La categoria dell'atto negoziale di destinazione: vecchie e nuove prospettive
La categoria dell'atto negoziale di destinazione: vecchie e nuove prospettive
di Mirzia Bianca
Ordinario di diritto privato, Università "La Sapienza" di Roma

Alcune riflessioni preliminari di metodo

Il tema della destinazione dei beni ad uno scopo è oggetto di riflessioni da anni, anni in cui ancora non esisteva l'art. 2645-ter ma ci si interrogava sulle coordinate che dovrebbe avere un vincolo di destinazione con effetto di separazione, individuando tali coordinate nella pubblicità del vincolo e nella realizzazione di un interesse meritevole, meritevolezza che già allora veniva intesa come soglia di rilevanza della destinazione con effetto di separazione patrimoniale [nota 1].

Venendo al tema e all'art. 2645-ter, vorrei fare una premessa di metodo. Credo che compito primario del giurista, in presenza di una norma, sia quello di cercare di interpretarla e di cercare di attribuirle il significato conforme al fondamento e coerente al sistema. Proprio in questa direzione occorre muovere dall'interrogativo di fondo dell'analisi giuridica: a) quali regole si applicano b) a chi le si applica c) e in presenza di quali presupposti [nota 2]. Aggiungo che questo interrogativo si pone a maggior ragione quando la lettura di una norma solleva argomentazioni critiche, dubbi, incertezze, perché è proprio in queste situazioni che il corretto metodo interpretativo si rivela strumento fecondo.

Il cuore del problema: il giudizio di meritevolezza

Vorrei partire da quello che viene ritenuto il cuore del problema: il riferimento che l'art. 2645-ter fa agli interessi meritevoli di tutela. Con la medesima impostazione di metodo occorre interpretare il significato di questa meritevolezza, guardando alla ratio dell'istituto della destinazione e alla logica complessiva del sistema. Se la meritevolezza viene valutata solo con riferimento a categorie seriali di interessi, inevitabilmente si procede ad un'interpretazione parziale della stessa che non corrisponde al significato reale di questo principio, principio che si pone come ago della bilancia che compone in senso orizzontale una serie di interessi contrapposti: gli interessi del soggetto destinante, gli interessi dei beneficiari, gli interessi dei creditori generali, gli interessi dei creditori della destinazione, nonché gli interessi di altri terzi coinvolti nell'operazione. Occorre poi scrollarci di dosso le ansie e le paure, cercando di valutare in concreto cosa c'è dietro la formula, cercando di evitare che il pericolo di un giudizio di immeritevolezza si traduca esso stesso in criterio interpretativo. Uno dei piani in cui si è soffermato il dibattito sul giudizio di meritevolezza [nota 3] ha visto emergere due diverse prospettive: 1) una prima prospettiva che, posto l'accento critico sulla vaghezza della formula, rileva la connotazione negativa dell'utilizzo della stessa, ritenuta idonea a creare incertezze in ordine all'apertura ex post di contenziosi che aumenterebbero, per esempio i costi del sistema creditizio [nota 4]. Si è fatto riferimento alle altre discipline tipiche della destinazione, in cui è assente il giudizio di meritevolezza (fondo patrimoniale, patrimoni societari destinati ad uno specifico affare). Al riguardo deve sottolinearsi che la meritevolezza, da intendersi come soglia di rilevanza dell'interesse destinatorio, non è assente in quelle discipline ma si è tradotta nella selezione degli interessi destinatori operata a monte dal legislatore [nota 5]. Ciò anche in ragione della sopravvivenza del principio della responsabilità patrimoniale e della sua portata costituzionale [nota 6]. La prospettiva che assegna alla meritevolezza un giudizio di inutilità e dannosità, prospettando la migliore soluzione del mancato riferimento alla stessa, raggiunge inevitabilmente il risultato dell'appiattimento del giudizio di meritevolezza nel giudizio di liceità. A questa soluzione giunge chi considera il giudizio di meritevolezza dell'art. 2645-ter alla stregua del giudizio di liceità [nota 7], secondo l'interpretazione del secondo comma dell'art. 1322, 2° comma, del codice civile, in cui la meritevolezza viene considerata un inutile doppione del giudizio di liceità. In realtà questa interpretazione del giudizio di meritevolezza ha un fondamento ideologico di natura liberale che nasce dall'esigenza di superare le originarie interpretazioni di tale giudizio quale vincolo alla libera esplicazione dell'autonomia privata e che proprio in ragione di tale genesi ideologica va inserita in un dibattito che appare ormai esaurito [nota 8]. Devono infatti essere segnalati gli importanti contributi dottrinali e giurisprudenziali che, proprio in materia di contratto, hanno cercato di superare gli angusti limiti ideologici del dibattito, cercando di ridare autonomia al giudizio di meritevolezza rispetto a quello di liceità, o considerando la meritevolezza quale soglia di rilevanza del regolamento pattizio [nota 9], o reinterpretando il canone di utilità sociale [nota 10] attraverso il principio di solidarietà contrattuale [nota 11]. In questo senso, almeno in parte, si sdrammatizza il rinvio che l'art. 2645-ter fa all'art. 1322, 2° comma del codice civile. In quanto anche la meritevolezza dell'atto di destinazione, come la meritevolezza prevista per i contratti atipici [nota 12], non si risolve nel giudizio di liceità, ma esprime un giudizio che pone il necessario bilanciamento di interessi. Inoltre, con riferimento alla fattispecie disciplinata dall'art. 2645-ter deve sottolinearsi che l'appiattimento del giudizio di meritevolezza in quello di liceità produce due risultati: a) un risultato che contrasta con il sistema, per cui ogni interesse lecito, anche se futile, giustifica il sacrificio del ceto creditorio b) non si elimina l'incertezza. Al riguardo deve sottolinearsi che il giudizio di nullità dell'atto è reso oggi più incerto dalle tante applicazioni della nullità virtuale che moltiplicano le ipotesi di possibile caducità dell'atto. L'incertezza è poi enfatizzata dalla progressiva estensione dei confini dell'ordine pubblico [nota 13]. A parte l'incertezza, credo che l'equiparazione tra giudizio di meritevolezza e quello di liceità mal si attagli ad un atto di destinazione che produce conseguenze anche nei confronti dei terzi [nota 14], attraverso il regime di opponibilità. Tali valutazioni acquistano un significato ancora più pregnante ove si consideri che le nuove riflessioni dottrinali in tema di giudizio di meritevolezza del contratto tendono ad individuare in tale giudizio uno strumento «di valutazione in concreto dell'equilibrio delle posizioni contrattuali» [nota 15] e di generale strumento di composizione in senso orizzontale dei vari interessi coinvolti nel paradigma contrattuale [nota 16], valutazioni che partono dalla constatazione di fondo della complessità del regolamento pattizio e della confluenza nello stesso di interessi compositi che non sono solo quelli delle parti. 2) La seconda prospettiva è quella di cercare di concretizzare la formula: di procedere ad una tipizzazione degli interessi meritevoli di tutela. Peraltro questa mi sembra la prospettiva che si pone più in linea con il titolo di questa giornata di studio: «i negozi di destinazione nei principali settori dell'attività notarile» e con le varie relazioni svolte. Questa prospettiva di tipizzazione, peraltro usualmente praticata in presenza di fenomeni diversi, penso alla tipizzazione delle clausole abusive operata dalla prassi e antecedente alla formulazione normativa della disciplina sui contratti stipulati tra professionista e consumatore, mira a due obiettivi: a) dare certezza agli operatori professonali, al Notaio, rendendo questo strumento immediatamente operativo b) procedere alla individuazione di specifici settori di applicazione di questo strumento, attraverso un'operazione che appare nel concreto più semplice rispetto al giudizio di liceità. L'individuazione degli interessi meritevoli di tutela è operazione sistematica che individua nelle norme già presenti nel sistema i modelli di meritevolezza [nota 17]. Mi riferisco non solo alla costellazione delle norme sulla destinazione del patrimonio ma anche alle altre norme che selezionano in modo chiaro ed esplicito gli interessi socialmente rilevanti, per esempio la legge sull'impresa sociale [nota 18], gli interessi costituzionalmente rilevanti, nonché la giurisprudenza della Corte Costituzionale sul giudizio di meritevolezza parametrato sulla base dei valori costituzionali. Questa prospettiva mi sembra tra l'altro la più coerente al sistema e alla ratio della norma. Più coerente al sistema in quanto è chiaro che non qualsiasi interesse futile, anche se formalmente lecito può giustificare una limitazione del principio di responsabilità patrimoniale. Più coerente alla ratio della norma, in quanto l'esigenza di tipizzare emerge anche dal riferimento del legislatore ad interessi definiti e sicuramente meritevoli di tutela quale gli interessi dei disabili [nota 19]. Una volta delineati sicuri settori di operatività di questo strumento spariscono anche le ansie legate all'apertura di un contenzioso destinato a durare per anni. L'interesse meritevole è quello dichiarato nell'atto e se questo risponde ad interessi codificati dal sistema è difficile immaginare un futuro giudizio di immeritevolezza, giudizio che si ferma alla dichiarazione e non consiste certamente in un'indagine sul fatto. Certo l'interesse deve essere chiaramente espresso nell'atto e deve essere indicata la congruità dei mezzi rispetto alla destinazione espressa, congruità che esprime essa stessa una componente importante della meritevolezza [nota 20]. Inoltre altra componente importante della meritevolezza è la specificità dello scopo [nota 21]. Tali requisiti appaiono indispensabili anche ove si voglia valutare il profilo della effettività della destinazione [nota 22] e il momento della cessazione della destinazione, per esempio per impossibilità di realizzare lo scopo indicato nell'atto [nota 23]. Il Notaio deve assicurarsi che lo scopo della destinazione sia espresso, in quanto deve ritenersi immeritevole anche una destinazione fine a se stessa che non esprima lo scopo del destinante. Chiaramente qualora l'atto sia in frode ai creditori, si applicherà l'azione revocatoria. Qualora sia in frode ai terzi, si applicheranno di volta in volta gli strumenti offerti dall'ordinamento: l'azione di riduzione in caso di lesione della legittima, il negozio in frode alla legge. Ma queste eventualità sanzionano l'abuso dello strumento ma non ne compromettono l'intrinseca operatività. Deve anzi rilevarsi che l'esistenza di questi strumenti è connaturata all'essenza stessa dell'atto di autonomia privata e della libertà che attraverso tale atto l'ordinamento concede ai privati. La considerazione dell'atto di destinazione quale espressione dell'autonomia privata conduce a ritenere che la possibilità dell'utilizzazione abusiva di tale strumento non può comprometterne l'uso, ragionamento che si pone in generale per tutte le espressioni della libera autonomia privata [nota 24].

Deve poi rilevarsi che chi ritiene che il giudizio di meritevolezza riguardi non l'atto, ma l'effetto di separazione [nota 25], con riguardo al delicato profilo della responsabilità del Notaio per aver rogato un atto poi ritenuto immeritevole, accogliendo quella tesi, l'atto immeritevole non sarebbe nullo ma sarebbe improduttivo dell'effetto di separazione patrimoniale. Con la conseguenza che non si applicherebbe l'art. 28 [nota 26].

In sintesi mi sembra di poter concludere che la meritevolezza dell'art. 2645-ter si colloca su un piano qualitativamente diverso rispetto alla liceità, esprimendo la specificità dei valori socialmente rilevanti propri di un sistema giuridico ed è parametro che compone l'equilibrio tra interesse destinatorio e interesse dei terzi.

Problema della pretesa assenza di disciplina

Alcune considerazioni sull'assenza di disciplina. L'art. 2645-ter è, come ho più volte ripetuto, un frammento di disciplina [nota 27]. Ma direi che gli elementi minimi e rilevanti della disciplina dell'atto di destinazione ci sono e sono: 1) la separazione del patrimonio destinato 2) la legittimazione di chi ha destinato il bene o i beni e di qualsiasi interessato ad agire per la realizzazione dello scopo [nota 28]. Questi sono gli elementi di disciplina minimi e imprescindibili dell'atto di destinazione. La ragione per cui manca una disciplina della gestione è che la destinazione non sempre implica un fenomeno gestorio, né un'attribuzione a terzi dei beni destinati, come emerge nelle prime formulazioni della teoria dei patrimoni destinati ad opera della pandettistica [nota 29]. Nulla vieta alle parti di prevedere la stipulazione di un contratto di rendita vitalizia, di un mandato ad amministrare che non comporta il conferimento del complesso di facoltà spettanti al titolare. Le parti possono inoltre inserire nell'atto le clausole che ritengono più idonee a realizzare gli interessi emergenti della fattispecie concreta [nota 30]. Ma tutto questo è un vantaggio dell'essere questo uno strumento di autonomia privata che non è ingabbiato in schematizzate regole procedurali che sono proprie di singoli istituti. Quanto all'assenza di rimedi, i rimedi sono immanenti al sistema. La trasversalità o polivalenza strutturale è elemento fisiologico dei rimedi che sono strumenti non di diritto sostanziale, che formalizzano un comportamento tipico della vita di relazione, ma strumenti diretti alla tutela di un interesse [nota 31]. In questo senso deve dirsi che non ci sono rimedi propri dell'atto di destinazione, così come non ci sono i rimedi del fondo patrimoniale, ma la situazione concreta di tutela prospetta l'applicazione del rimedio specifico il quale può essere attinto da altre figure che prospettano la medesima situazione.

Conclusioni

Alcune riflessioni conclusive: il successo o l'insuccesso non risiede negli elementi che sono emersi: uno strumento deve essere fiscalmente attrattivo e a bassi costi. Quanto alla disciplina fiscale [nota 32], occorre dare una corretta interpretazione dell'art. 6 del decreto n. 262, che non ne paralizzi in partenza l'operatività, problema che peraltro si pone in generale per tutti i vincoli di destinazione. Forse potrebbe accogliersi l'opinione di chi considera soggetti a tale disposizione i soli vincoli attributivi della proprietà [nota 33]. Dal punto di vista dei costi e una volta che si è proceduto ad una puntuale tipizzazione degli interessi meritevoli di tutela, l'atto di destinazione in quanto prodotto italiano, avrà bisogno solo di un soggetto, di un patrimonio e di un Notaio. Spariscono i costi legati a consulenze e corsi di formazione professionali che sono necessari quando lo strumento non è conosciuto a tutti ed è legato ad ordinamenti a noi sconosciuti. Occorre solo un po' di coraggio nella consapevolezza che questo strumento, se correttamente applicato, può arricchire il sistema, consentendo la protezione di interessi che, anche se di grande rilevanza, non trovano oggi un'adeguata protezione. Inoltre tale strumento arricchisce la funzione e il ruolo del Notaio e la non fungibilità dello stesso [nota 34].


[nota 1] Cfr. M. BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996, p. 215 e nota 83: «in linea generale può ritenersi che la pubblicità del vincolo insieme alla realizzazione di un interesse meritevole (In nota 83, si sottolineava che «la meritevolezza esprime la rilevanza del vincolo di destinazione») rappresentano gli elementi imprescindibili affinché una destinazione possa incidere sulla posizione dei terzi, siano essi creditori o acquirenti dei beni destinati».

[nota 2] Rinvio qui alla premessa metodologica contenuta nella relazione di P. SPADA, «Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta », in questo volume.

[nota 3] Per una sintesi completa dei vari piani in cui si è svolto questo dibattito, si rinvia a A. FUSARO, «Le posizioni dell'accademia nei primi commenti dell'art. 2645-ter», in questo volume.

[nota 4] Per queste riflessioni, v. A. ZOPPINI, «Prime (e provvisorie) considerazioni sulla nuova fattispecie», contributo a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell'Università di Roma "La Sapienza", i cui atti sono in via di pubblicazione in un volume edito dalla casa editrice Giuffré.

[nota 5] Sul bilanciamento tra interesse generale alla tutela del credito e interessi della destinazione quale procedimento attuato già con riferimento alle discipline tipiche di destinazione, si rinvia alle riflessioni di M. NUZZO, «Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela», relazione a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit:, « … nelle ipotesi classiche precedenti all'entrata in vigore dell'art. 2645-ter c.c., infatti, è la rilevanza dello scopo che nella valutazione comparativa del legislatore giustifica una compressione degli interessi dei creditori; compressione, com'è ovvio, non assoluta, perché - come è stato rilevato - i creditori dispongono di strumenti di protezione rispetto ai meccanismi in frode dei loro interessi (tipicamente, l'esercizio dell'azione revocatoria e l'azione di riduzione, che può esercitarsi anche rispetto agli atti di destinazione)». Analogamente v. M. BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, cit., p. 243: « … la tutela delle ragioni creditorie non perde tuttavia il valore di principio fondamentale del sistema come strumento di garanzia della sicurezza dei rapporti giuridici che può cedere solo per la necessità di realizzare interessi di grado superiore».

[nota 6] Al riguardo rimane sempre attuale l'osservazione di Rosario Nicolo', il quale rilevava che l'esistenza del principio di responsabilità patrimoniale è indice della giuridicità del rapporto: R. NICOLò, Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione della garanzia patrimoniale, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1960, p. 11 e ss. Tale rilievo è presente nella giurisprudenza della Corte Costituzionale. V. F. ROSELLI, Responsabilità patrimoniale. I mezzi di conservazione, in Tratt. di diritto privato diretto da M. Bessone, vol. IX, t. III, Torino, 2005, p. 8, nt. 30, il quale riporta al riguardo la motivazione di una decisione della Corte Costituzionale 15 luglio 1992, n. 329: « … il diritto soggettivo di obbligazione … è svuotato … se lo si privi dell'elemento della responsabilità patrimoniale del debitore … che ne è una componente essenziale».

In generale sul fondamento costituzionale del principio di responsabilità patrimoniale, v. R. QUADRI, La destinazione patrimoniale, Napoli, 2004, p. 331; M. BIANCA, «Atto negoziale di destinazione e separazione», testo della relazione tenuta al Convegno "I patrimoni separati tra tradizione e innovazione", organizzato dalla Fondazione Cesifin Alberto Predieri, avuto luogo a Firenze, sotto la presidenza dei professori Paolo Grossi e Giuseppe Vettori, il 28 ottobre 2005, i cui atti sono in via di pubblicazione con la case editrice Giappichelli. Il testo della relazione sta per essere pubblicato sulla Rivista di diritto civile.

[nota 7] V. G. VETTORI, «Atto di destinazione e trascrizione. L'art. 2645-ter», relazione a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.

[nota 8] I protagonisti di due opposte concezioni dell'autonomia privata sono Emilio Betti e Gino Gorla. Il primo, sulla base delle concezioni corporativistiche del tempo esprimeva l'esigenza che la causa del contratto fosse non solo illecita ma anche «socialmente utile»: E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, ristampa corretta della II edizione, Napoli, 1994, p. 171: « … contenuto del negozio è non già una volontà qualunque, vuota e incolore, espressione del capriccio individuale ma un precetto dell'autonomia privata, con cui le parti provvedono a regolare propri interessi nei rapporti tra loro o con i terzi, in vista di scopi pratici di carattere tipico, socialmente valutabili per la loro costanza e normalità ricorrente nella vita di relazione». In contrapposizione a questa prospettiva, si esprimeva Gino Gorla, il quale rilevava la possibilità che qualsiasi interesse, purchè non illecito dovesse considerarsi meritevole di tutela: G. GORLA, Il contratto, Milano, 1955, p. 199. La tesi di Gorla ha trovato accoglimento in dottrina: G.B. FERRI, «Meritevolezza dell'interesse e utilità sociale», in Riv. dir. comm., 1976 e ora in Saggi di diritto civile, Rimini, 1996, p. 423; ID., «Ancora in tema di meritevolezza dell'interesse», in Riv. dir. comm., 1979 e ora in Saggi di diritto civile, cit., p. 414. Per ulteriori riferimenti dottrinali si rinvia alla compiuta rassegna di F. DI MARZIO, Il contratto immeritevole nell'epoca del postmoderno, in Illiceità, immeritevolezza, nullità, a cura di F. Di Marzio, Napoli, 2004, p. 119 e ss.

[nota 9] V. F. GAZZONI, «Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi», in Riv. dir. civ., 1978, I, p. 52 e ss., spec. 62: « … il giudizio circa la meritevolezza dell'interesse appare qualitativamente diverso rispetto a quello di liceità. Mentre quest'ultimo ha la funzione di salvaguardare l'ordinamento giuridico dalla presenza di accordi impegnativi i cui contenuti siano in contrasto con i propri canoni regolamentari, al fine di eliminare un'evidente contraddizione … l'altro giudizio (quello di meritevolezza) ha diversa portata non incentrandosi nella difesa dei principi fondamentali dell'ordinamento, ma piuttosto nella valutazione dell'idoneità dello strumento elaborato dai privati ad assurgere a modello giuridico di regolamentazione degli interessi».

[nota 10] V. M. NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1974.

[nota 11] Cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile 3. Il contratto, ristampa della 2° ed., Milano, 2004, p. 459: «il giudizio di meritevolezza dell'interesse non può prescindere dalla scelta costituzionale nel senso che l'iniziativa privata è libera e non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (art. 41). Questi due principi escludono il ritorno all'antica concezione liberale del contratto, e indicano che la causa dev'essere quanto meno compatibile con l'utile sociale. La causa, cioè, non può reputarsi meritevole di tutela quando l'interesse perseguito non risulta conforme alle esigenze della comunità rilevanti secondo i parametri costituzionali». In giurisprudenza, v. Cass., 24 settembre 1999, n. 10511, in Contratti, 2000, p. 118 e ss., con nota di G. BONILINI, decisione che affermando il potere del giudice di riduzione della penale, ha sottolineato che « … questo controllo, nel richiamato contesto di intervenuta costituzionalizzazione dei rapporti di diritto privato, non può ora non implicare anche un bilanciamento di 'valori', di pari rilevanza costituzionale, stante la riconosciuta confluenza nel rapporto negoziale accanto al valore costituzionale della iniziativa economica privata (sub art. 41) - che appunto si esprime attraverso lo strumento contrattuale - di un concorrente 'dovere di solidarietà' nei rapporti intersoggettivi (art. 2 Cost.)»; riafferma il principio del possibile potere del giudice di riduzione della penale, Cass. S.U. 13 settembre 2005, n. 18128, in cui si fa uno specifico rinvio alla meritevolezza: « … il potere di controllo appare attribuito al giudice non nell'interesse della parte ma nell'interesse dell'ordinamento, per evitare che l'autonomia contrattuale travalichi i limiti entro i quali la tutela delle posizioni soggettive delle parti appare meritevole di tutela, anche se ciò non toglie che l'interesse della parte venga alla fine tutelato, ma solo come aspetto riflesso della funzione primaria cui assolve la norma».

[nota 12] Su questo punto v. le sempre acute riflessioni di A. FALZEA, «Riflessioni preliminari» a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.: « … il problema che si pone subito è se il requisito della meritevolezza coincide con il giudizio di meritevolezza previsto dall'art. 1322 c.c. Se, cioè, la natura ed il contenuto del requisito di meritevolezza richiesto per l'atto di destinazione allo scopo coincida con il requisito di meritevolezza richiesto dal codice civile per il riconoscimento giuridico di nuovi tipi contrattuali rispetto a quelli previsti dalla legge o sia di natura diversa: una meritevolezza, cioè, qualificata da una maggiore intensità. Il quesito è importante per la determinazione dei compiti a carico del Notaio rogante nel ricevimento dell'atto di destinazione allo scopo prospettato dal richiedente. A me appare ragionevole ritenere che il requisito della meritevolezza dell'atto di destinazione allo scopo non sia diverso dal requisito richiesto per qualsiasi contratto atipico e debba essere trattato allo stesso modo, rivestendo importanza, dato il richiamo espresso del testo legislativo, che l'atto di destinazione allo scopo, anche quando assume la veste contrattuale, rappresenta di per sé un tipo legale. è la genericità della previsione legislativa dello scopo, accompagnata dalla prescrizione della meritevolezza, a rendere uniforme il requisito».

[nota 13] Sul progressivo allargamento del concetto di illiceità e sulla moltiplicazione delle ipotesi di nullità che superano l'originaria concezione di tale rimedio come sanzione che colpisce la fattispecie contrattuale, v. V. SCALISI, «Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti», in Europa e diritto privato, 2001, p. 489 e ss.; N. LIPARI, «Il ruolo del Notaio nelle nuove realtà delle nullità contrattuali», in Riv. trim. dir. e proc. civ. 2002, p. 361 e ss.; M. RABITTI, Contratto illecito e norma penale. Contributo allo studio della nullità, Milano, 2000, spec. p. 115 e ss.; G. PASSAGNOLI, Nullità speciali, Milano, 1995.

[nota 14] Per queste riflessioni v. G. BARALIS, « Prime riflessioni in tema di art. 2645-ter c.c.», in questo volume.

[nota 15] Così testualmente N. LIPARI, «Il ruolo del Notaio nelle nuove realtà delle nullità contrattuali», cit., p. 367.

[nota 16] Si rinvia a F. DI MARZIO, Il contratto immeritevole nell'epoca del postmoderno, cit., p. 140 e ss.

[nota 17] V. M. NUZZO, «Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela», relazione a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.

[nota 18] Rinvio alla relazione di P. SPADA, «Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta», in questo volume.

[nota 19] Rinvio alla relazione a questo Convegno di A. DE DONATO, «Gli interessi riferibili a soggetti socialmente vulnerabili», in questo volume.

[nota 20] V. G. DE NOVA, «Atti notarili di destinazione dei beni: articolo 2645-ter c.c.», relazione alla giornata di studio organizzata dal Consiglio Notarile di Milano il 19 giugno 2006, consultabile sulla pagina www.scuoladinotariatodellalombardia.org/relazioni.htm del sito della Scuola di Notariato della Lombardia; M. BIANCA, «Atti di destinazione e attuazione del vincolo», relazione a "Le nuove forme di organizzazione del patrimonio (dal trust agli "atti di destinazione")", Convegno tenutosi a Roma i giorni 28 e 29 settembre 2006 presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Per una valutazione della meritevolezza quale «adeguatezza dell'organizzazione della destinazione in vista della realizzazione di un interesse lecito», quindi, se ho bene colto il pensiero dell'A. in senso non esclusivamente economico, come invece il concetto di congruità, v. E. SCADUTO, «Gli interessi meritevoli di tutela: "autonomia privata della opportunità" e "autonomia privata della solidarietà"», in questo volume.

[nota 21] V. A. FALZEA, «Riflessioni preliminari» a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.: « … è la genericità della previsione legislativa dello scopo, accompagnata dalla prescrizione della meritevolezza, a rendere uniforme il requisito. La prescrizione del quale comporta la necessità della specificazione dello scopo come condizione essenziale per la stipula dell'atto di destinazione: quindi la mancata specificazione comporta la irricevibilità notarile del testo che gli venga sottoposto».

[nota 22] Su questo concetto, prima dell'introduzione dell'art. 2645-ter, v. C. CACCAVALE, «Strumenti attuali di diritto positivo, in «Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative», atti della giornata di studio organizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato, Roma - Palazzo Santacroce, 19 giugno 2003, in Quaderni romani di diritto commerciale a cura di di B. Libonati e P. Ferro-Luzzi, Milano, 2003, p. 43, effettività della destinazione che nel pensiero dell'A. caratterizza le varie ipotesi di destinazione anche diverse dalla destinazione dei beni ad uno scopo e che viene qualificata quale «momento fattuale della destinazione»; sull'effettività della destinazione quale elemento che si accompagna al giudizio di meritevolezza nell'art. 2645-ter, v. M. MALTONI, «Il problema dell'effettività della destinazione», in questo volume.

[nota 23] V. M. BIANCA, «L'atto di destinazione: problemi applicativi», relazione alla giornata di studio organizzata dal Consiglio Notarile di Milano il 19 giugno 2006, consultabile sulla pagina www.scuoladinotariatodellalombardia.org/relazioni.htm del sito della Scuola di Notariato della Lombardia, in via di pubblicazione sulla Rivista del Notariato.

[nota 24] Con riferimento al ius variandi, v. P. SIRENA, «La clausola sul ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge Bersani», relazione al Convegno tenutosi a Siena il giorno 20 ottobre 2006 presso la Facoltà di scienze politiche: "La tutela del consumatore «nell'attività bancaria»": « … se mi è consentito di insistere sul punto, credo però si debba rimarcare che il rischio dell'abuso di un istituto giuridico non è una ragione per negarne l'ammissibilità in linea di principio, come troppe volte capita. Il privato può abusare del ius variandi esattamente come può abusare del diritto di recesso, ovvero in definitiva del contratto stesso, secondo quanto mostra la previsione legislativa di "frode alla legge" che è contenuta nell'art. 1343 c.c.: ma ciò è conaturato all'essenza di libertà che è propria appunto dell'autonomia negoziale dei privati e che costituisce la radice più profonda del diritto privato stesso. Per quanto suoni un po' scontata, è quindi profondamente vera la sentenza secondo cui abusus non tollit usum, fermo restando che, com'è ovvio, occorre prevenire e disciplinare l'abusus».

[nota 25] Pe questa tesi si rinvia a M. NUZZO, «Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela», relazione a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.

[nota 26] M. NUZZO, «Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela», relazione a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.

[nota 27] Ho utilizzato questa espressione in più di un'occasione: M. BIANCA, «Novità e continuità dell'atto negoziale di destinazione», relazione a "La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione. L'art. 2645-ter del codice civile", Tavola Rotonda tenutasi a Roma, il giorno 17 marzo 2006, cit.; ID., «L'atto di destinazione: problemi applicativi», relazione alla giornata di studio organizzata dal Consiglio Notarile di Milano il 19 giugno 2006, cit.

[nota 28] Rinvio alla relazione di P. SPADA, «Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta», in questo volume.

[nota 29] Per una lucida analisi del pensiero di Bekker, rinvio alla già citata relazione di P. SPADA cit., in questo volume.

[nota 30] Rinvio alla relazione a questo Convegno di C. PRIORE, «Redazione dell'atto di destinazione: struttura, elementi e clausole», in questo volume.

[nota 31] M. BIANCA, «Atti di destinazione e attuazione del vincolo», relazione a "Le nuove forme di organizzazione del patrimonio (dal trust agli "atti di destinazione")", Convegno tenutosi a Roma i giorni 28 e 29 settembre 2006, cit. In quel contesto questo pensiero si fondava sulle riflessioni sempre attuali di M. GIORGIANNI, «Tutela del creditore e tutela "reale"», saggio apparso sulla Rivista trimestrale di diritto e procedura civile del 1975, p. 853 e ss. e ora in Scritti minori, Napoli, 1988, p. 829.

[nota 32] Rinvio alle relazioni dedicate al profilo fiscale di F. FORMICA, P. LAROMA JEZZI e D. STEVANATO, in questo volume.

[nota 33] Per questa impostazione, rinvio alla relazione di F. FORMICA, «I negozi di destinazione e l'imposizione indiretta», in questo volume.

[nota 34] Rinvio qui alle parole introduttive di F.M. ATTAGUILE, (in Introduzione).

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