Brevi note sui profili operativi della scissione asimmetrica
Brevi note sui profili operativi della scissione asimmetrica
di Filippo Laurini
Notaio in Parabiago
L'intervento del legislatore della riforma
La nuova formulazione dell'art. 2506 prevede ora espressamente, nella seconda parte del comma 2, la possibilità che «ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa».
Tale facoltà è accompagnata, in deroga (almeno apparente) al principio maggioritario, dalla necessità del consenso unanime.
Alla base della nuova previsione è agevole supporre si ponga il desiderio del legislatore di ampliare il margine di operatività della scissione non proporzionale venendo incontro all'esigenza avvertita dalla prassi di poter intervenire, al fine di separare l'originaria compagine sociale, anche sugli assetti proprietari della società scissa senza provocarne l'estinzione. [nota 1]
Viene così sgombrato il campo dai dubbi che prima della riforma erano stati manifestati sulla legittimità della fattispecie: la giurisprudenza si era espressa sul punto in una sola occasione e il provvedimento negativo emesso in primo grado dal Tribunale di Verona era stato riformato dalla Corte d'Appello di Venezia; [nota 2] anche le opinioni espresse in proposito dalla dottrina non erano apparse uniformi. [nota 3]
L'opinione contraria alla legittimità di una procedura così articolata si fondava sostanzialmente sulla sua non conformità al tipo legale della scissione, ritenendosi che questo fosse inderogabilmente caratterizzato, in base alla descrizione dell'istituto fornita dal legislatore del 1991, dall'assegnazione, anche non proporzionale, delle partecipazioni nelle beneficiarie ai soci della scissa e non consentisse inoltre di alterare in alcun modo, sia in aumento che in diminuzione, le partecipazioni in quest'ultima.
In virtù della testuale disposizione sopra richiamata è ora invece possibile perseguire legittimamente l'obiettivo, spesso proposto dalla pratica operativa, di distribuire in diverse società i soci della società scissa, conseguendo al contempo gli evidenti vantaggi che comporta la conservazione di un organismo imprenditoriale esistente.
Diversamente in passato, proprio a causa delle incertezze sulla validità di un procedimento imperniato anche sulla variazione delle partecipazioni nella società scissa, la creazione di nuovi assetti proprietari delle attività sociali, fino all'ipotesi estrema di una netta separazione della compagine sociale (che è uno degli obbiettivi tipicamente perseguiti dalla scissione non proporzionale), veniva ottenuta con la scissione totale e la suddivisione dei soci della scissa in diverse società beneficiarie [nota 4] il che comportava appunto l'effetto, spesso non desiderato, dell'estinzione della società scissa.
La fattispecie
Se le finalità della nuova previsione appaiono chiare la descrizione piuttosto sommaria del procedimento presenta qualche problema ricostruttivo, soprattutto ai fini dell'individuazione dell'area di applicabilità della sua peculiare disciplina: l'obbligo del consenso unanime dei soci. L'attività ermeneutica non è tra l'altro agevolata dalla ratio, non d'immediata comprensione, della disposizione che impone tale consenso consenso.
L'individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie, battezzata scissione asimmetrica da un'autorevole dottrina [nota 5] (definizione che ha trovato un certo successo nei commenti successivi) spazia tra l'opinione di chi [nota 6] tende ad un'interpretazione strettamente letterale della norma e quella di chi [nota 7] tende ad estendere, con diversa gradualità, ad ipotesi simili la sua operatività.
Dalla lettera della norma emerge trattarsi:
• di una scissione parziale (non sarebbe ovviamente possibile in caso di scissione totale procedere all'assegnazione di azioni o quote della società scissa);
• senza assegnazione ad alcuni soci della scissa di partecipazioni in alcuna delle beneficiarie;
• con assegnazione di azioni o quote della scissa ai soci che non ricevano azioni o quote delle beneficiarie.
Il primo requisito non suscita dubbi, ci si chiede invece se, pur restando legittime operazioni analoghe (in virtù del principio di portata generale contenuto nella norma: la variabilità anche delle partecipazioni nella scissa a fronte di una assegnazione non proporzionale o di una mancata assegnazione nelle beneficiarie), solo all'ipotesi testualmente prevista di scissione a favore di più beneficiarie che sia effettuata mediante assegnazione di azioni o quote si applichi la specifica disciplina dell'art. 2506, comma 2, e cioè l'obbligo del consenso unanime dei soci.
Per quanto concerne il primo punto, si è sostenuto [nota 8] che la scissione parziale a favore di una sola beneficiaria non sia assoggettata alle limitazioni della fattispecie legale: la lettera della legge fa riferimento a più beneficiarie non casualmente in quanto già prima della riforma l'operazione doveva ritenersi possibile.
Infatti, si osserva, stante la neutralità della scissione in termini di trasferimento di ricchezza tra i soci, ad una distribuzione non proporzionale di partecipazioni nell'unica beneficiaria deve necessariamente corrispondere un riequilibrio di ricchezza all'interno della scissa.
In assenza di un precedente divieto di una scissione parziale non proporzionale a favore di una sola beneficiaria l'operazione doveva dunque ritenersi legittima già prima della riforma, non potendo la stessa per la logica intrinseca della scissione - neutralità patrimoniale dei trasferimenti di ricchezza tra i soci - che realizzarsi nel modo indicato.
Ne conseguirebbe pertanto la non applicabilità della regola che prescrive il consenso unanime all'ipotesi in oggetto.
L'opinione ricordata sembra in verità presentare il limite di dare per scontato proprio ciò che appariva discusso in dottrina e giurisprudenza e che è alla base dell'intervento del legislatore: l'ammissibilità (in quanto confliggente con il tipo delineato dalle norme vigenti) di una diversa ripartizione delle partecipazioni nella società scissa in funzione della mancata assegnazione di partecipazioni in una o più beneficiarie, al fine appunto di mantenere la neutralità patrimoniale dell'operazione.
In definitiva sotto il profilo che qui interessa, l'applicabilità della regola unanimistica, non appare influire in misura decisiva la presenza di una sola piuttosto che di più beneficiarie restando identica la struttura dell'operazione.
Appare allora a mio avviso preferibile allinearsi al pensiero che sembra prevalere [nota 9] e che estende l'applicazione della disciplina legale anche al caso di specie.
Si può ancora segnalare che è sicuramente pacifico che la scissione asimmetrica possa operare, con applicazione dunque della disciplina legale, sia in presenza di società beneficiarie preesistenti che di nuova costituzione essendo ciò del tutto ininfluente sulla causa e sull'economia dell'operazione.
L'unico dubbio che genera la prima ipotesi, come si vedrà, è la necessità del consenso unanime anche dei soci delle beneficiarie preesistenti.
L'altro problema interpretativo scaturente dalla lettera della legge e a cui si faceva riferimento in precedenza è la configurabilità della scissione asimmetrica anche ove non si proceda all'assegnazione di azioni o quote della società scissa ai soci che non siano destinatari di azioni delle beneficiarie, ma ad un incremento percentuale delle loro partecipazioni nella scissa a seguito dell'annullamento (parziale o totale) delle partecipazioni degli altri soci. [nota 10]
L'assegnazione di azioni o quote, si è correttamente rilevato [nota 11], non può considerarsi un elemento costitutivo della fattispecie, esso è solo una modalità attraverso cui raggiungere il risultato del riequilibrio delle posizioni tra i soci, risultato raggiungibile anche con una riduzione del capitale della scissa che incida non proporzionalmente su tutte le partecipazioni, ma solo su quelle (che saranno annullate) dei soci che hanno ricevuto le partecipazioni nelle beneficiarie.
Naturalmente la riduzione deve essere proporzionale al valore contabile degli elementi scorporati e deve incidere in misura tale da mantenere la neutralità dell'operazione nel rapporto tra i soci.
Il risultato finale per i soci esclusi dall'assegnazione delle partecipazioni nelle beneficiarie non cambia in virtù del procedimento adottato: sia che si proceda all'assegnazione a loro favore delle partecipazioni degli altri soci, sia che le partecipazioni di questi ultimi vengano annullate con una riduzione "mirata" del capitale, essi avranno la medesima maggior partecipazione percentuale al capitale sempre a fronte del medesimo minor valore economico del patrimonio sociale (sarà diverso solamente il valore nominale della partecipazione complessiva). [nota 12]
La salvaguardia del valore patrimoniale delle partecipazioni dei soci nella scissione non proporzionale, e dunque della sua neutralità, anche in questa forma estrema di non proporzionalità, è, a prescindere dal metodo adottato, rimessa interamente alla determinazione del rapporto di cambio, anzi dei rapporti di cambio che intervengono in questo caso tra le partecipazioni nella scissa e quelle nelle società beneficiarie e tra quelle nella scissa ante scissione e quelle nella scissa post scissione [nota 13].
Occorre solo precisare che ove la scissione si realizzi senza assegnazione di azioni o quote della scissa ma con riduzione del capitale non si avrà un vero e proprio rapporto di cambio matematico tra azioni o quote della scissa ante e post-scissione ma una comparazione tra il valore effettivo della partecipazione prima e dopo la scissione, valore che deve rimanere invariato.
L'assegnazione delle partecipazioni della scissa è, come si vede, un evento accidentale, il legislatore si è probabilmente limitato a descrivere ciò che normalmente accade: l'incremento percentuale della partecipazione [nota 14].
Non sembra dunque ragionevole, in virtù di un'interpretazione strettamente letterale della norma, ricondurre alle modalità di realizzazione dell'operazione, assegnazione di partecipazioni o riduzione del capitale, l'applicazione di un regime diverso e cioè la necessità o meno del consenso unanime dei soci alla scissione.
Si può infine sottolineare che la nuova previsione dell'art. 2506, comma 2, offre prospettive operative alla scissione non proporzionale che vanno oltre l'ambito letterale della fattispecie descritta dal legislatore: essa può infatti ora essere legittimamente attuata anche intervenendo sull'assetto della compagine sociale della scissa (al fine di consentire il mantenimento della neutralità dell'operazione rispetto al valore delle partecipazioni) e anche ove ciò non comporti l'esclusione di alcuni soci dall'assegnazione di partecipazioni nelle beneficiarie, ma incida solo sulla misura delle stesse [nota 15].
La disciplina - il consenso dei soci
La dottrina ha faticato a trovare una giustificazione al diverso trattamento riservato dal legislatore alla scissione asimmetrica rispetto alle altre ipotesi di scissione non proporzionale, in cui la tutela uti singulus del socio è rimessa al diritto di exit regolato dall'art. 2506-bis, comma 4, e non al suo consenso all'operazione.
L'individuazione della ratio di tale prescrizione incide in maniera decisiva sulla determinazione di quali siano i soggetti il cui consenso sia richiesto:
• tutti i soci delle società coinvolte;
• solo quelli della società scissa con esclusione di quelli delle beneficiarie preesistenti;
• solo i soci della società scissa cui non vengano attribuite partecipazioni in alcuna o tutte le beneficiarie.
Un primo orientamento individua nella necessità del consenso unanime l'affermazione (se non la conferma) del principio per cui la tipicità della scissione poggia sull'assegnazione ai soci della scissa di partecipazioni nelle società beneficiarie a fronte del trasferimento ad esse di elementi patrimoniali della scissa stessa [nota 16].
La scissione asimmetrica non configurerebbe pertanto un'ipotesi di scissione vera e propria e come tale sarebbe da qualificarsi come un'operazione contrattuale, il che spiegherebbe la necessità del consenso unanime dei soci delle società coinvolte (anche quelli delle beneficiarie preesistenti) e comporterebbe addirittura la non applicabilità per il suo perfezionamento della più complessa procedura di approvazione del progetto da parte dell'organo amministrativo, dell'assemblea e la stipula dell'atto di scissione [nota 17].
Indubbiamente l'imposizione, senza alcuna espressa distinzione, del consenso unanime per la realizzazione di siffatta operazione sembra avvalorare l'orientamento qui ricordato, nondimeno la scelta del legislatore resta oscura, visto che nessun principio di carattere sistematico impedirebbe una più ampia configurazione tipologica dell'istituto: se l'operazione è testualmente prevista è certamente legittima e la legittimità in materia societaria, dove grande è la valenza degli interessi dei terzi, viene misurata soprattutto nella conformità al tipo. [nota 18]
Si può ancora osservare che peraltro l'assegnazione di azioni o quote della beneficiaria ai soci della scissa non sempre appare elemento imprescindibile della scissione se si considera che sono ravvisabili ipotesi, ampiamente elaborate dalla prassi e valutate positivamente in dottrina e in giurisprudenza, in cui ciò non avviene in quanto non funzionale al mantenimento tra i soci della società scissa dell'equilibrio economico ante scissione in relazione al valore delle partecipazioni di cui saranno titolari alla conclusione dell'operazione.
Esempi in questo senso sono:
• la scissione parziale a favore di controllante totalitaria;
• la scissione in cui scissa e beneficiaria abbiano il medesimo socio unico;
• la scissione proporzionale in cui scissa e beneficiaria preesistente siano partecipate dagli stessi soci nelle medesime proporzioni.
Tutti casi cioè in cui l'assegnazione di partecipazioni è inutile in quanto la scissione produce i suoi effetti sulla posizione patrimoniale dei soci attraverso la diminuzione del valore patrimoniale della partecipazione nella scissa (causata dallo scorporo di elementi patrimoniali di quest'ultima) e il corrispondente incremento del valore patrimoniale della partecipazione nella beneficiaria. [nota 19]
In definitiva la duttilità e il polimorfismo della scissione sembrano essere in contrasto con una scelta del legislatore diretta a comprimerne gli spazi operativi in una più ristretta dimensione tipologica.
Una diversa linea di pensiero [nota 20] ha invece tentato di ricostruire sulla base dell'individuazione dell'interesse leso dall'operazione la ratio dell'attribuzione di quello che di fatto è un diritto di veto alla stessa.
In particolare la lesione è stata ravvisata nell'esclusione che essa comporterebbe di uno o più soci dalle attività che, originariamente svolte dalla scissa, vengano trasferite alle beneficiarie.
Questa esclusione totale, più penalizzante, si osserva, della riduzione non proporzionale che si verifica nella normale ipotesi di scissione non proporzionale, giustificherebbe una tutela più penetrante: il diritto di opporsi rispetto a quello di exit offerto dall'art. 2506-bis.
Tuttavia proprio la ragione di tale tutela, che comporta una deroga di carattere eccezionale al principio maggioritario, spinge la dottrina ricordata a leggere la norma nel senso che essa riservi il potere di veto solo ai soci della scissa che non riceveranno partecipazioni nelle beneficiarie, non essendo giustificabile per tutti gli altri soci, meno ancora per quelli delle beneficiarie preesistenti del tutto disinteressati alle vicende della compagine sociale della società scissa.
L'interpretazione proposta, che avrebbe l'indubbio vantaggio di restringere il campo di applicazione di una norma le cui giustificazione e portata non sono chiare, non riesce tuttavia a spiegare compiutamente la scelta del legislatore.
In particolare può osservarsi che l'esclusione dalla partecipazione ad alcune attività originariamente svolte dalla scissa se avviene per i soci che rimangano nella medesima (sia pur con una dilatata partecipazione) rispetto alle attività trasferite alle beneficiarie avviene anche per quelli che ricevono le partecipazioni nelle beneficiarie rispetto alle attività che rimangono nella scissa.
Se la ratio della nuova disciplina fosse quella indicata non basterebbe allora solo il consenso dei soci che restano nella scissa ma anche quello di coloro che "passano" nelle beneficiarie.
Si può ancora rilevare che anche la scissione totale non proporzionale, (quando è mirata alla separazione della compagine sociale attraverso l'attribuzione ad alcuni soci di una beneficiaria e agli altri soci dell'altra) generalmente produce lo stesso effetto di esclusione da alcune attività già svolte dalla scissa a causa dell'esclusione dalla partecipazione ad alcune delle società beneficiarie, eppure per essa il legislatore né ora né prima ha ritenuto di derogare al principio maggioritario.
Insomma non sembra dalla legge essere uniformemente richiesto nelle diverse ipotesi in cui può esplicarsi la scissione il consenso dei soci per l'esclusione da talune attività svolte originariamente della scissa.
In effetti l'opzione legislativa, certamente influenzata dal dibattito precedente, sembra più generalmente rivolta a difendere il diritto dei soci che rimangono nella scissa ad evitare il mantenimento forzoso della (anche se dilatata) partecipazione nella medesima perdendo il diritto alla partecipazione alle beneficiarie. [nota 21] Tuttavia, come si è visto, la loro posizione in presenza di una corretta determinazione del concambio non è diversa qualitativamente da quella degli altri soci, che comunque perderebbero (o vedrebbero parzialmente ridotta) la propria partecipazione nella scissa.
In realtà, a ben vedere, si ricade in una fattispecie di riallocazione della compagine e delle risorse sociali tra le società coinvolte, non diversa nella sostanza da qualsiasi ipotesi di scissione non proporzionale; non si può però prescindere dal dettato legislativo e pertanto va preso atto della necessaria applicazione alla scissione asimmetrica della sua peculiare disciplina.
Certo si deve riconoscere all'opinione ricordata di aver colto che, salvo ricorrere alla ricordata interpretazione connessa alle caratteristiche tipologiche della scissione, effettivamente la norma sembra rivolgersi solo alla tutela dello status dei soci che restano nella scissa, gli unici interessati dalla coesistenza di entrambi i presupposti della scissione asimmetrica, assegnazione di partecipazioni nella scissa e non nelle beneficiarie, laddove gli altri sono interessati solo dalla variazione delle loro partecipazioni originarie nella scissa elemento che, in base al testo normativo, di per sè solo non sembrerebbe essere stato valutato dal legislatore come sufficiente a richiederne il consenso.
Così ragionando dovrebbe quindi concludersi per la necessità del consenso dei soli soci non destinatari di partecipazioni nelle beneficiarie; tuttavia, in presenza di alterazioni qualitativamente analoghe della posizione di tutti i soci della scissa, mi sembra che la norma vada interpretata estensivamente in quanto contenente il riconoscimento di un diritto individuale dei soci della scissa sia a consentire le alterazioni della propria partecipazione originaria nella stessa sia all'assegnazione solo ad alcuni di essi delle partecipazioni nelle beneficiarie e ciò indipendentemente dalla presenza di entrambi i presupposti.
Le modalità di prestazione del consenso
La necessità del consenso unanime non mi sembra eviti nelle società di capitali l'adozione del metodo collegiale: il consenso rappresenta piuttosto una manifestazione di volontà su un diritto uti singulus del socio e pertanto potrebbe essere prestato anche al di fuori dell'adunanza, purchè nei tempi e con modalità e forme (auspicabilmente disciplinate dal progetto di scissione) compatibili con la certezza degli effetti dell'operazione, anche a tutela dei terzi.
Riterrei pertanto che esso debba intervenire prima dell'iscrizione della delibera nel R.I. o al massimo entro il termine fissato dalla delibera stessa, (ovviamente precedente all'atto di scissione) che verrebbe così espressamente condizionata al consenso degli aventi diritto. [nota 22]
Coerentemente il termine per l'opposizione dei creditori dovrebbe iniziare a decorrere dalla efficacia della delibera per non costringerli ad un'attività di valutazione dell'impatto dell'operazione sui propri interessi (più esattamente sulla garanzia offerta dal patrimonio delle società coinvolte) prima che si abbia certezza della sua attuazione.
La forma del consenso preferibilmente dovrebbe avere caratteristiche di certezza, in relazione alla data e alla provenienza, tali da consigliare un documento notarile, analogamente a quanto indicato dalla Commissione istituita presso il Consiglio Notarile di Milano per il consenso richiesto dall'art. 2500-sexies da parte dei soci che assumono responsabilità illimitata per l'efficacia delle delibere di trasformazione di società di capitali in società di persone. [nota 23]
La sostituibilità del consenso unanime
Potrebbe essere opportuno in sede di redazione del progetto, ove si ritenga utile concludere comunque la scissione anche in maniera non asimmetrica, stabilire la possibilità per i soci non destinatari di partecipazioni nelle beneficiarie (ma anche, se si ritiene che il consenso salvaguardi le posizioni di tutti i soci della scissa, dei soci che vedrebbero viceversa alterate le proprie partecipazioni originarie nella scissa) di optare per un'assegnazione nelle stesse (anche in maniera non proporzionale), prevedendo di conseguenza uno schema alternativo di ripartizione delle azioni o quote non asimmetrico e cioè con assegnazione di partecipazioni in tutte le società. [nota 24]
Più problematica appare invece l'applicazione, attraverso una specifica previsione nel progetto, del procedimento disciplinato dall'art. 2506-bis (nella scissione non proporzionale), in base al quale i soci dissenzienti hanno il diritto di far acquistare le proprie quote o azioni ai soggetti indicati obbligatoriamente dal progetto per un corrispettivo determinato in base ai criteri dettati per il recesso.
Nella scissione non proporzionale, si noti, il mancato consenso degli interessati fa solo scattare il diritto di vendita, ma non blocca l'operazione, in quella non proporzionale asimmetrica (che della prima costituisce, secondo alcuni autori, un'applicazione estrema) blocca l'intera procedura.
Le due ipotesi di scissione sono molto simili il che potrebbe avvalorare l'idea che il consenso potrebbe essere surrogato dal diritto di vendita; è stato tuttavia fatto notare in dottrina [nota 25] che la previsione dell'art. 2506-bis consente di fatto un'espropriazione del diritto individuale del socio alla partecipazione, diritto che viceversa l'art. 2506 tutela con maggiore intensità attraverso l'obbligo del suo consenso.
La disposizione appare pertanto eccezionale e dunque insuscettibile di applicazione analogica, una previsione in questa direzione del progetto di scissione potrebbe allora essere ammissibile solo nel senso di concedere tale facoltà al socio previo suo consenso all'operazione.
[nota 1] Intento peraltro dichiarato nella Relazione alla riforma del 2003: «si è così provveduto … a sfruttare taluni margini consentiti alla direttiva e non sfruttati dal D.lgs. 22/1991. Il che è stato fatto … facendo ampio ricorso … a previsioni specifiche … ovvio quello (art. 2506, comma 2) che consente «che per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni della scissa».
Il testo originario della norma è poi stato corretto con il D.lgs 28 dicembre 2004, n. 310 estendendo la previsione anche alle quote, come appariva logico ed era stato ritenuto opportuno già dai primi commentatori della riforma.
[nota 2] Trib. Verona 2 dicembre 1999 (decr) e App. Venezia 16 marzo 2000(decr) in Giur. comm., 2001, II, p. 268 con nota di F. SPERONELLO, «La scissione di società fra tipicità ed autonomia negoziale: un caso di "assegnazione" di quote della scissa» e, solo Trib. Verona, in Le società, 4/2000, p. 448 con nota di E. PAOLINI, «Divieto di distribuzione ai soci di quote non proporzionali nella scissione parziale con unica beneficiaria».
[nota 3] Oltre agli autori citati nella nota precedente in senso contrario vedi anche: G. NIGRO, Ripartizione delle partecipazioni e opzione dei soci nella scissione di società. Milano, 2001, p. 68 e ss.; M. CARATOZZOLO, I bilanci straordinari, Milano, 1996, p. 393; in senso favorevole: S. CALI', Questioni in tema di scissione, Milano, 2000, p. 73; C. CARUSO, «Osservazioni sul dibattito in tema di natura giuridica della scissione», in Giur. comm., 2002, II, p. 175, nt 74.
Alcuni autori - G. MARASA', «Nuovi confini delle trasformazioni e delle fusioni nei contratti associativi», in Riv. dir. civ., 1994, II, p. 311 e ss. e E. CUSA, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, 1992, p. 85-86 - avevano prefigurato l'utilità di un operazione così organizzata al fine di sterilizzare il diritto di recesso dei soci, consentendo ai dissenzienti di mantenere le proprie partecipazioni nella sola società scissa, nei casi previsti dalla legge prima della riforma (in particolare trasformazione della società e modificazione dell'oggetto sociale).
[nota 4] Per un cenno a questa tecnica G. NIGRO, Ripartizione delle partecipazioni…, cit., p. 68.
[nota 5] G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, in G. E. Colombo E G.B. Portale, Trattato delle società per azioni, 2004, vol. 72, p. 32 e ss.
[nota 6] A. MORANO, Brevi note in tema di scissione non proporzionale, in questo volume.
[nota 7] G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 32 e ss. e L. PICONE, Commento all'art. 2506-bis in Trasformazione - Fusione - Scissione, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano, 2006, p. 1095 e ss.
[nota 8] L. PICONE, Commento all'art. 2506-bis, cit., p. 1096.
[nota 9] P.A. SPITALERI, Commento all'art. 2506, in La riforma delle società. Commentario del D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Torino, 2003 p. 491; O. CAGNASSO, Commento all'art. 2506, in Il nuovo diritto societario, diretto da G. Cottino E G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, 2004, p. 2358; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 32; sembra non prendere posizione A. MORANO, La scissione…, cit.
[nota 10] Per una interpretazione restrittiva della norma A. MORANO, La scissione…, cit.
[nota 11] Così G. SCOGNAMIGLIO, La scissione, cit., p. 37 e ss. e L. PICONE, Commento all'art. 2506-bis, cit., p. 1099.
L'assegnazione agli altri soci della scissa delle partecipazioni dei soci "passati" (anche solo parzialmente) alle beneficiarie non realizza per quanto osservato nel testo un negozio traslativo e trova la sua causa nella scissione.
Forme, modalità e trattamento fiscale dell'assegnazione ne saranno pertanto influenzati, essa avverrà per la sola attuazione della scissione, in particolare:
nella Srl si produrrà una redistribuzione della titolarità delle quote con conseguente variazione dei valori nominali delle stesse e annotamento sul libro soci (la comunicazione al R.I. verrà effettuata con l'iscrizione della scissione);
nella SpA gli amministratori provvederanno al ritiro e alla riassegnazione dei titoli (con riemissione o semplice annotazione su di essi della variazione di titolarità) senza che si debba ricorrere alla girata o al transfer, per le azioni dematerializzate ovviamente si procederà alle necessarie scritturazioni nei conti della società di gestione accentrata e degli intermediari.
[nota 12] Per un utile rappresentazione numerica si riproducono testualmente le esemplificazioni formulate da A. MORANO, La scissione…, cit., «(a) la società che si scinde (Alfa) ha un capitale pari a 100 ed un patrimonio netto pari a 600 diviso fra i tre soci Tizio, Caio e Sempronio, nelle seguenti rispettive misure: Tizio (40%), Caio (30%) e Sempronio (30%). A seguito della scissione nelle beneficiarie (Beta e Gamma), costituite ad hoc, Caio e Sempronio otterranno le azioni di Beta e Gamma, mentre Tizio si vedrà attribuire le partecipazioni Alfa (già di Caio e Sempronio). In tale ipotesi, il capitale di Alfa, se pur nominalmente invariato (essendosi ridotte voci del netto, diverse dal capitale), ha tuttavia un valore economico inferiore del 60%, per cui l'attribuzione a Tizio delle azioni degli altri due soci a cui sono state attribuite azioni della beneficiaria Beta consente al primo di mantenere inalterato il valore originario della partecipazione che ha, quindi, la medesima consistenza economica che aveva prima dell'operazione;
(b) la società che si scinde (Alfa) ha un capitale pari a 100, suddiviso nelle identiche proporzioni di cui sub (a) e, per effetto della scissione, riduce il proprio capitale a 40. In tale situazione, le azioni Alfa di Caio e Sempronio sono annullate a seguito della riduzione del capitale, senza attribuzione di nuove azioni a Tizio, il quale rimane comunque titolare al 100% del nuovo capitale ridotto di Alfa (40) che, da un punto di vista economico, corrisponde esattamente al suo originario 40%.
La scissione non proporzionale di tipo asimmetrico non esclude, peraltro, che i soci (o alcuni di essi) possano decidere di mantenere parte del proprio investimento nella scissa. In tale ipotesi, la situazione che si potrebbe verificare è la seguente: la società che si scinde (Alfa) ha un capitale sociale di 300 ed un netto patrimoniale di 900 e i tre soci (Tizio, Caio e Sempronio) sono titolari rispettivamente del 40%, 30% e 30%. Alfa si scinde parzialmente, assegnando alla beneficiaria Beta una quota del netto patrimoniale il cui valore è pari a 500. Caio e Sempronio mantengono una parte del proprio investimento anche nella scissa, ma a fronte dell'acquisizione delle partecipazioni in Beta, per un valore pari a 250 ciascuno rinunciano ad una porzione del proprio investimento residuo in Alfa, con conseguente accrescimento della partecipazione di Tizio in Alfa e assegnazione a questi di ulteriori azioni Alfa, in sostanza "prelevate" dal residuo pacchetto degli altri due soci».
[nota 13] V. sul punto in particolare G. SCOGNAMIGLIO, La scissione, cit. p. 36 e ss. e, prima della riforma, F. D'ALESSANDRO, Problemi civilistici controversi in tema di scissione, distribuzione delle azioni e delle quote sociali, in Atti del convegno Asdag, Roma, 19 dicembre 1996, p. 38.
[nota 14] quasi contestualmente L. PICONE, Commento all'art. 2506-bis, cit., p. 1100.
[nota 15] In questo senso anche O. CAGNASSO, Commento all'art. 2506, cit., p. 2358.
[nota 16] A. PICCIAU, Commento all'art. 2506 in Trasformazione - Fusione - Scissione, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, p. 1051 e ss. In questo senso prima della riforma vedi F. SPERONELLO, La scissione…, cit., p. 273 e ss., al quale si rinvia per una sintetica ricostruzione del dibattito sulla natura della scissione e per l'ampia bibliografia in materia.
[nota 17] Così PICCIAU, Commento all'art. 2506, cit., p. 1053.
[nota 18] L'osservazione è ripresa da E. CIVERRA, Le operazioni di fusione e scissione, Milano, 2003, p. 243 e ss., che però non ne trae alcuna conclusione per un applicazione in chiave restrittiva della norma. Nel senso della tipicità anche della scissione asimmetrica, invece G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 162.
[nota 19] Sul punto vedi L. PICONE, Commento all'art. 2506-bis, cit., p. 1091 e ss. e G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 156 e ss. e, prima della riforma, G.B. PORTALE, «Scissione parziale di società per azioni a favore della controllante totalitaria: questioni», in Banca e borsa, 1998, I, p. 362 e ss.; E. GELATO, «Sull'ammissibilità di scissione di società senza assegnazioni di azioni o quote», in Giur. comm., 1995, II, p. 435 e ss.; in giurisprudenza Trib. Udine 18 e 20 agosto 1997 (decr.), in Società, I/1998, p. 82 e ss. con nota di A. MONTESANO e B. IANNIELLO, «Condizioni di applicabilità del procedimento semplificato di fusione e scissione».
Nel senso di quanto sintetizzato nel testo si vedano gli orientamenti espressi in materia di diritto societario dal Consiglio Notarile di Milano, Massima 22, in Le massime del Consiglio Notarile di Milano, 2 ed. agg. 19 novembre 2004, Milano, 2005 per la quale «in analogia a quanto disposto dallo stesso art. 2506-ter, comma 3, (e dall'art. 2505, comma 1, in tema di fusione di società interamente possedute), la relazione degli esperti deve altresì ritenersi superflua allorchè la scissione non possa in alcun modo comportare una variazione del valore delle partecipazioni possedute dai soci delle società partecipanti all'operazione; il che si verifica almeno nelle seguenti situazioni: (a) scissione parziale a favore di beneficiaria preesistente, la quale possiede l'intero capitale della scissa oppure è interamente posseduta dalla scissa; (b) scissione totale a favore di sue beneficiarie preesistenti, entrambe interamente possedute dalla scissa; (c) scissione totale a favore di due società preesistenti, le quali possiedono l'intero capitale della scissa, allorché le beneficiarie siano interamente possedute da un medesimo soggetto o da più soggetti, secondo le medesime percentuali ed i medesimi diritti; (d) scissione parziale a favore di una beneficiaria preesistente interamente posseduta dalla medesima società che possiede interamente anche la scissa (ovvero allorché sia la scissa che la beneficiaria siano partecipate dagli stessi soggetti, secondo le medesime percentuali ed i medesimi diritti)».
[nota 20] L. PICONE, Commento all'art. 2506-bis, cit., p. 1101.
[nota 21] In questo senso, sia pur senza approfondire il problema, la motivazione della Massima n. 30 del Consiglio Notarile di Milano in Le massime…, cit., p. 115.
[nota 22] La delibera ai fini di una corretta pubblicità in questo caso potrebbe essere assoggettata agli adempimenti previsti dal "Prontuario per la presentazione degli atti societari con invio telematico" aggiornato all'aprile 2007 delle Camere di Commercio della Lombardia che indica a p. 30, punto 3.2.4 le modalità per procedere alla iscrizione delle delibere sottoposte a condizione.
[nota 23] Le massime…, cit., Massima n. 53, p. 93 «la manifestazione del consenso non deve necessariamente essere contestuale alla delibera di trasformazione, ma subordinandone l'efficacia, deve effettuarsi con modalità tali da conferire certezza circa la provenienza del consenso». Nel senso del testo la motivazione della massima.
Sulle modalità della prestazione del consenso del socio in relazione a profili del procedimento di fusione che attengano alla sua posizione uti singulus, si veda F. MAGLIULO, La fusione delle società, Milano, 2005, p. 126.
[nota 24] Così anche la motivazione alla Massima n. 30 del Consiglio Notarile di Milano in Le massime…, cit., p. 115 e E. CIVERRA, Le operazioni…, cit., p. 247.
[nota 25] E. CIVERRA, op. cit., p. 247-248.
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