La delimitazione dell'ambito di applicazione materiale della disciplina comunitaria di conflitto sulle obbligazioni contrattuali: in particolare, i patti parasociali e i contratti relativi alla cessione o al trasferimento di quote di partecipazione azionaria
La delimitazione dell'ambito di applicazione materiale della disciplina comunitaria di conflitto sulle obbligazioni contrattuali: in particolare, i patti parasociali e i contratti relativi alla cessione o al trasferimento di quote di partecipazione azionaria
di Stefania Bariatti
Ordinario di diritto internazionale privato e processuale nell'Università di Milano, Cattedra Jean Monnet di diritto internazionale privato comunitario

La portata dell'esclusione della materia societaria dalla Convenzione di Roma del 1980 e dal futuro regolamento "Roma I"

La proposta di regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) presentata dalla Commissione più di un anno fa non sembra introdurre modifiche di rilievo con riferimento all'esclusione della materia societaria dal proprio ambito di applicazione. Il testo della lettera e) dell'art. 1, comma 2, della Convenzione di Roma viene solo adeguato in conseguenza dell'inserimento della rappresentanza nell'ambito del futuro regolamento, incorporando quella parte della lettera f) relativa, appunto, all'idoneità e alle conseguenze dell'agire degli organi societari verso l'esterno, che, attenendo precipuamente alla materia societaria, continuano a essere esclusi dal campo della disciplina uniforme. Il commentatore potrebbe quindi esaurire il proprio compito in poche righe, rinviando ai numerosi studi pubblicati in passato, in particolare in due ampi volumi pubblicati a cura del Consiglio del Notariato, che raccolgono gli atti di due importanti convegni sulla Convenzione di Roma. In realtà, da allora molti e approfonditi studi sono stati pubblicati e sono intervenute numerose novità normative a livello nazionale, dalla riforma del diritto internazionale privato (legge 31 maggio 1995 n. 218) - che per la prima volta ha introdotto nell'ordinamento italiano una disposizione apposita sulla legge regolatrice delle società -, alla riforma del diritto societario (D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6), al testo unico della finanza (D.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58). Non è quindi fuori luogo l'esame di alcuni aspetti particolari relativi all'applicazione della Convenzione e del futuro regolamento ai patti parasociali e al trasferimento di quote di partecipazione societaria alla luce di tali studi e modifiche normative.

I motivi principali per i quali la materia societaria era esclusa dall'ambito della Convenzione di Roma sono ben noti e mantengono la loro valenza, pur con gli opportuni aggiornamenti. La Relazione Giuliano-Lagarde precisava che nel quadro delle Comunità europee erano in corso lavori a tre livelli diversi: il diritto comunitario secondario, vuoi attraverso l'emanazione di direttive di armonizzazione del diritto societario, avviata nel 1968, vuoi attraverso l'adozione di modelli societari "comunitari", come la società per azioni europea, sulla quale era stata presentata una proposta di regolamento; il diritto convenzionale, con la firma della Convenzione di Bruxelles del 1968 sul riconoscimento delle società, la cui entrata in vigore sembrava ancora possibile e che avrebbe dovuto essere affiancata da una Convenzione sulle fusioni transfrontaliere.

Sotto questo profilo le ragioni per l'esclusione della materia societaria paiono oggi rafforzate: il numero delle direttive di armonizzazione è triplicato, la Società europea è una realtà, affiancata dalla Società cooperativa europea e dal Geie; le fusioni transfrontaliere sono state oggetto di una direttiva (2005/56/Ce) ed è stata lanciata una consultazione per avviare il processo normativo per una direttiva sul trasferimento di sede all'estero. A ben vedere, il fatto che la Convenzione sul riconoscimento delle società non sia mai entrata in vigore non ha oggi conseguenze particolarmente negative dati gli sviluppi della giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia nel corso degli ultimi dieci anni. Giova ricordare che di recente la Corte si è pronunciata anche sulle fusioni transfrontaliere ed è stata chiamata a pronunciarsi a breve sul trasferimento della sede da uno Stato all'altro.

Oggi come allora lo sviluppo del diritto societario a livello comunitario continua dunque a seguire percorsi e strategie differenziati: l'armonizzazione del diritto materiale, anche in relazione a fattispecie con elementi di estraneità; la creazione di strutture societarie uniformi; l'elaborazione giurisprudenziale, chiamata a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione derivanti dalla normativa interna. L'ampliamento delle competenze comunitarie alla materia dei conflitti di leggi ha poi aperto nuove prospettive di elaborazione normativa: ricordiamo che in Germania è stata elaborata una proposta di regolamento sulla legge applicabile alle società, ora oggetto di ampia discussione negli ambienti scientifici e professionali. Si vedrà se la Commissione riterrà che uno strumento ad hoc sia necessario e se vorrà farla propria o comunque presentare una proposta di atto normativo in materia.

Oltre a indicare le ragioni dell'esclusione della materia societaria dalla Convenzione di Roma, la Relazione Giuliano-Lagarde spiegava anche quali atti erano esclusi dal suo ambito di applicazione, che saranno esclusi anche dal futuro regolamento Roma I. Si tratta, in particolare, di «tutti gli atti di natura complessa (contrattuali, amministrativi, di registrazione) necessari per la costituzione di una società, per il suo statuto interno e per il suo scioglimento». Vi sono compresi, ad esempio, gli atti relativi all'organizzazione interna della società quali, ad esempio, la convocazione di assemblee, il diritto di voto, i quorum per l'adozione delle delibere, la nomina degli organi, e gli atti che ne dispongono la cessazione sia in quanto prevista dallo statuto, sia conseguente a fusione o altro evento. Vi rientreranno invece, come già avviene con la Convenzione di Roma, i contratti preliminari volti all'assunzione reciproca di diritti e obblighi tra le parti che intendano costituire una società. Le parti potranno scegliere la legge regolatrice del contratto, ai sensi dell'art. 3 del futuro regolamento Roma I, e in mancanza di scelta sarà applicabile la legge dello Stato in cui «la società è destinata a nascere come effetto giuridico» data l'impossibilità di individuare la prestazione caratteristica. [nota 1]

Sono escluse dall'ambito della Convenzione di Roma e saranno escluse dal futuro regolamento anche le questioni connesse alla capacità a contrarre, quali ad esempio limitazioni derivanti dalla legge o dallo statuto in materia di acquisto di beni immobili.

Infine, come già la Convenzione, la proposta di regolamento Roma I nulla dice sulla legge applicabile alle questioni escluse e non poteva essere altrimenti. Si tratta, infatti, di questioni che sono soggette alla legge regolatrice della società ai sensi dell'art. 25 della legge 218/95, ivi comprese le norme di applicazione necessaria, che intervengono, accanto a quelle della lex fori ed eventualmente di uno Stato terzo, su alcuni aspetti della disciplina contrattuale.

La legge regolatrice dei contratti tra soci o futuri soci, in particolare i patti parasociali: a) la definizione

Negli ultimi anni si è molto discusso sulla possibilità di … escludere dall'esclusione, e quindi di comprendere nell'ambito della Convenzione i contratti tra soci e in particolare i patti parasociali. Questi vengono generalmente definiti come gli accordi conclusi al momento della costituzione di una società o dell'acquisizione di quote di partecipazione o, più generalmente, durante la vita della società, per disciplinare il comportamento delle parti quali soci della stessa, e talvolta anche di società controllate o collegate. La definizione di riferimento sembra essere quella contenuta all'art. 2341-bis c.c. [nota 2], che ne indica quale fine la stabilizzazione degli assetti proprietari o del governo della società e alcuni possibili oggetti di ampia portata.

Nel diritto italiano i patti parasociali sono disciplinati dagli articoli 122 e 123 t.u.f., ove si tratti di società quotate su un mercato regolamentato italiano o comunitario (art. 119 t.u.f.), dagli articoli 2341-bis e 2341-ter c.c. per le società per azioni con azionariato diffuso, e dal solo art. 2341-bis per le società per azioni chiuse, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata e le società di persone che controllano società per azioni. è controverso se questa disposizione si applichi anche a queste ultime quando non controllino società per azioni [nota 3].

I patti parasociali vengono generalmente suddivisi in categorie diverse secondo l'oggetto. Pare superfluo soffermarsi in questa sede sulle classificazioni proposte poiché sempre nuovi contenuti vengono elaborati dalla prassi. Accanto ad ampie categorie di patti, come i sindacati di voto, di blocco e di gestione, esiste una vasta tipologia di strumenti contrattuali attraverso i quali le parti si accordano sulla nomina dei componenti degli organi o dei manager, sulla ripartizione degli utili o delle perdite, sulla prelazione in caso di vendita delle azioni, sulle qualità dell'eventuale acquirente, e così via, nell'esercizio dell'autonomia privata ammessa dall'ordinamento.

Sebbene sia fuori discussione la loro indipendenza rispetto alla società alla quale si riferiscono, almeno dal punto di vista internazionalprivatistico, il legame tra l'accordo parasociale e la società di cui si tratta è ancora molto stretto. Anzi, forse lo è ancora di più dopo la riforma del diritto societario, che ne ha introdotto una pur sintetica disciplina. Le difficoltà maggiori non nascono solo dal fatto che molto spesso i patti vengono trasposti nello statuto della società, ma anche dal fatto che altrettanto spesso nel medesimo strumento contrattuale sono inserite disposizioni di vario contenuto, alcune delle quali ineriscono strettamente alla vita della società, altre meno, altre ancora ne sono del tutto indipendenti. Infine, e a complicare ulteriormente il quadro di riferimento, nella disciplina del controllo delle società vengono in considerazione norme di applicazione necessaria sparse in molte leggi, di diverso contenuto e con obiettivi diversi, talvolta affidate al controllo di autorità di vigilanza o regolamentari, sulle quali torneremo più oltre.

(…Segue): b) la ripartizione della competenza della lex societatis e della lex contractus

Si pone quindi il problema della definizione dell'ambito rispettivo della legge regolatrice della società e della legge applicabile al contratto. Non è affatto scontato che possa farsi riferimento in modo incondizionato alle decisioni pronunciate dalla Corte di Giustizia nell'interpretazione dell'art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles del 1968 poiché la trasposizione delle nozioni utilizzate o elaborate nel quadro in uno strumento comunitario a un altro non è scontata né automatica, ma può avvenire solo con particolare cautela. [nota 4] In questo caso è necessario considerare che gli obiettivi, l'oggetto e l'ambito di applicazione dei due strumenti sono diversi, in particolare con riferimento alle materie escluse. Va ricordato, infatti, che mentre le controversie in materia societaria sono soggette alla Convenzione di Bruxelles e al regolamento 44/2001 (Bruxelles I) in quanto comunque rientranti nella materia civile e commerciale – e infatti in quei casi si trattava di individuare il criterio di giurisdizione corretto tra quelli disponibili – nella Convenzione di Roma e nel futuro regolamento Roma I si tratta di delimitarne l'ambito di applicazione rispetto alle questioni soggette alla lex societatis che ne sono escluse. Forse un elemento interpretativo utile al fine di individuare il confine tra la legge regolatrice della società e quella applicabile al contratto può trovarsi nell'avverbio "liberamente" che, secondo la Corte, qualifica le obbligazioni assunte reciprocamente dalle parti al contratto, ove invece la legge regolatrice della società pone alcuni limiti alla libertà delle parti.

La prima distinzione che viene generalmente proposta per definire l'ambito rispettivo della lex societatis e della lex contractus riguarda le modalità di stipulazione dei patti: se essi sono inseriti nello statuto si ritiene che siano soggetti alla prima [nota 5], anche quando riguardano punti non relativi in senso stretto al funzionamento della società come le modalità di scelta degli amministratori, in quanto vincolano non solo i paciscenti ma anche gli altri eventuali soci. Si ammette più facilmente l'applicazione della seconda quando siano stipulati esclusivamente in forma contrattuale tra le parti. Più in generale, si ritiene che siano soggetti alla lex societatis tutti i patti (o le disposizioni in essi contenute) che incidono sulla vita della società, in quanto regolano tra le parti o tra le parti e la società o gli organi sociali o terzi un interesse di questi soggetti o la condotta sociale.

Potrà quindi parlarsi di ammissibilità della scelta della legge regolatrice del patto e di applicazione rispettiva della lex contractus e della lex societatis nella disciplina della sostanza del patto stesso solo con riferimento ad accordi che comprendano, accanto a disposizioni volte a disciplinare il comportamento dei soci nei confronti della vita sociale, soggette alla lex societatis, anche disposizioni di altro contenuto e finalità, cioè aspetti di carattere generale, in cui i soci sono portatori di interessi individuali, ovvero accordi che comprendano solo disposizioni di quest'ultimo tipo.

E saranno quindi soggette alla lex societatis l'ammissibilità del patto, la sua natura, contrattuale o non contrattuale [nota 6], la sua liceità, la liceità di altri strumenti che raggiungono gli stessi obiettivi quali trust, holding o regimi di comproprietà di azioni [nota 7], e gli effetti del patto. Saranno invece soggetti alla lex contractus l'efficacia e gli effetti obbligatori del patto, e, almeno parzialmente, le conseguenze della sua violazione.

Il dépéçage della fattispecie continua in relazione alla capacità a contrarre, che sarà regolata dalla legge nazionale se i paciscenti sono persone fisiche, o dalla lex societatis, se si tratta di persone giuridiche, e alla forma del patto. Si ricorda che nel nostro ordinamento mentre la forma è tendenzialmente libera (art. 2341-bis c.c. e art. 122 t.u.f.), la lex societatis, o la legge del mercato ove si tratti di società quotate, possono imporre obblighi di trasparenza e pubblicità attraverso disposizioni che sono da molti qualificate come norme di applicazione necessaria [nota 8].

Per quanto riguarda, infine, l'individuazione della legge regolatrice degli aspetti contrattuali, è pacifico che le parti possano operare liberamente la loro scelta ai sensi dell'art. 3 della Convenzione di Roma e del futuro regolamento Roma I. In mancanza di scelta non sembra possibile fare riferimento alla parte che fornisce la prestazione caratteristica poiché le prestazioni delle parti sono generalmente entrambe rilevanti e simmetriche. Il collegamento più stretto è stato finora preferibilmente individuato presso la sede della società, anche se alcuni autori hanno suggerito di valutare caso per caso.

Si segnala, peraltro, che nella proposta di regolamento vi è una disposizione specifica che equipara la residenza delle persone fisiche all'amministrazione centrale delle società, associazioni o persone giuridiche in generale (art. 18). Non è chiaro se questa equiparazione sia volta solo a individuare la localizzazione della parte che fornisce la prestazione caratteristica e se la ricerca del collegamento più stretto del contratto possa prescinderne per considerare lo Stato la cui legge disciplina la società, sia essa la legge dell'incorporazione o quella della sede. In caso contrario, l'amministrazione centrale diventerebbe anche il criterio di localizzazione del collegamento più stretto, con conseguenze che dovranno essere approfondite.

Troveranno comunque applicazione le norme imperative della lex societatis se la scelta della legge straniera è l'unico elemento di internazionalità (art. 3, par. 3, della Convenzione e art. 3, par. 4, della proposta di regolamento), le norme di applicazione necessaria della lex fori (art. 7, par. 2 della Convenzione art. 8, par. 2, della proposta di regolamento) e le norme di applicazione necessaria dello Stato con cui il contratto presenta uno stretto collegamento (art. 7, par. 1, della Convenzione e art. 8, par. 3, della proposta di regolamento), che potrà consistere nella sede amministrativa o nel centro di interessi, salvo quanto si è detto poco fa con riferimento all'art. 18 della proposta di regolamento.

(…Segue): c) i patti parasociali relativi a società straniere controllanti di società italiane

Una questione piuttosto controversa riguarda l'applicabilità degli articoli 2341-bis e 2341-ter c.c. e degli articoli 122 e 123 t.u.f. ai patti parasociali relativi alle controllanti straniere di società italiane, quotate e non. Mentre alcuni autori rispondono in senso negativo, altri invece rispondono affermativamente, soprattutto se la società italiana controllata è una società quotata sul mercato italiano, facendo leva sulla natura di norme di applicazione necessaria dei secondi [nota 9].

Facciamo un esempio per chiarire il problema: una società italiana è controllata da una società straniera, i cui soci stipulano un patto parasociale relativo alle procedure di voto negli organi di quest'ultima. Le modalità dell'esercizio del diritto di voto determinano direttamente le decisioni che vengono assunte nella società italiana controllata perché il socio di controllo assumerà di conseguenza le decisioni negli organi di quest'ultima. Questo è tanto più vero quando la società straniera viene costituita appositamente per la partecipazione nella società italiana e/o quando il relativo patto parasociale disciplina direttamente le procedure di voto e le nomine nella controllata italiana (ed eventualmente in altre controllate in Stati diversi), attribuendo magari anche i posti negli organi di gestione di questa agli azionisti della controllante straniera.

Sembra difficile negare che patti di questo genere non esauriscono la loro funzione nella governance della società straniera, ma incidono direttamente sulla vita sociale della controllata italiana. Escludere il rilievo della legge italiana significherebbe quindi permettere alle parti di sottrarsi agli obblighi di trasparenza e ai limiti posti dagli articoli menzionati semplicemente ponendo un veicolo straniero tra loro e la società controllata italiana. Per giustificare questo rilievo, però, non sembra possibile ricorrere al considerando n. 15 del regolamento n. 2157/2001 sulla Società Europea, che sottopone alla legge della controllata la tutela dei suoi azionisti di minoranza e dei terzi che entrano in contatto con la stessa controllata. Si tratta, infatti, di questioni diverse rispetto a quella qui esaminata.

Pare preferibile riferirsi direttamente all'art. 122 t.u.f. e all'art. 2341-bis c.c., che disciplinano rispettivamente i patti «in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano» e quelli che «hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano». Sarebbe illogico ritenere che queste ultime debbano essere solo società italiane (ai fini dell'art. 2341-bis) o società italiane quotate su un mercato regolamentato italiano o di altro Stato comunitario (ai fini dell'art. 122 t.u.f.), come sembrerebbe lasciar intendere l'art. 119 t.u.f.. Sembra doversi ritenere, invece, che questa disposizione voglia indicare che gli articoli successivi si applicano alle società italiane quotate su mercati regolamentati italiani o comunitari nel senso che riguardano la vita di queste, in quanto entità soggette alla legge italiana [nota 10]. In altri termini, i limiti al contenuto dei patti parasociali che incidano sulla vita di società italiane e le relative condizioni, ad esempio in relazione alla durata o alla pubblicità, sono indipendenti dalle caratteristiche dei paciscenti e dovrebbero applicarsi anche alla società straniera controllante e ai suoi soci, che hanno scelto di svolgere attività in Italia attraverso una entità dotata di personalità giuridica, soprattutto quando la società straniera ha come unica attività la gestione della partecipazione nella società italiana. Non solo si rispetta lo statuto sociale di quest'ultima quale definito dall'art. 25 della legge 218/95, che dovrebbe avere carattere unitario quale che sia la nazionalità dei soci, ma si rispetta anche la parità tra i suoi soci, i cui diritti e obblighi con riferimento ai patti parasociali dipenderebbero altrimenti dalla legge nazionale dell'entità alla quale essi affidano la gestione della partecipazione nella società italiana.

Sembra quindi preferibile separare all'interno dei patti parasociali della società controllante straniera le disposizioni che attengono ai diritti e doveri dei soci e all'esercizio di tali diritti negli organi di questa, dalle disposizioni che disciplinano l'esercizio del diritto di voto, la nomina degli amministratori, e così via, nella società controllata.

(…Segue): d) considerazioni sulle norme di applicazione necessaria della lex societatis o della lex mercatus e sull'intervento di autorità di controllo o regolamentazione

La soluzione sopra proposta alla questione dell'applicabilità delle norme italiane ai patti parasociali di società straniere che controllano società italiane implica l'adesione alla posizione, che ha trovato ampio consenso, della natura di norme di applicazione necessaria degli articoli 122 e 123 t.u.f. Alcune considerazioni ulteriori sembrano però opportune.

Innanzitutto, sembra doverne conseguire che tali articoli – come le altre disposizioni di tale sezione – non si applichino solo quando tutti i soggetti coinvolti abbiano nazionalità italiana e dunque ai soli patti parasociali conclusi da società italiane e aventi per oggetto e per fine quelli indicati all'art. 2341-bis c.c. Invece, pare doversi seguire l'interpretazione sopra suggerita della portata dell'art. 119 t.u.f., che impone l'applicazione degli articoli successivi quando rispetto all'entità di cui si discute (la società italiana quotata su mercato regolamentato italiano o di altro Stato membro) siano mutati i soci che detengono una partecipazione rilevante, si sia verificata l'esistenza di partecipazioni incrociate, anche da parte di soggetti esteri, o siano, appunto, stati stipulati patti parasociali nei termini previsti. In altre parole, se si tratta di norme di applicazione necessaria in quanto sono contemporaneamente parte della lex mercatus e della lex societatis della società italiana quotata, esse si rivolgono a tutti i soci di questa, quale che sia la loro nazionalità. Solo a questa condizione, invero, pare potersi parlare di norme di applicazione necessaria.

In secondo luogo, non si deve dimenticare che l'art. 124 t.u.f. attribuisce alla Consob la possibilità di dichiarare inapplicabili gli articoli 120, 121, 122 e 123, comma 2, secondo periodo, quando la società italiana in questione è quotata solo su un mercato di altro Stato membro della Comunità per tenere conto delle norme dello Stato di quotazione. Orbene, le norma di applicazione necessaria non dovrebbero subire eccezioni, altrimenti gli interessi che vogliono proteggere non avrebbero valore assoluto ma dipenderebbero dagli elementi del caso concreto. Si può però ritenere che quando la società italiana non sia quotata in Italia ma solo in altro Stato membro gli articoli considerati non abbiano valore di norme di applicazione necessaria ma vengano in considerazione solo a titolo di lex societatis poiché il mercato di quotazione è in uno Stato estero. La norma italiana, quindi, si ritira a favore della norma straniera, questa sì di applicazione necessaria in quanto legge del mercato, riconoscendone un interesse rilevante e preminente a disciplinare questi aspetti in conseguenza della quotazione su tale mercato.

La lex mercatus, dunque, potrà essere quella di uno Stato diverso da quello secondo la cui legge la società si è costituita. Essa disciplinerà i vincoli al possesso di quote e porrà limiti e condizioni alla stipulazione di patti parasociali, come ad esempio la cessazione degli effetti in caso di Opa. In caso di dual listing, dovrà guardarsi alla legge dello Stato ove è avvenuta la prima quotazione e, in caso di quotazione contemporanea su più mercati, a quella indicata dalla stessa società al momento della quotazione.

Ma potranno venire in considerazione anche norme di applicazione necessaria appartenenti ad altri Stati, che impongono l'ottenimento di autorizzazioni preventive ed eventualmente sospensive. Mi riferisco qui alle norme relative al controllo delle concentrazioni, che possono appartenere al diritto comunitario quando la stipulazione del patto parasociale configura una concentrazione che produce effetti sul commercio intracomunitario e si realizzano le condizioni di applicazione del regolamento 139/2004. Infatti, attraverso i patti parasociali – e pur in assenza di trasferimento di quote azionarie – può realizzarsi un passaggio di controllo rilevante a fini antitrust, che comporta obblighi di comunicazione e la sottoposizione alla legislazione anche di una pluralità di Stati [nota 11]. La qualificazione dell'accordo stesso può mutare secondo la legge considerata e rendere applicabili norme diverse che impongono obblighi diversi. Le normative nazionali o comunitaria sul controllo delle concentrazioni possono disporre la nullità della transazione non autorizzata o possono attribuire all'autorità di controllo il potere di imporre obblighi strutturali come la dismissione di attività o rami di azienda, o comportamentali. Per quanto qui rileva, tali autorità possono intervenire in operazioni di concentrazione modificando la struttura di governance decisa dai soci proprio con riferimento alle nomine e ai poteri degli amministratori e dei componenti degli organi societari ed eventualmente sull'identità dei paciscenti. Gli esempi in questo senso non mancano.

In queste situazioni la volontà delle parti può intervenire a livello contrattuale unicamente al fine di allocare il relativo rischio sulla base della legge applicabile al contratto, ma non per sottrarsi al controllo delle autorità di concorrenza.

La legge applicabile ai contratti di garanzia finanziaria e ai contratti relativi al trasferimento di quote di partecipazione

Difficoltà comparabili, se non superiori a quelle che si sono esaminate con riferimento ai patti parasociali, quanto alla ripartizione di competenza tra lex societatis e lex contractus si ritrovano con riferimento ai contratti di garanzia finanziaria e ai contratti di trasferimento di partecipazioni azionarie. è scontata, infatti, l'applicazione della Convenzione di Roma al rapporto contrattuale e può ragionevolmente attendersi che così sarà anche per il futuro regolamento Roma I.

Con riferimento ai contratti di garanzia finanziaria, in particolare, è necessario coordinare la legge che disciplina gli aspetti obbligatori del contratto con la legge che regola la costituzione del diritto reale di garanzia sullo strumento finanziario. è pacifico che le parti possano liberamente scegliere la legge regolatrice del contratto ai sensi della Convenzione di Roma e del futuro regolamento Roma I. Ove si tratti della legge di uno Stato membro della Comunità si applicheranno norme armonizzate per effetto della direttiva 2002/47, che contiene anche disposizioni sulla forma del contratto e sulle modalità di costituzione del diritto reale di garanzia. Nessuna interferenza sembra possibile per la lex societatis, a conferma della natura di res del titolo azionario rispetto ai diritti inerenti alla qualità di socio in esso incorporati [nota 12].

Ricordiamo però che qualora si tratti di titoli dematerializzati (in forma scritturale, si esprime la direttiva), come sono ormai le azioni delle società quotate su mercati regolamentati quasi ovunque, la legge regolatrice dei requisiti di perfezionamento di questi contratti è la legge del Paese ove è situato il conto di pertinenza, cioè il registro in cui vengono iscritte le registrazioni con le quali la garanzia è fornita al beneficiario (art. 9, par. 2, lett. b, e art. 2, lett. h). La stessa eccezione all'applicazione della lex contractus è prevista nella Convenzione de L'Aja del 2006 sulla legge applicabile ai titoli intermediati, che si applica a tutti gli strumenti finanziari, quindi anche ai titoli azionari. La legge individuata attraverso la Convenzione, però, è la legge scelta nel contratto relativo alla tenuta del conto tra l'intermediario e il datore della garanzia, purché sussistano alcune condizioni volte a garantire l'esistenza di un collegamento effettivo tra l'intermediario rilevante e la legge designata.

La Convenzione de L'Aja, a differenza della direttiva 2002/47, si applica anche agli aspetti proprietari inerenti al trasferimento della proprietà dei titoli azionari. Le difficoltà per questi contratti nascono da un dépéçage ancora più intenso rispetto ai precedenti e, in caso di controversia, dall'interazione con le norme processuali contenute nel regolamento 44/2001 (Bruxelles I), che talvolta portano a risultati insoddisfacenti.

Sotto il profilo internazionalprivatistico, in particolare, vengono in considerazione la legge nazionale per la capacità a contrarre, che sarà la lex societatis qualora si tratti di società; la legge regolatrice del contratto per gli aspetti obbligatori, che saranno distinti dal modo di acquisto della qualità di socio e dei diritti ad essa inerenti, soggetti alla lex societatis; la lex rei sitae, per le questioni attinenti il modo di acquisto del diritto di proprietà sul titolo azionario e la soluzione dei conflitti tra posizioni configgenti di terzi. Non è chiaro, però, come possa individuarsi il luogo di situazione dei titoli in caso di strumenti finanziari dematerializzati, né se possa farsi ricorso alla direttiva 2002/47. In particolare, è dubbio che il pacchetto azionario sia localizzato nello Stato ove è situato l'intermediario presso il quale è tenuto il conto sul quale le azioni erano iscritte al momento della compravendita o quello sul quale esse vengono trasferite in esito alla stessa compravendita.

La forma del contratto sarà soggetta alla legge indicata dall'art. 9 della Convenzione di Roma, ma potranno venire in considerazione le norme di uno Stato diverso con il quale esso presenti uno stretto collegamento, come ad esempio lo Stato del mercato regolamentato in cui le azioni siano eventualmente quotate. Potranno anche venire in considerazione, come si diceva con riferimento ai patti parasociali, le norme sul controllo delle concentrazioni degli Stati in cui l'operazione produce i propri effetti, individuati sulla base delle singole norme nazionali, e disposizioni volte alla tutela di interessi generali dello Stato quali la stabilità finanziaria, il pluralismo dei mezzi di comunicazione, e così via, secondo il settore di attività della società in questione e delle parti al contratto.

Sotto il profilo della determinazione del giudice competente, invece, dalla natura di res delle azioni sembra discendere l'applicabilità dell'art. 5, punto 1, del regolamento 44/2001, che attribuisce la giurisdizione, in concorso con il foro del convenuto, al giudice del luogo di consegna della cosa. Tale luogo, evidentemente, non è affatto di agevole individuazione quando si tratta di titoli dematerializzati, salvo che le parti abbiano provveduto a indicarlo espressamente nel contratto stesso. Le stesse considerazioni svolte poco fa con riferimento all'individuazione della lex rei sitae possono ripetersi per la determinazione del luogo di consegna.


Bibliografia essenziale

a) Sull'ambito di applicazione della Convenzione di Roma e in particolare sull'esclusione del diritto delle società: GIULIANO, LAGARDE, Relazione sulla Convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, in Gazz. Uff. Com. eur., C 282 del 31 ottobre 1980; La Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, a cura del Consiglio nazionale del Notariato, Milano, 1983; BONOMI, «Il nuovo diritto internazionale privato dei contratti: la Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 è entrata in vigore», in Banca, borsa, 1992, I, p. 36 e ss.; La Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, II. Limiti di applicazione. Lectio notariorum, a cura di Tito Ballarino, Milano, 1994 (ivi gli scritti di BALLARINO, BONOMI, Materie escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Roma, p. 87 e ss., e di COSCIA, Le materie escluse dalla Convenzione di Roma. Il diritto delle società, p. 161 e ss.); Sacerdoti, Frigo (a cura di), La Convenzione di Roma sul diritto applicabile ai contratti internazionali, 2° ed., Milano, 1994 (ivi lo scritto di ZONCA, Convenzione di Roma e diritto delle società, p. 201 e ss.); GRASSANI, «Art. 1, comma 2, lett. c-f», in Bianca, Giardina (a cura di), Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma, 18 giugno 1980), in Nuove l. civ. comm., 1995, p. 926 e ss.; BENEDETTELLI, «Art. 57», in Bariatti (a cura di), Commentario alla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Nuove l. civ. comm., 1996, p. 1360 e ss.; SEATZU, «Sulla nuova disciplina delle società nel diritto internazionale privato italiano», in Giur. comm., 1997, I, p. 830 e ss.; VILLANI, La Convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, 2° ed., Bari, 2000, p. 45 e ss.; PLENDER, WILDERSPIN, The European Contracts Convention, 2nd ed., London; DICEY, MORRIS, COLLINS, The Conflict of Laws, 14th ed., London, 2006, p. 1349 e ss.

b) Sulla legge applicabile ai patti parasociali: CARBONE, «Patti parasciali, autonomia privata e diritto internazionale privato», in Riv. dir. int. priv. proc., 1991, p. 885 e ss., e in BONELLI, JAEGER, Sindacati di voto e sindacati di blocco, Milano, 1993, p. 203 e ss.; ID., «La corporate governance della "società europea" nel reg. n. 2157/2001: tra norme materiali uniformi e norme di diritto internazionale privato», in Dir. comm. int., 2002, p. 133 e ss.; BALLARINO, La società per azioni nella disciplina internazionalprivatistica, in Trattato Colombo-Portale, 9, I, Torino, 1994, p. 135 e ss.; ID., Problemi di diritto internazionale privato dopo la riforma, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 1, Torino, 2006, p. 147 e ss.; BENEDETTELLI, «Art. 25», in Bariatti (a cura di), Commentario alla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Nuove l. civ. comm., 1996, p. 1117 e ss.; ID., «"Corporate governance", mercati finanziari e diritto internazionale privato», in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, p. 713 e ss.; LUZZATTO, AZZOLINI, voce Società (nazionalità e legge regolatrice), in Digesto priv., Sez. comm., XIV, Torino, 1997, p. 136 e ss.; MUNARI, «Patti parasociali e norme di diritto internazionale privato e processuale», in Dir. comm. int., 2003, p. 127 e ss.; DAMASCELLI, I conflitti di legge in materia di società, Bari, 2004, p. 108 e ss.; DRAETTA, «Brevi note sulla legge applicabile ai patti parasociali», in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, p. 565 e ss.; MAZZONI, «Patti parasociali e regole di mercato nel diritto del commercio internazionale», in Dir. comm. int., 2005, p. 487 e ss.

c) Sui contratti di garanzia finanziaria: CRESPI REGHIZZI, «Sulla legge applicabile ai diritti sugli strumenti finanziari in forma scritturale alle luce del D.lgs. n. 210 del 2001», in Riv. dir. int. priv. proc., 2002, p. 376 e ss.; LOIACONO, «La legge applicabile alle garanzie per la partecipazione ai sistemi di regolamento titoli dopo il recepimento dell'art. 9, comma 2°, della direttiva 98/26/Ce», in Banca, borsa, 2002, I, p. 380 e ss.; OOI, Shares and Other Securities in the Conflicts of Laws, London, 2003; BARIATTI, «Le garanzie finanziarie nell'insolvenza transnazionale: l'attuazione della direttiva 2002/47/Ce», in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, p. 841 e ss.; GARDELLA, «La legge applicabile alle garanzie finanziarie tra localizzazione e autonomia privata: una prima ricognizione dopo l'attuazione della direttiva n. 2002/47/Ce», in Banca, borsa, 2005, I, p. 583 e ss.; ID., «Prevedibilità contro flessibilità? La legge applicabile all'opponibilità della cessione del credito ai terzi nella proposta di regolamento "Roma I"», in Banca, borsa, 2006, I, p. 633 e ss.

d) Sul trasferimento di partecipazioni azionarie: CARBONE, «Conflitti di leggi e tra giurisdizioni nella disciplina dei trasferimenti di pacchetti azionari di riferimento», in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, p. 777 e ss.; GALGANO, Della qualificazione come internazionale del contratto di compravendita di partecipazioni azionarie, in Scognamiglio (a cura di), Compravendita internazionale di partecipazioni societarie, Milano, 1990, p. 1 e ss.; MALATESTA, «Considerazioni sull'ambito di applicazione della Convenzione di Roma del 1980: il caso dei titoli di credito», in Riv. dir. int. priv. proc., 1992, p. 887 e ss.; BOUCOBZA, L'acquisition internationale de société, Paris, 1998; RADICATI DI BROZOLO, «La legge regolatrice dei titoli di credito», in Banca, borsa, 1998, I, p. 434 e ss.; JOHNSON, The Law Applicable to Shares, in van Houtte (ed.), The Law of Cross-border Securities Transactions, London, 1999, p. 3 e ss.; GARDELLA, «Conflitti di leggi e ambito di applicazione della Convenzione del 1980 nei trasferimenti di pacchetti azionari» (nota a Trib. Milano, 18 luglio 2000), in Banca, borsa, 2001, II, p. 689 e ss.; OOI, Shares and Other Securities in the Conflicts of Laws, London, 2003; DAMASCELLI, I conflitti di legge in materia di società, Bari, 2004, p. 91 e ss.; KALSS, «The Transfer of Shares of Private Companies», in ECFR, 2004, p. 340 e ss.; CARBONE, «Lettere di intenti, legge regolatrice e scelta del giudice nei trasferimenti di pacchetto azionario», in Dir. comm. int., 2006, p. 529 e ss.


[nota 1] BALLARINO, BONOMI, Materie escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Roma, in La Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, II. Limiti di applicazione. Lectio notariorum, a cura di Tito Ballarino, Milano, 1994, p. 115.

[nota 2] «I patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società: a) hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano; b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano; c) hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società, non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza.

Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di centottanta giorni.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all'accordo». Si veda la nota definizione di OPPO, «Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società», in Riv. dir. civ., 1987, I, p. 517.

[nota 3] In senso affermativo DAMASCELLI, I conflitti di legge in materia di società, Bari, 2004, p. 112 e ss., con ulteriori riferimenti; BALLARINO, Problemi di diritto internazionale privato dopo la riforma, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 1, Torino, 2006, p. 162. In senso negativo MUNARI, «Patti parasociali e norme di diritto internazionale privato e processuale», in Dir. comm. int., 2003, p. 129.

[nota 4] In particolare, nella sentenza Fonderie Tacconi (17 settembre 2002, in causa C-334/00) la Corte ha definito le controversie in materia contrattuale come qualsiasi controversia nella quale si discuta di impegni liberamente assunti da una parte nei confronti di un'altra; nella sentenza Peters (22 marzo 1983, in causa 34/82) ha invece affermato che «l'adesione a una associazione crea tra gli associati stretti vincoli dello stesso tipo di quelli che esistono tra le parti di un contratto». In proposito cfr. PERTEGÁS, The Notion of Contractual Obligation in Brussels I and Rome I, in Meeusen, Pertegás, Straetmans (eds.), Enforcement of International Contracts in the European Union. Convergence and divergence between Brussels I and Rome I, Antwerp-Oxford-New York, 2004, p. 175 e ss.

[nota 5] BALLARINO, BONOMI, Materie escluse…, cit., p. 119.

[nota 6] Cfr. BENEDETTELLI, «Art. 57», in Bariatti (a cura di), Commentario alla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Nuove l. civ. comm., 1996, p. 1370.

[nota 7] Alla disciplina dei patti parasociali viene avvicinato anche l'accordo volto all'acquisto di partecipazioni incrociate tra due società quotate di cui all'art. 121 t.u.f., che parla esplicitamente di "accordo" al terzo comma. Invero, spesso questi accordi sono accompagnati da previsioni sulla gestione delle partecipazioni e sono assimilabili ai patti parasociali. Non è questa la sede per affrontare questo tema con l'attenzione che merita, ma, alla luce delle novità introdotte dal legislatore comunitario e nazionale e soprattutto della giurisprudenza della Corte comunitaria in materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali, sarebbe opportuno riconsiderare la natura di questa disposizione e la sua applicazione nel caso di partecipazioni incrociate tra una società quotata italiana e una società quotata di altro Stato membro: invero, la soluzione fornita in via interpretativa dalla Consob nel 1999 (Comunicazione n. DIS/99075915), già allora insoddisfacente in quanto poco rispettosa dell'ambito della lex societatis e della parità tra i soci della società italiana, pare oggi decisamente superata.

[nota 8] Cfr. per tutti l'ampia e approfondita analisi di BENEDETTELLI, «"Corporate governance", mercati finanziari e diritto internazionale privato», in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, p. 713 e ss.

[nota 9] V. MUNARI, «Patti parasociali…», cit., p. 130; DAMASCELLI, I conflitti di legge…, cit., p. 115; MAZZONI, «Patti parasociali e regole di mercato nel diritto del commercio internazionale», in Dir. comm. int., 2005, p. 487 e ss.; BALLARINO, Problemi di diritto internazionale privato…, cit., p. 168.

[nota 10] E invero l'art. 120 t.u.f. al par. 2 si rivolge a «[c]oloro che partecipano in una società con azioni quotate in misura superiore al due per cento del capitale», senza alcun riferimento alla nazionalità del socio, e al par. 3 impone alle società italiane quotate l'obbligo di comunicare le partecipazioni superiori al 10 per cento del capitale in una società con azioni non quotate o in una società a responsabilità limitata, anche estere.

[nota 11] Secondo il settore economico interessato potranno porsi anche obblighi di comunicazione ad autorità di vigilanza o regolamentari quali la Banca d'Italia e l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni.

[nota 12] BALLARINO, Problemi di diritto internazionale privato…, cit., p. 162.

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