pubblicata nella G.U. 11 agosto 2006, n. 186 [nota 1].

A seguito di tale approvazione la disciplina Iva/registro, riguardante i trasferimenti degli immobili ed il regime di locazione degli stessi, è stata modificata nuovamente [nota 2], essendo stati recepiti diversi emendamenti durante la predetta fase di conversione.

Lo scopo del presente intervento è quello di effettuare una "ricostruzione" normativa del quadro di riferimento relativo all'applicazione del principio di "alternatività", quale caratteristica essenziale dei predetti tributi. Tuttavia va ricordato che alcune delle recenti novità hanno inciso anche sulle imposte ipotecarie e catastali. In questa sede, però, se ne farà solo un breve cenno per esigenze di sintesi, rinviando il lettore per gli opportuni approfondimenti alla relazione di Basilavecchia.

Preliminarmente occorre ricordare che, dopo l'approvazione delle ultime modifiche, il legislatore ha di nuovo emendato integralmente il testo dell'art. 10, comma 1, del D.P.R. 633/1972 n. 8) e 8-bis) aggiungendo anche delle nuove ipotesi di esenzione Iva con il n. 8-ter).

Le modifiche principali, rispetto alle indicazioni contenute nella formulazione originaria del D.l. 223/2006, riguardano:

a. la previsione di un sistema di esenzione o di applicabilità dell'Iva che si pone in relazione alla specifica situazione in cui si trova il cessionario [nota 3];

b. la limitazione, in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, del meccanismo della rettifica della detrazione per gli immobili ad uso abitativo [nota 4];

c. la possibilità, limitatamente ai fabbricati strumentali per natura, di sottrarsi al regime di esenzione, optando per il regime Iva.

Appare dunque evidente come il legislatore abbia complicato ulteriormente un quadro normativo di riferimento già di per sé molto articolato. Infatti, con riferimento agli immobili strumentali per natura [nota 5] non sarà più sufficiente, al fine di stabilire il regime di imponibilità o di esenzione, andare a verificare la sussistenza di una serie di condizioni in capo al cedente. Il regime di tassazione delle operazioni di trasferimento degli immobili potrà essere influenzato anche dalla situazione in cui si trova il cessionario.

Alla luce delle recenti modifiche normative è sembrato dunque opportuno a chi scrive partire proprio dall'esame di tutte le condizioni, ivi comprese quelle in capo al cedente, che possono influenzare il regime Iva applicabile agli atti di alienazione degli immobili. Dovrà essere preventivamente verificato, ad esempio, come sarà chiarito più avanti, se il cedente sia o meno in possesso dello status di soggetto passivo di imposta. Inoltre dovrà essere riscontrato se il medesimo soggetto ha considerato integralmente in detrazione, al momento dell'acquisto, l'Iva relativa al fabbricato oggetto di cessione.

I presupposti e le condizioni per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto - cenni

Rientrano nel campo di applicazione dell'Iva tutte le operazioni per le quali sussistono contemporaneamente i requisiti soggettivo [nota 6], oggettivo [nota 7] e territoriale [nota 8]. Il requisito soggettivo sussiste nei casi in cui si svolge un'attività agricola o commerciale per professione abituale ancorché non esclusiva [nota 9]. Tuttavia, oltre alla presenza del requisito soggettivo, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto assumono rilievo esclusivamente le cessioni poste in essere "nell'esercizio di imprese" ovvero di "arti e professioni". Tale indicazione sembra superflua, ma lo status di soggetto passivo di imposta in capo al cedente non garantisce affatto che la cessione del bene [nota 10] sia posta in essere nell'esercizio dell'attività. In buona sostanza rimangono escluse dal campo di applicazione del tributo le cessioni che sono effettuate "da privato", vale a dire quelle che riguardano i beni che fanno parte del patrimonio personale dell'imprenditore o che hanno una destinazione extra-imprenditoriale. Al contrario, sono soggette ad Iva le cessioni dei beni "relativi" all'impresa. A tal proposito vanno considerati tali non solo i beni oggetto di commercializzazione, ma anche i beni strumentali. In effetti, anche ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, la sfera imprenditoriale attira tutti i beni inerenti all'attività esercitata, siano essi beni merce, strumentali o, più in generale, relativi all'impresa [nota 11].

In concreto non sarà sempre agevole verificare che la cessione del bene sia avvenuta nell'esercizio di impresa [nota 12]. Ad esempio per gli imprenditori individuali l'immobile oggetto di cessione potrebbe far parte del patrimonio d'impresa, ovvero del patrimonio personale dell'imprenditore. Il problema dovrà essere quindi risolto tenendo in considerazione le indicazioni di cui all'art. 65 del T.U.I.R. [nota 13]

Un problema analogo si presenterà per le cessioni poste in essere dagli enti non commerciali che, oltre alle attività istituzionali, svolgono anche attività di tipo commerciale. Analogamente a quanto affermato per gli imprenditori individuali, anche per gli enti non commerciali il problema dovrà essere risolto avendo riguardo alle risultanze contabili [nota 14] e verificando a quale delle due attività sia destinato il bene (immobile) oggetto di cessione.

Occorre tuttavia considerare che l'operazione potrebbe rivelarsi particolarmente complicata per i contribuenti in possesso dello status di soggetti passivi ai fini Iva, ma in concreto tenuti ad obblighi contabili particolarmente semplificati [nota 15]. La circostanza potrebbe ad esempio riguardare gli imprenditori agricoli. In questo caso la destinazione del bene all'attività di impresa agricola, ovvero l'appartenenza dello stesso al patrimonio di impresa non potrà che essere desunta sulla base dei comportamenti concretamente assunti dal contribuente [nota 16].

Le condizioni esaminate in precedenza [nota 17] rappresentano requisiti essenziali al fine di ricondurre le cessioni dei beni nel campo di applicazione dell'Iva. Tuttavia anche laddove le predette operazioni dovessero risultare attratte nell'ambito della normativa contenuta nel D.P.R. 633/1972 non è detto che il contribuente debba applicare l'Iva secondo le aliquote vigenti ed indicate nella tabella allegata. Infatti il contribuente dovrà concretamente verificare se le predette cessioni siano o meno riconducibili nell'ambito delle operazioni imponibili o esenti. Il quadro normativo di riferimento diventa ancor più complicato in quanto il contribuente, per risolvere il problema, dovrà verificare la sussistenza di ulteriori condizioni [nota 18].

La disposizione da cui iniziare l'analisi è rappresentata dall'art. 10, comma 1, numero 27-quinquies) del D.P.R. 633/1972. La norma citata stabilisce che sono esenti «le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli articoli 19, 19-bis 1 e 19-bis 2». In sostanza il predetto regime di esenzione si applica nei casi in cui sussistano entrambi i seguenti requisiti [nota 19]:

a. nell'acquisto originario vi sia un'operazione assoggettata ad Iva;

b. l'imposta non è stata detratta per un'espressa previsione normativa in tal senso (articoli 19, 19-bis 1 e 19-bis 2).

Pertanto nel caso di un bene ricevuto in eredità, ed analogamente nel caso di un bene acquistato da un privato la norma citata non troverà applicazione in quanto non risulta verificata la prima condizione [nota 20]. La cessione effettuata da un impresa di un immobile ad uso abitativo ed acquistato da un privato non realizza un'operazione esente ai sensi dell'art. 10, n. 27-quinquies) del D.P.R. 633/1972. Tuttavia tale esclusione non darà luogo all'imponibilità dell'operazione trovando in questo caso applicazione la diversa ipotesi di esenzione prevista dall'art. 10, n. 8-bis) del medesimo decreto Iva.

Occorre poi ancora osservare come il regime Iva possa essere influenzato, per le operazioni cosiddette di autoconsumo ovvero di destinazione dei beni a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, da ulteriori condizioni. In particolare l'art. 2, comma 2, n. 5) del D.P.R. 633/1972 esclude l'assimilazione tra le predette operazioni e le cessioni quando l'operazione riguarda «quei beni per i quali non è stata operata, all'atto dell'acquisto, la detrazione dell'imposta di cui all'art. 19». In particolare come chiarito dalla dottrina [nota 21], «l'assoggettabilità ad Iva non si applica e l'operazione è esclusa dal campo di applicazione dell'imposta nel caso in cui non sia stata operata la detrazione integrale per qualsiasi motivo, ad esempio perché il bene è stato acquistato prima dell'entrata in vigore dell'Iva o perché l'acquisto è stato operato da un privato che non aveva assoggettato ad Iva la precedente cessione».

In questi casi, cioè per le destinazioni dei beni a finalità estranee all'esercizio dell'impresa [nota 22], se il bene oggetto di cessione è stato acquistato da un privato, l'operazione è fuori campo di applicazione dell'Iva per mancanza del presupposto oggettivo. In buona sostanza l'operazione non rientra nella nozione di cessione ai sensi dell'art. 2 del D.P.R. 633/1972.

Alla luce delle indicazioni sin qui fornite appare evidente come il quadro normativo, già di per sé complicato, sia stato ulteriormente appesantito subordinando, per alcuni beni immobili [nota 23], il regime Iva alla situazione in cui si trova il cessionario. Tale punto rappresenta indubbiamente una delle novità più rilevanti contenute nel D.l. 223/2006 concernenti il regime di tassazione dei trasferimenti di immobili posti in essere dalle imprese (cfr. Infra).

Il nuovo regime Iva della cessione dei fabbricati - prime considerazioni.

Occorre ricordare preliminarmente che con le modifiche apportate in sede di conversione il legislatore si è parzialmente riavvicinato alla disciplina in vigore prima dell'approvazione del D.l. 223/2006.

Prima delle ultime modifiche [nota 24] non assumeva più alcun rilievo la tipologia di immobili oggetto di cessione, né il soggetto che effettuava tali operazioni. L'unica eccezione era rappresentata dalle imprese costruttrici, ovvero da quelle imprese che avevano eseguito interventi di ristrutturazione [nota 25], intendendosi per tali gli interventi di cui all'art. 31, primo comma, lett. c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457.

Ora, invece, dopo le modifiche apportate dalla legge di conversione, il legislatore è tornato, sia pure parzialmente, alla precedente disciplina. Torna ad essere rilevante, sia pure subordinando la circostanza ad ulteriori condizioni [nota 26], la distinzione tra immobili ad uso abitativo, ed immobili strumentali per natura, cioè quegli immobili che per loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. Si tratta, più precisamente, degli immobili rientranti nelle categorie catastali B, C, D, E ed A/10 [nota 27] indipendentemente dal fatto che tali cespiti siano o meno impiegati effettivamente nel processo produttivo. Rileva, infatti, una strumentalità di "tipo oggettivo", cioè correlata alle caratteristiche strutturali dell'immobile.

Secondo la nuova formulazione normativa, come sarà spiegato di seguito, continua tuttavia ad essere rilevante la circostanza che la cessione dell'immobile sia effettuata da un'impresa che ha costruito il cespite, ovvero che ha effettuato un intervento di ristrutturazione dello stesso. Occorre però ricordare che il testo novellato della disposizione ha ridotto da cinque a quattro anni il limite temporale decorso il quale l'immobile ceduto da un'impresa costruttrice passa da un regime di applicazione dell'Iva ad un regime di esenzione del tributo. Lo stesso limite temporale trova applicazione per le imprese che hanno effettuato la ristrutturazione degli immobili [nota 28].

E' stato indicato in precedenza che, secondo il nuovo testo della disposizione, il regime riguardante l'applicabilità dell'Iva o l'esenzione dal tributo si pone in relazione anche alla situazione in cui viene a trovarsi il cessionario. La circostanza può dare luogo ad un regime diverso rispetto a quanto previsto inizialmente dal D.l. 223/2006, ed ancora diverso rispetto a quanto previsto prima dell'approvazione del predetto decreto.

Il nuovo regime Iva della cessione dei fabbricati - le ipotesi di esenzione

Sulla base di quanto affermato in precedenza, cioè la rilevanza che il legislatore ha attribuito nuovamente alla tipologia di immobile oggetto di cessione, il quadro normativo di riferimento è divenuto ancor più complicato.

Infatti se da una parte tale modifica ha determinato un ritorno, sia pure parziale, al passato, non va dimenticato che continuano a rimanere in vigore [nota 29] alcune delle novità introdotte con la versione originaria del decreto in rassegna. Una di questa è rappresentata, ad esempio, dal limite temporale previsto per le imprese costruttrici (o di ristrutturazione) [nota 30] al fine di stabilire se una determinata cessione debba essere assoggettata ad Iva o ad imposta di registro. In questa situazione devono poi essere considerate tutte le ulteriori novità introdotte dalla legge di conversione.

Al fine di agevolare il compito del lettore, quindi per rendere più comprensibile le novità introdotte dalla legge di conversione, sarà effettuato un confronto tra la disciplina Iva/Registro contenuta nella formulazione originaria del decreto-legge e quella conseguente alle modifiche intervenute a seguito della conversione in legge. Il confronto non risulterà agevole. Infatti secondo la formulazione originaria del decreto-legge il regime naturale delle cessioni di immobili prevedeva l'esenzione generalizzata dal tributo. Conseguentemente nella maggior parte delle ipotesi trovava applicazione l'imposta di registro in misura proporzionale. Ora, invece, il quadro di riferimento è mutato completamente, ed è divenuto molto più articolato.

D.l. 223/2006 nella versione vigente prima degli emendamenti approvati dalla legge di conversione

L'imposta di registro doveva essere applicata, secondo la disciplina propria di tale imposta, per le operazioni indicate qui di seguito:

a. cessione di fabbricati di qualsiasi tipologia da parte delle imprese costruttrici decorsi cinque anni dall'ultimazione della costruzione;

b. cessione di fabbricati da parte delle imprese che hanno effettuato gli interventi di ristrutturazione, decorsi più di cinque anni dall'ultimazione dei predetti interventi;

c. cessione di fabbricati di qualsiasi tipologia da parte delle imprese che hanno per oggetto principale o esclusivo l'attività di compravendita (c.d. immobiliari di rivendita);

d. cessione di fabbricati di qualsiasi tipologia da parte di altri soggetti che agiscono nell'esercizio di impresa, arti o professioni.

D.l. 223/2006 dopo gli emendamenti approvati dalla legge di conversione

L'imposta di registro deve essere applicata, secondo la disciplina propria di tale imposta, per le operazioni esenti ai fini Iva, indicate qui di seguito.

Inizialmente, subito dopo la conversione in legge del D.l. 223/2006, non era chiaro quale fosse il regime ai fini dell'imposta di registro applicabile alle cessioni esenti ex art. 10 n. 8-ter, ossia se tali cessioni fossero attratte nell'orbita della previsione generale, secondo la quale una cessione è considerata soggetta ad Iva anche se esente, e sconta l'imposta di registro in misura fissa in virtù del principio di alternatività.

Nel senso dell'applicabilità, alle cessioni di fabbricati strumentali per natura esenti da Iva, dell'imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'art. 40 D.P.R. 131/1986 si era già espressa la Assonime con circolare 3 agosto 2006, n. 36. La correttezza di tale interpretazione è stata confermata dall'Agenzia delle Entrate con la citata circolare n. 27/E del 2006. In particolare «per le cessioni degli immobili in argomento, l'imposta di registro è applicabile, nella misura fissa di euro 168, sia per le cessioni assoggettate ad Iva che per quelle esenti dall'imposta» [nota 31].

Ciò premesso, sono operazioni esenti da Iva:

1. cessione di fabbricati diversi da quelli strumentali per natura, ad esempio quelli ad uso abitativo (ecc.), da parte delle imprese costruttrici dopo che siano trascorsi quattro anni dall'ultimazione della costruzione;

2. cessione di fabbricati diversi da quelli strumentali per natura, ad esempio quelli abitativi (ecc.), da parte delle imprese che hanno effettuato gli interventi di ristrutturazione, qualora siano decorsi più di quattro anni dall'ultimazione dei predetti interventi;

3. cessione di fabbricati, diversi da quelli strumentali per natura (cfr. i due punti precedenti) effettuati da imprese diverse da quelle costruttrici o da quelle che vi hanno effettuato interventi di ristrutturazione [nota 32];

4. cessione di fabbricati strumentali per natura, quindi che per loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (cfr. infra per alcune eccezioni).

In ordine alle cessioni indicate al quarto punto vanno effettuate alcune precisazioni. Affinché queste ultime cessioni siano esenti non devono verificarsi le condizioni indicate al nuovo numero 8-ter) lettere da a) a d). In particolare sono esenti da Iva, purché nel relativo atto il cedente non abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione, le cessioni di fabbricati strumentali per natura:

a. effettuate da imprese costruttrici o da imprese che hanno effettuato interventi di ristrutturazione, ove siano decorsi quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento;

b. effettuate nei confronti dei cessionari soggetti passivi di imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione in misura superiore al 25 per cento.

Dunque, al fine di individuare la disciplina correttamente applicabile dovrà essere verificata, oltre alla tipologia di bene immobile, la sussistenza di alcune specifiche condizioni (anche in capo al cessionario) che possono dare luogo alla deroga della disciplina generale. Un esempio potrà essere utile per capire.

Si consideri il caso di un'impresa costruttrice che effettua il trasferimento di un bene strumentale per natura (ad esempio un ufficio). Sono però decorsi più di quattro anni dall'ultimazione della costruzione. Pertanto in base alla regola generale, cioè quella contenuta nella prima parte dell'art. 10, comma 1, n. 8-ter) del decreto Iva, la cessione dovrebbe essere esente, ma non sarà sempre così [nota 33]. Potrebbe ad esempio verificarsi che le cessione sia effettuata nei confronti di un medico, che pur esercitando l'attività professionale (e quindi essendo soggetto passivo di imposta), non può considerare in detrazione il relativo tributo [nota 34]. In questo caso trova applicazione la deroga contenuta nell'art. 10, n. 8-ter), lett. b) del D.P.R. 633/1972 e quindi l'operazione sarà soggetta ad Iva. Occorre inoltre osservare che l'indicazione contenuta nella predetta lettera b) non riguarda esclusivamente le imprese costruttrici, ma non essendo prevista alcuna limitazione di tipo soggettivo dovrebbe essere applicata a prescindere dalla qualifica attribuibile al soggetto che effettua il trasferimento dell'immobile. In buona sostanza è irrilevante che il soggetto cedente sia o meno un'impresa costruttrice. Infatti se il cessionario non detrae il tributo e l'immobile acquistato è strumentale per natura, l'operazione uscirà dal regime di esenzione, per scontare l'Iva.

Occorre poi considerare che un ulteriore elemento da prendere in considerazione è dato dalla possibilità, per il soggetto cedente, in caso di esenzione, di optare per l'imposizione. Tale deroga è però subordinata alla sussistenza di alcune condizioni (v. infra).

Deve infine osservarsi che le cessioni di fabbricati strumentali per natura, ancorché assoggettate ad Iva (art. 10, comma 1, n. 8-ter del D.P.R. 633/1972), scontano l'imposta ipotecaria con l'aliquota del 3 per cento e l'imposta catastale con l'aliquota dell'1 per cento. L'aumento dell'onere complessivo relativo alle imposte ipotecarie e catastali è correlato all'applicazione dell'Iva alle cessioni dei beni strumentali per natura. è ininfluente che l'applicazione dell'imposta su valore aggiunto sia dovuta all'opzione del cedente, ovvero alla condizione in cui si viene a trovare il cessionario. A tal proposito deve ricordarsi, affinché trovi applicazione il predetto aumento, che i presupposti sono due:

1. gli immobili oggetto di cessione devono essere strumentali per natura;

2. le cessioni devono essere assoggettate ad imposta sul valore aggiunto.

Tuttavia, con riferimento alle predette cessioni, qualora nelle operazioni siano parte fondi immobiliari chiusi, società di locazione finanziaria, banche e intermediari finanziari, limitatamente all'acquisto ed al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria, le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale sono ridotte della metà. Pertanto l'imposta ipotecaria si applica con l'aliquota dell'1,5% e l'imposta catastale con l'aliquota dello 0,50%. La predetta riduzione decorre dal 1°ottobre del 2006.

Deve essere poi ricordato che in sede di riscatto di un immobile strumentale per natura concesso in locazione finanziaria, l'imposta proporzionale di registro dell'1% pagata sui canoni di locazione può essere considerata a scomputo delle imposte ipotecarie e catastali dovute per il riscatto medesimo.

L'opzione per il regime di imponibilità

Il legislatore, dopo le numerose critiche che hanno fatto seguito alla versione originaria del decreto, si è reso conto che il regime generalizzato di esenzione delle cessioni si poteva tradurre in un costo eccessivo per le imprese che effettuavano il trasferimento degli immobili. Per tale ragione ha cercato di attenuare gli effetti della novità prevedendo, al verificarsi di certe condizioni, la possibilità di continuare ad applicare l'imposta sul valore aggiunto. Deve poi osservarsi, come sarà chiarito più avanti, che tale possibilità darà luogo ad un aumento del prelievo tributario per ciò che attiene le imposte ipotecarie e catastali [nota 35].

Innanzitutto va segnalato come la disposizione la quale prevede la possibilità di optare per l'imposizione abbia una portata applicativa limitata. Infatti deve farsi riferimento all'art. 10, comma 1, n. 8-ter) del D.P.R. 633/1972 che riguarda esclusivamente i fabbricati strumentali per natura.

Per quanto riguarda il profilo soggettivo deve essere rilevato che la portata applicativa della disposizione è particolarmente ampia. Pertanto la norma si applica a qualsiasi impresa che effettua il trasferimento del cespite sia essa o meno impresa costruttrice [nota 36]. Ad esempio se un'impresa costruttrice vende un immobile accatastato A/10, ma sono decorsi più di quattro anni dall'ultimazione della costruzione, l'operazione dovrebbe essere esente. Tuttavia l'impresa cedente potrà optare nell'atto per l'imposizione ai fini dell'Iva. La medesima possibilità sussiste per l'impresa non costruttrice. Ad esempio se tale impresa (non costruttrice) cede un immobile accatastato A/10 ad un'altra impresa che può detrarre l'imposta sul valore aggiunto, l'operazione rientrerebbe nel regime di esenzione [nota 37]. Tuttavia anche in questo caso sussiste la possibilità di optare per il regime di imposizione ai fini Iva.

Un tema particolarmente delicato è rappresentato dalle modalità della dichiarazione di opzione da rendere nell'atto. Il tema è certamente importante. Per ora deve ricordarsi che:

a. l'opzione deve essere esercitata dal cedente;

b. deve essere manifestata espressamente;

c. la manifestazione (espressa) deve essere contenuta nell'atto di compravendita.

Un'indicazione in tal senso è stata fornita dall'Agenzia delle Entrate con la circolare 4 agosto 2006, n. 27/E. Secondo l'Amministrazione finanziaria «l'opzione per l'imponibilità, essendo vincolata all'atto di trasferimento [nota 38], ha effetto per le sole cessioni contemplate nell'atto stesso».

Deve poi ricordarsi che anche in caso di applicazione dell'Iva per effetto dell'opzione, trattandosi di beni immobili strumentali per natura, si applicherà un'imposta ipotecaria del 3% ed un'imposta catastale dell'1%. In alcuni casi, come spiegato in precedenza e con effetto dal 1 ottobre del 2006 tali imposte saranno ridotte della metà (supra).

Le cessioni degli immobili strumentali per natura da parte delle imprese costruttrici

Le cessioni dei beni immobili strumentali per natura [nota 39] non hanno mai dato luogo, in passato, a particolari dubbi applicativi. Prima dell'approvazione del D.l. 223/2006 le cessioni dei predetti immobili erano sempre imponibili ai fini dell'Iva. L'applicabilità dell'Iva trovava origine nella natura del soggetto cedente che aveva costruito il cespite e quindi aveva assunto la qualificazione di impresa costruttrice. Pertanto se l'oggetto della cessione fosse stato rappresentato da un immobile ad uso abitativo la disciplina dell'operazione sarebbe stata analoga. Il soggetto cedente avrebbe dovuto comunque applicare l'Iva con l'unica differenza che, presumibilmente, avrebbe riguardato l'aliquota.

Dopo l'approvazione del D.l. 223/2006, prima delle modifiche intervenute durante la fase di conversione avventa con la L. 248/2006, la tipologia di immobili oggetto di trasferimento da parte delle imprese costruttrici ha continuato ad essere ininfluente. Al fine di stabilire l'applicabilità dell'Iva ovvero del regime di esenzione, era necessario fare riferimento a due elementi essenziali:

la qualificazione di impresa costruttrice in capo al soggetto cedente [nota 40];

il decorso o meno di cinque anni (ora quattro anni) dall'ultimazione dell'immobile oggetto di cessione.

Infatti se erano decorsi più di cinque anni dall'ultimazione della costruzione l'operazione era esente da Iva. Viceversa, se tale termine non era decorso l'imposta sul valore aggiunto doveva essere applicata. Il regime non cambiava se l'oggetto della cessione era costituto da un ufficio [nota 41], ovvero da un immobile ad uso abitativo.

Dopo le predette modifiche, introdotte durante la fase di conversione, il quadro di riferimento è mutato completamente. Pertanto anche per le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici assume rilevanza la tipologia di immobile oggetto di cessione. Infatti l'art. 10, n. 8-bis) del D.P.R. 633/1972 disciplina le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli strumentali per natura. Invece le regole Iva concernenti la predetta categoria di immobili [nota 42] sono quelle di cui al n. 8-ter) del medesimo art. 10.

Alla luce del quadro normativo conseguente al testo definitivo del D.l. 223/2006 non v'è dubbio che la disciplina Iva sarà diversa per le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici, ove siano decorsi quattro anni dall'ultimazione della costruzione e le operazioni riguardino immobili ad uso abitativo ovvero immobili strumentali per natura. Ad esempio se un impresa costruttrice trasferisce (decorsi quattro anni) un immobile rientrante nella categoria catastale A/2, l'operazione sarà considerata esente da Iva [nota 43]. L'imposta di registro risulterà applicabile in misura proporzionale nelle varie misure previste in funzione dei possibili benefici accordati per l'acquisto della prima casa. Invece le imposte ipotecarie e catastali saranno applicate in misura fissa [nota 44] o proporzionale (2 più 1 per cento) a secondo che si tratti o meno di prima casa. La situazione descritta muta completamente se, ad esempio, l'oggetto della cessione è rappresentato da un capannone industriale riconducibile all'interno della categoria degli immobili "strumentali per natura" di cui al citato art. 10, n. 8-ter) del decreto Iva. In questo caso il regime Iva è influenzato dalle condizioni in cui si trova il cessionario [nota 45]. Pertanto se il cespite è ceduto nei confronti di un soggetto passivo Iva che può detrarre l'imposta in misura pari o inferiore al 25 per cento, la relativa cessione sarà soggetta ad Iva. L'imposta di registro troverà applicazione in misura fissa anziché proporzionale e le imposte ipotecarie a catastali risulteranno complessivamente applicabili nella misura del 4 per cento [nota 46].

Occorre ora esaminare un ulteriore problema relativo alle imprese costruttrici. Il tema riguarda l'individuazione della corretta collocazione, ai fini della disciplina Iva, degli immobili strumentali per natura [nota 47]. L'aspetto controverso riguarda gli immobili che non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni [nota 48], ad esempio gli uffici riconducibili all'interno della categoria catastale A/10, ma che ai fini delle imposte sui redditi sono considerati "beni merce", cioè cespiti dalla cui cessione traggono origine i ricavi dell'impresa. Questi beni, ove al termine dell'esercizio non siano ancora stati venduti, partecipano alla formazione del magazzino dell'impresa costruttrice. Pertanto essi non sono soggetti ad ammortamento come invece si verifica per gli immobili strumentali per natura. Sorge quindi il dubbio se classificare i predetti beni (ai fini della disciplina Iva) tra quelli indicati nel n. 8-ter dell'art. 10, ovvero al n. 8-bis. Le interpretazioni possibili sono due, pertanto appare necessario un chiarimento da parte dell'Agenzia delle Entrate. In particolare in base ad un orientamento rigorosamente ancorato al dato letterale delle disposizioni i predetti immobili dovrebbero essere soggetti alla disciplina di cui al n. 8-ter) citato. Si tratta, infatti, di cespiti immobiliari non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. Dovrebbe quindi essere irrilevante la circostanza che gli immobili in questione rientrino nella categoria dei cosiddetti beni merce e sono conseguentemente iscritti nel magazzino dell'impresa tra le rimanenze finali. Al contrario, ove si ritenesse più corretta un'interpretazione sistematica, non potrebbe essere completamente trascurata l'inclusione dei cespiti tra le rimanenze. In questo caso, trattandosi di beni merce, gli immobili finirebbero con l'essere assimilati ai cespiti di tipo abitativo con le conseguenze che saranno spiegate più avanti con un esempio.

L'esatta collocazione dell'immobile nell'una o nell'altra categoria determinerà un diverso trattamento fiscale. La circostanza è dovuta, come già anticipato, alle novità intervenute durante la conversione. Infatti prima dell'approvazione del D.l. 223/2006 ed anche successivamente, prima delle ultime modifiche, la cessione di un bene strumentale per natura effettuata da un'impresa costruttrice non dava luogo a dubbi di sorta. Ora, invece, la situazione è cambiata radicalmente.

Si consideri, ad esempio, il caso di un'impresa costruttrice che effettua la cessione di un immobile di tipo abitativo (ad es. categoria A/2). Nel caso di specie assume rilievo essenziale la circostanza che il cespite sia ceduto entro quattro anni dall'ultimazione della costruzione. In questa situazione la relativa cessione sarà imponibile ai fini Iva. Viceversa, se la cessione fosse effettuata dopo tale termine, l'operazione sarà esente. La medesima disciplina sembra essere prevista per i beni oggettivamente strumentali, ma a ben vedere non è così. In questo caso, come nell'esempio proposto in precedenza, se non sono decorsi quattro anni l'operazione è imponibile. Diversamente, cioè se l'operazione è effettuata dopo tale termine [nota 49], l'operazione rientra nel regime di esenzione.

Tuttavia è necessario considerare che per gli immobili strumentali per natura il legislatore ha previsto una disciplina più ampia. Infatti, come spiegato in precedenza, al verificarsi di determinate condizioni la cessione fuori esce dal regime di esenzione per rientrare in quello di imponibilità. Ad esempio è già stato spiegato che, solo con riferimento ai beni strumentali per natura il cedente che realizza un'operazione esente può optare espressamente nell'atto per il regime di imposizione. Pertanto se l'oggetto della cessione è rappresentato da un bene immobile ad uso abitativo e sono decorsi quattro anni dall'ultimazione della costruzione, l'impresa costruttrice realizza un'operazione esente. Viceversa se l'oggetto della cessione è un bene strumentale per natura l'impresa costruttrice, ancorché siano decorsi quattro anni, può, a seguito di opzione, continuare a permanere nel regime di imponibilità. Gli esempi, poi, potrebbero continuare numerosi. Infatti se il cessionario è un soggetto che non agisce nell'esercizio di arti e professioni, è possibile che la cessione effettuata dall'impresa costruttrice (decorsi quattro anni) dia luogo all'applicazione dell'Iva. Tuttavia la circostanza riguarderà solo i beni strumentali per natura. Invece per gli immobili di tipo diverso, rientranti ad esempio nella categoria dei beni merce, la situazione del soggetto cessionario sarà del tutto ininfluente. Il trasferimento del cespite, laddove sia decorso il termine di quattro anni, rientrerà nel regime di esenzione.

Alla luce di quanto sin qui esposto è evidente che il regime Iva può essere fortemente condizionato dalla tipologia di cespite oggetto di cessione. Inoltre un analogo condizionamento riguarda l'applicazione delle imposte ipotecarie e catastali.

A questo punto occorre tornare a domandarsi se, i beni oggettivamente strumentali, oggetto di trasferimento da parte delle imprese costruttrici, debbano essere ricondotti all'interno della categoria dei beni merce, ovvero degli immobili strumentali per natura. Un esempio potrà essere utile per capire.

Si consideri il caso di un'impresa che ha per oggetto la costruzione e la vendita di immobili [nota 50]. Tale impresa ha costruito una serie di uffici che, essendo riconducibili all'interno della categoria A/10, sono, in linea teorica, beni strumentali per natura. Si consideri anche che, nel caso di specie, dal momento dell'ultimazione della costruzione sono passati più di quattro anni. L'impresa, considerando tali cespiti riconducibili all'interno della categoria dei beni merce [nota 51], ha effettuato l'iscrizione degli stessi in bilancio nella voce "rimanenze" che in pratica costituisce il magazzino "invenduto" al termine dei vari esercizi. Occorre ora chiedersi se il comportamento assunto dall'impresa costruttrice in sede di redazione del bilancio sia decisivo al fine di individuare il corretto regime Iva applicabile. Infatti se tali beni si considerano rientranti nella categoria dei beni merce e quindi si intende privilegiare la natura di cespiti non ammortizzabili [nota 52], è evidente che, decorsi quattro anni dalla costruzione degli stessi, non v'è alcuna possibilità di "sfuggire" dal regime di esenzione. Al contrario, il comportamento tenuto in sede di redazione di bilancio potrebbe essere anche ininfluente. In questo caso risulterebbe rilevante, secondo un'interpretazione rigorosamente ancorata al dato letterale della disposizione, solo la categoria catastale facendo assumere ai cespiti la qualifica di beni strumentali per natura. A questo punto, come già spiegato, il cedente potrebbe, a seguito di opzione, continuare ad applicare l'imposta sul valore aggiunto. Oppure ancora, pur in mancanza dell'opzione, ove le cessioni fossero effettuate nei confronti di soggetti "privati", tornerebbe ad applicarsi l'Iva. Sul punto specifico appare certamente necessario un chiarimento da parte dell'Agenzia delle Entrate.

Al fine di fornire al lettore il maggior numero di elementi possibili per addivenire ad un'interpretazione corretta della disposizioni, non si può non osservare che la disciplina Iva ha mutuato una specifica previsione normativa presente nel testo unico delle imposte sui redditi. Si tratta del concetto di fabbricati strumentali «che per loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni». Tale espressione è contenuta nell'art. 43, comma 2 del D.P.R. 917/1986 che individua gli immobili non produttivi di reddito fondiario. Secondo l'Amministrazione finanziaria la predetta espressione individua «soltanto quei fabbricati che oggettivamente presentano il requisito della strumentalità. Sono oggettivamente strumentali, come precisato dalla Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali (nota n. 3/330 del 2 febbraio 1989) i fabbricati classificabili catastalmente nelle categorie B, C, D, ed E, nonché nella categoria A/10 ma in tal caso soltanto se la destinazione ad ufficio o studio privato sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria. Non rientrano, invece, nell'ambito applicativo della norma le costruzioni destinate a civile abitazione ancorché utilizzate ad uso strumentale, come ad esempio quelle utilizzate ad uso ufficio».

Appare dunque evidente che se l'interprete collega l'espressione utilizzata dalla normativa Iva [nota 53] alle indicazioni fornite dall'Amministrazione finanziaria l'unica soluzione corretta consiste nel ricondurre i beni merce rientranti nelle predette categorie catastali (B, C, D, E ed A/10) tra gli immobili strumentali per natura. Troverà quindi applicazione la disciplina di cui all'art. 10, n. 8-ter del decreto Iva.

Deve tuttavia ricordarsi che, ai fini delle imposte sui redditi, la disciplina di cui al citato art. 43 deve essere coordinata con quanto disposto dall'art. 85 del T.U.I.R. Infatti per le imprese che esercitano professionalmente un'attività di costruzione e di vendita di immobili, i cespiti rientranti nelle predette categorie catastali [nota 54] e rimasti invenduti al termine dell'esercizio saranno solitamente iscritti tra le rimanenze finali [nota 55]. Si tratta di beni merce le cui cessioni danno origine a ricavi. Conseguentemente i predetti beni non possono essere ammortizzati come si verifica per gli immobili oggettivamente strumentali. Tale aspetto deve indurre il lettore a riflettere circa la possibilità o meno di escludere gli immobili in questione dalla disciplina di cui all'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. 633/1972. In considerazione della delicatezza del tema, come più volte sollecitato, un chiarimento delle Entrate appare veramente indispensabile.

Le variazioni della percentuale di detrazione (pro rata) del cessionario

E' stato già ricordato come una delle novità più rilevanti del "nuovo" regime di imponibilità/esenzione concernente le cessioni di immobili [nota 56] sia quello di condizionare l'applicazione dell'Iva alla situazione in cui si trova il cessionario [nota 57]. Le predette operazioni risulteranno imponibili ai fini Iva solo se il cessionario è un privato consumatore, ovvero è un soggetto passivo esercente un'attività che conferisce il diritto alla detrazione del tributo in misura non superiore al 25 per cento. La medesima previsione trova applicazione nei confronti degli enti non commerciali esercenti esclusivamente attività istituzionali [nota 58], ovvero che decidano di destinare l'immobile all'esercizio esclusivo delle predette attività istituzionali. In merito a questo punto l'Agenzia delle Entrate ha osservato che «nell'atto deve essere riportata menzione della dichiarazione resa dal cessionario attestante che lo stesso non agisce nell'esercizio di impresa arte o professione». Per gli enti che svolgono sia attività rilevante ai fini Iva che attività esclusa dall'ambito di applicazione dell'imposta, nell'atto deve essere dichiarato che l'acquisto è effettuato in relazione allo svolgimento dell'attività non commerciale.

Un elemento del "nuovo" regime che determina notevoli difficoltà operative è dato dalla cosiddetta percentuale di pro rata o di detraibilità dell'imposta che può variare da un esercizio all'altro in relazione alle operazioni esenti poste in essere. Pertanto tale variazione può determinare l'applicazione dell'Iva o l'esenzione dal tributo in relazione al fatto che la cessione dell'immobile venga posta in essere in un esercizio in cui la predetta percentuale di detrazione sia o meno superiore al 25 per cento.

Al fine di semplificare al massimo la spiegazione del predetto meccanismo appare necessario partire da un principio fondamentale posto a fondamento della detrazione dell'Iva. Tale principio è contenuto nell'art. 19, comma 5, D.P.R. 633/1972 in base al quale «ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10, il diritto alla detrazione dell'imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all'art. 19-bis» [nota 59]. Appare dunque intuibile che, con l'aumentare delle operazioni esenti eventualmente poste in essere nel corso dell'esercizio, diminuisce la percentuale di pro rata (di detraibilità) dell'Iva. Pertanto oltre una determinata soglia [nota 60] la detrazione dell'Iva potrebbe raggiungere il limite del 25 per cento o addirittura scendere al di sotto. La circostanza influenza, come già ricordato, il regime applicabile in quanto in presenza di percentuali di detrazioni limitate, le relative cessioni risulteranno naturalmente imponibili ai fini dell'Iva.

E' agevolmente intuibile come la percentuale di detrazione dell'Iva relativa al cessionario debba essere verificata solo con riferimento al periodo di imposta durante il quale viene posta in essere la cessione dell'immobile. In buona sostanza non si verifica il problema che investe i contratti di locazione che sono caratterizzati da un periodo di durata pluriennale durante il quale potrebbero verificarsi rilevanti variazioni della percentuale di detraibilità [nota 61] (di pro rata).

Occorre tuttavia osservare che anche in relazione alle cessioni degli immobili il meccanismo può determinare notevoli difficoltà operative. Infatti nel momento in cui viene rogato l'atto e si realizza il trasferimento dell'immobile il cessionario non è in grado di conoscere la percentuale di detrazione Iva definitiva. Infatti il pro rata trova applicazione con riferimento ad una percentuale di detrazione determinata in via provvisoria sulla base delle operazioni che danno diritto alla detrazione poste in essere nel periodo di imposta precedente [nota 62]. Successivamente, dopo la chiusura del periodo di imposta, quindi anche successivamente all'atto di trasferimento dell'immobile, il cessionario, sulla base delle operazioni poste in essere, sarà in grado di determinare la percentuale di detrazione definitiva. Non si tratta, evidentemente di una variazione dovuta ad un evento sopravvenuto, ma semplicemente di una variazione fisiologica dovuta al meccanismo. Infatti il contribuente non è in grado di conoscere nel corso dell'esercizio, se non dopo il termine dello stesso, come le operazioni poste in essere siano in grado di incidere sulla determinazione della percentuale di detrazione. In buona sostanza non è in grado di conoscere immediatamente quale parte del volume d'affari sia costituita da operazioni che consentono di considerare in detrazione il tributo.

Innanzitutto deve essere ricordato che l'Agenzia delle Entrate ha fornito con la citata circolare n. 27/E una precisazione rilevante. In particolare, «per consentire la corretta applicazione della norma, nell'atto deve essere riportata menzione della dichiarazione con cui il cessionario comunica al cedente se la propria percentuale di detraibilità superi o meno il 25%». Tuttavia il cedente non potrà considerare la vicenda relativa all'individuazione del regime di tassazione dell'immobile conclusa definitivamente. Potrebbe infatti verificarsi che la percentuale di detrazione del cessionario determinata provvisoriamente sia superiore al 25 per cento con la conseguente applicazione del regime di esenzione dall'Iva, ma che successivamente la percentuale di detrazione definitiva risulti inferiore al predetto limite. In questo caso, dopo aver considerato la cessione dell'immobile al momento del rogito quale operazione esente, per effetto della predetta variazione la medesima operazione diventa imponibile. A tal proposito l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che «il cessionario, qualora al termine del periodo di imposta in cui è avvenuta la cessione rilevi che la propria percentuale di detraibilità sia risultata non superiore al 25%, deve comunicarlo al cedente per l'assoggettamento dell'operazione ad Iva. Ciò sempreché l'operazione non sia già stata assoggettata ad imposta in via opzionale».

Non v'è dubbio che l'opinione espressa dall'Agenzia delle Entrate, sotto il profilo dell'applicabilità dell'Iva, debba essere necessariamente condivisa trovando applicazione l'art. 26, D.P.R. 633/1972 [nota 63]. Le difficoltà maggiori riguardano le modalità di comunicazione al cedente circa la variazione della percentuale di pro rata che, scendendo al di sotto della soglia del 25 per cento, rende necessaria l'applicazione dell'Iva. Infatti il cessionario solitamente è in grado di determinare la percentuale di pro rata definitiva solo dopo che il Notaio ha rogato l'atto. Viene quindi a mancare la sede naturale ove il cessionario avrebbe potuto comunicare al cedente la predetta percentuale di detrazione. Invece la dichiarazione da inserire nell'atto non potrà che riguardare la percentuale di pro rata determinata provvisoriamente. E' auspicabile che l'Agenzia delle Entrate fornisca ulteriori chiarimenti circa le modalità da seguire per comunicare la variazione della percentuale di detrazione dell'Iva.

Il nuovo regime Iva della cessione dei fabbricati - l'applicabilità dell'Iva

Alla luce dell'analisi sin qui condotta dovrebbe essere agevole per il lettore ricavare le fattispecie che danno luogo all'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. Tuttavia il quadro di riferimento, come per le ipotesi di esenzione, è particolarmente articolato.

Inoltre, dopo le modifiche approvate dalla legge di conversione, è rilevante la distinzione tra gli immobili strumentali per natura e gli altri immobili (ad esempio, quelli aventi uso abitativo, ecc.).

Deve essere ricordato preliminarmente che, dopo l'approvazione del D.l. 223/2006 (nella sua versione originaria), il regime generale dell'Iva, con riferimento alle cessioni degli immobili era quello di esenzione. Per tale ragione non si procederà ad effettuare un confronto tra il regime applicabile dopo le ultime modifiche apportate in sede di conversione, e la disciplina applicabile dal 4 luglio 2006 in avanti dopo l'entrata in vigore del D.L. 223/2006. Si procederà quindi a sintetizzare per punti la nuova disciplina ai fini dell'applicabilità dell'Iva contenuta nel testo del decreto come emendato dalla legge di conversione.

Operazioni soggette ad Iva:

1. cessione di fabbricati diversi da quelli strumentali per natura, ad esempio gli immobili ad uso abitativo (ecc.), da parte delle imprese costruttrici effettuate entro quattro anni dall'ultimazione della costruzione;

2. cessione di fabbricati diversi da quelli strumentali per natura, ad esempio gli immobili ad uso abitativo (ecc.), da parte delle imprese che ha effettuato gli interventi di ristrutturazione, effettuati entro quattro anni dall'ultimazione dei predetti interventi;

3. cessione di fabbricati strumentali per natura, purché rientranti nell'ambito delle seguenti categorie:

a. cessioni effettuate dalle imprese costruttrici entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione, ovvero effettuate dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di ristrutturazione di cui all'art. 31, primo comma, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457;

b. cessioni effettuate nei confronti dei cessionari che non agiscono nell'esercizio di imprese, arti e professioni (in pratica privati);

c. cessioni effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi Iva che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione di imposta in percentuale pari o inferiore al 25% (banche, società di assicurazione, ecc.);

d. cessioni per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione Iva.

Deve poi ricordarsi quanto già affermato in precedenza circa l'aumento del prelievo ai fini dell'applicazione delle imposte ipotecarie e catastali. I fabbricati strumentali per natura le cui cessioni sono imponibili ai fini Iva scontano l'imposta ipotecaria con l'aliquota del 3% e l'imposta catastale con l'aliquota dell'1%. In alcune specifiche ipotesi [nota 64], per l'acquisto e per il riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria, dal 1° ottobre del 2006 le predette imposte sono ridotte della metà.

L'assegnazione di alloggi da parte delle cooperative edilizie.

Non v'è dubbio sul fatto che gli atti di assegnazione di alloggi da parte di cooperative edilizie [nota 65], posti in essere dopo la conversione in legge del D.l. 223/2006, scontino l'Iva [nota 66] ove non siano decorsi più di quattro anni dall'ultimazione della costruzione. Tale interpretazione trova fondamento nella definizione del concetto di cessione ai fini Iva così come fornita nell'art. 2 del D.P.R. 633/1972 [nota 67].

L'art. 10, n. 8-bis del decreto Iva, nell'individuare le operazioni imponibili [nota 68] utilizza l'espressione "cessione di fabbricati" senza mai utilizzare la locuzione "assegnazioni", ma la circostanza è del tutto ininfluente. Infatti come osservato dalla Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato [nota 69] già con riferimento all'art. 10 n. 8-bis) nel testo precedente alle modifiche apportate dal cosiddetto decreto-legge Bersani, appare irrilevante la circostanza che il tenore letterale del predetto articolo non contenga un esplicito riferimento agli atti di assegnazione, perché sotto questo profilo tali atti vengono considerati come le operazioni di cessione sulla base dell'art. 2 che così recita: «Costituiscono inoltre cessioni di beni … 6) le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto … ».

Pertanto in presenza di tutti i requisiti previsti dall'art. 10, n. 8-bis del D.P.R. 633/1972 [nota 70] gli atti di assegnazione di alloggi da parte di una cooperativa edilizia, devono essere assoggettati ad imposta sul valore aggiunto.

La rilevanza del vincolo pertinenziale nel "nuovo" regime Iva

Alla luce del quadro sin qui delineato appare evidente come il legislatore abbia voluto prevedere un regime diverso se l'oggetto della cessione sia costituito da un fabbricato abitativo, ovvero da un fabbricato strumentale per natura. E' sufficiente ricordare in questa sede che, ove siano decorsi più di quattro anni dall'ultimazione della costruzione, la cessione dell'immobile abitativo risulterà in ogni caso esente da Iva. Invece per la cessione dell'immobile strumentale, qualora sussistano determinate condizioni [nota 71], il regime naturale sarà quello dell'applicazione del tributo.

Sorge dunque il problema, con riferimento alle cessioni dei fabbricati non strumentali, se si debba fare riferimento, al fine di individuare il regime Iva applicabile, anche alle eventuali loro pertinenze. Le predette operazioni riguardano, solitamente, gli immobili a uso abitativo che vengono trasferiti unitamente ai box auto, cantine, soffitte, ecc. Pertanto «una volta accertata la sussistenza del vincolo pertinenziale … opera l'estensione dello stesso trattamento tributario valido per l'unità immobiliare principale» [nota 72]. La conclusione non è direttamente desumibile dalla norma, tuttavia l'Assonime, anche prima delle recenti modifiche normative, si è chiaramente espressa in tal senso. In senso conforme si è espressa anche la dottrina [nota 73] facendo leva su un consolidato orientamento della Corte di Cassazione in base al quale «il vincolo pertinenziale determina automaticamente l'estensione alla pertinenza degli effetti degli atti e dei rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale» [nota 74].

Alla luce delle predette conclusioni appare dunque evidente che se una società costruttrice trasferisce, decorsi quattro anni dall'ultimazione della costruzione, un immobile ad uso abitativo con l'annessa cantina [nota 75], il trasferimento delle due unità immobiliari sarà comunque esente. Non sarebbe corretto applicare l'Iva con riferimento al trasferimento della cantina anche laddove la cessione fosse effettuata nei confronti di un soggetto privato che non detrae l'imposta [nota 76]. Il regime della pertinenza segue quello riguardante l'unità immobiliare principale.

La rettifica della detrazione: ridotto l'onere fiscale delle imprese

L'applicazione di un regime generalizzato di esenzione, originariamente previsto dal D.l. 223/2006, avrebbe dato luogo all'applicazione del meccanismo della "rettifica della detrazione". Non è questa la sede adatta per approfondire tale tema [nota 77]. Per ora è sufficiente ricordare che, ove la norma di riferimento non fosse stata modificata, diversi soggetti avrebbero dovuto versare nelle casse dell'erario l'Iva detratta negli anni passati con riferimento all'acquisto o alla costruzione di immobili.

Si tenga però presente che le recenti modifiche introdotte in sede di conversione in legge del provvedimento, sono rivolte in una duplice direzione. Da una parte sono state reintrodotte alcune fattispecie che determinano l'imponibilità dell'operazione. La circostanza è già di per sé idonea a sterilizzare in parte gli effetti del predetto meccanismo di rettifica della detrazione. Si tratta, ad esempio, del caso in cui il cedente di un immobile strumentale per natura opti per il regime di imponibilità. Dall'altra il legislatore ha limitato, durante la prima fase di applicazione delle novità, l'applicabilità del predetto meccanismo. In particolare:

1. per i fabbricati abitativi posseduti al 4 luglio del 2006 da parte di imprese diverse da quelle costruttrici o che vi hanno realizzato interventi di ristrutturazione il meccanismo delle rettifica della detrazione non trova applicazione;

2. per i fabbricati abitativi posseduti al 4 luglio del 2006 da parte di imprese costruttrici o da quelle che hanno eseguito interventi di ristrutturazione si apre una duplice possibilità:

a. se la costruzione o l'intervento è terminato prima del 4 luglio del 2002 (quattro anni prima dell'entrata in vigore del decreto), le imprese non rettificano la detrazione;

b. se invece i lavori sono terminati dopo il 4 luglio del 2002, le imprese applicano la rettifica della detrazione all'atto del primo impiego di locazione o di cessione. [nota 78]

3. per i fabbricati strumentali per natura, alla scadenza del quarto anno dall'ultimazione della costruzione non è necessario effettuare alcuna rettifica in quanto il fabbricato, mediante opzione, potrà generare operazioni imponibili;

4. per i fabbricati strumentali per natura, di cui si è proprietari al 4 luglio del 2006, non è necessario effettuare alcuna rettifica se al momento del primo atto (cessione o locazione) dopo la conversione in legge del decreto, viene esercitata l'opzione per l'imposizione Iva della locazione o della vendita.

Il regime Iva delle locazioni dei fabbricati

Le norme concernenti la fiscalità delle locazioni di immobili sono state profondamente modificate per effetto del D.l. n. 223 del 2006. Il legislatore fiscale, infatti, anche per le locazioni immobiliari è intervenuto prevedendo una radicale trasformazione della qualificazione delle predette operazioni ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. In particolare, le operazioni di locazione sono diventate da imponibili ad esenti. Tuttavia, il legislatore è tornato ad occuparsi della fiscalità, ai fini delle imposte indirette, delle locazioni immobiliari. Le nuove modifiche sono intervenute, come per le cessioni degli immobili, in sede di conversione del predetto decreto.

Le modifiche alla fiscalità delle locazioni immobiliari apportate dalla versione originaria del D.L. n. 223 del 2006.

Il D.l. n. 223 del 2006, prima delle recenti modifiche apportate in sede di conversione al regime fiscale delle locazioni immobiliari, prevedeva un'esenzione generalizzata dall' Iva.

Il predetto regime di esenzione era indipendente dalla tipologia di immobile locato [nota 79]. La circostanza che le locazioni immobiliari siano diventate esenti da Iva ha dato luogo alla necessità di applicare l'imposta di registro nella misura del 2%.

Fattispecie   Iva   Registro
Locazioni di immobili ad uso abitativo e/o strumentale   Esenti   2%
Contratti di locazione finanziaria di immobili   Esenti   € 168 [nota 80]

Dopo l'entrata in vigore del D.l. 223/2006 hanno continuato ad essere esenti anche le locazioni non finanziarie di terreni ed aziende agricole e le aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria.

Il D.l. 223/2006 dopo gli emendamenti approvati dalla legge di conversione

Come anticipato, per effetto delle modifiche apportate dalla legge di conversione, sono state introdotte, anche con riferimento alla locazione degli immobili, alcune novità rispetto alla versione originaria del D.l. n. 223 del 2006. Va premesso che la disposizione cui occorre fare riferimento è l'art. 35, comma 8, del D.l. n. 223 del 2006. In particolare, è stata effettuata una netta distinzione tra immobili strumentali per natura e gli altri immobili (ad esempio quelli ad uso abitativo, ecc.).

Per quanto riguarda questi ultimi la locazione è sempre esente da Iva.

Al contrario, per gli immobili strumentali per natura il regime fiscale varia sia per le caratteristiche specifiche del locatario, che per una nuova e precisa scelta del locatore. Più nello specifico, l'art. 10, comma 1, n. 8), nella sua "nuova" formulazione [nota 81] prevede che non sono esenti da Iva (e, quindi, sono imponibili) le operazioni di locazione aventi ad oggetto immobili strumentali per natura (la norma, nello specifico, fa riferimento ai «fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni») effettuate nei confronti di:

a. soggetti passivi Iva che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d'imposta in misura pari o inferiore al 25% (banche, assicurazioni, ecc.);

b. soggetti che non agiscono nell'esercizio di impresa, arti o professioni.

Inoltre l'Iva deve essere applicata alle locazioni di fabbricati strumentali per natura per le quali, «nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione». Nello specifico, tali operazioni sarebbero in teoria esenti dall'imposta sul valore aggiunto, ma potranno scontare il predetto tributo a seguito dell'esercizio di un'apposita opzione. Tale opzione, in particolare, dovrà essere esercitata per il singolo contratto o, in alternativa, per la durata residua di questo.

In definitiva sono esenti da Iva:

- le locazioni di immobili strumentali per natura effettuate nei confronti di soggetti passivi che hanno un diritto di detrazione dell'imposta pieno o comunque superiore al 25%;

- le locazioni di immobili strumentali per natura per le quali non è stata esercitata l'opzione per l'applicazione dell'Iva;

- le locazioni di terreni ed aziende agricole;

- le locazioni di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria;

- le locazioni di altri immobili diversi da quelli strumentali.

Al contrario, sono imponibili ai fini Iva:

- le locazioni di immobili strumentali per natura per le quali sia stata esercitata l'apposita opzione;

- le locazioni di immobili strumentali per natura effettuate nei confronti dei soggetti passivi Iva che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d'imposta in misura pari o inferiore al 25% (banche, assicurazioni, ecc.);

- le locazioni di immobili strumentali per natura effettuate nei confronti dei soggetti che non agiscono nell'esercizio di impresa, arti o professioni;

- le locazioni di aree destinate a parcheggio di veicoli.

La legge di conversione del D.l. n. 223 del 2006 ha previsto anche una significativa deroga al criterio dell'alternatività tra l'Iva ed il registro. In particolare, per effetto della nuova disposizione, alle sole locazioni dei beni strumentali per natura, siano esse esenti o imponibili ai fini Iva, è applicabile l'imposta di registro nella misura dell'1%.

Al contrario, le locazioni esenti, aventi ad oggetto beni immobili diversi da quelli strumentali per natura, saranno sottoposte all'imposta di registro nella misura ordinaria del 2%. Sotto questo profilo non è intervenuta alcuna variazione normativa.

Le variazioni della percentuale di detrazione (pro rata) del locatario o delle condizioni di cui all'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. 633/1972

E' stato già osservato che, anche con riferimento alle locazioni degli immobili strumentali per natura [nota 82], il regime di imponibilità o di esenzione dall'Iva si pone in relazione alla situazione in cui si trova il locatario dell'immobile. In questi casi le locazioni rimangono assoggettate ad Iva, ove effettuate nei confronti di soggetti passivi di imposta che possono considerare in detrazione l'Iva a monte in misura limitata. In particolare l'Iva si applica se la percentuale di detrazione dei soggetti destinatari delle prestazioni [nota 83] non supera il 25 per cento [nota 84]. Analogamente l'Iva si applica anche per le prestazioni effettuate nei confronti dei locatari che non sono soggetti passivi d'imposta. Si tratta, evidentemente, di privati consumatori, di enti non commerciali, di enti pubblici territoriali, ecc. Da questo punto di vista le problematiche operative più rilevanti dovrebbero riguardare gli imprenditori individuali e gli enti non commerciali. Infatti il regime Iva applicabile è influenzato dalla destinazione dell'immobile effettuata dai locatari. E' evidente che se il cespite viene impiegato da un imprenditore individuale al di fuori dell'attività di impresa questo agisce come privato. Conseguentemente la locazione sarà soggetta ad Iva. Invece se il medesimo cespite viene impiegato in un'attività per la quale il locatario ha diritto a considerare in detrazione l'Iva in misura maggiore del 25 per cento, il regime naturale della locazione sarà quello dell' esenzione [nota 85].

A tal proposito l'Assonime ha correttamente osservato con la circolare 3 agosto 2006, n. 36, che sarà il locatario a comunicare al locatore l'esistenza delle circostanze che determinano l'applicazione del regime di imponibilità delle operazioni. Ad esempio il conduttore deve comunicare al locatore se è in possesso del numero di partita Iva, se intende impiegare l'immobile nell'ambito dell'attività di impresa, ovvero come privato consumatore, ecc. L'affermazione è condivisa dall'Agenzia delle Entrate [nota 86] la quale ha precisato che nel contratto di locazione «deve essere menzionata la relativa dichiarazione del conduttore». Infatti il regime di imponibilità o di esenzione è correlato ai contenuti detta predetta dichiarazione.

Un ulteriore problema, peraltro affrontato dall'Assonime riguarda il verificarsi sopravvenuto di eventi che, in linea teorica, potrebbero eventualmente dare luogo al mutamento di regime. In particolare viene ad esempio esaminato il caso del locatario che inizialmente è in possesso della qualifica di imprenditore [nota 87], ma che successivamente cessa l'attività. Ci si deve dunque domandare se, a seguito della cessazione dell'attività di impresa (del locatario), i canoni di locazione inizialmente considerati quali operazioni esenti, cambiano regime trasformandosi in operazioni imponibili. L'Assonime fornisce una riposta negativa essendo irrilevanti per «esigenze di certezza e stabilità del rapporto» le vicende sopravvenute negli anni successivi rispetto a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto. Pertanto il locatore dovrà continuare a fatturare le prestazioni in regime di esenzione.

La medesima conclusione vale per le modifiche della percentuale di detrazione. Ad esempio se il contratto di locazione è stipulato in favore di un soggetto che può detrarre l'Iva nella misura limitata del 10 per cento, l'operazione rimane imponibile anche se successivamente la percentuale di detrazione passa al 30 per cento. In senso conforme si è espressa anche l'Agenzia delle Entrate [nota 88] secondo la quale «la percentuale di detrazione del conduttore … , deve essere valutata inizialmente al momento della stipula del contratto di locazione, … ». Occorre tuttavia osservare che in caso di applicazione del pro rata secondo l'Assonime assume rilievo la percentuale di detrazione definitiva. In particolare al momento della stipula del contratto il regime di imponibilità/esenzione dovrà essere determinato facendo riferimento alla percentuale di detrazione provvisoria di cui all'art. 19, comma 5, del D.P.R. 633/1972. Tuttavia, successivamente deve essere comunicata quella definitiva ove essa rilevi per il mutamento della disciplina applicata. Potrebbe infatti essersi verificato che la percentuale di detrazione provvisoria fosse, ad esempio, del 20 per cento, mentre quella definitiva sia aumentata al 30 per cento. In questo caso, almeno con riferimento alla determinazione della percentuale di detrazione definitiva, assume rilevanza un evento sopravvenuto. Pertanto il locatario dovrebbe fornirne comunicazione [nota 89] al locatore anche se la circostanza si verifica successivamente all'anno in cui il contratto di locazione è stato stipulato. Sul punto specifico occorre però osservare come la percentuale di pro rata definitiva riguardi, in realtà, il medesimo anno in cui il contratto è stato stipulato e tecnicamente non si tratta di un evento sopravvenuto. Infatti la percentuale viene determinata una volta chiuso il periodo di imposta, quindi successivamente, solo in quanto il contribuente non è in grado di effettuare i conteggi fin quando l'esercizio non è chiuso e non conosce definitivamente la composizione del volume d'affari realizzato [nota 90]. Tuttavia la percentuale di pro rata determinata definitivamente ha effetto per lo stesso periodo durante il quale il contratto di locazione è stato stipulato. Invece se la percentuale di pro rata (di detrazione) varia successivamente rispetto a tale annualità la circostanza non è di per sé idonea a determinare la variazione del regime di imponibilità o di esenzione. [nota 91]

Nel caso in cui non sussistano le condizioni che determinano l'applicazione del regime di imponibilità sui canoni di locazione, [nota 92] il locatore può comunque optare per l'applicazione dell'Iva. [nota 93] L'Assonime ha precisato che il dominus della scelta è solo il locatore anche se il locatario, tramite la sottoscrizione del contratto, aderisce tacitamente all'opzione. Tale opzione deve essere manifestata chiaramente nello stesso contratto di locazione (cfr. circ. Assonime n. 36) [nota 94].

Le locazioni degli immobili - l'entrata in vigore delle novità

Le nuove regole introdotte dal D.l. 223/2006 trovano applicazione anche per i contratti di locazione stipulati anteriormente alla data del 4 luglio del 2006 [nota 95], purché ancora in corso di esecuzione. Pertanto qualora tali contratti non siano stati in precedenza registrati in quanto aventi ad oggetto operazioni soggette ad Iva [nota 96] le disposizioni prevedono che le parti presentino per la registrazione una dichiarazione che descriva gli elementi essenziali del contratto. Tale registrazione è funzionale all'applicazione dell'imposta di registro [nota 97] per i canoni di locazione riguardanti i periodi successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione. Nell'ambito di questa dichiarazione, ricorda l'Assonime può essere esercitata l'opzione per rimanere nell'ambito del regime di imponibilità con effetto dal 4 luglio scorso. In questo caso viene convalidata l'applicazione dell'Iva avvenuta nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del D.l. 223/2006 e la legge di conversione che ha previsto espressamente la novità dell'opzione [nota 98].

A tal proposito l'Assonime ha correttamente osservato come le disposizioni non prevedano nulla nei casi in cui i contratti di locazione siano stati stipulati e registrati nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del D.l. 223/2006 [nota 99] e quella di entrata in vigore della legge di conversione. Analogamente al caso espressamente disciplinato (indicato in precedenza) non v'è ragione per negare ai locatori la possibilità di esercitare l'opzione [nota 100], già con effetto dalla data di stipula del contratto [nota 101]. Anche in questo caso l'opzione Iva dovrebbe essere esercitata mediante la presentazione della suddetta dichiarazione.

Da ultimo deve essere ricordato che, dopo la conversione in legge del D.l. in rassegna, è stato approvato il decreto del direttore dell'Agenzia delle Entrate concernente le modalità ed i termini entro cui effettuare i predetti adempimenti e versamenti. Le registrazioni dei contratti [nota 102], il versamento dell'imposte di registro e l'eventuale opzione per il regime Iva dovranno essere eseguiti a decorrere dal 1° novembre del 2006 e non oltre il giorno 30 del medesimo mese di novembre.

I contratti di locazione finanziaria

Non sono previste particolarità per i contratti di locazione finanziaria. La disciplina è quella generale sin qui esaminata per i contratti di locazione non finanziaria. Ad esempio, se oggetto del contratto è un immobile ad uso abitativo i canoni di locazione finanziaria saranno esenti da Iva. Invece se il contratto riguarda un immobile accatastato A/10, ed il contratto è relativo ad un soggetto che non può detrarre l'Iva, l'operazione sarà imponibile. In buona sostanza, come ricordato, si applica la disciplina generale già esaminata.

Deve infine ricordarsi che in sede di riscatto di immobile strumentale per natura concesso in locazione finanziaria, l'imposta proporzionale di registro dell'1% pagata sui canoni di locazione può essere portata a scomputo delle imposte ipotecarie e catastali dovute per il riscatto medesimo.


[nota 1] La pubblicazione è avvenuta nel S.O. n. 183/L.

[nota 2] Rispetto alla formulazione originaria del predetto D.l. n. 223/2006.

[nota 3] Ad esempio se un'impresa ha acquistato un immobile rientrante nella categoria catastale A/10 ed effettua la cessione dell'immobile nei confronti di un esercente arte e professione che, solitamente ha la possibilità di considerare in detrazione il tributo, l'operazione deve considerarsi esente ai sensi dell'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 4] In questo modo il legislatore, nel provvedimento di conversione del decreto legge, concede il legittimo affidamento richiesto dalle società di leasing e dalle società immobiliari.

[nota 5] «Non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni». Per l'individuazione dell'esatta portata dell'espressione utilizzata dal legislatore cfr. infra.

[nota 6] Artt. 4 e 5 del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 7] Artt. 2 e 3 del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 8] L'art. 1 del D.P.R. n. 633/1972 prevede «che l'imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni … ». Il requisito territoriale non sarà preso in considerazione in questa sede dandone per scontata, con riferimento agli immobili, la sussistenza.

[nota 9] Tale condizione, in particolare, si verifica quando un soggetto compie con regolarità, sistematicità o ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al raggiungimento di uno scopo (cfr. R.M. n. 550326 del 29 novembre 1988).

[nota 10] Nel caso che ci interessa l'immobile.

[nota 11] Ad esempio, un imprenditore individuale che produce scarpe potrebbe aver acquistato per mero investimento un immobile ad uso di civile abitazione, includendolo nel patrimonio di impresa.

[nota 12] Ovvero dell'arte e della professione.

[nota 13] Che fa riferimento ai beni indicati tra le attività relative all'impresa nell'inventario tenuto a norma dell'art. 2217 del c.c.

[nota 14] A tal proposito deve osservarsi come gli enti non commerciali che esercitano sia attività commerciali, sia istituzionali siano obbligati ai fini delle imposte sui redditi alla tenuta di una contabilità separata delle due attività. Il medesimo obbligo di separazione è previsto ai fini dell'Iva per l'esercizio del diritto alla detrazione di cui all'art. 19-ter del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto dovrebbe essere relativamente agevole verificare se la cessione dei bene posta in essere dall'ente non commerciale sia o meno effettuata nell'esercizio dell'attività d'impresa.

[nota 15] O addirittura inesistenti.

[nota 16] Sul tema cfr. FORTE, «L'imprenditore agricolo: la disciplina Iva delle cessioni dei terreni edificabili», Studio n. 1/2005/T approvato dalla Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato l'11 novembre del 2005.

[nota 17] Il presupposto soggettivo e l'avvenuta cessione dei beni nell'esercizio dell'attività d'impresa.

[nota 18] Che, ove sussistenti in capo al cedente, influiscono sull'applicazione o meno del regime di esenzione di cui all'art. 10 del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 19] Cfr. PORTALE, Imposta sul valore aggiunto, IlSole24Ore Editore.

[nota 20] Infatti l'eredità e l'acquisto da privati sono operazioni escluse dal campo di applicazione dell'Iva.

[nota 21] Cfr. PORTALE, op.cit.

[nota 22] Si consideri, ad esempio, la donazione di un immobile, fino allora utilizzato nell'esercizio di impresa, ad un familiare.

[nota 23] Si tratta dei fabbricati non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (cfr. infra).

[nota 24] In buona sostanza si fa riferimento alla prima formulazione dell'art. 35, comma 8 del D.l. n. 223/2006.

[nota 25] In questo caso, però, il legislatore aveva previsto un'ulteriore condizione affinché tali soggetti potessero assoggettare ad Iva la cessione degli immobili: era necessario, dal momento dell'ultimazione della costruzione, ovvero dall'ultimazione dell'intervento di ristrutturazione, che non fossero trascorsi più di cinque anni. Diversamente le relative cessioni avrebbero dovuto essere considerate, sulla base della disciplina generalizzata di esenzione introdotta dal decreto, quali operazioni esenti.

[nota 26] Ad esempio la qualifica di soggetto passivo Iva dell'acquirente.

[nota 27] In tal senso v. Min. Fin., circ. n. 36 del 21 luglio 1989. Cfr. anche Assonime, circ. n. 36 del 3 agosto 2006 secondo cui sono fabbricati strumentali non suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni «quelli accatastati nei gruppi C (negozi, magazzini), D (opifici, impianti industriali, alberghi) ed E (stazioni per servizi di trasporto, edifici a destinazione particolare) e nella categoria A/10 (uffici)».

[nota 28] Si tratta delle imprese che hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d), ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457.

[nota 29] Con effetto dal 4 luglio del 2006.

[nota 30] Il predetto limite è stato stabilito inizialmente dal decreto in cinque anni, ora, durante la fase di conversione in legge è stato ridotto a quattro anni.

[nota 31] L'Agenzia delle Entrate argomenta l'interpretazione così fornita facendo riferimento all'applicazione del principio di alternatività Iva/Registro, previsto dall'art. 40 del D.P.R. n. 131/1986, «considerato che in entrambe le ipotesi si tratta di operazioni che rientrano nell'ambito di applicazione dell'Iva».

[nota 32] Si tratta, in buona sostanza, di qualsiasi altra impresa che non ha costruito o ristrutturato l'immobile. Rientrano in questa categoria anche le imprese che hanno per oggetto principale o esclusivo l'attività di compravendita. Pertanto se un'impresa, che esercita l'attività di rivendita di beni immobili, effettua la cessione di un immobile ad uso abitativo, l'operazione deve considerarsi esente da Iva.

[nota 33] Oltre al caso esaminato nell'esempio deve considerarsi quanto previsto dall'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972. Secondo tale norma, applicabile esclusivamente ai beni strumentali per natura, il cedente può, nel relativo atto, manifestare espressamente l'opzione per l'imposizione.

[nota 34] Come è noto gli esercenti le professioni sanitarie realizzano, quasi sempre, un volume d'affari completamente esente. Pertanto l'Iva assolta sugli acquisti è completamente indetraibile.

[nota 35] Sarà quindi necessario effettuare delle valutazioni di convenienza. Infatti la permanenza nel regime di imponibilità dà luogo alla possibilità di continuare a considerare in detrazione l'Iva sugli acquisti. Invece l'esenzione della cessione potrebbe determinare una limitazione alla detrazione del tributo.

[nota 36] Rilevano, quindi, come già spiegato, solo le caratteristiche strutturali dell'immobile. Infatti l'oggetto della cessione deve essere un immobile strumentale per natura.

[nota 37] Invece se la medesima cessione è effettuata ad esempio nei confronti di un privato, che non può detrarre l'Iva, l'operazione fuori esce dal regime di esenzione per essere assoggettata ad imposta sul valore aggiunto.

[nota 38] Come d'altra parte risulta testualmente dall'art. 10, n. 8-ter, lett. d) del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 39] Cioè dei cespiti immobiliari «non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni».

[nota 40]Cfr. Commissione Studi Tributari, «Decreto legge sulle liberalizzazioni. Il regime Iva delle cessioni degli immobili e delle locazioni», estensore FORTE, Segnalazione novità n. 268 del 14 luglio 2006, nota 3.

[nota 41] Ovvero da ogni altro bene immobile rientrante nelle categoria catastali B, C, D, E.

[nota 42] Cioè quelli strumentali per natura.

[nota 43] Art. 10, n. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 44] 168 euro, più 168 euro.

[nota 45] E' questa una delle novità più rilevanti del nuovo regime Iva relativo alle cessioni degli immobili dopo le modifiche introdotte dal D.l. n. 223/2006 in rassegna.

[nota 46] Trovando quindi applicazione l'aumento disposto dal D.l. n. 223/2006 convertito dalla legge n. 248/2006.

[nota 47] Non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni.

[nota 48] Che quindi a rigore sarebbero riconducibili all'interno della disciplina di cui all'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 49] Rispetto al momento di ultimazione della costruzione.

[nota 50] Si potrebbe obiettare che la nozione di impresa costruttrice prescinde dall'attività esercitata prevista dall'oggetto sociale. La considerazione è certamente corretta tuttavia il problema in esame riguarda i contribuenti che svolgono "professionalmente" l'attività di costruzione e rivendita dei predetti immobili.

[nota 51] Cioè beni che qualificano l'attività esercitata e, quindi, sono destinati alla vendita.

[nota 52] Nonostante si tratti di beni non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni.

[nota 53] Fabbricati o porzione di fabbricato non «suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni».

[nota 54] A, B, C, D, E ed A/10.

[nota 55] Non si può escludere, però, che alcuni degli immobili in questione non vengano iscritti tra le rimanenze in quanto l'impresa ha inteso effettuare un cambio di destinazione impiegando i fabbricati oggetto di costruzione quali uffici della società. In questo caso non v'è alcun dubbio sull'applicazione della disciplina di cui all'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 56] Oggettivamente strumentali, quindi previste dall'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 57] Evidentemente la circostanza contribuisce a rendere ancor più articolato e, conseguentemente complicato il quadro di riferimento.

[nota 58] Quindi che si trovano nella medesima situazione dei privati consumatori.

[nota 59] In base la predetto art. 19-bis la predetta percentuale di detrazione è determinata in relazione «al rapporto tra l'ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell'anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell'anno medesimo»

[nota 60] Delle operazioni esenti rispetto al volume d'affari.

[nota 61] In questo caso l'Agenzia delle Entrate (cfr. circ n. 27/E cit.) ha chiarito che «la percentuale di detrazione del conduttore, alla quale fare riferimento per stabilire il regime Iva della locazione, deve essere valutata inizialmente al momento della stipula del contratto di locazione, nel quale deve essere menzionata la relativa dichiarazione del conduttore».

[nota 62] Ovvero, nel caso in cui manchi il termine di confronto in quanto si tratta del primo anno in cui viene esercitata l'attività, si farà riferimento ad una percentuale di detrazione calcolata in via presuntiva.

[nota 63] In base al predetto art. 19-bis la predetta percentuale di detrazione è determinata in relazione «al rapporto tra l'ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell'anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell'anno medesimo».

[nota 64] Si tratta delle cessioni di cui siano parte fondi immobiliari chiusi, società di locazione finanziaria, banche e intermediari finanziari.

[nota 65] Imprese costruttrici.

[nota 66] Con le eventuali agevolazioni del caso.

[nota 67] In tal senso FORTE, «Il regime Iva delle cessioni degli immobili e delle locazioni dopo il decreto legge sulle liberalizzazioni», segnalazioni delle novità del settore studi in Cnn Notizie, 14 luglio 2006.

[nota 68] Allorquando si verifichino tutti i presupposti di legge.

[nota 69] Cfr. Studio n. 494-582-590 bis approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 6 giugno 1997.

[nota 70] La cooperativa edilizia deve aver costruito gli immobili oggetto di cessione e non devono essere decorsi più di quattro anni dall'ultimazione della costruzione degli stessi.

[nota 71] Ad esempio laddove la cessione sia effettuata nei confronti di un soggetto privato. In particolare si tratta delle condizioni previste dall'art. 10, n. 8-ter, lett. b), c) e d) del D.P.R. n. 633/1972.

[nota 72] In questo senso, sia pure in relazione al problema concernente le locazioni immobiliari, si è espresso GIULIANI, «Il nuovo regime Iva/Registro nel settore dell'edilizia», Forum Fiscale, settembre 2006, p. 14.

[nota 73] Cfr. A. GAMBETTI e G. GIULIANI, «Il nuovo regime nel settore dell'edilizia», in il fisco, 1996, p. 8255 e ss. Conforme la Commissione Studi Tributari del Consiglio nazionale del Notariato che, con l'approvazione dello studio n. 481-bis, avvenuta in data 21 giugno 1996, ha osservato come la norma in questione non espliciti se nel concetto di fabbricato a destinazione abitativa possano essere compresi gli accessori o le pertinenze di fabbricati a destinazione abitativa «qualora non siano oggetto di contestuale trasferimento con il fabbricato (o porzione di fabbricato) a destinazione abitativa». La Commissione ha dunque ritenuto, sia pure implicitamente, senza particolari dubbi, di poter applicare alle pertinenze, trasferite contestualmente al fabbricato principale, il medesimo trattamento tributario di quest'ultimo. Pertanto se il fabbricato rientra, ad esempio, nella categoria catastale A/2, e la cessione è esente, la medesima disciplina di esenzione deve essere applicata all'autorimessa.

[nota 74] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 23 luglio 1994, n. 6873 e Sez. III, 4 febbraio 1992, n. 1155.

[nota 75] Unita all'abitazione da vincolo pertinenziale.

[nota 76] Né sarebbe possibile, sempre con riferimento alla cantina, optare per l'applicazione dell'Iva.

[nota 77] Per alcuni nozioni basilari del meccanismo della "rettifica della detrazione" cfr. FORTE, «Decreto legge sulle liberalizzazioni. Il regime Iva delle cessioni degli immobili e delle locazioni», segnalazione novità n. 268 del 14 luglio 2006, nota 3.

[nota 78] Si tratta della rettifica della detrazione per cambio di destinazione (ex art. 19-bis 2, comma 3).

[nota 79] La predetta distinzione, come si avrà modo di chiarire, assume rilievo ai fini delle modifiche apportate in sede di conversione (infra).

[nota 80] In questo caso si applica l'imposta di registro in misura fissa in quanto il comma 10, contenuto nell'art. 35, ha modificato l'art. 40 del D.P.R. n. 131/1986 prevedendo in questo caso l'esclusione dall'applicazione dell'imposta proporzionale pari al 2%.

[nota 81] Vale a dire nella sua formulazione, come modificata in sede di conversione in legge del decreto.

[nota 82] Di cui all'art. 10, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972, cioè si tratta di fabbricati non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni.

[nota 83] In pratica dei conduttori.

[nota 84] Come osservato dall'Assonime (Cfr. circ. n. 36 del 3 agosto 2006) si tratta, ad esempio, delle locazioni effettuate nei confronti di banche, assicurazioni, cliniche e più in generale nei confronti di soggetti esercenti professioni sanitarie.

[nota 85] Fatta salva, però, la possibilità del permanere del regime di imponibilità a seguito dell'esercizio di apposita opzione.

[nota 86] Cfr. circ. n. 27/E del 4 agosto 2006

[nota 87] In questo caso, in considerazione del diritto a fruire della detrazione dell'imposta, il regime naturale della locazione dell'immobile è quello di esenzione ferma restando, però, la possibilità di optare per il regime di imponibilità ai fini Iva.

[nota 88] Cfr. circ. n. 27/E del 4 agosto del 2006.

[nota 89] Deve però osservarsi come l'Assonime non fornisca alcuna indicazione circa la forma con cui deve avvenire la predetta comunicazione. L'Agenzia delle Entrate (cfr. circ n. 27/E cit.,) si è limitata a precisare che la dichiarazione iniziale del conduttore deve essere menzionata nel contratto di locazione dove risulterà, evidentemente, l'indicazione della percentuale provvisoria di pro rata. Dovrà quindi essere precisato come effettuare la comunicazione della variazione della percentuale di pro rata definitiva che determina il cambiamento di regime.

[nota 90] Non è in grado di determinare, quindi, l'ammontare delle operazioni imponibili, non imponibili, esenti, ecc.

[nota 91] Come già ricordato rileva, in questo caso, l'anno in cui il contratto di locazione è stato stipulato. Conformi circ. Assonime n. 36 in Rassegna e Circ. n. 27/E emanata dall'Agenzia delle Entrate il 4 agosto 2006.

[nota 92] Ad esempio il locatario detrae l'Iva in misura superiore al 25 per cento.

[nota 93] In questo caso, tramite l'esercizio dell'opzione il locatore si metterebbe al riparo degli effetti negativi che verrebbero a determinarsi in relazione all'esercizio della detrazione che risulterebbe parzialmente compromesso in quanto una parte delle operazioni attive, cioè i canoni di locazione, sarebbe esente da Iva.

[nota 94] Per i contratti in corso l'opzione per il regime di imponibilità dovrà essere effettuata secondo le modalità prescritte con un decreto del direttore dell'Agenzia delle Entrate. In particolare la manifestazione di volontà dovrà essere espressa mediante una comunicazione telematica «secondo le disposizioni e con le modalità tecniche di trasmissione delle dichiarazioni e dei dati concernenti i contratti di locazione e di affitto, di cui al capo III del decreto dirigenziale 31 luglio 1998, e successive modifiche».

[nota 95] Data di entrata in vigore del predetto D.l.

[nota 96] Secondo la previgente disciplina.

[nota 97] Nella misura dell'1 per cento per gli immobili oggettivamente strumentali e nel 2 per cento per le altre tipologie di immobili.

[nota 98] Conforme circ. Agenzia delle Entrate n. 27/E del 4 agosto 2006.

[nota 99] 4 luglio del 2006.

[nota 100] Continuando a rimanere, quindi, nel regime Iva.

[nota 101] Sul punto specifico l'Agenzia delle Entrate non ha fornito alcuna indicazione neppure con la circolare n. 27/E del 4 luglio scorso.

[nota 102] Da eseguirsi esclusivamente mediante modalità telematiche.

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