Problematiche concernenti il trasferimento della c.d. prima casa di abitazione
Problematiche concernenti il trasferimento della c.d. prima casa di abitazione [*]
di Luigi Bellini
Notaio in Bergamo

Breve introduzione

Il presente intervento, considerati la varietà e l'attualità degli altri argomenti trattati nel corso del convegno, si limita, secondo il programma, a sottolineare solo alcune questioni, tra le varie, che manifestano problematiche interpretative concernenti il trasferimento della c.d. "prima casa di abitazione".

La normativa relativa alle c.d. agevolazioni "prima casa" si è andata modificando nel tempo dalla norma istitutiva, l'art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168.

Dalla ratio primaria di favorire l'acquisizione della casa da destinare a propria abitazione, accompagnata dal fine di vivacizzare il mercato immobiliare, anche mediante il recupero del patrimonio esistente, si è giunti a riconoscere con favore l'acquisto di una casa di abitazione, senza obbligo di destinarla a propria abitazione.

La novità più rilevante che evidenzia tale modifica è quella apportata dalla legge di conversione 19 luglio 1993, n. 243, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, portante con la soppressione dell'inciso «nel comune ove è situato l'immobile acquistato e di volerlo adibire a propria abitazione principale», il venir meno dell'obbligo di destinare l'immobile ad abitazione principale.

Con l'attuale normativa solo nell'ipotesi di rivendita nei cinque anni dall'acquisto si evita la decadenza se si riacquista entro l'anno altro immobile «da adibire a propria abitazione principale».

In questo ultraventennale periodo di aggiornamento delle disposizioni ha contribuito anche la giurisprudenza (più che la dottrina) in quanto l'Amministrazione finanziaria ha risposto spesso positivamente ad alcune interpretazioni della stessa, favorendo la modifica delle disposizioni o aderendo ad esse con circolari interpretative.

Soggetti beneficiari

Possono richiedere le c.d. agevolazioni "prima casa" solo le persone fisiche, indipendentemente dalla loro nazionalità, siano, quindi, essi cittadini italiani o stranieri.

La conferma, semmai ce ne fosse bisogno, è nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 38/E. [nota 1]

Per i cittadini extracomunitari, quindi, spetta l'agevolazione, fatta salva la disposizione sulla condizione di reciprocità di cui all'art. 16 delle disposizioni sulla legge in generale.

Per i cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia, ai sensi del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, spetta l'agevolazione, senza alcuna verifica dell'esistenza della condizione di reciprocità.

Nessun dubbio che l'agevolazione si applichi, sussistendo i requisiti, ai minori ed agli incapaci, per i quali le dichiarazioni prescritte dalla norma saranno rese dai loro rappresentanti legali (così la circolare n. 38/E, nella Premessa).

Per il cittadino italiano trasferito all'estero per ragioni di lavoro, l'acquisto può avvenire nel comune in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto (persona fisica o giuridica) da cui dipende.

La circolare n. 1/E, al capo 1, lettera b), afferma: «l'utilizzazione del termine "impresa", seguendo una interpretazione logico-sistematica della norma, comporta l'estensione dell'agevolazione anche all'acquisto effettuato da soggetti dipendenti da datori di lavoro non aventi la qualifica di imprenditore».

Tuttavia, la circolare n. 19/E del 2001, al paragrafo 2.1.2, precisa che: «l'ipotesi in argomento è riferibile al solo rapporto di lavoro subordinato - con esclusione di qualsiasi altra tipologia di rapporto - e che lo stesso può essere instaurato anche con un soggetto che non necessariamente rivesta la qualifica di imprenditore».

Per il cittadino italiano emigrato all'estero non è richiesto che l'immobile sia ubicato in un determinato comune, ma che sia acquistato come "prima casa" nel territorio italiano.

Inoltre, non è richiesto che l'acquirente stabilisca la residenza entro diciotto mesi nel comune in cui è situato l'immobile acquistato. [nota 2]

La circolare n. 38/E nell'affermare che per fruire dell'agevolazione devono ricorrere le condizioni di cui alla lettera b) (assenza di titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge di proprietà o diritti reali vantati su abitazioni nello stesso comune) e c) (novità nel godimento dell'agevolazione) della nota II-bis, fornisce un'interpretazione di apertura relativamente alla condizione che l'immobile sia acquistato come "prima casa" nel territorio italiano, poiché prima di tale circolare si poteva anche ritenere che, interpretando letteralmente la norma, l'acquirente non potesse essere titolare di diritti su qualunque altra abitazione in tutto il territorio nazionale.

Infine, la condizione di "emigrato all'estero" può risultare da certificato di iscrizione all'Aire (anagrafe italiana residenti all'estero), ma anche da autocertificazione dell'interessato resa nell'atto di acquisto ai sensi dell'art. 46, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, recante disposizioni in materia di «dichiarazioni sostitutive di certificazioni». [nota 3]

Il comma 1 dell'art. 66 della legge 21 novembre 2000, n. 342, «Misure in materia fiscale» (c.d. collegato alla finanziaria 2000) prevede che il personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate ad ordinamento militare e quello appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, ha diritto alle c.d. agevolazioni "prima casa", senza che sia richiesta la condizione della residenza nel comune in cui è situato l'immobile e, quindi, senza che si debba dichiarare di voler stabilire la residenza nello stesso comune entro diciotto mesi. Pertanto, i predetti soggetti non devono soddisfare le condizioni di cui alla lettera a) della nota II-bis.

Acquisto di "prima casa" da parte di coniugi

L'attuale normativa considera espressamente i coniugi in due punti: nella lettera b) e nella lettera c) della nota II-bis all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

Nella prima per affermare che è ostativa all'applicazione delle agevolazioni la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l'immobile da acquistare.

Quindi, la contitolarità con altri soggetti che non siano il coniuge non costituisce preclusione; la sola contitolarità con il coniuge, derivi dalla comunione ordinaria o dalla comunione legale, è ostativa all'acquisto.

La norma, pertanto, equipara la titolarità esclusiva dei diritti sul bene alla contitolarità esclusiva con il coniuge, sia in regime di comunione ordinaria che di comunione legale.

Deve trattarsi di contitolarità per l'intero, relativamente ai diritti di proprietà o relativamente ai diritti reali di godimento perché solo con la titolarità per l'intero si ha il possesso per l'intero e la possibilità di utilizzare senza interferenze di terzi l'immobile.

A tale proposito si è interpretata la norma anche dall'Amministrazione finanziaria al paragrafo 2.2.1 della circolare 19/E del 2001 nel senso che ci si riferisce alla piena proprietà, e questo con un'interpretazione logica poiché la nuda proprietà non dà il possesso dell'abitazione che, invece, fa capo all'usufruttuario [nota 4] e con riferimento anche alla lettera della legge che se avesse voluto includere la nuda proprietà tra le cause ostative lo avrebbe fatto, come lo ha fatto nella lettera c).

La disposizione della lettera b) merita un'annotazione: negli atti parlamentari all'esame della Camera dei Deputati, che hanno preceduto la stesura definitiva del testo era scritto «in regime di comunione legale»; pertanto, solo per i coniugi in regime comunione legale avrebbe operato la preclusione; se gli stessi fossero stati in regime di separazione e quindi di comunione ordinaria relativamente all'abitazione, sarebbero stati trattati come gli altri soggetti.

Ma in sede di redazione definitiva si parla di «comunione con il coniuge» espressione che non può ridursi alla sola comunione legale.

Il secondo riferimento ai coniugi è nella lettera c) laddove si stabilisce quale preclusione alla agevolazione la titolarità, anche per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni che si sono succedute nel tempo in materia di "prima casa".

E' evidente che il riferimento al «regime di comunione legale» ed all'acquisto del "coniuge" si intende all'acquisto operato con l'intervento in atto di un solo coniuge in comunione legale, acquisto, quindi, che ope legis è caduto in comunione.

A tale proposito la circolare n. 19/E del 2001, parte seconda, al paragrafo 2.1.3 afferma che il precedente acquisto agevolato effettuato da uno solo dei coniugi in regime di comunione legale è causa di impedimento alla fruizione delle agevolazioni per ambedue i coniugi.

La stessa circolare, inoltre, affermava che l'impedimento sussiste per entrambi i coniugi, anche nel caso in cui uno soltanto dei due risulti titolare esclusivo dei diritti sull'immobile acquistato con agevolazioni ed i coniugi effettuino altro acquisto in regime di comunione legale.

Si è trattato di una prima lettura della norma per la quale l'Amministrazione finanziaria ha successivamente corretto il tiro, anche da ultimo con la circolare 38/E del 2005, ammettendo alla agevolazione per la sua quota il coniuge che non ha goduto dei benefici.

Quest'ultima circolare nel paragrafo 2.1 intitolato "Coniuge in regime di comunione legale", premette le nozioni civilistiche in materia, afferma esattamente che l'acquisto effettuato da un solo coniuge in costanza del regime di comunione legale «riversa ope legis e in ragione della metà i propri effetti giuridici anche a favore dell'altro coniuge».

Inoltre, l'estensore della circolare sostiene che se uno solo dei coniugi possiede i requisiti soggettivi per fruire dell'agevolazione "prima casa" il beneficio sia applicabile nella misura del 50 per cento limitatamente alla quota acquistata dal coniuge in possesso dei requisiti.

Per giungere a tale conclusione la circolare richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 8502 del 26 settembre 1996 che recita: «un beneficio fiscale collegato a requisiti attinenti alla persona dell'acquirente non può essere, in via generale, per il caso di acquisto in comproprietà, riconosciuto o negato per l'intero in ragione della sussistenza o insussistenza di tali requisiti con riferimento a uno o alcuni dei compratori. In carenza di disposizioni che espressamente stabiliscano l'unicità del trattamento tributario si deve fare riferimento all'indicata natura della comproprietà indivisa e quindi si deve accertare per ogni acquirente e in relazione alla sua quota, la presenza o meno dei presupposti dell'agevolazione».

Quindi, secondo la circolare, se uno dei coniugi ha già fruito delle agevolazioni per aver acquistato un immobile prima del matrimonio o in regime di separazione dei beni o come bene personale, l'altro coniuge, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis alla art. 1 della tariffa, può in relazione alla quota a lui attribuita beneficiare dell'agevolazione dell'acquisto in comunione legale della casa di abitazione.

La circolare continua affermando che, se ai fini civilistici non è necessario che entrambi i coniugi intervengano in atto per acquistare una casa di abitazione poiché l'acquisto opera ex lege, ai fini fiscali per ottenere l'agevolazione c.d. "prima casa" sull'intero immobile viene espressamente previsto che entrambi i coniugi devono rendere le dichiarazioni di cui alle lettere b) e c).

Evidentemente, la circolare con la frase «viene espressamente previsto» ha inteso interpretare il sostantivo "acquirente" di cui alle lettere a), b) e c) riferito a entrambi i coniugi, laddove gli stessi siano in comunione legale.

Ma, l'Amministrazione finanziaria avrebbe potuto risolvere il problema affermando che la dichiarazione per il coniuge non intervenuto, poteva essere resa dal coniuge intervenuto, ai sensi dell'art. 180, primo comma del codice civile, trattandosi di atto di amministrazione ordinaria che spetta disgiuntamente ad entrambi i coniugi.

Ed, ultimamente, dal momento che l'Agenzia delle Entrate, proprio con la circolare n. 38/E del 2005 ha riconosciuto la piena validità dell'atto integrativo, non solo per completare le dichiarazioni mancanti dall'atto da assoggettare ad imposta, ma anche per richiedere le agevolazioni «qualora nello stesso non sia stata resa la dichiarazione prescritta dalla legge per avvalersi delle agevolazioni "prima casa"», il coniuge non intervenuto potrebbe, avendo i requisiti, fare le corrispondenti dichiarazioni in un atto integrativo.

Ma, l'Amministrazione finanziaria con la circolare ha risolto, come si è detto, nel modo più semplice il problema dell'acquisto da parte dei coniugi in regime di comunione legale.

Tuttavia, ai sensi dell'art. 177, comma 1 del codice civile, «costituiscono oggetto della comunione gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali»; pertanto, l'acquisto si estende ope legis all'altro coniuge.

Su questo punto vi sono tre posizioni:

- irrilevanza della situazione soggettiva dell'altro coniuge;

- rilevanza relativa della situazione soggettiva dell'altro coniuge;

- rilevanza assoluta della situazione soggettiva dell'altro coniuge.

Cominciando da quest'ultima, si potrebbe dire che la particolarità della comunione legale, in forza della quale l'acquisto, a prescindere dalla provenienza delle risorse (denaro) utilizzate per lo stesso, comporta l'estensione ope legis dell'acquisto all'altro coniuge; conseguentemente, se il coniuge non interveniente in atto non ha i requisiti per godere delle agevolazioni, la sua situazione si estende all'altro coniuge, il quale non può, pur avendo i requisiti, godere delle agevolazioni.

Tale è stata la prima posizione dell'Amministrazione finanziaria che sembra confermata, come già detto, al paragrafo 2.1.3, ultimo periodo, parte seconda della circolare 19/E del 2001.

Ma questa interpretazione è stata superata dalla stessa Amministrazione con la circolare 38/E che riconosce rilevanza relativa alla situazione soggettiva del coniuge che non ha i requisiti, ammettendo alla agevolazione l'altro coniuge nella misura del 50 per cento.

La terza posizione, quella della irrilevanza della situazione soggettiva del coniuge che non interviene in atto e non avente i requisiti per le agevolazioni, appare una tesi che risponde alla lettera della legge ed insieme al principio del favor communionis; il coniuge che non ha i requisiti e che non interviene in atto non è "acquirente" dell'abitazione, ma l'acquista ex lege e non ex contracto. [nota 5]

La lettera c) della nota II-bis stabilisce ostativo alla fruizione dei benefici l'acquisto «anche in regime di comunione legale» di altra casa di abitazione effettuato dallo stesso soggetto «o dal coniuge».

I due incisi, evidentemente, si riferiscono, come già detto, all'acquisto precedente effettuato da un solo coniuge intervenuto in atto e caduto ipso iure in comunione, senza l'intervento dell'altro coniuge, per il quale, come detto, opera la preclusione per un successivo acquisto agevolato.

Quindi, tale disposizione riconosce implicitamente l'estensione al coniuge non intervenuto dell'acquisto agevolato effettuato da un solo coniuge in regime di comunione legale.

L'acquisto effettuato da un coniuge in comunione legale, che interviene da solo in atto, opera, come detto, ope legis in favore della comunione ai sensi dell'art. 177, primo comma, lettera a), codice civile, in cui sono elencati «gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente».

Pertanto, le dichiarazioni per la richiesta delle agevolazioni per l'acquisto dovrebbero essere fatte solo dal coniuge che interviene in atto, con riferimento ai soli suoi requisiti.

Ovviamente, se il coniuge costituito in atto è sfornito dei requisiti, l'acquisto non può godere delle agevolazioni, non potendo lo stesso rendere le dichiarazioni di cui alla nota II-bis.

La Corte Costituzionale ha affermato che la comunione legale è una particolare forma di comproprietà solidale dei coniugi, i quali, diversamente dalla comunione ordinaria non sono titolari di quote, ma solidalmente, di beni comuni (311/1988, Diritto di famiglia e delle persone).

I beni acquistati dai coniugi diventano di regola, di proprietà comune, pure se acquistati da uno solo di essi, e con mezzi propri, a prescindere da qualsiasi contemplatio dell'altro coniuge o della "spendita" del nome della comunione (Cassazione, 8341/1995).

La Corte di Cassazione [nota 6] ha precisato che «l'acquisto della comproprietà di un bene da parte dei coniugi in forza dell'articolo 177 del codice civile si differenzia ontologicamente dall'acquisto in comunione dello stesso bene; e colui che diviene proprietario di metà del bene - rectius, comproprietario del bene - a seguito di un atto compiuto dal coniuge - presumibilmente con denaro proprio - , non è "acquirente" del bene stesso, ma lo riceve per volontà della legge. Di conseguenza non è tenuto al possesso dei requisiti posti dalle disposizioni sulle agevolazioni tributarie "prima casa"».

Tale soluzione permetterebbe di estendere i benefici al coniuge non intervenuto in atto, che, diversamente, anche per la particolare situazione soggettiva del coniuge acquirente relativamente alla diversa residenza, potrebbe non avere i requisiti, allorché l'altro coniuge in regime di comunione legale acquisti:

- nel luogo in cui svolge la propria attività;

- se trasferito all'estero per ragioni di lavoro nel luogo in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende;

- se cittadino emigrato all'estero, nel territorio italiano;

- se facente parte del personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate ad ordinamento militare o quello appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, in qualsiasi comune a prescindere dalla residenza.

Tale tesi, inoltre, estenderebbe l'acquisto di abitazione in comunione legale con agevolazione anche qualora il coniuge non intervenuto:

sia titolare esclusivo nello stesso comune dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione;

abbia in precedenza acquistato prima del matrimonio o in regime di separazione di beni o come bene personale diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, e nuda proprietà su altra casa di abitazione, su tutto il territorio nazionale, avvalendosi delle agevolazioni c.d. "prima casa".

Ed a chi contesta tale interpretazione si può opporre che solo apparentemente è violato il dettato normativo relativo alle condizioni, come si ritiene di aver dimostrato, mentre diversamente, anche a prescindere dal favor communionis, se i coniugi fossero in regime di separazione di beni potrebbero acquistare ciascuno separatamente un'abitazione nello stesso comune con le agevolazioni, anche in tempi successivi.

D'altra parte, le ragioni del Fisco sarebbero fatte salve dal momento che successivamente, anche per il coniuge non intervenuto, opererebbe la preclusione di cui alla lettera c) della nota II-bis.

Ma, dal punto di vista pratico, poiché il Notaio con la registrazione telematica dell'Unico è responsabile della registrazione e l'Agenzia delle Entrate seguirà le indicazioni di cui alla circolare 38/E, appare opportuno aderire ad essa; l'interessato, se ritiene valida l'ultima tesi, può presentare istanza di rimborso e in caso di rigetto iniziare un eventuale contenzioso.

Pertinenze

Già la circolare n. 29/1982 - parte 16, affermava: «rimane fermo il principio in base al quale i locali classificati come accessori o pertinenze (posti auto, box, cantine, ecc.), seguono il trattamento tributario del bene principale».

Quindi, l'Amministrazione finanziaria, seguendo l'indirizzo prevalente sotto la normativa della legge 2 luglio 1949, n. 408, con la risoluzione della Direzione generale tasse n. 240230 del 25 ottobre 1983, ha riconosciuto l'applicabilità delle agevolazioni alle pertinenze, anche sotto il vigore della precedente normativa che non le considerava espressamente, pronunciandosi in tal senso con la successiva circolare 2 marzo 1994 n. 1/E, al capo I, al paragrafo 4, n. 3.

Il comma 3 della nota II-bis riconosce le agevolazioni per la "prima casa" sussistendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) per l'acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze dell'immobile di cui alla lettera a).

Lo stesso comma recita testualmente che «sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell'acquisto agevolato».

Evidentemente, vi può essere una sola pertinenza per categoria, ma non vi è limite alla dimensione della pertinenza; ad esempio, una pertinenza categoria C/6 (garage) può contenere anche più autovetture.

La circolare n. 19/E del 2001, parte seconda, paragrafo 2.2.2 afferma: «dal richiamo alla lettera a), nella quale sono dettate le condizioni per l'applicazione dell'agevolazione all'immobile acquistato, consegue la esclusione dal beneficio delle pertinenze relative ad un immobile acquistato in regime ordinario».

Più propriamente, forse, si sarebbe potuto dire che la ragione è nell'ultimo inciso del comma 3 della nota II-bis che pone come condizione che le pertinenze «siano destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell'acquisto agevolato».

La stessa circolare precisa che l'agevolazione è applicabile quando il bene pertinenziale acquistato con atto separato costituisce pertinenza di una casa di abitazione ceduta da un'impresa costruttrice senza applicazione della specifica aliquota Iva ridotta prevista per la "prima casa", cioè, prima del 22 maggio 1993, qualora il proprietario dell'abitazione dimostri che al momento dell'acquisto dell'abitazione era nella situazione richiesta per usufruire dell'agevolazione c.d. "prima casa".

La circolare n. 38/E, al paragrafo 7, premette la nozione sulla pertinenza ex art. 817 del codice civile il quale stabilisce che sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa (presupposto oggettivo) e che la destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima (presupposto soggettivo).

Conferma che ai sensi dell'art. 818, se non è diversamente disposto, alle pertinenze si applica lo stesso regime stabilito per la cosa principale.

L'estensore, inoltre, afferma che il principio civilistico trova applicazione anche ai fini fiscali per il disposto dell'art. 23, comma 3, del D.P.R. 131/1986 , per il quale «le pertinenze sono in ogni caso soggette alla disciplina prevista per il bene a cui servizio o ornamento sono destinate».

Si conferma che la disposizione, il primo periodo del comma 3 della nota II-bis, stabilisce che le agevolazioni, sussistendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) spettano per l'acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze dell'immobile di cui alla lettera a).

Si ripete che «sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente a una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (cantine, soffitte, magazzini), C/6 (autorimesse, rimesse, scuderie) e C/7 (tettoie chiuse o aperte), che siano destinate di fatto in modo durevole a servizio della casa di abitazione oggetto dell'acquisto agevolato».

Ma, a questo punto, l'Amministrazione finanziaria compie un salto, posponendo l'avverbio "limitatamente" per affermare: «l'agevolazione in esame, quindi, si applica limitatamente a ciascuna pertinenza classificata nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 … », interpretando l'espressione della norma in senso tassativo ed escludendo, quindi, anche i terreni pertinenziali che non siano "graffati".

Quindi, la circolare n. 38/E al paragrafo 7.2 limita il concetto di pertinenza di area stabilendo che ai fini dell'agevolazione fiscale un'area "non graffata" all'immobile agevolato, che sia autonomamente censita al catasto terreni, non può considerarsi "pertinenza" di fabbricato urbano, anche se durevolmente destinata al servizio dello stesso.

Si afferma che per godere della agevolazione le "aree scoperte" pertinenziali così classificabili ai sensi dell'art. 817 c.c. devono risultare censite al catasto urbano unitamente al bene principale.

Ne discende che esse devono essere comprese nella stessa scheda dell'unità abitativa. [nota 7]

Pertanto, l'area urbana iscritta autonomamente al catasto dei fabbricati, di pertinenza dell'abitazione, non è agevolabile.

Tale è la chiusura e la presa di posizione della circolare.

Ma, la struttura della disposizione, composta di un primo e di un secondo periodo e la lettura del secondo, che inizia con le parole «sono ricomprese tra le pertinenze», ci dice che l'elencazione è esemplificativa e non esaustiva.

Conferma, invece, all'interpretazione della non tassatività dell'elencazione è nella legge 13 maggio 1999, n. 133 (Collegato fiscale) che, all'art. 18, comma 5, con riferimento al reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e alle sue pertinenze recita testualmente: «sono pertinenze le cose immobili di cui all'art. 817 del c.c. classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole al servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche».

Quindi, pertinenza potrà essere un giardino o un'area scoperta. Se pertinenza è un'area scoperta ci si chiede se aldilà di una certa superficie si possa sempre parlare di pertinenza. Considerato quanto si è detto in merito al regime civilistico e fiscale delle pertinenze, la superficie non dovrebbe incidere sul rapporto pertinenziale.

Tuttavia, si ricorda che ai fini della determinazione delle caratteristiche delle abitazioni di lusso, il decreto ministeriale 2 agosto 1969, all'art. 2 stabilisce che sono considerate di lusso le abitazioni realizzate su aree per le quali gli strumenti urbanistici adottati od approvati, prevedono una destinazione con tipologia edilizia di case unifamiliari e con la specifica prescrizione di lotti non inferiori a 3.000 mq. ed all'art. 5, che sono considerate di lusso le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchina) ed aventi come pertinenza un'area scoperta di oltre sei volte l'area coperta.

Nel D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ("Approvazione del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano") all'art. 51 si parla di «unità immobiliari alle quali siano annesse aree formanti parti integrante di esse»; in questo caso, dal punto di vista civilistico e fiscale siamo fuori dal rapporto pertinenziale, trattandosi di area che ha perso la propria individualità e che costituisce con l'abitazione un immobile unitariamente considerato.

Nell'art. 56, lettera f) si parla di: «Aree scoperte o altre dipendenze annesse all'uso dell'unità immobiliare»; anche in questo caso si ritiene che si sia nel concetto di unitarietà dell'immobile.

Invece, il rapporto tra pertinenza e cosa principale è un rapporto di complementarietà funzionale economico-giuridica, nell'ambito del quale la prima non perde la propria individualità. [nota 8]

Ma, per lo più gli uffici fiscali non hanno applicato la norma a categorie diverse da quelle indicate.

In effetti, con la nota prot. 4495, del 24 aprile 2001, l'Ufficio Fiscalità del Ministero, escludeva tra le pertinenze agevolabili il terreno censito al Nuovo catasto terreni, sia pure legato da un nesso di pertinenzialità all'immobile agevolato, poiché, sosteneva che il D.M. 2 agosto 1969, «prende in considerazione soltanto i parchi, le aree libere, non i fondi coltivati o coltivabili».

La Direzione generale delle entrate per la Toscana [nota 9] affermava che il «comportamento tenuto dall'Ufficio del registro di Aulla, che ritiene non agevolabile l'acquisto di pertinenze diverse da quelle sopra indicate - cioè classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 - quali corti, giardini, terreni o altro si appalesa corretto».

L'Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di Trento [nota 10] ha affermato che l'elencazione ha carattere tassativo, per escludere l'agevolazione ad un terreno pertinenziale.

Ma, la Direzione regionale delle entrate per la Liguria si è pronunciata in senso opposto. [nota 11]

Richiamando precedenti risoluzioni e circolari ministeriali, il predetto ufficio ha ritenuto che la corte di fabbricato rurale o il giardino di appartamento costituiscono pertinenze del bene principale acquistato e, pertanto, devono essere ammesse allo stesso trattamento fiscale, purché risulti espressamente in atto il rapporto di pertinenzialità.

«L'eventuale autonomo accatastamento dei detti beni al Ct oppure al Nceu - recita la nota - non incide sul rapporto pertinenziale, né può farlo venir meno, tanto è vero che anche il box o garage, bene normalmente pertinenziale, possiede una propria e autonoma rendita catastale. Il rapporto pertinenziale potrà eventualmente essere messo in discussione e contestato solo in presenza di beni che per dimensione e valore, siano difficilmente classificabili come "accessori": per questi è opportuno darne, in atto, una precisa descrizione ed indicarne il valore».

Bisogna ricordare che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5755 del 16 marzo 2005 ha statuito che l'area che costituisce "di fatto" pertinenza di un fabbricato non è soggetta all'Ici, come area edificabile, anche se autonomamente iscritta al Catasto.

La pertinenza non deve necessariamente essere nello stesso edificio dell'abitazione, né nello stesso isolato, né nella stessa strada.

Né la norma, così interpretata, si presterebbe a facili elusioni, dal momento che esiste sempre la limitazione di una sola pertinenza per ciascuna categoria catastale.

La circolare 38/E afferma che l'agevolazione si applica alla pertinenza, anche se situata in prossimità dell'abitazione principale e che «non si applica qualora la pertinenza non possa essere oggettivamente destinata in modo durevole a servizio od ornamento dell'abitazione principale, circostanza» che normalmente ricorre, ad esempio, qualora il bene pertinenziale è ubicato in un punto distante o addirittura si trovi in cui comune diverso da quello dove è situata la "prima casa".

Ci si chiede se acquistata una abitazione con agevolazione mediante atto a titolo oneroso possa successivamente acquistarsi una pertinenza con agevolazione mediante successione o donazione (ex art. 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342).

Non sembra che vi siano motivi per non ritenere possibile l'operazione.

Le preclusioni di cui alle lettere b) e c) della nota II-bis riguardano altra abitazione ed il comma 3 della stessa nota ammette l'acquisto, anche con atto separato di pertinenze.

Ci si chiede anche se acquistata un'abitazione con le agevolazioni di cui all'art. 69, possa acquistarsi una pertinenza con le agevolazioni mediante atto a titolo oneroso.

Non sembra che non sia possibile, soprattutto in questa seconda ipotesi in cui l'acquisto a titolo oneroso segue l'acquisto a titolo gratuito, ipotesi, per quanto concerne l'abitazione, espressamente ammessa dalle circolari n. 44/E del 2001 e n. 38/E del 2005.

Tuttavia, in entrambi i casi, il Fisco potrebbe opporre che l'abitazione è stata oggetto di acquisto agevolato, in forza di norma diversa da quella richiesta per la pertinenza.

Nella circolare n. 38/E, al paragrafo 7.1 l'Amministrazione finanziaria ammette espressamente l'acquisto agevolato della pertinenza anche con atto successivo, nell'ambito della stessa norma agevolativa (l'art. 69, comma 3, della legge n. 342/2000).

Pertinenza acquistata con atto separato

1 Il precedente acquisto della "prima casa" deve essere stato "agevolato". Se l'acquisto precedente non è stato agevolato, l'acquisto della pertinenza non può avvenire con le agevolazioni. [nota 12]

2 Le condizioni di cui alle lettera a), b) e c) devono ricorrere con riferimento al bene principale, giusta la lettera della legge che recita: «sussistendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c)»; si ritiene che le predette condizioni devono sussistere anche nel momento successivo in cui si acquista la pertinenza;

3 Si ritiene che il possesso di pertinenze acquistate in regime ordinario non è di ostacolo alla richiesta di agevolazioni nell'acquisto di pertinenze della stessa categoria catastale;

4 Con un'interpretazione di apertura da parte dell'Amministrazione finanziaria, la stessa nella circolare n. 19/E del 2001, parte seconda, paragrafo 2.2.2, ha stabilito che l'agevolazione spetta anche se il bene acquistato costituisce pertinenza di una casa di abitazione «ceduta da impresa costruttrice con Iva ridotta, senza espressa richiesta di agevolazioni e, cioè, prima del 22 maggio 1993, data in cui è stata soppressa l'applicazione dell'aliquota del 4 per cento prevista per tutte le cessioni di abitazioni effettuate da costruttori ed è stata limitata alle sole cessioni "prima casa". In quest'ultima ipotesi il proprietario dell'abitazione deve dichiarare nell'atto di acquisto della pertinenza che al momento dell'acquisto dell'abitazione si trovava nelle condizioni per usufruire delle agevolazioni». Sempre la circolare 19/E richiede la dichiarazione in atto e la documentazione su richiesta degli uffici. Per l'applicazione delle agevolazioni è necessario avere presente le norme che si sono susseguite nel tempo relativamente alle agevolazioni c.d. "prima casa". [nota 13]

5 E' ovvio che, se l'acquisto della pertinenza avviene con atto separato, è opportuno che nell'atto risulti la destinazione di detto immobile al servizio dell'abitazione già acquistata dal contribuente.

Agevolazioni nelle successioni e donazioni

L'art. 69 della legge 21 novembre 2000, n. 342 - Collegato alla finanziaria 2000 -, rubricato "Norme in materia di imposta sulle successioni e sulle donazioni" ha profondamente innovato il D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, precedendo di quasi un anno la legge 18 ottobre 2001, n. 383, che, a sua volta, ha soppresso l'imposta sulle successioni e donazioni. [nota 14]

Con la legge n. 342/2000 veniva ridotta notevolmente l'imposizione fiscale sulle successioni e donazioni, con l'abrogazione dell'art. 4 della Tariffa allegata al D.lgs. n. 346/1990, fissando le aliquote, non in relazione a scaglioni di valore con aliquote crescenti, ma a percentuali differenziate a seconda del rapporto di parentela.

Veniva eliminata anche l'imposta sul valore globale dell'asse ereditario.

Si stabiliva, inoltre, una franchigia sulla parte di valore fino a 350.000.000 di lire (ora 180.759,91 euro) per ciascun beneficiario, oppure un miliardo di lire (ora 516.456,90 euro) se il beneficiario fosse un discendente in linea retta minore di età o portatore di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Oltre altre modifiche che non interessano l'argomento in esame, il comma 3, dell'art. 69, ha stabilito per le imposte ipotecaria e catastale la misura fissa per i trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso e per la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, derivanti da successioni o donazioni, quando, in capo al beneficiario ovvero, in caso di pluralità di beneficiari in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione dall'art. 1, comma 1, quinto periodo della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131.

La disposizione, pertanto, ha introdotto le c.d. agevolazioni "prima casa" nelle successioni e donazioni, relativamente alla predette imposte.

Rimaneva, invece, invariata la misura dell'imposta di donazione e successione, che, peraltro, per chi era legato da stretti vincoli di parentela con il dante causa, e cioè, il coniuge, gli ascendenti e i discendenti, era già contenuta nella misura del 3 per cento per le donazioni e del 4 per cento per le successioni, oltre l'applicazione della franchigia.

Con la disposizione veniva integrato implicitamente il D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e, precisamente, per l'imposta catastale l'ultimo inciso del comma 2 dell'art. 10, e, per l'imposta ipotecaria l'ultimo inciso della nota all'art. 1 della Tariffa.

La disposizione in commento, lodevole per l'intento manifestato dal legislatore di estendere le c.d. agevolazioni "prima casa" ai trasferimenti per successioni e donazioni, ha creato notevoli problemi applicativi.

Si è portati ad interpretare la norma alla luce del sistema previsto per i trasferimenti a titolo oneroso, ma la cosa non è semplice. Alcune soluzioni possono non essere appaganti.

La difficoltà nasce dalla previsione normativa che, in caso di più beneficiari della successione o della donazione è sufficiente che «in capo ad almeno uno di essi sussistano i requisiti e le condizioni per l'acquisto della "prima casa». [nota 15] L'inciso appena evidenziato non permette di rifarsi semplicemente alla logica della precedente agevolazione. Si è costretti in relazione a tale previsione ad interpretare autonomamente la novella.

Reiterabilità delle agevolazioni

La disposizione in commento richiama i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto di prima abitazione dall'art. 1, comma 1, quinto periodo, della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, requisiti e condizioni che sono elencati nella nota II-bis al predetto articolo.

Condizione ostativa secondo la lettera c) è che l'acquirente - nel caso nostro, il beneficiario - dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all'articolo 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168, all'articolo 2 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, all'articolo 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415, all'articolo 5, commi 2 e 3, dei decreti legge 21 gennaio 1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio 1992, n. 293, all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 luglio 1992, n. 348, all'articolo 1, commi 2 e 3 , del decreto-legge 24 settembre 1992, n. 388, all'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 novembre 1992, n. 455, all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, e all'articolo 16 del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243.

Quindi, dall'interpretazione letterale della norma deriva che il soggetto che abbia già usufruito delle c.d. agevolazioni "prima casa" in occasione di un acquisto a titolo oneroso, e sia ancora titolare dell'immobile acquistato, non può invocare le agevolazioni per un acquisto a titolo gratuito.

Questo vale anche per l'acquirente con atto a titolo gratuito, che essendo estraneo ed avendo acquistato un immobile di valore superiore alla franchigia, abbia avuto tassato l'acquisto, come acquisto a titolo oneroso ex art. 13, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

Tale interpretazione è confermata dalla circolare n. 38/E del 2005.

Di converso il contribuente che abbia goduto delle agevolazioni per un acquisto a titolo gratuito, può effettuare successivamente un acquisto con le agevolazioni a titolo oneroso, poiché l'acquisto precedente non è stato effettuato utilizzando le agevolazioni di cui alle norme surriportate, ma le agevolazioni di cui all'art. 69, comma 3, della legge n. 342/2000.

E' quanto affermato anche dalla circolare n. 44/E: «l'agevolazione in argomento non preclude la possibilità, in sede di successivo acquisto a titolo oneroso di altra abitazione, di fruire dei benefici previsti dall'art. 1, comma 1, quinto periodo, della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, per la diversità dei presupposti che legittimano l'acquisto del bene in regime agevolato».

Pur essendo condivisibile la conclusione della circolare, la giustificazione della reiterazione dell'agevolazione per l'eventuale successivo acquisto a titolo oneroso è da ricercarsi nel citato testo della lettera c) della nota II-bis e non solo in una "diversità di presupposti".

Ovviamente in occasione di un successivo atto "tra vivi" a titolo oneroso devono comunque sussistere anche i requisiti della lettera b) della nota II-bis e cioè il contribuente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare.

La circolare, invece, esclude che i soggetti che hanno usufruito già dell'agevolazione in occasione di un acquisto a titolo gratuito possano godere nuovamente della stessa agevolazione, a meno che non acquistino altre quote dello stesso bene.

Non si comprende tale preclusione che non si ricava dalla lettera della legge.

Quanto detto vale per il soggetto richiedente le agevolazioni.

I "beneficiari indiretti" (chiamati anche "beneficiari per estensione") non possono rinunciare all'agevolazione, la conseguono automaticamente e necessariamente e, pertanto, per essi non esistono preclusioni in ordine alla richiesta successiva da parte loro delle agevolazioni, sia nel caso di acquisto a titolo gratuito, che nel caso di acquisto a titolo oneroso.

Decadenza dalle agevolazioni e gli effetti della richiesta delle agevolazioni per i "beneficiari indiretti"

Dall'esame della norma agevolativa risulta che vi possono essere due categorie di soggetti: gli "interessati richiedenti" l'agevolazione che sono in possesso dei requisiti e delle condizioni richiesti e che rendono le relative dichiarazioni e gli altri soggetti "beneficiari indiretti", non richiedenti le agevolazioni o per i quali possono non sussistere i requisiti e le condizioni e che vengono chiamati anche "beneficiari per estensione".

La circolare 7 maggio 2001, n. 44/E, dell'Agenzia delle Entrate afferma testualmente che: «gli effetti della dichiarazione resa da "almeno uno" dei beneficiari in possesso dei requisiti previsti dalla disposizione in commento si estendono anche agli altri soggetti, ancorché questi non chiedano espressamente l'agevolazione c.d. "prima casa"».

La circolare precisa e conferma che gli "altri soggetti" possono non avere i requisiti. Quindi, se la "situazione" degli "altri soggetti" è irrilevante in sede di applicazione dei benefici, continua ad essere irrilevante anche in fase di mantenimento degli stessi.

Conseguentemente, per i "beneficiari indiretti" non vi è alcuna preclusione per la richiesta da parte loro delle c.d. agevolazioni "prima casa" in occasione di acquisti successivi, sia per atto a titolo gratuito, sia per atto a titolo oneroso.

Il secondo periodo del comma 4 dell'art. 69 prevede che «nel caso di decadenza dal beneficio o di dichiarazione mendace si applicano le sanzioni previste dal comma 4 della citata nota II-bis».

Il legislatore usa l'espressione «nel caso di decadenza dal beneficio o di dichiarazione mendace», anziché quella di cui al comma 4 della nota II-bis che recita: « … in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto … ».

Si è osservato che si possono dare alla diversa formulazione della norma due interpretazioni. [nota 16]

La prima si rifà ad un criterio meramente letterale: secondo essa si applicano le sanzioni di cui al comma 4 della nota II-bis, ma le violazioni sono quelle specificamente indicate con l'espressione «decadenza dal beneficio o dichiarazione mendace».

Pertanto, si potrebbe affermare che la decadenza operi solo in caso di assenza di dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è situato l'immobile nei diciotto mesi dall'acquisto, ai sensi dell'ultimo periodo della lettera a) della nota II-bis, e non per rivendita nel quinquennio, e che il mendacio riguardi le dichiarazione sull'esistenza delle condizioni e dei requisiti fatte dall'interessato.

Il mancato adempimento dell'intento di stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l'immobile acquistato sicuramente non costituisce mendacio e, quindi, non rientrerebbe fra le cause di decadenza dalle agevolazioni.

Ma secondo l'Amministrazione finanziaria anche tale ipotesi costituisce dichiarazione mendace e, pertanto, comporta decadenza.

La seconda interpretazione, che si inserisce nel sistema delle disposizioni sulla "prima casa", fa pensare che la norma sia stata dettata da una fretta redazionale.

Il legislatore, invece di ripetere integralmente la disposizione precedente o di richiamarla semplicemente con l'espressione «si applicano in ogni caso le disposizioni di cui al comma 4 della citata nota II-bis … », o altra equipollente, avrebbe effettuato un richiamo atecnico, riassumendone e riducendone il contenuto.

L'Amministrazione finanziaria con la circolare n. 207 del 2000 [nota 17] ha espressamente affermato: «come previsto dal comma 4 della richiamata nota II-bis, il contribuente decade dal beneficio qualora rivenda l'immobile oggetto di agevolazione prima che siano decorsi cinque anni dalla data di acquisizione».

Da tale interpretazione sorgono difficoltà applicative.

Infatti, se il richiamo al comma 4 deve intendersi integrale, bisogna ricordare che la disposizione prevede che in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale, nella misura ordinaria, nonché una soprattassa (ora sanzione amministrativa) pari al 30 per cento delle stesse; se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate presso cui sono stati registrati gli atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima.

La norma continua affermando che sono dovuti gli interessi di mora di cui al comma 4 dell'art. 55 del D.P.R. n. 131/1986, e che le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici proceda all'acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Per quanto concerne gli "altri beneficiari", per essi non si può verificare l'ipotesi di dichiarazione mendace o l'assenza di dichiarazione di intento di trasferire la residenza nel comune ove è situato l'immobile ed il mancato trasferimento, ipotesi che sono proprie del solo "beneficiario richiedente".

Ma cosa succede in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito prima del decorso di cinque anni dall'acquisto?

Esso può provenire oltre che dall' "interessato" per la sua quota o per il suo diritto, anche dagli altri "beneficiari indiretti".

Per il "beneficiario interessato", salvo il riacquisto di altra abitazione entro un anno, si verifica sicuramente la decadenza relativamente alla sua quota o al suo diritto.

Ma, sotto tale aspetto si manifesta la singolarità dell'agevolazione, che in un certo senso oltre che essere soggettiva, con riferimento alle condizioni ed ai requisiti del soggetto richiedente, è anche oggettiva, con riferimento all'immobile agevolato.

Conseguentemente, si potrebbe ritenere che se il beneficiario interessato effettua una dichiarazione mendace o non manifesta l'intento di stabilire la residenza nel Comune ove è situato l'immobile o non vi si trasferisce o trasferisce a titolo oneroso o gratuito il suo diritto, decade per l'intero acquisto agevolato.

Di contro, per gli altri, i "beneficiari per estensione", che hanno goduto automaticamente dell'agevolazione, senza la loro volontà, e senza possibilità di rinunciarvi, si ritiene che non sussista l'obbligo di conservare il diritto o la quota di proprietà sull'immobile per cinque anni a pena di decadenza, altrimenti questi soggetti verrebbero penalizzati per un comportamento di altri.

Qualcuno potrebbe essere indotto a ritenere che poiché i "beneficiari indiretti" si sono pur sempre giovati di una tassazione ridotta, in caso di trasferimento nel quinquennio da parte loro della loro quota o del loro diritto, dovrebbero essere tenuti a corrispondere le imposte ipotecaria e catastale in misura ordinaria, perché da tale recupero non riceverebbero alcun danno; pagherebbero ciò che avrebbero versato prima se il "beneficiario interessato" non avesse richiesto le agevolazioni.

Non essendo, però, a loro imputabile il ritardo nel pagamento delle imposte, non sarebbero, comunque, tenuti a corrispondere gli interessi di mora e la sanzione amministrativa.

D'altra parte all'applicazione di quest'ultima vi osterebbero anche gli artt. 2, comma 2, e 5 comma 1, del D.lgs., 18 dicembre 1997, n. 472, sulle disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per i quali «la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o ha concorso a commettere la violazione» e «nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione o omissione cosciente o volontaria, sia essa dolosa o colposa», nonché l'art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 202, per la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma.

Ai sensi del comma 4 della nota II-bis del D.P.R. 131/1986 la decadenza per rivendita non opera se il contribuente entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici, procede all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Il riacquisto può riguardare diritto diverso da quello precedente, quindi, indifferentemente piena proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione, e proprietà superficiaria, per un prezzo anche minore di quello riscosso in occasione della precedente cessione, se effettuata a titolo oneroso.

Si ritiene che il riacquisto possa riguardare anche quota di diritto di casa di abitazione, purché il contribuente, come nel caso di acquisto di nuda proprietà, sia in condizione di provare che adibisce l'immobile a propria abitazione principale. Il riacquisto può riguardare un immobile per il quale non vengono richiesti i benefici; infatti, la norma non richiede un riacquisto agevolato.

Ci si chiede se il riacquisto possa essere a titolo di donazione. La lettera della legge non sembra escluderlo, in quanto parla di «acquisto di altro immobile» senza ulteriore specificazione.

L'Amministrazione finanziaria, però, nella circolare n. 6/E, del 26 gennaio 2001, ha affermato che il mancato riacquisto a titolo oneroso dell'immobile da parte del contribuente configura l'ipotesi di decadenza, in quanto la causa di esclusione dalla decadenza trova giustificazione nell'investimento per acquistare un nuovo immobile "prima casa" da adibire a propria abitazione principale.

Ma, tale giustificazione non appare logica, dal momento che il trasferimento che determina la decadenza può essere non solo a titolo oneroso, e, quindi, portare ad una riscossione di corrispettivo da reinvestire, ma anche a titolo gratuito. [nota 18]


[*]La presente relazione riprende argomenti già trattati dall'autore ed in parte precedentemente pubblicati.

Vedi BELLINI «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa". Il punto alla luce delle circolari ministeriali», il fisco, 2006, 18, 1, p. 2695.

[nota 1] Circolare dell'Agenzia delle Entrate 38/E del 12 agosto 2005 sulle «Agevolazioni fiscali per l'acquisto della c.d. "prima casa" - Articolo 1, tariffa, parte prima, nota II-bis, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131», il fisco, 2005, 32, 2, p. 5076.

[nota 2] Così la circolare n. 19/E dell'1 marzo 2001, nello stesso paragrafo 2.1.2 e la circolare n. 1/E del 2 marzo 1994, capitolo I, paragrafo 2, lettera b).

[nota 3] Così la circolare n. 38/E, al paragrafo 1.

[nota 4] Questa interpretazione è confermata dalle circolari n. 1/E del 1984 al capitolo I, paragrafo 4.6, e n. 38/E del 2005, paragrafo 2.2.

[nota 5] In tal senso la Corte di Cassazione - Sezione Tributaria nella sentenza del 28 ottobre 2000, n. 14237.

[nota 6] Corte di Cassazione, Sez. Trib., sentenza del 28 ottobre 2000, n. 14237, in il fisco, n. 3, 2001, 1, p. 665.

[nota 7] Tale interpretazione è stata confermata dalla risoluzione n. 32/E del 16 febbraio 2006 dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale normativa e contenzioso, in Corr. Trib., 12, 2006, p. 968, con nota critica di BELLINI.

[nota 8] Così lo studio n. 51/99/T della Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato del 21 giugno 1999 "Pertinenze e prima casa", relatore BELLINI.

[nota 9] Con nota 14 maggio 1999 prot. 99/1/27112 - 4/99/RP.

[nota 10] Nella nota 27 settembre 2001, in Guida Normativa, n. 174 del 27 settembre 2001.

[nota 11] Con prot. 556 del 7 gennaio 1998.

[nota 12] Conforme la circolare n. 19/E del 2001, parte seconda, paragrafo 2.2.2; appare isolata la risalente decisione della Commissione Tributaria di I grado di Milano (Sez. XIX n. 151, del 27 marzo 1995, il fisco, n. 38, 1995, p. 9444) che affermava che «i benefici riconosciuti per l'acquisto della prima casa dalla legge 22 aprile 1982, n. 168, possono essere estesi a coloro che con atto separato acquistano, successivamente alla data di entrata in vigore della citata legge, un bene pertinenziale (nel caso di specie un box) ad un appartamento acquistato in un momento in cui non esistevano ancora le norme agevolative in parola».

[nota 13] Per un riepilogo delle stesse si rinvia all'appendice, contenente le «Condizioni richieste dalle leggi succedutesi nel tempo per le c.d. agevolazioni "prima casa"», alle «Note sulla circolare n. 19/E sul credito di imposta» - Studio 31/2001/T del Consiglio Nazionale del Notariato, approvato il 16 marzo 2001, estensore BELLINI, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, 1, 2002, p. 232.

[nota 14] La stesura della presente relazione è avvenuta prima del D.l. 3 ottobre 2006, n. 262, con il quale è stata rivoluzionata la imposizione fiscale relativa alle successioni e donazioni.

[nota 15] BELLINI, «Agevolazioni "prima casa": prime osservazioni alla luce delle novità del Collegato», Corr. Trib., 2001, 1, p. 24.

[nota 16] BELLINI, «Agevolazioni "prima casa": prime osservazioni alla luce delle novità del Collegato», Corr. Trib., 2001, 1, p. 24.

[nota 17] Circolare del 16 novembre 2000, n. 207, par. 2.2.10, art. 69, rubricato "Norme in materia di imposta sulle successioni e sulle donazioni".

[nota 18] Per i problemi relativi alla decadenza si rinvia allo Studio n. 30/2005/T «Decadenza dalle c.d. agevolazioni "prima casa"» approvato dalla Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato il 18 marzo 2005, relatore BELLINI.

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