La trasformazione omogenea in società di capitale: profili procedimentali
La trasformazione omogenea in società di capitale: profili procedimentali
di Nicola Riccardelli
Notaio in Latina, Professore a contratto di diritto delle contrattazioni telematiche Università di Sassari

Premessa

L'art. 7 della legge delega per la riforma del diritto societario (L. 3 ottobre 2001, n. 366) vincolava il riformatore a ridisegnare l'istituto della trasformazione nel rispetto di tre direttive fondamentali: 1) semplificare e precisare il procedimento, nel rispetto, per quanto concerne le società di capitali, delle direttive comunitarie; 2) disciplinare possibilità, condizioni e limiti delle trasformazioni e delle fusioni eterogenee; 3) introdurre disposizioni dirette a semplificare e favorire la trasformazione delle società di persone in società di capitali. Il legislatore delegato, come noto, ha ritenuto opportuno regolamentare la trasformazione adottando un sistema di norme molto più corposo rispetto a quello precedente e con una disciplina dettagliata dell'intero istituto [nota 1]. Le nuove regole possono sostanzialmente dividersi in tre gruppi di norme riguardanti rispettivamente: a) la disciplina comune a tutte le trasformazioni (dall'art. 2498 all'art. 2500-bis); b) la trasformazione omogenea (dall'art. 2500-ter all'art. 2500-sexies); c) la trasformazione eterogenea (dall'art. 2500-septies all'art. 2500-novies). Si è voluto così ampliare notevolmente l'utilizzo dell'istituto della trasformazione prevedendo espressamente nuove ipotesi di trasformazione suggerite già dalla dottrina, adottate dalla prassi e riconosciute dalla giurisprudenza [nota 2]. Le norme in materia di trasformazione omogenea risultano sicuramente meno dirompenti del sistema rispetto a quelle - che costituiscono una novità assoluta per il nostro codice - in materia di trasformazione eterogenea. Ciononostante anche nell'ambito della trasformazione omogenea le novità introdotte dalla legge di riforma non sono di poco momento. Basti solo pensare alla opportuna precisazione contenuta nell'art. 2500-ter che il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell'attivo e del passivo; alla previsione di cui all'art. 2500-quater che riconosce anche al socio d'opera il diritto all'assegnazione di una parte del capitale della società derivante dalla trasformazione; alle novità previste per la trasformazione omogenea regressiva di cui all'art. 2500-sexies. Ma l'innovazione di maggiore impatto sistematico è sicuramente quella che riconosce alla maggioranza dei soci, determinata secondo la partecipazione attribuita a ciascuno negli utili, di decidere la trasformazione della società di persone in società di capitali (art. 2500-ter). Tale previsione, volta a favorire l'abbandono di tipi sociali con responsabilità illimitata dei soci in favore di società con strutture organizzative più evolute e con il regime di responsabilità limitata dei soci, suggerita e voluta anche dal legislatore delegante, genera più di una asimmetria all'interno del codice. Per regola generale, art. 2252 c.c., nel nostro sistema, come è fin troppo noto, ogni modifica del contratto di società personali richiede il consenso di tutti i soci, semprechè non sia stabilito diversamente nel contratto sociale. Non sembra agevole giustificare sul piano sistematico la differenza dei quorum deliberativi richiesti dalla legge. Unanimità dei consensi dei soci per la modifica di ogni elemento (anche) minimo del contratto e semplice maggioranza per la trasformazione in società di capitali. In quest'ultima ipotesi si va a modificare l'intera struttura societaria, con possibilità di incidere negativamente sulla posizione soggettiva del socio assente, dissenziente o astenuto!

Così come non si comprende perché i soci di una società in nome collettivo possono decidere a maggioranza il passaggio ad una società di capitali (trasformazione omogenea c.d. progressiva, art. 2500-ter) mentre debbono essere tutti d'accordo quando decidono di trasformarsi in una società in accomandita semplice: cioè nell'ipotesi di trasformazione omogenea di società di persone in altra società di persone, per la quale opererà il principio generale dell'unanimità di cui all'art. 2252 c.c. Sistematicamente rilevante è anche la regola dell'art. 2502 c.c. che consente l'adozione della decisione di fusione delle società di persone con il consenso della maggioranza dei soci determinata, anche qui, in base alla partecipazione attribuita a ciascuno negli utili. Quindi, secondo la regola generale, una trasformazione da una società di persone ad altra società di persone può essere decisa solo da tutti i soci mentre per un'altra operazione straordinaria, come la fusione tra più società personali, risulta sufficiente il consenso della maggioranza dei soci [nota 3].

Infine non si comprende perché una società di persone, nemmeno con il consenso di tutti i soci, possa trasformarsi in un consorzio, in una società consortile, in una cooperativa, in una comunione di azienda o in una associazione riconosciuta, quando, come più volte ricordato, lo stesso legislatore consente alla maggioranza degli stessi soci di trasformarsi in una società di capitali, la quale solo successivamente potrebbe poi, a sua volta, trasformarsi in un consorzio, in una società consortile, in una cooperativa, in una comunione di azienda o in una associazione riconosciuta. Non pare giustificabile quindi l'esclusione delle società personali dall'ambito delle trasformazioni eterogenee. Tenuto conto che la trasformazione eterogenea di una società di persone può essere realizzata solo con una doppia trasformazione, è possibile ritenere che la riforma - almeno su questo punto - ha disatteso sia la direttiva della legge delega che imponeva di semplificare in generale il procedimento di trasformazione (art. 7 lett. a) sia l'altra direttiva per la quale bisognava favorire la trasformazione delle società personali in società di capitali. [nota 4]

La decisione dei soci di trasformare la società: aspetti procedimentali

La legge di riforma nel tentativo di avvicinare la disciplina degli istituti della trasformazione, della fusione e della scissione, prevedendo, per tutti gli istituti regole volte a semplificare e precisare il relativo procedimento, ha utilizzato per la prima volta nella disciplina generale della trasformazione l'espressione «atto di trasformazione» (art. 2500 c.c. e art. 2500-bis c.c.). Ciò potrebbe indurre l'interprete a ritenere che anche la trasformazione - al pari della fusione e della scissione - si realizza e si struttura in due momenti distinti: l'adozione della decisione di trasformazione e la stipula dell'atto di trasformazione. Tale situazione potrebbe verificarsi solo se i soci decidono volontariamente di distinguere i due momenti anche in base alle loro personali e contingenti esigenze (si pensi, ad esempio, all'ipotesi in cui vi è difficoltà ad avere la disponibilità di tutti i soci in un determinato luogo e ora; oppure al caso in cui i soci decidano di riservarsi un determinato periodo di tempo per "formalizzare" la loro decisione in un successivo atto pubblico). Ma normalmente, come confermato dalla prassi in modo costante, la decisione di trasformazione e l'atto di trasformazione sono contestuali e sono riprodotti in un unico documento. Tale questione, unitamente alla previsione dell'art. 2500-ter c.c. che ammette la trasformazione omogenea progressiva a maggioranza, introduce il tema delle modalità procedimentali da osservarsi al fine di acquisire i consensi dei soci costituenti la maggioranza calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili. In proposito può osservarsi che il legislatore della riforma non sembra che abbia voluto introdurre ad ogni costo il c.d. metodo assembleare nell'ambito delle società di persone [nota 5]. Contro tale conclusione si potrebbe richiamare la disposizione dell'art. 2500, 2° comma, c.c., secondo cui «l'atto di trasformazione è soggetto alla disciplina prevista per il tipo adottato ed alle forme di pubblicità relative». Questa norma potrebbe significare che alla trasformazione progressiva di società di persone debbono applicarsi le norme relative alla società (di capitali) risultante dalla trasformazione. Continuando in questa direzione si potrebbe finire col sostenere che la decisione di trasformazione omogenea progressiva deve essere adottata dalla maggioranza dei soci in una adunanza collegiale, appositamente convocata, nel rispetto dell'intero procedimento assembleare (convocazione, deposito della documentazione ed esercizio del relativo diritto di informazione dei soci, costituzione dell'assemblea, discussione, votazione, verbalizzazione, ecc.) [nota 6]. Tale conclusione finirebbe con l'applicare la disciplina della società risultante dalla trasformazione (o "di arrivo") prima che la trasformazione stessa risulti pienamente efficace. Si pensi a tutte le ipotesi in cui il procedimento di trasformazione non si concluda regolarmente, oppure ai casi di revoca della decisione di trasformazione ecc. In tutti questi casi non sembra possibile applicare anticipatamente alla società di persone "di partenza" la disciplina del tipo sociale propria della società "di arrivo". Una anticipata applicazione della disciplina della società di arrivo - trattandosi di una evidente eccezione alla regola comune - può ammettersi solo in presenza di una chiara e specifica disposizione di legge. Sembra preferibile, allora, in aderenza al dettato normativo, leggere il non facile (ed infelice) testo dell'art. 2500, 2° comma, c.c., in senso riduttivo, nel senso, cioè, di ritenere l'atto di trasformazione vincolato alla disciplina del tipo risultante dalla trasformazione limitatamente al contenuto necessario ed alla forma dell'atto stesso di trasformazione [nota 7].

L'esclusione dell'applicazione letterale dell'art. 2500, 2° c.c. alla fattispecie in esame, non comporta l'automatica negazione del diritto di informazione dei soci di minoranza. Il diritto di questi ultimi ad essere informati preventivamente delle intenzioni dei soci di maggioranza di trasformare la società, deriva direttamente dal contratto sociale. èin base al principio di correttezza e di buona fede che i soci di maggioranza sono tenuti a comunicare a tutti gli altri soci la possibilità di trasformare la società in altro tipo sociale. Al riguardo si deve riconoscere che, stante l'assenza di precisi indici normativi di riferimento, potrebbe risultare difficoltoso stabilire, in concreto, se un determinato comportamento della maggioranza in materia violi o meno i citati principi di correttezza e di buona fede [nota 8].

Una volta riconosciuta la validità anche del c.d. metodo referendario per la raccolta dei consensi dei soci per la trasformazione di società personali, dovrà - di conseguenza - ritenersi legittimo il comportamento della maggioranza che, dopo aver avvisato opportunamente i soci di minoranza, provveda a raccogliere detti consensi separatamente uno dall'altro, eventualmente anche dal punto di vista documentale, al di fuori di ogni consesso collegiale. In questo caso si ritiene che vi sia dissociazione temporale tra i vari atti di raccolta dei consensi dei soci e il successivo atto di trasformazione che documenterà anche i consensi espressi dai soci separatamente [nota 9]. In realtà nei casi in cui i soci decidano di manifestare il loro consenso al di fuori della sede assembleare, il ricorso al secondo atto (quello di trasformazione vero e proprio) deve considerarsi eventuale ma non essenziale. Si vuole qui evidenziare la possibilità che i soci possano manifestare il loro consenso alla trasformazione all'interno di un documento (identico per tutti i soci che lo sottoscrivono) redatto in forma pubblica (nel rispetto dell'art. 2500, 1° comma, c.c.) e contenente tutti gli elementi richiesti dalla legge per la trasformazione, quindi tutti gli elementi fissati per l'atto costitutivo di SpA o di Srl, incluso lo statuto, ivi compresa anche, in allegato, la relazione di stima redatta ai sensi dell'art. 2500-ter , 2° comma, c.c. Così facendo non pare essenziale una ripetizione o una riproduzione della volontà dei soci in un successivo documento redatto in forma pubblica e contenente l'atto di trasformazione. Nell'ipotesi prospettata si assiste ad una fattispecie di trasformazione a formazione progressiva, nella quale gli elementi della fattispecie sono i consensi dati dai soci in modo separato sulla base di un documento contenente tanto la decisione in ordine alla trasformazione che l'atto vero e proprio di trasformazione. L'ultimo dei documenti sottoscritti, necessario al conseguimento della maggioranza dei consensi, determinerà la conclusione del procedimento previsto. Oggetto di pubblicità, in questo caso, non sarà un unico atto ma più atti, quelli necessari a conseguire la maggioranza, i quali (tutti) dovranno essere iscritti in unica soluzione nel Registro delle Imprese.

Le questioni interpretative sopra segnalate sono di per sé bastevoli per convincersi dell'assoluta opportunità di inserire nei patti sociali, tanto delle società personali preesistenti quanto di quelle di nuova costituzione, clausole volte a regolamentare i quorum deliberativi e le analitiche modalità di assunzione della decisione di trasformazione. è questa una materia, in cui l'opportuno esercizio dell'autonomia statutaria dei soci che dovrebbe essere sollecitato anche dai consulenti dei soci o della società [nota 10], può efficacemente eliminare i dubbi e le possibili controversie derivanti dall'ambiguità del sistema normativo.

(…Segue): i quorum

La scelta del riformatore nel favorire il passaggio dalle società personali a quelle di capitali è stata quella di consentire l'adozione della relativa decisione a maggioranza dei soci «determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili». Occorre ricordare che nel sistema delle società personali, quando si è trattato di modificare l'atto costitutivo, in deroga alla regola dell'unanimità dei consensi, il legislatore ha preferito utilizzare un concetto di maggioranza dei soci calcolata per teste: si veda il caso dell'esclusione del socio (art. 2287, 1° comma, c.c.) [nota 11]. Nel decidere la trasformazione, salvo diversa disposizione del contratto sociale, non contano più le persone dei soci ma solamente le loro prospettive di guadagno. Per questa scelta del legislatore delegato i primi commentatori della riforma hanno espresso più di qualche dubbio [nota 12]. Forse il voto per teste si inseriva meglio nel sistema delle società personali dove prevale - come noto - la persona del socio e nel quale la quota di partecipazione al capitale e/o la misura della sua partecipazione agli utili, normalmente, assumono minore rilevanza nell'ambito di tutto il contratto sociale.

Il nuovo criterio legale di determinazione della maggioranza per la trasformazione omogenea progressiva può determinare l'insorgere di difficili questioni applicative nei casi in cui la partecipazione agli utili del socio d'opera non risulti fissata inizialmente nel contratto sociale. In questo caso, per consentire al socio d'opera di partecipare alla decisione in ordine alla trasformazione, è necessario ricorrere al giudice, il quale, ai sensi dell'art. 2263, 2° comma, secondo equità, dovrà stabilire quanta parte dei guadagni e delle perdite spettano al socio d'opera [nota 13].

L'art. 2500-ter, come più volte ricordato, ritiene valida una «diversa disposizione del contratto sociale». L'autonomia statutaria, espressamente sancita dalla norma in commento, consente ai soci di inserire nei patti sociali deroghe al regime previsto dalla legge. Tali deroghe possono sia riguardare la percentuale di maggioranza fissata dalla legge sia le modalità di calcolo della stessa maggioranza. Deroghe del primo tipo saranno ammissibili nelle sole ipotesi in cui risulti innalzata la percentuale stabilita dal legislatore (saranno così valide le clausole che impongono una maggioranza pari ai 2/3 o ai 3/4, oppure ancora, l'unanimità dei consensi dei soci); più ampia sembra essere l'autonomia per il secondo tipo di deroghe: qui è possibile, ad esempio, abbandonare il criterio legale di calcolo della maggioranza e prevedere che essa venga calcolata per teste ovvero ancora in base al capitale sociale posseduto [nota 14]. Si potrebbero ancora stabilire differenze in base alla categoria dei soci (unanimità per gli accomandatari e maggioranza per gli accomandanti) oppure in base alla presenza di una determinata figura di socio, come il socio d'opera (consenso o unanimità del [o di tutti i] socio[i] d'opera) ovvero di uno o più determinati soci (nel rispetto, ovviamente, della maggioranza richiesta dalla legge). Infine può risultare possibile combinare deroghe del primo tipo con quelle del secondo sopra indicate (ad esempio maggioranza di 3/4 dei soci calcolata per teste, e cosi via).

L'assenza di una disposizione di carattere transitorio per l'applicazione dell'art. 2500-ter, relativamente alla possibilità di trasformazione a maggioranza della società, ha originato, come era facilmente ipotizzabile, numerose incertezze sia tra gli interpreti che, soprattutto, tra gli operatori del diritto. Il punto maggiormente controverso è se la deroga al principio dell'unanimità vale solo per le società costituite dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004) oppure è consentita l'applicazione anche alle società preesistenti a tale momento. I primi commentatori [nota 15] della riforma e anche una parte minoritaria della giurisprudenza [nota 16], tenuto conto che la nuova regola sovverte il principio di unanimità, sul quale i soci avevano comunque fatto affidamento nel momento della sottoscrizione del contratto sociale, hanno proposto una lettura restrittiva delle nuove disposizioni e hanno ritenuto di limitare l'applicazione dell'art. 2503-ter solo alle società costituite dopo il 1 gennaio 2004. Successivamente la dottrina [nota 17] e la giurisprudenza maggioritaria che si è finora formata al riguardo [nota 18], non hanno condiviso tale punto di partenza ed ha incominciato a proporre una soluzione in cui riveste importanza fondamentale l'analisi dei patti sociali e le clausole in essi contenute. Si sono ipotizzate al riguardo almeno tre differenti categorie di contratti (o patti) sociali nei quali: a) non si rinvengono clausole che stabiliscono regole relative al procedimento di modifica dell'atto costitutivo; b) si rinvengono clausole che rinviano genericamente alla disciplina di legge; c) vi sono clausole che fanno espresso rinvio alla regola unanimistica o che richiamano espressamente l'art. 2252 c.c. Nel primo caso i soci, non avendo stabilito alcunchè in merito alle modifiche dell'atto costitutivo, hanno inteso fare implicito riferimento alla norma di volta in volta vigente. Nel secondo caso, invece, il rinvio operato dai soci deve ritenersi meramente formale e, quindi, come tale variabile con il mutare della norma. Qui i soci non hanno inteso richiamare la fissità della disposizione normativa e, quindi, non hanno inteso vincolarsi ad un determinato disposto normativo [nota 19]. Di conseguenza anche qui sarà applicabile la nuova disposizione e i soci potranno adottare la decisione di trasformazione con la maggioranza di cui all'art. 2503-ter c.c. Nell'ultima ipotesi, invece, il rinvio è effettuato in modo sostanziale o materiale e, quindi, ancorato ad una determinata disposizione normativa e, come tale, fisso. In questo caso la norma sopravvenuta non potrà mai applicarsi proprio perché i soci hanno inteso vincolarsi ad una regola fissata in modo inequivocabile nell'ambito del contratto sociale.

(…Segue): i limiti all'autonomia statutaria dei soci

I soci che intendono decidere la trasformazione incontrano - in generale - gli stessi limiti di autonomia statutaria che l'ordinamento pone per la costituzione delle società di capitali. In sede di trasformazione ai soci, inoltre, non è consentito, senza il consenso degli aventi diritto, modificare in peius la posizione soggettiva di un socio. Alla maggioranza, pertanto, non è consentito comprimere od eliminare i diritti e i poteri vantati in precedenza dai soci assenti, dissenzienti o astenuti. Così, ad esempio, non sarà possibile mutare il regime di responsabilità di uno dei soci ad opera della maggioranza. In base al nuovo sistema, infatti, con la sottoscrizione del contratto sociale il socio acquista un diritto soggettivo alla responsabilità limitata che non può essere eliminato dalla maggioranza. Deve ritenersi inammissibile, quindi, una trasformazione a maggioranza di una Sas in cui l'accomandante (assente, dissenziente o astenuto) assuma la veste di accomandatario nella Sapa risultante dalla trasformazione. Così come non sarà possibile decidere a maggioranza una trasformazione di una Sas in Snc senza il consenso del socio accomandante.

(…Segue): i controlli

L'atto di trasformazione, ai sensi dell'art. 2500 c.c. 2° comma, è soggetto alle forme di pubblicità previste per la società risultante dalla trasformazione. In caso di trasformazione di società personali in società di capitali, l'atto relativo sarà sottoposto ai controlli previsti dalla legge per la sua iscrizione nel Registro Imprese. Tali controlli sono, per regola generale, affidati al Conservatore del Registro delle Imprese e, principalmente, al notaio rogante. Mentre il primo dei due soggetti indicati effettua un controllo di mera regolarità formale dell'atto da iscrivere, al notaio rogante sono affidati i veri e propri compiti di controllo sostanziale dell'atto. L'attuale sistema di controllo degli atti di società di capitali, come noto, prevede l'intervento notarile secondo due differenti modalità: a) un controllo preventivo (alla stipula dell'atto costitutivo) che riguarda essenzialmente tutti gli atti costitutivi di società di capitali (art. 2330 c.c. per le SpA e art. 2463 c.c. per le Srl che richiama l'art. 2330; art. 2523 c.c. per le società cooperative); b) un controllo successivo (alla verbalizzazione dell'adunanza assembleare) in materia di delibere assembleari (o di organi amministrativi delegati) aventi ad oggetto modifiche statutarie (art. 2436 c.c. richiamato dalla disciplina della Srl negli artt. 2480 e 2481 c.c. e dalla disciplina delle cooperative nell'art. 2545-novies). Il notaio, nell'ipotesi in cui chieda l'iscrizione di atti costitutivi o di verbali assembleari da lui ricevuti, «quando risultino manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge», oltre a violare il disposto dell'art. 28, della legge notarile, sarà punito con la sospensione dall'esercizio della professione e con una sanzione pecuniaria (art. 138-bis legge notarile). In base al riferito quadro normativo e alla circostanza che nelle ipotesi di trasformazione omogenea progressiva, la società di arrivo è una società di capitali e, come tale, sottoposta ai controlli previsti dalla legge per la sua iscrizione nel Registro delle Imprese, può sorgere il dubbio in quale delle due categorie, sopra elencate, inserire i controlli da effettuare sull'atto di trasformazione di cui qui si discute. In proposito si possono prospettare almeno tre differenti soluzioni: a) la trasformazione progressiva di società di persone non rientra in nessuna delle ipotesi sopra indicate e, quindi, non è soggetta ad alcun controllo notarile; b) la trasformazione può essere equiparata alla costituzione di una nuova società per cui il controllo sarà necessariamente preventivo; c) la trasformazione in nessun caso può assimilarsi alla costituzione di una nuova società, anzi le (diverse) modalità per mezzo delle quali si (potrebbe) giunge(re) all'atto di trasformazione, fanno ritenere applicabile un controllo successivo all'atto di trasformazione. Va subito precisato che la prima soluzione non è minimamente accettabile in quanto, per principio generale, tutte le società di capitali tanto nella fase costitutiva quanto in quella modificativa devono essere sottoposte al controllo preventivo per l'iscrizione nel Registro delle Imprese. Sarebbe sistematicamente inaccettabile che la nascita di una nuova società di capitali, derivante dalla trasformazione, risulti sottratta a detto controllo. Inutile sottolineare, oltretutto, che in tal modo si aprirebbe una falla nell'ambito dei sistemi di controllo, per cui se si volesse sottrarre un determinato statuto di una società di capitali al controllo di cui si discute, sarebbe sufficiente utilizzare proprio l'istituto della trasformazione progressiva in società di capitali.

La seconda soluzione per la quale è possibile concepire il controllo sull'atto di trasformazione come controllo preventivo può giustificarsi ove solo si consideri che tradizionalmente, sotto il profilo dei controlli che qui interessa, la trasformazione viene concepita come costituzione di nuova società e tale concezione risulta confermata dalle nuove disposizioni dell'art. 2500 c.c. per il quale l'atto pubblico di trasformazione deve contenere le indicazioni previste dalla legge per l'atto costitutivo del tipo adottato ed è sottoposto alla medesima disciplina in materia di forma e pubblicità (e, quindi, anche in materia di controlli). Questa soluzione, inoltre, trova conferma anche in un forte argomento letterale contenuto nella norma sanzionatoria della legge notarile in materia di controlli. L'art. 138-bis, 1° comma, infatti, prevede che viola l'art. 28 della legge notarile il notaio che «chiede l'Iscrizione nel Registro delle Imprese delle deliberazioni di società di capitali, dallo stesso notaio verbalizzate, quando risultino manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge». La norma, quindi, limita espressamente la sanzione solo nei casi di iscrizione nel Registro delle Imprese di delibere di società di capitali. L'art. 138, 1° comma, quindi, trattandosi di norma sanzionatoria, non può essere applicato a fattispecie diverse da quella espressamente menzionata, ancorchè simile a questa. Le conseguenze di tale opzione interpretativa non sono di poco momento per il notaio: egli dovrà necessariamente effettuare il controllo preventivo sull'atto di trasformazione e, nell'ipotesi in cui ravvisi elementi tali che non ne consentirebbero la iscrivibilità nel Registro delle Imprese, dovrà rifiutarsi di ricevere l'atto. Non sarebbe perciò possibile un rifiuto di iscrizione successivo alla ricezione dell'atto con possibilità per la società di rivolgersi al giudice al fine di ottenere un provvedimento di omologazione dell'atto stesso. Questa prospettiva, come è intuibile, rende particolarmente gravoso il compito del notaio, il quale, a prescindere anche dall'ipotesi - più complicata - in cui i soci abbiano volontariamente adottato il c.d. metodo assembleare, quando viene richiesto di ricevere un atto di trasformazione, si trova - per legge - costretto ad indagare la volontà delle parti e potrebbe ricevere (solamente) in quel momento richieste di tipologie di trasformazioni che possano richiedere tempi lunghi di studio e di accertamento della loro conformità all'ordinamento. Egli, durante la stessa seduta, potrebbe non essere pronto a decidere la soluzione dei problemi e delle questioni giuridiche sottoposte al suo giudizio: si tratta di una situazione molto simile a quella che viene a crearsi in sede di assemblee di società di capitali. Questa similitudine è indirettamente confermata da una norma in tema di trasformazione eterogenea. L'art. 2500-octies, primo comma, infatti, almeno sotto il profilo che qui ci interessa, tratta sullo stesso piano le trasformazioni in società di capitali da parte di consorzi, società consortili, comunione d'azienda, associazioni riconosciute e fondazioni. Qui la legge non opera distinzioni tra la delibera di trasformazione di una società consortile (sottoposta a controllo successivo) e la decisione dei consorziati o quella dei comunisti d'azienda di trasformare il loro ente o la comunione d'azienda in una società di capitali. Non sembra che abbia molto fondamento sostenere che nell'ambito dell'unitaria disciplina delle trasformazioni eterogenee, la delibera della società consortile deve essere sottoposta a un controllo successivo mentre le decisioni dei consorziati e dei comunisti d'azienda deve essere controllata preventivamente perché la legge non prevede nulla al riguardo. L'incertezza interpretativa segnalata è sicuramente figlia della non corretta formulazione dell'art. 138-bis, legge notarile, il quale, inopinatamente, non comprende nel proprio novero, anche le decisioni di società personali, di consorzi, di associazioni, di comunisti d'azienda ecc., avente ad oggetto la trasformazione in una società di capitali. Potrebbe, in casi del genere, proporsi, allora, una interpretazione evolutiva estensiva dell'art. 138-bis citato, una interpretazione che prende le proprie origini proprio dal dogma della completezza del sistema giuridico. Il significato della norma in questione non comprende le fattispecie segnalate (in parte perché non previste dal legislatore storico) e tale lacuna normativa priverebbe di ogni disciplina le stesse fattispecie di cui qui si discute. L'interpretazione evolutiva della norma, invece, anche nel caso - come quello che si esamina - in cui i testi normativi restino immutati, si fonda sull'assunto (su una fictio) che la volontà del legislatore (rectius: della legge) sia comunque mutevole e cambi con il modificarsi delle circostanze sociali, culturali, economiche ecc. In questo modo potrebbe, allora, prospettarsi una lettura dell'art. 138-bis, primo comma, della legge notarile che comprenda anche le fattispecie sopra esaminate.


[nota 1] In quest'ottica non sembra infondato ritenere che l'obiettivo della semplificazione sia stato sacrificato od accantonato a vantaggio della precisazione. Eppure i due obiettivi non sono in contrasto tra loro: entrambi potevano essere ugualmente raggiunti con scelte simili a quelle che sono state effettuate nell'ambito del procedimento di fusione. Anzi, ad esempio, qualche complicazione sembra sorta con: a) l'utilizzo dell'espressione «atto di trasformazione» (assente nel sistema previgente) di cui agli artt. 2500 e 2500-bis c.c., quasi a voler scomporre, ad ogni costo, l'istituto della trasformazione in due momenti distinti: la decisione di trasformazione e l'atto vero e proprio di trasformazione (su tale questione si rinvia al paragrafo successivo; b) l'inserimento nell'art. 2500 c.c., comma 2°, di un obbligo di pubblicità (anch'esso assente nel sistema previgente) «per la cessazione dell'ente che effettua la trasformazione» quasi a sconfessare in modo aperto il principio generale di continuità dei rapporti giuridici fissato dall'iniziale art. 2498. In dottrina si ritiene che la semplificazione sia stata introdotta solo nel procedimento di fusione e non anche in quello di trasformazione: G. MARASA', Spunti sulla nuova disciplina di trasformazioni e fusioni, in Id., La riforma di società, cooperative, associazioni e fondazioni. Scritti, Padova, 2005, p. 93.

[nota 2] In questo senso anche D.U. SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, p. 249.

[nota 3] Nello stesso senso L. PISANI, «Il principio di maggioranza nella nuova disciplina della trasformazione di società di persone», in Riv. dir. comm., 2005, p. 378-379; O. CAGNASSO, Commento agli artt. 2500-ter - 2500-quinquies, in Il nuovo diritto societario. Commentario diretto da G. Cottino e G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, 2004, p. 2258.

[nota 4] Si pensi alle ipotesi di trasformazione di società di persone in società consortili di capitali o in società cooperative. In questi casi per raggiungere tale risultato sarà necessario effettuare una doppia trasformazione (da società di persone a società di capitali e da quest'ultima in società consortile o in una cooperativa), con evidente aggravio di costi e di tempi.

[nota 5] In questo senso ed in linea con il sistema delle società personali nelle quali non esistono norme che impongono la creazione di un organo collegiale per la manifestazione della volontà sociale si veda F. GUERRERA, Trasformazione, fusione e scissione, in AA.VV., Diritto delle società di capitali. Manuale breve, Milano, 2005, p. 410; C. MOSCA, Commento sub art. 2500-ter, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Grezzi, M. Notari, Milano, 2006, p. 120.

[nota 6] In questo senso F. TASSINARI, La trasformazione di società di persone in società di capitali e viceversa: disciplina e opportunità per le imprese, Atti del convegno "Le trasformazioni di società. Disciplina, modalità e tecniche di redazione degli atti", Milano, 20 febbraio 2004, p. 3; ID., La trasformazione c.d. omogenea in generale. La trasformazione da società di persone in società di capitali, in M. Maltoni - F. Tassinari, La trasformazione delle società, Milano, 2005, p. 92.

[nota 7] In questo senso E. BUFFA DI PERRERO, Commento sub art. 2500, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Grezzi, M. Notari, Milano, 2006, p. 68.

[nota 8] Così si potrebbe discutere, ad esempio, se esiste e quale debba essere il termine minimo per il ricevimento dell'avviso. La questione risulta di una certa importanza ove solo si consideri che proprio durante il periodo di tempo che va dal ricevimento dell'avviso al momento della decisione di trasformazione che i soci di minoranza potrebbero provare ad intraprendere tutta una serie di misure (anche cautelari) per impedire il perfezionamento del procedimento di trasformazione.

[nota 9] Ammette la distinzione tra consenso alla trasformazione ed atto di trasformazione vero e proprio C. MOSCA, Commento sub art. 2500-ter, in Commentario alla riforma delle società, cit., p. 123; v. anche M.S. SPOLIDORO, La semplificazione, Atti del convegno, cit., Milano, 11 marzo 2004, p. 6.

[nota 10] In questi casi riterrei fondamentale l'onere di informazione rivolto ai soci anche dagli appartenenti alla classe notarile. èproprio in sede di costituzione e/o di modificazione dei patti sociali che i notai possono rendere edotti i soci circa le conseguenze loro derivanti in presenza di clausole statutarie che si limitano ad un mero rinvio alla legge in materia di trasformazione omogenea evolutiva.

[nota 11] In altri casi la maggioranza si calcola in base alla partecipazione dei soci al capitale: art. 2322, 2° comma, c.c., in tema di trasferimento della quota del socio accomandante.

[nota 12] Si vedano soprattutto i rilievi di G. COTTINO - R. WEIGMANN, Le società di persone, in Società di persone e consorzi, Padova, 2004, p. 157.

[nota 13] In questo senso già L. PISANI, «Il principio di maggioranza nella nuova disciplina della trasformazione di società di persone», cit., p. 390, il quale risponde positivamente all'interrogativo se occorre tener conto in chiave sistematica del nuovo concetto di maggioranza fissato dagli artt. 2500-ter (per trasformazione) e 2502 c.c. (per fusione e scissione). L'A., quindi, ritiene applicabile la regola fissata dalle nuove norme citate a tutti i casi in cui l'atto costitutivo, pur stabilendo una clausola a maggioranza per le modifiche strutturali in deroga all'art. 2252 c.c., non ne determini il criterio di calcolo.

[nota 14] In questo senso L. PISANI, «Il principio di maggioranza nella nuova disciplina della trasformazione di società di persone», cit., p. 384.

[nota 15] Si veda P. MONTALENTI, «La riforma delle società di capitali: prospettive e problemi», in Le società, 2003, p. 343; B. IANNIELLO, Srl e nuova disciplina delle trasformazioni, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, a cura di V. Santoro, Milano, 2003, p. 289.

[nota 16] Cfr. Trib. Reggio Emilia, 13 gennaio 2006, Giudice Scati, in Vita not., 2006, II, p. 1439. Si veda anche Trib. Agrigento, 4 novembre 2004, n. 494, in Giur. comm., 2007, II, p. 222 e ss., con nota critica di A. CAMELLINI, «Procedimento cautelare e arbitrato, il mandato ad amministrare, la trasformazione». Per quest'ultimo provvedimento, in particolare, la trasformazione a maggioranza di una società di persone in società di capitali per quanto si possa ritenere «nulla, perché presa a maggioranza in una materia strettamente rimessa all'unanimità dei consensi (tranne peculiari scelte statutarie, che però nel concreto mancano) e che l'omologazione dell'atto da parte del notaio rogante sia stata illecitamente conseguita, sta di fatto che l'iscrizione del negozio presso il Registro delle Imprese, pur nullo, è intervenuta oramai da mesi. Da quel momento la legge inibisce ogni pronuncia di invalidità dell'atto in parola, lasciando ogni discussione aperta solo sul piano risarcitorio di chi sia stato leso». La pronuncia omette, quindi, di considerare proprio la portata dell'art. 2500-ter, c.c., che riconosce la trasformazione a maggioranza. Inoltre si accenna al fatto che in tale ipotesi «l'omologazione dell'atto da parte del notaio rogante» è avvenuta «illecitamente» e tenuto conto dell'efficacia sanante della trascrizione, si possono qui invocare solamente tutti i rimedi risarcitori. Anche qui non si considera opportunamente che la responsabilità del notaio sussiste solo nell'ipotesi in cui la richiesta di iscrizione dell'atto avvenga quando risultino manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge e non, quando, come in questo caso, la questione è assolutamente aperta e discussa tanto in dottrina che in giurisprudenza.

[nota 17] V. F. TASSINARI, La trasformazione c.d. omogenea in generale, cit., p. 95.

[nota 18] Sia pure con un certo grado di semplificazione è possibile far rientrare in unico orientamento giurisprudenziale le decisioni che seguono: Cfr. Trib. Milano, 13 dicembre 2004, decr., Giudice Ferraris, in Notariato, 2005, p. 374, con commento di R. Manfrè; Trib. Milano, 8 luglio 2005 e Trib. Roma, 30 aprile 2006, entrambi in Riv. dir. societario, 2007, p. 104 e ss., con commento di F. MELONCELLI, «La maggioranza per la trasformazione di una società di persone in una società di capitali».

[nota 19] Rientrano nell'ipotesi b) di cui nel testo le c.d. clausole di rinvio formale nelle quali è possibile quelle seguenti: le modifiche al presente atto saranno adottate in base "alle norme vigenti", "al codice civile", "al codice civile vigente", "alle disposizioni del codice civile", "alle vigenti disposizioni di legge".

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