Problematiche concernenti i trasferimenti della c.d. prima casa di abitazione
Problematiche concernenti i trasferimenti della c.d. prima casa di abitazione
La rilevanza fiscale dell'abitazione ed i suoi molteplici profili
di Annarita Lomonaco
Ufficio Studi Consiglio Nazionale del Notariato

Premessa - la tutela costituzionale del bene casa

Con riferimento al tema delle problematiche concernenti i trasferimenti della "prima casa di abitazione", appare utile richiamare l'attenzione sull'oggetto, ossia sulla casa di abitazione, che assume rilievo nel nostro sistema fiscale sotto molteplici profili. [nota 1]

è noto che dalle norme costituzionali (in particolare, artt. 3, 42 e 47) emerge un'attenzione verso «l'aspirazione dell'individuo all'acquisizione in proprietà della casa di abitazione» ed un connesso «dovere dei pubblici poteri di rimuovere le situazioni di ineguaglianza sia promuovendo una larga offerta di abitazioni sia privilegiando … l'acquisto della casa da parte di colui che non la possiede». [nota 2] E la concessione di benefici fiscali rappresenta uno degli strumenti di politica economica che in concreto consente l'accessibilità alla proprietà dell'abitazione.

L'abitazione costituisce quindi il cardine di vari trattamenti tributari di favore, tuttavia è bene sottolineare come con riferimento a questa specifica categoria di immobili non sia possibile individuare una definizione unitaria, che permetta di affrontare in modo sistematico il diritto all'abitazione dal punto di vista fiscale, essendo invece ricostruibili più nozioni, non sempre coincidenti. Per inciso, altri esempi potrebbero farsi con riguardo a settori diversi dell'ordinamento: si pensi alle esclusioni dalla revocatoria fallimentare, anche con riferimento agli immobili da costruire.

Pertanto si vuole tracciare un breve quadro di questi trattamenti fiscali, con particolare riguardo a quelli che più interessano l'attività notarile, esaminandoli dal punto di vista dell'elemento oggettivo, evidenziandone i requisiti ed alcune delle problematiche, interpretative ed operative, che ne derivano, anche attraverso dei casi pratici.

L'abitazione non di lusso nelle c.d. agevolazioni "prima casa"

Iniziando l'analisi dall'elemento oggettivo dei benefici fiscali stabiliti nell'ambito dell'imposizione indiretta, deve preliminarmente osservarsi come la casa di abitazione non rappresenti una tipologia di immobile per la quale la legge istitutiva del registro prevedeva strutturalmente una specifica disciplina; disciplina che è stata invece oggetto nel tempo di una serie di interventi legislativi speciali fino all'attuale disposizione inserita nell'art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. [nota 3]

Si tratta di una normativa che è stata, ed è tuttora, al centro di incertezze interpretative ed applicative, spesso legate anche alla rilevanza, ai fini della concessione dei benefici, di requisiti richiedenti agli uffici un'attività di controllo diversa dalla normale procedura di accertamento del tributo, e non disciplinata autonomamente. Al riguardo basti pensare, ad esempio, al lungo dibattito - ormai concluso [nota 4] - concernente l'individuazione del termine per l'esercizio dell'azione accertatrice degli uffici in ordine alle ipotesi di decadenza dalle c.d. agevolazioni prima casa, ma anche (vedi infra) alla necessità secondo l'Amministrazione finanziaria di dichiarazioni in atto, sanzionabili in caso di accertata mendacità, per l'attestazione di requisiti di fatto difficilmente riscontrabili da parte degli uffici stessi.

La ratio di questi interventi normativi, come accennato, è stata individuata nell'esigenza, da un lato, di stimolare il mercato immobiliare, e da un altro lato, di favorire l'acquisizione della casa di abitazione da parte dei ceti meno abbienti.

Quest'ultima esigenza è stata soddisfatta attraverso una configurazione tipologica della casa di abitazione acquistabile da questi ultimi, [nota 5] ossia "la casa non di lusso", definita inoltre comunemente "prima casa" in considerazione delle condizioni disciplinate nella nota II-bis all'art. 1 della Tariffa citato. [nota 6]

In realtà però non esiste una definizione normativa in termini positivi dell'oggetto delle c.d. agevolazioni "prima casa", in quanto l'art. 1 della Tariffa cit. fa riferimento alle «case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969», il quale - come è noto - disciplina le caratteristiche delle abitazioni di lusso. [nota 7]

Allora innanzitutto bisogna identificare il bene "casa di abitazione", definito generalmente come «ogni costruzione destinata a dimora delle persone e delle loro famiglie, cioè strutturalmente idonea ad essere utilizzata ad alloggio stabile di singole persone o di nuclei familiari, a nulla rilevando che la stessa sia abitata in via permanente o saltuaria». [nota 8]

Quanto ai criteri di cui al D.M. 2 agosto 1969, che consentono di individuare in via residuale le case non di lusso, prescindendo in questa sede da un esame critico degli stessi [nota 9] va sottolineato, in primo luogo, come in ordine alla loro interpretazione ed applicazione si rinvengono ben pochi precedenti giurisprudenziali e ministeriali.

In realtà si tratta di requisiti la cui verifica richiederebbe delle valutazioni da eseguirsi in concreto, caso per caso, e per lo più a seguito di sopralluoghi. [nota 10] E forse proprio la difficoltà di queste valutazioni spiega le affermazioni dell'Agenzia delle Entrate relative alle modalità documentali attraverso cui le caratteristiche non di lusso possono risultare; ossia, secondo l'Agenzia, queste «possono essere rilevate sia dal contenuto dell'atto (come, ad esempio, la descrizione dell'immobile) oppure dalla documentazione allegata allo stesso (come, ad esempio, il certificato catastale, la concessione edilizia, eccetera)». [nota 11]

L'Amministrazione finanziaria sembra dunque indicare delle modalità piuttosto limitate per la verifica documentale, ai fini della concessione dei benefici "prima casa", dei requisiti non di lusso dell'immobile.

Occorre prestare attenzione, inoltre, all'affermazione dell'Agenzia secondo la quale «i soggetti obbligati a richiedere la registrazione per via telematica, nel determinare l'imposta principale da versare, devono responsabilmente tener conto di tutti gli elementi desumibili dai documenti in loro possesso che permettono di qualificare come "non di lusso" la casa di abitazione trasferita».

Quindi è espressamente coinvolto il Notaio, ma non può non osservarsi come - a parte la considerazione del silenzio della legge sul punto - a quest'ultimo venga rimessa, sulla base di risultanze documentali, una valutazione complessa, per la quale sarebbe meglio affidarsi ad una qualificazione del bene da parte di un tecnico. [nota 12]

è bene ricordare, sempre in ordine alla natura di abitazione non di lusso dell'immobile, che secondo l'Amministrazione finanziaria [nota 13] essa dovrebbe essere oggetto, ai sensi della nota II-bis cit., di dichiarazione da parte dell'acquirente, la cui eventuale falsità, accertata in fase di controllo successivo da parte dell'ufficio, determinerebbe (al pari della mendacità delle dichiarazioni previste alle lett. a, b, e c della nota II-bis) «la decadenza dall'agevolazione per "dichiarazione mendace" e l'applicazione dell'imposta di registro nella misura ordinaria e delle altre conseguenze "sanzionatorie" previste dalla legge». [nota 14]

A ben vedere, però, le dichiarazioni previste espressamente dalla legge, che possono, se non veritiere, costituire mendacio, sono quelle di cui alle lettere a), b) e c) della nota II-bis (concernenti dati soggettivi inerenti il soggetto che le rende, dipendenti dalla sua situazione personale o di coniugio), tra le quali non rientra quella relativa alle caratteristiche non di lusso dell'abitazione. «Conseguentemente, qualora l'acquirente abbia ritenuto che il suo acquisto riguardi una casa di abitazione non di lusso e, successivamente, l'ufficio del registro abbia riscontrato, tramite l'ufficio tecnico erariale, l'assenza dei requisiti necessari per far ritenere l'abitazione non di lusso, non si può imputare al contribuente il "mendacio", con la conseguente applicazione della sanzione pecuniaria del 30%. Saranno solo dovute dallo stesso le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria». [nota 15]

Irrilevanza della classificazione catastale

Ai fini della qualificazione come bene non di lusso è pacificamente ritenuta irrilevante la classificazione catastale, [nota 16] in quanto la distinzione nelle diverse categorie ha solo la funzione di indicare una rendita catastale proporzionata al tipo di abitazione, [nota 17] anche se è verosimile che per alcune categorie - come A/8 e A/9 - siano di regola riscontrabili caratteristiche di lusso. [nota 18]

L'irrilevanza della categoria catastale non va però intesa in senso assoluto, essendo pur sempre necessario che l'immobile sia strutturalmente e tipologicamente un'abitazione. Pertanto l'acquisto di un immobile classificato in categoria A/10 (uso ufficio o studio privato) non può usufruire delle c.d. agevolazioni "prima casa" anche se di fatto è utilizzato come abitazione. Simmetricamente, allora, la proprietà di un immobile A/10 adibito in concreto ad abitazione non è ostativa ad un successivo acquisto agevolato nello stesso Comune. [nota 19]

Se però un bene originariamente classificato A/10 venga variato prima dell'acquisto in una destinazione abitativa, con regolare permesso edilizio e denuncia catastale, non v'è ragione per non considerare spettanti i benefici. [nota 20]

Fabbricato in corso di costruzione

L'Amministrazione finanziaria ed una costante giurisprudenza della Cassazione riconoscono ormai la spettanza dei benefici in esame anche agli immobili in corso di costruzione, [nota 21] purché in fieri siano presenti le caratteristiche di abitazione non di lusso [nota 22] ed i lavori siano ultimati entro tre anni dalla registrazione dell'atto di acquisto (termine questo considerato dall'Amministrazione come finale tutte le volte in cui non vi sia una previsione normativa specifica, sulla base del principio, affermato in giurisprudenza, secondo il quale «se il legislatore non ha fissato un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipende la concessione di un beneficio, tale termine non potrà mai essere più ampio di quello previsto per i controlli» [nota 23]).

L'Amministrazione finanziaria ritiene le agevolazioni spettanti ai «fabbricati in corso di costruzione che, all'atto dell'acquisto, siano descritti secondo caratteristiche "non di lusso"» e, quindi, «anche in questo caso … l'agevolazione spetta sulla base delle dichiarazioni del contribuente, tra cui l'intento di non rendere l'abitazione "di lusso" nel prosieguo dei lavori». Qualora gli uffici accertino poi la realizzazione di un'abitazione diversa da quella descritta nel progetto o nel permesso di costruire, ricorrerebbe un'ipotesi di decadenza per "mendacio successivo". [nota 24]

A ben vedere, però, anche rispetto a questa fattispecie, l'Agenzia configura una decadenza per la mendacità di dichiarazioni non previste espressamente dalla legge. [nota 25] - [nota 26]

Trasformazione di immobile non abitativo in abitativo

La medesima soluzione adottata per l'immobile in corso di costruzione può ritenersi applicabile nel caso di un immobile non abitativo da trasformare in abitativo. Anche in questa ipotesi, cioè, se sono stati rilasciati i permessi edilizi ed i lavori di ristrutturazione sono iniziati, le agevolazioni dovrebbero essere concesse, salvo la verifica, terminati i lavori, della sussistenza di un'abitazione non di lusso. [nota 27]

Fabbricato rurale ad uso abitativo

L'Amministrazione finanziaria [nota 28] ammette la possibilità di usufruire delle agevolazioni per l'acquisto di un fabbricato rurale, qualificato tale ai sensi dell'art. 9, commi 3, 3-bis, 4 D.l. 557/1993, conv. Dalla L. 133/1994, a prescindere dal suo censimento nel catasto edilizio urbano, purché sia idoneo all'utilizzo residenziale, e non sia un immobile di lusso.

è bene ricordare che l'agevolazione è da escludere, secondo l'Agenzia delle Entrate, se l'immobile rurale costituisce pertinenza di un terreno agricolo.

In tal caso, troverebbe applicazione la disposizione di cui all'art. 23, comma 3, D.P.R. n. 131/1986, in base alla quale le pertinenze sono soggette alla disciplina del bene principale. Tuttavia, essendo prevista espressamente la possibilità di usufruire per fini abitativi del fabbricato rurale, non si vede per quale ragione quest'ultimo non possa essere considerato autonomamente, al fine di usufruire dell'agevolazione "prima casa". [nota 29]

Immobili contigui destinati ad unica abitazione

Il riconoscimento dei benefici fiscali "prima casa" all'acquisto, contemporaneo oppure con atti separati o successivi, di più appartamenti destinati a costituire un'unica unità abitativa è stato a lungo dibattuto. [nota 30]

Attualmente l'orientamento prevalente è nel senso di ammettere l'agevolazione nel caso di: «acquisto di due appartamenti contigui destinati a costituire un'unica unità abitativa purché l'abitazione conservi, anche dopo la riunione degli immobili, le caratteristiche non di lusso di cui al D.M. 2 agosto 1969; … acquisto di immobile contiguo ad altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto fruendo dei benefici cosiddetti "prima casa", ad esempio, nei casi di acquisto di una stanza contigua». In tali ipotesi, in via eccezionale, «l'acquirente non renderà la dichiarazione circa la novità nel godimento dell'agevolazione "prima casa"». [nota 31]

Con riguardo però alla seconda ipotesi, che sembra riferirsi ad un acquisto successivo, non è chiaro se, secondo l'Amministrazione finanziaria, l'oggetto del nuovo acquisto debba essere solo una porzione immobiliare, [nota 32] oppure se possa essere anche un appartamento, purché in ogni caso si manifesti l'intenzione di effettuare l'acquisto per l'ampliamento dell'altro immobile già posseduto e si proceda, poi, effettivamente alla riunione delle due unità immobiliari in un'unica abitazione non di lusso. [nota 33]

Inoltre va sottolineato che, se l'Amministrazione finanziaria ammette la "reiterazione" dei benefici nell'ipotesi di un acquisto ulteriore per l'ampliamento dell'immobile agevolato già posseduto, a fortiori dovrebbe riconoscerli nel caso in cui si acquisti un'abitazione contigua per ampliare l'immobile già posseduto, nello stesso Comune (ovviamente, data la contiguità), ma acquistato senza fruire delle c.d. agevolazioni "prima casa".

Destinazione dell'immobile ad abitazione principale

Con riferimento all'attuale disciplina non è più obbligatoria la destinazione dell'immobile acquistato ad abitazione principale. Infatti, ai sensi della lett. a) della nota II-bis cit., è richiesta la residenza nel Comune ove si acquista l'immobile, ma non l'effettivo utilizzo dello stesso come alloggio dell'acquirente. E proprio questa condizione rappresenta una delle differenze di maggiore evidenza rispetto alla nozione di abitazione principale, ricorrente agli effetti di altre normative di favore (vedi infra).

A dire il vero, la nozione di abitazione principale rileva ancora anche rispetto alle c.d. agevolazioni "prima casa", perché nell'ipotesi di rivendita nei cinque anni dall'acquisto agevolato si evita la decadenza se entro un anno - termine da considerare perentorio - si riacquista un immobile «da adibire a propria abitazione principale». [nota 34]

Al fine di evitare la decadenza non è dunque sufficiente acquistare un immobile destinato strutturalmente ad abitazione, ma è indispensabile che l'acquirente lo utilizzi effettivamente quale proprio alloggio.

Quanto al termine per l'attuazione del proposito abitativo, l'Amministrazione finanziaria, [nota 35] nel silenzio del legislatore, ritiene che sia necessario attenersi a parametri di ragionevolezza e buona fede, per cui la concreta utilizzazione potrebbe essere, a seconda delle circostanze del caso di specie, immediatamente successiva all'acquisto, ma potrebbe anche richiedere un certo lasso di tempo (ad esempio, per consentire un trasloco, o lavori di ristrutturazione, oppure potrebbe trattarsi di un termine imposto da una momentanea indisponibilità del bene per effetto di diritti temporanei di godimento costituiti sull'immobile a favore di terzi, aventi una scadenza comunque non eccedente rispetto una logica aspettativa di prossimità). Il termine finale per la realizzazione della condizione è individuato - come già visto in altre ipotesi - in quello triennale di decadenza del potere di accertamento dell'ufficio. [nota 36]

Quanto all'oggetto del riacquisto, si noti che nulla è detto con riferimento ai requisiti non di lusso, né con riferimento alle condizioni di cui alla nota II-bis cit.; in altri termini, ciò che conta è che si tratti di un'abitazione destinata a dimora abituale dell'acquirente, acquistata anche senza usufruire delle c.d. agevolazioni "prima casa".

L'oggetto del credito di imposta "prima casa"

Il riacquisto entro l'anno dall'alienazione, che evita la decadenza dalle agevolazioni in esame, deve essere distinto dal riacquisto entro l'anno che determina il c.d. credito di imposta "prima casa", di cui all'art. 7 legge 23 dicembre 1998, n. 448, [nota 37] anche sotto il profilo oggettivo.

Come è noto, infatti, il credito di imposta (pari alla minor somma tra l'imposta di registro, o l'Iva, corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato e l'imposta di registro, o l'Iva, dovuta per l'acquisto agevolato della nuova abitazione) è riconosciuto nell'intento di favorire la sostituzione dell'immobile acquistato con i benefici "prima casa" con un altro più idoneo alle esigenze del contribuente, senza aggravi fiscali, sottoponendo il contribuente cioè ad un solo prelievo relativo alla c.d. prima casa, non duplicabile nel corso del tempo. [nota 38]

In questo caso, quindi, l'oggetto sia del primo che del secondo acquisto deve essere una "prima casa", secondo la nozione già esaminata.

Per inciso, il credito di imposta potrebbe determinarsi anche "a cascata", ossia spettando successivamente e più volte se si verificano nel tempo più acquisti e più cessioni (sempre usufruendo delle c.d. agevolazioni "prima casa"), proprio per la non duplicabilità del prelievo fiscale sulla "prima casa". [nota 39]

La prima casa di abitazione con riferimento all'imposta sostitutiva sui finanziamenti bancari a medio/lungo termine

Fa riferimento alla prima casa di abitazione anche la normativa relativa all'imposta sostitutiva sui finanziamenti bancari a medio o lungo termine, di cui agli artt. 15 e ss. D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

Infatti l'art. 18 che disciplina le aliquote dell'imposta sostitutiva, ordinariamente fissate nella misura dello 0,25 per cento, stabilisce al terzo comma che «qualora il finanziamento stesso non si riferisca all'acquisto della prima casa di abitazione, e delle relative pertinenze, l'aliquota si applica nella misura del 2 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti di cui all'articolo 15 erogati in ciascun esercizio». [nota 40]

L'ambito applicativo di questa disposizione è stato chiarito con una norma di interpretazione autentica [nota 41] secondo la quale « … l'aliquota dell'imposta sostitutiva nella misura del 2 per cento, di cui all'art. 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, si applica ai soli finanziamenti erogati per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili a uso abitativo, e relative pertinenze, per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'art. 1 della Tariffa, parte prima, annessa al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131».

Allora la nozione di "prima casa", individuata in ragione del rinvio alle condizioni di cui alla nota II-bis, assume rilievo al fine di determinare l'aliquota applicabile al finanziamento correlato ma in negativo, cioè quale parametro per stabilire ciò che non è "prima casa", per cui l'oggetto della destinazione del finanziamento che determina l'applicazione dell'aliquota del 2 per cento va individuato a contrario rispetto a quanto disposto dalla nota II-bis, non esistendo una nozione normativa di "seconda casa" (si deve fare riferimento quindi a condizioni soggettive del beneficiario del finanziamento, o al requisito oggettivo, ossia che si tratti di un'abitazione di lusso).

L'intenzione del legislatore è dunque quella di colpire i «soli mutui contratti per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione della seconda e delle ulteriori case di abitazione» mediante l'inasprimento dell'aliquota. [nota 42]

Per tutti gli altri finanziamenti (e quindi, non solo per quelli relativi all'acquisto di una prima casa), l'aliquota applicabile è quella ordinaria fissata nella misura dello 0,25 per cento. Dunque, lo 0,25 per cento rappresenta la regola, il 2 per cento l'eccezione. [nota 43]

è bene avere presente questa distinzione per individuare l'aliquota nei vari casi pratici che si presentano.

Ad esempio, si pensi all'ipotesi di un mutuo cointestato a due coniugi - ciascuno dei quali titolare in regime di separazione dei beni di un'abitazione c.d. "prima casa" - destinato alla ristrutturazione della "prima casa" di uno dei coniugi.

Poiché il finanziamento cointestato si riferisce alla ristrutturazione di un immobile ad uso abitativo di cui è proprietario solo uno dei due mutuatari, è solo rispetto a questo soggetto che può rilevare la ricorrenza delle condizioni di cui alla nota II-bis al fine di stabilire se sussistono i presupposti per applicare l'aliquota del 2 per cento. E nel caso in esame non v'è dubbio che si applichi invece quella dello 0,25 per cento, trattandosi di immobile "prima casa" rispetto al coniuge proprietario.

Rispetto all'altro mutuatario, invece, il rinvio alla normativa di cui alla nota II-bis - inteso come detto quale parametro per definire a contrario la "seconda casa" - non assume alcuna rilevanza perché l'immobile da ristrutturare, al quale si riferisce il finanziamento, non costituisce per lui né una prima, né una seconda o ulteriore casa di abitazione, non essendo egli titolare di alcun diritto su di esso (e quindi resta parimenti irrilevante che egli sia proprietario di un altro immobile "prima casa").

Ne consegue pertanto che anche la quota di finanziamento di spettanza del coniuge non proprietario del bene da ristrutturare deve ricadere nell'ambito applicativo dell'aliquota ordinaria dello 0,25 per cento.

A ben vedere, però, si potrebbe anche fare un passo ulteriore nell'interpretazione di questa normativa.

Posto che la misura dello 0,25 per cento è la regola e che il riferimento oggettivo per la misura eccezionale del 2 per cento è agli immobili abitativi per i quali non ricorrono le condizioni "prima casa", per applicare l'aliquota più bassa quando il finanziamento è destinato all'acquisto, ristrutturazione o costruzione di un'abitazione, è necessario che ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis (perché altrimenti sarebbe una "seconda casa"), ma non è richiesto dalla norma che in concreto si usufruisca delle c.d. agevolazioni "prima casa".

Ciò in pratica comporterebbe che, ad esempio, se si acquista un'abitazione per la quale l'acquirente potrebbe in astratto richiedere le agevolazioni "prima casa", ma in concreto preferisca usufruire di un altro trattamento di maggior favore (si pensi alle agevolazioni per gli acquisti di immobili compresi in piani di recupero, di cui all'art. 5 L. 168/1982), il connesso finanziamento sconta l'aliquota nella misura dello 0,25 per cento, perché comunque non si tratta dell'acquisto di una "seconda casa" nel senso individuato.

La prima casa di abitazione con riferimento ai moltiplicatori previsti dall'art. 52, comma 5, D.P.R. 131/1986

Argomentazioni in parte analoghe a quelle appena svolte potrebbero essere di ausilio per individuare l'oggetto della disposizione di cui all'art. 1-bis comma 7 D.l. 168/2004 cit., ai sensi della quale «per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, i moltiplicatori previsti dal comma 5 dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono rivalutati, in luogo del 10 per cento previsto dall'articolo 2, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nella misura del 20 per cento». Il comma 8 del medesimo articolo dispone poi che «per beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione si intendono quelli per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della Tariffa, parte prima, annessa al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131».

In base al comma 7, allora, la rivalutazione dei moltiplicatori [nota 44] deve essere operata di regola nella misura del 20 per cento; solo per i trasferimenti delle case di abitazione non di lusso per le quali ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis cit., essa va operata nella misura del 10 per cento, e ciò al fine di «ridurre l'onere tributario in sede di acquisto, qualora l'acquirente sia in possesso di determinati requisiti». [nota 45]

Anche per queste fattispecie però la norma non richiede la fruizione in concreto dei benefici fiscali "prima casa", quindi si potrebbe ritenere sufficiente per l'applicazione del coefficiente di rivalutazione più basso la sola ricorrenza dei suddetti requisiti, a prescindere dal trattamento agevolato dell'atto.

L'abitazione principale nelle imposte sui redditi

Nel settore dell'imposizione diretta, l'abitazione assume rilievo rispetto a diverse norme di favore. [nota 46]

Si pensi, ad esempio, all'art. 10 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 il quale al comma 3-bis dispone che «se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all'ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare … ». La norma prosegue poi stabilendo che «per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità immobiliare non risulti locata».

Si pensi anche all'art. 15 comma 1 lett. b), D.P.R. 917/1986, che in materia di detrazioni per oneri disciplina la detraibilità degli interessi passivi dei mutui contratti per l'acquisto dell'«unità immobiliare da adibire ad abitazione principale». Anche ai fini di questa norma «per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente». [nota 47]

Altra norma di interesse, anche per la possibilità per il cedente di optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva ai sensi dell'art. 1 comma 496 legge 23 dicembre 2005, n. 266, è quella relativa alla realizzazione di plusvalenze mediante cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni (art. 67 comma 1 lett. b) D.P.R. 917/1986 cit.). [nota 48]

Più precisamente, non realizzano plusvalenze le cessioni aventi ad oggetto «le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari».

Dalle definizioni menzionate appare evidente come l'elemento caratterizzante consista nell'utilizzo effettivo dell'immobile a dimora abituale non solo da parte del contribuente ma anche - in alternativa - dei suoi familiari, intendendosi per tali il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado, ai sensi dell'art. 5 D.P.R. 917/1986 cit.

E l'effettività della destinazione deve essere "mantenuta", come emerge chiaramente dal dato normativo: ad esempio, il diritto alla detrazione degli interessi passivi viene meno a partire dal periodo di imposta successivo a quello in cui è variata la dimora abituale; condizione per l'esclusione dalla plusvalenza è che l'immobile sia utilizzato come abitazione principale per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto, o la costruzione, e la cessione. [nota 49]

Quanto alla prova della destinazione a propria abitazione principale, che secondo l'orientamento prevalente spetta al contribuente, può anche prescindere dalla certificazione anagrafica, consistendo in una dimostrazione fondata su elementi oggettivi e di fatto, quali utenze del gas, luce, ecc. [nota 50] Può essere idonea anche una autocertificazione, effettuata ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, «con la quale il contribuente può attestare anche che dimora abitualmente in luogo diverso da quello indicato nei registri anagrafici». [nota 51]

Come già accennato, non rilevano, ai fini di questa nozione di abitazione, specifici requisiti costruttivi.

Appare evidente quindi che si tratta di una nozione diversa rispetto a quella della c.d. prima casa, con la conseguenza di dover mantenere distinti gli ambiti applicativi delle varie discipline esaminate.

In altri termini, per esemplificare, un mutuo destinato all'acquisto della abitazione principale comporta (in presenza delle condizioni di cui all'art. 15 cit.) la detraibilità degli interessi passivi ai fini Irpef, ma potrebbe scontare l'aliquota dell'imposta sostitutiva nella misura del 2 per cento, se l'immobile non presenta i requisiti e le condizioni di cui alla nota II-bis.

Si pensi anche ad un'alienazione infraquinquennale di un immobile acquistato usufruendo delle c.d. agevolazioni "prima casa", ma non adibito ad abitazione principale da parte del cedente, o di suoi familiari. In tal caso, allora, rispetto alla normativa sulle plusvalenze, la cessione determina la realizzazione di un reddito diverso ai sensi dell'art. 67 comma 1 lett. b) cit., con facoltà del cedente di optare per l'imposta sostitutiva, essendo irrilevante ai fini dell'esclusione prevista per l'abitazione principale la circostanza dell'acquisto dell'immobile da parte del cedente usufruendo delle agevolazioni "prima casa". Inoltre, agli effetti di queste ultime agevolazioni, qualora il cedente non proceda al riacquisto entro l'anno di un altro immobile da destinare a propria abitazione principale, si verificherà, come già esaminato, la decadenza dalle agevolazioni stesse.

L'abitazione nel sistema del c.d. prezzo valore

L'abitazione rileva anche per l'accesso al sistema opzionale di forfetizzazione della base imponibile di cui all'art. 1 comma 497 L. 266/2005 cit. [nota 52]

Con riguardo al requisito oggettivo, infatti, deve trattarsi di un immobile strutturalmente ad uso abitativo, essendo indifferenti particolari requisiti costruttivi (ad esempio quelli di lusso), e senza che importi l'effettiva utilizzazione.

Sul punto, l'Agenzia delle Entrate [nota 53] ha affermato che «la norma di cui al comma 497 si applica unicamente agli immobili ad uso abitativo e relative pertinenze e, pertanto, ai soli fabbricati censiti nel catasto dei fabbricati nella tipologia abitativa. Rimangono esclusi dal campo di applicazione della norma gli immobili che, pur avendo i requisiti di fatto per essere destinati ad uso abitativo, sono iscritti in una categoria catastale diversa (ad esempio fabbricati accatastati come uffici o negozi)».

L'Amministrazione finanziaria attribuisce quindi rilevanza al dato formale della classificazione catastale piuttosto che alla situazione di fatto, e ciò ovviamente in ragione del particolare sistema di determinazione della base imponibile, che deve avvenire con riferimento al c.d. valore catastale, calcolato ai sensi dell'art. 52 quarto e quinto comma D.P.R. 131/1986 cit. [nota 54]

Allora, il meccanismo di cui al comma 497 cit. dovrebbe ritenersi applicabile anche nell'ipotesi inversa rispetto a quella ora considerata, ossia nel caso di immobile censito in una categoria catastale riferibile ad unità immobiliari ad uso abitativo, per il quale difetti in concreto l'effettiva utilizzazione abitativa.

Ne deriva, ad esempio, che nell'ipotesi di cessione avente ad oggetto un immobile classificato catastalmente come abitazione ma utilizzato come negozio, dovrebbe essere ammissibile l'esercizio dell'opzione di cui al comma 497 cit., perché è comunque determinabile un valore catastale calcolato sulla base di una rendita riferibile ad una classificazione di tipo abitativo.

L'abitazione principale nella revocatoria fallimentare

L'attenzione del legislatore verso l'acquisto destinato a soddisfare esigenze primarie dell'individuo è manifestata anche in settori dell'ordinamento diversi da quello tributario.

Un esempio può rinvenirsi nella disciplina delle esclusioni dall'azione revocatoria fallimentare, rispetto alla quale l'art. 67 comma 3 lett. c) L. fall. prevede che «non sono soggetti all'azione revocatoria: … c) le vendite a giusto prezzo di immobili a uso abitativo destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado».

La locuzione "destinati" e la ratio della norma inducono a ritenere che «la tutela straordinaria al negozio di trasferimento sia attribuita soltanto se l'immobile venga utilizzato come abitazione, in quanto limitata a quei soggetti che hanno investito il loro denaro per l'acquisto di un bene primario quale la casa di abitazione». [nota 55]

E per individuare la nozione di abitazione principale appare utile fare riferimento al concetto già esaminato in ambito fiscale, avvicinandolo «a quello di dimora ex art. 43 c.c., intesa come il luogo di normale abitazione che prescinde dalle risultanze anagrafiche, di mero valore presuntivo» e «dalla fruizione di benefici fiscali di alcun genere». [nota 56]

è formulata in maniera parzialmente differente l'esclusione dall'azione revocatoria fallimentare disciplinata dall'art. 10 D.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, in tema di tutela degli acquirenti degli immobili da costruire, ai sensi del quale sono esclusi «gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o altro diritto reale di godimento di immobili da costruire nei quali l'acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare».

In tale ipotesi, dunque, per individuare la destinazione dell'immobile, si richiede un impegno dell'acquirente a stabilirvi la residenza propria o dei suoi familiari, da far risultare in atto.

Quanto al concetto di "residenza nell'immobile", esso si identifica sostanzialmente con quello di abitazione principale, dovendosi fare riferimento, anche per questa ipotesi di esclusione dalla revocatoria fallimentare, ad una situazione di fatto, consistente nella dimora abituale (ex art. 43 c.c.), accertabile non solo attraverso le risultanze anagrafiche ma con ogni mezzo di prova. [nota 57]


[nota 1] La rilevanza del bene casa nei vari settori dell'imposizione, alla luce delle «diverse possibili collocazioni dei fabbricati destinati ad abitazione nell'ambito delle situazioni di fatto assunte ad indici di capacità contributiva» è posta in evidenza da FEDELE, Nota introduttiva, in La casa di abitazione fra normativa vigente e prospettive, vol. III, Milano, 1986, p. 173 e ss. Su tale rilevanza cfr. altresì, nello stesso volume, GAFFURI, Casa di abitazione e ordinamento tributario, p. 179 e ss.; DUS, Le agevolazioni per l'edilizia dal primo dopoguerra ad oggi. Esoneri e aggravamento dell'imposizione come strumento di politica economica, p. 281 e ss.

[nota 2] Così MISCALI, Le agevolazioni fiscali per l'acquisto e la diffusione della proprietà della casa. Esperienze e prospettive, in La casa di abitazione fra normativa vigente e prospettive, cit., p. 276 e ss. Si veda altresì MASTROIACOVO, «Principi costituzionali ed agevolazioni"prima casa", con particolare riferimento agli acquisti a titolo gratuito», in Rass. trib., 2001, p. 691 e ss.

[nota 3] Ai sensi dell'art. 1 cit. «se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969 … , ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis» l'imposta di registro è dovuta con applicazione dell'aliquota proporzionale pari al 3 per cento; le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa (art. 10 e art. 1 della Tariffa, D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347). In caso si tratti di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, la relativa aliquota è fissata nella misura del 4 per cento (voce 21, tabella A, parte II, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).

[nota 4] Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione - sent. n. 1196 del 21 novembre 2000 - e l'Agenzia delle Entrate - circolare n. 69/E del 14 agosto 2002 - hanno affermato l'applicabilità del termine triennale di decadenza, di cui all'art. 76 D.P.R. n. 131/1986 (invece di quello ordinario, decennale, di prescrizione), pur differenziando in ragione dei diversi requisiti l'individuazione del dies a quo.

[nota 5] DUS, Le agevolazioni per l'edilizia dal primo dopoguerra ad oggi. Esoneri e aggravamento dell'imposizione come strumento di politica economica, cit., p. 286 e ss.

[nota 6] Le condizioni stabilite dalla nota II-bis riguardano: a) l'ubicazione dell'immobile nel territorio del Comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende. Nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero l'immobile deve essere acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto; b) la non possidenza di altre abitazioni nel Comune. Più precisamente, nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l'immobile da acquistare; c) la non titolarità di diritti acquistati su altra casa di abitazione con le c.d. agevolazioni "prima casa". Più precisamente, nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le c.d. agevolazioni "prima casa" che si sono succedute nel tempo.

[nota 7] L'Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005 n. 38/E, ricorda che «il D.M. 2 agosto 1969 indica le caratteristiche che consentono di qualificare "di lusso" le abitazioni. In particolare, mentre gli articoli da 1 a 7 del predetto decreto ministeriale individuano le singole caratteristiche in presenza di ciascuna delle quali l'abitazione è considerata di "lusso" [ad esempio: abitazioni realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici a "ville", "parco privato" (art. 1); abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 metri quadrati o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 metri quadrati (art. 4); eccetera], il successivo art. 8, invece, considera abitazioni di lusso «le case e le singole unità immobiliari che abbiano oltre 4 caratteristiche tra quelle della tabella allegata al presente decreto» (ad esempio: superficie dell'appartamento; scala di servizio; ascensore di servizio; eccetera). In riferimento a quest'ultima disposizione, la Commissione tributaria centrale (Sez. XII, decisione n. 3025 del 28 marzo 1988), ha precisato che « … l'art. 8 è residuale, cioè se il fabbricato non ricade in alcune delle previsioni dei primi sette articoli, può ugualmente essere considerato di lusso qualora concorrano più di quattro delle caratteristiche elencate nella tabella allegata». Sul tema v. PETTERUTI, «Caratteristiche dimensionali degli immobili non di lusso», Studio n. 81/2003/T, in Studi e materiali, 2004, p. 822 e ss.

[nota 8] Circolare ministeriale 17 aprile 1981, n. 14, con riferimento alle case di abitazione non di lusso di cui all'art. 13 L. del 2 luglio 1949, n. 408 (cd. legge Tupini).

[nota 9] Si tratta di criteri ritenuti superati già negli anni '80. Cfr. RUGGIERO, Individuazione e fiscalità della casa, in La casa di abitazione fra normativa vigente e prospettive, cit., p. 259 e ss.; DUS, I requisiti costruttivi e le caratteristiche di lusso nelle vigenti agevolazioni per l'edilizia, in La casa di abitazione fra normativa vigente e prospettive, cit., p. 362 e ss.

[nota 10] Ad esempio, la giurisprudenza di legittimità ritiene che accessori come piscine, campi da tennis, ecc., non siano di per sé insoliti o impossibili per dimore residenziali pur potendo attribuire, a determinate condizioni, le caratteristiche di lusso all'immobile. Cfr. Cass. 14 dicembre 2005, n. 27617.

In ordine alla rilevanza ai fini della dimensione indice di un "bene di lusso" della superficie utile della singola unità immobiliare, cfr. PETTERUTI, «Caratteristiche dimensionali degli immobili non di lusso», cit. Sulla computabilità ai fini del calcolo delle superfici utili ai fini della qualificazione di un appartamento come di lusso, dei vani per cui non sia stata rilasciato ancora il certificato di abitabilità (ora agibilità) cfr. Cass. 27 aprile 2005 n. 14672.

[nota 11] Circ. n. 38/E, cit.

[nota 12] Cfr. BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali», in il fisco, 2006, p. 1-2700, il quale rileva come, tenendo conto delle gravi responsabilità che potrebbero ricadere sul Notaio, sarebbe opportuno che lo stesso nei casi dubbi si fornisse di una perizia giurata di un tecnico.

[nota 13] Circ. n. 38/E, cit.

[nota 14] Cass., Sez. Trib., 7 luglio 2000, n. 9150, richiamata nella circ. 38/E, cit.

[nota 15] BELLINI, «Tassazione 'prima casa' - Casa di abitazione non di lusso. Dichiarazione mendace - Insussistenza», Studio n. 35/1999/T, approvato dalla Commissione Studi Tributari. Cfr. altresì LOMONACO, «I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate sul tema delle c.d. agevolazioni "prima casa"», segnalazione novità del settore studi n. 64 del 31 agosto 2005, in Studi e materiali, 2005, p. 1803.

[nota 16] Cfr. per tutti Agenzia delle Entrate, circolare n. 38/E, cit.

[nota 17] Cass. 26 marzo 1988 n. 2595; circolare n. 38/E, cit.

[nota 18] In questo senso BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali», cit., p. 2700.

[nota 19] Agenzia delle Entrate, circolare 1° marzo 2001, n. 19/E.

[nota 20] Cfr. BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali», cit., p. 2701.

[nota 21] Cfr. circolare n. 38/E cit. e sentenze ivi menzionate. L'Agenzia precisa inoltre che l'acquisto agevolato di diritti su una casa di abitazione in corso di costruzione è di ostacolo, ai sensi della lett. c) nota II-bis cit., al successivo godimento dei benefici rispetto ad un altro immobile e, pertanto, la dichiarazione in ordine alla c.d. novità nel godimento dell'agevolazione "prima casa" (lett. c) cit.) «va resa con riferimento a tutti gli immobili acquistati con il beneficio "prima casa", ivi compreso l'acquisto di una casa di abitazione non di lusso in corso di costruzione».

[nota 22] Innanzitutto quindi si dovrebbe avere un permesso di costruire o una Dia riferiti ad una costruzione avente destinazione abitativa; inoltre, non essendo precisato cosa debba intendersi per immobile in corso di costruzione, si potrebbe ritenere sufficiente «il semplice sbancamento del terreno con l'inizio della posa delle fondamenta». Così BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali», cit., p. 2702.

[nota 23] Cass. 7 luglio 2000, n. 9194, Cass. 12 marzo 2003, n. 3604; circolare n. 38/E, cit.

[nota 24] Cfr. circolare n. 38/E, cit.

[nota 25] Cfr. LOMONACO, «I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate sul tema delle cd. agevolazioni 'prima casa'» cit., p. 1805.

L'Agenzia aggiunge altresì che - al fine di evitare la coincidenza del termine per l'ultimazione dei lavori e di quello per l'accertamento, paradossale per la conseguenza di privare di fatto l'Amministrazione del potere di accertare - «la verifica della sussistenza dei requisiti dell'agevolazione non possa essere differita sine die e che il contribuente, al fine di conservare l'agevolazione, debba dimostrare l'ultimazione dei lavori entro tre anni dalla registrazione dell'atto. Solo successivamente, infatti, l'Amministrazione potrà controllare l'effettiva spettanza del beneficio, provvedendo al recupero dell'imposta nei casi in cui i lavori non siano ultimati o, in caso contrario, qualora il contribuente abbia costruito un'abitazione "di lusso"» (circ. n. 38/E cit.). Il termine dei lavori potrebbe coincidere con la data di richiesta del certificato di agibilità secondo BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali », cit., p. 2702.

[nota 26] Nulla è detto nella circolare n. 38/E per l'ipotesi di un immobile da costruire. La giurisprudenza sembra essere al riguardo di avviso negativo, perché la norma agevolativa, facendo espresso riferimento alla case di abitazione non di lusso, presupporrebbe la ricorrenza di un bene fisicamente esistente (Cass. 13 febbraio 2002, n. 2057). Però considerato che si ammette l'applicazione dei benefici agli immobili non ultimati pur in assenza di espressa previsione di legge, superando il dato testuale attraverso un'interpretazione della norma fondata sulla ratio, non si vede perché lo stesso criterio interpretativo non possa valere anche per gli immobili da edificare. In tal senso v. IANNIELLO, «Agevolazioni per l'acquisto della "prima casa" (1995-2006)», in Dir. prat. trib., II, 2006, p. 401 e ss.; MONTESANO, «Definizione di "immobile di lusso" ai fini dei benefici prima casa», in Corr. trib., 2006, p. 551.

[nota 27] Cfr. BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali», cit., p. 2702.

[nota 28] Circ. n. 38/E, cit.

[nota 29] Cfr. PETRELLI, «Fabbricati rurali e catasto dei fabbricati», Studio n. 817-bis, approvato dalla Commissione studi tributari il 18 settembre 1998, il quale evidenzia il carattere speciale della disciplina "prima casa" rispetto all'art. 23 cit. Nello stesso senso, v. BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali», cit., p. 2701, il quale ritiene possibile considerare la casa rurale autonomamente dal terreno agricolo, al fine di applicare le agevolazioni "prima casa", distinguendo la parte di prezzo riferibile al terreno e quella riferibile all'abitazione rurale.

Per le case rurali destinate ad abitazione la circolare n. 38/E esclude inoltre l'applicazione del criterio della valutazione automatica di cui all'art. 52 comma 4 D.P.R. n. 131/1986, salva l'ipotesi in cui si tratti di fabbricato che abbia perso il requisito di ruralità e sia stato iscritto nel catasto fabbricati con attribuzione di rendita.

[nota 30] Cfr. MASTROIACOVO, «Applicabilità dell'agevolazione c.d. prima casa all'ampliamento dell'immobile già acquistato con i benefici. Ancora dubbi sull'agevolazione nel caso di acquisto di unità contigue», segnalazione novità del settore studi n. 34 del 1° marzo 2005, in Studi e materiali, 2005, p. 825 e ss.

[nota 31] Circolare n. 38/E, cit.

[nota 32] Cfr. Agenzia delle Entrate, ris. 25 febbraio 2005 n. 25/E; circ. 1° marzo 2001 n. 19/E, cit.

[nota 33] «La soluzione esposta, condivisa … dalla giurisprudenza, trova fondamento sulla ratio della normativa di favore volta, come è noto, al concreto soddisfacimento delle esigenze abitative del contribuente pur se nei limiti tipologici dell'abitazione "non di lusso". E d'altro canto, è pacificamente riconosciuta la spettanza dei benefici nel caso in cui, con riferimento allo stesso immobile, si proceda all'acquisto di ulteriori quote di proprietà, della nuda proprietà da parte del titolare del diritto di usufrutto, uso o abitazione ovvero all'acquisto da parte del nudo proprietario del diritto di usufrutto, uso o abitazione. Il tutto, naturalmente, a condizione che ricorrano le altre condizioni di legge». Così IANNIELLO, «Agevolazioni per l'acquisto della "prima casa" (1995-2006)», cit., p. 402 e ss.

L'ipotesi esaminata solleva però il dubbio se il termine quinquennale, nel caso di rivendita, previsto per la decadenza dalle agevolazioni, decorra dal primo acquisto agevolato, ovvero dalla data del secondo acquisto, o ancora se il dies a quo debba essere separatamente individuato per ogni acquisto. Sul punto cfr. IANNIELLO, «Agevolazioni "prima casa" estese anche agli acquisti per l'ampliamento dell'abitazione», in Corr. trib, 2005, p. 1308 e ss.

[nota 34] Per approfondimenti sul tema cfr. BELLINI, «Decadenza dalle c.d. agevolazioni "prima casa"», Studio n. 30/2005/T, in Studi e materiali, 2005, p. 1362 e ss.

[nota 35] Agenzia delle Entrate, ris. 6 ottobre 2003 n. 192/E.

[nota 36] Dato il richiamo ai parametri di ragionevolezza e buona fede per l'attuazione della destinazione ad abitazione principale, v'è da chiedersi se possa essere evitata la decadenza dalle agevolazioni in esame allorquando la suddetta destinazione dell'immobile riacquistato entro l'anno divenga impossibile per una causa non imputabile all'acquirente, attribuendo rilievo alla causa di forza maggiore (v. ris. 1° febbraio 2002, n. 35/E; Comm. Trib. Centr. 2 aprile 1996, n. 1497). Cfr. A. LOMONACO, commento a Agenzia delle Entrate, ris. 6 ottobre 2003 n. 192/E, in Guida Normativa n. 211 del 27 novembre 2003.

[nota 37] Ai sensi dell'art. 7 cit. «1. Ai contribuenti che provvedono ad acquisire, a qualsiasi titolo, entro un anno dall'alienazione dell'immobile per il quale si è fruito dell'aliquota agevolata prevista ai fini dell'imposta di registro e dell'imposta sul valore aggiunto per la prima casa, un'altra casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, è attribuito un credito d'imposta fino a concorrenza dell'imposta di registro o dell'imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato. L'ammontare del credito non può essere superiore, in ogni caso, all'imposta di registro o all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'acquisto agevolato della nuova casa di abitazione non di lusso. L'agevolazione si applica a tutti gli acquisti intervenuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, indipendentemente dalla data del primo acquisto. 2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 può essere portato in diminuzione dall'imposta di registro dovuta sull'atto di acquisto agevolato che lo determina, ovvero, per l'intero importo, dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito, ovvero può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto; può altresì essere utilizzato in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il credito d'imposta in ogni caso non dà luogo a rimborsi». Per approfondimenti v. BELLINI -PODETTI, «Finanziaria 1999. Note sulle agevolazioni per il riacquisto della "prima casa"», Studio n. 869-bis, approvato dalla Commissione Studi Tributari il 22 gennaio 1999; BELLINI, «Note sulla circolare n. 19/E sul credito di imposta», Studio n. 31/2001/T, in Studi e materiali, 2002, p. 232; Agenzia delle Entrate, 1° marzo 2001 n. 19/E; ris. 11 luglio 2005 n. 87/E; circolare n. 38/E, cit.

[nota 38] Cfr. Agenzia delle Entrate, 20 luglio 2004, interpello n. 954-312/2004, in Riv. not., 2005, p. 432.

[nota 39] In tal senso Agenzia delle Entrate, 20 luglio 2004, cit.; circolare 7 giugno 2002 n. 48/E, ove si afferma, ai fini della spettanza del credito di imposta, l'irrilevanza della circostanza per cui il contribuente abbia più volte alienato e riacquistato l'abitazione. Cfr. altresì BELLINI, «Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa": il punto alla luce delle circolari ministeriali» cit., p. 2712 e ss.

[nota 40] Il comma è stato introdotto dall'art. 1-bis, comma 6, D.l. 12 luglio 2004, n. 168, conv. dalla L. 30 luglio 2004, n. 191. Il comma 8 del medesimo articolo stabilisce che «per beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione si intendono quelli per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della Tariffa, parte prima, annessa al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131».

[nota 41] Art. 2 D.l. 3 agosto 2004 n. 220, conv. dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257.

[nota 42] Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 166 del 29 luglio 2004.

[nota 43] Per maggiori approfondimenti si rinvia a FRIEDMANN - LOMONACO, «Considerazioni in ordine alla nuova aliquota prevista per i finanziamenti a medio/lungo termine», Studio n. 75/2004/T, in Studi e materiali, 2004, 974 ss.; Agenzia delle Entrate, circolare 9 maggio 2005 n. 19/E.

[nota 44] In ordine all'ambito applicativo dell'art. 52 commi 4 e 5 cit., per effetto delle modifiche introdotte dal c.d. decreto Bersani, cfr. la relazione di GHINASSI, «La base imponibile nei trasferimenti immobiliari: il sistema del c.d. prezzo-valore», in questa pubblicazione; PISCHETOLA, «I limiti ai poteri di rettifica dell'amministrazione finanziaria e valutazione catastale 'automatica' dopo il 'decreto Bersani' n. 223/2006», Studio n. 117-2006/T approvato dalla Commissione Studi Tributari il 5 settembre 2006.

[nota 45] Agenzia delle Entrate, circolare 16 marzo 2005 10/E.

[nota 46] GRASSI, «L'abitazione principale nella considerazione del Fisco», in il fisco, 2000, p. 3076 e ss.

L'abitazione principale assume rilievo anche con riferimento all'imposta comunale sugli immobili. Infatti ai sensi dell'art. 8 comma 2 D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 «dalla imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, lire 200.000 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente».

[nota 47] L'art. 15 comma 1 lett. b) dispone testualmente che «dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo: … b) gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a 7 milioni di lire. L'acquisto della unità immobiliare deve essere effettuato nell'anno precedente o successivo alla data della stipulazione del contratto di mutuo. Non si tiene conto del suddetto periodo nel caso in cui l'originario contratto è estinto e ne viene stipulato uno nuovo di importo non superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati. In caso di acquisto di unità immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall'acquisto sia stato notificato al locatario l'atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l'unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. La detrazione spetta non oltre il periodo d'imposta nel corso del quale è variata la dimora abituale; non si tiene conto delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro. Non si tiene conto, altresì, delle variazioni dipendenti da ricoveri permanenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità immobiliare non risulti locata. Nel caso l'immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l'unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall'acquisto. In caso di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti di mutuo il limite di 7 milioni di lire è riferito all'ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenuti. La detrazione spetta, nello stesso limite complessivo e alle stesse condizioni, anche con riferimento alle somme corrisposte dagli assegnatari di alloggi di cooperative e dagli acquirenti di unità immobiliari di nuova costruzione, alla cooperativa o all'impresa costruttrice a titolo di rimborso degli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione relativi ai mutui ipotecari contratti dalla stessa e ancora indivisi. Se il mutuo è intestato ad entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi; in caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro la detrazione spetta a quest'ultimo per entrambe le quote».

Sull'applicazione di tale norma cfr., tra le altre, Agenzia delle Entrate, circolare 20 aprile 2005 n. 15/E, ris. 23 settembre 2005 n. 128/E, circ. 18 maggio 2006 n. 17/E.

Altro riferimento all'abitazione principale è contenuto anche nella successiva lett. b-bis dell'art. 15 cit., ai sensi della quale sono compresi tra le detrazione per oneri «dal 1° gennaio 2007 i compensi comunque denominati pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza dell'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale per un importo non superiore ad euro 1.000 per ciascuna annualità».

[nota 48] Ai sensi di tale norma «sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: … b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante». Sul tema si rinvia alla relazione di COLUCCI, «Le plusvalenze immobiliari assoggettabili ad imposta sostitutiva», in questa pubblicazione.

[nota 49] Periodo che presumibilmente dovrebbe essere più della metà dell'intero periodo intercorso tra l'acquisto, o la costruzione, e la cessione. In tal senso, CIGNARELLA, «Legge finanziaria 2006. Individuazione e calcolo delle plusvalenze immobiliari», in corso di pubblicazione in Studi e materiali, 1/2006.

[nota 50] Cfr. CIGNARELLA, «Legge finanziaria 2006. Individuazione e calcolo delle plusvalenze immobiliari», cit.

[nota 51] Cfr. art. 1 comma 1 D.M. 30 luglio 1999, n. 311. In tal senso v. BELLINI, «Finanziaria 2006. Imposta sostitutiva sulle plusvalenze da cessioni immobiliari», Studio n. 60-2006/T, in corso di pubblicazione in Studi e materiali, 1/2006.

[nota 52] La norma prevede che «in deroga alla disciplina di cui all'art. 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al Notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'art. 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Le parti hanno comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento».

Sul tema cfr. Commissione Studi Tributari, «Finanziaria 2006 - la nuova disciplina tributaria delle cessioni di immobili abitativi ai fini delle imposte indirette - prezzo valore», Studio n. 116/2005/T, in corso di pubblicazione in Studi e materiali, 1/2006; GHINASSI, «La base imponibile nei trasferimenti immobiliari: il sistema del c.d. prezzo-valore», cit.

[nota 53] Circolare n. 6 del 13 febbraio 2006 che riporta risposte fornite in occasione di incontri con la stampa specializzata.

[nota 54] Cfr. PISCHETOLA, «Cambio di destinazione d'uso e regola del "prezzo - valore"», Studio n. 30-2006/T, in corso di pubblicazione in Studi e materiali, 1/2006.

[nota 55] GUIDA, «Le vendite di immobili non soggette ad azione revocatoria fallimentare (art. 67, comma 3, lettera c, L. fall.)», in Cnn Notizie del 17 luglio 2006 (ed in Notariato, 2006, p. 187 e ss.), al quale si rinvia per maggiori approfondimenti.

[nota 56] GUIDA, «Le vendite di immobili non soggette ad azione revocatoria fallimentare (art. 67, comma 3, lettera c, L. fall.)», cit.

[nota 57] Sul tema cfr. PAOLINI - RUOTOLO, «Prime considerazioni sul decreto legislativo in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire o in corso di costruzione», in Studi e materiali, 2005, p. 1648 e ss.

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