Le altre trasformazioni eterogenee: casi e soluzioni
Le altre trasformazioni eterogenee: casi e soluzioni
di Enrico Bellezza
Notaio in Milano

La trasformazione di società di capitali in fondazione e viceversa

«Le società disciplinate nei capi V , VI e VII del presente titolo (società di capitali, n.d.r.) possono trasformarsi in consorzi, società consortili, comunioni d'azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni». Così recita testualmente l'art. 2500-septies [nota 1].

«I consorzi, le società consortili, le comunioni d'azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni possono trasformarsi in una delle società disciplinate nei capi V , VI e VII del presente titolo (società di capitali, n.d.r.)». Così recita l'articolo 2500-octies.

Nell'accingerci ad affrontare l'argomento, conviene partire da una considerazione generale [nota 2].

A ben vedere, infatti, nel caso de quo assistiamo ad un "dialogo" tra patrimoni e ciò rafforza ulteriormente la considerazione di come ormai, per il nostro ordinamento, la trasformazione eterogenea sia un principio di portata generale (inapplicabile solo nel caso in cui vi sia un espressa esclusione), alla luce di un interesse considerato preminente e cioè: la salvaguardia della continuità dell'impresa o meglio dell'azienda, nel senso tecnico del termine. La fattispecie in esame risulta da questo punto di vista esemplare: un'impresa collettiva con un suo patrimonio (il capitale sociale) destinato ad uno scopo (il lucro soggettivo), costituita da una o più persone (soci) che vi sono entrati per attribuirsi l'utile e con una propria organizzazione tipica, "decide" di continuare la propria esistenza sotto forma di patrimonio (fondo di dotazione) destinato ad uno scopo (di pubblica utilità con eventuale finalità di lucro oggettivo), anch'esso strutturato con una propria specifica organizzazione, originariamente costituito da una o più persone (i Fondatori) che, sebbene fossero state originariamente socie, non vedranno attribuirsi né quote di partecipazione, né tantomeno utili.

A proseguire, quindi, è l'impresa che da soggettivamente lucrativa diverrà oggettivamente lucrativa.

Occupiamoci della trasformazione di società di capitali in fondazione partendo da un profilo essenziale per il notaio e cioè da quello deliberativo.

L'art. 2500-septies richiede che la deliberazione di trasformazione sia assunta con il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto - e comunque con il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata (circostanza, questa, che non riguarda il caso in esame) [nota 3]. Emerge chiaramente dal dettato letterale della norma che l'atto recante la deliberazione di trasformazione in fondazione sarà una deliberazione assembleare. Avendo riguardo, però, all'ente che sorgerà all'esito della trasformazione medesima ed ai requisiti di forma sostanziali che esso richiede, non di semplice verbale potrebbe trattarsi.

La fondazione, come è noto, richiede per la migliore dottrina la redazione di atto pubblico con testimoni, sotto il profilo della forma solenne dell'atto stesso e del negozio donativo in esso contenuto, nonché la presenza evidentemente di un fondatore ovvero di più fondatori.

La circostanza descritta e quella che vuole che il verbale contenga i requisiti dell'ente risultato della trasformazione potrebbero imporre una deviazione dello schema-tipo di verbale.

Da un lato, infatti, si potrebbe procedere alla redazione di un verbale con l'assistenza di testimoni. In secondo luogo, potrebbero essere costituiti in atto, anziché il solo Presidente dell'Assemblea, tutti i soggetti che diverranno il/i fondatore/fondatori della futura fondazione, onde poter rendere la relativa coerente dichiarazione di volontà di accettazione della qualifica.

Sempre avendo di riferimento il verbale, il quale sotto il profilo del contenuto non pone particolari problemi (dovrà essere citata la relazione degli amministratori illustrativa delle motivazioni e degli effetti della trasformazione prevista dall'articolo 2500-sexies c.c, il relativo deposito presso la sede della società durante i trenta giorni che precedono la data dell'assemblea, la situazione patrimoniale redatta dagli amministratori ai fini del recesso dei soci dissenzienti/assenti/astenuti, da depositarsi presso la sede sociale nei quindici giorni antecedenti la riunione), esso ben può contenere (una fondazione esiste, infatti, in tanto in quanto sia riconosciuta) l'attribuzione al Presidente della fondazione di tutti i poteri e le facoltà necessari ai fini dell'ottenimento del riconoscimento giuridico della fondazione, ivi compresa la facoltà di apportare all'atto ed allo statuto allegato tutte le integrazioni e modifiche che fossero eventualmente richieste dall'autorità competente ai fini del riconoscimento medesimo; il tutto da esercitarsi al momento in cui la deliberazione di trasformazione sia divenuta efficace ai sensi di legge.

Quest'ultimo accenno all'efficacia della deliberazione porta a considerare il tenore dell'art. 2500-novies; a mente di detto articolo, infatti, la deliberazione ha efficacia decorsi sessanta giorni dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti per il tipo adottato, salvo che consti il consenso dei creditori o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso.

Orbene, qui sorge un problema pratico di grande rilevanza: l'ultimo degli adempimenti pubblicitari per le fondazioni consiste nell'iscrizione dell'ente nel Registro Persone Giuridiche private (delle Prefetture, se fondazioni riconosciute a livello nazionale, ovvero delle regioni, nel caso di enti riconosciuti a livello regionale) [nota 4]. Solo decorsi i sessanta giorni dall'iscrizione, pertanto, si potrà procedere alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese. Si badi che quest'adempimento (che consiste nel deposito telematico della deliberazione di trasformazione, condizionato, quanto all'efficacia in relazione allo scioglimento, alla decorrenza dei citati sessanta giorni dall'iscrizione della fondazione) non sempre è pacifico. Talvolta occorre sottolineare ai competenti uffici come non si possa procedere alla cancellazione della società e poi, una volta riconosciuta, alla iscrizione della fondazione e ciò in quanto, così operando, si vanificherebbe la garanzia per i creditori. Non sarebbe rispettato il principio di continuità, perché per qualche tempo non esisterebbe più l'ente trasformato, ma non esisterebbe ancora il nuovo soggetto giuridico. L'azienda oggetto di trasformazione si troverebbe in un limbo, nel quale non apparterrebbe ad alcun soggetto giuridico.

Presentata l'istanza di riconoscimento alla Prefettura (ovvero alla Presidenza della Regione), infatti, detti uffici hanno centoventi giorni di tempo per procedere al riconoscimento. Se, quindi, il deposito della delibera di trasformazione fosse assistito da efficacia "immediata", sarebbe immediato anche lo scioglimento della società, pur assistito dalle forme richieste dall'art. 2500 secondo e terzo comma ed il risultato sarebbe quello della inesistenza di un qualsiasi tipo di ente, almeno per il periodo necessario al riconoscimento della fondazione. Evidentemente, se così fosse, vi sarebbe un grave pregiudizio dei creditori ed avremmo, sotto il profilo essenziale della pubblicità per i terzi, quella soluzione di continuità che proprio il codice civile novellato ha fortemente voluto escludere.

Tale profilo è ancor più stringente nel caso inverso di trasformazione eterogenea da fondazione a società di capitali, non foss'altro perché, una volta ottenuto dall'autorità governativa il decreto di trasformazione su proposta dell'organo competente (tale previsione fa si che la deliberazione di tale organo non sia una delibera di trasformazione quanto, piuttosto, una delibera di proposta di trasformazione), potrebbe venire richiesta dal Registro delle Imprese la preventiva cancellazione della fondazione dal Registro Persone Giuridiche private ai fini della successiva iscrizione della società di capitali, che non sarebbe comunque efficace per i sessanta giorni successivi [nota 5].

Ai sensi dell'art. 2500-novies -"Opposizione dei creditori"-, come abbiamo visto, la trasformazione eterogenea ha effetto dopo sessanta giorni dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti dall'art. 2500, salvo che consti il consenso dei creditori o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso. I creditori possono, nel suddetto termine di sessanta giorni, fare opposizione.

Il dies a quo per l'opposizione dei creditori è, quindi, l'iscrizione al Registro Imprese della società trasformata, ovvero, nel caso inverso, l'iscrizione nel Registro Persone Giuridiche della fondazione.

Spirato il predetto termine senza opposizioni, l'atto di trasformazione acquista efficacia e, successivamente, sulla base della iscrizione medesima ormai divenuta efficace, si procederà alla richiesta di cancellazione della fondazione dal Registro prefettizio delle Persone Giuridiche, in quanto tale cancellazione si configura quale regime di pubblicità richiesto per la cessazione dell'ente che effettua la trasformazione (così come previsto dall'art. 2500 comma terzo ultima parte).

Ove si pretendesse di effettuare l'iscrizione al Registro Imprese sulla base del provvedimento di cancellazione, si otterrebbe un risultato non voluto dalla riforma e non rintracciabile nella normativa, con conseguenze disastrose sul piano pratico.

In generale, dunque, trattandosi di trasformazione, infatti, ripeto che non deve esservi soluzione di continuità (art. 2498 c.c.), e ciò a tutela dei terzi. Se prima venisse cancellata dal registro prefettizio la fondazione ed in un secondo tempo effettuata la iscrizione al Registro Imprese, in caso di opposizione di un creditore, quest'ultimo non avrebbe il debitore cui rivolgersi: la fondazione, infatti, non esisterebbe più e la società non esisterebbe ancora. Ciò non può essere ed infatti non è.

Credo, quindi, che una soluzione potrebbe consistere nella iscrizione nel Registro Imprese, come previsto dalla legge, con contestuale annotamento relativo alla subordinazione dell'efficacia piena della iscrizione alla produzione del provvedimento di cancellazione; si otterrebbe così il risultato di avere, da subito e conformemente alla normativa ed alla ratio delle disposizioni di legge, una efficacia parziale della iscrizione relativamente a due aspetti fondamentali: l'inizio di decorrenza del citato termine dei sessanta giorni e la dovuta pubblicità dell'atto nei confronti di eventuali creditori, che sarebbero messi così in grado di tutelare i propri interessi.

Versus fondazione o versus società, quindi, il tema degli adempimenti successivi segue il medesimo iter, a salvaguardia dei principi codicistici.

Quanto esposto non è una ipotesi di iter procedurale, in punto di adempimenti, delle problematiche affrontate. In realtà, esso rappresenta il percorso compiuto con due diverse Camere di Commercio e due diverse Prefetture. Vero è che nel corso della definizione degli adempimenti sono emerse anche soluzioni molto-troppo pratiche nel senso che, nell'incertezza, «tengo la pratica momentaneamente sospesa, poi notaio la chiamo quando il termine sta per scadere … ». Occorre evitare tali soluzioni e, viceversa, ragionare in termini di adempimenti assolutamente accoglibili da parte degli Uffici pubblici, senza rinvii.

Su di un piano concreto sono stati utilizzati i moduli societari- S2 e Modello note, distinta Fedra- e nel Modello note è stata specificata la sospensione ope legis delle deliberazioni adottate. Verificatasi la condizione, è stata seguita la procedura consueta. Tutto questo sul versante della società che si trasforma ovvero è l'esito della trasformazione. è notizia recente la pronuncia dell' «Osservatorio sulla riforma del diritto societario» composta dai Conservatori dei Registri delle Imprese della Lombardia e dai notai del Comitato Regionale Notarile Lombardo, in tema di procedura ed iscrizione delle delibere di società di capitali adottate sotto condizione sospensiva. Ebbene: mutatis mutandis, la procedura nel caso de quo è da concepirsi sulla falsariga della citata pronuncia.

Sul versante della fondazione, si è seguita la procedura richiesta dagli uffici regionali/prefettizi in tema di istanze di estinzione ovvero di riconoscimento: nei casi affrontati, si è sempre trattato di produzione non in via telematica della documentazione richiesta, tranne che in un caso. Vi sono Regioni, infatti, che si sono convenzionate con le Camere di Commercio per la gestione del Registro Persone Giuridiche private. In tale caso, la fase successiva all'accoglimento delle istanze di cancellazione ovvero di riconoscimento è stata condotta in via telematica utilizzando i modelli societari, con la specificazione, nel quadro note, che la trasmissione avveniva «ai soli fini della iscrizione nel Registro Persone Giuridiche private senza scopo di lucro», onde evitare la iscrizione nel Registro Imprese/Rea di una fondazione, implicitamente classificandola ente che svolge attività commerciale.

La trasformazione dei comitati [nota 6]: non contemplata dalla riforma, ma comunque ammessa la legittimità. Trasformazione quale principio generale. Doppia natura del comitato. Incidenza della doppia natura sul tipo societario/associativo/fondazionale prescelto

La possibilità di trasformazione eterogenea di comitati in società e viceversa non è stata espressamente contemplata dalla riforma; peraltro una tale previsione secondo taluni avrebbe potuto costituire un eccesso di delega, posto che il tema assegnato dal legislatore era quello della riforma delle società di capitali.

Quello che si pone, quindi, è un problema relativo alla ammissibilità o meno della trasformazione in parola, che deve essere a mio giudizio risolto positivamente alla luce di due principi di sicura applicazione nella materia de qua: il principio di continuità dei rapporti giuridici e, soprattutto, il principio di generale trasformabilità fra enti diversi, recepito e sancito con la riforma nel nostro ordinamento. L'interprete, quindi, dovrebbe rispondere negativamente solo nel caso in cui dovesse riscontrare un esplicito divieto di trasformazione.

Per tentare di risolvere il problema, occorre riprendere alcune considerazioni generali circa le caratteristiche dei comitati.

Una prima indagine, dagli indubbi risvolti pratici, attiene a due profili del comitato: la sua natura e il regime di responsabilità degli organizzatori e dei sottoscrittori [nota 7], che anticipa quello relativo alla tutela di eventuali creditori dell'ente e quello della pubblicità. In tale contesto, occorre poi tenere bene a mente la circostanza relativa all'ottenimento o meno della personalità giuridica da parte del comitato.

Quanto al primo aspetto (natura), pur non essendo persone giuridiche (ma potendolo diventare), i comitati non riconosciuti ben possono essere considerati centri autonomi di imputazione di situazioni giuridiche attive e passive. Essi, come è noto, presentano un elemento personale ed uno patrimoniale: un gruppo di persone, cioè, che si è organizzato al fine di raccogliere fondi e risorse da destinare ad uno scopo (diamo qui per acquisite le altre caratteristiche dei comitati: gratuità, temporaneità, ecc.).

Quanto al profilo della responsabilità, i membri del comitato si dividono in organizzatori e sottoscrittori; i primi, sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo mentre i secondi, i sottoscrittori, sono obbligati soltanto ad effettuare le oblazioni promesse. Da ultimo, qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica, i suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte.

Cerchiamo ora di verificare la tenuta e l'impatto delle caratteristiche sopra citate in ipotesi di trasformazione eterogenea del comitato in società di capitali.

L'ipotesi di trasformazione in società di capitali di comitato con personalità giuridica ben può riportarci alla procedura di trasformazione della associazione riconosciuta in società, oggi magistralmente descritta. In verità, il comitato è iscritto nel Registro Persone Giuridiche, la società sarà iscritta nel Registro Imprese con efficacia differita, il comitato sarà cancellato dal Registro Persone Giuridiche decorsi sessanta giorni dalla iscrizione della società che avrà da quel momento, quindi, piena efficacia. Ancora: i creditori sono tutelati sia in punto di pubblicità della trasformazione, sia in punto di opposizione alla medesima.

Ipotesi molto simile è quella della società di capitali che contestualmente deliberi sia di trasformarsi in comitato, sia di avviare la procedura di richiesta di attribuzione della personalità giuridica. è questione di termini, come per la omologa previsione per le fondazioni.

Riscontriamo qui sicura analogia con il procedimento di trasformazione da società di capitali in associazione non riconosciuta e viceversa. A ben vedere tale analogia risulta rafforzata dalla tradizionale e dottrinale assimilazione del comitato sprovvisto di personalità giuridica all'associazione non riconosciuta, non foss'altro perché, nella versione senza personalità giuridica, è sicura la circostanza della prevalenza, nel comitato, dell'elemento personale. L'iter, quindi, pare potersi tracciare proprio in questo tipo di trasformazione, anche considerando la circostanza che il comitato partecipa della stessa "opzione" - costituzionalmente garantita - prevista per le associazioni: sottoporsi alla procedura di attribuzione della personalità giuridica, al vaglio della meritevolezza degli scopi e della bontà della struttura, oppure no. Il Notaio rogante, quindi, ben potrebbe non discostarsi da tale impostazione.

Valgano qui le considerazioni svolte dal Collega Fusaro in tema di associazioni.

Da ultimo una considerazione. La prassi da me affrontata evidenzia come, ad es., un comitato costituito ai fini di raccogliere fondi ed adesioni per addivenire alla costituzione di una fondazione non proceda tanto alla sua trasformazione, quanto piuttosto alla adozione di una deliberazione di costituzione della fondazione, individuazione dei fondatori, attribuzione dei fondi raccolti al nuovo ente e successivo scioglimento. Tale impostazione è determinata da ragioni di merito e "personali": è più facile operare una "selezione" dei soggetti iscritti al comitato seguendo la procedura descritta piuttosto che aderire alla trasformazione la quale renderebbe la predetta "scrematura" più spinosa, in quanto, ad es. assistita da quorum ben più alti.

La comunione d'azienda [nota 8]: nozione, con impresa e senza impresa. Presupposto trasformazione: comunione senza impresa. La trasformazione eterogenea della comunione d'azienda in società e viceversa

Si tratta forse della più dirompente delle tante innovazioni portate dalla riforma, assimilabile solo per certi versi ad altri casi in cui non esista un soggetto da trasformare (comitato, associazione non riconosciuta), ovvero nel quale ci si voglia trasformare. Solo per certi versi, in quanto nel comitato e nell'associazione non riconosciuta esistono almeno alcuni profili soggettivi (lo scopo comune, l'attività comune prestata dai componenti) che nella comunione d'azienda, per unanime convinzione, non devono e non possono esistere.

Ben si è detto e si è scritto (ed a questa teorica io aderisco), infatti, che, affinché si possa parlare di comunione d'azienda, non debba esservi esercizio di attività d'impresa da parte dei comproprietari. Altrimenti ricadremmo nelle ipotesi dell'articolo 2247 e non in quella ben chiara del 2248. E altrettanto bene si è sostenuto come, nel caso in esame, non si applichino le norme in tema di cessione d'azienda, costituendo quelle sulla trasformazione eterogenea un corpo normativo speciale rispetto alle prime.

Ebbene, nel caso di comunione di godimento di un complesso di beni (e diritti) organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa, prima della riforma, i comproprietari che volessero intraprendere o continuare nell'esercizio comune dell'attività avevano solo la scelta di costituire una società, conferendo l'azienda acquistata o ereditata. Ora hanno una soluzione alternativa, la trasformazione eterogenea. Così al contrario, i soci di una società di capitale che non intendessero più continuare l'attività imprenditoriale, ma volessero affittare l'azienda sociale a terzi, potevano solamente deliberare lo scioglimento e la messa in liquidazione, con conseguente assegnazione ai soci medesimi dell'azienda stessa.

Tralasciando qui e rimandando ad ottimi scritti sull'argomento [nota 9], la trattazione dottrinaria e teorica, vorrei solamente mettere l'accento su alcune peculiarità di questo strano tipo di trasformazione eterogenea, ancora poco conosciuto nella prassi, ma che potrebbe avere, a mio giudizio, un discreto sviluppo. Per far ciò, mi porrò qualche interrogativo.

Anzitutto, mi chiedo perché i comproprietari dovrebbero voler trasformare il loro stato di comunione in società, anziché procedere ad un conferimento.

La risposta appare semplice, se si tiene conto delle norme che regolano il conferimento (come il trasferimento) dell'azienda. L'atto di trasformazione eterogenea è soggetto alla disciplina specifica e generale dettata in tema di trasformazione, disciplina che (secondo la dottrina che io seguo e per tutti valga Maltoni [nota 10]) assorbe e supera le norme in tema di trasferimento dell'azienda e dei singoli beni che la compongono. Non si applicherà pertanto la possibilità per i terzi contraenti di recedere entro tre mesi dai contratti relativi all'azienda ceduta, possibilità prevista dall'art. 2558, comma 2, come non sarà possibile, dopo verificatasi la pubblicità sanante di cui all'art. 2500-bis, esperire le normali azioni contrattuali per far dichiarare l'invalidità della trasformazione.

La tutela dei creditori sarà comunque assicurata, sia nel caso di trasformazione da società di capitali che in quello di trasformazione in società di capitali, perché nel primo caso tutti i soci assumono, quali comunisti, responsabilità illimitata anche per le obbligazioni anteriori (artt. 2500-quinquies e 2500-sexies), mentre nel secondo caso soccorre i creditori sempre l'art. 2500-quinquies, disponendo la non liberazione dei soci a responsabilità illimitata (e tali devono essere considerati tutti i comproprietari).

Ecco quindi che ben possiamo consigliare ai comproprietari che vogliano passare da una situazione di mero godimento dell'azienda allo status di imprenditori di procedere alla trasformazione eterogenea, in quanto più semplice.

Otterranno così l'applicazione del principio della continuità (art. 2498), nonché la pubblicità sanante (art. 2500-bis), per cui, dopo effettuata l'iscrizione dell'atto nel Registro Imprese l'invalidità dell'atto per qualsiasi causa non potrà essere pronunciata. Dovranno comunque attendere il trascorrere dei 90 giorni per la tutela dei creditori, durante il quale questi potranno fare opposizione alla trasformazione, perché la trasformazione acquisti efficacia.

Sul piano pratico, sarà indispensabile la perizia di stima redatta da esperto iscritto nel registro dei revisori contabili (per il richiamo dell'art. 2500) e, se l'azienda comprende beni immobili o beni mobili iscritti nei pubblici registri, sarà a mio parere indispensabile la trascrizione, a differenza che negli altri casi di trasformazione. Maltoni, nel testo citato, ha ben richiamato l'art. 2643, per sostenere che questo tipo di trasformazione, in entrambe le direzioni, produce effetti sul mutamento della titolarità dei beni che senz'altro devono essere trascritti, per la certezza dei terzi e dei soci stessi, almeno per quanto riguarda la ripartizione delle quote. L'atto di trasformazione conterrà, quindi, tutti gli elementi indispensabili per un atto di trasferimento immobiliare soggetto a trascrizione.

Riassumendo, quindi, il procedimento di trasformazione da società di capitali in comunione d'azienda dovrà attenersi ad alcune regole.

In primo luogo, la deliberazione di trasformazione potrà essere efficacemente adottata solo con il consenso di tutti i soci a norma dell'art. 2500-septies (in quanto tutti assumono responsabilità illimitata) ed il socio che non avrà concorso alla delibera di trasformazione potrà esercitare il diritto di recesso.

Occorre, poi, ribadire la necessità della forma pubblica della delibera di trasformazione, la quale rappresenterà pure il titolo di una comunione del diritto di proprietà ai sensi dell'art. 1100 c.c. In ragione di ciò dovrà essere puntualmente individuato l'oggetto della comunione, ovvero del complesso di beni, non foss'altro perché, in ragione della loro qualificazione giuridica, dovrà procedersi alla trascrizione della diversa imputazione, nei competenti registri, in relazione, evidentemente, anche alla entità della quota posseduta.

Quanto alla trasformazione della comunione d'azienda in società di capitali, sotto il profilo deliberativo, occorrerà l'unanimità dei comproprietari. Vi è da sottolineare come, non esistendo l'ente-comunione d'azienda, non si può esattamente rifarsi al concetto di deliberazione. In realtà sarà un negozio giuridico recante una decisione adottata all'unanimità dalle parti comparenti, il che ci rimanda al concetto di contratto (nel nostro caso di società), recante il consenso unanime delle parti. Da ciò la naturale conseguenza che, valendo esso quale atto costitutivo della società di capitali risultante dalla trasformazione, dovrà contenere tutti gli elementi necessari alla perfezione dell'atto medesimo, e in punto di quote di sottoscrizione del capitale, dovrà rifarsi alla consistenza delle quote di proprietà di ciascun soggetto, all'interno della comunione.

Sul piano pratico, in tema di adempimenti, nel caso di trasformazione progressiva da comunione d'azienda in società di capitali, dovremo effettuare l'iscrizione a Registro Imprese come se si trattasse di costituzione di nuova società. Nel caso inverso, ci comporteremo come nel caso di scioglimento senza liquidazione di società di persone.

A questo proposito, vorrei ancora ricordare che il discrimine tra la procedura di scioglimento e liquidazione e la trasformazione eterogenea è dato dalla continuità dell'azienda, che deve sussistere, vitale, in tutti i suoi elementi costitutivi, affinché non si utilizzi la trasformazione per eludere le norme in tema di liquidazione, procedimento necessario ed inderogabile nelle altre ipotesi.

Conclusioni

Si è cercato qui di porre l'attenzione e l'accento solo ad alcuni dei problemi che possono porre le trasformazioni eterogenee descritte. è pur vero, però, che le variabili tecniche possono e sono diverse da caso a caso e quindi è parso più ragionevole affrontare i profili che possono far da guida alla soluzione di casi specifici, vuoi per analogia, vuoi per induzione o deduzione da principi più generali.

Tutto ciò, sotto il profilo tecnico. In realtà, nei procedimenti di trasformazione eterogenea, affiora anche un altro aspetto, forse anche in considerazione dei quorum stabiliti dal legislatore, attinente alla volontà delle parti. In tali operazioni, infatti, essa viene in certo senso posta in ri-considerazione.

Il caso della comunione d'azienda risulta emblematico. In altri termini, una serie di soggetti che sono pacificamente stati in comunione d'azienda, poniamo costituitasi a seguito di fenomeni successori, nel momento in cui cominciano a considerare l'ipotesi di trasformazione in società di capitali, contestualmente sono portati a ri-considerare, appunto, il loro ruolo, gli equilibri infra-comunione e ciò può portare a nuove frizioni fra loro, come pure al riemergere di "vecchie" questioni.

L'esperienza ci ha portato in questi primi anni di applicazione delle nuove possibilità di trasformazione ad assistere a divergenze ben più rilevanti di quelle economiche: mi riferisco alle divergenze ideali. Pensate agli associati che non condividono la volontà della maggioranza qualificata di passare dal mondo del non profit a quello del lucro soggettivo. Il recesso, che rimedia tecnicamente agli interessi economici, non è sufficiente per compensare la delusione di coloro che hanno dedicato risorse, entusiasmo e tempo libero per scopi di natura ideale ed altruistica, nel momento in cui vedono "traditi" questi scopi. Badate che può apparire grave che queste considerazioni vi pervengano da chi ha contribuito ad inserire nella normativa tali disposizioni. Ciò che va ricordato è che la legge delega affidava alla Commissione Vietti una chiara missione: quella di essere di aiuto all'economia ed alla crescita delle imprese. Con questa iniezione di dinamicità nell'ordinamento, sono convinto che si sia data attuazione ai principi della delega.

Questa, del resto, è la dinamicità/variabilità del diritto che siamo abituati a vedere ed affrontare quotidianamente nei nostri studi notarili.


[nota 1] Per una visione complessiva in merito alla riforma del titolo V libro V c.c. si vedano, tra gli altri, BELLEZZA, GUBITOSI, La nuova disciplina del diritto societario, La Tribuna, Piacenza, 2003; BELLEZZA, NEIL VIZZINI, Guida ai nuovi statuti societari, La Tribuna, Piacenza, 2004; Bellezza, (a cura di), Il nuovo codice delle società, La Tribuna, Piacenza, 2006; BORTOLUZZI, La riforma delle società. Aspetto applicativi, UTET, Torino, 2004; AMBROSINI, La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003; BONFANTE, La riforma della cooperazione della Commissione Vietti, Torino, 2003; CORVESE, La riforma delle società, Torino, 2003; NOTARI, Costituzione e conferimenti nella SpA, in AA. VV., Il nuovo ordinamento delle società, Milano, 2003; PAVONE LA ROSA, «Circolazione delle azioni e legittimazione all'esercizio dei diritti sociali», in Riv. soc., 2003.

[nota 2] Si vedano ZOPPINI, Le prospettive di riforma delle associazioni e delle fondazioni: considerazioni a margine della riforma del diritto societario, in Visintini (a cura di), Gli enti non profit tra codice civile e legislazione speciale, Napoli, 2003, p. 255 e ss., nonché in FUSARO, «La riforma del diritto delle associazioni», in Giur. it., 2000, IV, c. 2427. MARASA', «Le trasformazioni eterogenee», in Riv. not., 2003, I, p. 585 e ss. DE ANGELIS, «Le operazioni di trasformazione, fusione e scissione nella legge delega per la riforma del diritto societario», in Riv. soc., 2002, p. 41 e ss., nonché ID., «La trasformazione nella riforma del diritto societario», in Società, 2003, n. 2-bis, p. 383 e ss.

[nota 3] Art. 2500-septies c.c., comma terzo «La deliberazione deve essere assunta con il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto, e comunque con il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata».

Art. 2500-octies c.c., comma secondo, «La deliberazione di trasformazione deve essere assunta, nei consorzi, con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consorziati; nelle comunioni di aziende all'unanimità; nelle società consortili e nelle associazioni con la maggioranza richiesta dalla legge o dall'atto costitutivo per lo scioglimento anticipato».

[nota 4] Per una trattatistica tradizionale in tema di personalità giuridica si vedano IORIO, Le fondazioni, Giuffrè, Milano, 1997; TAMBURRINO, Persone giuridiche, Associazioni non riconosciute, comitati, seconda edizione, dalla collana Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da Walter Bigiavi, Utet, 1997; De Nova (a cura di), Il riconoscimento delle persone giuridiche, Ipsoa, Milano, 2001; voce Persona giuridica, in Enciclopedia del diritto, Mortati, Passarelli (direzione), Giuffrè, Milano, 1983.

[nota 5] Sul Registro delle Imprese si vedano BOCCHINI, Il Registro delle Imprese, vol. 6, La giurisprudenza d'impresa, Cedam, Padova, 1997; MARASA'- IBBA, Il registro delle Impresa, da Il diritto attuale, Utet, Torino, 1997; la sintesi più comprensiva si rinviene in PUGLIATTI, La trascrizione. La pubblicità in generale, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo, XIV - I, t. I, Milano, 1957, p. 92 e ss., p. 168 e ss. V. su di essa GALLO, La pubblicità nell'esperienza giuridica romana e contemporanea, in Labeo, 1958, p. 89 e ss.; NICOLO', La trascrizione, I, Milano, 1973, p. 10 e ss.

[nota 6] V. CALICETI, Considerazioni inattuali in tema di comitati, Milano, 1994; la rassegna giurisprudenziale in CHINDEMI, Il Comitato, in Gli enti "non profit" in Italia, a cura di G. Ponzanelli, Cedam, Padova, 1994; BASILE, voce Comitati, nel Digesto disc. priv. - sez. civ., III, IV ediz., Torino, 1988; AURICCHIO, voce Comitati (dir. civ.), nell'Enciclopedia del diritto, VII, Milano, 1960; FORCHIELLI, «Saggio sulla natura giuridica dei comitati», in Riv. trim. dir. proc. civ., p. 195.

[nota 7] Siffatta responsabilità riguarda esclusivamente gli organizzatori (e i gestori del fondo raccolto e cioè i mandatari del comitato a tali fini) e si estende a tutto ciò che attiene conservazione e destinazione dei fondi per il raggiungimento degli scopi annunciati e cioè all'attività specifica degli organizzatori ed amministratori.

[nota 8] Oltre alla trattatistica tradizionale, si segnala in particolare, GALGANO, Diritto commerciale. Le Società, Bologna, 1987; AMATUCCI, Società e comunione, Napoli, 1971; FERRI, Manuale di diritto Commerciale, Torino, 1991; TANZI, Godimento del bene produttivo e impresa, Roma, 1991; CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, II, Diritto delle società, Torino, 1988; DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1987; KUSTERMAN, Delle società, COM Ipsoa, 1988; GALGANO, L'impresa e le società, in Diritto Civile e Commerciale, Terza edizione, Padova, 1999.

[nota 9] Per tutti MALTONI/TASSINARI, La trasformazione delle società, Ipsoa, Milano, 2005.

[nota 10] Si vedano App. Torino 25 marzo 1997, in Giur. comm., II, 1998, p. 814, App. Bologna 14 ottobre 1977, in Giur. it., 1978, I, 2, c. 216; Trib. Udine 10 dicembre 1983, in Giur. comm. 1984, II, p. 417; Trib. Roma 18 settembre 1984, in Società 1985, p. 301; App. Brescia 27 marzo 1986, in Riv. not. 1986, II, p. 713; Trib. Napoli 30 marzo 1990, in Società 1990, p. 1108, Trib. Udine 8 marzo 1986, in Foro it, 1986, I, c. 2049; App. Trieste 9 ottobre 1992, in Società 1993, p. 193; App. Trieste 20 maggio 1993, in Vita notarile 1993, p. 1509; Trib. Roma 16 marzo 1994 in Riv. not., II, 1995, p. 695; Trib. Pordenone, 27 aprile 1994, in Riv. not., 1995, II, p. 1080; Trib. Tolmezzo 21 giugno 1994, in Riv. not. 1995, p. 1080.

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