Problematiche concernenti i trasferimenti immobiliari nel settore agricolo
Problematiche concernenti i trasferimenti immobiliari nel settore agricolo
di Giampiero Petteruti
Notaio in Castelnuovo di Garfagnana
di Diego Podetti
Notaio in Alba
PARTE PRIMA - Profili oggettivi
I concetti di terreno agricolo e relative pertinenze nel diritto tributario anche alla luce delle recenti normative
Nell'ambito fiscale si riscontra talora una equivocità di concetti, con conseguente frammentazione del diritto tributario nei diritti delle singole leggi di imposta.
Lo stesso legislatore, non solo fiscale, ha recentemente adottato la tecnica di far precedere alla disciplina normativa una serie di definizioni dei termini usati nel testo legislativo. Nulla impedisce dunque che lo stesso identico termine venga usato con significati diversi in diversi testi normativi, ma questo non favorisce i tentativi di ricostruzione sistematica.
I problemi per l'interprete sorgono quando le norme fanno riferimento a concetti che non trovano una loro definizione normativa espressa, diretta o per rinvio ad altro testo normativo. Un tentativo da sperimentare, per risolvere tali problemi interpretativi, è quello di vedere se sia possibile definire univocamente nell'ambito tributario alcuni concetti fondamentali.
Non mancano infatti segnali positivi a favore di univocità concettuale da parte dello stesso legislatore fiscale. Valga come esempio il concetto di terreno edificabile. L'articolo 36, comma 2, della "Bersani" (così per brevità chiameremo il D.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella Legge 4 agosto 2006, n. 248) nel disporre che «ai fini dell'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Iva), del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (imposta di registro), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Irpef), e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Ici), un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione della Regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo» ha posto fine, così almeno ci si augura, a quella che era stata chiamata una "storia infinita". [nota 1]
Il legislatore risolve unitariamente i contrasti dottrinali e giurisprudenziali, anche tra diverse sezioni della Corte di Cassazione, [nota 2] agli effetti non solo dell'Ici [nota 3] ma anche dell'Iva, dell'imposta sui redditi, dell'imposta di registro e per ogni profilo di disciplina, sia relativo alla base imponibile, sia alla aliquota applicabile, sia alla valutazione automatica su base tabellare.
Ci si propone di ricostruire anzitutto un concetto unitario, agli effetti tributari, di terreno agricolo. Quindi di definire agli effetti fiscali il concetto di pertinenze di terreni agricoli, con particolare riguardo ai fabbricati.
Quanto al concetto tributario di terreno agricolo, si tratta di stabilire se la qualificazione agricola di un terreno debba essere determinata con riguardo alla destinazione urbanistica impressa al terreno dagli strumenti urbanistici oppure avuto riguardo alla sua realtà naturale.
Il problema è stato già affrontato, anche recentemente, in precedenti studi del Consiglio Nazionale del Notariato. [nota 4] Il riesame delle argomentazioni addotte a sostegno delle diverse tesi e la sopra richiamata definizione unitaria operata dal legislatore per i terreni edificabili sembrano consentire una soluzione interpretativa più netta.
E' stato osservato che a favore della tesi della destinazione agricola di fatto del terreno, depone una risalente tradizione in materia di agevolazioni per l'agricoltura, secondo cui l'effettiva destinazione a tale attività attrae nell'orbita dell'agevolazione anche il terreno che consenta utilizzazioni urbanistiche diverse da quella agricola. La quale tradizione sembra poggiare sulla considerazione che, in genere, la regolamentazione urbanistica, anche quando prevede utilizzazioni edificatorie, normalmente non le impone, e quindi non impedisce il naturale sfruttamento agricolo. In ispecie il riferimento alla destinazione agricola "di fatto" sembrerebbe preferibile e più coerente anche con gli obblighi che discendono dalla costituzione del compendio unico o dalla Ppc. Se, infatti, si privilegiasse la destinazione urbanistica, si dovrebbe conseguentemente ritenere che causa della cessazione della destinazione possa essere anche il mutamento di previsioni urbanistiche, che opererebbe a danno del beneficiario ancorché continui diligentemente a condurre e a coltivare il terreno.
In particolare vi sono norme agevolative, quali in materia della così detta piccola proprietà contadina (Ppc) - ma analoghe considerazioni possono valere anche per il compendio unico - che implicano una capacità produttiva e reddituale del terreno, legata anche alla sua coltura, per cui potrebbe sembrare preferibile il criterio della realtà fisica, per il quale rileva la concreta vocazione agricola, a prescindere dalla qualifica urbanistica. Occorre tuttavia tenere conto di un dato storico: la c.d. zonizzazione ovvero la suddivisione del territorio comunale ad opera dello strumento urbanistico in zone territoriali omogenee a diversa destinazione, ha trovato attuazione solo in applicazione della legge 6 agosto 1967, n. 765 - c.d. legge Ponte e del correlativo D.M. 2 aprile 1968, mentre le agevolazioni concesse a favore dei coltivatori diretti in relazione agli acquisti di terreni risalgono a data anteriore. La stessa terminologia usata allora dal legislatore, per cui agevolazioni e benefici erano concessi per gli acquisti non di terreni agricoli e loro pertinenze, ma di "fondi rustici", rispecchiava una situazione in cui il territorio comunale era sostanzialmente diviso tra perimetrazione urbana e zona rustica al di fuori di tale perimetrazione.
Tuttavia il principio della destinazione urbanistica ha esplicato la sua influenza in materia, tanto è vero che il beneficio del diritto di prelazione legale a favore dei coltivatori diretti, affittuari o proprietari confinanti, è stato escluso per i terreni con destinazione urbanistica incompatibile con quella agricola. Stabilisce infatti il secondo comma dell'articolo 8 della legge n. 590 del 1965 che «la prelazione non è consentita … quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica».
E l'obiezione per cui tale esclusione è oggetto di una norma speciale, che si riferisce esclusivamente alla prelazione legale agraria, non estensibile ad altri benefici, creditizi e fiscali, disposti a favore della formazione ed arrotondamento della proprietà diretto coltivatrice, con il correlativo argomento interpretativo dell'ubi lex voluit, dixit, sembra possa essere superata, in quanto agevolazioni fiscali e creditizie per l'acquisto di terreni agricoli e loro pertinenze e diritto di prelazione sono gli strumenti utilizzati dal legislatore per una unica comune finalità, quella di favorire, nel generale interesse dello sviluppo dell'agricoltura, la riunione nella stessa persona della qualità di proprietario del fondo e di lavoratore della terra con la formazione di imprese diretto-coltivatrici, efficienti sotto il profilo tecnico ed economico, per cui non si ravvisano ragioni, laddove non sia realizzabile tale finalità, per escludere la prelazione per l'acquisto, ma agevolare lo stesso sotto il profilo fiscale. Tanto più a seguito della nuova definizione agli effetti tributari di terreno edificabile data dal legislatore, sostanzialmente coincidente con quella rilevante agli effetti dell'esclusione della prelazione legale agraria.
Più in generale si osserva che le agevolazioni per la agricoltura riguardano i terreni destinati alla produzione agricola così come quelle per l'edilizia riguardano i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, per cui la qualificazione degli uni e degli altri non può che essere operata sullo stesso piano, nella valutazione degli interessi dell'economia da parte del legislatore fiscale, ovvero in base alle destinazioni del territorio che la competente pubblica autorità decide, in considerazione degli interessi dell'economia.
Lo strumento fiscale, oltre che per agevolare gli acquisti di terreni agricoli da parte di agricoltori, è utilizzato anche in negativo. Così, ad esempio, la differenziazione di aliquote dell'imposta di registro tra imprenditori agricoli a titolo principale, ora imprenditori agricoli professionali (8%), e altri soggetti (15%) è stata fatta per disincentivare l'acquisto di terreni agricoli (destinati cioè alla agricoltura) da parte di non agricoltori. Disincentivazione che non ha ragion d'essere nel caso di terreni a destinazione urbanistica diversa da quella agricola, per i quali infatti non vi è differenziazione di aliquote (essendo tutti soggetti all'aliquota ordinaria dell'8%).
Con il D.l. 223/2006, convertito nella L. 248/2006, il legislatore fiscale ha dato una definizione unitaria agli effetti tributari dei terreni edificabili (4-bis) come quelli utilizzabili a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della Regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.
Il concetto fiscale di terreno edificabile non sembra compatibile e sovrapponibile con quello fiscale di terreno agricolo, per cui debbono ritenersi esclusi dalla normativa fiscale dettata per i terreni agricoli quelli per i quali gli strumenti urbanistici, anche solo adottati, prevedono la destinazione edificatoria, anche se di fatto sarebbero suscettibili di sfruttamento agricolo.
A questo punto si è data una definizione in negativo dei terreni agricoli (non sono tali quelli edificabili), ma occorre dare risposta ad un ulteriore quesito. Il criterio della previsione urbanistica comporta che solo i terreni classificati in zone agricole (zone E, secondo il D.M. 2 aprile 1968) siano qualificabili agli effetti fiscali come agricoli, oppure è sufficiente che la destinazione urbanistica non sia incompatibile con la utilizzazione agricola del terreno? Si potrebbe infatti sostenere che, se di fatto utilizzati o utilizzabili per attività agricola, possano essere considerati agricoli, sotto il profilo fiscale anche i terreni inedificabili con destinazioni tuttavia diverse da quella agricola.
In precedenti studi del Cnn [nota 5] sono stati individuati terreni diversi da quelli edificabili, ma altresì diversi da quelli agricoli, per i quali deve ammettersi il criterio di valutazione automatica. [nota 6]
Con la novella del D.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006, n. 248, è stata data una definizione unitaria agli effetti tributari di terreni edificabili, valida non solo agli effetti dell'imposta di registro, ma agli effetti Iva e delle Imposte su redditi, fondata sulle previsioni dello strumento urbanistico generale adottato, quindi su una qualificazione che fa riferimento alla destinazione giuridica e non a quella di fatto. Lo stesso programma per l'adempimento unico, approvato dal Ministero dell'Economia, prevede tre possibili qualificazioni dei terreni: edificabili, agricoli, non agricoli e non edificabili, ammettendo quindi l'esistenza di un tertium genus, urbanisticamente qualificato, al quale non sono applicabili le disposizioni dettate per i terreni edificabili, ma al quale, per simmetria e coerenza neppure possono ritenersi applicabili le disposizioni dettate per i terreni agricoli (ad esempio, per restare nell'ambito dell'imposta di registro, la aliquota del 15% nel caso di acquisto da parte di soggetto che non sia imprenditore agricolo, ma neppure le aliquote agevolate previste a favore dell'agricoltura e così per la c.d. Ppc, per il compendio unico, per i giovani agricoltori, per la ricomposizione fondiaria).
Tale tesi potrebbe per altro incontrare una obiezione. Si è detto che uno degli strumenti utilizzati dal legislatore a favore della formazione di efficienti imprese agricole diretto coltivatrici è quello della prelazione legale e che la prelazione legale agraria è esclusa solo nel caso di terreni che, in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica. Laddove si tratti di aree di terreno non a destinazione produttiva agricola, ma inedificabili, la prelazione potrebbe essere ammessa. In effetti parte della dottrina e della giurisprudenza [nota 7] si sono pronunciate in tal senso, in particolare con riferimento alla destinazione a verde pubblico, considerata urbanisticamente compatibile con la utilizzazione agricola. [nota 8]
A noi pare che anche la destinazione a verde pubblico (giardini, parchi, gioco bimbi e simili) nell'ambito od a servizio di una zona diversa da quella agricola, non sia compatibile con la destinazione agricola e che l'unica tipologia di aree di terreno non a destinazione agricola, per le quali sia sostenibile l'equiparazione ai terreni agricoli, sia quelle delle aree di salvaguardia ambientale, nelle quali l'unica utilizzazione ammessa è quella agricola.
Altre destinazioni non edificatorie, ma urbanisticamente non compatibili con quella agricola, devono considerarsi preclusive del diritto di prelazione legale agraria. La norma nella sostanza esclude la prelazione se il terreno è destinato a perdere la natura di terreno agricolo per acquisire natura di bene edificabile o comunque da utilizzare per scopi diversi da quelli agricoli. [nota 9] Per analoghe ragioni devono escludersi dai benefici fiscali a favore della agricoltura gli acquisti di terreni con destinazione giuridica urbanisticamente non compatibile con quella agricola.
Passiamo all'esame del concetto tributario di pertinenze di terreni agricoli, con particolare riferimento ai fabbricati.
Il trattamento tributario previsto per i terreni agricoli viene ordinariamente esteso anche alle pertinenze ed in particolare ai fabbricati pertinenziali.
Per quanto riguarda l'imposta di registro è fissato in via generale il principio per cui le pertinenze sono in ogni caso soggette alla disciplina prevista per il bene al cui servizio od ornamento sono destinate (art. 23, comma 3, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131).
In applicazione di tale principio, l'art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, assoggetta alle stesse aliquote previste per i terreni agricoli le loro pertinenze.
Il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, recante "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura", modificato con il D.lgs. 15 giugno 2005, n. 101, in diverse disposizioni [nota 10] fa riferimento ai terreni o immobili agricoli e relative pertinenze, inclusi i fabbricati.
In precedenza il legislatore ha prevalentemente utilizzato una diversa terminologia, quella di «fondi rustici», [nota 11] tali intendendosi i terreni agricoli con eventuali entrostanti fabbricati rurali, estendendo per altro le agevolazioni dettate per gli acquisti di terreni agricoli, anche a fabbricati non situati nel fondo, ed anche censiti in catasto fabbricati, se destinati all'abitazione del coltivatore diretto e dei familiari conviventi, al ricovero del bestiame, al ricovero e alla custodia dei prodotti, delle sementi, dei concimi, dei mangimi e dei mezzi di coltivazione, alla prima lavorazione dei prodotti.
Anche per quanto riguarda le agevolazioni fiscali per la formazione o arrotondamento della "piccola proprietà contadina" o "proprietà coltivatrice", contemplate in diverse disposizioni normative, che si sono succedute nel tempo, [nota 12] con previsione prima di riduzioni delle imposte di registro ed ipotecaria, quindi con l'applicazione delle stesse in misura fissa, le stesse sono state riconosciute spettare per gli acquisti di terreni agricoli e relative pertinenze, inclusi i fabbricati e le aree per la costruzione degli stessi. [nota 13]
Si tratta di stabilire se esista un concetto tributario di fabbricato pertinenza di terreno agricolo agricola o se per la sua definizione, salvo deroghe espresse, debba farsi riferimento alla nozione civilistica di pertinenza di cui all'articolo 817 e seguenti del c.c., come cosa destinata in modo durevole dal proprietario della cosa principale o da chi abbia un diritto reale sulla cosa principale, a servizio od ornamento di quest'ultima, con la ricorrenza, secondo la prevalente giurisprudenza, [nota 14] del requisito soggettivo dell'appartenenza, a titolo di proprietà o comunque a titolo reale, del bene accessorio e del bene principale al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale il bene accessorio deve arrecare una "utilità" al bene principale, e non al proprietario di esso. [nota 15] La tesi del rinvio alla nozione civilistica è sostenuta in particolare per quanto riguarda l'imposta di registro. [nota 16] Pertanto non sarebbe congruente il riferimento ad altre normative, urbanistiche o catastali, salva l'ipotesi in cui riferimento a queste ultime sia operato dalla stessa normativa fiscale. Restando sempre nell'ambito dell'imposta di registro, in applicazione del succitato principio dell'assoggettamento delle pertinenze allo stesso regime del bene principale e del riferimento al concetto civilistico di pertinenza, si dovrebbe poter affermare che in generale le agevolazioni fiscali concesse per gli acquisti di terreni agricoli devono ritenersi applicabili all'acquisto delle pertinenze. Senonché sul concetto di pertinenza del terreno agricolo ha fortemente inciso, anche sotto il profilo fiscale, la succitata normativa speciale in materia agraria. Sotto il profilo strettamente civilistico il rapporto di servizio deve intercedere tra due beni, quello principale e quello pertinenziale, e l'utilità deve essere apportata al bene principale e non al proprietario di esso o alla attività svolta dal proprietario. Ma per il terreno agricolo prevale una visione economico-aziendalistica, come bene produttivo, per cui il rapporto pertinenziale viene a configurarsi in funzione dell'attività dell'impresa agricola e pertanto sono stati e sono considerati pertinenze o comunque inclusi nei regimi agevolati tutti i fabbricati funzionali alla attività agricola, e così, oltre a quelli destinati alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione, al ricovero degli animali, alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli ed alle attività di manipolazione e trasformazione di tali prodotti, anche di quelli destinati ad abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, ancorché non situati sul fondo. [nota 17] Inoltre il terreno agricolo, anche di piccole dimensioni e di valore notevolmente inferiore al fabbricato, viene comunque considerato come bene principale. [nota 18]
Tale concetto economico-aziendalistico è anche alla base della nozione di costruzioni rurali contenuta nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con il D.lgs 344/2003. [nota 19]
Per quanto concerne l'Ici, ove trova applicazione in generale il concetto di trattamento delle pertinenze secondo il regime proprio del bene principale, [nota 20] in base al suddetto concetto economico-aziendalistico del rapporto di servizio tra terreno agricolo e fabbricati, è prevista la esenzione da autonoma tassazione (dovendosi ritenere ricomprese nella tassazione dei terreni agricoli di cui costituiscono pertinenza) delle costruzioni, anche se iscritte al catasto dei fabbricati, strumentali all'esercizio dell'attività agricola, ancorché destinate ad edilizia abitativa da parte del soggetto che conduce il terreno cui le costruzioni medesime sono asservite. [nota 21]
In materia di Iva, l'art. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, dopo aver disposto che non sono costituiscono cessioni di beni quelle che hanno per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria, stabilisce che non costituisce utilizzazione edificatoria la realizzazione delle opere indicate nell'art. 9 lettera a) della L. 10/1977 (ora art. 17 comma 3 del T.U. dell'edilizia) ovvero delle costruzioni nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, realizzate in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore professionale. Ciò tuttavia non comporta una limitazione del concetto di fabbricato pertinenza di terreno agricolo, nel senso che la cessione di terreni agricoli con fabbricati pertinenziali non situati sul fondo stesso o comunque non ubicati in zona agricola sia al di fuori dell'ambito di applicazione dell'Iva solo per quanto riguarda il terreno agricolo e sia invece considerata cessione agli effetti Iva per quanto riguarda il trasferimento del fabbricato. La norma è infatti finalizzata a chiarire che cosa debba intendersi per utilizzazione edificatoria di cui sia suscettibile il terreno e non a derogare a quello che, a questo punto, si può ritenere un principio generale dell'assoggettamento delle pertinenze allo stesso trattamento fiscale del bene principale e, per quanto riguarda le costruzioni rurali, sia residenziali, sia di servizio, allo stesso regime del terreno agricolo cui sono asservite.
In conclusione sembra possa affermarsi che esiste un concetto tributario, per certi versi più ampio di quello civilistico, per altri versi soggetto alla ricorrenza di determinate condizioni, di costruzioni rurali pertinenza di terreni agricoli, quale risultante dall'art. 42 del nuovo T.U.I.R. e dall' art. 2 del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, che ha stabilito i criteri per il riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali, rilevante anche agli effetti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale e delle relative agevolazioni in materia, sia per quanto riguarda le aliquote, sia per quanto riguarda la base imponibile e la c.d. valutazione automatica. [nota 22]
Più in generale il concetto di pertinenza nel diritto tributario pare influenzato da elementi aziendalistici. In tal senso non pare insostenibile che, non solo fabbricati, ma immobili in genere, destinati ad esempio alle attività connesse con quella principale agricola, possano rientrare in tale concetto di pertinenze ed essere soggetti allo stesso regime fiscale. Tema questo che comunque richiederebbe più ampi approfondimenti.
Regimi fiscali agevolati e conseguenze sulla negoziabilità dei beni - I vincoli di destinazione agricola
In ambito agrario si possono distinguere vincoli imposti nell'interesse pubblico, per ragioni della pubblica economia, la cui violazione è sanzionata con la nullità e vincoli intesi a garantire il perseguimento delle finalità per le quali vengono previsti determinati regimi fiscali o concessi determinati benefici tributari, ad evitare un "abuso" dei benefici stessi, la violazione dei quali è sanzionata con la decadenza dalle agevolazioni tributarie. L'approfondimento della diversità delle ragioni del diverso regime sanzionatorio è per altro ciò che ci si propone attraverso l'esame delle diverse normative.
I vincoli possono essere oggettivi (nel senso che si riferiscono direttamente al fondo acquistato mirando alla conservazione delle sue dimensioni o alla sua utilizzazione agricola) o soggettivi (che riguardano il titolare del fondo acquistato, sia nella sua identità - come nel caso della inalienabilità - sia nella sua attività - come nel caso dell'obbligo di non cessare la coltivazione del fondo o nella necessità del mantenimento di una certa qualificazione professionale).
Tra i vincoli sanciti a pena di nullità vi è il vincolo di indivisibilità previsto dall'articolo 11 della legge 14 agosto 1971, n. 817 (G.U. 14 ottobre 1071, n. 261, in vigore dal 29 ottobre 1971), originariamente trentennale e ridotto a quindici anni [nota 23] con il D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (art. 11), gravante sui fondi rustici acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato e, dopo il 30 giugno 1972, con il trasferimento delle competenze in materia di agricoltura alle Regioni, dalle Regioni, per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice, dopo l'entrata in vigore della succitata L. 817/1971. [nota 24] Si tratta di un vincolo posto dal legislatore in via generale allo scopo di evitare che, attraverso successive divisioni, si determini, in contrasto con gli interessi dell'economia, la polverizzazione della proprietà coltivatrice formatasi con l'intervento finanziario pubblico. Esso fulmina di nullità tutti gli atti, sia inter vivos che mortis causa, che determinino o siano predisposti a determinare il frazionamento del fondo. [nota 25] Ed è un vincolo di natura oggettiva, nel senso che non preclude la possibilità di alienazione, volontaria o forzata, né più in generale il mutamento soggettivo della titolarità del fondo, ma richiede solamente che il fondo stesso, se alienato, lo sia nella sua interezza, o in caso di più soggetti titolari in comunione del fondo stesso, che esso non venga diviso. [nota 26]
Il vincolo di indivisibilità di cui trattasi può essere revocato, in tutto o in parte, dai competenti organi regionali:
- qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi vincolati siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Nella ipotesi contraria, si applicano le disposizioni dell'articolo 720 c.c., dettate per gli immobili non divisibili (art. 11 L. 817/1971);
- nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti [nota 27] (art. 11, comma 4, D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228) a condizione che la porzione di terreno interessata sia tale da consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie (periodo aggiunto con il decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 101). [nota 28]
Il vincolo di indivisibilità può altresì essere revocato dall'Ismea, nell'ipotesi di terreni assegnati attraverso il regime di aiuto fondiario n. 110/2001/Italia, limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato (comma 4-bis dell'articolo 11, D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, aggiunto con il D.lgs. 27 maggio 2005, n. 101). Il fatto che non sia prevista una corrispondente ipotesi che legittimi in generale i competenti organi regionali a revocare il vincolo per ogni ipotesi di terreno interessato da procedura di espropriazione per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato si spiega con la considerazione che ciò presuppone una intervenuta destinazione urbanistica incompatibile con l'uso agricolo, per cui la revoca potrà essere disposta in base alla mutata destinazione urbanistica, anche prima dell'inizio della procedura espropriativa.
Un'altra ipotesi di revoca del vincolo è prevista per i fondi per i quali l'indivisibilità abbia mantenuto durata trentennale, quando, decorsi almeno 15 anni dall'acquisto, si tratti di consentire ad un componente di impresa familiare, che non abbia ancora compiuto i quaranta anni (c.d. giovane agricoltore), di dividere il fondo rustico su cui si esercita l'impresa familiare stessa, qualora le porzioni divise abbiano caratteristiche tali da realizzare imprese efficienti sotto il profilo tecnico ed economico (art. 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 441).
Altro vincolo di indivisibilità sancito a pena di nullità è quello previsto dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 (disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), e), della legge 7 marzo 2003, n. 38) modificato ed integrato con il D.lgs. 27 maggio 2005, n. 101, per il "compendio unico" .
Il compendio unico, che ha già formato oggetto di precedenti studi del Cnn, sia sotto i profili tributari, [nota 29] sia sotto quelli civilistici [nota 30] ai quali si rinvia sia per gli approfondimenti, sia per le ampie citazioni dottrinali e giurisprudenziali, ha sostituito la minima unità colturale già prevista dal codice civile (art. 846, 847, 848, abrogati) ed è finalizzato alla modernizzazione dell'agricoltura, agevolando - soprattutto con incentivi fiscali [nota 31] - la formazione di aziende agricole che, sotto l'aspetto produttivo, abbiano dimensioni non inferiori a quella minima ritenuta necessaria per assicurarne l'efficienza e la competitività.
Come è stato osservato [nota 32] «in sostanza, la nuova disciplina consente di costituire il compendio unico usufruendo di un regime fiscale particolarmente favorevole, e stabilisce la nullità degli atti tra vivi e delle disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio, dettando una speciale disciplina per la "successoria agraria"».
A sensi dell'art. 5-bis (Conservazione dell'integrità aziendale) del D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, introdotto dal citato D.lgs. 99/2004 e successive modificazioni, [nota 33] ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (Ce) nn. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni. Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è concessa la esenzione da imposta di registro, ipotecaria, catastale e di bollo e di ogni altro genere. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, se collocati nello stesso comune o in comune limitrofo, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a Notaio nelle forme dell'atto pubblico. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei Notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai direttori degli uffici competenti. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico.
Si rileva che nella citata normativa oltre al vincolo di indivisibilità decennale decorrente dalla costituzione del compendio unico, vincolo di natura oggettiva, la cui violazione è sanzionata con la nullità, che non impedisce il trasferimento dell'intero compendio unico, né la successione nel medesimo, è previsto un secondo vincolo, di natura soggettiva, sanzionato con la decadenza dalle agevolazioni fiscali, consistente nell'onere di coltivarlo o condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dalla data del trasferimento.
Tra i vincoli a carattere oggettivo vi è quello di destinazione ad uso agricolo del terreno o delle relative pertinenze, per 10 anni dall'acquisto, previsto per l'ipotesi contemplata nell'art. 1, comma 2, della Tariffa - parte prima unita al T.U. 26 aprile 1986, n. 131. Il suddetto articolo 1, allo scopo di disincentivare l'acquisto di terreni agricoli da parte di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli professionali, assoggetta il trasferimento dei terreni agricoli e loro pertinenze all'aliquota del 15%, riservando l'ordinaria aliquota dell'8% (prevista per i terreni in genere) a favore degli imprenditori agricoli professionali e di coloro che dichiarino di volere conseguire tale qualifica e la conseguano entro due anni dall'acquisto. Nella Nota 1 al detto articolo è prevista la decadenza dal beneficio della minor aliquota «nel caso di destinazione dei terreni, o delle relative pertinenze, diversa dall'uso agricolo che avvenga entro dieci anni dal trasferimento». Come osservato in precedente studio del Cnn, [nota 34] al quale si rinvia per una più ampia disamina, «il beneficio è concesso, "soggettivamente", a quei soggetti ed enti che abbiano o intendano acquisire determinate qualifiche imprenditoriali nel settore agricolo: «ciò in quanto il legislatore ha inteso concedere il beneficio fiscale a colui che è o diventa imprenditore agricolo, cioè tenendo conto di una realtà in atto o in fieri» e, "oggettivamente", al fine di mantenere, per un congruo periodo di tempo (dieci anni), la produttività agricola dei terreni e delle pertinenze acquistate». «Il legislatore fiscale si preoccupa che, nel termine di dieci anni dall'acquisto per il quale è stata applicata una aliquota ridotta di imposta, continuino la destinazione e la utilizzazione dell'immobile per l'esercizio dell'agricoltura e non se ne muti la destinazione e l'uso agricoli». La sanzione prevista è esclusivamente quella fiscale, poiché la norma non è intesa a tutelare direttamente interessi pubblici ed in particolare quello della integrità fondiaria.
Esaminiamo infine, per gli aspetti che ci interessano, il più importante dei vincoli di natura soggettiva, quello concernente il divieto di volontaria alienazione o di cessazione dalla coltivazione, previsto dalla normativa per la c.d. piccola proprietà contadina o proprietà diretto coltivatrice. Tralasciando per brevità la normativa anteriore, [nota 35] ricordiamo che la legge 6 agosto 1954, n. 604, che prevedeva agevolazioni fiscali per gli atti di formazione e di arrotondamento della piccola proprietà contadina, all'articolo 7 comminava la decadenza dalle agevolazioni, da parte dell'acquirente, qualora il fondo fosse stato rivenduto prima di un certo termine dall'acquisto. La sanzione della decadenza dalle agevolazioni fiscali è perfettamente congruente con la natura soggettiva del vincolo e con il fatto che l'interesse alla formazione di aziende agricole familiari è perseguito attraverso lo strumento dei benefici tributari. Tali benefici, tutt'ora applicabili, sono poi stati stabiliti con l'articolo 28 della legge 2 giugno 1961, n. 454, nella applicazione in misura fissa delle imposte di registro e ipotecaria «sugli atti inerenti alla formazione, all'arrotondamento, o all'accorpamento della piccola proprietà contadina, fatti ai sensi delle vigenti leggi». [nota 36]
Per favorire la formazione di imprese diretto coltivatrici il legislatore ha successivamente utilizzato altri due strumenti, quello dei benefici creditizi e quello della prelazione legale agraria. I benefici creditizi furono disposti con legge la legge 2 giugno 1961, n. 454, denominata "Piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura". finalizzata a determinare «lo sviluppo economico-sociale dell'agricoltura, da realizzare promuovendo la formazione ed il consolidamento di imprese efficienti e razionalmente organizzate, in specie di quelle a carattere familiare, l'incremento della produttività e della occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e la elevazione dei redditi di lavoro delle popolazioni rurali, l'adeguamento della produzione agricola alle richieste dei mercati interni ed internazionali», senza che fossero previsti (salvo che per agevolazioni in materia di imposte dirette), divieti o decadenze. E' con la legge 26 maggio 1965, n. 590 che vengono disciplinati, anche sotto il profilo "sanzionatorio" i vincoli connessi sia ai benefici fiscali, sia a quelli creditizi. In particolare l'articolo 28, al primo comma, estende a dieci anni il divieto di alienazione già previsto dalla normativa precedente, per i fondi rustici acquistati con le agevolazioni previste per la formazione o arrotondamento della c.d. piccola proprietà contadina ed al secondo comma stabilisce, per la stessa durata il divieto temporaneo di estinzione anticipata del mutuo concesso con i benefici creditizi e il divieto temporaneo di vendita del fondo acquistato con i benefici previsti dalla stessa L. 590/1965.
L'articolo 11 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 ha previsto una attenuazione dei vincoli in materia di proprietà coltivatrice, stabilendo che il periodo di decadenza dai benefici previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà coltivatrice è ridotto da dieci a cinque anni, che la estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefici non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto, e che non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo vincolativo, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile ed in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore.
Le disposizioni dell'art. 28 della legge 590/1965, come sopra modificato dal D.lgs. 288/2001, oggetto di precedenti studi del Cnn, [nota 37] ha dato luogo a discordanti interpretazioni, sia in dottrina che in giurisprudenza. In particolare la Cassazione, dopo che in diverse sentenze [nota 38] aveva sostenuto che nell'ipotesi prevista dal secondo comma del citato art. 28 (fondi acquistati con le agevolazioni creditizie e con i benefici fiscali previsti dalla L. 590/1995), la norma si limiterebbe a sancire la decadenza dai benefici della concessione dei mutui e delle agevolazioni tributarie goduti per l'acquisto, che andrebbero perduti in caso di rivendita prima dei dieci anni dall'acquisto, così come nel primo comma (fondi acquistati con le agevolazioni fiscali concesse dalla precedente normativa in materia di proprietà diretto coltivatrice) è prevista la decadenza dalle agevolazioni fiscali, con sentenza 11 giugno 1992, n. 7159, ha affermato che il secondo comma dell'articolo 28 della legge 26 maggio 1965, n. 590, sancirebbe la nullità dell'atto di rivendita, prima del decorso dei dieci anni dall'acquisto.
Si può ritenere che la Cassazione, nella detta sentenza, oltre che mossa dall'intento di dare una autonoma giustificazione al secondo comma dell'art. 28 della L. 590/1965, rispetto al primo, differenziando la sanzione, sia stata influenzata dalla tesi, sostenuta in dottrina in relazione al vincolo di indivisibilità previsto dall'articolo 11 della legge 14 agosto 1971, n. 817, secondo la quale la sanzione di nullità sarebbe comminata nei casi in cui, per il raggiungimento della finalità delle formazione di aziende agricole efficienti, lo Stato non si limiti a concedere agevolazioni tributarie, ma appresti provvidenze creditizie con oneri finanziari a proprio carico. In effetti, come è stato osservato, [nota 39] «la spiegazione più plausibile appare invece un'altra: con il primo comma l'art. 28 si è limitato a richiamare, nella sostanza, la precedente disciplina sulla decadenza dalle agevolazioni fiscali, ampliando il termine ivi previsto; per effetto di questo primo comma, pertanto, trova completa applicazione la disciplina della L. 454/1961, che si limitava a prevedere la decadenza dalle agevolazioni fiscali per la rivendita del fondo entro il previsto termine. Con il secondo comma dell'art. 28 della L. 590/1965, invece, si è tentato di porre un argine alle agevolazioni finanziarie, argine perfettamente in linea con le nuove provvidenze creditizie disciplinate dalla legge n. 590 del 1965, che non potevano restare ritagliate sulla base dell'argine già esistente per le provvidenze previste dalla legislazione anteriore per le agevolazioni fiscali. Sotto altro profilo, per contestare l'affermazione che si tratti di nullità può valere un'ulteriore riflessione: si è detto (sempre dalla predetta sentenza della Cassazione del 1992) che la sanzione della nullità si sovrappone alla sanzione della decadenza, determinandosi una contemporanea applicazione di due diverse sanzioni». Ma tale affermazione è incongruente, perché la decadenza presuppone un atto valido e produttivo di effetti e di vantaggi. Infine si osserva che il secondo comma dell'art. 28 fa riferimento «al fondo acquistato con i benefici della presente legge» e che la L. 590/1965 non è la legge che prevede i benefici fiscali per la formazione o arrotondamento della proprietà contadina, ma quella che prevede benefici creditizi per tali acquisti.
La questione è stata ormai comunque risolta con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione 2-28 marzo 2006, n. 7033, che ha stabilito che l'articolo 28, secondo comma, della L. 590/1965, deve essere interpretato nel senso che in caso di rivendita del fondo, prima del termine, l'acquirente incorre esclusivamente nella decadenza dai benefici fiscali, ferma, comunque, la validità dell'atto posto in essere ed esclusa ogni sanzione di nullità.
Con il D.lgs. 99/2004 le agevolazioni in materia di imposte indirette e creditizie riconosciute dalla normativa vigente a favore dei coltivatori diretti, sono state estese anche all'imprenditore agricolo professionale iscritto nella relativa gestione previdenziale Inps ed alle società equiparate allo Iap persona fisica. Per tali soggetti, diversi dai coltivatori diretti, non è espressamente previsto un obbligo di conduzione per cinque anni, né un divieto di alienazione per cinque anni dall'acquisto, mentre è espressamente stabilito, a seguito delle modifiche e integrazioni introdotte con il D.lgs. 27 maggio 2005, n. 101, tanto per l'imprenditore agricolo (persona fisica o società ad esso equiparata), quanto per c.d. società di coltivazione diretta [nota 40] che la perdita dei requisiti … nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni, determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. Ci si è chiesto se la decadenza sia anche correlata alla mancata conduzione per cinque anni od alla alienazione prima del decorso del quinquennio dall'acquisto, propendendo, pur dubitativamente, per una risposta positiva. [nota 41]
Dal breve esame del sistema dei vincoli in materia agricola pare si possano ricavare i seguenti principi, che, nel dubbio, ci sembra possano essere utilizzati a fini interpretativi.
I vincoli oggettivi posti a tutela dell'integrità fondiaria ed aziendale, nel pubblico interesse dell'economia, e così tipicamente i vincoli di indivisibilità, trovano generalmente garanzia della loro osservanza attraverso la espressa comminatoria della sanzione della nullità degli atti intesi a violarli. Tali vincoli possono venir meno in caso di mutamento della destinazione urbanistica, non compatibile con la destinazione agricola, ma a condizione che ciò non comporti la perdita di efficienza dell'azienda agricola la cui formazione si è inteso promuovere ed agevolare, con la riduzione al di sotto dei limiti dimensionali minimi. Si tratta infatti di contemperare due interessi entrambi di natura pubblica, quello attuale della economia agricola e quello programmatico della pianificazione urbanistica. Quando per altro quest'ultimo venga a rivestire carattere di attuale necessità ed urgenza, si ritiene che il vincolo di indivisibilità debba cedere allo strumento della espropriazione per pubblica utilità.
I vincoli sia oggettivi, sia soggettivi, aventi a contenuto oneri di coltivazione o conduzione per una determinato periodo di tempo o divieto di alienazione prima del decorso di un certo termine, connessi ad agevolazioni tributarie o anche creditizie, sono sanzionati con la comminatoria della decadenza dalle agevolazioni stesse. E quando trattasi di vincoli di natura soggettiva la decadenza deve essere esclusa quando la cessazione dalla coltivazione o conduzione o la alienazione, prima del termine stabilito dalla legge, non sia imputabile alla volontà del soggetto agevolato e sono comunque destinati a cedere di fronte ad interessi di natura pubblica, come il mutamento della destinazione urbanistica, non compatibile con la utilizzazione agricola o la espropriazione per pubblica utilità. [nota 42]
PARTE SECONDA - Profili soggettivi
L'imprenditore agricolo dopo la "modernizzazione". Nozione e tipologie
Dal 2001 in poi, il legislatore nazionale si è occupato dell'imprenditoria agricola più volte, ridefinendone il profilo di diritto privato ed introducendo provvidenze ed agevolazioni, con lo scopo, dichiarato, di rivitalizzare e modernizzare il settore.
L'operazione è stata iniziata con i decreti legislativi n. 226, 227 e 228 del 2001, (portanti una diversa delimitazione del confine tra le due figure di imprenditore, agricolo e commerciale) ed è proseguita con il D.lgs. n. 99 del 29 marzo 2004 (entrato in vigore il 7 maggio 2004) integrato con D.lgs. n. 101 del 27 maggio 2005 (entrato in vigore il 30 giugno 2005) (in virtù dei quali ultimi provvedimenti sono stati introdotti l'imprenditore agricolo professionale - in sigla Iap - nella duplice versione dell'imprenditore persona fisica e dell'imprenditore in forma societaria e la società di coltivazione diretta ).
Le innovazioni, in linea con gli orientamenti europei riguardanti la politica agricola comune, si sono preoccupate anche di rispettare la ripartizione delle competenze Stato/Regioni derivante dalla nuova formulazione dell'art. 117 della Costituzione (L. Cost. n. 3 del 18 ottobre 2001). Infatti, l'agricoltura rientra tra le materie di competenza esclusiva delle Regioni ed il legislatore statale può interferirvi solo disciplinando settori che attengano ad aspetti della materia "agricola" ascrivibili al campo di riserva statale, come quelli della previdenza sociale (art. 117 lett. o) Cost.), del sistema tributario (art. 117 cit. lett. e) Cost.) e dell' ordinamento civile (art. 177, lett. l) Cost.). E' per tale motivo che le definizioni contenute nel D.lgs. 99/2004 («è imprenditore agricolo professionale colui … ») sono date «ai fini dell'applicazione della normativa statale» (art. 1 comma 1 D.lgs. 99/2004, art. 4-bis L. 228/2001 introdotto dall'art. 3 comma 1 D.lgs. 99/2004). E' sempre per tale motivo, però, che, nel campo del diritto commerciale, la configurazione ad opera della legislazione statale deve ritenersi esclusiva, perché rientrante nell'ordinamento civile. Ne consegue che lo statuto dell'imprenditore agricolo si poggia esclusivamente sulla sua definizione fatta dalla legge dello Stato.
Riguardo alla ridefinizione dell'impresa agricola [nota 43] l'articolo 2135 c.c., novellato nel 2001, dopo aver previsto che «è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse», stabilisce che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette «alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine».
Il riferimento alle acque allarga l'orizzonte alle attività che, pur tradizionali, esulano dalla risalente correlazione con la terra.
Inoltre, la «nuova definizione neutralizza il vecchio problema dell'inquadramento dell'attività agricola nell'impresa commerciale [nota 44] allorché sia svolta senza il fondo».
Un segno aggiuntivo dell'abbandono del fondo come elemento qualificatorio viene dall'equiparazione dell'imprenditore ittico a quello agricolo, ex art. 2 D.lgs. 226/2001, imprenditore ittico che - secondo quanto stabilito dal citato art. 2 D.lgs. 226/2001 - è colui che esercita la pesca professionale e le attività connesse (definite dall'art. 3 stesso D.lgs. e consistenti, in sintesi, nella "pescaturismo", nell' "ittiturismo", in attività di ospitalità ed istruzione, di prima lavorazione del prodotto, sua conservazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione, promozione e valorizzazione).
Per un accavallarsi di equiparazioni, l'acquacoltore, che però già sulla scorta del criterio definitorio dell'art. 2135 è sicuramente imprenditore agricolo, è assimilato a sua volta all'imprenditore ittico [nota 45] (che, in quanto pescatore, si limita a raccogliere gli organismi acquatici, senza curarne l'allevamento).
Un ulteriore segnale di superamento dei criteri tradizionali viene dall'estensione della qualifica di imprenditore agricolo alle cooperative e loro consorzi che forniscono servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali (c.d. bioingegneria) che, pur non svolgendo attività di agricoltura in senso tecnico, sono equiparati agli imprenditori agricoli dall' art. 8 D.lgs. 227/2001.
Si aggiunga, infine, che si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (art. 1 comma 2 D.lgs. 228/2001).
Insomma, per definizioni ed equiparazioni, viene a cadere il risalente filo conduttore dell'attività di impresa agricola, la quale, al culmine della sua ipertrofia, spazia dalla coltivazione all'allevamento, non disdegna le acque e abbraccia pure i servizi in agricoltura, potendo perfino prescindere da quel legame con i cicli biologici che, con una certa retorica, l'art. 2135 c.c. asserirebbe essere imprescindibile.
Così allargata la categoria dell'imprenditore agricolo, la ragione del suo differente statuto, tradizionalmente identificata nel c.d. doppio rischio (rischio di impresa e rischio di natura) [nota 46] appare ridimensionata, se non addirittura rimossa.
Ex art. 2135 terzo comma c.c., sono agricole anche le attività cosiddette "connesse" [nota 47] ma solo se svolte congiuntamente a quelle principali; alla stregua di questo criterio, lo svolgimento delle sole "connesse" disgiunte dalla produzione propria o la prestazione di servizi senza prevalenza di attrezzature e risorse proprie fa trasmigrare l'attività nel settore dell'impresa commerciale. [nota 48]
La configurabilità di impresa agricola senza fondo rustico sottrae una vasta gamma di attività al tipo residuale dell'impresa commerciale [nota 49] facendole accedere all'esonero dalla procedura fallimentare, [nota 50] all' esonero dalla tenuta delle scritture contabili, [nota 51] all'esonero da responsabilità per i debiti in caso di cessione d'azienda, [nota 52] alla specifica disciplina dell'affitto di fondi rustici (L. 203/1982), al regime speciale Iva (art. 34 D.P.R. 633/72), imposte dirette [nota 53] e Ici, [nota 54] al regime della pubblicità dichiarativa nel Registro delle Imprese, [nota 55] oltre che ai regimi fiscali agevolati per gli acquisti da parte di agricoltori con caratteristiche particolari.
A fronte della nozione generale di imprenditore agricolo, il sistema vigente espone varie sotto-figure rilevanti nel diritto tributario e le cui principali sono il coltivatore diretto, il giovane agricoltore, l'imprenditore agricolo professionale (Iap, nella duplice articolazione di Iap persona fisica e Iap società agricola [nota 56]) e la società di coltivazione diretta. Non mancano, però, altre figure previste da legislazioni speciali.
Il coltivatore diretto. Necessità del fondo?
Circa la coltivazione diretta, va preliminarmente ricordata la distinzione, ricavabile dall'art. 9 D.P.R. 601/1973, che si porrebbe tra coltivatore diretto e proprietario diretto coltivatore, il quale ultimo potrebbe accedere alle agevolazioni anche se non imprenditore. La differenza si giustificherebbe in funzione dello scopo di valorizzazione della montagna, rispetto al quale nessuna influenza avrebbe lo sviluppo dell'impresa.
Quanto al coltivatore diretto del fondo, il codice civile lo menziona nel definire il piccolo imprenditore, [nota 57] accomunandolo agli altri soggetti che svolgono un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Quindi, il coltivatore diretto è un imprenditore agricolo e, più precisamente, un piccolo imprenditore agricolo.
In rapporto all'ampliata gamma di attività comprese in quelle agricole, ex art. 2135 c.c., la nozione di coltivatore diretto sembra conservare una sua tradizionalità, per la persistente correlazione al fondo che compare ancora nell'art. 2083 c.c., pur temperata dall'allargamento generale della "coltivazione del fondo", secondo la definizione datane dall'art. 2135 c.c.
Ma quand'anche si dovesse ritenere preclusa al coltivatore diretto una parte delle attività consentite all'imprenditore agricolo (precipue quelle "equiparate"), non sembrerebbe valere analoga considerazione per le società di coltivazione diretta che devono, sì, avere un soggetto qualificante coltivatore diretto ma il cui oggetto sociale deve essere conformato come quello delle altre società agricole, senza ulteriori limitazioni.
Pur in presenza della norma definitoria codicistica, la legislazione fornisce anche nozioni settoriali di coltivatore diretto che, per la loro specialità, possono fare eccezione alla definizione generale, come accade in tema di disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice (art. 31 L. 590/1965) o di affitto di fondi rustici (art. 6 L. 203/1982). Secondo la giurisprudenza, la definizione fornita dalla L. 590/1965, non richiamando in alcun modo la disciplina del piccolo imprenditore, si riferisce sia all'agricoltore «imprenditore» sia all'agricoltore «che non coltivi per destinare al mercato» e poiché la definizione speciale di cui sopra vale ai fini dell'intera legge 590/1965 (che prevede anche la prelazione agraria), la stessa giurisprudenza ne ricava che i diritti di prelazione e riscatto spettano al coltivatore diretto indipendentemente dalla sua qualifica di imprenditore. [nota 58]
Nell'ambito delle ultime discipline di "ammodernamento", non è senz'altro incerto a chi intenda riferirsi il legislatore nell'attribuire la prelazione agraria anche alle società di persone, poiché l'art. 2 comma 3 D.lgs. 99/2004 prevede che «l'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto … spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile».
E' fuor di dubbio, in questo contesto, che il coltivatore diretto cui si riferisce il legislatore è il "piccolo imprenditore" definito dall'art. 2083 c.c.
Per quanto concerne le società di coltivazione diretta cui il D.lgs. 101/2005 accorda le stesse agevolazioni "riconosciute" alla società Iap, non sembra esservi motivo per discostarsi dalla stessa linea, perché, trattandosi di società, e quindi di attività d'impresa collettiva, apparirebbe incongrua l'estensione del requisito dalla persona fisica alla società ove il soggetto qualificante non fosse a sua volta imprenditore. Pertanto, pare potersi asserire che la società di coltivazione diretta beneficia delle agevolazioni se il soggetto qualificante sia munito della qualifica di "coltivatore diretto imprenditore" (e sia iscritto all'Inps).
L'imprenditore agricolo professionale. Differenza rispetto all'imprenditore agricolo (dall'attività alla qualifica).
Le attività che consentono la qualificazione
Secondo la definizione fornita dall' art. 1 D.lgs. 99/2004, è "imprenditore agricolo professionale" chi, «in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (Ce) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro, ridotti al venticinque per cento per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento (Ce) n. 1257/1999».
Nell'originario provvedimento del 2004 [nota 59] venne disegnato un contorno che tagliava fuori dal «reddito globale da lavoro» le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo. [nota 60] Dopo le correzioni apportate con il D.lgs. n. 101/2005, i compensi per l'attività svolta come soci o come amministratori - che è idonea a far conseguire la qualifica - sono inclusi nel reddito da lavoro rilevante per il requisito reddituale .
La menzionata previsione evidenzia la peculiarità del requisito conseguito mediante il lavoro in società, perché essa porta al riconoscimento della qualifica di "imprenditore agricolo professionale" anche in capo a chi, in realtà, imprenditore non sia, per l'impossibilità dell'imputazione a sé stesso dell'attività; in altre parole, l'imprenditore agricolo professionale è soggetto che deve essere munito di una certa qualificazione, ma non deve essere necessariamente imprenditore, poiché non abbisogna dell'esercizio in proprio dell'impresa e dell'esserne a capo.
Ne deriva la derubricazione di quella in esame da tipologia di imprenditore a qualifica di professionalità.
La portata di tale notazione sistematica si apprezza maggiormente in rapporto alla società "imprenditore agricolo a titolo principale", introdotta dall'art. 10 D.lgs. 228/2001, [nota 61] la cui qualificazione professionale doveva necessariamente discendere dalla presenza di un soggetto esponenziale a sua volta munito di qualifica di imprenditore.
L'ampiezza del campo riservato all'Iap, specialmente in funzione del conseguimento dei vantaggi fiscali e creditizi, va valutata anche in raffronto agli imprenditori agricoli per equiparazione.
Se persone fisiche e società dovessero svolgere o avere come oggetto sociale solo le attività indicate nell'art. 2135 c.c., allorché esse si occupassero, ad esempio, dell'attività di pesca o dell'attività di prestazione di servizi nel settore silvicolturale, potrebbero avere lo status di imprenditore agricolo (per l'espressa equiparazione) ma non quello di imprenditore agricolo professionale (poiché l'attività o l'oggetto eccederebbe il campo previsto dall'art. 2135 c.c., cui rinviano sia l'art. 1 commi 1 e 3 sia l'art. 2 comma 1, del D.lgs. 99/2004). La soluzione, però, apparirebbe eccessivamente rigorosa ed insoddisfacente, di fronte a quelle regole di equiparazione che, essendo speciali, sembrano conservare tutta la loro forza anche di fronte al mero rinvio all'art. 2135 c.c.
Se ciò è vero, anche gli esercenti le "attività equiparate" o aventi queste ultime come oggetto sociale possono assurgere alla qualificazione professionale e, correlativamente, gli imprenditori individuali ed i soggetti qualificanti delle relative società, raggiunti i livelli qualificatori richiesti all'Iap, accedono o fanno accedere al "mondo dell'Iap" (e a quello delle società di coltivazione diretta) .
Fatte queste precisazioni, occorre ancora ritornare sulla duplicità tipologica dell'Iap, che, per espresso dettato normativo, può essere sia una "persona fisica", sia una "società".
Per l'Iap "persona fisica" che sia titolare dell'impresa valgono tutte le regole generali dell'imprenditore tra cui quelle della possibile coesistenza di più attività d'impresa in capo alla stessa persona, [nota 62] della possibile titolarità dell'impresa da parte di incapace, [nota 63] dell'assoggettamento a fallimento dell'incapace esercitante impresa commerciale. [nota 64]
La società agricola. La società agricola Iap. La posizione delle persone giuridiche e degli enti diversi dalle società.
L'apporto, la pluralità di apporti, la cessazione del rapporto. Il requisito reddituale e le società
Come già detto incidentalmente, l'art. 10 del D.lgs. 228/2001, accreditando i più convincenti risultati interpretativi giurisprudenziali, [nota 65] aveva aggiunto un comma all'art. 12 della L. 153/1975 per allargare alle società la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale.
Il D.lgs. 99/2004 prosegue nella stessa linea introducendo «la società agricola, la società agricola Iap, la società agricola di persone con più della metà dei soci coltivatori diretti» e, con il D.lgs. 101/2005, anche la «società agricola con almeno un socio o un amministratore coltivatore diretto».
Nel D.lgs. 99/2004, la nozione di società agricola si ricava dall'art. 2, rubricato proprio "Società agricole", secondo cui la «società è agricola quando ha per oggetto esclusivo l'attività di cui all'art. 2135 c.c.».
Anche per l'oggetto sociale della società agricola vale quanto sopra notato per la persona fisica, includendovi le attività di impresa considerate agricole per equiparazione.
Nell'ambito delle società agricole di persone, una menzione spetta a quelle con almeno la metà dei soci aventi qualifica di coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del Registro delle Imprese, dal momento che ad esse è testualmente attribuita la prelazione agraria.
Ancor più rilevante è la figura della società Iap che, se di persone è quella che abbia almeno un socio in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari) e se di capitali o cooperativa è quella che abbia almeno un amministratore in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (precisandosi che nelle cooperative l'amministratore Iap deve essere anche socio).
Per le cooperative, [nota 66] i cambiamenti introdotti dal D.lgs. 101/2005 fanno sì che esse siano attualmente qualificate Iap da almeno un amministratore socio e non più da un quinto dei soci, come originariamente stabilito dal D.lgs. 99/2004.
Nelle società in cui rilevi la qualifica dell'amministratore, quella di "imprenditore agricolo professionale" può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società. Nessun limite è posto alla partecipazione come socio di altre società di persone e nessuna precisazione circa il ruolo della persona fisica Iap è stata fatta dal legislatore per le società consortili, le quali seguono la regola del tipo sociale specificamente adattato allo scopo consortile.
Secondo l'Inps, [nota 67] l'art. 1 comma 3-bis, che limita l' apporto della qualifica di amministratore ad una sola società, sarebbe applicabile anche alle società di persone, nei casi in cui il socio qualificante sia pure amministratore.
L'analisi di tale (isolata) tesi richiede in primo luogo di sottolineare la valenza dell'apporto della qualifica, spiegandone la natura e le modalità di attuazione.
Scartato che si tratti di quell'apporto cui si riferisce il codice civile negli articoli 2346, 2549, 2553 e 2554 (poiché qui non viene in rilievo un'opera od un servizio, bensì solo una qualità personale) sembra che intanto si possa parlare di qualifica apportata in quanto vi sia un plus rispetto alla mera assunzione della carica di amministratore, plus che verosimilmente deve consistere in una manifestazione ulteriore di volontà, espressa o tacita, diretta a consentire alla società di avvalersi della di lui qualifica professionale. Ad esempio, sarebbe espressa quella di accettare la nomina ad amministratore formulata condizionandola proprio al possesso di quella qualifica mentre sarebbe tacita quella derivante da una richiesta di agevolazioni fiscali avanzata dall'amministratore in questione che in quell'occasione evidenzi la sua cennata qualificazione. Per contro, sembra che non potrebbe spiegare nessuna influenza, sullo status della società, la qualifica professionale volutamente nascosta oppure palesata con divieto alla società di avvalersene (in vista, ad esempio, di farne utilizzo nell'ambito di altro rapporto di amministrazione).
In secondo luogo va rilevato che, seppure la regola in questione è letteralmente formulata senza riferimenti al tipo sociale (per cui, isolatamente considerata, potrebbe essere intesa come regola generale), essa è collocata subito dopo il comma 3 dello stesso articolo (il quale prescrive le regole della qualificazione indiretta dell'Iap, inducendo la qualifica delle società di persone dal socio e quella delle cooperative e delle società di capitali dall'amministratore - che nelle sole cooperative deve essere anche socio) e quindi ne costituisce il logico completamento. Conseguentemente, il riferimento a «l'amministratore che apporta la qualifica» non può che riferirsi alle sole fattispecie in cui tale apporto abbia valore qualificante e quindi ai soli casi delle società di capitali e cooperative. D'altra parte, poiché la regola dell'unicità dell'apporto in veste di amministratore non ha funzione afflittiva e non mira a limitare la libertà negoziale ma ha solo finalità antielusive (come risulta in modo chiaro dalla Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, poi divenuto D.lgs. 101/2005), essa non può avere nessun peso ove la qualifica discenda già dalla posizione di socio (che, nelle società di persone, precede logicamente ed indefettibilmente l'assunzione del ruolo di amministratore [nota 68]).
Ma, a prescindere dall'argomento sistematico, per superare ogni dubbio ci si deve chiedere perché il legislatore abbia ritenuto di porre un limite solo a tale tipologia di apporto qualificante. La risposta richiede di premettere che la diversità di trattamento tra società di persone ed altre società non sembra trovare giustificazione nel regime della responsabilità del soggetto "qualificante". Infatti, anche se, nelle società agricole di persone, di norma chi fornisce la qualifica alla società risponde illimitatamente delle obbligazioni sociali (dovendo essere socio della Snc oppure socio accomandatario della Sas), è agevole evidenziare che non si tratta di elemento indefettibile (è ammissibile una limitazione della responsabilità pure riguardo alle società di persone allorché si tratti di società semplice, ex art. 2267 c.c.) né di carattere esclusivo delle società di persone (anche l'amministratore della Sapa risponde solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali, salvo il beneficium excussionis, ex art. 2461 c.c.). Scartato che il regime della responsabilità possa di per sé giustificare il diverso trattamento, il fondamento di quest'ultimo sembra da rinvenire nella maggior vincolatività della posizione di socio rispetto a quella di amministratore, maggior vincolatività che è capace di colorare in modo significativo il ruolo partecipativo, facendo da remora naturale all'assunzione di una serie indeterminata di posizioni simili e di mero comodo in diverse società. Infatti, le società di persone che vogliano "disfarsi" di un socio di comodo incontrano ostacoli diversi rispetto a quelli che, per un amministratore di comodo, deve affrontare una SpA (potendo revocare l'incarico a piacimento, salvo l'obbligo di indennizzo in assenza di giusta causa, ex art. 2456 c.c.) o una Srl (per la quale la revoca dell'amministratore non richiede giusta causa, non esistendo nel suo ordinamento una regola analoga all'art. 2456 c.c.) o una cooperativa (che segue l'una o l'altra regola, a seconda della "scelta" per l'uno o l'altro ordinamento, ex art. 2519 c.c.).
Se ciò è vero, l'apporto della qualifica (che nelle società di capitali e cooperative ha richiesto l'espressa imposizione del limite) non richiede nelle società di persone nessun filtro diretto a impedire le partecipazioni fittizie (a soli fini di conseguimento della qualifica in capo alla società), essendo sufficienti controbilanciamenti i diritti ed i doveri che discendono dalla posizione di socio e la maggiore difficoltà di "disfarsi" del socio di comodo divenuto indesiderato.
Anche ove si ammettesse, per le società di persone, l'amministratore estraneo, l'estensione della regola in parola non troverebbe giustificazione, dal momento che la presenza dell' "amministratore Iap non socio" non potrebbe mai avere funzione qualificante.
C'è da chiedersi, poi, se la formulazione dell'art. 1 comma 3 D.lgs. 99/2004 permetta che la qualifica di Iap di una società possa discendere anche da un socio Iap o da un amministratore Iap diversi dalla persona fisica. [nota 69]
In verità, l'art. 1 comma 3 citato nulla dice in proposito e poiché l'Iap può essere sia una persona fisica, sia una società, se ne dovrebbe ricavare, ad esempio, che una società di persone partecipata da una società di capitali (fenomeno reso possibile dalla riforma del diritto societario, come si argomenta dall'art. 11-duodecies disp. att.) o da altra società di persone possa assumere tali soci-società in funzione qualificante, ove muniti a loro volta della qualifica Iap.
Sembra però dissonante con tale impostazione l'art. 1 comma 5-bis del D.lgs. 99/2004, introdotto dal D.lgs. 101/2005, sistematicamente collegato all'art. 1 comma 1 stesso D.lgs. 99/2004, poiché il complesso delle regole messe a punto con il D.lgs. 101/2005 sembra puntare sulla persona fisica e non su altri soggetti per individuare chi sia in grado, con conoscenze, competenza e iscrizione Inps, di acquisire la qualifica e indi trasmetterla alla società agricola.
D'altra parte, è ben chiaro che il soggetto qualificante debba essere iscritto all'Inps (come si vedrà, anche se di tale iscrizione si parla a proposito delle società nell'art. 1 comma 5-ter, appare pacifico che l'iscrizione in questione sia sempre quella della persona fisica-qualificante). Se tutto ciò è vero, il soggetto qualificante deve sempre essere una persona fisica.
Resta da individuare il criterio di prevalenza per risolvere la situazione di conflitto, allorché un soggetto Iap abbia apportato la qualifica di "amministratore" a più società, sia prima che dopo il D.lgs. 101/2005.
In assenza di altri indici ricavabili dal sistema, e non potendo attribuirsi alla pubblicità dichiarativa nel Registro delle Imprese (che vale anche per l'imprenditore agricolo, ancorché piccolo, sia persona fisica, sia società semplice, ex art. 2 D.lgs. 228/2001) la funzione di risoluzione dei conflitti, pare che anche qui debba valere l'elemento cronologico, in quanto avente valenza generale e munito, pertanto, di capacità di espansione assiologica.
In dipendenza di tale criterio, la qualifica spetterà alla società che per prima abbia instaurato il rapporto di amministrazione con il soggetto qualificante.
Per tutte le società agricole è stabilito che la ragione o la denominazione deve contenere l'indicazione di società agricola, [nota 70] il quale requisito, in assenza di sanzioni e tenuto della sua applicabilità a tutte le società che abbiano oggetto esclusivamente agricolo, appare irrilevante per la fruibilità delle agevolazioni. Tale risultato interpretativo è corroborato dall'articolo 2, comma 2, ove, per le società preesistenti (la cui ragione o denominazione non doveva contenere la dizione "società agricola") si parla di possesso dei requisiti di cui al presente articolo; quindi i requisiti devono preesistere e l'oggetto deve già essere esclusivo alla data del 7 maggio 2004, per cui l'oggetto esclusivamente agricolo è sufficiente a qualificare la società come "agricola". Inoltre, per l'inserimento della dizione "società agricola" non è stabilito alcun termine temporale. Pur trattandosi di questione che riguarda anche le società che non fruiscano di benefici, il regime delle agevolazioni dà un ulteriore aiuto a risolvere il problema del ruolo dell' "aggiornamento della ragione o denominazione", sia perché l'articolo 2 comma 4 le accorda richiamandosi al solo art. 1 comma 3, sia perché la decadenza è prevista solo in caso di perdita nel quinquennio dei requisiti posti dallo stesso articolo 1 comma 3. Se ne argomenta che la decadenza non è prevista per la successiva modificazione della ragione o denominazione (da cui si elimini la locuzione "società agricola"), per cui può dirsi che tale "requisito" non ha un ruolo decisivo per lo status di società agricola.
Come visto, è dettagliatamente disciplinata la società Iap, mentre non è dato rilevare nessun riferimento a forme di impresa collettiva diverse dalle società, il cui inquadramento deve essere, quindi, ricostruito dall'interprete.
In verità, il dato letterale deporrebbe per una estraneità di tali forme al campo proprio dell'Iap, come traspare sin dall'esordio dell'art. 1 («è Iap colui … ») e dal contesto del comma 1 («dedichi alle attività agricole … almeno il cinquanta per cento del "proprio tempo di lavoro"»). Però, una tale limitazione creerebbe un contrasto con la normativa Ce [nota 71] e perciò se ne deve valutare la consistenza reale alla luce di altri indici emergenti dalla novellazione.
Un primo elemento si trae dal riferimento, indiretto perché passa dal richiamo all'art. 13 della L. 153/1975 contenuto nell'art. 1 Nota I Tariffa parte I T.U. 131/1986 - che rimane immutato ed in vigore anche dopo il D.lgs. 99/2004, il quale ha abrogato il solo art. 12 della menzionata legge - alle «associazioni di imprenditori agricoli», che possono fruire del trattamento già previsto per l'imprenditore agricolo a titolo principale e ora riferibile all'Iap, per cui può dirsi che le basi di un primo allargamento dell'orizzonte sono nei dati testuali.
Volendo andare più a fondo, onde abbracciare le altre forme non espressamente menzionate di persone giuridiche e soggetti non personificati (diversi dalle società) - che pure si ritiene possano svolgere attività d'impresa - occorre farsi preventivamente carico di dimostrare come essi possano, in sequenza, «possedere conoscenze e competenze professionali, ritrarre redditi e dedicare tempo alle attività agricole».
In mancanza di altri indici normativi, è possibile sostenere che il riferimento per traslazione ai requisiti degli associati trova addentellati, per una possibile applicazione analogica, nella disciplina delle società agricole, la quale, se pur non fornisce criteri univoci circa i dati quantitativi ed oscilla tra considerazione dei soci e degli organi, esprime la costante di indurre dall'elemento personale i requisiti dell'ente.
Se questo è il principio enucleabile dal sistema al vaglio, lo schermo della persona giuridica, ed il sottile velo del soggetto non personificato, vengono a perdere rilevanza, aprendo la possibilità di riferirsi direttamente alle dette qualità delle persone fisiche, per cui, almeno quando tutti gli associati siano Iap, sembrerebbe consentito inferirne la stessa qualità in capo all'ente diverso dalle società.
Analogamente, per quanto riguarda il soggetto privo di base personale - come la fondazione - può farsi applicazione del criterio espresso a proposito delle società di capitali, per le quali l'art. 1, comma 3, lettera c), D.lgs. n. 99/2004 fa riferimento all'organo amministrativo.
Nonostante i superiori argomenti, rimane, comunque, un ultimo scoglio per ammettere la piena equiparazione degli altri enti alle società Iap, costituito dall'esclusività dell' "oggetto sociale", non superabile nelle società e che sarebbe incongruo ritenere ininfluente nei soggetti diversi dalle società, sia pur con gli adattamenti occorrenti allorché non possa pretendersi un vero e proprio "oggetto sociale".
Su questo fronte, se si valorizza il fatto che il legislatore esige l'esclusività dell'oggetto e non della effettiva attività, si giunge a limitare la cennata equiparazione ai soli casi in cui sia ammissibile uno "scopo" in linea con «l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c.» e, con tutta probabilità, l'equiparazione in questione va a ridursi ai consorzi non costituiti in forma di società e alle imprese agricole familiari (ove se ne ammetta la natura di ente collettivo diverso dalle società).
La posizione del soggetto qualificante
Per tutte le società che ripetano dalla persona fisica una delle nuove qualifiche e che siano esposte a decadenza da trattamenti di favore allorché perdano i prescritti requisiti, si pone il problema delle conseguenze dello scioglimento del rapporto con il soggetto "qualificante". La normativa in esame non sembrerebbe consentire deroghe e parrebbe comminare la decadenza in ogni caso di perdita dei requisiti, sia per la persona fisica, sia per le società.
Il requisito delle conoscenze non pare suscettibile di perdita da parte della persona fisica, se è vero che, in questo campo, la competenza conseguita non richiede formazione permanente.
Pertanto, mentre l'abbassamento della soglia di tempo o di reddito comporta la perdita della qualifica Iap sia per la persona fisica sia per la società di cui la persona fisica sia elemento qualificante, la perdita del requisito delle conoscenze rileva solo per le società qualificate Iap dalla presenza di una persona fisica che "esca di scena".
Per quanto riguarda le società con almeno un socio o un amministratore coltivatore diretto, lo stesso problema si pone per lo scioglimento del rapporto con il coltivatore diretto qualificante.
In proposito il decreto legislativo tace e l'interprete deve ricavare aliunde la soluzione attingendo, innanzi tutto, alle conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza e dalla prassi ministeriale.
Sia la Suprema Corte, sia i giudici tributari hanno condivisibilmente fatto riferimento alla ratio per escludere la decadenza in presenza di "fatti involontari". Così, in tema di agevolazioni per la formazione e l'arrotondamento della piccola proprietà contadina, si è ritenuto che l'evento morte o il trasferimento coattivo non comportino la decadenza dall'agevolazione stabilita per la mancata coltivazione; [nota 72] in tema di agevolazione per l'acquisto della "prima casa", l'Agenzia delle Entrate, con Ris. n. 35/E del 1° febbraio 2002, ha escluso la decadenza per mancato trasferimento della residenza in presenza di forza maggiore, ovvero «quando si verifica e sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato, vale a dire un ostacolo all'adempimento della obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell'evento». Su analoga posizione si è attestata la giurisprudenza tributaria. [nota 73]
Tali principi appaiono, almeno in parte, applicabili alla materia in esame, avendo presente la specificità della materia (lo scioglimento del rapporto con la persona fisica qualificante non può mai considerarsi evento irreparabile).
Pertanto, appare congruo correttivo alla indiscriminata possibilità di conservare le agevolazioni ritenere sussistente un obbligo di "rimpiazzo", nel termine di legge o, in sua assenza, nel rispetto del principio di ragionevolezza. [nota 74]
Il requisito del reddito nelle società agricole
La qualificazione della società agricola come Iap avrebbe dovuto richiedere la sola presenza di un soggetto munito di qualificazione professionale e non la presenza di un soggetto per il quale ricorrano anche gli altri requisiti di tempo e di reddito. Infatti, tempo di attività e ricavi rilevanti per la società sono quelli propri e, trattandosi di società con oggetto esclusivamente agricolo, essa dovrebbe essere sempre in possesso della coppia di requisiti "tempo-reddito". Sennonché, il requisito agricolo è posto dal legislatore in riferimento all'oggetto sociale e non all'effettiva attività, per cui, in forza delle regole generali che vogliono la capacità della società non limitata dall'oggetto, potrebbe in concreto verificarsi uno svolgimento di atti, eccedenti l'oggetto sociale, al di fuori del campo strettamente agricolo e che verrebbero a porre il problema della rilevanza del reddito da essi ricavato sul requisito professionale della società medesima.
Stando a quanto stabilito dall'art. 1 comma 3 D.lgs. 99/2004, tale composizione del reddito della società non avrebbe peso alcuno, rilevando solo il requisito del soggetto qualificante. Considerato che l'Iap persona fisica non deve avere un reddito esclusivamente "agricolo", volendo contemperare i vari criteri si dovrebbe richiedere anche per la società che almeno la metà (o il 25% nelle zone svantaggiate) del suo reddito provenga da attività agricole.
Il requisito previdenziale. La rilevanza dell'iscrizione Inps in rapporto all'art. 1 Nota 1 Tariffa parte I T.U. 131/86
La qualificazione professionale in parola rileva sul fronte dei trattamenti tributari e delle agevolazioni creditizie, poiché all'Iap è riservato il trattamento in materia di imposta di registro di cui all'art.1 Nota I Tariffa parte I D.P.R. 131/1986 (indipendentemente dalla sua iscrizione nella gestione previdenziale e assistenziale, che pure è obbligatoria ai sensi dell'art. 1 comma 5-bis D.lgs. 99/2004), mentre all'Iap (già) iscritto alla relativa gestione previdenziale e assistenziale Inps «sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto».
L'iscrizione previdenziale richiesta è, ovviamente, l'iscrizione nella gestione "agricoltura" e non una qualunque posizione previdenziale, dal momento che si tratta, in questa sede, dell' inquadramento di un soggetto operante nel settore agricolo. Di tale criterio specifico si trova riscontro e applicazione nell'art. 1 commi 5-bis (nella parte in cui si prescrive l'iscrizione nella gestione agricoltura) e 5-ter (nella parte in cui si riferisce, appunto, all' apposita gestione dell'Inps). [nota 75]
Quanto agli stranieri, parrebbe essere sempre rilevante la posizione previdenziale italiana, se è vero che il menzionato art. 1 comma 5-ter è esplicito nel riferirsi all'iscrizione all'Inps (a meno di convenzioni bilaterali che equiparino l'iscrizione straniera a quella italiana).
Dalla previsione del requisito previdenziale per l'Iap in genere deriva il problema della sua applicabilità anche alle società agricole, problema che nasce da una originaria difettosità di coordinamento tra le diverse disposizioni contenute dal D.lgs. 99/2004, il cui articolo 1 (nella prima stesura) venne formulato in modo da apparire una disciplina di carattere generale dell'Iap (come tale applicabile ad ogni Iap, sia persona fisica, sia società) ed il cui art. 2 comma 3 riconosceva e riconosce alle società agricole di coltivatori diretti le agevolazioni previdenziali ed assistenziali vigenti per i coltivatori diretti persone fisiche (e quindi implicitamente prevede che sia la società a doversi iscrivere nelle gestioni previdenziali) mentre per le società in genere il comma 4 si limita a riconoscere le agevolazioni tributarie e creditizie con riferimento ai (soli) requisiti di cui all'articolo 1 comma 3 (che non contiene previsioni in ordine all'iscrizione Inps).
Il D.lgs. correttivo n. 101/2005 si è fatto parzialmente carico del problema (implicitamente riconoscendolo), modificando l'articolo 1 (ma non l'articolo 2 comma 3) e stabilendo che quella iscrizione all'Inps è richiesta per l'Iap "persona fisica".
Però, l'articolo 1 comma 5-ter fa riferimento a «società che pur non in possesso dei requisiti … abbia presentato istanza di riconoscimento … nonché si sia iscritta all'apposita gestione dell'Inps» e quindi può ricavarsene che l'iscrizione Inps delle società sia altrettanto necessaria, pur risolvendosi nell'iscrizione del soggetto qualificante, e condiziona in ogni caso, sia per le società agricole, sia per le società di coltivazione dirette - per le quali ultime la formulazione della relativa disposizione non alimenta dubbi - la fruibilità dei regimi agevolati già previsti per i coltivatori diretti.
Una conferma della necessarietà di detta iscrizione si ricava, d'altra parte, proprio dall'obbligo di iscriversi posto a carico dell'Iap persona fisica «anche ove socio di società di persone o cooperativa o amministratore di società di capitali. [nota 76]
Volendo diversamente argomentare, si dovrebbe asserire che solo la società non ancora qualificata abbia tale obbligo di iscrizione previdenziale, ma così facendo si minerebbe la coerenza del sistema e non si saprebbe come spiegare il cennato obbligo di iscrizione a carico del soggetto qualificante.
La rilevanza dell'iscrizione Inps in rapporto all'art. 1 Nota 1 Tariffa parte I T.U. 131/86
Un ulteriore problema di coordinamento, tra vecchio e nuovo, si pone riguardo all'aspirante Iap e deriva dalla duplicità di previsioni contenute dall'art. 1 Nota I Tariffa parte I T.U. 131/1986 e dall'art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/2004.
Premesso che non pare dubbio che l'art. 1 nota I menzionato sia tuttora applicabile a chi sia già Iap (anche non iscritto all'Inps) e produca al pubblico ufficiale rogante il certificato di possesso dei requisiti, la questione riguarda - come già accennato - il solo caso del soggetto che non abbia il requisito Iap sin dal momento dell'acquisto.
Se la previsione più remota fosse sopravvissuta all'entrata in vigore dell'art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/2004, sarebbe ancora applicabile la regola del conseguimento postumo e della produzione del certificato di sussistenza del requisito nel triennio dall'atto di trasferimento e non sarebbe indispensabile l'iscrizione all'Inps da parte dell' "aspirante" Iap.
Ma che tale sopravvivenza si sia verificata è posto in dubbio da elementi testuali e da considerazioni sistematiche.
Quanto all'elemento testuale, l'abrogazione - ad opera dell'art. 1 comma 5-quinquies - dell'art. 12 L. 153/1975 ha privato il vecchio sistema del suo fulcro, incentrato, com'era, sulla procedura di certificazione disciplinata proprio dall'articolo abrogato (anche se è vero che questo inconveniente potrebbe superarsi invocando il sistema generale introdotto dal D.lgs. 99/2004, che riguarda ogni accertamento del requisito Iap, a prescindere dalla sua finalità).
Ben più ponderoso è l'argomento sistematico, poiché l'art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/2004 appare una disciplina generale capace di travolgere quella del T.U. Registro, incentrata, come è, sull'accentuazione del tasso di regolarità di inquadramento richiesto a chi acceda a regimi agevolati (maggior tasso di regolarità che in questo caso si concreta nell'imposizione dell'iscrizione all'Inps ogni qual volta si voglia anticipare l'accesso al mondo delle agevolazioni).
Se questo è vero, si deve concludere per l'applicabilità anche in questo caso della regola stabilita dall'art. 1 comma 5-ter riguardo a chi, non essendo Iap, si incammini a divenirlo e, a tal proposito, avanzi istanza di riconoscimento (purché poi vada a risultare "idoneo" nei 24 mesi dall'istanza stessa) e si iscriva all' Inps nell'apposita gestione previdenziale.
Conforta tale conclusione anche considerare, da un lato, che il comma 5-ter non si occupa dei trattamenti riservati ai coltivatori diretti, bensì dell'applicazione (anticipata) di tutte le disposizioni riguardanti l'Iap e, dall'altro, che la determinazione del termine di 24 mesi è funzionale alla più rapida definizione delle posizioni fiscali. [nota 77]
Le differenze di disciplina che discendono dalla sopra riportata interpretazione sono evidenti, tra vecchio sistema (contenuto nella Nota I citata) e nuovo sistema (contenuto nell'art. 1 comma 5-ter di cui sopra) e si sostanziano, oltre che nella diversità del termine anche negli aspetti procedurali. Solo nel vecchio sistema era previsto l'obbligo di "produzione della certificazione" nel triennio mentre nel nuovo, per evitare elusioni [nota 78] non è previsto alcun obbligo di produzione ma è stabilito che le Regioni e l'Agenzia delle Entrate definiscano modalità di comunicazione delle informazioni relative al possesso dei requisiti relativi alla qualifica di Iap.
Le società di coltivazione diretta
Questa ulteriore figura è stata introdotta dal decreto legislativo n. 101/2005, accordandole un regime che riecheggia quello della società Iap, con una inopinata limitazione alla fruibilità delle agevolazioni da parte del coltivatore diretto socio o amministratore "qualificante" (comma 4-bis dell'art. 2).
Con l' introduzione di questa nuova figura è stato in parte colmato il divario con la società Iap ed è stato concesso anche ai coltivatori diretti riuniti in società l'accesso a regimi di favore, pur dovendosi sottolineare che i trattamenti previsti per il compendio unico sono concessi in via espressa all'Iap ed al coltivatore diretto ma non alle società di coltivazione diretta (le quali vi possono accedere solo in forza dell'estensione in loro favore dei trattamenti riservati ai coltivatori diretti).
La tecnica usata dal legislatore è la replica di quella usata per l'Iap ma lascia scoperti i trattamenti che siano accordati all'Iap direttamente e non mediante il rinvio al regime stabilito per il coltivatore diretto. Sicché, proprio quello oggetto della superiore disamina e previsto dall'art. 1 Nota I Tariffa parte prima D.P.R. 131/1986 non può essere invocato dalle società di coltivazione diretta.
Anche per queste ultime, come per le società Iap, vale la regola della comunicazione della qualità da parte del socio o dell'amministratore ma, diversamente dalla società Iap, qui non è impedito all'amministratore "qualificante" di partecipare, nella stessa posizione, ad altre società.
Come per le società Iap, la qualificazione è data dalla presenza di un coltivatore diretto, iscritto all'Inps, che sia inquadrato:
- come socio, nelle società di persone;
- come amministratore, nelle società di capitali;
- come socio ed amministratore nelle cooperative.
Non è previsto un regime di "apporto della qualifica" ma pare possibile utilizzare anche qui quanto evidenziato a proposito dell'amministratore Iap. Se è così, allorché a possedere i requisiti di coltivatore diretto siano più soci, appare possibile individuare pattiziamente quello che abbia nella società il ruolo "qualificante", in modo che gli altri non subiscano la limitazione personale delle agevolazioni, disposta dall' art. 2 comma 4-bis D.lgs. 99/2004.
A proposito di quest'ultima limitazione, nonostante essa discenda, letteralmente, dalla richiesta della società, deve ritenersi che occorra anche l'effettiva fruizione, in modo che il socio o l'amministratore conservino o riacquistino il diritto alle agevolazioni sia nel caso di mancata applicazione in sede di registrazione, sia in caso di successiva decadenza da parte della società.
Diversamente dall'Iap, per queste società non vi è una regola che consenta l'anticipazione dei benefici a quelle che ne facessero istanza con riserva di acquisire la qualifica.
Il giovane agricoltore
L'imprenditoria agricola "giovane" è emersa come categoria di particolare rilievo fiscale nel 1998, con la L. 441/1998 [nota 79] la quale ha disciplinato i trasferimenti onerosi e liberali a favore dei giovani agricoltori, individuati in quelli che non abbiano ancora compiuto i quaranta anni.
Sopravvenuto l'art. 3 D.lgs. 99/2004, «ai fini dell'applicazione della normativa statale, è considerato giovane imprenditore agricolo l'imprenditore agricolo avente una età non superiore a 40 anni».
E' da ritenere che l'ultima disposizione incida anche sulle precedenti e che la regola dell'età «non superiore a quaranta anni» soppianti quella del «mancato compimento dei quaranta anni».
La differenza tra le due formulazioni si coglie solo in rapporto ai diversi metodi di computo: se si considera quarantenne anche chi li abbia compiuti e fino alla fine (al compimento) del quarantunesimo, l'accesso all'agevolazione cessa nella nuova formulazione solo alla fine (al compimento) del quarantunesimo anno e nella vecchia formulazione appena finito (compiuto) il quarantesimo anno; se si computano non gli anni interi ma anche i periodi inferiori, nessuna differenza emerge tra le due previsioni. [nota 80]
Tenuto conto del riferimento che l'art. 14 comma 5 della L. 441/1998 fa ai soggetti in possesso dei requisiti per beneficiare degli aiuti previsti dal citato regolamento (Ce) n. 950/1997 e del fatto che l'art. 2 di detta legge si occupa dell' attuazione da parte delle Regioni delle disposizioni di cui all'art. 10 del citato regolamento (Ce) n. 950/1997 rivolgendosi anche a soggetti diversi dalle persone fisiche, si ritiene che le provvidenze in questione spettino anche alle società di persone e di capitali [nota 81] menzionate nel suddetto articolo 2.
Trattata la questione del computo, si ricorda che lo speciale trattamento agevolato, oggetto di specifica trattazione in seguito, è accordato, dopo il D.lgs. 99/2004:
a) ai coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli professionali, che hanno età non superiore a quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali, o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento;
b) ai giovani che hanno età non superiore a quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni.
Come si nota dalle formulazioni riportate, anche qui si pone, come per l'art. 1 Nota I Tariffa parte prima D.P.R. 131/1986, la questione dei rapporti tra regola generale (art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/2004) e regola speciale, in ordine al sistema da seguire per i soggetti non ancora in possesso della qualificazione di imprenditore agricolo professionale (mentre per i coltivatori diretti vale senz'altro quanto disposto dalla L. 388/2000).
Diversamente da quanto detto in merito al suddetto art. 1 Nota I, qui non vi sono elementi letterali, né sistematici, per ritenere che la regola generale abbia superato quella speciale precedente. [nota 82]
Infatti, il legislatore del 1998 si era già preoccupato di pretendere un inquadramento previdenziale e quindi non vi è motivo di ritenere che la nuova disciplina abbia soppiantato il vecchio sistema, il quale, sopravvivendo, continua a prevedere, per il coltivatore diretto come per l'Iap, regole rivolte sia a chi abbia già la qualifica, sia a chi la voglia conseguire.
Nel primo caso (soggetto già qualificato coltivatore diretto o Iap), il trattamento di favore è concesso a condizione che il soggetto richiedente sia iscritto alle relative gestioni previdenziali o vi si iscriva entro tre anni dal trasferimento agevolato.
Nel secondo caso (aspirante coltivatore diretto o aspirante Iap) la qualifica deve essere conseguita entro 24 mesi (in linea con l'art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/04) ma l'iscrizione nella gestione previdenziale può avvenire nei successivi due anni.
Altre figure
Vi sono, infine, altre figure che compaiono in legislazioni speciali, tra cui meritano una menzione - anche per i regimi tributari accordatigli, cui può ricorrersi allorché non risultino utilizzabili quelli dell'Iap per mancanza, ad esempio, dell'esclusività dell'oggetto agricolo - le società forestali [nota 83] le imprese familiari coltivatrici singole ed associate; le cooperative agricole e i loro consorzi, costituiti da coltivatori diretti, proprietari od affittuari singoli o associati, da mezzadri coloni e lavoratori agricoli dipendenti; le associazioni dei produttori riconosciute; le società promosse tra imprese familiari diretto-coltivatrici per l'esercizio dell'agricoltura; le associazioni di imprenditori agricoli che presentino un piano comune di sviluppo per la ristrutturazione e l'ammodernamento aziendale o interaziendale anche per la conduzione in comune delle aziende, sempreché i soci ritraggano dalla attività aziendale ed associata almeno il 50 per cento del proprio reddito ed impieghino nella attività aziendale ed in quella associata almeno il 50 per cento del proprio tempo di lavoro. [nota 84]
Le fattispecie dei trasferimenti immobiliari in agricoltura ed il relativo trattamento tributario
Non essendo possibile una rassegna completa di tutti i trattamenti tributari riguardanti l'imprenditore agricolo, in questa sede si trattano quelli maggiormente rilevanti per le nuove figure imprenditoriali, premettendo un inquadramento generale e poi partendo dal trattamento per la formazione e l'arrotondamento della "piccola proprietà contadina".
Circa l'inquadramento generale, si sottolinea quanto già più volte accennato e cioè che all'Iap persona fisica iscritto all'Inps e alle società, sia Iap, sia di coltivazione diretta, il cui soggetto qualificante abbia la medesima iscrizione, «sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto».
A controbilanciare il riconoscimento delle agevolazioni suddette, il legislatore ha previsto che la perdita dei requisiti, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale, determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.
Partendo dal valore sistematico del c.d. riconoscimento delle agevolazioni tributarie e creditizie, va sottolineato che esso riconoscimento consiste in un rinvio specifico ai trattamenti qualificabili agevolazioni, per cui di volta in volta occorre preventivamente stabilire se un certo trattamento tributario sia o meno una agevolazione in senso tecnico. Si deve affrontare, così, uno dei problemi più controversi che si pongono nel diritto tributario [nota 85] - e cioè come si stabilisca se un trattamento sia qualificabile "agevolazione" - la cui soluzione induce a valorizzare i dati testuali e l'insegnamento giurisprudenziale. Esaminando le fattispecie concrete in materia di trattamento tributario di favore, si rileva che per la "Piccola Proprietà Contadina" soccorrono gli elementi letterali (art. 9 D.lgs. 114/1948; art. 25 L. 590/1965; L. 604/1954; art. 28 L. 454/1961) e giurisprudenziali [nota 86] mentre per i territori montani la natura agevolativa del trattamento previsto dall' art. 9 D.P.R. 601/1973 si ricava sia dai dati letterali, sia dalla collocazione della disposizione nel testo legislativo riguardante proprio le agevolazioni tributarie. Allo stesso modo, la natura di agevolazione del trattamento previsto per il compendio unico ex D.lgs. 99/2004 (che però spetta alla società Iap per previsione testuale e non per rinvio al trattamento spettante al coltivatore diretto, mentre spetta alle società di coltivazione diretta solo in forza di tale rinvio) emerge dall'art. 7 comma 3 («le agevolazioni fiscali … di cui al comma 2 … »), che colora di natura agevolativa anche il trattamento previsto dall'art. 52 L. 448/2001.
Per quanto concerne l'esenzione dal bollo, prevista a regime ed a prescindere dalla disciplina generale in tema di piccola proprietà contadina, dall'art. 21 della Tabella D.P.R. 642/1972 [nota 87] per gli atti relativi ai trasferimenti di terreni (di cui si parla comunemente in termini di agevolazione [nota 88]), pur residuando qualche margine di dubbio sulla sua qualificazione come "agevolazione in senso tecnico" (a causa della mancanza di criteri univoci per l'inquadramento delle esenzioni nei tipi agevolativi [nota 89]) sembra deporre per tale natura l'evoluzione del tessuto normativo, nella materia de qua, tenendo conto che l'esenzione dall'imposta di bollo è stata tradizionalmente intesa come una delle componenti del "pacchetto" di agevolazioni per la proprietà contadina. [nota 90]
Si segnala, comunque, che, ove se ne negasse la natura agevolativa, tale disposizione non potrebbe essere invocata dall'Iap e dalla società di coltivazione diretta, per mancanza in capo a tali soggetti dell'impresa diretto-coltivatrice. Al contrario, una volta che l'esenzione in parola si qualifichi agevolazione, la sua spettanza al coltivatore diretto influenzerebbe anche i trasferimenti a favore di Iap e società di coltivazione diretta. [nota 91]
Il "riconoscimento delle agevolazioni" ha una valenza diversa a seconda che gli si attribuisca la natura di "rinvio mobile" oppure di attribuzione di trattamenti a regime che prescindano dalle sorti di quelli concessi ai coltivatori diretti.
Secondo la dottrina, [nota 92] il rinvio è "fisso" allorché oggetto di rinvio è una disposizione (o una serie di disposizioni) in vigore in quel momento, determinata una volta per tutte, sicché la fattispecie regolata resta disciplinata da quella disposizione anche se per avventura essa dovesse essere abrogata o sostituita, mentre è "mobile" se oggetto di rinvio è un'altra fonte, in modo che la fattispecie risulti mutevolmente regolata dalle norme che saranno dettate da tale fonte (nel senso che mutando le norme richiamate, muti anche la disciplina della fattispecie in esame). Nel caso di specie, pare debba propendersi per la natura di rinvio "mobile", mancando il richiamo di una specifica disposizione e facendosi, invece, riferimento alla normativa vigente (pur avendo cura di ricordare che "vigente" ha un certo tasso di ambiguità, potendo significare sia attualmente in vigore, sia che sarà in quel momento in vigore).
L'acquisto di beni per la formazione e l'arrotondamento della piccola proprietà contadina
alla luce delle disposizioni sulla modernizzazione dell'agricoltura
La normativa tributaria in tema di proprietà coltivatrice (leggi 24 febbraio 1948 n. 114, 6 agosto 1954 n. 604, 2 giugno 1961 n. 454 e 26 maggio 1965 n. 590) (d'ora innanzi: Ppc), introdotta per incentivare l'acquisto da parte di soggetti coltivatori, prevedeva, per gli atti relativi alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà contadina, l'esenzione dall'imposta di bollo e l'applicazione delle imposte di registro e ipotecaria in misura fissa. Le fattispecie agevolate e dei loro presupposti soggettivi ed oggettivi sono delineati nelle leggi sopra menzionate ma, ciononostante, l'immissione nel sistema di nuove tipologie di soggetti protagonisti della dinamica agricola rende necessari adattamenti e interpretazioni evolutive che ne aggiornino i profili sistematici. Ricordato, ancora una volta, che tali agevolazioni non sono a regime e sono state oggetto di innumerevoli proroghe, delle quali l'ultima ne stabilisce l'applicazione fino al 31 dicembre 2006 (art. 1 comma 120 L. 23 dicembre 2005, n. 266), può osservarsi che la durata "a tempo determinato" rende lo scenario delle agevolazioni in parola alquanto precario e la situazione di instabilità appare ancor più incongrua nel momento in cui la modernizzazione del settore agricoltura è stata incentivata, dal punto di vista tributario, proprio facendo leva sulle agevolazioni concesse ai coltivatori diretti (di cui quella in parola è certamente la principale), sopravvissute all'entrata in vigore della riforma tributaria del 1972 in forza del disposto dell'art. 80 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 e dell'art. 24 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635. [nota 93]
Rinviando alle trattazioni generali in materia [nota 94] per quanto attiene ai profili soggettivi ed oggettivi e rinviando alla prima parte per le problematiche connesse ai vincoli nascenti dall'applicazione dei regimi agevolati in agricoltura, vale la pena di soffermarsi, innanzi tutto, sul problema delle fattispecie agevolabili.
In merito, è bene mettere in evidenza che la tesi della tassatività delle fattispecie agevolate è stata revocata in dubbio dalla Suprema Corte [nota 95] prima con la sentenza n. 4409 del 1996 [nota 96] e poi con la sentenza n. 26394 del 5 dicembre 2005, asserendo che la nozione di «atti inerenti alla formazione della piccola proprietà contadina» deve considerarsi comprensiva di "tutti gli atti diretti a tale scopo", sempreché l'acquisto avvenga da parte di persone che si dedichino abitualmente alla lavorazione della terra. Anche in rapporto all'orientamento della Cassazione che propone una interpretazione estensiva, va esaminata l'applicabilità delle agevolazioni Ppc al conferimento di terreni agricoli e relative pertinenze (per il conferimento di complessi aziendali vale, invece, la regola ordinaria dell'assoggettamento ad «imposta fissa di registro, ipotecaria e catastale», più favorevole dell'agevolazione Ppc e prevista dall'art. 4, comma 1 n. 3 Tariffa parte I D.P.R. 131/1986, dall'art. 10 D.lgs. 347/1990 e dall'art. 4 Tariffa D.lgs. 347/1990).
Dunque, riguardo ai conferimenti di terreni non compresi in conferimento di aziende o complessi aziendali, va appurato se operi un limite tipologico in dipendenza delle norme speciali e, in particolare, in base all'art. 1 L. 604 del 1954.
Nonostante la netta indicazione contenuta dai n. 1 e 2 dell'art. 1 L. 604/1954 (che si riferiscono a compravendite e permute), già i numeri successivi dello stesso articolo consentono aperture, riferendosi genericamente ad «atti di acquisto».
Ma, più che dalla lettera, l'apertura pare consentita dalla ratio, che è quella di accordare il trattamento agevolato agli atti di trasferimento - di cui la compravendita e la permuta sono senz'altro quelli più frequenti ed emblematici - e dalla impossibilità di prospettare fattispecie di tipo diverso (come il conferimento) in epoca in cui la società non era ancora un soggetto che potesse fruire del trattamento di favore. D'altra parte sarebbe agevole conseguire il vantaggio costituendo preventivamente la società con conferimenti in denaro e facendole poi comperare il terreno dal socio [nota 97].
Se si concorda con l'esposta impostazione, l'agevolazione Ppc risulta applicabile al conferimento di terreno anche in sede di costituzione della società allorché tra i fondatori o tra gli amministratori (a seconda del tipo sociale) vi sia il soggetto qualificante già munito dei prescritti requisiti (oppure si «riservi di conseguirli», ex art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/2004).
Per quanto attiene ai rapporti tra decadenza e rinunzia abdicativa (al diritto acquistato con le agevolazioni creditizie), segnalato il rapporto di genere a specie che esiste tra atti di disposizione e atti di alienazione, [nota 98] si devono rilevare indici che depongono per l'inclusione della rinunzia tra gli atti che comportano decadenza, perché già la cessazione della coltivazione, pur non essendo irreversibile, causa quella conseguenza, [nota 99] per cui, a maggior ragione, deve causarla la definitiva spoliazione, necessariamente avente carattere di irreversibilità.
A ben vedere, l'intero pacchetto delle decadenze si presta ad una lettura che, seguendo l'evoluzione del linguaggio comune ed anticipando quella normativa, valorizzi maggiormente il profilo economico, a svantaggio delle mere geometrie teoriche. In tal senso, accedendo alle nuove dimensioni del concetto di trasformazione e rimeditando la strumentalità del concetto di soggetto non personificato [nota 100]/persona giuridica, potrebbe risultare plausibile l'esclusione della decadenza ogni volta che il soggetto non cessi di coltivare e non si limiti a trasferire i beni acquistati con l'agevolazione ma, sia pur mediatamente, continui a coltivare o a conservare rapporto con il diritto ipoteticamente alienato. Inoltre, si potrebbe ampliare la portata di quella "continuazione dell'impresa" cui si fa capo per dedurne la neutralità fiscale del "passaggio" da un soggetto all'altro. [nota 101]
Si allude, partitamente, alla partecipazione mediata all'attività che proprio la normativa sull'Iap ha messo in campo e che, spinta alle estreme conseguenze, potrebbe consentire di far conservare l'agevolazione sia nel caso che il bene divenga oggetto di conferimento in società (la quale ne continui la coltivazione), sia nel caso che la coltivazione del bene originariamente acquistato proprio da una società (con l'agevolazione medesima) venga continuata dal socio assegnatario o dall'unico socio rimasto che continui individualmente la medesima tipologia di attività.
Infine, occorre dar brevemente conto dell'evoluzione giurisprudenziale in materia di «alienazione infraquinquennale» di immobili acquistati con i benefici della piccola proprietà contadina.
Già nel 2001, a causa delle innovazioni introdotte dal D.lgs. 228/2001, sembrò minata in radice l'isolata tesi giurisprudenziale (Cassaz. n. 7159 del 1992) secondo cui l'art. 28 L. 590/1965 stabilirebbe la nullità dell'atto di alienazione che avvenga prima dei cinque anni dall'acquisto agevolato. Infatti, l'art. 11 comma 3 D.lgs. 228/2001 dispose che «non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui ai commi 1 e 2, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 c.c.» e, così facendo, consentì di argomentarne che nel quinquennio dall'acquisto agevolato si può (validamente) alienare a favore di taluni soggetti senza incorrere nella decadenza dai benefici, il che equivale anche a dire che, nello stesso lasso, è ammessa la valida alienazione ad altri soggetti, sia pur incorrendo nella perdita dei benefici. L'argomento, pur decisivo, non era certamente l'unico invocabile per contrastare quella isolata ricostruzione dei supremi giudici, la quale appariva oltremodo irrazionale sul piano sistematico, costretta, com'era, ad avallare, in campo civilistico, una sorta di "punibilità del delitto impossibile" o di "punibilità del tentativo"; ed infatti, di fronte alla previsione di «decadenza in caso di alienazione», essa veniva ad asserire che potesse decadersi con un'alienazione radicalmente nulla (e quindi incapace di produrre l'effetto traslativo). Comunque, quella posizione interpretativa non risultò persuasiva e venne nettamente rifiutata dalla stessa Corte [nota 102] mediante un robusto percorso argomentativo che ha posto le premesse per la definitiva chiusura della questione. Si giunge, così, alla rimessione della questione alle Sezioni Unite, le quali hanno riportato nel corretto alveo l'interpretazione di qualunque norma imperativa recante quella "diversa disposizione" che, secondo l'art. 1418 c.c. 1° comma, elide l'astratta comminatoria di nullità virtuale. La sentenza delle Sezioni Unite, coeva all'entrata in vigore del D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 [nota 103] (modificativo dell'art. 374 c.p.c.), rivisita tutti i percorsi interpretativi e si schiera a favore del pregresso orientamento, valorizzando sia l'argomento tratto dal D.lgs. 228/2001, [nota 104] sia la menzionata "diversa disposizione" (individuata nella previsione di decadenza dai benefici fiscali e creditizi [nota 105]). Asseriscono le Sezioni Unite che «l'art. 1418 c.c. nel prevedere la nullità per contrasto a norme imperative, fa tuttavia salvo il caso in cui "la legge disponga diversamente" e» quindi «la nullità va esclusa sia quando il legislatore prevede espressamente una forma di invalidità diversa dalla nullità (ad es. l'annullabilità), sia quando la legge assicura l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi dall'invalidità del contratto, quale nella specie la decadenza dai benefici fiscali e creditizi. … Deve concludersi, pertanto, anche sotto tale profilo che la decadenza esaurisce, dunque, la reazione dell'ordinamento, mentre è meramente assertivo il dire che la tutela degli interessi pubblici sottesi alla normativa sulla formazione della proprietà diretto-coltivatrice implichi la nullità degli atti di rivendita infradecennale, giacchè quella tutela ben poteva e può limitarsi alla sanzione, di notevole rilevanza economica, consistente nella decadenza dai benefici creditizi e fiscali».
Considerata la valenza del pronunciamento delle Sezioni Unite dopo il D.lgs. 40/2006, [nota 106] può ritenersi chiuso l' "incidente interpretativo" e si aprono prospettive esegetiche interessanti anche riguardo ad altre disposizioni di analogo tenore.
Sempre analizzando il rapporto tra la normativa sulla proprietà contadina e i "nuovi soggetti" cui le relative agevolazioni sono applicabili, occorre stabilire se siano applicabili all'Iap e alla società di coltivazione diretta (dotati di iscrizione Inps) le "condizioni" stabilite per fruire delle agevolazioni per la formazione e l'arrotondamento della "piccola proprietà contadina" (d'ora innanzi Ppc).
I primi commenti [nota 107] sul punto non hanno escluso recisamente l'applicabilità di condizioni e decadenze stabilite dalla L. 604/1954 e dalla L. 590/1965 modificata dal D.lgs. 228/2001, pur precisando che occorrerebbe almeno un adattamento di quelle regole alle specificità dell'Iap. Successive riflessioni sulla portata dell'(ipotetico) adattamento hanno portato a ritenere che le c.d. "condizioni" siano, in realtà, incompatibili con le caratteristiche peculiari dell'Iap e delle società di coltivazione diretta.
Per convincersi di ciò va preliminarmente ricordato che le "condizioni" in parola sono quelle previste dall'art. 2 L. 6 agosto 1954, n. 604 (cui si deve riferire il certificato da produrre all'Agenzia delle Entrate) e cioè
a. l'attività di manuale coltivazione della terra;
b. l'idoneità del fondo alienato alla formazione o arrotondamento della piccola proprietà contadina in rapporto alla forza lavoro della famiglia;
c. la mancata alienazione nel biennio precedente di fondi rustici di oltre un ettaro.
A proposito della prima, trattandosi di imprenditore professionale senza limiti "dimensionali" è ben evidente che non debba trattarsi di soggetto che dedichi la propria abituale attività alla lavorazione manuale della terra (definizione che si attaglia solo al coltivatore diretto).
Quanto alla seconda, balza altrettanto evidente la sua inadattabilità alla materia in esame, a causa della diversa natura dell'Iap e della società di coltivazione diretta (per i quali non può configurarsi una prevalenza del lavoro proprio e dei componenti la famiglia di cui all'art. 2083 c.c.) e, nel caso della società, a causa dell'inconfigurabilità di una dimensione familiare dell'impresa.
Resta la terza condizione, ovvero quella della mancata alienazione nel biennio precedente, la quale si colloca in un contesto di previsioni ancora riferite all'attività di coltivazione diretta e che appare, perciò, anch'essa inadattabile alle imprese di maggior respiro prese in considerazione dalle disposizioni in commento. L'incompatibilità in parola emerge in misura ancor più marcata avendo presente l'eccezione stabilita dall'ultima parte del n. 3) dell'art. 2 L. 604/1954, ove si fa riferimento alla formazione di organiche aziende agricole familiari.
Tuttavia si segnala che l'unica presa di posizione dell'Agenzia delle Entrate sulle questioni in esame tratta solo indirettamente il tema lasciando apparire che essa Agenzia dia per scontato che si applichino le condizioni stabilite per il coltivatore diretto, pur asserendo che non rilevano le alienazioni nel biennio precedente fatte dal socio della società che acceda alle agevolazioni Ppc. [nota 108]
Anche in rapporto all' assunto dell'Agenzia delle Entrate da ultimo menzionato, occorre poi stabilire se l'Iap e la società di coltivazione diretta richiedenti l'agevolazione Ppc debbano produrre, in sede di registrazione, [nota 109] il certificato, provvisorio e/o definitivo, prescritto dall'art. 3 L. 604/1954, come modificato dalla L. 590/1965.
Ove si accogliesse l'esposta tesi dell'incompatibilità almeno per le prime due delle condizioni della coltivazione manuale e del rapporto superficie/forza lavoro, potrebbe poi escludersi l'obbligo di produzione del certificato sostenendo che esso dovrebbe attestare la sola mancanza di vendite nel biennio precedente e cioè un dato ricavabile da atti a conoscenza dell'Amministrazione, con conseguente applicabilità dell'art. 6 del D.lgs. 212/2000 (Statuto del contribuente).
Il certificato conserverebbe, in tale ipotesi, un eventuale campo di applicazione per i soli casi eccezionali in cui il richiedente intendesse avvalersi della deroga prevista dall'art. 2 n. 3) ultima parte della L. 604/1954 (nel qual caso egli avrebbe l'onere di produrlo).
Pertanto, il certificato in questione non occorre per gli acquisti Ppc da parte di Iap e società di coltivazione diretta ma, ove si voglia tuzioristicamente produrlo, esso deve riguardare solo la mancata alienazione nel biennio precedente di terreni di superficie non superiore ad un ettaro.
Circa la «decadenza per alienazione nel quinquennio», è noto che sono state sostenute sia la tesi della applicabilità sia quella della inapplicabilità all'Iap.
La prima fa leva sulla mancanza di indici normativi derogatori.
La seconda si appella, per contro, ad una incompatibilità con il favor per l'impresa agricola e per la dimensione dinamica dell'attività di produzione per il mercato (di cui sarebbe spia proprio l'estensione a tutti gli Iap di quei trattamenti agevolati) nonché alla previsione di una specifica decadenza per perdita di requisiti nel quinquennio (che deporrebbe per un autonomo ed assorbente regime della decadenza). [nota 110]
In proposito si osserva che la decadenza stabilita dalla normativa Ppc, pur inapplicabile ad una nutrita serie di fattispecie non profilabili all'epoca della sua creazione (si pensi alle trasformazioni eterogenee ed alla scissione parziale), integra un sistema di tutela su cui il legislatore delle ultime riforme non si è pronunciato, per cui non pare agevole escluderne l'applicabilità anche all'acquisto da parte dei nuovi soggetti. D'altra parte, la specifica decadenza per «perdita del requisito Iap» (art. 1 comma 4) o del «requisito di società di coltivazione diretta» (art. 2 comma 4-bis ultimo periodo) è di carattere generale e non attiene alle sole agevolazioni Ppc (riguarda, ad esempio, anche le agevolazioni creditizie), per cui non si può considerare assorbente di ogni altra comminatoria. Solo così argomentando sembra evitarsi, tra l'altro, una ingiustificata disparità di trattamento a favore dell' Iap ed a sfavore del coltivatore diretto.
La disposizione che stabilisce la nuova decadenza in caso di perdita dei requisiti tempo-reddito-competenze professionali, nei cinque anni dall'applicazione dell'agevolazione, non contiene riferimenti all'iscrizione nella gestione Inps dell'Iap, che risulterebbe avere, pertanto, una rilevanza solo istantanea, limitata al momento dell'acquisto;
per le società di coltivazione diretta, invece, la decadenza da perdita del requisito previdenziale nel quinquennio emerge in modo netto dalla relativa disposizione - art. 2 comma 4-bis D.lgs. 99/04.
Se si chiedesse coerenza al sistema e rispetto della parità di trattamento in presenza di situazioni equivalenti, bisognerebbe ammetterne una permanente rilevanza, nel quinquennio, anche per l'Iap.
Implicito, nella previsione di decadenza, sembra essere l' obbligo di utilizzazione dei beni acquistati per l'attività d'impresa del richiedente, ma si sottolinea che una decadenza per mancata coltivazione o per alienazione nel quinquennio vige per il solo caso dell'acquisto Ppc (nonché riguardo al "compendio unico").
Poiché nelle disposizioni in esame si fa riferimento alla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di Iap (art. 1 comma 4 e art. 2 comma 4) o alla data di applicazione delle agevolazioni alle società di coltivazione diretta (art. 2 comma 4-bis), si è ritenuto che i cinque anni decorrano dalla data di registrazione (in quanto data di effettiva applicazione dell'agevolazione). [nota 111]
I trasferimenti nei territori montani
E' noto che nell'ambito delle agevolazioni disciplinate dal D.P.R. 601/1973 figura l'art. 9, in base al quale, nei territori montani, come definiti dal medesimo art. 9, i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali. Le stesse agevolazioni si applicano anche a favore delle cooperative agricole che conducono direttamente i terreni. Inoltre, lo stesso trattamento è riservato ai «trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo, acquisiti o disposti dalle comunità montane, di beni la cui destinazione sia prevista nel piano di sviluppo per la realizzazione di insediamenti industriali o artigianali, di impianti a carattere associativo e cooperativo per produzione, lavorazione e commercializzazione dei prodotti del suolo, di caseifici e stalle sociali o di attrezzature turistiche».
Decadono dai benefici i proprietari di terreni montani che non osservino gli obblighi derivanti dai vincoli idrogeologici o imposti per altri scopi.
L'amministrazione finanziaria, con Ris. 220128 del 28 novembre 1987 Direz. TT.AA., accogliendo il parere del Cons. di Stato 253/84 sez. II, ha asserito che le agevolazioni previste dal cit. art. 9 si applicano alla «proprietà (cioè al fondo) coltivata direttamente dal … proprietario, che sia coltivatore diretto in senso tecnico» e non si estendono ai soggetti che conducano un'azienda su base imprenditoriale.
L'ultima affermazione non pare precludere l'applicazione della normativa in questione ai coltivatori diretti imprenditori ma sembra mirare ad escludere soltanto i soggetti che abbiano una dimensione dell'impresa che non si fondi sulla prevalenza del lavoro "proprio". D'altra parte, l'interesse allo sviluppo della montagna non può fare a meno proprio del motore più rilevante, costituito dai soggetti che svolgano l'attività secondo il modello dell'impresa (sia pur piccola) e, con il rivolgersi al mercato, siano capaci di imprimere il maggior dinamismo possibile.
In ogni caso, poiché il "riconoscimento delle agevolazioni spettanti alla persona fisica coltivatore diretto" tace sulla connotazione imprenditoriale di quest'ultimo, non può dubitarsi della spettanza del trattamento in esame sia all'Iap, sia alle società di coltivazione diretta, i cui soggetti qualificanti siano iscritti all'Inps.
L'acquisto di beni per la formazione di compendio unico in territori di Comunità Montane e nei restanti territori
L'attuale panorama legislativo espone due tipi di "compendio unico in agricoltura" e cioè il compendio in territorio di Comunità Montana e quello in altri territori. [nota 112]
La disciplina del compendio in territorio di Comunità Montana è stata la prima ad essere introdotta, con la L. 448/2001 (art. 52) mediante l'aggiunta dell'art. 5-bis alla L. 31 gennaio 1994, n. 97. [nota 113] Successivamente, il legislatore ha esteso l'ambito territoriale prevedendo il compendio di applicabilità generale, disciplinato dal D.lgs. n. 99/2004 (il quale, con l'art. 7, ha aggiunto l'articolo 5-bis al D.lgs. 228/2001 ed ha richiamato i commi 1 e 2 del citato art. 5-bis L. 97/1994).
La duplicità di previsioni in tema di compendio unico e la potenziale universalità della tipologia disciplinata dal D.lgs. 99/2004 impongono di stabilire se vi sia stata abrogazione tacita della disposizione anteriore. Sulla questione incidono i principi generali della successione delle leggi nel tempo, in base ai quali può asserirsi che, quando vi sia un potenziale conflitto tra legge speciale anteriore e legge generale posteriore, è normalmente ammessa la coesistenza delle disposizioni, salvo che risulti una diversa voluntas legis. Sulla base di questa premessa, la questione di specie (circa l'abrogazione tacita delle disposizioni sul compendio in territorio montano) pare da risolvere negativamente - e cioè nel senso della vigenza contemporanea delle due discipline - osservando che la mancanza di una siffatta voluntas legis si argomenta dallo stesso tenore letterale dell'art. 7 D.lgs. 99/2004, [nota 114] il quale - rinviando all'art. 5-bis L. 97/1994 e richiamandone i commi 1 e 2 - depone per una persistenza dell'eccezione (compendio in territorio di Comunità Montana) anche in presenza della previsione generale posteriore (compendio ex D.lgs. 99/2004). [nota 115] è da ritenere, però, che anche nei territori delle Comunità Montane sia possibile invocare la disposizione a carattere generale, benché caratterizzata da un regime meno favorevole rispetto a quella speciale portata dall' art. 52 L. 448/2001.
La disciplina più remota (L. 97/1994, come modificata dall'art. 52 L. 448/2001) non fornisce una espressa definizione di compendio e si limita ad una generica indicazione circa la «superficie minima indivisibile». Soccorrono, però, le legislazioni regionali, secondo cui esso consiste nella superficie minima indivisibile «necessaria e sufficiente a garantire l'esercizio di una conveniente coltivazione del fondo secondo le regole della buona tecnica agraria». Per contro, il D.lgs. 99/2004 è esplicito ed asserisce che «ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai regolamenti (Ce) n. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni». Nella nozione suddetta pare implicito il requisito della titolarità dei terreni (e fabbricati) in diritto di proprietà e non in base ad altro diritto reale (come si ricava, d'altra parte, dai commi 11-ter e 11-quater), onde imprimere un legame attrattivo che resista nel modo più forte al contrasto nell'utilizzazione che potrebbe porsi tra proprietario e titolare di diritto reale limitato.
Il trattamento tributario - Il titolo del trasferimento agevolato - I profili soggettivi
Il tema delle agevolazioni fiscali discendenti dall'impegno a costituire il compendio unico è facilmente sintetizzabile: il trattamento di favore consiste nell'esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere e non riguarda i tributi diversi dalle imposte. Pertanto, sono dovuti, secondo le ordinarie previsioni, soltanto la tassa ipotecaria e i tributi speciali catastali. [nota 116] Non essendo posti limiti al titolo del trasferimento, il trattamento in questione è sicuramente applicabile a tutti i trasferimenti tra vivi onerosi. Per ragioni sistematiche, essa dovrebbe estendersi gli atti derivativo-costitutivi [nota 117] che pur, a stretto rigore, non sono civilisticamente qualificabili "trasferimenti", [nota 118] ma tale estensione trova ostacoli nel novero dei diritti capaci di consentire al titolare di costituire il vincolo di compendio. [nota 119]
Nonostante alcune iniziali perplessità, [nota 120] riguardo al "compendio in territorio montano", derivanti dall'espresso - ma non circoscritto - riferimento alle imposte di registro, ipotecarie, catastali e di bollo, è da ritenere che tale trattamento possa abbracciare anche i trasferimenti liberali e quelli a causa di morte, a titolo universale od a titolo particolare, sia perché l'esenzione è testualmente estesa alle imposte di "altro genere" sia perché, dopo la soppressione dell'imposta di successione e donazione, ogni residuo dubbio è fugato dall'applicabilità alle successioni delle sole imposte ipotecaria, catastale e di bollo e dall'applicabilità alle donazioni di immobili delle imposte ipotecaria e catastale, oltre che delle imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso (nei limiti stabiliti dalla L. 383/200, art. 13 [nota 121]).
D'altra parte, se il trasferimento è la sintesi unitaria del distacco e del correlativo acquisto, le successioni mortis causa abbracciano anche i trasferimenti [nota 122] e nella disciplina fiscale, oggetto dell'imposta di successione e donazione (ora soppressa) è proprio il trasferimento di beni e diritti per successione a causa di morte.
Circa i profili soggettivi, la differente formulazione delle due disposizioni in commento orienta per una diversità di disciplina. Infatti, nel caso del compendio in territorio di Comunità Montana il trattamento di esenzione è riservato ai coltivatori diretti ed agli imprenditori agricoli professionali (ex imprenditori agricoli a titolo principale). Per contro, la disciplina ex D.lgs. 99/2004, riferendosi a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, risulterebbe compatibile con l'acquisto da parte di soggetto che, non possedendo tale qualifica, si impegni ad acquisirla. Va però ricordato che, nella materia in esame, torna applicabile, per l'Iap (persona fisica o società), l'art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/2004, la cui valenza generale (che si desume anche dalla rubrica del D.lgs. 99/2004) porta a ritenere che la conseguibilità postuma valga per tutti i trattamenti riguardanti l'imprenditore agricolo professionale e perciò anche per quelli relativi al compendio in territorio di Comunità Montana ed al compendio "generale".
Circa l'iscrizione all'Inps (nella gestione agricoltura), va sottolineato che essa, non prevista come condizione di fruibilità dell'agevolazione sul compendio unico ("montano" e "generale") per gli imprenditori agricoli professionali, diviene invece elemento discriminante (ed è quindi necessaria) per chi - non essendo ancora Iap - invochi l'art. 1 comma 5-ter D.lgs. 99/04. Per il coltivatore diretto non esiste una previsione analoga a quella dell'Iap, per cui deve escludersi l'acquisibilità successiva della qualifica in rapporto al compendio "montano".
La cennata diversa formulazione riguardo al compendio "generale" potrebbe invece legittimare l'apertura alla conseguibilità postuma della qualifica di coltivatore diretto, applicando analogicamente, quanto al termine, la menzionata regola valevole per l'Iap.
Per quanto concerne le società di coltivazione diretta di cui all'art. 2 comma 4-bis D.lgs. 99/2004, la possibilità di accesso al trattamento previsto per il compendio unico deriva dalla sua qualificabilità come agevolazione (testualmente ricavabile dal D.lgs. 99/2004 ma non dalla L. 448/2001) che, in quanto applicabile al coltivatore diretto, viene in causa per il rinvio generico contenuto nel citato articolo 2 comma 4-bis D.lgs. 99/2004. Però, l'assenza di qualsiasi disposizione derogatoria pare precludere ogni possibilità di conseguimento postumo della qualifica.
Ricapitolando, le agevolazioni in parola sono invocabili, per entrambi i tipi di compendio:
da coltivatori diretti;
da imprenditori agricoli professionali (persone fisiche e società) indipendentemente dall'iscrizione Inps;
da società di coltivazione diretta tali qualificate da un coltivatore diretto iscritto all'Inps;
da soggetti (persone fisiche e società) che abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica Iap alla Regione competente e si siano iscritti nell'apposita gestione Inps (e purché poi conseguano la qualifica nei 24 mesi dall'istanza di riconoscimento [nota 123]).
L' impegno a costituire il compendio - l'atto di costituzione - la trascrizione - l'effetto
Entrambe le disposizioni sul compendio condizionano l'applicabilità del regime tributario di favore all'impegno a costituire il compendio, da cui origina l'interesse a chiarire quale sia il momento entro il quale debba procedersi alla costituzione del compendio e se sia ammissibile una sua predisposizione con acquisti successivi tutti agevolati (c.d. fattispecie a formazione differita) cui segua l'atto costitutivo del compendio una volta raggiunta la "superficie minima", tutti problemi la cui soluzione non può prescindere dai dati testuali, ricordando che nella L. 448/2001 l'impegno a coltivare o condurre per dieci anni e l'indivisibilità quindicennale decorrono dall'acquisto mentre nel D.lgs. 99/2004 l'impegno a coltivare o condurre dura per dieci anni dal trasferimento ma l'indivisibilità, qui anch'essa decennale, decorre dalla costituzione del compendio unico.
La formazione differita del compendio montano
Iniziando dal compendio in territorio montano, l'esistenza di indici di segno potenzialmente opposto balza evidente sol che si segnali che l'accesso alle agevolazioni è condizionato all'impegno alla costituzione del compendio ma il suo effetto (consistente nell'indivisibilità) decorre, come detto, dall'acquisto. A causa di tali indici almeno apparentemente contraddittori, l'ammissibilità di una costituzione del compendio successiva all'acquisto vede fronteggiarsi due opposte teorie, ormai ben note. Secondo la prima, si deve valorizzare la necessaria decorrenza dall'acquisto come spia della imprescindibile contestualità (o almeno anteriorità alla registrazione dell'atto) della costituzione rispetto all'acquisto stesso, dovendosi invece svalutare il dato testuale della disposizione nel punto in cui si riferisce all' "impegno a costituire", il quale ultimo elemento sarebbe da addebitare ad una tecnica di redazione imprecisa ed approssimativa. Concorderebbe con tale linea interpretativa anche un'altra notazione: ove si volesse ammettere il raggiungimento dell'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività mediante acquisti in epoche successive, bisognerebbe fare i conti con l'indivisibilità decorrente da termini iniziali diversi, il che cozzerebbe con la logica interna dell'unicità del compendio indivisibile. Per questa via, potrebbe sostenersi che l'unico acquisto agevolabile sia quello di terreni di dimensione non inferiore al minimo di superficie stabilito dalla Regione.
La seconda teoria, invece, spiega la decorrenza dell'indivisibilità dall'acquisto individuandolo nell'acquisizione della superficie minima, pur se raggiunta a tratti successivi. Il riferimento all'acquisto, come dies a quo per il computo del quindicennio di indivisibilità, dovrebbe perciò intendersi come momento del conseguimento della titolarità di quanto occorra a costituire il compendio.
La prima delle due teorie, pur limitando il campo applicativo del regime agevolato, risolve in radice ogni questione circa le conseguenze fiscali della mancata costituzione del compendio. La seconda teoria deve fare i conti con quest'ultimo problema, a pena di doverne riconoscere l'inammissibilità. In tale prospettiva, sembra possibile coniugare l'ammissibilità della fattispecie a formazione differita con la delimitazione dello spazio temporale entro cui completare la fattispecie accedendo alla soluzione dell'adempimento dell'obbligo entro il termine di decadenza dall'azione della finanza. [nota 124] Concorda con la linea interpretativa favorevole alla possibilità di formazione differita anche l'orientamento emergente dalle legislazioni regionali attuative della legge 31 gennaio 1994, n. 97, art. 5-bis. [nota 125]
Sulla questione del termine entro cui procedere alla costituzione del compendio gioca un ruolo non marginale la determinazione regionale della superficie minima indivisibile, poiché il modello paradigmatico può attuarsi solo a determinazione avvenuta. Quest'ultima osservazione evidenzia anche il limite della prima teoria sopra riferita, seguendo la quale non risulterebbe possibile accedere al beneficio se non dopo l'entrata in vigore della determinazione regionale.
La formazione differita del compendio "generale"
Passando al compendio a valenza generale, la duplice previsione (comma 11-bis e comma 11-ter dell'art. 5-bis, aggiunti dal D.lgs. 101/2005) riguardante l'epoca di costituzione, introdotta dal D.lgs. correttivo n. 101/2005, parrebbe privilegiare - a fronte delle incertezze interpretative emerse in sede di primi commenti al D.lgs. 99/2004 ed alimentate dalla formula della legge che richiede il solo impegno a costituire - la tesi della necessaria contestualità di acquisto e costituzione del compendio, a pena di inapplicabilità delle agevolazioni. Sennonché, la formulazione letterale delle regole in questione non è incompatibile neppure con l'opposta tesi (teoria della formazione differita), dal momento che l'art. 5-bis comma 11-bis ha una genesi - desumibile dalla Relazione illustrativa e dalla Relazione tecnica allo schema di decreto legislativo, poi divenuto D.lgs. 101/2005 - in grado di spiegarne la funzione come limitata alla neutralizzazione del maggior gravame di onorari notarili in caso di costituzione contestuale, [nota 126] senza voler incidere sulla questione dell'ammissibilità della formazione differita.
A sua volta, il comma 11-quater è in grado di abbracciare anche la formazione differita, risultando letteralmente adeguato pure all'ipotesi di acquisti successivi cui segua, una volta acquisita la superficie minima in capo allo stesso soggetto, la costituzione del compendio. [nota 127] Insomma, il complesso delle disposizioni in esame mette in campo indici contrastanti, la cui riconduzione ad unità richiede di superare i dati testuali, indagando la ratio.
Alla ricerca dello scopo della previsione legislativa, si deve andare alla legge delega n. 38 del 2003 («Il Governo è delegato ad adottare, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, … uno o più decreti legislativi per completare il processo di modernizzazione dei settori agricolo, della pesca, dell'acquacoltura, agroalimentare, dell'alimentazione e delle foreste»), la quale legge, all'art. 1 lettera f), dettava precisi criteri e principi per l'adozione di una «disciplina tributaria che agevoli la costituzione di adeguate unità produttive, favorendone l'accorpamento e disincentivando il frazionamento fondiario». Individuata la ratio, parrebbe stridere con essa la sopra indicata soluzione avversa alla formazione differita, in quanto tutt'altro che capace di «favorire l'accorpamento».
Pur con tutte le difficoltà di ricostruzione del sistema sopra evidenziate, risulta quindi sostenibile anche la teoria estensiva (ammissibilità della fattispecie a formazione differita), che riduce il ruolo del comma 11-bis alla neutralizzazione del costo del doppio atto notarile (di acquisto e di costituzione del compendio) ed enfatizza la funzione di «agevolazione della costituzione di adeguate unità produttive, favorendone l'accorpamento e disincentivando il frazionamento fondiario». Una volta ammessa, anche qui, la formazione differita, varrebbero le conclusioni raggiunte riguardo al compendio montano, cui si rinvia.
Il regime formale dell'atto costitutivo
Volendo accennare al regime formale dell'atto costitutivo del compendio, riguardo al quale nulla è stabilito per il compendio montano, si nota che vale, per il compendio "generale", quanto disposto dall'art. 7, commi 4, 11-bis e 11-quater del D.lgs. 99/2004. In base ai primi due commi citati, la forma sarebbe condizionata soltanto dall'obbligo di trascrizione, per osservare il quale occorre l'atto autentico ma non è necessario l'atto pubblico. Però, non si deve trascurare la lettera dell'art. 7 comma 4, che, riferendosi al Notaio rogante, porterebbe a pretendere proprio l'atto pubblico. [nota 128] Pur non sopravvalutando l'elemento letterale citato, perché non univoco, la necessità della forma pubblica ad substantiam sembra discendere dall'ultimo dei commi citati (11-quater), poiché non si vede ragione per assoggettare a tale accentuato formalismo solo l'atto che comprenda anche immobili pre-posseduti.
Natura giuridica
Riguardo alla natura giuridica ed al regime sostanziale dell'atto di costituzione del compendio, sia montano che generale, giova evidenziare che esso è negozio giuridico unilaterale, [nota 129] irrevocabile in quanto destinato a soddisfare interessi eccedenti la sfera giuridica del suo autore. Tale irrevocabilità è immediata, non potendosi qualificare l'atto di questione "ricettizio", dal momento che esso non ha un destinatario, determinato o indeterminato che sia, [nota 130] nemmeno nello Stato, pur postulando l'atto in parola il normale grado di conoscibilità, comune a qualsiasi dichiarazione. [nota 131]
L' inquadramento tassonomico dell'atto in parola sembra trovargli giusta collocazione nei negozi di destinazione, [nota 132] ma avendo cura di segnalare sia l'ampiezza e la multiformità di tale categoria allorché la si caratterizzi con riferimento allo scopo (spaziando, allora, in tutte e quattro le categorie dogmatiche fondamentali dell'esperienza giuridica, dalla teoria del soggetto a quella dell'oggetto, da quella dell'atto a quella del fatto [nota 133]), sia che quello in esame è estraneo alla «destinazione allo scopo cui consegua la sottrazione alla responsabilità patrimoniale per debiti estranei allo scopo medesimo» [nota 134] e non pare rientrare tra gli atti di cui all'art. 2645-ter c.c., introdotto dal D.l. 273/2005.
L'atto costitutivo del compendio "generale" deve "menzionare" espressamente «il predetto vincolo di indivisibilità» ma la tesi della indispensabilità della menzione per la nascita del vincolo e per l'accesso alle agevolazioni [nota 135] pare eccessivamente rigorosa, perché l'indivisibilità è effetto tipico e naturale della costituzione del compendio - come recita il primo periodo del comma 4 art. 7 D.lgs. 99/2004 - e non può dipendere dal mero richiamo in atto. Il vincolo di compendio "generale", oltre a dover essere menzionato in atto, deve essere trascritto nei Registri Immobiliari: la disposizione prevede che la trascrizione debba essere eseguita dai direttori degli uffici competenti. E' preferibile ritenere che la precisazione sia meramente ripetitiva della regola generale, secondo cui la trascrizione avviene su richiesta della parte, anche se è eseguita dall'ufficio competente.
La dottrina si è chiesto quale sia il ruolo della trascrizione in parola e quali le conseguenze della sua omissione, escludendone la natura costitutiva e ritenendo che si tratti di pubblicità-notizia, per il motivo che l'efficacia del vincolo decorre dalla costituzione del compendio, senza alcun riferimento alla trascrizione. [nota 136]
L'effetto del vincolo e l'ipoteca sui beni vincolati
Il vincolo oggettivo di indivisibilità, colpendo l'intero fondo, mira a conservare la potenzialità economica dell'unità poderale, senza influire sulla trasferibilità del diritto di proprietà. Pertanto, pur con le conseguenze sanzionatorie per cessazione della coltivazione o conduzione, è possibile l'alienazione per intero, mentre è vietata la disgregazione mediante il trasferimento parziale. [nota 137] Nel caso del compendio generale, il divieto, concernendo la suddivisione, si atteggia diversamente da quello di alienazione, che invece impedisce il trasferimento e, normalmente, non ostacola l'espropriazione, totale o parziale. [nota 138] Proprio in merito all'espropriazione si ritiene che il vincolo di indivisibilità, non operando come il divieto di alienazione, impedisca solo quella parziale. Circa l'ipoteca, sarebbe conseguentemente vietata quella su parte del fondo, [nota 139] a causa della preordinazione all'espropriazione che essa comporta. In merito a tale problematica si segnala che l'ipoteca non preordina l'espropriazione e risulterebbe in parziale contrasto con la disciplina dell'indivisibilità solamente ove il compendio venga alienato, perché soltanto allora l'opponibilità del diritto reale di garanzia al terzo acquirente sarebbe limitata ai beni ipotecati. Viceversa, ove i beni non vengano alienati, l'espropriazione da parte del creditore ben potrebbe avere per oggetto l'intero compendio, pur valendo la causa legittima di prelazione solo riguardo alla parte di valore corrispondente ai beni ipotecati. A ciò deve aggiungersi la meritevolezza dell'interesse sottostante all'ipoteca parziale, in vista dell'espropriazione che giunga oltre il termine di efficacia dell'indivisibilità.
I trasferimenti a favore del giovane agricoltore
Per quanto riguarda l'imposizione sul trasferimento liberale, il trattamento a favore del giovane agricoltore, stabilito dalla L. 441/1998, ha il fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, e consiste nell'esenzione dall'imposta sulle successioni e donazioni, dall'imposta catastale e da quella di bollo.
Tale esenzione riguarda gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado.
Dopo la soppressione dell'imposta di successione, e tenendo conto che quella sulle donazioni è pur essa del tutto soppressa quando i beneficiari siano parenti in linea retta o collaterali fino al quarto grado compreso, il regime di favore consiste nell'esenzione dalle imposte catastale e di bollo, per cui esso assume una dimensione non proporzionata al correlato obbligo di coltivazione per sei anni, pur conservando una valenza di incentivo a favore delle "nuove leve".
Dunque, l'agevolazione si applica in caso di trasferimenti a favore di soli discendenti in linea retta fino al 3° grado, purché i beneficiari siano già, o diventino entro due anni, coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale (ora Iap) e sempre che siano iscritti alle relative gestioni previdenziali o vi si iscrivano entro tre o due anni.
Ma, come si accennava, il soggetto beneficiario deve anche impegnarsi a coltivare o condurre direttamente i fondi rustici per almeno sei anni, a pena di decadenza.
Dopo le modifiche apportate dalla L. 388/2000, l'agevolazione per i trasferimenti liberali è prevista per i beni costituenti l'azienda, mentre nell'originaria stesura il testo normativo si riferiva ai soli fondi rustici.
Nella materia immobiliare, tenuto conto della funzione di favorire la continuità dell'impresa agricola, la differenza di formulazione potrebbe sembrare irrilevante. Sennonché è stato messo in evidenza che la precedente formulazione poteva consentire il trapasso agevolato di qualunque fondo rustico, anche slegato dall'azienda e che non appariva indispensabile la titolarità d'impresa in capo al dante causa e all'avente causa. Conseguentemente, la modifica della norma ha chiarito la portata dell'agevolazione, limitandola ai beni aziendali ed escludendo altri fondi rustici a qualunque titolo appartenenti al de cuius; inoltre, ha reso necessaria la qualifica di imprenditore in capo al defunto. Non è necessario, però, che il de cuius fosse imprenditore agricolo a titolo principale (ora Iap) o coltivatore diretto, potendo essere anche imprenditore agricolo "normale" (non Iap).
Una particolare difficoltà interpretativa emerge riguardo alla formula che allude alla conduzione in forma di società di persone: si tratta della società di cui il dante causa sia stato socio o di società tra i successori discendenti e ascendenti entro il terzo grado?
L'agevolazione riguarda il trasferimento di beni aziendali, e quindi non può attenere a quote societarie; d'altra parte la formula non può nemmeno alludere alla società intercorrente tra i successori, perché una società è soggetto distinto dai soci e, per definizione, non ha rapporti di parentela.
Nemmeno sarebbe corretto parlare di società tra gli eredi che si venga a costituire dopo aver acquisito i beni, come società regolare o irregolare, anche di fatto, nascente in conseguenza dell'esercizio collettivo dell'attività, perché, in tale ipotesi la costituzione della società è fenomeno successivo all'acquisto successorio e ne rimane distinto.
Poiché il dato letterale non si attaglia a nessuna possibile fattispecie, è necessario forzarlo disattendendo la rilevanza dello schermo societario e considerandolo alla stregua di un mero strumento incapace di velare i retrostanti protagonisti, incidentalmente in linea con quella parte della dottrina che scarta la ricostruzione delle società di persone in termini soggettivistici. Di conseguenza, potrebbe accedersi ad una lettura che comprenda nel regime agevolativo sia le quote che il defunto aveva in società di persone svolgente attività agricola sia il trasferimento di beni del defunto a favore di società di persone già esistenti tra i suoi successori. [nota 140]
Circa i «trasferimenti a titolo oneroso e non liberale», [nota 141] il trattamento di favore [nota 142] consiste nella riduzione di un quarto dell'imposta di registro ed è applicabile anche se acquirente sia una società, [nota 143] ma vale solo per l'acquisto di terreni.
Tenuto conto del requisito previdenziale richiesto a chi intenda accedere alle agevolazioni in questione e della coincidenza con quello richiesto agli Iap anche non "giovani" per fruire del trattamento spettante ai coltivatori diretti, il campo di applicazione del beneficio in parola si riduce ai soli casi in cui l'acquirente "giovane" non intenda accedere ad altri trattamenti comportanti regimi vincolistici ritenuti più gravosi.
Allorché si tratti di trasferimenti di cui all'art. 1 Nota I Tariffa parte prima T.U. Registro l'aliquota applicabile diviene quella del 6% (e cioè 75% di quella dell' 8%) se acquirente sia un Iap "giovane" mentre nel caso di acquisto da parte di coltivatore diretto "giovane" (che non invochi altri trattamenti tributari), la riduzione al 75% va applicata all'aliquota di imposta di registro relativa ai terreni agricoli (15%), divenendo dell'11,25%. [nota 144]
Rimane la differenza di previsione tra il citato art. 1 Nota I (che si riferisce a terreni agricoli e relative pertinenze) e l'art. 14 comma 5 legge 15 dicembre 1998, n. 441 (che parla di soli terreni), differenza che, però, si può ritenere colmata in forza del rinvio che l' art. 14 comma 5 fa all'art. 1 Nota I.
Le tecniche redazionali. Gli adempimenti
Le previsioni negoziali subordinate e la loro rilevanza in rapporto alla decadenza da regimi agevolati
La redazione degli atti portanti richiesta di trattamenti fiscali agevolati o di favore può porre di fronte ad una pluralità di trattamenti astrattamente applicabili alla fattispecie concreta, con conseguente necessità di individuare quello che meglio soddisfi gli interessi dei contraenti.
Tenuto conto della complessità degli interessi in gioco, l'utilizzazione di clausole generali e di previsioni subordinate sembra ottimizzare quel soddisfacimento, poiché è in grado di predisporre la migrazione della fattispecie da uno all'altro dei trattamenti in parola.
Rispettando le regole richieste per accedere alle rispettive agevolazioni ed inserendo in atto le clausole richieste a pena di inapplicabilità, è possibile strutturare il regime tributario dell'atto in modo che vi sia una scelta preferenziale senza pregiudicare gli ulteriori trattamenti. Nella materia che ci occupa, l'applicabilità delle previsioni subordinate richiede, quindi, sin dalla confezione dell'atto, di soddisfare i requisiti richiesti delle singole regole di accesso, per cui, ove l'acquirente intenda riservarsi un trattamento ulteriore, l'atto deve contenere quanto occorrente per l'una e per l'altra tipologia.
Soddisfatte le "condizioni" di accesso, allorché si verifichi decadenza o diniego del trattamento richiesto prioritariamente si può passare all'applicazione di quello subordinato, e così via per gli ulteriori eventuali.
Ad esempio, la richiesta di accesso al trattamento per la formazione del compendio unico "montano" può essere seguita, nello stesso atto, da quella di applicazione del regime ex art. 9 D.P.R. 601/1973, in modo che, verificandosi decadenza dal primo l'imposta dovuta a causa di tale decadenza venga a coincidere con le due imposte fisse (di registro e ipotecaria) che il menzionato art. 9 stabilisce come relativo regime tributario (salvi gli interessi).
Documenti da produrre in sede di registrazione e adempimento unico. Obblighi a carico del Notaio
In sede di registrazione telematica con modello unico informatico, il Notaio deve prospettare, nel relativo quadro "allegati", i documenti e certificati funzionali all'applicazione dei vari trattamenti fiscali, di esenzione, agevolati o di favore. [nota 145]
Possono menzionarsi, ad esempio, il certificato definitivo o provvisorio previsto in materia di piccola proprietà contadina, [nota 146] il certificato della sussistenza dei requisiti di imprenditore agricolo professionale, [nota 147] l'attestazione da cui risulti che sia in corso la procedura di sottoposizione a vincolo per i beni culturali, [nota 148] ecc.
Secondo le correnti regole in materia di registrazione degli atti, alcuni di tali documenti devono essere presentati al momento della registrazione, normalmente per consentire la liquidazione dell'imposta ma a volte addirittura a pena di inapplicabilità di un certo trattamento tributario. Considerate le particolarità del procedimento telematico, il sistema è stato delineato adottando un generale criterio di supplenza, consistente nell'acquisizione dei documenti in parola da parte del Notaio, che è obbligato a conservarli.
Pertanto, in tale modalità di procedimento, l'acquisizione dei documenti in parola da parte del Notaio (anche dopo l'atto, purché anteriormente all'invio telematico) è equivalente alla produzione all'Agenzia delle Entrate al momento della registrazione. La mancata acquisizione dei documenti integrativi condiziona l'autoliquidazione dell'imposta da parte del Notaio allo stesso modo di quella normalmente fatta dall'ufficio.
Per rendere effettivo il potere di controllo, l'art. 2 comma 6 del D.P.R. 308/2000 prevede che gli uffici finanziari abbiano diritto di richiedere l'esibizione della documentazione suddetta o di esaminarla presso la sede del pubblico ufficiale: quindi, anche quando non si tratti di allegati all'atto, gli uffici possono accedere ai documenti integrativi chiedendone l'esibizione, oppure ottenerne copia autentica (senza corrispondere i normali diritti di copia, ai sensi dell'art. 29 Tariffa Notarile).
Ove il pubblico ufficiale cessi l'attività, nessuna norma provvede a disciplinare il deposito presso l'Archivio Notarile di documenti diversi dagli originali, per cui deve ritenersi che, al verificarsi di tale evento, cessi ogni obbligo di conservazione, a causa del venir meno, nel soggetto, della funzione presupposta dalla norma.
Analogo criterio pare valere nel caso di trasferimento in altra sede posta al di fuori della circoscrizione dell'Agenzia delle Entrate, poiché, in tal caso, pur non venendo meno la funzione cui sopra si accennava, cessa lo stretto collegamento tra pubblico ufficiale ed ufficio posto dall'art. 9 D.P.R. 131/1986.
Le cessioni di fabbricati da parte di imprenditore agricolo dopo il D.l. 223/2006 (Manovra Visco-Bersani) convertito in L. 248/06
Per dare un quadro più ampio della "posizione" dell'imprenditore agricolo, un cenno va fatto anche al regime delle cessioni di fabbricati, dopo le modificazioni del regime Iva apportate con il D.l. 223/06 ed in relazione al sistema prezzo-valore.
Come è noto, quest'ultimo, introdotto dall' art. 1 comma 497, L. 23 dicembre 2005, n. 266 (in vigore dal 1° gennaio 2006) riguarda l'imposizione indiretta sulle abitazioni, prevedendo che, «in deroga alla disciplina di cui all'art. 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al Notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'art. 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto».
Poiché l'applicazione del sistema suddetto è esclusa allorché contraenti siano le persone fisiche che agiscano come imprenditori commerciali, artisti o professionisti, è stato notato, riguardo alla cessione di cui sia parte un imprenditore agricolo persona fisica, che «l'omissione non sembra casuale, ma trova il proprio fondamento nella diversa, e meno rigorosa regolamentazione, anche sotto il profilo contabile e tributario, dell'impresa agricola rispetto a quella commerciale; il che conduce - limitatamente alle cessioni non soggette ad imposta sul valore aggiunto - alla conclusione dell'applicabilità della nuova valutazione automatica anche alle cessioni in cui siano coinvolte persone fisiche imprenditori agricoli». [nota 149]
Il D.l. 223/2006, con le modifiche apportate dalla legge di conversione, ha ridisciplinato il regime Iva/registro delle cessioni di fabbricati, distinguendo immobili abitativi e immobili strumentali e prevedendo, per i primi, un generale regime di esenzione dall'Iva con l'unica eccezione riguardante i fabbricati ultimati o ristrutturati da non più di 4 anni, ceduti dalle imprese che li abbiano costruiti o ristrutturati. Inoltre, lo stesso D.l. 223/2006 ha innovato il sistema dell'accertamento di valore ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale e, solo per le cessioni disciplinate dall'art. 1, comma 497, L. 266/2005, ha conservato il limite al potere di rettifica dei valori (limite in dipendenza del quale l'accertamento di valore non è possibile quando il corrispettivo o il valore dichiarati non siano inferiori al "valore catastale").
In questo nuovo contesto normativo, risulta dilatato il campo di applicabilità del criterio "prezzo-valore", in quanto ora abbraccia anche le cessioni di fabbricati abitativi esenti da Iva di cui sia parte cedente «la persona fisica agente in esercizio di impresa agricola» (mentre rimane inapplicabile allorché cedente sia la persona fisica agente nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali).
[nota 1] CADILE, «Aree edificabili: la storia infinita» articolo pubblicato sul numero 106 del 26 luglio 2004 di Newsletter Giuridica di Filodiritto, www.filodiritto.com/diritto/pubblico/tributario/areeedificabilicadile.htm
[nota 2] CANNIZZARO - «Nozione di terreno edificabile e valutazione automatica: la Cassazione rimette la questione al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite». - in Settore Studi Cnn, Segnalazione novità giurispudenziali, segnalazione novità n. 195 del 6 aprile 2006.
[nota 3] In materia di Ici con norma di interpretazione autentica, l'art. 11-quaterdecies, comma 16 del D.l. 203/2005 convertito dalla legge 11 marzo 2006, n. 81 già aveva disposto che ai fini della applicazione del D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 505, la disposizione prevista dall'art. 2, comma 1, lettera b) «si interpreta nel senso che un'area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento giuridico generale, indipendentemente dalla adozione di strumenti attuativi del medesimo».
Come già osservato da Giampiero Petteruti e Diego Podetti «Il regime tributario dei trasferimenti di terreni nella imposizione indiretta e nella imposizione diretta - profili notarili», nelle relazioni al Convegno di Studio dei distretti di Imperia e Sanremo e Savona del 22 maggio 2006, in corso di pubblicazione, si era ritenuto in dottrina che tale norma fornisse la soluzione limitatamente all'Ici, senza possibilità di generalizzazione ed estensione né per l'Iva, ove non si tratta di stabilire i criteri per la determinazione del prelievo, né per il registro, ove si tratta di stabilire il valore di un bene ai fini della base imponibile e ove comunque, in assenza di espressi criteri, pareva legittimo rifarsi al concetto amministrativo di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, né infine in ambito Irpef ove si tratta di stabilire i presupposti per la tassazione delle plusvalenze, in quanto la diversità di ratio e di funzione delle varie disposizioni, oltre a diversità letterali, impediva una ricostruzione generale unitaria della nozione di terreno edificabile ai fini del diritto tributario, in particolare una nozione fondata su un criterio "economico" di area edificabile. Il legislatore, sposando le teorie spiccatamente economicistiche del diritto, ha invece ritenuto di estendere la soluzione adottata per l'Ici all'intero sistema tributario.
[nota 4] Cfr. PETTERUTI- Studio n. 33-2006/T della Commissione Studi Tributari del Cnn; GIUNCHI, MASTROIACOVO, PETTERUTI, PODETTI, «Imprenditore agricolo professionale e società agricole (D.lgs. n. 99 del 2004) - aspetti tributari» - Studio n. 46/2004/T della Commissione Studi Tributari del Cnn; «La prelazione agraria» - Studio n. 66-2006/C della Commissione Studi Civilistici del Cnn; CABIDDU, «Il compendio unico di cui all'art. 7 del D.lgs 29 marzo 2004, n. 99 modificato dal D.lgs 101/2005» - Studio 358 - 2006/C della Commissione Studi Civilistici del Cnn.
[nota 5] (4-bis) Testualmente la norma è riferita al D.P.R. 633/1972, al D.P.R. 917/1986, al D.P.R. 131/1986 ed alla legge Ici. Ma, se, come riteniamo la norma non è norma eccezionale di interpretazione autentica, come tale di stretta interpretazione, ma norma innovativa, essa enuncia un concetto che criteri di interpretazione sistematica inducono a ritener generale nell'ambito tributario.
MONTELEONE - Studio n. 212-bis della Commissione Studi Tributari del Cnn, in Cnn Strumenti, voce «Aree fabbricabili» (160) n. 10; MONTELEONE, Studio n. 380-bis del 1° aprile 1996 della Commissione Studi. Tributari del Cnn.
[nota 6] Terreni in zona "F" (verde pubblico), in zona B3 (residenziale estensiva) in riferimento alle aree scoperte inedificabili, nonché in zona A2 (preesistenze storiche - tessuto storico) ove risulti la inedificatorietà degli stessi dagli strumenti urbanistici.
In tal senso anche la Amministrazione finanziaria (cfr. Ris. n. 400756 del 27 novembre 1989) che ha affermato che «per gli atti traslativi aventi per oggetto un terreno che il relativo certificato di destinazione urbanistica dichiari "ricadente in zona di verde pubblico" e per il quale prescriva il "divieto di qualsiasi tipo di costruzione", sia legittimo applicare, allorché ne ricorrano i presupposti, quanto previsto dall'art. 52, comma 4, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in materia di registro».
[nota 7] CALABRESE, La prelazione agraria, Padova, 2004, p. 51, che cita a sostegno Cass. 20 dicembre 1990, n. 12090, in Dir. e giur. agr., 1992, p. 161, con nota di ORLANDO e Cass. 28 aprile 1990, n. 3592.
[nota 8] A norma dell'art. 2 del citato D.M. 2 aprile 1968, sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:
«le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestino carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq.
le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale».
[nota 9] Come affermato nello Studio 358 - 2006/C della Commissione Studi Civilistici del Cnn, cit.
[nota 10] Cfr. l'art. 7, comma 3 e 4: «Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 2 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione»;
commi 11-ter ed 11-quater:
«I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, se collocati nello stesso comune o in comune limitrofo, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività di cui al comma 1.
La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a Notaio nelle forme dell'atto pubblico».
Si richiama altresì, per quanto riguarda i fabbricati, l'art. 12, relativo alla "Valorizzazione del patrimonio abitativo rurale" il quale dispone che «I redditi dei fabbricati situati nelle zone rurali e non utilizzabili ad abitazione alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, che vengono ristrutturati nel rispetto della vigente disciplina edilizia dall'imprenditore agricolo che ne sia proprietario ed acquisiscono i requisiti di abitabilità previsti dalle vigenti norme, se concessi in locazione dall'imprenditore agricolo per almeno cinque anni, ai fini delle imposte sui redditi per il periodo relativo al primo contratto di locazione e, comunque, per non piu' di nove anni, sono considerati compresi nel reddito dominicale ed agrario dei terreni su cui insistono».
[nota 11] Così il D.lgs. 24 febbraio 1948, n. 114, ratificato con L. 22 marzo 1950, n. 144, agevola, all'art. 1, «le compravendite e le concessione in enfiteusi di fondi rustici » e, all'art. 3, gli atti di acquisto di fondi rustici da parte di cooperative regolarmente costituite, i cui soci siano tutti lavoratori agricoli, nonchè gli atti di suddivisione e di assegnazione dei fondi stessi ai soci.
La legge 25 luglio 1952, n. 991, all'art. 36, prevedeva agevolazioni tributarie, più favorevoli rispetto a quelle concesse in generale per la piccola proprietà contadina, per «i trasferimenti di proprietà e gli atti di permuta di fondi rustici» nei territori montani fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di piccole proprietà coltivatrici e la legge 5 ottobre 1960, n. 1154, estendeva l'applicazione dei benefici fiscali previsti dal succitato art. 36 della L. 991/1952 ai «trasferimenti delle case non situate nel fondo, ed anche censite in catasto fabbricati, quando sia accertato, nei modi stabiliti dall'art. 1 della legge 13 gennaio 1955, n. 21, che l'acquisto è fatto allo scopo di dotare piccole proprietà coltivatrici di fabbricati destinati all'abitazione, al ricovero del bestiame, al ricovero e alla custodia dei prodotti, delle sementi, dei concimi, dei mangimi e dei mezzi di coltivazione, alla prima lavorazione dei prodotti.
Nei territori montani le norme di cui all'art. 36 della L. 25 luglio 1952, n. 991, si applicano anche ai trasferimenti di proprietà e agli atti di permuta di fabbricati fatti a scopo di riunire in uno stesso proprietario parti del medesimo fabbricato» (art. 3).
Di "fondi rustici" parla anche il secondo comma dell'art. 9 (Territori montani) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, il quale assoggetta alle imposte di registro e ipotecaria in misura fissa ed esenta dalle imposte catastali, nei territori montani, i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate e concede le stesse agevolazioni anche a favore delle cooperative agricole che conducono direttamente i terreni.
[nota 12] Tralasciando le numerose disposizioni di proroga dei termini di scadenza, di cui l'ultima, fino al 31 dicembre 2006 prevista dall'art. 1, comma 120, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, oltre al citato D.lgs. 24 febbraio 1948, n. 114, ratificato con L. 22 marzo 1950, n. 144, la L. 25 luglio 1952, n. 991, la L. 6 agosto 1954, n. 604, la L. 2 giugno 1961, n. 454, la L. 26 maggio 1965, n. 590, la L. 3 novembre 1971, n. 1059 e la L. 6 agosto 1954, n. 604, e il D.lgs. 18 maggio 2005, n. 228 "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57", in vigore dal 30 giugno 2001, che all'articolo 11 ha ridotto il periodo di decadenza dai benefici previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà coltivatrice da dieci a cinque anni, ha stabilito cha la estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefici non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto e che non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo vincolativo, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile, modificando altresì da 30 a 15 anni il termine previsto per il vincolo di indivisibilità di cui all'articolo 11 della legge 14 agosto 1971, n. 817, e prevedendo la possibilità della revoca del detto vincolo, nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti.
[nota 13] Ai sensi del secondo comma dell'art. 3 della L. 1 febbraio 1956, n. 53, sono considerati atti inerenti alla formazione della piccola proprietà contadina le opere di miglioramento fondiario ed in particolare la costruzione di edifici rurali per la abitazione del proprietario o dell'enfiteuta, per il ricovero degli animali, per la conservazione e la lavorazione dei prodotti. L'art. 5 della stessa legge parla di acquisto dei terreni e delle case di abitazione destinati alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà contadina.
[nota 14] Cass. Civ. 3 marzo 2006, n. 4599, Cass. Civ. 6 settembre 2002, n. 12983 e precedenti conformi n. 4272/1977, n. 2989/1974. Per altro, laddove sussista un rapporto contrattuale unitario, quali quello di locazione o di affitto, la legittimazione attiva alla creazione di un vincolo di pertinenzialità tra le cose locate o affittate spetta a chi abbia la disponibilità giuridica dei beni, ancorché non ne sia proprietario: così Cass. Civ., Sez. III, 5 agosto 2002, n. 11699.
[nota 15] Cfr. Cass. n. 12983 del 2002, n. 14350 del 2000 ed altre conformi.
[nota 16] Anche la Amministrazione Finanziaria ha espressamente riconosciuto, nella circolare 19/E del 2001, relativa alle c.d. agevolazioni per la prima casa, che ai fini della nozione di pertinenza, occorre fare riferimento all'art. 817 del c.c.
[nota 17] V. in relazione alle agevolazioni per la c.d. piccola proprietà contadina.
[nota 18] V. l'art. 1159-bis del c.c., aggiunto dalla legge 10 maggio 1976, n. 346, che fissa un limite massimo, ma non minimo per il reddito del terreno, a sua volta correlato alla sua coltura ed alla sua superficie.
[nota 19] Ai sensi dell'art. 42 del nuovo T.U.I.R. (già art. 17 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) sono rubricate come "Costruzioni rurali" e « Non si considerano produttive di reddito di fabbricati le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali, e relative pertinenze, appartenenti al possessore o all'affittuario dei terreni cui servono e destinate:
a) alla abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempre che le caratteristiche dell' immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività esercitate;
b) al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 29 [ora art. 32] e di quelli occorrenti per la coltivazione;
c) alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione;
d) alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 29 [ora art. 32] ».
Inoltre, a norma dell'art. 17, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali e relative pertinenze destinata all'esercizio della attività agrituristica di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, svolta in territori montani, sono assimilate alle costruzioni rurali.
[nota 20] Ai sensi del comma 2 dell'articolo 18 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e come ribadito anche nella circolare ministeriale n. 3/FL del 7 marzo 2001, alle pertinenze deve essere riservato lo stesso trattamento fiscale dell'abitazione principale, indipendentemente dal fatto che il comune impositore abbia o meno deliberato l'estensione della riduzione dell'aliquota anche alle pertinenze.
[nota 21] Così la circolare n. 50/E del 20 marzo 2000 relativa a "Imposte di registro, sulle successioni e donazioni ed Imposta Comunale sugli Immobili - Criteri di valutazione dei fabbricati rurali", ove si ribadisce che il reddito dominicale riferito al terreno comprende in sé anche la potenzialità reddituale espressa dal fabbricato rurale, fatto rinvio per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati a quanto disposto dall'art. 9 del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 1994, n. 133, quale sostituito dall'articolo 2 del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, che ha stabilito i criteri per il riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali.
[nota 22] La circolare citata nella nota precedente ai fini dell'Ici, riguarda, come sopra detto, anche l'imposta di registro. In essa si afferma che «in relazione ai trasferimenti di diritti reali sui terreni, il sistema automatico di valutazione previsto dall'art. 52 testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato con il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, applicato al reddito dominicale, esprime un valore comprensivo anche dei fabbricati sovrastanti, semprechè tali costruzioni siano strumentalmente funzionali alle necessità del fondo e siano trasferite unitamente al fondo stesso, conservando tutti i requisiti di costruzioni rurali previsti all'art. 2 del D.P.R. n. 139 del 1998. La rendita attribuita ai fabbricati in argomento assume quindi un'autonoma rilevanza fiscale unicamente nel caso in cui vengono a mancare i requisiti per il riconoscimento della ruralità di cui all'art. 2 del già citato D.P.R. 139 del 1998.
Tutto ciò considerato, si precisa che l'indirizzo a suo tempo espresso in tema di valutazione dei fabbricati rurali, con risoluzione ministeriale n. 301308 del 18 novembre 1987 dell'ex Direzione Generale delle Tasse e delle Imposte Indirette sugli Affari, condiviso dall'ex Direzione Generale del Catasto con nota n. 3/3792 del 31 dicembre 1987, può essere confermato anche alla luce della normativa vigente.
Pertanto, si torna a ribadire che il reddito attribuito al fabbricato rurale deve intendersi come un elemento indicativo della potenzialità reddituale autonoma dell'edificio e che il reddito dominicale dei terreni, al fine della determinazione del valore che preclude l'attività di accertamento dell'ufficio secondo il disposto del citato articolo 52 del D.P.R. n. 131 del 1986, è comprensivo anche della redditività delle costruzioni rurali asservite».
[nota 23] Ai sensi del comma 5 dell'art. 11 "Attenuazione dei vincoli in materia di proprietà coltivatrice" del D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, pubblicato nella G.U. 15 giugno 2001, s.o. n. 137, la riduzione della durata dei vincoli si applicano anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del decreto stesso. A contrario sembra doversi argomentare che per gli atti posti in essere da meno di cinque anni dalla detta data la durata del vincolo resti quella originaria trentennale.
[nota 24] Inclusi i fondi acquistati con patto di riservato dominio dalla Cassa per la Formazione della Piccola Proprietà Contadina (istituita con l'art. 9 del D.lgs. 5 marzo 1948, n. 121, per provvedere all'acquisto dei terreni, alla loro eventuale lottizzazione ed alla rivendita a coltivatori diretti soli od associati in cooperativa), poi assorbita dall'Ismea (l'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo) costituito con D.P.R. 28 maggio 1987, n. 278 e regolamentato con D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200.
[nota 25] Si ritiene costituisca violazione del vincolo di indivisibilità anche la concessione di ipoteca su porzione del fondo, poiché l'ipoteca è predisposta alla espropriazione della porzione del fondo su cui grava e quindi può determinare quel frazionamento che il vincolo vuole evitare.
[nota 26] Cfr. Tribunale Mantova 4 febbraio 2000 e Appello Brescia 21 novembre 2001.
[nota 27] Anche solo adottati. Così almeno dovrebbe ritenersi dopo la novella di cui al D.lgs. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006, n. 248.
[nota 28] La esclusione della revocabilità del vincolo per effetto di sopravvenuta destinazione urbanistica incompatibile con quella agricola, quando la porzione di terreno interessata sia tale da non consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie, è stata dettata per contemperare l'interesse pubblico della programmazione urbanistica, la cui realizzazione può comunque attuarsi attraverso lo strumento della espropriazione per pubblica utilità, con quello economico attuale di non ridurre al di sotto dei limiti dimensionali di efficienza quella azienda agricola alla cui formazione l'ente pubblico ha contribuito con aiuti finanziari. Aiuti finanziari che comunque non sarebbero stati concessi se originariamente il fondo da acquistare avesse avuto destinazione urbanistica incompatibile con quella agricola. La novella apportata dal decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 101 non può pertanto costituire argomento contro la tesi che abbiamo sostenuto della qualificazione giuridico-urbanistica e non meramente fattuale del concetto di terreno agricolo.
[nota 29] V. Studio Cnn n. 46/2004/T del 18 giugno 2004, di GIUNCHI, MASTROIACOVO, PETTERUTI, PODETTI, «Imprenditore agricolo professionale e società agricole (D.lgs. n. 99 del 2004)» e Studio Cnn n. 67/2005/T «Imprenditore agricolo professionale e società agricole dopo il D.lgs. 27 maggio 2005 n. 101. Aspetti tributari», approvato dalla Commissione Studi Tributari il 22 luglio 2005.
[nota 30] V. Studio Cnn n. 358-2006/C - Il compendio unico di cui all'art. 7 del D.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 modificato dal D.lgs. 101/2005 (Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 14 luglio 2006).
[nota 31] Occorre tenere conto che, con il trasferimento alle regioni delle competenze in materia di agricoltura e con la competenza in materia di politica agricola anche della Comunità europea, è principalmente attraverso gli strumenti tributari e la previsione di vincoli giuridici, piuttosto che con gli incentivi economici e finanziari, che lo Stato può intervenire nella politica agricola.
[nota 32] V. Studio Cnn n. 358-2006/C, cit., nel quale correttamente si osserva che «Questa tendenza a privilegiare l'aspetto produttivo dell'azienda, si era quindi già insinuata nel sistema, a tal punto da essere recepita dalla giurisprudenza della stessa Cassazione Civile, la quale ultima, con la sentenza a Sezioni Unite n. 6123 del 18 ottobre 1986, ha considerato elemento discriminante nella risoluzione del conflitto tra una pluralità di coltivatori diretti proprietari di terreni diversi, tutti confinanti con il fondo rustico posto in vendita, ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione e riscatto di cui all'art. 7, comma 2, della L. 14 agosto 1971, n. 817, la valutazione delle dimensioni territoriali dell'azienda diretto-coltivatrice, dando prevalenza all'azienda che meglio realizzi le esigenze di ricomposizione fondiaria, di sviluppo aziendale e di costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed economico».
[nota 33] Si riporta il testo integrale di tale articolo:
«1. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai regolamenti (Ce) n. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni.
2. Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5-bis, commi 1 e 2, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 [ovvero la esenzione da imposta di registro, ipotecaria, catastale e di bollo e di ogni altro genere].
Gli onorari notarili per gli atti suddetti sono ridotti ad un sesto.
3. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 2 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni.
4. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei Notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai direttori degli uffici competenti.
Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico.
5. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purchè funzionali all'esercizio dell'impresa agricola.
6. Qualora nel periodo di cui al comma 4, i beni disponibili nell'asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all'assegnazione del compendio di cui al presente articolo all'erede che la richieda, con addebito dell'eccedenza.
A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso d'interesse inferiore di un punto a quello legale.
7. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di conciliazione di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 1° luglio 2002, n. 743.
8. Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni, e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinate le modalità per la revoca e la riattribuzione dei diritti e delle quote.
9. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane.
10. Gli articoli 846, 847 e 848 del codice civile sono abrogati.
11. All'applicazione del presente articolo si provvede nell'ambito degli stanziamenti finalizzati all'attuazione dell'articolo 1, comma 2.
11-bis. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento; in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione.
11-ter. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, se collocati nello stesso Comune o in Comune limitrofo, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività di cui al comma 1.
11-quater. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a Notaio nelle forme dell'atto pubblico. Gli onorari notarili in tale ipotesi sono determinati in misura fissa, con applicazione della voce di Tariffa di cui all'articolo 6, comma 2, della Tariffa degli onorari spettanti ai Notai approvata con decreto del Ministero della giustizia del 27 novembre 2001».
[nota 34] Studio n. 113-bis della Commissione Studi Tributari del Cnn, «Rivendita fondo da imprenditore agricolo nel decennio», approvato dal Consiglio Nazionale il 18 novembre 1993.
[nota 35] D.lgs 24 febbraio 1948, n. 114, ratificato con L. 22 marzo 1950, n. 144, agevola, all'art. 1, «le compravendite e le concessione in enfiteusi di fondi rustici» a condizione:
«a- che il compratore o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;
b- che il compratore o l'enfiteuta non sia proprietario di altri fondi rustici, ovvero che l'acquisto sia fatto per arrotondamento della proprietà rustica del compratore o enfiteuta, quando questa sia insufficiente all'impiego della mano d'opera delle famiglie di essi;
c- che il fondo venduto o concesso in enfiteusi sia idoneo alla formazione di piccole proprietà contadine, avuto riguardo alla destinazione colturale ed all'imponibile catastale;
d- che il compratore o l'enfiteuta non abbia, nel biennio precedente al contratto, venduto altri fondi rustici; salvo casi particolari da esaminarsi da parte della Commissione provinciale di cui al penultimo capoverso del presente articolo».
Lo stesso decreto, all'art. 3, agevola «gli atti di acquisto di fondi rustici da parte di cooperative regolarmente costituite, i cui soci siano tutti lavoratori agricoli, nonchè gli atti di suddivisione e di assegnazione dei fondi stessi ai soci».
La L. 25 luglio 1952, n. 991, all'art. 36, prevede agevolazioni tributarie, più favorevoli rispetto a quelle concesse in generale per la piccola proprietà contadina, per "i trasferimenti di proprietà e gli atti di permuta di fondi rustici" nei territori montani «fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di piccole proprietà coltivatrici».
La L. 11 dicembre 1952, n. 2362, all'art. 13, estende le agevolazioni per la piccola proprietà contadina «agli atti di acquisto e di rivendita di terreni, effettuati dalla Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina nell'esecuzione della sua attività».
[nota 36] L'esenzione dal bollo è autonomamente prevista con norma a regime dall'art. 21 della tabella allegato B al D.P.R. 642/1972 e successive modificazioni.
[nota 37] V. Studio n. 603-bis della Commissione Studi Tributari del Cnn, approvato il 3 luglio 1997, Studio n. 3520 della Commissione Studi del Cnn, approvato dalla detta Commissione Studi l'11 settembre 2001, e Studio n. 41/2005/T «PPC - Divieto decennale di rivendita», della Commissione Studi Tributari, approvato il 20 maggio 2005.
[nota 38] Cfr. Cass. 9 ottobre 1976, n. 3351; Cass. 12 febbraio 1988, n. 1524 e Cass. 14 dicembre 1990, n. 11909.
[nota 39] Cfr. Studio n. 41/2005/T, cit.
[nota 40] V. su tali soggetti lo Studio n. 67/2005/T della Commissione Studi Tributari del Cnn «Imprenditore agricolo professionale e società agricole dopo il D.lgs. 27 maggio 2005 n. 101. Aspetti tributari» approvato il 22 luglio 2005.
[nota 41] Nel citato Studio n. 67/2005/T si osserva: «Riguardo alla decadenza, la relativa previsione pare talmente datata da risultare pressoché incompatibile con il sistema che deriva dalle norme in commento. Basti pensare alle fattispecie, non ipotizzabili all'epoca della formulazione di quella regola, delle trasformazioni eterogenee e della scissione parziale per percepirne la valenza attenuata che essa può avere nell'assicurare la perpetuazione di una determinata impresa. Ma, pur datata ed incapace di abbracciare ogni ipotesi possibile, la regola integra un ben definito sistema di tutele e se, di fronte ad esso, il legislatore, anzi che scegliere la via netta e chiara della concessione di un trattamento tributario nuovo di zecca, ha preferito rinviare a quello del coltivatore diretto, non sembra potersi escludere con sicurezza che la decadenza in parola venga in rilievo come normale controbilanciamento del correlativo beneficio. Quanto all'esistenza della specifica decadenza per perdita del requisito Iap (art.1 comma 4) o del requisito di società di coltivatore diretti (art. 2 comma 4-bis ultimo periodo) essa è di carattere generale e non riguarda le sole agevolazioni Ppc, e perciò non appare assorbente di ogni altra comminatoria. Infine, non ritenendo applicabile la decadenza comminata dalla normativa sulla Ppc si creerebbe una disparità tra persona fisica e soggetto diverso dalla persona fisica, ancor più marcata ed ingiustificata in riferimento alla società di coltivazione diretta. Gioca un ruolo in parte contrario agli argomenti fin qui evocati la previsione, introdotta dal D.lgs. 228/2001 e calibrata sulla famiglia coltivatrice, secondo cui «non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo vincolativo … , ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo». Tutto quanto sopra considerato, la decadenza per mancata coltivazione o alienazione nel quinquennio non può ritenersi sicuramente incompatibile con l'acquisto agevolato da parte dell'Iap o della società di coltivazione diretta».
[nota 42] Se in tali ipotesi i vincoli sanciti nell'interesse pubblico a pena di nullità a certe condizioni vengono meno, a fortiori deve ritenersi che vengano meno quelli sanciti a pena di decadenza dalle agevolazioni fiscali.
[nota 43] La nozione di impresa agricola presuppone la distinzione dell'agricoltura imprenditoriale dal mero godimento delle facoltà del proprietario che, secondo la dottrina, è da ricercare nella destinazione dei prodotti, la quale solo nell'impresa è rivolta al mercato (ROMAGNOLI, Impresa agricola, in Dig. Disc. Comm., Vol. VIII, Torino, 1992, p. 84).
[nota 44] Precedentemente, la questione della presenza del rischio di natura come carattere dell'impresa agricola era risolta in modi opposti, includendo o escludendo dall'ambito di tale tipologia d'impresa quelle slegate dal fondo. Pur ritenendo superabile il dato testuale - in considerazione del fatto che al momento della formulazione del 2135 non si conosceva altra forma di agricoltura e che il dato caratteristico non era, in realtà, la terra, ma la natura - una parte della dottrina assumeva di escluderle dal novero di quelle agricole ritenendo non sormontabile l'argomento logico e, facendo leva sulla ragione del diverso trattamento (ovvero proprio il doppio rischio), affermava l'ascrivibilità al tipo commerciale di tutte le attività svolte senza fondo rustico. All'opposto si collocava chi, una volta superato l'ostacolo testuale, tenendo conto del divenire economico, della formulazione delle norme comunitarie e del comune sentire, preferiva il diverso criterio della finalizzazione dell'attività alla produzione di prodotti agricoli, così come individuati anche dal Trattato di Roma sulla Comunità economica europea e perciò ammetteva coltivazioni ed attività agricole senza terra. In riferimento a quel dibattito, la scelta innovatrice del legislatore del 2001, resasi necessaria anche per adeguare la normativa interna al regolamento comunitario n. 1259 del 1999, è in linea con la teoria estensiva e consacra, nel corpo del codice civile, e quindi nel testo organico per antonomasia, un concetto di impresa agricola incentrato sul ciclo biologico. Per l'analisi dell'evoluzione del settore, v. BONFANTE-COTTINO, L'imprenditore, Padova, 2001, p. 471-479. Per i dubbi nascenti dalla mancanza di una previsione normativa residuale e sulla questione della configurabilità dell'impresa civile (diversa dalle altre due), v. GALGANO, L'imprenditore, Bologna, 1991, p. 35.
[nota 45] Art. 2 comma 5 D.lgs. 226/01.
[nota 46] GALGANO, L'imprenditore, Bologna, 1991, p. 50. Cfr. BONFANTE-COTTINO, L'imprenditore, Padova, 2001, p. 465, per le diverse teorie sulla specificità dell'impresa agricola.
[nota 47] «Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».
[nota 48] Sullo specifico problema dell'attività agrituristica, v. PETTERUTI, Quesito n. 106/2005/T, «Iap società agricola e attività di agriturismo», in Cnn Notizie 20 gennaio 2006.
[nota 49] BONFANTE-COTTINO, L'imprenditore, Padova, 2001, p. 460.
[nota 50]Derivante dall'espressa previsione dell'art.1 R.D. 267/1942 e D.lgs. n. 5/2006, che vale anche per le società di tipo commerciale che svolgano attività agricola. Cfr. Tribunale Ascoli Piceno, 30 giugno 1987, in Dir. fall. 1988, II, p. 566 (nota) e in Temi romana 1987, p. 161; Cassaz. 19 settembre 2000, n. 12410.
[nota 51] Le scritture contabili sono previste solo per l'imprenditore commerciale, ex art. 2214 c.c.; l'esonero dell'imprenditore agricolo dalle dette scritture però non vale per le società di forma commerciale che non svolgano attività commerciale (BONFANTE-COTTINO, L'imprenditore, Padova, 2001, p. 581) e comunque è in parte attenuato anche per l'imprenditore agricolo che acceda ai contributi ex art. 29 L. 153/1975 («Agli imprenditori agricoli a titolo principale, che ne facciano richiesta e che si impegnino a tenere una contabilità aziendale in conformità di quanto disposto dall'art. 11 della direttiva Cee n. 159/72 è concesso un contributo di … »).
[nota 52] Che consegue al regime dei trasferimenti di azienda previsto per i soli imprenditori commerciali soggetti a registrazione, ex art. 2560 c.c.
[nota 53] V. circolare Agenzia Entrate n. 77/E del 10 giugno 2005.
[nota 54] Per le aree fabbricabili utilizzate per l'attività agricola, cfr. art. 2 lett. b) D.lgs. 504/92, cui va aggiunto il regime di esenzione dall'imposta per i terreni agricoli in territori montani e di collina, ex art. 7, lett. h), D.lgs. 505/92.
L'esenzione Ici per le aree fabbricabili è concessa a condizione che i terreni siano posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell' art. 9 D.lgs. 502/92 e cioè da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. Non basta, perciò, la titolarità da parte di uno di tali soggetti ma occorre anche l'effettiva conduzione; ciò rileva in rapporto agli imprenditori agricoli professionali non svolgenti l'attività in proprio, ma che la svolgano in società agricola.
[nota 55] Riguardo al regime pubblicitario, è da ricordare che, in occasione dell'attuazione del Registro delle Imprese, era stato introdotto l'obbligo di iscrizione, nelle sezioni speciali, sia degli imprenditori agricoli, sia dei piccoli imprenditori. Rimaneva, però, una netta differenza di effetti della pubblicità rispetto all'imprenditore commerciale, essendosi allora stabilito che per gli imprenditori piccoli ed agricoli l'iscrizione avesse la limitata funzione di pubblicità notizia, a fronte dell'effetto dichiarativo stabilito per l'iscrizione dell'imprenditore commerciale non piccolo. L'immutata formulazione dell'art. 2136 c.c. al momento dell'attuazione del Registro delle Imprese rappresentava una conferma di tale differenza, continuando a statuire l'inapplicabilità delle norme sulla registrazione all'imprenditore agricolo diverso dalle società. L'art. 2136 è rimasto invariato anche dopo le novelle del 2001, ma è stato espressamente previsto, questa volta al di fuori del codice civile, che «L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del Registro delle Imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del codice civile». Se ne deduce (CAGNASSO, in Le Società, 2002, n. 2, p. 156, asserisce che l'imprenditore soggetto a pubblicità con effetti legali è sicuramente imprenditore soggetto a registrazione; nello stesso senso, BONFANTE-COTTINO, L'imprenditore, Padova, 2001, p. 470, nota 40) che l'art. 2136 è stato tacitamente abrogato e che l'imprenditore agricolo è ora un imprenditore a tutti gli effetti soggetto a registrazione, perché per esso ricorrono sia l'obbligo di iscrizione, sia la previsione dell' efficacia dichiarativa della relativa pubblicità.
Quindi, attualmente all'iscrizione dell'imprenditore agricolo individuale o in forma di società semplice è correlata quella efficacia dichiarativa che è stabilita per l'imprenditore commerciale, mentre per il piccolo imprenditore commerciale permane la regola del valore di pubblicità-notizia posta dalla L. 580/93. Questo comporta l'estensione all'imprenditore agricolo di molte regole normalmente valevoli solo per l'imprenditore commerciale.
Non si può più dubitare, ad esempio, dell'applicabilità all'imprenditore agricolo del regime stabilito per i trasferimenti di azienda (previsto con riguardo a tutte le imprese soggette a registrazione e non per le sole imprese commerciali)(RUOTOLO, «Il trasferimento di azienda di piccolo imprenditore e l'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese», Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 5517/I, approvato dalla Commissione Studi d'impresa il 28 gennaio 2005 e dal Consiglio Nazionale del Notariato il 18 marzo 2005. Per i piccoli imprenditori, v. Giudice del Registro di Milano, in Italia Oggi del 20 maggio 2005). Però, considerato che l'attività dell'imprenditore agricolo rimane non commerciale, dal regime in parola va estrapolato il trattamento riservato alla responsabilità per i debiti, che l'art. 2560 connette alla cessione di azienda commerciale (sia pur limitatamente ai debiti risultanti dai libri contabili obbligatori), salvo quanto stabilito a proposito del rapporto di lavoro in caso di trasferimento di azienda (art. 2112 c.c.) e salvo quanto stabilito per imposte e sanzioni dall'art. 14 D.lgs 18 dicembre 1997, n. 472.
Va poi rilevato che la suddetta efficacia dichiarativa dell'iscrizione introduce nuove regole allorché la qualità di imprenditore sia richiesta per fondare diritti incidenti sulle sfere di terzi.
Nel caso delle società agricole con almeno la metà dei soci coltivatori diretti - cui spetta la prelazione agraria in forza della previsione dell'art. 3 D.lgs. 99/2004 - la pubblicizzazione della qualità dei soci coltivatori diretti condiziona la stessa titolarità della prelazione, poiché il citato articolo 2, comma 3, prevede che «L'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto … spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile».
[nota 56] L'estensione della qualifica di Iap alle società ha un precedente nel D.lgs. 228/2001, che introdusse la società agricola, tale qualificata dalla contemporanea esclusività dell'oggetto e dalla presenza, nella compagine o nell'organo di amministrazione, di soggetti con qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale.
[nota 57] Art. 2083 c.c.; il codice civile menziona il coltivatore diretto anche negli articoli 2079, 2080 e 2751-bis.
[nota 58] Cassazione 10 giugno 91 n. 6560, 8 febbraio 1991 n. 1334, 22 febbraio 88 n. 1840, 25 luglio 81 n. 4812, 19 dicembre 80 n. 6563; App. Napoli 21 settembre 1985; Trib.Verona 5 marzo 1985.
Per le varie problematiche in tema di prelazione dopo il D.lgs. 99/04, CASU, «La prelazione agraria a seguito del D.lgs 18 maggio 2001 n. 228 e 29 marzo 2004 n. 99», Studio n. 5108 del 20 maggio 2004 del Consiglio Nazionale del Notariato.
Non è superfluo precisare, però, che, come si legge nella sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 2 giugno 1977, la normativa in materia di sviluppo della proprietà coltivatrice è stata considerata come avente il fine di assicurare il consolidamento dell'impresa coltivatrice familiare e tale finalità risulta dalla relazione parlamentare di maggioranza al disegno di legge divenuto legge 26 maggio 1965 n. 590, menzionata nel testo della sentenza citata della Corte Costituzionale.
Anche rispetto alla prelazione del confinante la giurisprudenza mostra di preferire la medesima soluzione (senza però chiarire se si tratti di applicazione analogica) (Cassazione 25 luglio 1981, n. 4812; 22 febbraio 1988 n. 1840) ed altrettanto fa a proposito dei rapporti agrari ex L. 203/82 (Cassazione Civile, 21 luglio 2000, n. 9593, in Giust. civ. mass., 2000, p. 1588; Cassazione civile, 16 febbraio 1995, n. 1690, Giust. civ. mass. 1995, p. 357. Contra, Corte appello Bologna, 9 aprile 1994, Dir. e giur. agr. 1996, p. 60).
Va però rilevato che, mentre la previsione della prelazione a favore dell' affittuario coltivatore diretto, colono o mezzadro o compartecipe è contenuta nella stessa legge che definisce in modo speciale il coltivatore diretto, quella riguardante il confinante figura nella legge 817/1971 la quale, pur contenendo alcune modifiche alla L. 590/65, resta un provvedimento legislativo autonomo e rimane fuori dalla portata dell'art. 31 stessa L. 590/1965 (che definisce il coltivatore diretto ai fini della presente legge). Se è vero che la prelazione è istituto di stretta interpretazione, perché limita l'autonomia privata di chi debba sottostarvi, può sostenersi che per l'art. 7 L. 817/71 non vale la nozione di coltivatore diretto portata dall'art. 31 citato, bensì quella ordinaria, contenuta nell'art. 2083 c.c. Da ciò deriva l'applicazione al confinante di tutto il sistema della pubblicità commerciale, in dipendenza del quale l'efficacia dichiarativa dell'iscrizione è portatrice di riflessi indiretti anche sulla spettanza della prelazione agraria, poiché la mancata iscrizione nel R.I. del confinante comporterà almeno l'inversione dell'onere della prova, costringendo il confinante non iscritto nel R.I. a provare la conoscenza, da parte dei contraenti, della sua qualità di coltivatore diretto.
[nota 59] Su cui, v. Giunchi, Mastroiacovo, Petteruti, Podetti, Studio 46/2004/T della Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato, in Studi e Materiali, Milano, n. 2/2004, p. 931 e in il fisco n. 38 del 18 ottobre 2004, p. 6521.
[nota 60] Valendo per l'agricoltore persona fisica o società semplice il criterio del reddito catastale, è evidente l'inadeguatezza del calcolo che faccia riferimento a tale dato reddituale, per cui le Regioni adottano vari correttivi, tra cui prendere a base il valore Irap rettificato, e cioè quello rettificato aggiungendo le contribuzioni Pac e togliendo il costo del personale.
[nota 61] Art. 10 D.lgs 228/2001: "Attribuzione della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale"
1. All'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo dell'attività agricola, ed inoltre:
a) nel caso di società di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale. Per le società in accomandita la percentuale si riferisce ai soci accomandatari;
b) nel caso di società cooperative qualora utilizzino prevalentemente prodotti conferiti dai soci ed almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale;
c) nel caso di società di capitali qualora oltre il 50 per cento del capitale sociale sia sottoscritto da imprenditori agricoli a titolo principale. Tale condizione deve permanere e comunque essere assicurata anche in caso di circolazione delle quote o azioni. A tal fine lo statuto può prevedere un diritto di prelazione a favore dei soci che abbiano la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, nel caso in cui altro socio avente la stessa qualifica intenda trasferire a terzi a titolo oneroso, in tutto o in parte, le proprie azioni o la propria quota, determinando le modalità e i tempi di esercizio di tale diritto. Il socio che perde la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale è tenuto a darne comunicazione all'organo di amministrazione della società entro quindici giorni».
2. Restano ferme le disposizioni di cui al testo unico delle imposte dirette approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
[nota 62] Cass. n. 3263/1980 e 3489/1979; COTTINO, Diritto commerciale, vol. I, Padova, 1993, p. 193.
[nota 63] Le limitazioni alla continuazione dell'impresa da parte di incapace e l'impedimento ad iniziarla riguardano le sole attività commerciali - sia in forma ordinaria , sia in forma di piccola impresa - e non quelle agricole. COTTINO, op. cit., p. 201.
[nota 64] V. ancora COTTINO, op. cit., p. 202 e BONFANTE - COTTINO, L'imprenditore, Padova, 2001, p. 551.
[nota 65] Favorevoli all'estensione del regime fiscale in parola alle società in genere: Cassazione 20 aprile 1995, n. 4451, in Notariato, 1995, p. 546, con nota di BRUFANI; Commiss. Trib. Centrale 6 marzo 1995, n. 890, 7 luglio 1994, n. 2511 e 23 maggio 1991, n. 4173; Commiss. Trib. II grado Matera 30 aprile 1992, n. 1598; Commiss. Trib. I grado Treviso 10 gennaio 1984, n. 13; Commiss. Trib. I grado Livorno 20 novembre 1985, n. 7970; Comm. trib. I grado di Forlì, n. 105 del 14 giugno 1990 (emessa il 2 giugno 1990).
Contrarie all'estensibilità a tutte le società del regime previsto per l'imprenditore agricolo a titolo principale, Cassazione 20 giugno 1990, n. 6213; Cassazione 6 aprile 1996, n. 3247; Cassazione 22 novembre 1997, n. 11693 e Cassazione Sez. Tribut. 27 giugno 2003 n. 10226, in Juris Data.
[nota 66] In riferimento alle cooperative vale la pena di ricordare che quelle agricole, a dispetto del criterio di prevalenza stabilito dall'art. 2513 ultimo comma, abbracciano tutto lo spettro delle attività agricole e possono essere cooperative di conduzione di terreni o di servizi silvocolturali - come tali cooperative di lavoro - oltre che cooperative di trasformazione di prodotti conferiti dai soci imprenditori agricoli.
[nota 67] Circ. n. 48 del 24 marzo 2006, paragrafo 3.
[nota 68] Secondo la teoria prevalente, non è possibile affidare l'amministrazione di società di persone ad estranei: COTTINO, Diritto commerciale, Vol. II, Padova, 1994, p. 164; Tribunale Foggia, 29 febbraio 2000, in Giur. it. 2001, p. 989; Corte appello Trento, 21 gennaio 1999, in Società 1999, p. 704 nota (RONCO). In dottrina è però fortemente accreditata anche la tesi contraria. Per l'esame della problematica, cfr. BUONOCORE, Società in nome collettivo, in Il Codice Civile commentato, a cura di Schlesinger, Milano, 1995, p. 100 e ss.; COSTI-DI CHIO, Società in generale-società di persone, in Giur. Sist. Bigiavi, Torino, 1991, p. 441; TASSINARI, La rappresentanza nelle società di persone, Milano, 1993, p. 143 e ss.
[nota 69] Riguardo all'amministratore, il problema può porsi per le società di capitali, ove si accolga la tesi secondo cui l'amministrazione può essere attribuita anche a soggetti diversi dalle persone fisiche (in tema di Srl è stata recentemente ammessa dal R.I. di Milano l'iscrizione di Srl amministrate da altra Srl: v. Ilsole24Ore 2 settembre 2006 p. 24); per le cooperative, non pare possa porsi analoga problematica, dato il tenore dell'art. 2542 secondo comma.
[nota 70] Nessuna regola ulteriore è stabilita per la formazione della ragione o denominazione, per cui pare eccessivo cumulare le regole di questo provvedimento con quelle stabilite dal codice civile. In altre parole, appare un formalismo eccessivo, ed inaccettabile, formare la ragione o la denominazione ripetendo, ad esempio "società agricola società per azioni", apparendo sufficiente, per soddisfare entrambe le prescrizioni, indicare "società agricola per azioni", oppure "società agricola cooperativa", "società agricola in nome collettivo", ecc.
Inoltre, pare altrettanto idonea a dare l'informazione che il legislatore esige, una denominazione del tipo "società cooperativa agricola", "società in nome collettivo agricola" ecc.
[nota 71] Corte di Giustizia Cee Sez. I - 18 dicembre 1986, causa 312/85, in Riv. Not. 1987, p. 540, con nota di DI FABIO, in Riv. Dir. Agr. 1987, II, p. 235, con nota di CARROZZA, in Foro It. 1987, IV, c. 121, con nota di JANNARELLI: «L'art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio del 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole, deve essere interpretato nel senso che agli Stati membri, allorché essi definiscono i criteri ai quali i soggetti diversi dalle persone fisiche debbono rispondere per essere considerati imprenditori agricoli a titolo principale, non è consentito escludere dal campo di applicazione della direttiva taluni tipi di persone giuridiche per il solo motivo della loro forma giuridica».
Richiamando la suddetta decisione della Corte di Giustizia per una questione analoga, il Consiglio di Stato ha osservato che «sarebbe illegittimo negare l'attribuzione di un beneficio a coloro (ivi comprese le società) che la stessa normativa comunitaria riconosce come potenziali titolari del diritto al conseguimento del beneficio medesimo» e che «diversamente opinando si potrebbe verificare una disparità di trattamento all'interno della Comunità europea, fra soggetti destinatari dello stesso beneficio» (Consiglio di Stato - Sez. VI - n. 1057 del 31 dicembre 1987 in Giust. Civ. 1988, I, p. 2154).
[nota 72] Cassazione 23 novembre 2000 n. 269; Cassazione 19 novembre 1990 n. 503; Comm. Trib. Reg. Bologna, n. 269, del 23 novembre 2000; Cassazione 16 gennaio 1992 n. 503; Cassazione 21 luglio 1992 n. 8803. Però, nel caso della Ppc, l'art. 7 della L. n. 604/1954 contiene l'esplicita previsione della decadenza per la (sola) "alienazione volontaria".
[nota 73] Comm. Trib. Prov. di Salerno, Sent. n. 49 del 26 febbraio 1998 (dep. il 12 marzo 1998).
[nota 74] Per il criterio di ragionevolezza, e per l'individuazione del termine tenendo conto di quello di decadenza dall'azione della Finanza, v. Ris. n. 192/E del 6 ottobre 2003, Agenzia delle Entrate - Dir. normativa e contenzioso "Decadenza dell'agevolazione c.d. 'prima casa' per trasferimento nel quinquennio".
[nota 75] Sulla insufficienza di una iscrizione qualunque, v. circ. Agenzia delle Entrate, D.r. Emilia Romagna, prot. 48687 del 26 ottobre 2005, che però richiede l'iscrizione nella gestione dei coltivatori diretti (il che appare incongruo, poiché dalla circ. Inps n. 100 del 1° luglio 2004 si ricava l'esistenza di una specifica sezione per l'iscrizione dell'Iap; d'altronde, come già detto nel testo, ove si trattasse di Iap che sia anche "coltivatore diretto" non gli occorrerebbe invocare il D.lgs. 99/2004 per accedere alle agevolazioni Ppc).
[nota 76] In questo punto la formula usata riecheggia quella del D.lgs. 99/2004 prima versione, senza tener conto della modifica che lo stesso D.lgs. correttivo introduce per le cooperative, stabilendo che abbia rilevanza, non più il quinto dei soci Iap ma l'amministratore Iap.
[nota 77] La Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante ulteriori disposizioni per la modernizzazione (poi divenuto D.lgs. 101/2005), a p. 3, mette in evidenza che, a fronte del termine di 5 anni fissato dall'art. 4 del reg. Ce n. 817/2004 si è scelto di limitare a 24 mesi tale termine al fine di una più rapida definizione delle posizioni fiscali.
[nota 78] Così la menzionata Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, a p. 4.
[nota 79] L. 15 dicembre 1998, n. 441, recante norme per la diffusione e la valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura e che porta un regime agevolato sia per i trasferimenti onerosi, sia per quelli liberali e successori. L'art. 14 di tale legge stabiliva: "Disposizioni fiscali".
1. Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi a fondi rustici oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo e dall'Invim e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano:
a ) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali, o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento;
b ) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni.
Dopo la L.388/2000 tale articolo 14 è stato così modificato:
«1. Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo e dall'Invim e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano:
a) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali, o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento;
b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni.
2. Le agevolazioni di cui al comma 1 sono concesse a decorrere dal 1999 a condizione che i soggetti di cui al medesimo comma si obblighino a coltivare o condurre direttamente i fondi rustici per almeno sei anni.
3. Ai soli fini delle imposte sui redditi, le rivalutazioni dei redditi dominicali ed agrari previste dall'articolo 31, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e dall'articolo 3, comma 50, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge non si applicano per i periodi di imposta durante i quali i terreni assoggettati alle medesime rivalutazioni sono concessi in affitto per usi agricoli a giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, aventi la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale o che acquisiscano tali qualifiche entro dodici mesi dalla stipula del contratto di affitto, purché la durata del contratto stesso non sia inferiore a cinque anni.
4. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche per i terreni il cui contratto di affitto, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, sia rinnovato alla scadenza, per un periodo non inferiore a cinque anni, agli stessi soggetti di cui al medesimo comma 3.
5. Dal 1° gennaio 1999, i giovani agricoltori in possesso dei requisiti per beneficiare degli aiuti previsti dal citato regolamento (Ce) n. 950/97, qualora acquistino o permutino terreni, sono assoggettati all'imposta di registro nella misura del 75 per cento di quella prevista dalla Tariffa, parte prima, articolo 1, nota I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di 16,2 miliardi di lire annue a decorrere dal 1999.
6. Per favorire l'introduzione e la tenuta della contabilità da parte delle imprese condotte da giovani agricoltori o da società di cui all'articolo 2, il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, d'intesa con le regioni interessate, è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni per fornire assistenza, formazione e informatizzazione. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di 2 miliardi di lire per il 1999 e di 3 miliardi di lire a decorrere dal 2000. (La Corte Costituzionale, con sentenza 31 maggio 2001, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui autorizza il Governo, con riferimento all'ambito territoriale delle Province autonome di Trento e di Bolzano, a disciplinare, con proprio regolamento, le modalità di concessione ai giovani agricoltori degli aiuti previsti dall'art. 13 del regolamento del Consiglio della Comunità europea n. 950/97, del 20 maggio 1997).»
L'art. 3 D.lgs. 99/2004 ha modificato la L. 228/2001 introducendo l'art. 4-bis ("Imprenditoria agricola giovanile"). - «1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è considerato giovane imprenditore agricolo l'imprenditore agricolo avente una età non superiore a 40 anni».
[nota 80] Sull' età incidono le regole di computo dei termini dettate dal codice civile, da quello penale e da quello di procedura civile:
Art. 2963 c.c. - «Non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell'ultimo istante del giorno finale».
Art. 14 c.p.- Computo e decorrenza dei termini.
«Quando la legge penale fa dipendere un effetto giuridico dal decorso del tempo, per il computo di questo si osserva il calendario comune.
Ogni qual volta la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi di un effetto giuridico, il giorno della decorrenza non è computato nel termine.»
Art. 155 c.p.c.- Computo dei termini.
«Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali. Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune. I giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo».
In giurisprudenza v. Cassaz. 22 luglio 1991 n. 8182 (La disciplina del computo dei termini, desumibile dagli art. 155 c.p.c. e 2963 c.c., è valida anche per il calcolo dell'età); Tribunale minorenni Roma, 4 giugno 1984 («Ai fini della determinazione della maggiore età non è applicabile l'art. 14 c.p., in quanto agli effetti penali, il computo dell'età è quello naturale - de momento in momentum - e non quello legale di cui al predetto articolo. Il tribunale per i minorenni non è, pertanto, competente a giudicare di un reato commesso da un soggetto che, al momento del fatto, aveva compiuto il 18mo anno di età da due ore»); Cassaz. penale 21 giugno 1978 sez. II («Il compimento del diciottesimo anno di età deve essere accertato secondo il computo naturale e non secondo il computo legale previsto dall'art. 14 c.p., tenendo conto degli estratti o certificati dello stato civile, facenti fede sino ad impugnazione di falso e sottratti ad ogni apprezzamento dell'autorità giudiziaria che se ne serve. Il confronto dell'età, perciò non si fonda sui giorni interi e non può prescindere anche dall'ora della nascita»).
Parte della dottrina afferma che l'età si compie alla mezzanotte del giorno dell'anno corrispondente al giorno della nascita e non all'ora corrispondente a quella di nascita: TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 2004, p. 80 (in riferimento all'acquisto della maggiore età); altra parte sostiene che debba seguirsi la computazione naturale, conformemente alla tradizione romanistica, con conseguente compimento dell'età nell'ora corrispondente a quella di nascita: RUPERTO, voce Età (Dir. Priv.) in Enc. Dir, Milano, 1967, p. 91.
[nota 81] Art. 2 L. 441/98:
omissis
«c) le società semplici, in nome collettivo e cooperative, a condizione che almeno i due terzi dei soci, la cui età non deve comunque superare i quaranta anni, esercitino, rivestendo la relativa qualifica, l'attività agricola a titolo principale, ai sensi del citato regolamento (Ce) n. 950/97, oppure a tempo parziale, come previsto dall'articolo 10 del suddetto regolamento. Per le società in accomandita semplice le qualifiche di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto possono essere possedute anche dal solo socio accomandatario; in caso di due o più soci accomandatari si applica il criterio dei due terzi di cui al primo periodo»;
omissis
«e) le società di capitali aventi per oggetto sociale la conduzione di aziende agricole ove i conferimenti dei giovani agricoltori costituiscano oltre il 50 per cento del capitale sociale e gli organi di amministrazione della società siano costituiti in maggioranza da giovani agricoltori».
Sul punto specifico, v. BRUNELLI, GIUNCHI E PODETTI, «Imprenditoria giovanile in agricoltura (legge 15 dicembre 1998 n. 441)», Studio n. 8/99/T, Approvato dal Consiglio Nazionale il 9 aprile 1999, paragrafo 2.1, in Banca Dati Notarile; GIUNCHI, «Imprenditoria agricola giovanile - art. 14 comma 5 legge n. 441 del 1998 - società di capitali», in Studi e Materiali, n.1/2002, Milano, 2002, p. 262; circ. n. 109/E del 24 maggio 2000 Dir. AA. GG. e Cont. Trib., paragrafo 3.1.
[nota 82] Per l'interferenza del principio cronologico con il criterio di specialità e per l'esposizione dei principi che completano la massima lex posterior generalis non derogat priori speciali, v. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1998, p. 240; GUASTINI, Produzione e applicazione del diritto, Torino, 1989, p. 110; GUASTINI, L'interpretazione dei documenti normativi, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni-Schlesinger, Milano, 2004, p. 256; TARELLO, L'interpretazione della legge, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1980, p. 151.
[nota 83] Art. 7 L. 984/1977. «Delle provvidenze finanziarie previste dalla presente legge possono beneficiare secondo le priorità stabilite dagli statuti e dalle leggi regionali: le imprese familiari coltivatrici singole ed associate; le cooperative agricole e i loro consorzi, costituiti da coltivatori diretti, proprietari od affittuari singoli o associati, da mezzadri coloni e lavoratori agricoli dipendenti con particolare riguardo alle cooperative costituite ai sensi della legge 1° giugno 1977, n. 285, sempreché siano iscritte nel registro prefettizio e nello schedario generale della cooperazione; le altre cooperative agricole e loro consorzi, iscritti nel registro e nello schedario predetti; le associazioni dei produttori riconosciute; gli imprenditori non coltivatori diretti che esercitano l'attività agricola a titolo principale ai sensi dello articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153; le società promosse tra imprese familiari diretto-coltivatrici per l'esercizio dell'agricoltura costituite con atto pubblico registrato presso la cancelleria del tribunale competente per territorio.
Le unità lavorative che saranno assunte da coltivatori diretti ai fini dello sviluppo produttivo di cui alla presente legge e dell'incremento dell'occupazione giovanile ai sensi della legge 1° giugno 1977, n. 285, in soprannumero a quelle previste dalle leggi vigenti per l'acquisizione della qualifica di coltivatore diretto, non sono computate ai fini della conservazione della qualifica medesima.
Per il settore della forestazione i soggetti beneficiari delle provvidenze sono: le Comunità Montane, i Comuni singoli o associati e i loro consorzi, le aziende speciali, i consorzi forestali, le cooperative e i loro consorzi, gli imprenditori agricoli a titolo principale, nonché le società forestali costituite per una durata non inferiore ad anni diciotto.
Le cooperative e le società forestali sono ammesse al beneficio del pagamento delle imposte di registro ed ipotecarie in misura fissa per i seguenti atti:
a) atti costitutivi della società e atti di conferimento dei beni immobili o di crediti; b) atti di acquisto in proprietà di fondi rustici idonei ad aumentare l'efficienza dell'azienda ed il relativo reddito attraverso il miglioramento quantitativo e qualitativo delle colture forestali;
c) atti di affitto di fondi rustici per una durata di almeno diciotto anni;
d) aumenti di capitale in danaro, beni e crediti, quando gli aumenti sono indirizzati al potenziamento delle attività di cui alle precedenti lettere;
e) emissione di obbligazioni che soddisfino alle condizioni indicate alla lettera precedente;
f) atti concessi per le operazioni di cui sopra e precisamente di consenso alla iscrizione, riduzione, cancellazione di ipoteche, anche se prestate da terzi, a garanzia delle operazioni stesse ed atti di estinzione di queste ultime;
g) atti di concessione di fideiussioni da parte di terzi».
[nota 84] Previste dall'art. 13 L. 153/75, cui si riferisce l'art. 1 Nota I Tariffa parte prima D.P.R. 131/86, accordando a tali associazioni ed alle cooperative agricole lo stesso trattamento concesso all'Iap.
[nota 85] Per lo stato della questione, cfr. BASILAVECCHIA, Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni (dir.trib.), in Enc. Dir., aggiornamento V, Milano, 2001, p. 48 e ss.; MOSCHETTI E ZENNARO, Agevolazioni fiscali, in Dig. Disc. Priv. sezione Commerciale, Torino, 1987, p. 74 e ss.; FICHERA, Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992.
[nota 86] Cassazione 26 settembre 2003, n. 14298; 28 luglio 2003, n. 11610; 27 giugno 2003, n. 10226; 25 luglio 2002, n. 10939; 22 novembre 1997, n. 11693; 27 agosto 1997, n. 8057; 30 ottobre 1996, n. 3123. Ciò assume una valenza particolare ora che anche il testo unico dell'edilizia (T.U. 380/2001, art. 49) ripropone le vecchie questioni sui rapporti tra regolarità urbanistico-edilizia e trattamenti fiscali agevolati, questioni che riguardano ovviamente tutti i trattamenti tributari tecnicamente qualificabili agevolazioni.
[nota 87] 21. Atti relativi ai trasferimenti di terreni destinati alla formazione o all'arrotondamento delle proprietà di imprese agricole diretto-coltivatrici e per l'affrancazione dei canoni enfiteutici e delle rendite e prestazioni perpetue aventi i fini suindicati e relative copie.
Domande, certificazioni, attestazioni, documenti, note di trascrizione ipotecaria, e relative copie.
[nota 88] PODETTI «Esenzione da imposta di bollo, atti di trasferimento di terreni destinati alla formazione o all'arrotondamento di imprese agricole diretto-coltivatrici», Studio del Cnn, 25 febbraio 1994.
[nota 89] Cfr. MOSCHETTI E ZENNARO, Agevolazioni fiscali, in Dig. Disc. Priv. sezione Commerciale, Torino, 1987, p. 67.
[nota 90] Cfr. art. 1 L. 604/54.
[nota 91] Circ. Agenzia delle Entrate, D.R. Emilia Romagna, prot. 48687 del 26 ottobre 2005, sembra dare per scontato che le esenzioni dal bollo di cui all'art. 9 L. 604/54 e 21 Tabella D.P.R. 642/73 si applichino solo all'Iap che sia anche coltivatore diretto.
[nota 92] GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1998, p. 426 e 662.
[nota 93] Art. 80 D.P.R. 634/1972: «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate, salvo quanto disposto dagli articoli 77 e 78, le disposizioni del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269, e successive modificazioni nonchè quelle di cui alla legge 29 dicembre 1962, n. 1744, e cessa di avere applicazione l'addizionale all'imposta di registro istituita con il decreto-legge 30 novembre 1937, n. 2145, convertito nella legge 25 aprile 1938, numero 614, e successive modificazioni. Restano ferme le esenzioni e le agevolazioni vigenti alla data del 31 dicembre 1972 a favore delle società di mutuo soccorso, delle cooperative e loro consorzi e per i trasferimenti di terreni destinati alla formazione di imprese agricole diretto-coltivatrici e all'arrotondamento dei fondi da esse posseduti».
[nota 94] Per i profili generali, v. URICCHIO, L'impresa agraria tra fisco, problemi ambientali e programmazione territoriale, Bari, 2006, p. 122 e ss.; NASTRI, L'imposta di registro e le relative agevolazioni, Milano, 1991, p. 502 e ss. e NASTRI, L'imposta di registro e le relative agevolazioni, Milano, 1993, p. 508; FALZONE-ALIBRANDI , voce Proprietà coltivatrice del Diz. Enc. del Notariato, Roma, 1977; MAGURNO-LANZILLOTTI, Il Notaio e le imposte indirette, Roma, 1998, p. 611 e ss.; PICCOLO, «Agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della piccola proprietà contadina», in Il fisco, 2005, p. 346.
[nota 95] Come segnalato da CANNIZZARO, «Applicabilità delle agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina nel caso di acquisto della nuda proprietà di un terreno», Segnalazione novità, in Cnn Notizie 1 febbraio 2006.
[nota 96] Cass. 4409/1996: «Le agevolazioni fiscali, di cui all'art. 1 L. 6 agosto 1954 n. 604 a favore della piccola proprietà contadina, spettano anche al coltivatore diretto che acquisti la sola nuda proprietà di un terreno da lui coltivato, atteso che la nozione di "atti inerenti" alla formazione della piccola proprietà contadina deve considerarsi comprensiva di tutti gli atti diretti a tale scopo, stante la finalità del legislatore di non lasciare scoperto alcun atto comportante il trasferimento di diritti reali su beni immobili, sempreché l'acquisto avvenga da parte di persone che si dedichino abitualmente alla lavorazione della terra» in Giust. civ. 1997, I, p. 172 e in Dir. e giur. agr. 1997, p. 105 nota (ORLANDO).
[nota 97] Pur sopportando tutti i limiti di altro tipo che tale procedimento di costituzione e successivo acquisto comporterebbe, per soggezione alla prelazione agraria e alle cautele per gli acquisti pericolosi ex art. 2343-bis c.c.
[nota 98] Per la distinzione, v. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1986, p. 220; MENGONI-REALMONTE, voce Disposizione, in Enc. Dir., XIII, Milano, 1964, p. 189; PUGLIATTI, voce Alienazione, in Enc. dir., II, Milano, 1956, p. 1; PERLINGIERI-FEMIA, in Manuale di Diritto civile, Napoli, 1997, p. 80; MACIOCE, voce Rinuncia (dir. priv.), in Enc. dir, XL, Milano, 1989, p. 927; BOZZI, voce Rinunzia (dir. pubbl. e priv.), in NNDDII, XV,Torino, 1968, p. 1147.
[nota 99] Art. 7 L. 604/54.
[nota 100] Cfr. RAGUSA MAGGIORE, «Soggettività delle società di persone- Valore semantico o apofantico?», in Vita Not. 4/6, 1990, p. 344; JANNUCCI, La disponibilità del patrimonio sociale da parte dei soci e l'art. 2256 c.c., Padova, 1984.
[nota 101] Per l'analisi evolutiva dei concetti di trasformazione e di neutralità, nel campo dell'impresa e dei trattamenti tributari, v. BASILAVECCHIA, «Applicazione dell'imposta di registro in caso di "trasformazione" di società di persone in ditta individuale», Studio 3/2005/T, in Banca Dati Notarile.
[nota 102] Cassaz. 5 marzo 2003 n. 5372.
[nota 103] In G.U. 15 febbraio 2006, entrato in vigore il 3 marzo 2006. Su tale D.lgs. v. RICCIO, «La rivitalizzazione legislativa della funzione nomofilattica della Cassazione», in Contratto e Impresa, n. 3 del 2006, p. 825.
[nota 104] Cfr. paragrafo 4.8 della sentenza di Cass. S.U. 7033/2006, a p. 79 della Guida al diritto citata.
[nota 105] Paragrafo 4.5 della sentenza Cass. S.U. di cui sopra.
[nota 106] Il nuovo art. 374 c.p.c. dispone che «se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso».
[nota 107] Studio n. 46/2004/T della Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato, citato, in Studi e Materiali, p. 938; BUSANI E TOSONI, «Terreni e girandola di aliquote», in IlSole24Ore del 15 luglio 2004, p. 25.
[nota 108] Risoluzione n. 98/E del 25 luglio 2005, annotata criticamente da TOSONI in Il Sole 24 Ore del 26 luglio 2005, p. 25 e in Guida Normativa 11 agosto 2005 p. 15.
[nota 109] In caso di registrazione con il modello unico informatico è il Notaio che procede alla registrazione a dover acquisire e conservare i documenti integrativi, ai sensi dell'art. 2 comma 2 D.P.R. n. 308 del 18 agosto 2000. Su tale materia v. PETTERUTI, Studio n. 87/2002/T, Approvato il 28 novembre 2002, «Adempimenti telematici per atti relativi ad immobili. Aspetti tributari».
[nota 110] TOSONI in IlSole24Ore del 26 luglio 2005, p. 25.
[nota 111] Agenzia delle Entrate, D.r. Emilia Romagna, prot. 48687 del 26 ottobre 2005.
[nota 112] COLUCCI, FORTE, GIUNCHI, PETRELLI, PURI, «L. 28 dicembre 2001 n. 448», Studio n. 1/2002/T, in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato n. 2/2002, Milano 2002, p. 584; GIUNCHI, MASTROIACOVO, PETTERUTI, PODETTI, «Imprenditore agricolo professionale e società agricole (D.lgs. n. 99 del 2004). Aspetti tributari», Studio del Consiglio Nazionale del Notariato 9 giugno 2004 n. 46/2004/T, in il fisco, n. 38 del 18 ottobre 2004, p. 6521; RUOTOLO, «Il compendio unico di cui all'art. 7 del D.lgs. 29 marzo 2004 n. 99 - Profili civilistici», in Atti del Convegno di Castellaneta Marina-Giugno 2005, Monopoli, 2005, p. 149; PETTERUTI, «Compendio unico in agricoltura - Caratteri generali ed irrevocabilità del vincolo di indivisibilità - Effetti del mutamento di destinazione su decadenza da agevolazioni e vincolo di indivisibilità», Studio n. 33/2006/T; CABIDDU, «Il compendio unico di cui all'art. 7 del D.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 modificato dal D.lgs. 101/2005» - Studio 358 - 2006/C della Commissione Studi Civilistici del Cnn.
[nota 113] Legge 31 gennaio 1994, n. 97, art. 5-bis:
"Disposizioni per favorire le aziende agricole montane"
«1. Nei territori delle comunità montane, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coltivatori diretti e ad imprenditori agricoli a titolo principale che si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico ed entro i limiti della superficie minima indivisibile di cui al comma 6, sono considerati unità indivisibili per 15 anni dal momento dell'acquisto e per questi anni non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. In caso di successione i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. Tale disciplina si estende anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi da Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane».
«2. In caso di violazioni degli obblighi di cui al comma 1 sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute».
omissis
«6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l'istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l'estensione della superficie minima indivisibile».
In base a quest'ultima previsione, la Regione Umbria, con L.r. 24 marzo 2003 n. 4, B.U.R. 2 aprile 2003 n.1/4, ha dettato "Disposizioni per favorire le aziende agricole in attuazione dell'art. 5/bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, come aggiunto dall'art. 52 - comma 21 - della legge 28 dicembre 2001, n. 448", prevedendo (Articolo 1 - "Superficie minima" ) quanto segue:
«1. Al fine di fruire dei benefici e delle agevolazioni previsti dall'art. 5/bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, come aggiunto dall'art. 52, comma 21, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le aziende agricole devono essere costituite in un compendio unico della superficie minima indivisibile di quattro ettari».
La Regione Piemonte, con L.r. 22 luglio 2003 n. 19, B.U.R. 31 luglio 2003 n. 31, ha apportato "Modifiche alla legge regionale 2 luglio 1999, n. 16 (testo unico delle leggi sulla montagna)"e, con gli artt. 25 e 26, ha stabilito: Articolo 25 (Inserimento dell'articolo 42-bis alla L.r. 16/1999) 1. Dopo l'articolo 42 della L.r. 16/1999, é inserito il seguente: «Art. 42-bis. "Compendio unico agricolo di montagna".
1. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5-bis della L.97/1994, il compendio unico é costituito dai terreni agricoli e dalle relative pertinenze, compresi i fabbricati, anche non confinanti tra loro, purché destinati in modo unitario all'esercizio dell'impresa agricola, siti nei territori delle comunità montane, acquisiti a qualunque titolo, anche con atti successivi, da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, i quali si impegnino:
a) a coltivare o a condurre i terreni costituiti in compendio unico per un periodo di almeno dieci anni dall'acquisto;
b) a non frazionare il compendio, al di sotto dei limiti della superficie minima indivisibile di cui all'articolo 42-ter, per un periodo di quindici anni dall'acquisto».
Articolo 26 (Inserimento dell'articolo 42-ter alla L.r. 16/1999)
1. Dopo l'articolo 42 della L.r. 16/1999, é inserito il seguente:
«Art. 42-ter. "Superficie minima indivisibile"
1. La superficie minima indivisibile di cui all'articolo 5-bis, commi 1 e 6, della L. 97/1994, rappresenta l'estensione di terreno necessaria e sufficiente a garantire l'esercizio di una conveniente coltivazione del fondo secondo le regole della buona tecnica agraria. Essa costituisce il limite territoriale al di sotto del quale non é consentito procedere, per quindici anni dall'acquisto, al frazionamento dei terreni costituiti in compendio unico ai sensi dell'articolo 42-bis.
2. Al fine di garantire le condizioni idonee all'esercizio delle attività agricole montane, avuto riguardo all'ordinamento produttivo ed alla situazione demografica locale, l'estensione della superficie minima indivisibile é determinata nella misura di cinque ettari».
La Regione Liguria, a sua volta, ha legiferato con L.r. 9/6/2003 n.16, B.U.R. 25/6/2003 n. 9 -"Integrazione della legge regionale 13 agosto 1997 n. 33 (disposizioni attuative della legge 31 gennaio 1994 n. 97 recante nuove disposizioni per le zone montane)":
Articolo 1 Inserimento degli articoli 6-bis e 6-ter nella legge regionale 13 agosto 1997 n. 33).
1. Dopo l'articolo 6 della legge regionale 13 agosto 1997 n. 33 (disposizioni attuative della legge 31 gennaio 1994 n. 97 recante nuove disposizioni per le zone montane) sono inseriti i seguenti:
«Articolo 6-bis "Compendio unico"
1. Il compendio unico aziendale di cui all'articolo 5-bis della L. 97/1994, come introdotto dall'articolo 52, comma 21, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2002), è costituito da terreni agricoli, destinati in modo unitario all'esercizio dell'impresa agricola, ricadenti nei territori delle Comunità Montane della Liguria così come delimitate dalle leggi regionali in materia e nelle porzioni montane di comuni parzialmente montani non inseriti in Comunità Montane.
2. Concorrono alla formazione del compendio unico aziendale, che i beneficiari dell'esenzione di cui all'articolo 5-bis della l. 97/1994 hanno l'obbligo di coltivare o condurre per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento, i terreni agricoli, le relative pertinenze, compresi i fabbricati, anche non confinanti tra di loro, acquisiti, in seguito a trasferimento a qualunque titolo, anche con atti successivi, da coltivatori diretti ai sensi dell'articolo 31 della legge 26 maggio 1965 n. 590 (disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) o dell'articolo 6 della legge 3 maggio 1982 n. 203 (norme sui contratti agrari) o da imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975 n. 153 (attuazione delle Direttive del Consiglio delle Comunità europee per la riforma dell'agricoltura).
Articolo 6-ter "Superficie minima indivisibile"
1. La superficie minima indivisibile di cui all'articolo 5-bis della L. 97/1994 rappresenta l'estensione di terreno necessaria a garantire il raggiungimento da parte delle aziende agricole di montagna di un livello minimo di validità economica. Essa costituisce il limite territoriale al di sotto del quale non è consentito procedere, per quindici anni dall'acquisto, al frazionamento dei terreni costituiti in compendio unico ai sensi dell'articolo 6-bis.
2. La Giunta regionale determina i livelli minimi di validità economica delle aziende agricole di montagna».
[nota 114] L'art. 7 D.lgs. 99/2004 richiama testualmente i commi 1 e 2 dell' art. 5-bis, costituendo un elemento sintomatico della permanenza nel sistema della norma richiamata. E poiché tale articolo disciplina il compendio in territorio di Comunità Montana, se ne ricava la coesistenza delle due tipologie di compendio unico.
[nota 115] Per le problematiche connesse all'interferenza del principio cronologico con il criterio di specialità, e in particolare per l'esposizione dei principi che completano la massima lex posterior generalis non derogat priori speciali, v. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1998, p. 240; GUASTINI, Produzione e applicazione del diritto, Torino, 1989, p. 110; GUASTINI, L'interpretazione dei documenti normativi, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni-Schlesinger, Milano, 2004, p. 256; TARELLO, L'interpretazione della legge, in Trattato Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1980, p. 151.
[nota 116] Per una più ampia trattazione, si rinvia allo Studio n. 46/2004/T, GIUNCHI, MASTROIACOVO, PETTERUTI, PODETTI, «Imprenditore agricolo professionale e società agricole (D.lgs. n. 99 del 2004). Aspetti tributari», cit.
[nota 117] COLUCCI, FORTE, GIUNCHI, PETRELLI, PURI, «L. 28 dicembre 2001 n. 448», in Studi e materiali, Consiglio Nazionale del Notariato n. 2/2002, Milano 2002, p. 580.
[nota 118]La sistematica adottata dal legislatore nel formulare la Tariffa dell'imposta di registro (art. 1 Tariffa) espone una tendenziale assimilazione del concetto di "trasferimento" (utilizzato nei commi dal terzo in poi) a quello di «atto traslativo o traslativo e costitutivo di diritti reali di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice» (utilizzato nel primo comma); senza tale assimilazione non troverebbero la loro naturale collocazione - nei commi che riguardano gli specifici oggetti - gli atti costitutivi di diritti reali di godimento su terreni agricoli, beni culturali, "prime case", beni siti all'estero e non la troverebbero neanche gli atti a connotazione soggettiva costitutivi di diritti reali di godimento a favore dello Stato, di enti pubblici territoriali, Comunità Montane e Onlus.
Si segnala, però, la posizione avversa a tale assimilazione assunta da Cassaz. Sez. Tributaria, n. 16495 del 30 aprile 2003 (dep. il 4 novembre 2003): La costituzione di una servitù (nella specie di elettrodotto) non rientra nella nozione di "trasferimento" contenuto nell'art. 1, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in quanto non comporta il trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma soltanto una compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante); quindi alla costituzione di una servitù su un terreno agricolo non è applicabile l'aliquota d'imposta di registro del 15 per cento anche quando tale costituzione non avvenga a vantaggio di un operatore agricolo.
[nota 119] V. al primo paragrafo.
[nota 120] COLUCCI, FORTE, GIUNCHI, PETRELLI, PURI, «L. 28 dicembre 2001 n. 448», cit., p. 580.
[nota 121] Art. 13: 1. L'imposta sulle successioni e donazioni è soppressa.
2. I trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, fatti a favore di soggetti diversi dal coniuge, dai parenti in linea retta e dagli altri parenti fino al quarto grado, sono soggetti alle imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso, se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore all'importo di 350 milioni di lire. In questa ipotesi si applicano, sulla parte di valore della quota che supera l'importo di 350 milioni di lire, le aliquote previste per il corrispondente atto di trasferimento a titolo oneroso.
[nota 122] Cassazione Civile, Sez. II, 6 dicembre 1984, n. 6400; il fenomeno della successione a causa di morte non è però limitato ai trasferimenti, perché nel debito e nel possesso si può avere successione, ma non trasferimento.
[nota 123] L'Inps, con circolare n. 48 del 24 marzo 2006, in Cnn Notizie del 31 marzo 2006, ha ritenuto che sia possibile l'iscrizione nella gestione previdenziale (con riserva) di chi, non ancora in possesso dei requisiti Iap, presenti allo stesso Inps apposita certificazione regionale comprovante l'avvenuta presentazione della domanda di riconoscimento della qualifica (salva la cancellazione con effetto retroattivo, qualora dopo 24 mesi - o dopo il diverso termine stabilito dalle Regioni - non risulti in possesso della certificazione regionale comprovante il conseguimento del requisito).
[nota 124] V. Ris. n. 192/E del 6 ottobre 2003, Agenzia delle Entrate - Dir. normativa e contenzioso - "Decadenza dell'agevolazione c.d. "prima casa" per trasferimento nel quinquennio".
[nota 125] V. leggi regionali riportate alla nota 2.
[nota 126] Comma 11-bis: La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento; in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione.
[nota 127] Però, deve pure evidenziarsi che il comma 11-quater in parola potrebbe essere la disposizione di raccordo tra gli acquisti intermedi "parziali" (in ipotesi non agevolabili perché inferiori alla superficie minima) e quello, finale, agevolabile, perché contestuale alla costituzione del compendio (comprendente l'ultimo oggetto acquistato e quelli precedenti).
[nota 128] RUOTOLO, cit., p. 160.
[nota 129] Per il dato testuale, v. art. 7 comma 11-quater D.lgs. 99/2004.
[nota 130] GIAMPICCOLO, Dichiarazione recettizia, in Enc. Dir., Vol. XII, Milano, 1964, p. 386.
[nota 131] GIAMPICCOLO, Dichiarazione recettizia, cit., p. 384.
[nota 132] FUSARO, Destinazione (vincoli di), in Digesto Discipline Privatistiche, Torino, p. 323.
[nota 133] FALZEA, Introduzione, in Destinazione allo scopo, Milano, 2003, p. 25.
[nota 134] CACCAVALE, Strumenti attuali di diritto positivo, in Destinazione allo scopo, Milano, 2003, p. 41.
[nota 135] RUOTOLO, cit., p. 160.
[nota 136] RUOTOLO, cit., p. 164.
[nota 137] Secondo MALAGUTI, «Il vincolo di indivisibilità ex art. 11 L. 14 agosto 71 n. 817», in Studi e Materiali del Cons. Naz. Notariato, Milano, 1992, vol. 3, p. 56, il vincolo interdice gli atti inter vivos e quelli mortis causa che producano un frazionamento, tra cui divisione per porzioni, vendita, permuta, donazione, divisione del testatore, institutio ex re certa, ecc . L'indivisibilità in parola non è quella determinata da caratteri fisico-economici, o funzionali, e quindi pre-giuridici - cfr. PUGLIATTI, voce Cosa (teoria gen.), in Enc. Dir., Milano, 1962, p. 34, e ASTUTI, voce Cosa (Storia), ivi, p. 12 - ma è una indivisibilità tutta giuridica, perché imposta e non presupposta dalla norma. Si tratta, quindi, di indivisibilità legale.
[nota 138] Per una rassegna dei vari divieti di alienazione, cfr. Vita Notarile 1995, p. 527, e Riv. Not. 1979, p. 1572.
[nota 139] MALAGUTI, cit. p. 58-59.
[nota 140] Incerta appare l'analisi di ASCARI, «Agevolata la successione per i giovani agricoltori: esenzione per le quote delle società», in il fisco, n. 10/2001, p. 3859.
[nota 141] Il legislatore si riferisce, testualmente, solo ad acquisti e permute.
[nota 142] Non definito agevolazione nel testo normativo, a differenza di quello riguardante i trasferimenti liberali e successori.
[nota 143] BRUNELLI, GIUNCHI E PODETTI, «Imprenditoria giovanile in agricoltura», cit.; GIUNCHI, «Imprenditoria agricola giovanile - art. 14 comma 5 legge n. 441 del 1998 - società di capitali», cit.
[nota 144] URICCHIO, «Riflessi fiscali della nuova disciplina nel settore agricolo», in Rassegna Tributaria, n. 1 del 28 febbraio 2002, p. 47 e ss., al paragrafo 6, trattando della riduzione in questione si riferisce anche al coltivatore diretto.
[nota 145] PETTERUTI, Studio n. 87/2002/T, «Adempimenti telematici per atti relativi ad immobili, aspetti tributari», approvato dalla Commissione Studi Tributari il 28 novembre 2002, in Studi e Materiali, Milano, n. 2/2003, p. 531.
[nota 146] Artt. 3 e 4 L. 604/54.
[nota 147] Ove richiesto per l' applicabilità del trattamento di favore, come nel caso previsto dall'art. 1 Nota I Tariffa parte prima T.U. 131/86.
[nota 148] Art. 1 Nota II Tariffa parte prima T.U. 131/86.
[nota 149] Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 116/2005/T, «Finanziaria 2006 - la nuova disciplina tributaria delle cessioni di immobili abitativi ai fini delle imposte indirette (prezzo-valore)» , in Cnn Notizie 16 gennaio 2006.
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