Il nuovo articolo 2645-ter del codice civile (le preoccupazioni del mondo bancario)
Il nuovo articolo 2645-ter del codice civile (le preoccupazioni del mondo bancario)
di Carlo Fratta Pasini
Presidente Associazione Nazionale fra le BanchePopolari
La nuova fattispecie introdotta dall'art. 2645-ter
Il 1° marzo 2006 è entrata in vigore la legge 30 dicembre 2005, n. 273; l'articolo 39-novies della legge di conversione ha introdotto nel libro sesto, titolo I, capo I, del codice civile il nuovo articolo 2645-ter, così rubricato: "Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche".
In particolare, tale norma dispone che:
«Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo».
La legge prevede dunque:
a. la trascrivibilità degli atti di destinazione in forma pubblica e aventi ad oggetto beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri;
b. la creazione di un vincolo di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela avente durata limitata alla vita del beneficiario o comunque non superiore a novanta anni;
c. la possibilità per qualsiasi interessato di agire per la realizzazione di tali interessi, anche durante la vita del conferente;
d. l'opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione mediante la trascrizione dell'atto relativo;
e. la prescrizione dell'impiego dei beni conferiti e dei loro frutti esclusivamente per la realizzazione del fine di destinazione;
f. l'effetto di separazione patrimoniale per cui i beni conferiti e i loro frutti possono costituire oggetto di esecuzione solo per i debiti contratti per tale scopo, salvo quanto previsto dal primo comma dell'art. 2915 c.c.
La nuova disposizione risulta dunque inserita nella disciplina della trascrizione degli atti giuridici (libro sesto, titolo I, codice civile), in relazione al profilo della opponibilità ai terzi. In effetti detta disposizione, anziché esaurirsi nella soluzione della questione della trascrivibilità, apre una prospettiva più ampia e di impatto più generale per l'ordinamento. La categoria di atti contemplata sembrerebbe infatti dare ingresso ad una nuova figura di negozio di destinazione di beni ad uno scopo, la cui ammissibilità è stata oggetto in Italia di un interessante dibattito dottrinale e giurisprudenziale (proprio sul tema della c.d. destinazione di beni allo scopo).
La limitazione della responsabilità e gli effetti per i terzi
Uno degli effetti salienti della creazione del vincolo di destinazione è rappresentato dalla netta separazione dei beni vincolati dal restante patrimonio del disponente. Il legislatore ha quindi considerato la limitazione della responsabilità patrimoniale del disponente, ai sensi del secondo comma dell'art. 2740 c.c., come lo strumento necessario per garantire l'effettiva realizzazione degli interessi meritevoli di tutela così come definiti all'art. 2645-ter c.c.
Il vantaggio della limitazione della responsabilità patrimoniale attribuito al conferente, appare quindi finalizzato ad uno scopo ben preciso e meritevole di realizzazione. Quali dunque gli effetti di tale limitazione di responsabilità nei confronti dei terzi cui, a norma dell'art. 2645-ter, è opponibile il vincolo di destinazione?
Secondo quanto previsto dall'articolo 2645-ter del codice civile, per effetto della trascrizione dell'atto istitutivo di un vincolo di destinazione, quest'ultimo diviene opponibile ai terzi, con la conseguenza che i beni "vincolati" e i loro frutti sono sottratti alle azioni esecutive che non dipendano da debiti assunti proprio con riferimento al vincolo stesso (potendosi così creare un patrimonio separato rispetto a quello "generale" di cui il soggetto sia titolare). L'effetto di questo vincolo - una volta trascritto - è che i creditori del soggetto che ha disposto il vincolo di destinazione possono continuare ad aggredire il patrimonio del loro debitore secondo i principi generali, ma non invece i beni oggetto del vincolo, che restano così "segregati" dal restante patrimonio del debitore.
I "terzi" cui si riferisce tale articolo sono, anzitutto, i creditori personali e gli aventi causa dal disponente (che non potranno quindi rivalersi sui beni vincolati al fine di destinazione, laddove la trascrizione del vincolo sia stata utilmente effettuata). Lo stesso disponente, che abbia trascritto l'atto istitutivo del vincolo di destinazione, non potrà alienare a terzi i beni vincolati per scopi estranei al fine di destinazione. Ai creditori del disponente è quindi preclusa ogni azione di esecuzione sui beni vincolati.
A tale effetto segregativo corrisponde dunque un sacrificio delle ragioni del ceto creditorio che, a seguito dell'istituzione del vincolo di destinazione, vede ridursi la garanzia patrimoniale rappresentata dal patrimonio del proprio debitore. I creditori anzidetti potranno comunque tutelare le proprie ragioni attraverso gli ordinari mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, ed in primis attraverso lo strumento dell'azione revocatoria (così come già verificatosi nei rapporti fra costituzione del fondo patrimoniale e tutela dei creditori personali del coniuge).
Come noto non isolato è stato il ricorso alla costituzione del fondo patrimoniale per sottrarre beni alle pretese dei creditori, donde l'interesse di questi ultimi a chiederne la revocatoria. La medesima situazione si potrebbe dunque creare per i creditori del disponente, nel caso in cui il vincolo di destinazione venga unicamente istituito al fine di sottrarre i beni vincolati all'azione esecutiva. Tanto più che la durata del vincolo, di cui all'art. 2645-ter, può risultare sensibilmente più lunga rispetto a quella del fondo patrimoniale, stante il previsto limite massimo di novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria.
Si ricorda altresì che parte della dottrina ritiene che, in caso di fallimento, l'atto costitutivo del vincolo di destinazione sia passibile di revocatoria fallimentare (trattandosi infatti di atto a titolo gratuito, inefficace nei confronti della massa dei creditori se compiuto nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento).
Anche prima dell'introduzione dell'articolo 2645-ter del codice civile il nostro ordinamento già prevedeva ipotesi di patrimoni separati: basti ricordare il fondo patrimoniale (articoli 167 e ss. del codice civile), o al patrimonio destinato ad uno specifico affare (articoli 2447-bis e ss. del codice civile). Tuttavia la differenza dell'attuale vincolo di destinazione, rispetto alle fattispecie già esistenti nel nostro ordinamento, risulta però sostanziale. Diversamente dal fondo patrimoniale, strettamente collegato alla soddisfazione dei "bisogni della famiglia", e dal patrimonio destinato al compimento di specifico affare della società, il vincolo di destinazione introdotto con l'art. 2645-ter pare infatti presupporre un'area applicativa estremamente ampia, il cui principale limite sembra risiedere nella natura dei beni che possono formarne oggetto (beni immobili o mobili registrati).
A ciò si aggiunga che non vengono evidenziati vincoli di natura soggettiva, posto che beneficiario del vincolo può essere non solo una persona con disabilità o una pubblica amministrazione, ma anche "altri enti o persone fisiche", e cioè qualunque soggetto. Non risultano neppure particolari vincoli di scopo, dovendo questo coincidere con la realizzazione di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'articolo 1322 del codice civile (la cui interpretazione prevalente, è orientata nella direzione di ritenere che la meritevolezza di tutela venga meno laddove siano valicati i limiti della liceità, dell'ordine pubblico e del buon costume).
Si sottolinea infine che alla creazione del vincolo da parte del disponente, potrebbe accompagnarsi al trasferimento dei beni vincolati ad un fiduciario. L'art. 2645-ter non contiene infatti alcuna disposizione specifica relativamente alla struttura dell'atto istitutivo del vincolo di destinazione. Ai fini della produzione di tale effetto, sembra sufficiente un atto unilaterale, posto che il potere di destinazione del bene compete al relativo proprietario, o al titolare di un diritto reale di godimento sullo stesso. L'atto di destinazione potrà quindi anche accompagnarsi al trasferimento del bene a un terzo fiduciario. In tale caso, si danno due alternative:
· costituzione del vincolo di destinazione all'interno del contratto con il quale il costituente (proprietario o titolare del diritto reale vincolato), trasferisce contestualmente lo stesso al fiduciario;
· atto unilaterale, con cui si costituisce il vincolo di destinazione, che contempli il successivo trasferimento del bene a un fiduciario.
In caso di trasferimento di beni ad un fiduciario, la trascrizione dell'atto di destinazione consentirà quindi di opporre il vincolo anche ai creditori ed aventi causa dal fiduciario (sempre che si tratti di acquirenti di diritti incompatibili con il fine di destinazione).
Pertanto una previsione legislativa così ampia, potrebbe consentire a soggetti in mala fede di utilizzare il vincolo di destinazione come strumento di "protezione patrimoniale personale". Un soggetto potrebbe infatti creare, all'interno del proprio patrimonio, uno o più patrimoni separati, mettendoli al riparo da eventuali azioni esecutive dei propri creditori. è noto che a tutela di questi ultimi esistono specifici strumenti - si pensi, ad esempio, all'azione di simulazione o all'azione revocatoria - ma non è detto che questi siano sempre sufficienti a garantire un'effettiva tutela delle relative ragioni di credito.
Il corretto utilizzo del vincolo di destinazione così come previsto dall'art. 2645-ter dipenderà dunque da come verrà concretamente interpretato «l'interesse meritevole di tutela». L'interpretazione più tradizionale parrebbe conferire all'istituto confini assai ampi, potendo così consentirne anche usi strumentali; tale distorto utilizzo potrebbe invece essere impedito da un'interpretazione più "limitativa" che prenda le mosse da una più stretta considerazione della dignità e del rilievo sociale degli interessi dichiarati dal conferente e dallo stesso effettivamente perseguiti.
Tale possibile utilizzo strumentale o peggio fraudolento dell'istituto introdotto dall'art. 2645-ter c.c., viene visto con preoccupazione dall'operatore bancario quale strumento per sottrarre le garanzie patrimoniali alla massa dei creditori ed in particolare alle banche quali soggetti finanziatori. Al riguardo si potrebbero quindi ipotizzare possibili strumenti di tutela contrattuale; ad esempio: in presenza di linee di credito concesse dalla banca, si potrebbe prevedere l'iserimento nei contratti bancari di clausole che impongano al "conferente" un obbligo di sollecita e puntuale informativa a carattere preventivo in favore della banca, in ordine alla determinazione di trascrivere atti di destinazione ex 2645-ter, espressamente sanzionando tale inadempienza con la facoltà di recesso da parte della banca dai relativi affidamenti (ciò, appunto, al fine di poter consentire alla banca una valutazione in concreto circa l'integrale permanenza delle garanzie patrimoniali prestate).
Altro aspetto con possibili profili di criticità per l'operatore bancario, risulta essere la concessione in ipoteca di beni oggetto di vincolo di destinazione ex art. 2645-ter (laddove ne risultasse limitato l'effetto proprio della garanzia reale). Infatti, i beni oggetto di vincolo, non possono essere oggetto di espropriazione se non per debiti contratti per lo scopo di destinazione. Ciò potrebbe quindi legittimare la concessione di ipoteca a garanzia di tali ultimi debiti (ipoteca che darà quindi luogo ad un diritto di prelazione nell'espropriazione forzata), mentre risulterebbe preclusa la concessione in ipoteca di beni vincolati a garanzia di altri e ulteriori debiti. Tuttavia bisogna tenere presente che il proprietario del bene vincolato potrebbe, con il consenso di tutti i beneficiari e dell'eventuale fiduciante, estinguere anticipatamente detto vincolo di destinazione. Conseguentemente, si potrebbe rendere possibile - sempre con il consenso dei medesimi soggetti - anche la parziale deroga al suddetto vincolo, mediante concessione in ipoteca dei beni oggetto di tale vincolo di destinazione (come peraltro già effettuato per il fondo patrimoniale). Si ritiene infine che - alla luce del combinato disposto degli artt. 2644 c.c. e 2915 c.c. - qualora risulti l'iscrizione di ipoteca anteriormente al negozio di destinazione, i relativi beni non potranno quindi essere sottratti alla suddetta garanzia reale ritualmente perfezionata.
Le conseguenze della distrazione dei beni conferiti e dei loro frutti dal fine di destinazione
L'art. 2645-ter, comma 2, ultimo periodo stabilisce che «i beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo». Occorre dunque interrogarsi su come possano essere impiegati i beni conferiti e i loro frutti. Infatti, la realizzazione del fine di destinazione potrebbe anche richiedere l'alienazione di tali beni: si pensi al caso in cui il disponente trasferisca determinati beni ad un fiduciario affinché questi li amministri distribuendone i frutti civili ad un beneficiario, con previsione della facoltà di alienare i beni in caso di bisogno del beneficiario medesimo.
Il "fine di destinazione" potrebbe anche essere quello di consentire il semplice godimento dei beni vincolati da parte di uno o più beneficiari. Appare quindi chiaro che, quanto più ampi saranno i limiti del giudizio di meritevolezza di cui all'art. 1322, secondo comma, c.c., tanto maggiori saranno le finalità perseguibili dai privati attraverso gli atti di destinazione e conseguentemente maggiore potrà essere il rischio di un impiego fraudolento del nuovo istituto introdotto dall'articolo in commento.
Dal tenore della norma appare chiaro che il vincolo di destinazione risulta quindi esclusivo: il bene che sia, per esempio, vincolato ai bisogni della famiglia non potrà essere utilizzato, nel contempo, a fini imprenditoriali (si tratta di un riflesso della regola che subordina l'effetto di segregazione del patrimonio vincolato all'esistenza di interessi meritevoli di tutela, in presenza dei quali si giustifica infatti il sacrificio dell'interesse dei creditori, ai quali risulta preclusa su tali beni l'azione esecutiva).
Appare quindi opportuno chiedersi quali siano le possibili conseguenze della distrazione dei beni vincolati e dei loro frutti dalla realizzazione dello scopo di destinazione. Il disposto dell'ultimo periodo del secondo comma dell'art. 2645-ter c.c., induce a ritenere che il legislatore abbia posto un vero e proprio limite alla disponibilità dei beni vincolati da parte del disponente-proprietario o del fiduciario: limite che si traduce nella inalienabilità dei beni medesimi per scopi estranei al fine di destinazione. Di conseguenza, i potenziali acquirenti di diritti incompatibili con la finalità di destinazione, che abbiano trascritto il proprio acquisto successivamente alla trascrizione dell'atto di destinazione, non potranno fare salvo il proprio acquisto.
Tra l'altro, secondo quanto disposto dall'art. 2645-ter, per la realizzazione degli interessi, alla cui soddisfazione è finalizzato il vincolo di destinazione, «può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso». Pertanto, legittimati passivi dell'azione in parola potranno essere non solo il disponente o il fiduciario, ma anche tutti quei soggetti cui spetta l'amministrazione dei beni per la realizzazione del fine di destinazione.
Tutto ciò posto, ne risulta che la distrazione dei beni dal fine di destinazione, comporta quale immediata sanzione quella dello scioglimento del vincolo. Tuttavia detta sanzione potrebbe trovare una sua limitazione nell'applicazione concreta, tant'è che in tale eventualità gli stessi beneficiari che si trovassero ad agire nei confronti del disponente potrebbero rischiare di rimanere nella sostanza insoddisfatti. Infatti, in conseguenza dello scioglimento del vincolo, i predetti beneficiari che volessero aggredire i beni precedentemente vincolati, si vedrebbero costretti a sopportare il concorso degli altri creditori personali del disponente.
Si evidenzia che sarebbe stato forse più opportuno che il riconoscimento del negozio di destinazione, avesse formato oggetto di una più compiuta e dettagliata disciplina sostanziale. La definizione degli atti di destinazione è infatti formulata in termini così generali da lasciar prevedere molteplici questioni interpretative (tra l'altro la disposizione in esame, occupandosi appunto di trascrizione, richiama unicamente negozi di destinazione aventi ad oggetto immobili e mobili registrati). Sotto quest'ultimo profilo, sarà utile interrogarsi sulla questione della ammissibilità e validità di un negozio di destinazione avente ad oggetto beni di diversa natura (ovvero mobili non registrati, somme di denaro o titoli di credito). Tale problematica non risulta marginale in quanto, se esteso per esempio ad azioni o ad altri titoli (obbligazioni, titoli di stato, fondi di investimento) potrebbe consentire la "destinazione" di altri importanti patrimoni. A parere di chi scrive potrebbe essere una strada da valutare, studiandone le possibili applicazioni concrete, laddove si intendesse ulteriormente favorire le destinazioni patrimoniali così come introdotte dalla norma in commento.
Al riguardo si potrebbe ipotizzare un intervento in sede di futura modifica del testo che arrivi ad estendere la portata dell'art. 2645-ter c.c. anche ai beni mobili (così come peraltro già consentito per il fondo patrimoniale); ciò, non solo per rendere omogenee le tipologie di beni oggetto di segregazione, ma anche per dare maggiore certezza alla norma senza lasciarla così "aperta" a possibili interpretazioni in senso estensivo.
Altro aspetto che "stimolerà" gli interpreti, si ritiene essere il riferimento - assai ampio - alle svariate finalità meritevoli di tutela ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma. Posta la necessità di conciliare l'autonomia negoziale e la nozione di meritevolezza dell'interesse perseguito, con il principio della responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. (che, come noto, rende il debitore responsabile dell'adempimento delle sue obbligazioni con tutto il proprio patrimonio e che può subire limitazioni nei soli casi previsti dalla legge), anche per evitare una possibile utilizzazione strumentale - se non addirittura in frode alla legge - dell'istituto, sarebbe stato quindi più opportuno procedere ad una migliore individuazione della tipologia degli interessi oggetto di tutela. Stante infatti l'ampia formulazione utilizzata dal legislatore per individuare le finalità dell'atto di destinazione, si auspica che i Notai, quali soggetti deputati a redigere tali atti di destinazione, disciplinino in modo dettagliato ed univoco ogni aspetto afferente la destinazione dei beni oggetto del negozio di destinazione. Ciò, non solo per scongiurare possibili utilizzi fraudolenti dell'istituto in argomento, ma anche per dare certezza in ordine l'individuazione di tali beni e per rendere effettiva la "separazione patrimoniale" (altra preoccupazione, sarà poi quella di far si che il vincolo di destinazione dichiarato dal "conferente" sia poi effettivamente praticato e pienamente rispettato).
La sanzione dello scioglimento del vincolo di destinazione e la caducazione dell'effetto di separazione patrimoniale
Si sottolinea infine che laddove alla destinazione di un bene ad uno scopo corrisponda un effetto di separazione patrimoniale (con conseguente deroga al principio generale di cui all'art. 2740 c.c.), l'effettiva realizzazione dello scopo di destinazione si pone come unica condizione essenziale per giustificare la limitazione della garanzia generica dei creditori rappresentata dal patrimonio del proprio debitore. Qualora tale destinazione non venga effettivamente realizzata viene quindi a cadere il presupposto fondante la limitazione della responsabilità patrimoniale (tant'è che l'abuso della responsabilità limitata comporta - quale relativa sanzione - la perdita della limitazione della responsabilità). Infatti ogni limitazione legislativa del principio generale della responsabilità patrimoniale del debitore di cui all'art. 2740 c.c., costituisce il risultato di una valutazione comparativa di interessi contrapposti. Detta limitazione di responsabilità si giustifica infatti unicamente in funzione della tutela di interessi ritenuti preminenti rispetto a quelli dei creditori.
Quindi, anche nella fattispecie del vincolo di destinazione di cui all'art. 2645-ter c.c. il mancato rispetto del divieto normativo di impiegare i beni per fini estranei allo scopo di destinazione integra un abuso della limitazione di responsabilità accordata per il conseguimento di quello scopo. Pertanto, a tale violazione del principio di effettività della destinazione (che comporta, come detto, un abuso del beneficio della limitazione della responsabilità) dovrà corrispondere la sanzione dello scioglimento del vincolo di destinazione, con la conseguente perdita del beneficio anzidetto.
Appare tuttavia chiaro che la nuova disposizione in commento tenta di fare chiarezza su un tema che può interessare molte fattispecie, ed andrà quindi studiata ed analizzata a fondo per un suo più proficuo utilizzo; sembra fin d'ora comunque evidente ed innovativo l'utilizzo dell'istituto a favore di soggetti svantaggiati, in vista della formalizzazione di disposizioni "pro futuro" e per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela da parte di genitori, parenti, tutori o altri soggetti giuridici.
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