La trasformazione endosocietaria in società di persone
La trasformazione endosocietaria in società di persone
di Lorenzo De Angelis
Ordinario di diritto commerciale Università "Ca' Foscari" di Venezia

La trasformazione regressiva

Dopo sessantadue anni dall'emanazione del codice civile del 1942 - quando ormai le società personali sono cadute pressoché in desuetudine a motivo del fatto che le Srl possono dotarsi di un sistema di governance di stampo personalistico, pur mantenendo la responsabilità limitata dei soci - il legislatore della riforma ha disciplinato espressamente la trasformazione regressiva (art. 2500-sexies). Ciò non significa, ovviamente, che in precedenza questa non si potesse attuare. Tutt'altro: basti pensare alla previsione dell'art. 2447, che considerava - e ancora considera - la trasformazione in società di persone come rimedio alternativo alla ricapitalizzazione o allo scioglimento della società di capitali il cui capitale sociale sia stato eroso dalle perdite in misura tale da ridursi al di sotto del limite minimo legale; e, in ogni caso, alle numerosissime trasformazioni di società di capitali in società di persone attuate in virtù dell'autonomia convenzionale dei soci ed ispirate da molteplici motivi - in primis dall'intento di alleviare la complessità della struttura organizzativa interna, con conseguente riduzione dei costi della gestione amministrativa, e di spostare proporzionalmente in capo ai soci, "in trasparenza", la tassazione del reddito prodotto ai fini delle imposte dirette - che in quel lungo periodo sono state validamente deliberate, omologate ed iscritte.

Analogamente, al silenzio della legge non pare doversi annettere il significato che non si possano operare trasformazioni eterogenee in società di persone di enti diversi dalle società di capitali, e viceversa [nota 1]. Ciò non soltanto con riguardo agli enti espressamente nominati dall'art. 2500-octies, ma anche con riguardo a tutti quegli enti la cui trasformazione eterogenea in società di persone, per quanto praeter legem, non possa considerarsi - alla luce dei princìpi generali dell'ordinamento - contra legem (cfr. la trasformazione in società personale di un Geie) [nota 2].

Ammettere la trasformazione eterogenea in società di persone significa tra l'altro perseguire l'obiettivo della semplificazione e dello snellimento delle procedure indicato dal legislatore della riforma e, con ciò, di non far sprecare inutilmente tempo e denaro agli operatori. Perché, ad esempio, per attuare la trasformazione di un consorzio in società personale dovrebbe pretendersi di trasformare dapprima il consorzio in società di capitali e, successivamente, la società di capitali in società di persone, quando lo si potrebbe fare direttamente, tenuto soprattutto conto che il consorzio è caratterizzato da un modello di organizzazione corporativa più prossimo a quello di una società di persone che non a quello di una società di capitali?

Deliberazione a maggioranza e consenso dei soci destinati ad assumere la responsabilità illimitata

Sulle modalità di assunzione della delibera di trasformazione, prima della riforma si fronteggiavano principalmente due tesi contrapposte:

- quella secondo cui tale delibera dovesse assumersi all'unanimità, che poggiava sulla configurazione della trasformazione alla stregua di una modificazione essenziale del contratto sociale [nota 3];

- e quella secondo cui la deliberazione stessa dovesse invece assumersi a maggioranza, che si fondava invece sulla considerazione che la trasformazione integrasse, al contrario, una mera modificazione dell'atto costitutivo, anche perché, diversamente, non avrebbe potuto giustificarsi l'attribuzione del diritto di recesso ai soci assenti o dissenzienti ex art. 2437 [nota 4].

La riforma ha sancito un saggio compromesso: la trasformazione deve essere deliberata a maggioranza - con ciò confermando trattarsi di una modificazione dell'atto costitutivo, costituente causa di recesso (la cui disciplina novellata attribuisce al socio recedente una liquidazione adeguata all'effettivo valore della sua partecipazione) - ma con l'obbligo della prestazione del consenso di tutti i soci destinati, a seguito di tale operazione, ad assumere responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali [nota 5]. Non pare autorizzata dal tenore letterale della norma dell'art. 2500-sexies, commi I e IV, una lettura estensiva che equipari all'assunzione della responsabilità illimitata ogni più gravoso onere personale che non incombeva al socio anteriormente alla trasformazione [nota 6].

Questa soluzione raggiunta dal legislatore della riforma appare, in definitiva, equilibrata: una mediazione fra le tesi estreme emerse sotto il vigore del regime codicistico del 1942 che non opera - quanto meno nelle società di capitali in procinto di trasformarsi - sul piano dell'assunzione della deliberazione assembleare, ossia con riguardo al quorum per la validità della stessa, bensì sul diverso piano delle situazioni soggettive dei soci [nota 7]. Si tratta dunque, posto su questo piano, di un problema di legittimazione; talché la prestazione del consenso dei soci anzidetti, non costituendo un requisito essenziale per la delibera di trasformazione, ma semplicemente una condizione per la sua efficacia, non deve necessariamente aver luogo in sede assembleare - ove può essere manifestata pur implicitamente, mediante l'espressione del voto a favore della delibera - ma può anche avvenire fuori dall'assemblea, o prima che questa sia tenuta o addirittura dopo la conclusione dell'adunanza [nota 8], purché anteriormente al deposito del relativo verbale per l'iscrizione nel Registro delle Imprese. Se prestato in sede extra-assembleare, il consenso stesso dovrà tuttavia essere espresso in modo suscettibile di venire provato con certezza (ad esempio, mediante una dichiarazione scritta del socio, meglio se con firma autenticata).

è fatta salva, peraltro, ogni «diversa disposizione dello statuto» , nel senso che l'autonomia statutaria può imporre, per l'assunzione della deliberazione in questione, maggioranze più elevate di quelle legali (art. 2500-sexies, comma I, con riferimento agli artt. 2368, comma II, e 2639, commi V e VII, per le SpA, e agli artt. 2479, comma IV, e 2479-bis, comma III, per le Srl), fino a richiedere il voto unanime di tutti i soci rappresentanti l'intero capitale sociale: eventualità che deve ravvisarsi legittima non solo nelle Srl, a mente dell'art. 3, comma I, lett. b), e comma II, lett. e) della legge delega (L. 3 ottobre 2001, n. 366), prima ancora che del novellato art. 2479, ult. comma, ma anche nelle SpA, quanto meno in quelle non facenti ricorso al mercato del capitale di rischio, giusta le disposizioni dell'art. 4, comma II, lett. a), n. 3, e comma VII, lett. d), della predetta legge delega [nota 9].

Al fine di stabilire quali siano i soci di cui la legge prescrive alle società di capitali trasformande in società personali l'obbligo di acquisire il consenso all'operazione occorre prendere in considerazione le varie combinazioni suscettibili di presentarsi in concreto:

- nella trasformazione da SpA e Srl in Snc: il consenso deve essere prestato da tutti i soci;

- nella trasformazione da SpA e Srl in società semplice (operazione della cui liceità non si ritiene possa ormai più dubitarsi [nota 10]): il consenso deve essere prestato da tutti i soci, tranne quelli a favore dei quali venga stabilita una limitazione pattizia di responsabilità;

- nella trasformazione da SpA e Srl in Sas: il consenso deve essere prestato dai soci della società trasformanda destinati a diventare accomandatari (si noti che tutti i soci di tale società potrebbero assumere la qualità di accomandanti e uno o più accomandatari potrebbero venire introdotti nella compagine sociale, come nuovi soci, contestualmente alla trasformazione);

- nella trasformazione da Sapa in Snc: il consenso deve essere prestato da tutti i soci, perché quello di tutti i soci accomandatari è richiesto per qualsiasi modificazione dell'atto costitutivo (art. 2460), mentre quello degli accomandanti occorre in dipendenza della perdita della responsabilità limitata da parte di questi;

- nella trasformazione da Sapa in società semplice: il consenso deve essere prestato da tutti i soci accomandatari, da un lato, e da tutti gli accomandanti, tranne quelli a favore dei quali venga stabilita una limitazione pattizia di responsabilità, dall'altro;

- nella trasformazione da Sapa in Sas: il consenso deve essere prestato da tutti i soci accomandatari, da un lato, e da tutti gli accomandanti della Sapa destinati a diventare, dopo la trasformazione, soci accomandatari della Sas, dall'altro.

Il diritto di recesso

La trasformazione - qualunque sia la fattispecie trasformativa - è stata confermata quale causa di recesso.

Trattandosi di deliberazione comportante una modificazione dell'atto costitutivo, il relativo verbale deve venire depositato dal notaio verbalizzante - ed esclusivamente da questo (art. 2436, comma I) - per l'iscrizione della delibera nel Registro delle Imprese. In virtù dell'efficacia costitutiva che, dopo la riforma, assume l'iscrizione per le deliberazioni comportanti modifiche statutarie, la trasformazione acquista efficacia dal momento in cui ne intervenga l'iscrizione (rectius, dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari prescritti dall'art. 2500, comma II).

Tale momento costituisce il dies a quo per la dichiarazione di recesso del socio che non abbia concorso all'approvazione della delibera di trasformazione (deve trattarsi, beninteso, di un socio il cui consenso non sia prescritto quale condizione necessaria per l'efficacia della stessa, poiché il rimedio offerto ai soci destinati a diventare illimitatamente responsabili che non approvino la trasformazione non risiede più - come s'è visto - nel diritto di exit, bensì nella facoltà di negare il proprio consenso all'operazione, impedendone con ciò l'attuazione).

Pur nel silenzio della legge, dubito della ricevibilità - e in ogni caso della validità - della dichiarazione di recesso che venisse inoltrata dal socio intenzionato ad esercitare tale diritto prima dell'iscrizione della delibera, non essendo essa ancora divenuta efficace. Questa è anche la ragione per la quale la trasformazione endosocietaria (a differenza di quella eterogenea) è ormai divenuta, in concreto, non suscettibile di venire invalidata, perché, da un lato, non si ritiene possa essere impugnata una deliberazione che non abbia ancora compiuto il suo iter formativo, cioè che non sia ancora divenuta efficace, mentre, dall'altro, l'invalidità dell'atto di trasformazione, coincidente con la delibera trasformativa, non può più essere pronunciata, giusta il disposto dell'art. 2500-bis, una volta che ne sia intervenuta l'iscrizione nel Registro delle Imprese - operando, da allora in poi, la tutela dei soci e dei terzi eventualmente danneggiati sul piano meramente risarcitorio - talché un'eventuale impugnativa, ancorché astrattamente possibile, si rivelerebbe in tal caso del tutto pleonastica [nota 11].

Dopo che il socio abbia comunicato - nelle forme previste o consentite dalla legge - la propria dichiarazione di recesso, si ripropogono tutte le questioni, non di lieve momento, correlate a questo istituto, prima fra tutte quella della determinazione della data di cessazione dello status socii.

Tralascio deliberatamente la prospettazione del problema anteriormente alla riforma [nota 12] - che non potrebbe essere qui evocata in modo esauriente - e prendo in considerazione la questione soltanto alla luce del diritto vigente, limitando per di più la sfera di osservazione all'ipotesi in cui il recesso venga dichiarato per contrarietà ad una delibera assembleare comportante modifiche statutarie.

Le conclusioni a cui mi è sembrato possibile pervenire [nota 13] sono le seguenti:

- nelle società azionarie il recedente perde la qualità di socio trascorsi novanta giorni dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della delibera prodromica al recesso, allorché cioè sia perento il termine accordato alla società per esercitare lo ius poenitendi (art. 2437-bis, comma III), indipendentemente dal fatto che egli non abbia ancora ricevuto la liquidazione delle sue azioni [nota 14], od anche prima della scadenza di tale termine se le medesime azioni vengano acquistate da altri soci o da terzi;

- nelle Srl, salvo particolari disposizioni dell'atto costitutivo, il recedente perde la qualità di socio o quando altri soci o terzi acquistino la sua quota o - non fissando l'art. 2473, ult. comma, alcun termine alla società per eventualmente revocare la delibera che lo abbia legittimato o per decidere il proprio scioglimento - quando la quota stessa gli venga liquidata dalla società, ma non oltre lo scadere del centottantesimo giorno dalla comunicazione del recesso (ossia dalla ricezione da parte della società di tale comunicazione).

Merita qui segnalare che, secondo una diversa interpretazione [nota 15], la cessazione dello status socii si produrrebbe invece nel momento in cui il socio recedente ottenga la liquidazione della propria quota, ma con efficacia retroattiva - anche ai fini dell'opponibilità ai terzi - fin dal momento dell'adozione (rectius, dell'iscrizione) della delibera che al recesso abbia dato impulso; e quindi senza che tale socio venga mai ad assumere la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali né, in caso di accertamento giudiziale dell'insolvenza della società, abbia a subire il pregiudizio del proprio fallimento "in ripercussione" ex art. 147 L. fall.

La relazione illustrativa e la valutazione del patrimonio sociale. I consensi dei soci. I controlli del notaio

Oltre ai consueti accertamenti che il notaio è tenuto a compiere allorché sia chiamato a fungere da segretario verbalizzante dell'assemblea (esistenza di regolare avviso di convocazione, a meno che l'assemblea non sia tenuta in forma totalitaria, identità personale del presidente, ecc.), in occasione delle assemblee recanti all'ordine del giorno la proposta di delibera di trasformazione della società di capitali in società di persone egli deve altresì accertare l'esistenza di due documenti particolari:

- la relazione dell'organo amministrativo contenente l'illustrazione delle motivazioni e degli effetti della trasformazione (art. 2500-sexies, comma II);

- e il prospetto, parimenti predisposto dall'organo amministrativo, contenente la valutazione del patrimonio sociale al fine della determinazione del valore di liquidazione delle azioni o delle quote dei soci che decidessero eventualmente di esercitare il diritto di recesso (art. 2437-ter, comma V).

Entrambi questi documenti devono venire allegati al verbale dell'assemblea; come pure deve venirvi allegata - ove ne sia data lettura o sia comunque illustrata in tale sede - l'eventuale relazione sull'argomento del collegio sindacale.

Il notaio non è invece tenuto a verificare la tempestività del deposito presso la sede sociale dei documenti prescritti dalla legge (rispettivamente nei trenta giorni precedenti la convocazione dell'assemblea per quanto concerne la relazione illustrativa degli amministratori e nei quindici giorni precedenti la stessa data per quanto concerne la valutazione del patrimonio sociale da predisporsi ai fini del recesso). Deve ritenersi, peraltro, che entrambi questi termini siano posti nell'interesse dei soci e quindi siano da essi rinunziabili (analogamente al termine previsto dall'art. 2501-septies per il deposito presso la sede sociale dei documenti informativi sulla fusione, richiamato, in tema di scissione, dall'art. 2506-ter, ult. comma) [nota 16].

Il notaio deve inoltre accertare che - entro il termine del deposito per l'iscrizione dell'atto di trasformazione - siano stati validamente prestati i consensi dei soci destinati ad assumere la responsabilità illimitata.

I documenti di cui trattasi non vanno, tuttavia, posti sullo stesso piano. L'esistenza della relazione illustrativa è infatti condizione di validità della delibera di trasformazione [nota 17]. La mancanza di tale relazione in sede assembleare rappresenta un vizio essenziale del procedimento di trasformazione, ed in particolare della relativa delibera, costituente causa di invalidità della stessa. Non così per quanto concerne i consensi che devono essere prestati dai soci anzidetti, i quali non costituiscono condizione di validità della delibera in parola, bensì condizione di efficacia della stessa [nota 18], alla cui mancanza - attesa l'intervenuta efficacia costitutiva dell'iscrizione nel Registro delle Imprese per le deliberazioni comportanti modificazioni dell'atto costitutivo, in precedenza menzionata al § 3 - consegue che la delibera di trasformazione, ancorché validamente assunta, non possa venire eseguita, a meno che tali consensi non vengano prestati entro il termine stabilito per richiederne l'iscrizione nel Registro delle Imprese [nota 19].

Sia nel caso in cui manchi la relazione illustrativa al momento dell'assemblea sia in quello in cui manchino i consensi dei soci destinati ad assumere la responsabilità illimitata - od anche di alcuni o di uno solo di essi - entro il termine assegnato per il deposito del verbale contenente la delibera in questione, il notaio dovrà astenersi dal richiedere l'iscrizione della deliberazione medesima, rifiutandosi di depositare nel Registro delle Imprese il suddetto verbale e dandone tempestiva informazione agli amministratori come previsto dall'art. 2436, comma III. Il vizio procedimentale costituito dalla mancanza della valutazione del patrimonio sociale ai fini del recesso può invece - a mio avviso - essere sanato se tutti i soci intervengano all'assemblea e votino a favore dell'assunzione della delibera o dichiarino di rinunziare irrevocabilmente all'esercizio del diritto di recesso; diversamente anche tale omissione sarebbe causa di invalidità della delibera di trasformazione, parimenti inibente al notaio verbalizzante di richiederne l'iscrizione.

Quid iuris tuttavia se, pur in presenza di uno dei vizi del procedimento dianzi segnalati, la delibera di trasformazione venisse comunque iscritta? Stante l'efficacia sanante dell'iscrizione - che già è stata ricordata - l'invalidità della trasformazione non potrebbe, ipso facto, più essere pronunciata. E dunque tutti i soci destinati, in forza di questa, ad assumere la responsabilità illimitata verso i creditori sociali la assumerebbero davvero - con ogni inerente conseguenza, anche sotto il profilo concorsuale - seppur non consenzienti all'operazione. Ne deriverebbe, in tal caso, una grave responsabilità, civile e disciplinare, a carico del notaio [nota 20] che abbia proceduto al deposito dell'atto nonostante la mancanza di taluno degli elementi anzidetti; nonché - ove questa fosse percepibile, con l'ordinaria diligenza, a una verifica di mera regolarità formale della documentazione depositata per l'iscrizione dell'atto (art. 2436, comma II) - una non meno grave responsabilità del funzionario dell'ufficio del Registro delle Imprese responsabile del procedimento ex art. 3 del D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, senza potersi escludere la stessa responsabilità della Camera di Commercio territorialmente competente dell'organizzazione e del funzionamento del medesimo ufficio per il negligente comportamento del proprio dipendente.

Assegnazione delle partecipazioni nella società trasformata

I soci della società di capitali trasformata in società di persone hanno diritto a vedersi attribuita una partecipazione proporzionale al valore delle azioni o delle quote di cui erano rispettivamente titolari anteriormente alla trasformazione [nota 21].

Poiché la trasformazione endosocietaria non dà luogo ad alcun trasferimento di patrimonio tra i soci, è a questo fine ininfluente distinguere fra il valore nominale di dette azioni o quote e il loro intrinseco valore patrimoniale. Con riferimento, poi, a quest'ultimo, è altrettanto ininfluente avere riguardo al valore patrimoniale commisurato al patrimonio netto contabile, quale ad esempio risultante da un bilancio d'esercizio, o al valore patrimoniale effettivo che tenga conto anche delle riserve implicite, per lo più rappresentate dal maggior valore effettivo delle attività rispetto al loro valore di libro e dal valore dell'avviamento c.d. interno, che in un bilancio d'esercizio non possono figurare perché la loro esposizione contravverrebbe ai criteri legali di valutazione che presiedono alla formazione di tale bilancio. Invero, l'ammontare proporzionale delle partecipazioni dei soci delle società di capitali resta identico sia che lo si riferisca al capitale sociale (venendo in questo caso rappresentato dal valore nominale delle rispettive azioni o quote) sia che lo si riferisca al patrimonio, contabile o effettivo, nel senso che ciascun socio di una società di capitali possiede una quota ideale del patrimonio netto - sia contabile che effettivo - esattamente proporzionale all'entità della propria partecipazione al capitale sociale.

Un'eccezione a questa regola può porsi qualora alla partecipazione del socio al capitale sociale - e quindi anche al patrimonio - di una società di capitali non corrisponda una identica frazione dei diritti economici e partecipativi ad esso spettante, come ora è possibile che avvenga, tanto nelle società azionarie quanto in quelle a responsabilità limitata, per effetto delle nuove previsioni introdotte dalla riforma del 2003, legittimanti l'esistenza di azioni o quote con diritti differenziati, giacché in tal caso sarebbe necessario valutare espressamente l'incidenza di tale differenziazione di diritti sul valore (in questa ipotesi sarebbe necessario avere senz'altro riguardo al valore effettivo) della partecipazione o delle partecipazioni che ne siano interessate.

Le quote di partecipazione nella società di capitali trasformanda e quelle nella medesima società una volta che abbia assunto la veste di società personale non sono tuttavia omogenee. Le prime sono infatti, come s'è appena visto, quote di partecipazione al capitale, ovvero al patrimonio; mentre le seconde sono - com'è tipico delle società personali - quote di partecipazione agli utili e, se non diversamente convenuto, alle perdite. Fermo restando che una proporzionalità di base delle seconde rispetto alle prime non può difettare, occorre però riconoscere che questa, nell'ambito della vicenda trasformativa, potrebbe risultare alterata: basti pensare alla possibilità che i soci hanno di richiedere, o di ammettere, che un socio già esclusivamente di capitale esegua anche, a titolo di conferimento aggiuntivo, prestazioni d'opera o di servizi a favore della società, da remunerarsi con una quota degli utili da questa conseguiti negli esercizi successivi alla trasformazione. Non v'è dubbio, in tal caso, che la remunerazione dell'ulteriore conferimento rappresentato dalla prestazione dell'opera o del servizio del socio non potrebbe non riflettersi su una redistribuzione delle quote di partecipazione agli utili spettanti a tutti gli altri soci. Lo stesso dicasi qualora una prestazione accessoria incombente a un socio di capitale dovesse venire riqualificata, una volta che tale società abbia assunto la forma personalistica, come conferimento non di capitale.

Ne deriva che il principio di proporzionalità affermato dall'art. 2500-sexies, comma III, deve essere ottemperato con flessibilità e ragionevolezza, nel senso che non pare potersi escludere che, in occasione della transizione dal tipo capitalistico a quello personalistico, i soci rimodulino le rispettive quote di partecipazione agli utili (e alle perdite) rispetto alle preesistenti quote di partecipazione al capitale sociale [nota 22], non foss'altro per tener conto della capienza patrimoniale di ciascuno di essi e, dunque, della loro diversa capacità di contribuzione alla formazione del c.d. "patrimonio di garanzia" della società personale emergente dalla trasformazione, costituito, com'è noto, dall'ammontare dei patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili. Una simile rimodulazione potrebbe anzi essere posta quale condizione affinché i soci destinati ad assumere la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (specie se questi siano solo una parte dei soci: si pensi segnatamente alla trasformazione di una società di capitali in società in accomandita semplice) accettino di esprimere il loro consenso all'operazione. Ammessa questa possibilità - che non mina alla radice il prefato principio di proporzionalità, ma consente piuttosto di adattarlo alle varie situazioni suscettibili di presentarsi in concreto e che devono necessariamente essere prese in considerazione nel descrivere la disciplina pattizia di ogni singola vicenda trasformativa - non si vede la ragione per pretendere che la suddetta rimodulazione delle quote partecipative dei soci non venga deliberata contestualmente alla trasformazione [nota 23], trattandosi appunto di un elemento essenziale dell'operazione, di un presupposto della volontà dei soci di attuarla, e come tale di una pattuizione meritevole di trovare la sua allocazione proprio nella deliberazione a questa relativa.

Una situazione particolare potrebbe inoltre verificarsi qualora un socio di Srl trasformanda in società di persone fosse stato ammesso, anteriormente alla suddetta operazione, a conferire la propria opera o i propri servizi. In tale ipotesi, per vero, il medesimo soggetto dovrà essere considerato a tutti gli effetti come socio di capitale, avendo il menzionato suo conferimento concorso alla formazione del capitale sociale della società a responsabilità limitata. Nella descritta fattispecie, ove al momento della trasformazione il conferimento d'opera o di servizio del socio non sia stato eseguito per intero, resterà in vigore la fideiussione bancaria o la polizza assicurativa prestata a favore della società - ex art. 2464, comma VI - a copertura del rischio che, per qualsiasi ragione, il cennato conferimento d'opera o di servizi non venga completato con le dovute qualità, accuratezza e tempestività. La predetta garanzia dovrebbe, per converso, essere restituita nel caso in cui la delibera di trasformazione della Srl in società personale espressamente riqualificasse il conferimento d'opera o di servizi di tale socio come conferimento non di capitale, includendo il medesimo soggetto fra i soci d'opera [nota 24].

Si ritornerebbe invece alle considerazioni svolte poco sopra se l'originario conferimento d'opera o di servizi del socio della Srl trasformanda dovesse venire pattiziamente integrato, accresciuto o temporalmente prolungato in occasione della trasformazione. Anche in questo caso, infatti, il riconoscimento di un'ulteriore quota di partecipazione agli utili a favore di quel socio non potrebbe non causare una redistribuzione delle quote di partecipazione agli utili tra tutti i membri della compagine sociale.

La responsabilità dei soci

I soci che - previo loro consenso - assumono, a seguito della trasformazione, una responsabilità personale illimitata vengono a rispondere di tutte le obbligazioni sociali, in qualunque momento esse siano sorte.

Questa previsione riflette un principio di carattere generale - il quale già sembrava dover essere affermato anche prima della riforma in via interpretativa [nota 25] - che parimenti connota il regime di responsabilità patrimoniale del nuovo socio che entra a far parte di una società personale (art. 2269) e dell'accomandante indebitamente ingeritosi nella gestione (art. 2320, comma I) o il cui nome compaia nella ragione sociale (art. 2314, comma II) di una Sas. Questo principio, infatti, può venire derogato soltanto in presenza di un'espressa previsione normativa - quale quella dettata dall'art. 2325 a proposito dell'assunzione della responsabilità illimitata dell'unico socio che non abbia ottemperato alle prescrizioni a cui la legge subordina il mantenimento della responsabilità limitata anche nelle società unipersonali (artt. 2325, comma II, e 2462, comma II), relativa però alle sole obbligazioni sorte nel periodo in cui questo abbia posseduto l'intero capitale sociale - in difetto della quale l'assunzione di responsabilità deve ritenersi estesa indistintamente a tutte le obbligazioni sociali.

Di certo, non sfugge che la disposizione di cui trattasi è tutt'altro che speculare rispetto a quella del precedente art. 2500-quinquies, secondo cui i soci di una società personale che, a seguito di trasformazione, abbia assunto la forma di società capitalistica cessano dall'essere illimitatamente responsabili soltanto per le obbligazioni sorte posteriormente all'ultima delle iscrizioni nel Registro delle Imprese previste dalla legge, come stabilito dall'art. 2500, comma III. Tuttavia la volontà del legislatore risulta in modo inequivoco sia dalla lettera che dallo spirito della norma, essendo manifestamente finalizzata a realizzare lo scopo di apprestare una maggiore tutela ai creditori sociali [nota 26].


[nota 1] In senso conforme MARASà, «Le trasformazioni eterogenee» , in Riv. not., 2003, p. 589; GALGANO, Il nuovo diritto societario, nel Tratt. Galgano, XXIX, Padova, 2003, p. 526; SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario , Milano, 2003, p. 258; DE ANGELIS, «La trasformazione nella riforma del diritto societario», in Società, 2003, p. 384; ID., «Trasformazioni eterogenee: sottintesi e reticenze della legge di riforma», ivi, 2005, p. 1221; LUPETTI, «Trasformazioni eterogenee da e in società di persone», ivi, 2005, p. 840 e ss.; MALTONI, La trasformazione eterogenea: in generale, in Maltoni - Tassinari, La trasformazione delle società, Milano, 2005, p. 228 e ss.; MOSCA, Commento all'art. 2498, in AA.VV., Trasformazione - Fusione - Scissione a cura di Bianchi, nel Comm. alla riforma delle società diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi e Notari, Milano, 2006, p. 17 e ss.; funditus, ID., Commento all'art. 2500-septies, ivi, p. 277 e ss., spec. p. 283 e ss.; e, in termini più generali, CETRA, Le trasformazioni "omogenee" ed "eterogenee", in AA.VV., Il nuovo diritto delle società diretto da Abbadessa e Portale, 4, Torino, 2007, p. 145; ma contra v. PALMIERI, Autonomia e tipicità nella nuova trasformazione, ivi, p. 109 e ss.; come già FERRI jr., Trasformazioni, fusioni, scissioni: introduzione alla nuova disciplina, in AA.VV., La riforma delle società di capitali a cura di Abriani e Onesti, Milano, 2004, p. 200 e ss. (si noti che sia Cetra che Palmieri, nei contributi testè riferiti, rispettivamente 160 s. e p. 114 e ss., pongono in evidenza il sospetto, o piuttosto il disfavore, che il legislatore ha costantemente nutrito - e tuttora mostra di nutrire, anche dopo la riforma - verso la trasformazione regressiva).

[nota 2] DE ANGELIS, op. ult. cit., p. 1223.

[nota 3] Ex plurimis SIMONETTO, Trasformazione e fusione delle società, nel Comm. Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1976, rist. 1984, p. 109 e ss.; TANTINI, Trasformazione e fusione delle società, nel Tratt. Galgano, VIII, Padova, 1985, p. 209 e ss.; SERRA, La trasformazione e la fusione delle società, nel Tratt. Rescigno, 17, Torino, 1985, p. 320.

[nota 4] Su questa interpretazione, a cui avevo prestato adesione, mi permetto rinviare alla mia monografia La trasformazione delle società, Milano, 1998, 3, p. 129 e 139 e ss., ove riferimenti; cfr., fra i molti, SILVETTI, voce Trasformazione e fusione, nel Noviss. Digesto it., XIX, Torino, 1973, p. 538; CAGNASSO, La trasformazione delle società, nel Comm. Schlesinger, Milano, 1990, p. 137; GASPERONI, voce Trasformazione e fusione di società, in Enc. del dir., LIV, Milano, 1992, p. 1034; SARALE, Trasformazione e continuità dell'impresa, Milano, 1996, p. 26; e CABRAS, Le trasformazioni, nel Tratt. Colombo - Portale, 7 ***, I, Torino, 1997, p. 137 e ss. e p. 243.

[nota 5] Che era la ragione per la quale studiosi come PATRIARCA, Trasformazione regressiva e principio di maggioranza, Padova, 1988, p. 67 e ss. e p. 141 e ss.; DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1999, p. 418; e WEIGMANN, I diritti delle minoranze, relazione al convegno di Como, 12-13 novembre 1999, in AA.VV., La corporate governance nelle società non quotate a cura di Rossi S. e Zamperetti, Milano, 2001, p. 13 e ss., avevano mostrato propensione per la tesi dell'unanimità.

[nota 6] TASSINARI, La trasformazione cd. regressiva (da società di capitali in società di persone) e le altre fattispecie di trasformazione cd. omogenea, in Maltoni - Tassinari, op. cit., p. 138.

[nota 7] Cfr. BUONOCORE, Le situazioni soggettive dell'azionista, Napoli, 1967, p. 256 e ss.; TANTINI, op. cit., p. 211 e ss.

[nota 8] ASCARELLI, «Trasformazione di società in cooperativa e viceversa. Deliberazione a maggioranza e deliberazione all'unanimità nel sistema delle società», in Foro it., 1956, I, c. 777; MARASA', Modifiche del contratto sociale e modifiche dell'atto costitutivo, nel Tratt. Colombo - Portale, 6*, I, Torino, 1993, p. 80 e ss., spec. 89; NICCOLINI, «Srl e deroga al principio maggioritario», in Notariato, 1996, p. 359; DE ANGELIS, op. ult. cit., p. 144 e ss.; PINARDI, La trasformazione, Milano, 2005, p. 158; CESARONI, Commento all'art. 2500-sexies, in AA.VV. Il nuovo diritto delle società a cura di Maffei Alberti, IV, Torino, 2005, p. 2492 e ss.; TASSINARI, op. cit., p. 139; MOSCA, Commento all'art. 2500-sexies, in AA.VV., Trasformazione - Fusione - Scissione, cit., p. 226 e 231 ss.; contra DONATO, La trasformazione: delle società di persone, delle società di capitali, l'atto e la sua pubblicità. La trasformazione eterogenea, in AA.VV., La riforma delle società. Aspetti applicativi a cura di Bortoluzzi, Torino, 2004, p. 526 e ss.

[nota 9] STAGNO d'ALCONTRES, La trasformazione delle società dopo la "riforma Vietti", in AA.VV., La riforma del diritto societario a cura di Di Cagno, Bari, 2004, p. 226; DE ANGELIS, Della trasformazione, nel Codice commentato delle società a cura di Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf e Salafia, Milano, 2004, p. 1245; DONATO, op. loc. cit.; TASSINARI, op. cit., p. 133 e ss. Contra PANZANI, La trasformazione, in AA.VV., Il nuovo diritto societario a cura di Ambrosini, II, Torino, 2005, p. 114; PINARDI, op. cit., p. 165 e ss.; e - seppure in senso dubitativo - CESARONI, op. cit., p. 2491; analogamente, ma per le sole SpA (e non anche per le Srl, per le quali la clausola dell'atto costitutivo che richiedesse l'unanimità dei consensi dovrebbe considerarsi pacificamente ammissibile), RESCIO, Le società azionarie. Assemblea dei soci. Patti parasociali, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2006, p. 189 e ss.; ed inoltre, senza però operare alcuna distinzione in proposito fra le SpA e le Srl, MOSCA, op. ult. cit., p. 220 e ss., ove riferimenti.

[nota 10] Per tutti v., da ultimo, PALMIERI, op. cit., p. 106.

[nota 11] Sull'argomento cfr. le mie «Osservazioni sull'invalidità della trasformazione», in Società, 2003, p. 1437 e ss.; cui adde DONATO, op. cit., p. 520 e ss.; BUFFA di PERRERO, Commento all'art. 2500-bis, in AA.VV., Trasformazione - Fusione - Scissione, cit., p. 87 e ss., spec. p. 95 e ss.; e IERMANO, Invalidità delle deliberazioni straordinarie e principio di stabilità, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società, cit., 4, p. 418 e ss.

[nota 12] Rinviando tout court alla rassegna critica dei diversi orientamenti ermeneutici declinata nel mio scritto «Dichiarazione di recesso e credito per la liquidazione della quota», in Società, 2004, p. 1364 e ss., spec. p. 1373 e ss., ove amplius.

[nota 13] DE ANGELIS, op. ult. cit., p. 1383.

[nota 14] Contra SALVATORE, «Il "nuovo" diritto di recesso nelle società di capitali», in Contratto e impresa, 2003, p. 641.

[nota 15] Per la quale propende TASSINARI, op. cit., p. 148 e ss.

[nota 16] Così pure GENOVESE, La trasformazione, in AA.VV., La riforma delle società di capitali e cooperative a cura di Starola, Milano, 2003, p. 333; DONATO, op. cit., p. 527; CESARONI, op. cit., p. 2493; MOSCA, op. ult. cit., p. 235, ove ulteriori riferimenti; e già, in tema di fusione, GEA, «Procedura di fusione di società di capitali: disponibilità o indisponibilità dei termini», in Notariato, 1996, p. 373.

[nota 17] Tale relazione deve essere predisposta obbligatoriamente dagli amministratori e non potrebbe, a mio avviso, mancare neppure se intervenisse un'espressa dispensa da parte di tutti i soci, trattandosi di documento dal quale anche i terzi, legittimati a prenderne conoscenza quale allegato ad un verbale assembleare esteso in forma di atto pubblico e destinato altresì alla pubblicazione nel Registro delle Imprese, possono trarre utili informazioni sulle ragioni dell'operazione nonché sulla situazione della società e sulle sue prospettive future (contra, però, NICOLINI, Trasformazione, fusione e scissione, relazione al convegno promosso dal Consiglio notarile di Bologna, 6 dicembre 2002, sul tema "La nuova disciplina delle società di capitali: prime considerazioni operative"; DONATO, op. cit., p. 527; e MOSCA, op. loc. ult. cit.). Quanto ai contenuti della medesima relazione, vi è una sostanziale analogia con quelli della relazione che gli amministratori sono tenuti a redigere in caso di fusione (art. 2501-quinquies, richiamato, per la scissione, dall'art. 2506-ter, comma I).

[nota 18] V. supra, in corrispondenza della nota 8.

[nota 19] Cfr. CETRA, op. cit., p. 161 e ss. Secondo la tesi avanzata, a questo proposito, dalla MOSCA, op. ult. cit., p. 229 e 233, il termine massimo entro cui i soci destinati ad assumere la responsabilità illimitata possono rassegnare la loro dichiarazione di consenso coinciderebbe con quello fissato dall'art. 2437-bis, comma I, per la comunicazione del recesso, da rendersi «entro quindici giorni dall'iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione che lo legittima». In alternativa, potrebbe plausibilmente ravvisarsi che il termine de quo sia quello assegnato dall'art. 2436 al notaio per il deposito del verbale contenente la delibera di cui, «verificato l'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge», egli è incaricato di richiedere l'iscrizione. Entro trenta giorni dalla chiusura del verbale, infatti, ove non ritenga di potere richiedere la predetta iscrizione non valutando adempiute tali condizioni, egli deve darne comunicazione agli amministratori, ai quali non resterà altro da fare che «convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti» nei trenta giorni successivi, non potendo certo riporre alcuna speranza in un ricorso al tribunale dall'esito quanto mai scontato, dipendendo il rifiuto del notaio dalla oggettiva mancanza di un elemento richiesto ab substantiam dalla legge per potersi richiedere l'iscrizione della delibera trasformativa. Con il che, tale deliberazione diverrebbe «definitivamente inefficace».

[nota 20] Sulla responsabilità del notaio in tale fattispecie v. altresì TASSINARI, op. cit., p. 141 e ss.

[nota 21] In argomento v. MOSCA, op. ult. cit., p. 238 e ss.

[nota 22] Questa considerazione sembra condivisa da SPOLIDORO, La semplificazione del procedimento di trasformazione, relazione al convegno di Milano dell'11 marzo 2004 sul tema "La nuova disciplina delle operazioni straordinarie", p. 14 (di cui è notizia in MOSCA, op. ult. cit., p. 239, nota 83). Contra, anche se la decisione venisse assunta con il consenso unanime di tutti i soci, TASSINARI, op. cit., p. 152.

[nota 23] Come postulato da MOSCA, op. ult. cit., p. 240.

[nota 24] Per la "pura e semplice restituzione" della garanzia, in qualunque caso, v. invece TASSINARI, op. cit., p. 153; analogamente, per la "liberazione" della stessa, conseguente all'assunto, peraltro accennato in modo apodittico, secondo cui «l'assegnazione della partecipazione nella società di persone comporta il venir meno delle cautele che a suo tempo avevano accompagnato il conferimento nella società a responsabilità limitata», v. MOSCA, op. ult. cit., p. 253.

[nota 25] Cfr. DE ANGELIS, «La trasformazione nella riforma del diritto societario», cit., p. 234 e ss., ove riferimenti.

[nota 26] Cfr. PINARDI, op. cit., p. 155 e ss.; e MOSCA, op. ult. cit., p. 254 e ss.

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