La trasformazione omogenea in società di persone
La trasformazione omogenea in società di persone
di Fabrizio Guerrera
Ordinario di diritto commerciale, Università degli studi di Messina

Notazioni introduttive

Nell'ambito delle trasformazioni c.d. omogenee, una posizione particolare occupa la fattispecie della trasformazione regressiva, e in particolare la trasformazione di società di capitali in società di persone, che ha trovato espressa - quantunque non esaustiva - regolamentazione nell'art. 2500-sexies c.c.

Anteriormente alla riforma del 2003, la figura era ben nota e applicata nella prassi, sulla base di indici normativi frammentari, ma inequivoci - quali gli artt. 2437 e 2447 c.c. - e suscitava una serie di problemi interpretativi e applicativi, almeno in parte superati dalla nuova regolamentazione. Nondimeno, l'interesse all'approfondimento dell'istituto deriva - oggi come ieri - essenziamente dalla "criticità" dei suoi profili procedimentali, cioè delle modalità e delle fasi attraverso cui si perviene all'effetto "ri-organizzativo" connesso al cambiamento del tipo e alla conseguente radicale modificazione dello statuto societario che è oggetto della deliberazione assembleare.

Di contro, il profilo effettuale e quello causale della trasformazione non sollevano particolari questioni, considerate: (i) la presupposta omogeneità dal punto di vista della struttura e dello scopo della società "risultante dalla trasformazione" rispetto alla società "trasformanda"; (ii) l'incontrovertibile applicazione del principio "di continuità" (art. 2498 c.c.) nel quale la dottrina tende a ravvisare, oltre che l'effetto principale, l'essenza stessa dell'istituto, giacché consente ai soci di proseguire l'esercizio dell'attività e di perpetuare il vincolo di destinazione del patrimonio in una forma organizzativa nuova, senza dovere procedere allo scioglimento e alla liquidazione della società e poi alla sua ricostituzione secondo un altro (nella specie, più elementare) tipo societario; (iii) la rigida proporzionalità prescritta ai fini dell'assegnazione delle partecipazioni ai soci (art. 2500-sexies c.c.), regola sulla cui portata occorreranno, peraltro, talune precisazioni (v. infra, "Ipotesi particolari di trasformazione regressiva"), con riguardo alle ipotesi di trasformazione regressiva che coinvolgono società dotate di una particolare struttura capitalistica; (iv) la severa disciplina della responsabilità patrimoniale, secondo cui quanti assumono la posizione di soci illimitatamente responsabili della società trasformata "rispondono illimitatamente anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione" (art. 2500-sexies, ult. comma c.c.), fatte salve le possibili interferenze (di cui si dirà più innanzi: infra, "Trasformazioni regressive deliberate in sede concordataria"), con la nuova disciplina delle procedure concorsuali.

Delibera assembleare e aspetti procedimentali dell'operazione

Dicevamo, dunque, che occorre concentrare l'attenzione soprattutto sui profili procedimentali della figura, cioè sulle modalità e sulle fasi della delibera assembleare di trasformazione, la quale tendenzialmente produce ex se il mutamento del "tipo", vale a dire della disciplina organizzativa della società.

Secondo la disciplina generale, la riorganizzazione programmata si realizza, infatti, e per di più irreversibilmente (art. 2500-bis c.c.), in virtù della pura e semplice iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione - la legge, per vero, parla più genericamente di "atto" - di trasformazione, che determina l'efficacia iniziale erga omnes del nuovo regime (artt. 2436, 2480, 2500 c.c.) e segna al contempo la cessazione di quello precedente. E dal momento che manca, rispetto alle operazioni sul capitale e alle altre operazioni straordinarie, una fase esecutiva, dalla quale scaturisca poi l'effettivo riassetto proprietario, corporativo e patrimoniale della società, e che risultano per ciò (oltre che per effetto della prescritta pubblicità "sanante") deboli e inadeguati i rimedi endosocietari, invalidativi e anche cautelari avverso gli atti deliberativi illegittimi, appare indispensabile che la tutela degli interessi coinvolti dall'operazione si realizzi innanzitutto preventivamente: vale a dire "a monte" della delibera, l'iscrizione della quale produrrebbe altrimenti - almeno in linea di principio - subito e definitivamente la modificazione organizzativa decisa.

Orbene, la trasformazione regressiva in esame presenta, proprio dal punto di vista del procedimento, a prescindere dalla previsione statutaria di specifici quorum assembleari, una particolarità che è data dalla necessaria acquisizione del « ... consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata» (art. 2500-sexies, comma 1 c.c.). Previsione normativa, questa, che traduce un principio di intangibilità della posizione dei soci capitalisti assistiti dal beneficio della responsabilità limitata, nonché di indisponibilità di tale prerogativa da parte della maggioranza deliberante la trasformazione, attribuendo ai primi - com'è stato detto - un diritto "di veto" rispetto all'operazione o, quanto meno, rispetto a una certa conformazione della stessa. Su questa linea, si è trovato dunque il compromesso fra la tesi unanimistica e la tesi maggioritaria (quest'ultima, controbilanciata soltanto dalla previsione legale inderogabile del diritto di recesso del socio dissenziente) prospettate nella dottrina anteriore alla riforma del 2003.

Resta tuttavia la difficoltà, per così dire "ricostruttiva", di conciliare la necessaria collegialità della deliberazione di modifica statutaria con l'altrettanto indispensabile individualità del consenso del singolo socio all'assunzione della responsabilità illimitata nella società risultante dalla trasformazione (problema, peraltro, non dissimile da quello che si pone per le modificazioni dell'atto costitutivo e la sostituzione degli amministratori nella Sapa: artt. 2457 e 2460). Difficoltà che non sembra superabile, se non nel quadro di una ricostruzione organica dell'intero procedimento di "ri-organizzazione" della società trasformanda, a partire da quella fase "preparatoria" che prende impulso - com'è consueto - da una decisione dell'organo amministrativo.

Relazione degli amministratori e consenso dei soci all'assunzione di responsabilità illimitata

L'art. 2500-sexies, comma 2 c.c. prescrive che gli amministratori predispongano una «relazione che illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione» e la depositino presso la sede sociale almeno trenta giorni prima dell'assemblea convocata per deliberare sull'operazione.

Di questa nuova disposizione si è sottolineato, da un verso, forse discutibilmente, l'attitudine ad esprimere un preteso "sfavore" del legislatore rispetto alle trasformazioni regressive che comportino l'abbandono della forma organizzativa capitalistica, l'accesso alla quale risulta invece, nella disciplina delle trasformazioni progressive (artt. 2500-ter, 223-bis disp. att. trans. c.c.), largamente agevolato; dall'altro, questa volta però in positivo, il potenziamento della c.d. informazione preassembleare, nella prospettiva di una maggiore "trasparenza" e "sindacabilità" del procedimento decisionale societario (tendenza peraltro riguardante molteplici operazioni sul capitale e straordinarie: cfr. artt. 2441, 2501-quinquies, 2506-ter c.c.), in funzione di antidoto agli abusi della maggioranza. Ed è appena il caso di osservare che, allorquando la trasformazione viene proposta in connessione alla riduzione obbligatoria per perdite del capitale della SpA o della Srl al di sotto del minimo legale, ai sensi degli artt. 2447 e 2482-ter c.c., ciò determina un'inevitabile dilatazione della fase "preparatoria" dell'assemblea, rispetto alla tempistica più stringente stabilita dagli artt. 2446 e 2482-bis c.c.

Ai fini del nostro discorso, conviene rimarcare soprattutto gli aspetti contenutistici della relazione, strettamente collegati alla "proposta" di deliberazione modificativa che gli amministratori sottopongono all'assemblea con il corredo di essa: aspetti che attengono agli effetti della trasformazione e quindi anche al risultato finale del procedimento modificativo in punto di "riorganizzazione della responsabilità" (patrimoniale) della società; e che valgono sicuramente a sostanziare e specificare la "proposta" di delibera di trasformazione sulla quale i soci sono chiamati a votare. Ne deriva, sul piano procedurale, che, a prescindere dalle variazioni del "progetto" di trasformazione regressiva della società di capitali decise dall'assemblea (sempre possibili, senza limitazioni di sorta, a differenza che nella fusione e nella scissione), l'individuazione dei soggetti destinati ad assumere la posizione di soci con responsabilità illimitata della Snc o della Sas da essa risultante verrà effettuata di norma già nella "relazione" e sarà dunque ampiamente nota al momento della riunione assembleare.

Ne discende ulteriormente che - anche in assenza di una esplicita dichiarazione da inserirsi, se formulata, nel corpo del verbale - l'espressione di voto favorevole alla approvazione della delibera da parte del socio interessato varrà come consenso individuale all'assunzione di responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. La legge non richiede, infatti, per la manifestazione di esso alcuna particolare forma e/o documentazione, al di fuori di quella indirettamente derivante dalla verbalizzazione "analitica" per atto notarile della deliberazione dell'assemblea e/o dagli eventuali allegati (artt. 2365, 2375, 2436 e 2480 c.c.). Mentre appare alquanto scolastica l'ipotesi di una confliggenza, per così dire, palese e "contestuale" fra l'espressione di voto favorevole (o contrario) e la manifestazione di consenso (o dissenso) alla assunzione della responsabilità illimitata.

Sembra il caso di precisare poi che, in sede assembleare, questa volontà potrà essere espressa anche da un "delegato" del socio non personalmente presente con l'osservanza delle regole di cui agli artt. 2372 e 2479-bis c.c. Ma poiché essa presenta, nella specie, una rilevanza distinta e ulteriore, che indubbiamente "eccede" la partecipazione al processo decisionale collettivo in nome e per conto del socio, mi sembrerebbe indispensabile che la procura conferita al delegato contenga l'espresso riferimento alla sua volontà di assumere una responsabilità illimitata nella società risultante dalla trasformazione. Più incerta è, invece, dato il contesto assembleare in cui la volontà del rappresentante si manifesta, la necessità della autentica della sottoscrizione.

(…Segue): voto di approvazione e consenso extra-assembleare

Una volta chiarito che il voto del socio sulla proposta di delibera trasformativa e il suo consenso all'assunzione di responsabilità illimitata nella società trasformata sono espressione di distinte "volontà" - la seconda delle quali soltanto ha propriamente carattere "negoziale" - risulta evidente la possibilità che esse siano manifestate non contestualmente e che, sul piano sostanziale, esse si formino indipendentemente l'una dall'altra e, al limite, anche contraddittoriamente.

Sotto il primo profilo, deve segnalarsi quindi la piena legittimità dell'acquisizione del consenso del futuro socio illimitatamente responsabile per "atto separato", cioè in sede extra-assembleare, tanto prima dell'adunanza nella quale si decide la trasformazione, quanto dopo l'approvazione della delibera. Ciò che rende possibile, appunto, deliberare la modifica organizzativa non soltanto, com'è indiscutibile, in assenza del socio interessato; ma anche - e qui si tocca il secondo dei due profili segnalati - in caso di sua astensione dal voto o persino di suo dissenso, rispetto alla volontà della maggioranza, allorquando si ritenga possibile superare entro breve tempo l'iniziale perplessità o contrarietà del socio che si intenderebbe preporre all'amministrazione o costituire "garante" ex lege delle obbligazioni sociali, nel nuovo assetto post-trasformazione.

In tutti i casi di adesione extra-assembleare, l'assenso del socio illimitatamente responsabile dovrà aversi, di regola, prima che venga richiesta, da parte del notaio verbalizzante, l'iscrizione della deliberazione modificativa nel Registro delle Imprese ai sensi dell'art. 2436 c.c. ed entro il termine di trenta giorni assegnatogli per tale incombente, trattandosi proprio di una delle "condizioni stabilite dalla legge" da verificarsi previamente. Inoltre, nel caso di specie, l'atto "separato" di consenso del socio all'assunzione della partecipazione sociale dovrebbe rivestire forma autentica - se non altro ai fini della "regolarità" del procedimento trasformativo -, essendo destinata a integrare e completare ab externo la deliberazione dell'assemblea, assoggettata agli obblighi pubblicitari prescritti dalla legge.

Sembrerebbe viceversa da escludere l'iscrivibilità nel Registro delle Imprese di una delibera di trasformazione incompleta, cioè "in attesa" del consenso del (futuro) socio illimitatamente responsabile (salvo, forse, che la società risultante dalla trasformazione sia, comunque, in grado di operare validamente a prescindere da quel consenso, come potrebbe avvenire nel caso di una Sas per la quale siano previsti più soci accomandatari, uno dei quali abbia già accettato regolarmente, mentre l'altro rivesta nelle more la posizione di semplice accomandante).

Sul piano generale, tuttavia, sembrerebbe da respingere la ricostruzione di tale vicenda modificativa alla stregua di una deliberazione "sospensivamente condizionata". L'assenso successivo del socio interessato non sembra configurabile, infatti, come un evento "esterno" futuro ed incerto, dal quale far dipendere l'efficacia di una deliberazione, concepita come, formalmente perfetta e completa: sia che si tratti di condizione volontaria (ed esplicita), sia, a maggior ragione, di condicio juris.

La trasformazione regressiva di società di capitali in società di persone costituisce in realtà - a differenza delle altre possibili trasformazioni della società, anche "eterogenee", e a simiglianza della trasformazione omogenea della SpA in una società in accomandita per azioni (arg. artt. 2457 e 2460 c.c.) - una "fattispecie complessa", nell'ambito della quale la delibera assembleare di modifica statutaria deve o inglobare l'assenso del socio destinato ad assumere responsabilità illimitata o almeno concorrere con esso. In mancanza di questo, che deve considerarsi appunto alla stregua di un "coelemento" della fattispecie, la delibera di trasformazione è radicalmente (e non soltanto provvisoriamente) inefficace, in quanto essa - in sé e per sé - non corrisponde strutturalmente al peculiare schema normativo di cui all'art. 2500-sexies, comma 1 c.c., difettando appunto l'atto di trasformazione di una componente essenziale.

Pubblicità della trasformazione, efficacia e recesso

Se si condivide questa visuale, secondo cui la delibera di trasformazione della società di capitali in una società di persone è - in quanto atto dell'organo assembleare -inidonea a produrre ex se, unitamente al cambiamento del tipo societario, il mutamento di regime della responsabilità patrimoniale individuale dei soci relativamente a quanti di loro non siano (espressamente) consenzienti, se ne deve dedurre la radicale inefficacia dell'atto di trasformazione, quand'anche sia stato iscritto erroneamente o peggio fraudolentemente nel Registro delle Imprese.

Nella trasformazione regressiva in esame, allora, la mancanza del consenso individuale del socio destinato ad assumere una responsabilità illimitata secondo la delibera non inficia la validità di questa, ben potendo esso venire acquisito successivamente, né fa sorgere un problema di "sanatoria" dell'invalidità della modifica statutaria, riconducibile come in altri casi sotto la previsione dell'art. 2500-bis c.c. (tale disposizione potrebbe, semmai, applicarsi alle ipotesi di consenso viziato). La mancanza totale del consenso determina, piuttosto, l'incompletezza strutturale della fattispecie trasformativa, e con essa l'inefficacia originaria della deliberazione modificativa, almeno relativamente alla estensione personale ai soci non espressamente consenzienti della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Si porrebbero, a questo punto, ulteriori problemi in materia di responsabilità risarcitoria e di tutela dell'affidamento dei terzi, che tuttavia non possono essere - in questa sede - convenientemente affrontati.

Certo è che il diritto di recesso spettante al socio il quale non abbia concorso alla approvazione della delibera, sebbene anche in quest'ipotesi attribuitogli inderogabilmente (artt. 2437 e 2473 c.c.), non può costituire la soluzione del problema delle trasformazioni regressive "strutturalmente inefficaci". Innanzitutto perché, il recesso costituisce un tipico rimedio endo-societario della minoranza rispetto al potere della maggioranza di "imporre" decisioni che alterano, quand'anche legittimamente, il contenuto economico-giuridico della partecipazione, cosicché esso pare destinato a rimanere "assorbito" da quel diritto "di veto" che, in questo caso, la legge attribuisce eccezionalmente al socio non disponibile alla assunzione di responsabilità illimitata. In secondo luogo, perché esso dovrebbe giocoforza operare ex nunc - alla stessa stregua, del resto, di una ipotetica revoca della deliberazione ex art. 2437-bis c.c. -, onde non gioverebbe a esentare il socio dissenziente-recedente dalla responsabilità anche solo momentaneamente assunta per le obbligazioni sociali pregresse, che costituisce un effetto basilare e indeclinabile della trasformazione della società di capitali in società di persone.

Il recesso è destinato ad operare dunque essenzialmente - se non esclusivamente - a favore degli "altri soci", i quali non condividono il nuovo assetto organizzativo e di potere della società, pur mantenendo il beneficio della responsabilità limitata. In ogni caso, deve ribadirsi che il voto e il consenso del socio chiamato a partecipare all'operazione, secondo le regole organizzative della società di capitali, costituiscono oggetto di due situazioni giuridiche distinte e inconfondibili, che si pongono in termini diversi rispetto al procedimento deliberativo assembleare.

Trasformazioni regressive deliberate in sede concordataria

Appaiono opportune, infine, alcune precisazioni in ordine all'ambito operativo della regola secondo cui quanti assumono la posizione di soci illimitatamente responsabili della società trasformata «rispondono illimitatamente anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione» (art. 2500-sexies, ult. comma c.c.), che - come si è osservato - riecheggia il principio dettato in materia di società personali dall'art. 2269 c.c.

Occorre considerare, al riguardo, che la trasformazione "regressiva", e in particolare quella di società di capitali in società di persone, interviene frequentemente in una fase di declino o di crisi dell'impresa ed in concomitanza all'abbattimento del capitale per perdite, come alternativa alla ricapitalizzazione e alla messa in liquidazione della società. Una fase, questa, in cui si pone normalmente anche il problema della "capienza" e della "liquidità" del patrimonio sociale ai fini del soddisfacimento dei creditori.

Rispetto a tale problema, soccorre oggi opportunamente la nuova disciplina del concordato preventivo e fallimentare (artt. 124 e 160 L. fall.) che stabilisce la possibilità di prevedere, in seno alla proposta di concordato, il compimento di "operazioni straordinarie" idonee a consentire la soluzione negoziale della crisi o dell'insolvenza societaria, anche al di là degli schemi tradizionali del concordato per garanzia o con assunzione o con cessione dei beni ai creditori. E, fra queste operazioni, rientra senz'altro la trasformazione regressiva di una società di capitali in società di persone (cfr. in tal senso pure l'art. 2499 c.c.), quantunque essa possa non apparire di per sé risolutiva, non modificando né il soggetto passivo del rapporto obbligatorio, né la consistenza patrimoniale dello stesso.

Nondimeno, nell'ottica della soluzione concordataria, il consenso all'assunzione della qualità di socio illimitatamente responsabile nell'assetto post-trasformazione, da parte di un soggetto adeguatamente solvibile, il quale si presti a supplire al deficit di garanzia patrimoniale della società in crisi o insolvente, può integrare un aspetto decisivo della proposta ai fini della sua valutazione di convenienza (da parte degli organi della procedura e dei creditori) e dell'effettiva copertura del fabbisogno concordatario. è evidente, tuttavia, che in tanto il socio sarà interessato a rinunciare al beneficio della responsabilità limitata che lo assiste in relazione alle obbligazioni sociali verso i creditori concorsuali (senz'altro da ricomprendersi fra quelle anteriori alla trasformazione), in quanto l'accesso al concordato gli offra la prospettiva di una almeno parziale "esdebitazione".

Ecco allora che, grazie ai maggiori spazi disponibili per l'autoregolamentazione dell'insolvenza - si pensi anche alla possibilità di suddividere i creditori in "classi" allo scopo di differenziarne il trattamento, in ragione dell'importo e della risalenza del debito -, persino le regole cogenti della "retroattività" e della "illimitatezza" della responsabilità di taluni soci nel nuovo assetto societario risultante dalla trasformazione, possono ricevere nella pratica, se non una deroga, un notevole temperamento, nel senso di una particolare dilazione e di una restrizione quantitativa.

Ipotesi particolari di trasformazione regressiva

Restano da trattare brevemente, in conclusione, alcune ipotesi singolari, ma non del tutto marginali, di trasformazione regressiva che coinvolgono le società dotate di una particolare "struttura capitalistica".

Qualche problema si è posto, ad esempio, per la trasformazione regressiva "diretta" di società di capitali unipersonale in società di persone, che sembrerebbe preclusa, già in linea generale, dal disposto dell'art. 2500, comma 2 c.c., secondo cui «l'atto di trasformazione è soggetto alla disciplina prevista per il tipo adottato … ». A maggior ragione, tale operazione appare impraticabile con riferimento alla Sas, che dovendo avere due tipologie di soci, non potrebbe sorgere direttamente dalla delibera di trasformazione, neanche ove si preveda una transitoria operatività con un unico socio, come si potrebbe immaginare per la Snc Tuttavia, si tratta, com'è evidente, di un problema agevolmente superabile nella prassi "pluralizzando" la compagine sociale mediante una cessione di azioni o di quota, già anteriormente alla delibera di trasformazione.

Altri problemi possono nascere in caso di trasformazione di una Srl con soci d'opera o con soci dotati di particolari diritti o di una SpA che abbia emesso azioni di categoria speciale o con prestazioni accessorie.

A tal proposito, senza indugiare per esigenze di sintesi nell'analisi dettagliata dei singoli casi, possono enunciarsi i seguenti principi di massima: (i) per quanto riguarda la Srl, fintantoché la peculiare conformazione della partecipazione sociale sia riproducibile in concreto e senza alterazioni rilevanti nell'assetto societario post-trasformazione (ad esempio, collocando il socio interessato nella posizione di accomandante), l'operazione potrà essere deliberata con le maggioranze statutarie prescritte e non necessariamente all'unanimità; (ii) per quanto riguarda le SpA, potrà risultare necessaria l'approvazione delle assemblee speciali o la previa conversione delle azioni di categoria in azioni ordinarie, allorquando l'operazione comporti un "pregiudizio" diretto o indiretto ai relativi possessori, mentre le prestazioni accessorie a carico dell'azionista potranno continuare senz'altro alle condizioni antecedentemente pattuite a favore della società trasformata; (iii) sia per le SpA, sia per le Srl, eventuali difficoltà o incongruenze che si presentino nei "rapporti interni" fra i soci, in conseguenza del mutamento del tipo societario, non potranno essere superate derogando al principio di rigida proporzionalità prescritto dall'art. 2500-sexies c.c. per l'assegnazione delle partecipazioni ai soci: e ciò nemmeno ove vi fosse l'unanimità dei consensi, giacché la possibilità di attribuire partecipazioni "non proporzionali" ai conferimenti (artt. 2346, comma 4 e 2468, comma 2 c.c.) deve ritenersi strettamente limitata alla fase costitutiva della società (rectius: del nuovo capitale sociale), mentre non appare utilizzabile durante societate e indipendentemente da un aumento del capitale, anche in concomitanza ad una operazione di trasformazione, legittimandosi altrimenti trasferimenti di ricchezza indiretti o dissimulati, comunque assai poco trasparenti, al di fuori degli schemi legali di circolazione delle partecipazioni sociali.

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