La fondazione di partecipazione, le fondazioni tradizionali, le fondazioni di origine bancaria e le associazioni: elementi distintivi
La fondazione di partecipazione, le fondazioni tradizionali, le fondazioni di origine bancaria e le associazioni: elementi distintivi
di Francesco Florian
Docente in legislazione dei beni culturali, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Nell'accingermi a delineare gli elementi distintivi tra fondazione di partecipazione, fondazioni tradizionali, fondazioni di origine bancaria e associazioni seguirò una impostazione assolutamente "pratico-statutaria", a costo di apparire a tratti empirico, volta a sottolineare alcuni profili che attengono alla dinamica che presiede la stesura di statuti e, conseguentemente, di atti. Tutto ciò nella speranza di offrire utili spunti e strumenti per il soddisfacimento dei desiderata delle parti contraenti.
Le norme dettate dal codice civile in tema di associazioni e fondazioni (capo II, titolo II del libro I) costituiscono il primo ed indispensabile riferimento nella redazione degli statuti e degli atti costitutivi. Questo, almeno, ad un primo approccio e nelle intenzioni del legislatore del 1942. Da un lato il fattore tempo, legato allo sviluppo del tessuto sociale ed economico in uno con l'affermazione progressiva di valori costituzionali, e, dall'altro, la conseguente legislazione speciale, hanno infatti eroso il valore esclusivo e dirimente delle norme del codice civile.
Questo complesso di circostanze, atti e normative rende la redazione dello statuto, da cui in via deduttiva scaturirà l'atto costitutivo, una operazione complessa, ove devono essere tenuti di riferimento almeno tre profili:
- obbiettivo dell'ente che si va a costituire, determinato non solo nel genus ma anche nella species;
- norme dettate per il genus (associazione/comitato/fondazione) e norme dettate per la species (culturale/assistenziale/di ricerca/volontariato/promozione sociale ecc.);
- architettura anche filologicamente coerente con lo strumento scelto, garanzia prima di esatto inquadramento civilistico e fiscale.
è da quest'ultimo aspetto che conviene iniziare onde cercare di tracciare una serie paradigmi che possano essere d'ausilio per la definizione degli impianti statutari degli istituti generali, su cui di volta in volta dovranno essere inserite le previsioni dettate per la specifica caratterizzazione voluta dalle parti. Conviene analizzare partitamente gli elementi caratterizzanti e distintivi degli istituti oggetto di queste brevi note, per poi cercare di individuare dei denominatori comuni.
La fondazione di partecipazione è, come è stato magistralmente affermato, una fondazione: essa, quindi, accede allo schema genetico tipico della fondazione quale patrimonio amministrato destinato ad uno scopo. La circostanza che, successivamente, vi siano altre adesioni e che i soggetti aderenti possano anche trovare rappresentanza negli organi d'indirizzo ovvero amministrazione non ne muta la natura.
Se così è (come è), occorre sottolineare come gli articoli relativi all'assetto patrimoniale dell'ente debbano riflettere tale considerazione; e così pure quelle norme statutarie che disciplinano l'amministrazione.
In concreto, sotto il primo profilo, è bene distinguere tra fondo di dotazione in senso stretto (il quale, giova ribadirlo, rappresenta in qualche misura la fondazione) patrimonio a rendita e "cassa".
La previsione potrebbe essere così concepita:
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PATRIMONIO
Il patrimonio della Fondazione è composto:
- dal fondo di dotazione costituito dai conferimenti in denaro o beni mobili e immobili, o altre utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi, effettuati dai Fondatori o da altri partecipanti;
- dai beni mobili e immobili che pervengano o perverranno a qualsiasi titolo alla Fondazione, compresi quelli dalla stessa acquistati secondo le norme del presente Statuto;
- dalle elargizioni fatte da enti o da privati con espressa destinazione a incremento del patrimonio;
- dalla parte di rendite non utilizzata che, con delibera del Consiglio d'Indirizzo, può essere destinata a incrementare il patrimonio;
- da contributi attribuiti al patrimonio dall'Unione europea, dallo Stato, da enti territoriali o da altri enti pubblici.
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FONDO DI GESTIONE
Il Fondo di Gestione della Fondazione è costituito:
- dalle rendite e dai proventi derivanti dal patrimonio e dalle attività della Fondazione medesima;
- da eventuali donazioni o disposizioni testamentarie, che non siano espressamente destinate al fondo di dotazione;
- da eventuali altri contributi attribuiti dallo Stato, da enti territoriali o da altri enti pubblici;
- dai contributi in qualsiasi forma concessi da Partecipanti Istituzionali, da Partecipanti e da Partecipanti Onorari o da terzi;
- dai ricavi delle attività istituzionali, accessorie, strumentali e connesse.
Le rendite e le risorse della Fondazione saranno impiegate per il funzionamento della Fondazione stessa e per la realizzazione dei suoi scopi.
è su questo impianto che si innesta il profilo per così dire soggettivo dell'ente: la compagine amministrativa e d'indirizzo.
Si è detto che la fondazione è un atto di destinazione di un patrimonio ad uno scopo e questo anche nel caso delle fondazioni di partecipazione. Tale caratteristica "partecipativa" potrà rendere inopportuno gestire gli equilibri tra i vari soggetti coinvolti come pure le funzioni in seno ad un unico consiglio d'amministrazione strettamente inteso (tanto più che esso dovrebbe essere ampio, in funzione di una eventuale larga adesione). Questo non vuole dire, però, che si debba coerentemente prevedere all'interno dello statuto una Assemblea dei Fondatori ovvero Generale, cui affidare funzioni d'indirizzo e strategiche. Si badi: l'introduzione di un tale organo non è certamente illegittima in quanto non è vietata.
Il punto è un altro. L'introduzione dell'assemblea, tipica nomenclatura di enti di tipo associativo, può far sfumare quell'esatto inquadramento civilistico e fiscale della fondazione di partecipazione. Sotto il primo profilo, si rischia di esporre l'ente a pretese di rappresentanza diretta di soggetti aderenti nell'assemblea (salvo statutariamente esplicitare che così non è - ed allora il termine assemblea non è il più indicato - ovvero che è assemblea ma "di capitale" e con sbarramenti all'ingresso ecc.); sotto l'aspetto fiscale, l'ente di tipo associativo, se desidera godere di agevolazioni, deve essere democratico: prevedere un'assemblea in una fondazione può far sorgere il legittimo dubbio di trovarsi fiscalmente innanzi ad un "tipo associativo", a fronte di una non democraticità dell'ente che lo farebbe decadere da tutte le agevolazioni passate e future.
Meglio allora coerentemente rifarsi ad un "tradizionale" Consiglio il quale potrà essere d'Indirizzo ovvero Generale.
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CONSIGLIO D'INDIRIZZO
Il Consiglio d'Indirizzo è composto da un numero variabile di membri fino ad un massimo di …
La composizione sarà la seguente:
- un membro in rappresentanza di ogni Fondatore;
- … membri nominati dai Fondatori;
- fino a … membri nominati, anche congiuntamente, dai Partecipanti Istituzionali.
- stabilire annualmente le linee generali dell'attività della Fondazione, nell'ambito degli scopi e delle attività di cui agli articoli 2 e 3;
- approvare il bilancio di previsione e il bilancio consuntivo, predisposti dal Consiglio di Gestione;
- approvare, ove lo ritenga opportuno, il regolamento relativo alla organizzazione e funzionamento della Fondazione, predisposto dal Consiglio di Gestione;
- nominare i Partecipanti Istituzionali, i Partecipanti e i Partecipanti Onorari; la deliberazione è inappellabile;
- nominare il Presidente della Fondazione;
- nominare i membri del Consiglio di Gestione;
- individuare i dipartimenti della Fondazione e procedere alla nomina dei responsabili, determinandone funzioni, natura e durata del rapporto;
- nominare il Revisore dei Conti;
- deliberare eventuali modifiche statutarie;
- deliberare in merito allo scioglimento della Fondazione, alla nomina dei liquidatori, e alla devoluzione del patrimonio.
Da ultimo, conviene sottolineare come la introduzione di locuzioni quali "soci fondatori, soci partecipanti, soci benemeriti" (pur tendenti a sottolineare l'aspetto "partecipativo") risponda a logiche e dinamiche soggettivamente lucrative (Srl/SpA che siano), laddove, se di lucro si vuole parlare nel caso de quo, lo si può fare solo in senso oggettivo.
Quanto alle fondazioni tradizionali, esse partecipano della medesima natura patrimoniale delle fondazioni di partecipazione, con il che pare opportuno anche in esse mantenere la distinzione tra fondo di dotazione, patrimonio e fondo di gestione. Vero è che un limite, talvolta invalicabile, può derivare dalla volontà del fondatore medesimo: sia che la fondazione sia l'esito di un atto tra vivi sia che derivi dall'apertura di scheda testamentaria.
Nelle fondazioni tradizionali la volontà del fondatore è assolutamente prevalente ed indiscussa e può sostanziarsi in clausole dalla portata amplissima, sino a prevedere una immodificabilità dello statuto nel momento del decesso del fondatore medesimo, ovvero prevedere l'insediamento di un consiglio d'amministrazione nella medesima evenienza.
Tra le figure di fondazione previste nel nostro ordinamento, le fondazioni di origine bancaria rappresentano una realtà giuridica, economica e sociale di rilevante importanza, che trova una specifica disciplina.
Accennerò ad esse solo in punto di modifiche statutarie, perché, come si sa, non è prefigurabile la costituzione di nuove fondazioni bancarie, ma casomai di fondazioni delle banche che, come tali, accedono allo schema di diritto comune.
La redazione dello statuto delle fondazioni bancarie trova, quindi, un quadro di riferimento preciso nella disciplina di settore. A tale proposito merita di essere qui ricordato l'art. 12 del D.lgs. 20 novembre 1990 n. 356 ("Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio"), ove, nell'individuare i principi cui devono conformarsi gli statuti delle fondazioni, esso distingue gli enti «aventi il fondo di dotazione a composizione non associativa» da quelli «aventi il fondo di dotazione a composizione associativa» facendone derivare, tra l'altro, una diversità in punto di finalità e di destinazione del patrimonio residuo. A mente dell'art. 12 comma primo, lettera a), infatti, «gli statuti degli enti … aventi il fondo di dotazione a composizione non associativa devono conformarsi ai seguenti principi: a) gli enti perseguono fini di interesse pubblico e di utilità sociale preminentemente nei settori della ricerca scientifica, della istruzione, dell'arte e della sanità. Potranno essere, inoltre, mantenute le originarie finalità di assistenza e di tutela delle categorie sociali più deboli. Gli enti possono compiere le operazioni finanziarie, commerciali, immobiliari e mobiliari, salvo quanto disposto alla lettera successiva, necessarie od opportune per il conseguimento di tali scopi; … h) gli enti indicano la destinazione dell'eventuale residuo netto del patrimonio in caso di liquidazione», laddove ai sensi dell'art. 12 comma secondo «gli enti … aventi il fondo di dotazione a composizione associativa, … perseguono fini associativi che vengono fissati nello statuto tenuto conto degli scopi originari. Gli statuti di tali enti devono conformarsi ai principi di cui al comma primo ad eccezione di quanto previsto dalle lettere a) e h)».
Tali previsioni impattano su aspetti assai rilevanti della vita delle fondazioni: le finalità e la devoluzione del patrimonio residuo. Evidentemente nella redazione dei relativi statuti occorrerà avere certezza circa la natura, associativa o meno, del fondo di dotazione il quale resta, quanto a natura, qualificato proprio come tale. Da sottolineare, a conferma di quanto sopra sostenuto circa l'impiego del termine assemblea nelle fondazioni, come l'art. 4 del decreto legislativo 17 maggio 1999 n. 153 ("Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461") relativo agli organi, esplicitamente preveda che «le fondazioni di origine associativa possono, nell'esercizio della loro autonomia statutaria, prevedere il mantenimento dell'assemblea dei soci, disciplinandone la composizione, ferme rimanendo in ogni caso le competenze dell'organo di indirizzo da costituirsi ai sensi del presente articolo … ». Si tratta evidentemente di una deroga alla corretta locuzione "Consiglio d'Indirizzo" od altra similare, volta a mantenere la radice dell'origine patrimoniale dell'ente, la fondazione bancaria, che non conosce assemblee: tanto è vero che le competenze dovranno essere quelle dell'organo di indirizzo.
Non solo. Sempre con legge 461/98 citata si prevede, all'art. 2 comma primo, lettera d), che gli enti in parola debbano prevedere «nei loro statuti distinti organi di indirizzo, di amministrazione e di controllo … ». è questa la tripartizione che è poi assurta a regola generale di un buon statuto.
Questi, in sintesi, gli aspetti che sembrano più incidere sulla configurazione fondazionale degli enti in parola, rimandando alla legislazione di settore per gli altri aspetti statutari che, a dire il vero, risultano essere per lo più a "stesura guidata" dalla stessa normativa.
Nel continuare questa analisi, l'associazione rappresenta uno degli istituti giuridici più utilizzati, soprattutto nella sua forma di associazione non riconosciuta, quale espressione della libertà di associarsi "pacificamente e senz'armi" riconosciuta ai cittadini. Il codice civile, come è noto, ha di riferimento, negli art. 14 e ss., l'associazione riconosciuta (o che intenda ottenere la personalità giuridica) e di tale versione detta quindi una serie di regole di funzionamento laddove, nell' associazione non riconosciuta (art. 36 e ss.), resta più laconico, "limitandosi" a far prevalere gli accordi tra gli associati. Tenuto conto che, da un lato, la personalità giuridica nel traffico economico quotidiano può divenire una necessità per gli amministratori e che, dall'altro, la normativa fiscale (D.lgs. 460/97 in primis) impone una serie di requisiti statutari, nella redazione delle regole di funzionamento dell'ente, può essere utile rifarsi ed attenersi, per quanto possibile, allo schema civilistico descritto per le associazioni di cui agli art. 14 e ss. del codice civile.
è bene, in ogni caso, sottolineare due aspetti. In primo luogo, non è scritto da nessuna parte che tutti coloro i quali contribuiscono all'associazione debbano essere associati. In secondo luogo, è la disciplina fiscale a pretendere che ogni associato abbia diritto ad un voto e non quella civilistica. I due profili sono assolutamente interconnessi, ai fini di un legittimo mantenimento del controllo dell'associazione e di una corretta imposizione fiscale. A tal proposito ben può essere utile inserire in statuto una previsione del seguente tenore:
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ASSOCIATI E SOSTENITORI DELL'ASSOCIAZIONE
Sono Associati coloro che hanno sottoscritto l'atto costitutivo e coloro che saranno nominati tali con delibera assunta all'unanimità dai membri del Consiglio Direttivo. La delibera è inappellabile. Gli Associati sono tenuti al versamento della quota annuale prevista e fissata dal Consiglio Direttivo. Le quote associative sono intrasmissibili, non rivalutabili e non rimborsabili. La sottoscrizione della quota associativa non conferisce alcun diritto sul Fondo Comune dell'Associazione. Sono Sostenitori dell'Associazione, non entrando a far parte della medesima, le persone fisiche, giuridiche e gli enti od istituzioni che, condividendo le finalità dell'Associazione, vogliano ad essa contribuire. Il Consiglio Direttivo potrà stabilire con propria deliberazione la suddivisione dei Sostenitori per categorie di contribuzione all'Associazione.
Quanto al profilo patrimoniale, è utile rifarsi allo stesso codice civile il quale, nel caso delle associazioni non riconosciute, prevede un fondo comune, che resterà quale patrimonio dell'associazione, in caso di riconoscimento giuridico:
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FONDO COMUNE
Il Fondo Comune dell'Associazione è costituito da:
a) le quote associative versate dagli Associati;
b) i proventi delle iniziative deliberate dagli Organi Direttivi;
c) i contributi liberi offerti tanto da Associati quanto da terzi. Tali contributi, per disposizione dell'oblatore, possono avere una destinazione specifica;
d) i contributi ed i finanziamenti stanziati con tale destinazione da Enti Pubblici o Privati.
Il Consiglio Direttivo decide sulla migliore utilizzazione del Fondo Comune e su eventuali investimenti realizzabili con parte dello stesso, nonché sulla destinazione delle rendite.
In punto di organi, questa volta sì che occorre prevedere una assemblea. Di più. L'assemblea è espressione della volontà dell'ente, in quanto composta dagli associati, e come tale sovrana anche in punto di governo delle finalità dell'associazione.
Quest'ultimo accenno consente di procedere ad una sorta di riepilogo delle principali differenze tra gli enti fin qui citati (differenze intuitivamente individuabili), per poi, viceversa, citare aspetti statutari comuni.
Nelle fondazioni, siano esse di partecipazione, tradizionali ovvero bancarie le finalità sono immutabili: magari riformulabili, specificabili ma essenzialmente fissate nelle tavole di fondazione. E si badi che ciò è coerente con la loro natura di patrimoni destinati ad uno scopo impresso dall'esterno ed amministrati da soggetti esterni ovvero anche dagli stessi fondatori che, in una dinamica ontologicamente ablativa, rinunciano alla disponibilità delle finalità. Le associazioni evidenziano per loro natura una dinamica essenzialmente opposta: sovrana è l'assemblea, poichè sovrani sono gli associati, e quindi: piena governabilità anche in punto di finalità che, nella fattispecie associativa, sono tutte interne all'ente. è chiaro come da tutto ciò discenda una particolare attenzione nella definizione statutaria degli scopi di una fondazione rispetto a quelli di una associazione. Se, oltre a ciò, (in sintesi) si aggiunge la presenza dell'assemblea nelle associazioni e la sua mancanza nelle fondazioni, la presenza in queste ultime del fondo di dotazione/patrimonio e quella del fondo comune nelle altre, la mancanza di automatismi di partecipazione nelle fondazioni ed il riconoscimento della posizione di associato a fronte del soddisfacimento di requisiti soggettivi previsti e portati a conoscenza, le differenze paiono dirimenti ed essenziali.
Sotto un profilo (e, per la verità, anche sotto altri aspetti) gli enti di tipo associativo convergono con quelli di matrice fondazionale: la distinzione tra finalità ed attività. è essenziale, infatti, a livello di impianto statutario individuare e fissare quanto l'ente persegue e quanto può in via esemplificativa compiere nel raggiungimento delle proprie finalità. è bene, quindi, inserire un articolo relativo agli scopi ed uno relativo alle attività strumentali, accessorie e connesse (Per il raggiungimento dei suoi scopi l'Associazione potrà tra l'altro: stipulare ogni opportuno atto o contratto, anche per il finanziamento delle operazioni deliberate, tra cui, senza esclusione di altri, l'assunzione di prestiti, mutui, a breve o lungo termine, l'acquisto di beni mobili, la stipula di convenzioni di qualsiasi genere anche trascrivibili nei pubblici registri, con Enti Pubblici o Privati, che siano considerate opportune ed utili per il raggiungimento degli scopi dell'Associazione; stipulare convenzioni per l'affidamento in gestione di parte delle attività; partecipare ad Associazioni, Enti ed Istituzioni, pubbliche e private, la cui attività sia rivolta, direttamente o indirettamente, al perseguimento di finalità analoghe a quelle dell'Associazione; svolgere, in via accessoria e strumentale al perseguimento dei fini istituzionali attività di commercializzazione, anche con riferimento al settore dell'editoria, nei limiti delle leggi vigenti, e degli audiovisivi in genere ed a quello degli articoli accessori di pubblicità; organizzare convegni, congressi, simposi ed eventi in genere, sempre nell'ambito degli scopi di cui all'art. … del presente Statuto; svolgere ogni altra attività idonea ed opportuna per il perseguimento delle proprie finalità).
Ferma restando, poi, la distinzione tra fondo di dotazione e fondo comune, è utile inserire un articolo riguardante l'esercizio finanziario ed i termini di approvazione di rendiconti economici e finanziari ovvero bilanci, come pure la previsione di un organo di controllo contabile interno.
Ammesso che sia possibile trarre delle conclusioni in un settore così legislativamente frammentario e frammentato, esse non possono che essere di sistema. I principi regolatori dei cosiddetti enti non commerciali paiono tra loro permeabili. Se questa permeabilità può avere un senso per gli operatori, per i quali socio, associato ovvero socio fondatore, assemblea ovvero consiglio possono essere sinonimi, così non può/deve essere per chi è chiamato a definire statuti e regole organizzative che siano di ausilio agli stessi operatori, prima di tutto perché coerenti con la natura degli istituti utilizzati. Tale esattezza è la prima delle garanzia interpretative circa la natura dell'ente e dei rapporti ad esso sottostanti tanto in momenti di frizione interna quanto (forse soprattutto) in caso di contestazione esterna. Ed il notaio, in questo, assolve ad una fondamentale funzione di profilassi, tesa, tra l'altro, a far adottare alle stessi parti un alfabeto statutario coerente.
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