La trasformazione eterogenea da associazioni a società di capitali
La trasformazione eterogenea da associazioni a società di capitali
di Rocco Guglielmo
Notaio in Catanzaro, Professore a contratto di Diritto Commerciale Facoltà di Economia Aziendale di Catanzaro
Individuazione della fattispecie
Il legislatore della riforma all'art. 2500-octies c.c. prevede, tra le altre, l'ipotesi della trasformazione eterogenea da associazione riconosciuta a società di capitali, anche se già in precedenza la giurisprudenza aveva ammesso la legittimità della trasformazione da associazione non riconosciuta in società cooperativa e viceversa, in considerazione dell'omogeneità causale tra le due strutture organizzative. [nota 1]
Inoltre una serie di provvedimenti legislativi contemplava divieti di trasformazione nonché nuove ipotesi di trasformazioni, salvo, per queste ultime, a verificare se si trattasse di vere e proprie ipotesi di trasformazione o di qualcos'altro. [nota 2]
L'art. 2500-octies c.c. non disciplina espressamente la trasformazione da associazione non riconosciuta in società di capitali, per la quale occorrerà verificare se la scelta legislativa sia nel senso della tassatività delle fattispecie previste o se, al contrario, il legislatore abbia voluto disciplinare le ipotesi più significative lasciando poi all'interprete il compito di valutare, nel caso concreto, la legittimità di ulteriori vicende trasformative. [nota 3]
Ma su tale argomento ritornerò in appresso. è, invece, necessario ora affrontare i problemi applicativi posti dalla fattispecie della trasformazione da associazione riconosciuta in società di capitali; problemi che vanno dai limiti alla trasformazione, al procedimento fino ad arrivare al controllo della delibera ed alla sua iscrizione e conseguente efficacia.
Limiti alla trasformazione
L'art. 2500-octies c.c. al comma 3 prevede espressamente che «la trasformazione di associazione in società di capitali può essere esclusa dall'atto costitutivo o, per determinate categorie di associazioni, dalla legge; non è comunque ammessa per le associazioni che abbiano ricevuto contributi pubblici oppure liberalità e oblazioni del pubblico».
Vengono individuati, in concreto, tre tipi di limiti: statutari, legali speciali e legali generali.
Relativamente ai primi viene riconosciuta la possibilità agli associati di vietare fin dall'inizio la trasformazione dell'associazione in altri enti.
Una tale pattuizione è idonea a creare in capo a ciascun associato un diritto soggettivo a non vedersi modificata la struttura organizzativa inizialmente scelta. Tale diritto è rinunciabile da ciascun titolare con la conseguenza che la delibera di trasformazione potrà essere assunta ma con il consenso unanime degli associati.
Dal punto di vista degli effetti che produce, il divieto di trasformazione contenuto nell'atto costitutivo di un'associazione sarà in tutto analogo ad un'eventuale clausola statutaria che, invece, richieda per la trasformazione il consenso di tutti gli associati. Relativamente ai limiti legali, oltre a particolari divieti contenuti in leggi speciali e connessi per lo più ad agevolazioni fiscali fruite dall'associazione, [nota 4] il codice riformato vieta la trasformazione alle associazioni che abbiano ricevuto «contributi pubblici oppure liberalità e oblazioni del pubblico».
La norma deve essere coordinata con l'art. 223-octies disp. att. e trans. c.c. che prevede la possibilità della trasformazione per le associazioni costituite prima del 1° gennaio 2004 «soltanto quando non comporta distrazioni, dalle finalità originarie, di fondi o valori creati con contributi di terzi o in virtù di particolari regimi fiscali di agevolazione».
In tale ultima ipotesi, la trasformazione è consentita nel caso in cui siano previamente versate le relative imposte.
Le due norme non brillano certo per chiarezza; ciò nonostante è da ritenere che le liberalità e le oblazioni del pubblico (art. 2500-octies, 3° comma c.c.) coincidano con i contributi di terzi (art. 223-octies disp. att. e trans. c.c.). [nota 5]
Naturalmente per non gravare eccessivamente le associazioni nate prima del 1° gennaio 2004, il legislatore vieta la trasformazione solo quando la stessa comporti distrazione di fondi o valori creati con i suddetti contributi. Si deve ritenere, così come sostenuto, che intanto può aversi distrazione in quanto i fondi o valori ancora sussistano nel patrimonio dell'associazione. [nota 6]
L'elemento discriminante fra le associazioni costituite prima o dopo la data del 1° gennaio 2004 è rappresentato, dunque, dalla sussistenza nel patrimonio dell'associazione di elementi attivi creati proprio utilizzando le suddette contribuzioni pubbliche.
Solo le associazioni costituite prima dell'1 gennaio 2004 potranno trasformarsi, qualora nel patrimonio non siano presenti fondi creati con contributi pubblici oppure, per i fondi creati in virtù di particolari regimi fiscali agevolativi, siano state versate previamente le relative imposte.
Per le associazioni costituite, invece, dopo l'1 gennaio 2004 il solo fatto di essere state destinatarie di contributi pubblici in senso lato, comprensivi di eventuali agevolazioni fiscali, impedisce la trasformazione anche ove vi fosse stata una devoluzione dell'intero patrimonio sociale ad enti con finalità similari ovvero in conformità alle prescrizioni della normativa speciale in materia. E ciò per evitare di ingenerare nel pubblico sfiducia circa la gestione trasparente delle organizzazioni prive di scopi lucrativi. [nota 7]
è da accertare, inoltre, se nel concetto di "pubblico" possano ricomprendersi anche gli stessi associati. A tal fine sembra condivisibile l'opinione di chi [nota 8] all'interrogativo dà risposta positiva, distinguendo però l'ipotesi delle liberalità dell'associato a favore dell'associazione da quella in cui le prestazioni patrimoniali dello stesso siano effettuate «a titolo di contributo secondo le modalità e i termini fissati dallo statuto indipendentemente dal loro carattere periodico o saltuario». [nota 9]
La soluzione opposta di fatto impedirebbe qualsiasi trasformazione di associazione dotata di un fondo costituito con i contributi degli associati.
In considerazione, poi, della difficoltà di verificare concretamente la sussistenza dei limiti previsti dagli artt. 2500-octies c.c. e 223-octies disp. att. e trans. c.c., ritengo sia da condividere l'opinione che individua, come unica soluzione, la dichiarazione in atto resa dagli amministratori dell'associazione trasformanda, con le conseguenze previste, in caso di dichiarazione non veritiera, dall'art. 2500-bis c.c. che regola gli effetti dell'invalidità della trasformazione, attribuendo, così come per la fusione e la scissione, effetti sananti alla pubblicazione dell'atto di trasformazione con conseguente tutela meramente risarcitoria per i soci ed i terzi eventualmente danneggiati dall'operazione. [nota 10]
Il procedimento di trasformazione
La delibera di trasformazione deve essere assunta nelle società consortili e nelle associazioni con le maggioranze richieste dalla legge o dall'atto costitutivo per lo scioglimento anticipato (art. 2500-octies, 2° comma c.c.).
Viene, in proposito, in considerazione l'art. 21 c.c. che all'ultimo comma stabilisce espressamente che «per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati».
La mancata riproposizione della diversa disposizione statutaria di cui al 2° comma dello stesso articolo 21, in ordine alle modifiche statutarie, fa ritenere la norma in oggetto inderogabile. [nota 11]
Né vale il testuale disposto dello stesso 3° comma dell'art. 2500-octies c.c. il quale, invece, rinvia anche in alternativa, alle maggioranze previste dall'atto costitutivo, dovendosi condividere l'opinione di chi [nota 12] ritiene che il riferimento alle maggioranze dell'atto costitutivo possa valere esclusivamente per le società consortili.
Nelle associazioni, invece, risulta inderogabile il limite di cui all'art. 21 ultimo comma c.c.
Ciò non significa, però, che l'atto costitutivo dell'associazione non possa prevedere maggioranze ancora più qualificate o addirittura l'unanimità dei consensi.
Si deve ritenere, infatti, che l'inderogabilità del quorum di cui all'art. 21 c.c. funzioni solo nel senso di vietare un abbassamento del quorum stesso e non anche un eventuale rafforzamento.
Strettamente connessa con il profilo dei quorum deliberativi è la tutela da riconoscere all'associato dissenziente, al quale spetterà senz'altro il diritto di recesso, che non potrà, però, essere disciplinato dall'art. 24 c.c.
Tale ultima norma, infatti, esclude la possibilità di recesso nel caso in cui l'associato abbia assunto l'obbligo di far parte dell'associazione per un tempo determinato, prevede comunque che il recesso abbia effetto con lo scadere dell'anno in corso purchè la relativa dichiarazione sia resa almeno tre mesi prima e non consente, infine, al socio receduto di ripetere i contributi versati non avendo lo stesso, inoltre, alcun diritto sul patrimonio dell'associazione.
Nel caso di trasformazione, invece, il recesso trova il suo fondamento nel mutamento di scopo deliberato dalla maggioranza che legittima lo scioglimento unilaterale del rapporto associativo per giusta causa.
La considerazione, poi, che il capitale della società risultante dalla trasformazione andrà diviso tra gli associati in parti uguali (art. 2500-octies, comma 3 c.c.), consente di ritenere legittimamente che il socio receduto avrà anche diritto alla quota di liquidazione e ciò per evitare un ingiustificato arricchimento degli altri associati. [nota 13]
Anche in ordine alla paritetica distribuzione tra gli associati del capitale sociale della società risultante dalla trasformazione il legislatore ammette un diverso accordo tra gli stessi.
La diversa pattuizione sembra voler tenere in considerazione l'ipotesi in cui nelle associazioni vi siano diverse categorie di associati con conseguenti diverse posizioni in ordine ai diritti agli stessi riconosciuti e, comunque, presuppone il necessario consenso unanime degli associati.
Nel caso in cui l'associazione dovesse trasformarsi in una Srl la diversa posizione giuridica degli "associati" potrà essere adeguatamente garantita mediante l'attribuzione ai "soci" di quei particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili previsti dall'art. 2468, comma 3 c.c.
Ulteriore problema relativo al procedimento è quello dell'applicabilità alla trasformazione in esame dell'art. 2500-ter c.c. il quale richiede la necessità della perizia di stima nell'ipotesi di trasformazione da società di persone a società di capitali; perizia redatta ai sensi degli articoli 2343 c.c. o 2465 c.c., a seconda che la società risultante dalla trasformazione sia una SpA o una Srl.
Parte della dottrina ritiene che nel nostro caso la perizia di stima sarebbe superflua in considerazione del fatto che il controllo effettuato in ordine alla congruità del patrimonio in occasione del riconoscimento della personalità giuridica dell'associazione assolverebbe alla stessa funzione della perizia. [nota 14]
Si è correttamente osservato [nota 15] che i due controlli hanno natura e contenuti diversi.
L'adeguatezza del patrimonio alla realizzazione dello scopo, richiesta fra i requisiti per l'attribuzione del riconoscimento della personalità giuridica, assolve la funzione di «bilanciare la limitazione di responsabilità patrimoniale conseguente alla nascita di un nuovo soggetto di diritto, con il rispetto del criterio di proporzione economica tra la funzione e la consistenza patrimoniale della persona giuridica stessa, in modo da assicurare la garanzia patrimoniale a favore di terzi». [nota 16]
La relazione di stima di cui agli artt. 2343 c.c. e 2465 c.c., invece, è dettata al fine della corretta formazione del capitale sociale e richiede espressamente il rispetto di un onere procedurale che si riflette nel contenuto stesso della perizia. L'esperto, infatti, dovrà descrivere i beni o i crediti conferiti, indicare i criteri di stima adottati ed attestare che il valore è almeno pari a quello attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale.
Tali indicazioni non sono, invece, richieste per le associazioni al fine del riconoscimento della personalità giuridica. Inoltre l'esperto risponde nei confronti della società e dei terzi ai sensi dell'art. 64 c.p.c., mentre analoga responsabilità non è prevista per l'autorità amministrativa. [nota 17]
Se si considera poi che le associazioni non sono soggette all'obbligo della tenuta di scritture contabili, alla redazione di bilanci ed in genere al rispetto di norme dettate per la salvaguardia del patrimonio sociale, emerge chiaramente la necessità di un documento (perizia) che, invece, determini con esattezza l'entità del patrimonio di trasformazione proprio in considerazione delle norme dettate in materia di società di capitali volte alla tutela dell'effettività e dell'integrità del capitale sociale in funzione di garanzia per i creditori sociali, [nota 18] ed anche in considerazione della possibilità che la trasformazione venga deliberata in un momento temporale distante dall'avvenuto riconoscimento della personalità giuridica dell'associazione.
Relativamente alla fattispecie trasformativa oggetto della nostra indagine, non si pone il problema dell'applicazione analogica del comma 1 dell'art. 2500-quater c.c., che fissa il principio di assegnazione proporzionale delle azioni o quote a favore del socio di società trasformata.
Il comma 3 dell'art. 2500-octies c.c. disciplina, infatti, le modalità di assegnazione del capitale della società risultante dalla trasformazione.
Il problema, dunque, dell'applicazione analogica del comma 1 dell'art. 2500-quater c.c. si porrà per le altre ipotesi di trasformazione eterogenea. La risposta dovrà, comunque, essere positiva in considerazione del fatto che la suddetta norma fissa un principio generale in base al quale la trasformazione deve lasciare immutata la partecipazione dei soci al capitale della società.
Controllo della delibera di trasformazione e sua efficacia
L'art. 2500-octies c.c. non prevede testualmente alcun onere di forma e di pubblicità per la delibera di trasformazione, ma a tal fine supplisce l'art. 2500 c.c., sicuramente applicabile, il quale richiede la necessità dell'atto pubblico, contenente le indicazioni previste dalla legge per l'atto di costituzione del tipo adottato, nonché il rispetto delle forme di pubblicità relative, unitamente a quella richiesta per la cessazione dell'ente che effettua la trasformazione.
La delibera di trasformazione dell'associazione andrà, pertanto, iscritta nel Registro delle Imprese ai sensi dell'art. 2436 c.c. nonché nel Registro delle Persone Giuridiche ai sensi dell'art. 4 del D.P.R. n. 361/2000.
Si pone, a tal proposito, il dubbio se la pubblicità in ordine alla cessazione dell'associazione (art. 2500, comma 2 c.c.) richieda il rispetto delle norme dettate in materia di estinzione della stessa dall'art. 6 del citato D.P.R. n. 361/2000.
In altri termini ci si chiede se la competenza circa tale tipo di pubblicità sia rimessa al Presidente del Tribunale come previsto nell'ipotesi di chiusura della fase di liquidazione.
In effetti la procedura contemplata dall'art. 6 del D.P.R. n. 361/2000 è dettata per il caso di liquidazione dell'ente; solo in tale ipotesi la competenza a chiedere la cancellazione dell'associazione è attribuita al Presidente del Tribunale.
Posto, invece, che nella trasformazione non si ha tecnicamente una "liquidazione" bensì una modifica dell'ente, piuttosto che il citato art. 6, si potrà validamente richiamare l'art. 2 del medesimo D.P.R., il quale richiede espressamente che «le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto sono approvate con le modalità e nei termini previsti per l'acquisto della personalità giuridica».
Nella fattispecie in esame, dunque, il relativo verbale sarà soggetto ad un duplice controllo: il primo di legittimità sostanziale a cura del notaio rogante volto all'iscrizione nel Registro delle Imprese; l'altro di merito a cura della Pubblica Amministrazione (Prefettura o Regione), volto alla verifica delle esigenze degli associati e degli interessi pubblici coinvolti al fine dell'iscrizione nel Registro delle Persone Giuridiche.
Anche se l'art. 2500-octies c.c. nulla dice, si deve ritenere che l'iscrizione nel Registro delle Imprese debba necessariamente seguire l'iscrizione nel Registro delle Persone Giuridiche. Anzi quest'ultima iscrizione fungerebbe da autorizzazione successiva al ricevimento del verbale da parte del notaio con le conseguenze di cui all'art. 223-quater disp. att. e trans. del c.c., il quale fa decorrere i termini per l'iscrizione non dalla data della delibera ma dal giorno in cui l'originale o la copia autentica del provvedimento di autorizzazione è stato consegnato al notaio. [nota 19]
Il perfezionamento della trasformazione e la conseguente efficacia della stessa, pertanto, saranno subordinati all'effettuazione della seconda delle iscrizioni, quella cioè nel Registro delle Imprese.
Quanto all'efficacia della trasformazione, infine, l'ultimo comma dell'art. 2500 c.c. è derogato dall'art. 2500-novies c.c. il quale, a tutela dei creditori dell'ente trasformato, subordina la stessa efficacia al decorso di sessanta giorni dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari salvo che consti il consenso dei creditori o il pagamento di quelli che non hanno dato il consenso.
Nel suddetto termine i creditori sociali possono proporre opposizione con conseguente applicazione dell'ultimo comma dell'art. 2445 c.c.
Il fondamento dell'opposizione deve essere individuato «nel mutamento dello schema organizzativo che non assicura più al creditore opponente il medesimo livello di tutela, dal punto di vista della struttura patrimoniale o amministrativa, che gli garantiva la forma organizzativa vigente prima della trasformazione». [nota 20]
è stato esattamente rilevato come l'opposizione travalichi per la prima volta i confini del diritto societario. Essa, infatti, si manifesta prima dell'efficacia della trasformazione e nei confronti di un ente (ad es. associazione o fondazione) non societario. [nota 21]
L'opposizione ha sicuramente natura contenziosa e sarà necessaria una citazione [nota 22] così come per le altre ipotesi di opposizione previste dal legislatore in materia di riduzione facoltativa del capitale sociale nonché di fusione e scissione.
è opportuno rilevare che i creditori legittimati a proporre opposizione sono tutti quelli che risultano tali alla data di esecuzione degli adempimenti pubblicitari di cui all'art. 2500 c.c. e non già alla data della delibera, sulla base della considerazione che, essendo l'opposizione funzionale alla tutela dell'affidamento dei creditori, la legittimazione cessa nel momento in cui i terzi possono venire a conoscenza del mutamento organizzativo; e tale momento coincide non con la delibera ma con l'iscrizione della stessa nel Registro delle Imprese.
In considerazione di ciò, il consenso dei creditori o il pagamento di quelli che non hanno dato il consenso, ai fini dell'anticipata efficacia della trasformazione, ai sensi dell'art. 2500-novies, comma 1 c.c., non potrà risultare dal verbale di trasformazione ma richiederà una apposita successiva dichiarazione degli amministratori da pubblicizzare con le stesse modalità richieste dall'art. 2500 c.c. [nota 23]
Strettamente collegato con l'efficacia della trasformazione eterogenea è il problema dell'applicabilità analogica dell'art. 2500-quinquies c.c., che al 1° comma fissa il principio in base al quale «la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal terzo comma dell'art. 2500 c.c., se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione».
Il principio fissato dall'art. 2500-quinquies c.c., ivi compresa la particolare modalità di liberazione dei soci illimitatamente responsabili di cui al comma 2, sembra applicabile alle ipotesi di trasformazione eterogenea in quanto è espressione di una esigenza di ordine generale volta alla conservazione della responsabilità illimitata in tutti i casi di mutamento del regime di responsabilità a seguito di un atto interno dei soci. [nota 24]
Più delicata è, invece, la verifica delle obbligazioni per le quali, a norma dell'art. 2500-quinquies c.c., i soci conservano la responsabilità illimitata.
Il richiamo agli adempimenti pubblicitari di cui all'art. 2500 c.c. non è, infatti, applicabile in caso di trasformazioni eterogenee.
Si è visto come in detta materia l'art. 2500-novies c.c., derogando all'art. 2500 c.c. ultimo comma, non faccia coincidere l'efficacia della trasformazione dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari, subordinando la stessa alla mancata opposizione dei creditori sociali nei sessanta giorni successivi all'ultimo degli adempimenti pubblicitari stessi, salve le ipotesi di efficacia anticipata.
Si deve, pertanto, ritenere che la responsabilità illimitata resti ferma per tutte le obbligazioni sorte fino al momento in cui la trasformazione è divenuta efficace.
Relativamente all'ipotesi di trasformazione oggetto della nostra indagine, la norma di cui all'art. 2500-quinquies c.c. va coordinata con quella di cui all'art. 38 c.c., in base al quale per le obbligazioni dell'associazione rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione. Ciò significa che il mantenimento del regime di responsabilità illimitata presuppone non tanto la qualifica di associato bensì l'aver «agito in nome e per conto dell'associazione».
Ipotesi di trasformazioni eterogenee atipiche: a) da associazione non riconosciuta in società di capitali
La mancata previsione delle associazioni non riconosciute fra gli enti, cui il legislatore consente la trasformazione in società di capitali, impone una riflessione al fine di verificare l'eventuale ammissibilità di una tale ipotesi di trasformazione eterogenea.
Coloro i quali negano tale possibilità [nota 25] fanno riferimento alla circostanza che solo le associazioni riconosciute sarebbero in grado di offrire la garanzia di un'accertata consistenza patrimoniale.
Si è visto, però, che la relazione di stima è necessaria anche nell'ipotesi di trasformazioni che coinvolgono le associazioni riconosciute in quanto la verifica in ordine alla congruità del patrimonio dell'associazione, per il riconoscimento della personalità giuridica, è dettata per finalità diverse.
Né si può invocare, al fine di escludere la legittimità di un tale tipo di trasformazione, la mancanza di pubblicità delle associazioni non riconosciute che impedirebbe un'adeguata tutela dei creditori sociali. [nota 26]
L'art. 2500-octies c.c., infatti, annoverando tra gli enti cui è consentita la trasformazione eterogenea i consorzi con attività interna e le comunioni di azienda, ha sicuramente ritenuto non strettamente necessaria la pubblicità al fine della realizzabilità della trasformazione privilegiando le esigenze della continuità dell'impresa a quelle dei creditori, la cui tutela si giocherà su un terreno esosocietario e, dunque, risarcitorio. [nota 27]
Imporre alle associazioni non riconosciute il preventivo riconoscimento della personalità giuridica per consentire alle stesse la successiva trasformazione in società di capitali non sarebbe in linea con i principi di economia dei mezzi giuridici tenuti presenti dal legislatore della riforma. [nota 28]
è, invece, da considerare come «ormai la trasformazione, o meglio la "trasformabilità" sia diventato un principio di ordine generale, avendo il legislatore riformante inteso affermare come non sussista un interesse pubblico da tutelare introducendo un divieto tale da impedire che qualsiasi organizzazione di patrimonio, di persone o comunque di beni possa assumere una forma giuridica diversa, liberamente ritenuta più idonea per l'"impresa" dagli aventi diritto». [nota 29]
Nessuno, infatti, dubita circa la legittimità della trasformazione di società di persone in società di persone o di società di capitali in società di capitali pur non essendo state tali ipotesi testualmente previste.
Né vale quale giustificazione il rispetto del principio della omogeneità causale; principio definitivamente abbandonato dal legislatore riformante proprio con la previsione di fattispecie trasformative particolari: da associazione in società di capitali, da società cooperative a mutualità non prevalente in società di capitali.
è a tal fine da condividere totalmente la posizione assunta dalla Commissione per la elaborazione di principi uniformi in tema di società del Consiglio Notarile di Milano che nella motivazione della massima n. 20 in tema di trasformazione eterogenea espressamente ritiene che «la tecnica legislativa consapevolmente seguita dal legislatore va coordinata con il riconoscimento, pure presente nella relazione, della trasformazione come istituto di carattere generale anche al di fuori del campo societario. La indicazione tassativa degli enti che possono trasformarsi in società di capitali sembra quindi lasciare libero l'interprete di valutare se altri "enti" non menzionati possano essere assimilati a quelli espressamente menzionati». E così ancora «un'attenta rilettura della relazione conferma l'esattezza della ricostruzione qui proposta: il legislatore sia nella trasformazione omogenea sia in quella eterogenea si è limitato a disciplinare le fattispecie a suo giudizio più significative lasciando all'interprete il compito di regolamentare le altre ipotesi». [nota 30]
Anzi è la stessa nozione di trasformazione che viene a mutare: non più mera modifica del contratto sociale ma, come brillantemente affermato, «operazione tramite la quale si conserva il vincolo di destinazione impresso ad un patrimonio per l'esercizio dell'attività» [nota 31] oppure «mutamento della componente strutturale della fattispecie che può determinare anche un cambiamento dello scopo a cui era originariamente destinato il patrimonio autonomo». [nota 32]
Si consideri, poi, che la sicura ammissibilità della trasformazione delle associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute anche in società sportive professionistiche, [nota 33] pure alla luce della recente legge n. 128/2004, depone nel senso dell'ammissibilità di una trasformazione atipica da associazione non riconosciuta in società di capitali. [nota 34]
Ma anche la recente disciplina dell'impresa sociale (D.lgs. n. 155/2006) che all'art. 13 prevede che «per le organizzazioni che esercitano un'impresa sociale la trasformazione, la fusione e la scissione devono essere realizzate in modo da preservare l'assenza dello scopo di lucro di cui all'art. 3 dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere», ha «l'evidente vantaggio di ampliare lo spettro delle operazioni praticabili, poiché divengono possibili tutte le trasformazioni che siano consentite come tali, ma forse anche oltre i limiti testuali, atteso lo sbocco in società senza scopo di lucro». [nota 35]
La disciplina delle società sportive e dell'impresa sociale, inoltre, potrebbe essere interpretata come una conferma dell'orientamento «che vede nelle società degli schemi organizzativi funzionalmente neutri, idonei cioè al perseguimento di attività tanto lucrative quanto non lucrative». [nota 36]
Da questo quadro emerge la legittimità di una trasformazione da associazione non riconosciuta in società di capitali, salvo a verificare se in tale ipotesi di trasformazione "atipica" le maggioranze richieste siano quelle di cui all'art. 2500-octies c.c. o se, invece, non occorra il consenso unanime degli associati.
Si è, infatti, sostenuto che le maggioranze di cui all'art. 2500-octies c.c. siano state previste dal legislatore in funzione di un favor proprio per le associazioni riconosciute. [nota 37]
Sembra, invece, che proprio in considerazione di questo accertato principio di ordine generale che caratterizza la trasformazione, anche all'ipotesi "atipica" di trasformazione da associazione non riconosciuta in società di capitali sia interamente applicabile il procedimento di cui all'art. 2500-octies c.c.
(…Segue): b) da società di capitali in associazione riconosciuta
Resta, infine, da esaminare la possibilità di un'ulteriore ipotesi di trasformazione eterogenea "atipica": quella da società di capitali in associazione riconosciuta. Non si capisce, infatti, il perché il legislatore abbia previsto solo l'ipotesi della trasformazione in associazione non riconosciuta.
Certo il controllo di legalità effettuato dal notaio in ordine alla delibera di trasformazione non potrebbe assorbire anche il controllo riservato alla pubblica amministrazione, che, come rilevato, svolge funzione diverse. Così come nell'ipotesi di trasformazione di società di capitali in fondazione, l'efficacia dell'operazione è "subordinata" al riconoscimento della personalità giuridica a cura della Pubblica Amministrazione.
Nel caso in cui i soci abbiano voluto deliberare la trasformazione della società in associazione solo se riconosciuta, saremmo in presenza di una delibera condizionata, così come nell'ipotesi di trasformazione in fondazione.
Questo ci permette di rilevare come in materia di trasformazione eterogenea eccezionalmente il legislatore consenta l'iscrizione nel Registro delle Imprese di delibere condizionate, con la conseguenza che il mancato riconoscimento della personalità giuridica impedirebbe il perfezionamento dell'operazione.
Anche tale fattispecie di trasformazione eterogenea "atipica", così come quella da associazione non riconosciuta in società, permetterebbe un percorso diretto con un'economia di mezzi giuridici. Altrimenti una volta divenuta efficace la trasformazione in associazione non riconosciuta, gli associati dovrebbero attivarsi per richiedere ed ottenere il riconoscimento della personalità giuridica. [nota 38]
L'ipotesi di trasformazione in oggetto, così come quella espressamente prevista da società di capitali in fondazione, consente di ripensare al problema della iscrivibilità nel nostro sistema pubblicitario di delibere societarie sottoposte a condizione sospensiva. [nota 39]
[nota 1] Ex multis: App. Venezia, 24 maggio 1999, in Foro pad., 2000, I, p. 27; App. Roma, 6 giugno 1992, in Riv. not., 1993, p. 383; Per il fenomeno trasformativo inverso ossia da società cooperativa in associazione non riconosciuta v.: App. Torino, decr., 25 marzo 1997, in Giur. comm., 1998, II, p. 814; App. Trieste, decr. 20 ottobre 1995, in Vita not., 1996, p. 344; Trib. Trieste, decr., 18 gennaio 1995, in Vita not., 1995, p. 397; Trib. Roma, decr., 16 marzo 1994, in Riv. not., 1995, p. 695. Sull'ammissibilità della trasformazione tra enti casualmente omogenei, in particolare dei consorzi in società consortili, in dottrina: M. SARALE, Trasformazione e continuità dell'impresa, Milano 1996, p. 187 o 284; M.S. SPOLIDORO, Le società consortili, Milano, 1984, p. 115; A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu - F. Messineo continuato da L. Mengoni, Milano, 1985, p. 127; G. CABRAS, Le trasformazioni, in Trattato delle Società per Azioni, diretto da G.E. Colombo - G.B. Portale, 7***, Torino 1997, p. 41 e ss.; F. DI SABATO, Manuale delle società, 5° ed., Torino, 1995, p. 751; e così, sempre in senso favorevole: R. GUGLIELMO, «La società tra professionisti dopo il D.lgs. 96/2001: spunti problematici e disciplina codicistica», in Riv. not., 2002, p. 110.
[nota 2] Tra i provvedimenti più significativi si segnalano: L. n. 91/1981 "Trasformazione delle associazioni sportive in società di capitali, SpA e Srl"; L. n. 218/1990 "Trasformazione in SpA degli istituti di credito, di diritto pubblico e degli enti pubblici economici"; L. n. 84/1994 "Trasformazione volta al riassetto degli organismi portuali e degli enti comunali di consumo"; D.lgs. n. 426/1997 "Trasformazione dell'Ente pubblico «Centro sperimentale di cinematografia» nella «Fondazione Scuola Nazionale di Cinema»"; D.lgs. n. 19/1998 "Disegno di legge sulla «Biennale di Venezia»"; D.lgs. n. 20/1998 "Trasformazione dell'Ente pubblico «Istituto Nazionale del dramma antico»"; D.lgs. n. 134/1998 "Trasformazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate"; D.lgs. n. 273/1999 "Trasformazione dell'Ente Autonomo la «Triennale di Milano»"; D.lgs. n. 400/1999 e D.lgs. n. 267/2000 "Trasformazione in SpA entro il 31 dicembre 2000 delle aziende municipalizzate".
[nota 3] In questo senso si è espressa la Commissione per la elaborazione di principi uniformi in tema di società, istituita dal Consiglio Notarile di Milano nella motivazione della massima n. 20 (18 marzo 2004), in Le massime del Consiglio notarile di Milano, nella Collana riforma del diritto societario, Milano 2005, II ed., p. 89.
[nota 4] Si richiamano quei provvedimenti speciali che impongono ad enti associativi beneficiari di un regime fiscale di agevolazione l'eterodestinazione del patrimonio in sede di liquidazione. E precisamente: art. 5, comma 4 della L. n. 266/91 per le formazioni di volontariato il quale dispone che «le risorse che residuino dalla fase di liquidazione devono essere devolute ad organizzazioni operanti in identico o analogo settore»; art. 10, comma 1, lett. (f) del D.lgs. n. 460/97 per le Onlus per cui «gli statuti devono prevedere espressamente l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità»; art. 3, lett. (e) della L. n. 383/2000 per le associazioni di promozione sociale il quale prevede che nello statuto sia espressamente imposto «l'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione od estinzione, dopo la liquidazione, a fini di utilità sociale».
[nota 5] In tal senso: G. MARASà, «Le trasformazioni eterogenee», in Riv. not., 2003, p. 589 [nota 6].
[nota 6] E così: M. MALTONI, La trasformazione delle associazioni e delle fondazioni, in La trasformazione delle società a cura di M. Maltoni - F. Tassinari, in Notariato e nuovo diritto societario. Collana diretta da G. Laurini, Milano 2005, p. 320.
[nota 7] Si esprime in senso favorevole alla possibilità della trasformazione una volta assolta la prescritta devoluzione del patrimonio ed eventualmente ricostituita la dotazione patrimoniale necessaria alla prosecuzione dell'attività nella nuova veste societaria: A. FUSARO, Trasformazioni delle associazioni in società di capitali e delle società di capitali in associazioni, relazione presentata al Convegno "Le operazioni societarie straordinarie: questioni di interesse notarile e soluzioni applicative", Genova 3 marzo 2007, in questo volume; ID., Enti non lucrativi e trasformazioni eterogenee: un catalogo di questioni, in "Il diritto civile oggi. Compiti scientifici e didattici del civilista", atti del Convegno organizzato a Capri l'8 aprile 2005 dalla Società Italiana degli studiosi del Diritto civile, Napoli 2006, p. 337 e ss.
[nota 8] G. FRANCH, Commento sub art. 2500-octies, in Trasformazione. Fusione. Scissione, artt. 2498-2506-quater a cura di L.A. Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari Milano 2006, p. 342.
[nota 9] Così testualmente: G. FRANCH, Commento sub art. 250- octies, cit., p. 342.
[nota 10] M. MALTONI, La trasformazione delle associazioni e delle fondazioni, cit., p. 321; ID., «I limiti all'autonomia privata nelle trasformazioni eterogenee», in Riv. not., 2003, p. 1402; G. FRANCH, Commento sub art. 2500-octies, op. cit., p. 344; e ancora A. DONATO, La trasformazione: delle società di persone, delle società di capitali. L'atto e la sua pubblicità. La trasformazione eterogenea, in AA. VV., La riforma delle società. Aspetti applicativi, a cura di A. Bortoluzzi, Torino 2004, p. 533. Secondo taluno, la disposizione citata (art. 2500-bis c.c.) unitamente ad altre norme introdotte dalla riforma in materia di trasformazione (e non solo), sarebbero senz'altro espressione di un notevole consolidamento del principio di conservazione dei patrimoni autonomi: G. MARASà, «Le trasformazioni eterogenee», cit., p. 586 e ss.
[nota 11] F. GALGANO, Delle persone giuridiche, in Commentario del Codice Civile, a cura di A. Scialoja - G. Branca, Bologna- Roma 1969, p. 291.
[nota 12] M. MALTONI, La trasformazione delle associazioni e delle fondazioni, cit., p. 322. Di avviso contrario sembra essere G. MARASà, il quale ritiene applicabile anche alle associazioni la diversa disposizione dell'atto costitutivo relativamente ai quorum deliberativi, in «Le trasformazioni eterogenee», cit., p. 593; nello stesso senso: D.U. SANTOSUOSSO, Commento sub art. 2500-octies c.c., in Società di capitali, Commentario a cura di G. Nicolini - A. Stagno d'Alcontres, Napoli 2004, III, p. 1929.
[nota 13] M. MALTONI, La trasformazione delle associazioni e delle fondazioni, cit., p. 324.
[nota 14] F. GALGANO, Il nuovo diritto societario, Padova 2003, p. 524 e ss.; A. FUSARO, «Le trasformazioni eterogenee: un'apertura delle frontiere tra società lucrative ed enti non profit? », in N. giur. civ. comm. 2005, p. 73 e ss.
[nota 15] In questo senso: E. TRADII, Trasformazione eterogenea in cui intervengono enti no profit: trasformazione da associazione in società di capitali e viceversa, relazione al Convegno "Riflessi della riforma del diritto societario sulla disciplina delle associazioni e delle fondazioni", Taormina 7-8 aprile 2006.
[nota 16] Testualmente: E. TRADII, op. ult. cit. è chiaro che i dubbi sulla necessità o meno della perizia nel caso in esame discendono dal fatto che sul punto il legislatore tace. Per la trasformazione eterogenea in società di capitali non sono, infatti, dettate disposizioni particolari né viene operato alcun rinvio alle norme della trasformazione evolutiva. Probabilmente tale "silenzio" potrebbe essere superato ritenendo o che l'obbligo della stima derivi dalla norma generale che vuole il rispetto delle indicazioni previste per l'atto di costituzione e assoggetta l'atto di trasformazione alla disciplina propria del tipo adottato, ovvero che la ratio sottesa all'art. 2500-ter c.c. possa legittimare un'interpretazione estensiva anche alle trasformazioni eterogenee evolutive. E così, nel primo senso: F. GUERRERA, Trasformazione, fusione, scissione, in AA. VV., Diritto delle società di capitali - Manuale breve, Milano 2003, p. 323; nel secondo: C.G. CORVESE, Commento sub art. 2500 octies c.c., in La riforma delle società, a cura di M. Sandulli - V. Santoro, Torino 2003, 3, p. 401.
[nota 17] E. TRADII, Trasformazione eterogenea in cui intervengono enti no profit: trasformazione da associazione in società di capitali e viceversa, cit.
[nota 18] Motivo per il quale molte leggi speciali impongono agli enti che vogliono giovarsi di particolari vantaggi fiscali l'obbligo di dotarsi dei documenti tipici del diritto delle imprese e delle società. A titolo esemplificativo: l'art. 10, 1° comma, lett. g, del D.lgs. n. 460/1997 che richiede «quale condizione necessaria affinché un ente diventi Onlus la previsione statutaria dell'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale»; o ancora ai sensi dell'art. 3, comma 3 della L. n. 266/1991 le organizzazioni di volontariato «devono stabilire nel loro ordinamento l'obbligo di formazione del bilancio nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti» ed infine, ex art. 3, 1° comma, lett. h, della L. n. 383/2000 le associazioni di promozione sociale «devono redigere rendiconti economico - finanziari e disciplinare le modalità della loro approvazione da parte degli organi interni di controllo».
[nota 19] E. TRADII, Trasformazione eterogenea in cui intervengono enti no profit: trasformazione da associazione in società di capitali e viceversa, cit.; A. FUSARO, Trasformazioni delle associazioni in società di capitali e delle società di capitali in associazioni, cit.
[nota 20] M. MALTONI, La trasformazione eterogenea: in generale, in La trasformazione delle società, cit., p. 211. In senso dubitativo sul fondamento dell'opposizione: G. MARASà, «Le trasformazioni eterogenee», cit., p. 591, secondo il quale a base dell'azione del creditore vi deve essere un «concreto pericolo di pregiudizio per la sua garanzia patrimoniale determinato non dal semplice mutamento della disciplina conseguente alla trasformazione ma da altre circostanze specifiche».
[nota 21] A. GENOVESE, La Trasformazione eterogenea, in Il nuovo diritto societario. Prime riflessioni su alcuni contenuti di disciplina, a cura di A. Genovese, in Quaderni del Dipartimento di Scienza e Storia del Diritto - Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Catanzaro "Magna Graecia", Torino 2004, 17, p. 63. Interessante è, altresì, l'osservazione dell'Autore che vede nel diritto di opposizione dei creditori uno «strumento di bilanciamento della maggiore autonomia privata della società, potendo essere paragonato, per certi versi, al diritto di recesso del socio» (p. 64).
[nota 22] M. SARALE, Commento sub art. 2500-novies c.c., in Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da G. Cottino - G. Bonfante - O. Cagnasso - P. Montalenti, Bologna 2004, 3, p. 2304; R. GUGLIELMO, «L'opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c.: natura del procedimento», in Riv. not., 1994, p. 177.
[nota 23] M. MALTONI, La trasformazione eterogenea: in generale, cit., p. 219.
[nota 24] Favorevole all'applicazione analogica dell'art. 2500-quinquies c.c. alla trasformazione eterogenea: M. MALTONI, op. ult. cit., p. 208; contra, invece: G. MARASà, «Le trasformazioni eterogenee», cit., p. 591, il quale ritiene che l'eventuale liberazione di chi rispondeva con tutto il proprio patrimonio personale continui ad essere affidata alle regole civilistiche e, quindi, al consenso individuale dei singoli creditori.
[nota 25] Secondo tale autorevole ricostruzione, quindi, «se in un'associazione non riconosciuta matura l'intento di trasformazione in società di capitali, lo si potrà attuare percorrendo la fase intermedia, secondo la procedura semplificata di cui al citato D.P.R. n. 361 del 2000, del riconoscimento della personalità giuridica»: F. GALGANO, Il nuovo diritto societario, Padova 2003, p. 524 e ss. Sembra opportuno evidenziare, però, che la garanzia di cui si parla non si rinviene in altre situazioni comunque ammesse dal legislatore quali ad esempio i consorzi, che per quanto debbano redigere un bilancio ex art. 2615-bis c.c., non hanno obblighi di dotazioni patrimoniali determinati. O ancora le comunioni d'azienda, per le quali il valore del complesso aziendale, pur risultando da scritture contabili ai sensi dell'art. 2217 c.c., potrebbe essere insufficiente. A diversa conclusione, invece, giunge altro Autore il quale nel ritenere la perizia un equipollente del riconoscimento, ammette la vicenda trasformativa de qua. Nel rispetto delle disposizioni legislative di cui agli artt. 2343 o 2465 c.c. e, quindi, con il necessario correttivo della relazione di stima, sarà consentito all'associazione non riconosciuta di evolvere in società di capitali: A. FUSARO, «Le trasformazioni eterogenee: un'apertura delle frontiere tra società lucrative ed enti non profit?», in N. giur. civ. comm., 2005, p. 73 e ss.
[nota 26] In questi termini: M. SARALE, Commento sub art. 2500-octies c.c., in Il nuovo diritto societario, cit., p. 2292, sub nota 12 la quale precisa, altresì, che «se è vero che anche la comunione d'azienda non è soggetta, in quanto tale, ad alcuna forma di pubblicità, nel Registro delle Imprese si troverà traccia quantomeno dell'atto di trasferimento dal quale la comunione è scaturita (v. art. 11, n. 10 del D.P.R. n. 581/1995 attuativo dell'art. 8 della L. n. 580/1993)». Ad ogni modo, prosegue, «pur a voler riconoscere la legittimità di siffatta trasformazione si porrebbe comunque il problema della disciplina applicabile». Concorde sull'ultima affermazione: G. MARASà, «Le trasformazioni eterogenee», cit., p. 595.
[nota 27] E. BELLEZZA, Trasformazioni eterogenee atipiche di enti no profit, relazione al Convegno "Riflessi della riforma del diritto societario sulla disciplina delle associazioni e delle fondazioni", Taormina 7-8 aprile 2006.
[nota 28] Relazione al D.lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003, recante riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge n. 366 del 3 ottobre 2001, pubblicata in G.U. n. 234 del giorno 8 ottobre 2001: «esigenze di economia degli atti negoziali rendono opportuno consentire tali operazioni e cioè un unico procedimento di trasformazione con un unico passaggio e la conservazione in capo all'ente risultante dei diritti e degli obblighi dell'ente trasformato; ciò anche in aderenza a recenti orientamenti, anche giurisprudenziali, che hanno affermato sostanzialmente la trasformazione come strumento generale di risoluzione dei conflitti nelle operazioni di cambiamento della forma giuridica delle imprese» (§ 14).
[nota 29] Così: E. BELLEZZA, Trasformazioni eterogenee atipiche di enti no profit, cit.
[nota 30] Testualmente dalla motivazione, in Le massime del Consiglio notarile di Milano, cit., p. 88.
[nota 31] M. MALTONI, La trasformazione eterogenea: in generale, cit., p. 192.
[nota 32] G. MARASà, «Le trasformazioni eterogenee», cit., p. 588, e ciò si precisa «in quanto l'operazione può svolgersi non solo tra due società casualmente omogenee ma anche tra una società ed un altro contratto associativo - e, comunque in generale, un altro ente anche di origine non contrattuale, come la fondazione - caratterizzato da uno scopo diverso». Al che, però, sempre secondo lo stesso Autore non si aggiungerebbe ad opera della riforma alcuna novità in termini di attenuazione causale tra le diverse figure associative (ID., p. 588, sub nota 4). Questione sulla quale sembra esprimersi diversamente: F. GUERRERA, Trasformazione, fusione, scissione, cit., p. 319.
[nota 33] In questo senso: F. TASSINARI - A. ZOPPINI, «Sulla trasformazione eterogenea delle associazioni sportive», in Contratto e impresa, Padova 2006, 6, p. 913; R. GUGLIELMO, Società sportive e profili di interesse notarile della nuova disciplina, studio n. 5271/I, approvato dalla Commissione Studi d'Impresa il 17 settembre 2004 e pubblicato in Studi e Materiali, a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, 2/2004, p. 779.
[nota 34] Ad ogni modo, poi, è da ritenere che nell'ipotesi di trasformazione di associazioni sportive in società sportive ancorché professioniste, non si porrebbe neanche un problema di violazione dei limiti legali di cui agli artt. 2500 octies, comma 3 c.c., 223-octies disp. att. e trans. c.c. posto, infatti, che detta operazione non determinerebbe alcuna "distrazione" delle agevolazioni ricevute dalle finalità originarie in considerazione dell'identità dei fini perseguiti dall'ente ante e post trasformazione.
[nota 35] Testualmente: A. FUSARO, Trasformazioni delle associazioni in società di capitali e delle società di capitali in associazioni, cit.
[nota 36] R. GUGLIELMO, Società sportive e profili di interesse notarile della nuova disciplina, cit., p. 777. Ad analoga considerazione giunge A. GENOVESE la quale muovendo dal presupposto - niente affatto pacifico - delle «società di capitali come strutture organizzative casualmente neutre, utilizzabili per perseguire qualunque scopo lecito, e anche uno scopo ideale (si allude ovviamente alla teoria del c.d. tramonto dello scopo lucrativo delle società di capitali)», ipotizza un «inquadramento della trasformazione eterogenea di associazione in società come mutamento organizzativo, che non investe necessariamente anche la causa del contratto originario», in La trasformazione eterogenea, cit., p. 67. Contra invece: G. MARASà, in «Le trasformazioni eterogenee», cit. il quale, per come già evidenziato (v. nota n. 32), sottolinea che la riforma non ha comportato una generale neutralizzazione delle forme associative e, quindi, le società di capitali, essendo tuttora vincolate al conseguimento di fini lucrativi (art. 2247 c.c.) o consortili (art. 2615-ter c.c.), non possono essere utilizzate per la realizzazione di fini non economici se non nei casi in cui ciò sia consentito da leggi speciali (p. 597). Lo stesso Autore, però, si interroga - dando sostanzialmente risposta negativa - sulla possibilità di una modifica a maggioranza della causa del contratto anche senza trasformazione del tipo, ossia senza cambiamento della struttura organizzativa, evidenziando come all'eventuale iscrizione di una SpA con scopo altruistico o non lucrativo nel Registro delle Imprese non potrà seguire la dichiarazione di nullità della stessa società in considerazione del fatto che il nuovo art. 2332 c.c. non menziona più la mancanza dell'atto costitutivo fra le cause di nullità delle società di capitali (p. 595). Con la conseguenza, per l'appunto, che «se anche la costituzione di una siffatta SpA dovesse superare il vaglio del controllo notarile, non potrà essere eliminata attraverso la disciplina dell'art. 2332 c.c. » (p. 595, sub nota 17). Merita di essere ricordata, peraltro, una recente sentenza della Corte di Cassazione la quale conclude per la illegittimità di una delibera assembleare che sostituisca, a livello statutario, allo scopo di lucro soggettivo uno scopo mutualistico senza passare per la via della trasformazione. Nel caso di specie i giudici di legittimità affermano che «costituendo lo scopo di lucro un elemento essenziale e caratterizzante il tipo della società per azioni, l'assemblea straordinaria della società non può deliberare la sostituzione di uno scopo lucrativo con uno scopo non lucrativo, al di fuori delle ipotesi tassative nelle quali è espressamente consentita l'utilizzazione del tipo SpA per uno scopo non lucrativo e del procedimento di trasformazione della società in società cooperativa» (Cass., Sez. I, 12 aprile 2005, n. 7536, in Giust. civ. mass., 2005, 4).
[nota 37] G. FRANCH, Commento sub art. 2500-octies, in Trasformazione. Fusione. Scissione, cit., p. 335.
[nota 38] In senso favorevole alla trasformazione "atipica" di società di capitali in associazione riconosciuta anche: E. TRADII, Trasformazione eterogenea in cui intervengono enti no profit: trasformazione da associazione in società di capitali e viceversa, cit.
[nota 39] Per l'iscrizione nel Registro delle Imprese di atti condizionati o a termine differito: F. TASSINARI, «L'iscrizione nel registro delle imprese degli atti ad efficacia sospesa o differita», in Riv. not., 1996, p. 83 e ss.; C. IBBA, Gli effetti dell'iscrizione, in Il Registro delle Imprese a cura di G. Marasà - C. Ibba, Torino 1997, p. 224.
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