Il coordinamento tra le proposte di regolamento "Roma I"e"Roma II"
Il coordinamento tra le proposte di regolamento "Roma I"e"Roma II"
di Luciano Garofalo
Straordinario di diritto internazionale nella II Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bari
Introduzione
Intendo iniziare la mia relazione con un pensiero ed un ringraziamento. Il pensiero è al Prof. Vincenzo Starace, comune maestro di molti dei relatori di questo Convegno, senza il cui pluriennale insegnamento e consiglio difficilmente sarei stato in grado di svolgere adeguatamente il compito di relatore su un tema di tale delicatezza e complessità.
Il ringraziamento è per la Fondazione italiana per il Notariato e per i coordinatori di questo Convegno per aver chiamato la comunità scientifica a discutere su questi temi e per avermi invitato a tenere questa relazione così consentendomi di riprendere e approfondire, alla luce degli sviluppi recenti, alcune questioni che, ancorché in segmenti specifici, mi avevano visto impegnato agli inizi della mia attività scientifica.
Il tema a me affidato è quello del "coordinamento" tra i progetti di regolamento di Roma I e Roma II, e cioè, per uscire dalle sigle e dagli acronimi, quello del coordinamento tra il futuro regolamento comunitario sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. "Roma I") ed il futuro regolamento comunitario sulla legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali (c.d. "Roma II").
Ovviamente, discutiamo di progetti e, quindi, è opportuno far precedere ogni osservazione da un'ovvia avvertenza metodologica: tutte le considerazioni interpretative e sistematiche che si fanno valgono rebus sic stantibus, e cioè, con esclusivo riferimento ai documenti sino ad ora prodotti dalle istituzioni comunitarie [nota 1].
In pratica, può accadere che tali considerazioni risultino all'improvviso inattuali se, in eventuali nuovi testi preparatori o nelle versioni definitive dei regolamenti in discorso, mutassero gli elementi testuali di riferimento.
Infatti, sino a quando un testo normativo non diventa tale con la sua adozione e conseguente entrata in vigore e, quindi, con il suo inserimento in un contesto ordinamentale dato, ogni operazione interpretativa è una esercitazione che corre il rischio di rimanere meramente retorica o teorica e, comunque, scarsamente utile al fine di fornire serie coordinate per lo sviluppo del diritto vivente.
Tutto ciò, ovviamente, se ci si muove nella tradizionale ottica interpretativa – ricostruttiva del dato normativo che, per le ragioni prima esposte, può non condurre a grandi risultati quando si opera su testi in fieri e, comunque, avulsi dal contesto storico e sistematico fornito dall'ordinamento giuridico nel quale le disposizioni da interpretare sono chiamate ad operare a seguito della loro definitiva adozione.
Peraltro, l'utilità di un'attività del genere emerge sotto diverso profilo se si considera, cioè, come costituisca un indubbio compito della dottrina collaborare all'attività legislativa fornendo a quest'ultima un adeguato supporto di analisi critica dei testi preparatori. Tutto ciò al fine di indurre il legislatore a perseguire gli obiettivi di politica del diritto da esso individuati utilizzando percorsi che risultino corretti sotto il profilo metodologico e dogmatico e, quindi, si inseriscano in una prospettiva di coerenza complessiva del sistema.
Da ciò consegue l'importanza di discutere ed approfondire questi temi anche nella semplice ottica de jure condendo ferma restando, comunque, la consapevolezza della relatività delle considerazioni che si effettuano e delle soluzioni che si propongono.
Cenni sulle nuove tendenze del diritto internazionale privato contemporaneo emergenti dai progetti di "Roma" e "Roma II"
Il discutere ed approfondire questi temi, ancorché su documenti preparatori, svolge un'altra funzione di grande importanza. Serve, infatti, ad accertare le nuove tendenze del diritto internazionale privato contemporaneo visto che già i testi in discussione, per le opzioni che sottendono, risultano ampiamente indicativi di tali tendenze la cui individuazione e il cui corretto inquadramento sistematico costituisce – sicuramente – compito istituzionale della dottrina.
Del resto, i documenti qui esaminati si inseriscono in un quadro di estrema attenzione delle istituzioni comunitarie nei confronti della nostra materia che, reso possibile - sul piano delle competenze - dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam del 1997 [nota 2], ha visto il proprio contesto normativo e istituzionale di riferimento modificarsi significativamente negli anni 2003 - 2004 a seguito di alcuni eventi rilevanti la cui importanza è stata segnalata dalla più attenta dottrina [nota 3]. Contesto che, soprattutto sul piano istituzionale, sarebbe stato ancora più nitido se fosse entrato in vigore il Trattato che adotta una costituzione per l'Europa firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e "congelato" a seguito delle note vicende riguardanti le procedure di ratifica di alcuni Stati membri [nota 4].
Tutto ciò solo al fine di chiarire come le nuove opzioni emergenti dai testi qui analizzati rientrino in un processo programmato e come, pertanto, difficilmente, le stesse opzioni possano essere considerate il frutto di scelte estemporanee. Ma, una volta chiarito questo passaggio, non intendo intrattenermi ulteriormente sugli aspetti istituzionali della vicenda che ci occupa.
Come non intendo nemmeno sovrappormi alle altre relazioni di questo Convegno che, con ben maggior approfondimento, hanno già individuato gran parte di tali opzioni che indubbiamente si pongono quali elementi sintomatici delle nuove tendenze del diritto internazionale privato contemporaneo.
Mi limito, pertanto, a fornire il mio contributo all'individuazione di tali nuove tendenze ricordando, ad esempio, la decisa minor incidenza, nel progetto di Roma I rispetto alla Convenzione di Roma del 1980, del principio di prossimità [nota 5] con riferimento alla legge applicabile in mancanza di scelta; opzione che costituisce una messa in discussione di quello che sembrava essere uno dei capisaldi del diritto internazionale privato degli ultimi decenni del '900.
D'altro canto, sempre con riferimento al progetto di Roma I, deve essere ricordata la possibilità concessa alle parti di indirizzare il pactum de lege utenda verso sistemi normativi non statuali ancorché «riconosciuti a livello internazionale o comunitario» (art. 3, par. 2); opzione che implica il venir meno di un altro caposaldo, questa volta del diritto internazionale privato classico, quale quello dell'esclusiva operatività delle disposizioni di conflitto nei rapporti tra sistemi normativi statuali [nota 6]. Tale esclusività operava in modo incisivo sui princìpi regolanti la nostra materia poiché determinava effetti diretti sia sulle soluzioni comunemente accolte in ordine ad alcuni problemi applicativi quale il richiamo degli ordinamenti plurilegislativi [nota 7], sia su alcuni problemi sistematici relativi al criterio di collegamento della "volontà delle parti". Con riferimento a questi ultimi problemi, infatti, la dedotta esclusività contribuiva ad individuare e ad inquadrare dogmaticamente la differenza strutturale e funzionale tra il suddetto criterio di collegamento e la volontà quale esercizio del potere giuridico di autonomia che può concretizzarsi, al ricorrere delle relative condizioni previste dalla legge "statale" applicabile, anche nella "recezione negoziale" delle disposizioni di un ordinamento straniero [nota 8].
Il deciso superamento di alcuni punti fermi delle precedenti elaborazioni emerge anche dal progetto di Roma II. A tal proposito la dottrina formatasi sul tema ha già individuato alcuni importanti elementi sintomatici come, con riferimento al diritto comunitario, l'abbandono, a favore del "metodo conflittuale", del principio dello Stato d'origine in materia di responsabilità per atti illeciti [nota 9]e, con riferimento alle categorie internazionalprivatistiche, la rilocalizzazione delle fattispecie relative alla responsabilità da illecito con l'adozione di criteri di collegamento che privilegiano la lex loci damni rispetto alla tradizionale lex loci delicti [nota 10].
Ma anche per altre disposizioni del progetto di Roma II non può sfuggire l'importanza sistematica ad uno studioso di teoria dell'interpretazione nel campo dei conflitti di leggi.
Mi riferisco, in particolare, alla disposizione di conflitto relativa alla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti dalla violazione di un diritto di proprietà intellettuale «comunitario a carattere unitario» (art. 8 par. 2) che, indubbiamente migliorata nelle sue più recenti formulazioni, comunque individua come diritto applicabile in primis il pertinente strumento comunitario e, solo per le questioni non disciplinate da tale strumento, la legge del Paese nel quale si è localizzata la violazione.
Con tale disposizione di conflitto, in sostanza, il diritto comunitario non svolge solo la funzione di integrare il sistema di norme imperative, come già ampiamente rilevato in passato [nota 11] e come risulta da ambedue le proposte qui analizzate, ma diviene "diritto applicabile" in sé e non per il tramite dei diritti nazionali da esso armonizzati.
Quindi, anche se con riferimento ad una fattispecie particolare ove vi è una forte pregnanza del diritto "materiale" comunitario, si assiste ad una "sovranazionalizzazione" – o meglio ad una "comunitarizzazione" - dell'intera fattispecie con l'adozione di una soluzione di conflitto che implica un peculiare processo di localizzazione.
Il tutto con finalità evidenti in uno strumento a carattere universale (art. 3) e con effetti altrettanto evidenti di tipo sistematico soprattutto con riferimento alle metodologie di ricostruzione della regula juris del caso concreto [nota 12].
La vis actractiva della lex contractus
Nel passare ora al cuore del tema a me affidato è facile rilevare come ogni discorso sul coordinamento tra i due progetti si debba inevitabilmente incentrare sulla delimitazione dei rispettivi àmbiti di applicabilità.
Il che significherebbe addentrarsi nel dibattito sugli elementi idonei a distinguere le obbligazioni contrattuali da quelle extracontrattuali e la disciplina dei contratti da quella della responsabilità civile.
Si tratta di un dibattito antico quanto la storia stessa del diritto che devo necessariamente dare per presupposto non essendone assolutamente ipotizzabile un esame in questa sede seppur ai limitati fini di una delimitazione della sfera di applicabilità della disciplina di conflitto delle obbligazioni contrattuali rispetto a quella delle obbligazioni extracontrattuali.
Devo, peraltro, ricordare come la migliore dottrina sui conflitti di leggi in materia abbia sempre segnalato la delicatezza di questa problematica, sia per il diverso atteggiarsi dei vari ordinamenti giuridici nella relativa disciplina materiale con conseguenti conflitti di qualificazione, sia per la presenza, in tutti gli ordinamenti giuridici, di regole diverse per la disciplina di conflitto dei contratti, da un lato, e delle obbligazioni non contrattuali, dall'altro lato; regole che sono diverse perché diversi sono i metodi di localizzazione delle rispettive fattispecie [nota 13].
La stessa dottrina ha, inoltre, rilevato – con indagini di diritto comparato e, per l'Italia, con riferimento alla disciplina previgente alla legge n. 218/1995 – come la regola di conflitto delle obbligazioni extracontrattuali svolga in genere una funzione "residuale"subendo, conseguentemente, fenomeni di attrazione a favore della disciplina di conflitto degli istituti nel cui quadro volta per volta l'obbligazione si inserisce (situazione sociale sottostante, bene tutelato, ecc.). Detti fenomeni, però, non emergevano – come rilevava la stessa dottrina sempre attraverso indagini di diritto comparato – nei rapporti tra la disciplina di conflitto delle obbligazioni contrattuali e la disciplina di conflitto delle obbligazioni extracontrattuali ove, invece, si assisteva ad un costante sforzo di delimitazione dei due àmbiti normativi [nota 14] e alcune volte anche a – seppur limitati – fenomeni in senso contrario di riflusso dall'area contrattuale verso quella extracontrattuale [nota 15].
Appare, quindi, fortemente innovativa rispetto alla suddetta situazione preesistente la disciplina contenuta nel progetto di Roma II quando detta le regole generali di conflitto per le obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatto illecito. L'art. 4 par. 3, infatti, nell'introdurre una clausola d'eccezione nei confronti della lex loci damni a favore della legge del Paese con cui il fatto dannoso presenta il collegamento manifestamente più stretto, tipizza tale collegamento nella direzione della lex contractus appunto nell'ipotesi di esistenza di un preesistente legame contrattuale tra le parti strettamente collegato all'illecito civile di cui si discute. Il tutto con il chiaro intento di determinare, in queste fattispecie, l'assorbimento nello statuto contrattuale della disciplina dell'obbligazione extracontrattuale.
Per fornire anche qualche coordinata pratica relativa al nostro discorso, basti considerare che una disposizione del genere fugherebbe ogni eventuale residuo dubbio sull'applicabilità agli infortuni sul lavoro - ed alla conseguente responsabilità del datore di lavoro - della legge applicabile al contratto di lavoro del dipendente infortunatosi; e ciò sia in generale, sia nell'ipotesi in cui la prestazione lavorativa si svolga in ambienti di lavoro particolari caratterizzati dal fatto di essere situati in spazi comunemente definiti nullius [nota 16].
Con le nuove disposizioni, infatti, si perverrebbe a tale soluzione di conflitto indipendentemente dall'esistenza, nell'ordinamento nel cui àmbito si opera la qualificazione, di clausole generali tipo quella dell'art. 2087 c.c. italiano che consentiva anche in passato di ricondurre all'alveo contrattuale l'obbligo del datore di lavoro di garantire la sicurezza sul lavoro dei propri dipendenti [nota 17].
Inoltre, è facile prevedere come la suddetta soluzione di conflitto finirà inevitabilmente con il condurre nell'àmbito dello statuto contrattuale e della relativa legge regolatrice tutte quelle fattispecie risarcitorie – di grande rilievo sociale – che la pubblicistica contemporanea inquadra nel fenomeno del c.d. mobbing.
D'altro canto – sempre in materia di lavoro – deve essere segnalata l'introduzione, nelle più recenti versioni del progetto di Roma II (art. 9), di una disciplina di conflitto specifica per la responsabilità individuale e collettiva derivante da "attività sindacale", quali, ad esempio, lo sciopero o la serrata. Detta disciplina, peraltro, così come è formulata nel progetto in discorso ed a parte la soluzione di conflitto in concreto utilizzata [nota 18], finisce con il poter operare solo nelle ipotesi di responsabilità di coloro i quali attuano o organizzano l'azione sindacale verso i terzi e non, invece, come fattispecie di responsabilità eventualmente rilevanti nell'ambito dei rapporti di lavoro ai quali accede l'attività indicata.
Invece, le fattispecie riconducibili a tale ultimo schema sono quelle di maggior incidenza pratica e di maggior importanza solo che si consideri, in generale, il tema degli effetti – ad esempio – dello sciopero o della serrata sul rapporto individuale di lavoro e sulle obbligazioni in cui quest'ultimo si sostanzia e, in particolare, l'ipotesi in cui tali azioni determinino una violazione di clausole di tregua sindacale inserite nei contratti collettivi [nota 19].
Questo è un tipico problema di coordinamento tra Roma I e Roma II che non ritengo possa essere risolto utilizzando unicamente la già rilevata vis actractiva della lex contractus – visto, tra l'altro, che la disposizione in esame fa esplicitamente salva solo la regola generale di conflitto contenuta nel par. 2 dell'art. 4 – ma utilizzando adeguatamente la metodica delle questioni preliminari [nota 20].
In ultimo, ritornando alla descrizione degli elementi essenziali del progetto di "Roma II", è da segnalare come lo stesso schema di evidente favor per lo statuto contrattuale rispetto a quello extracontrattuale – rilevato in precedenza – risulti dalle disposizioni relative alla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da "fatto diverso da illecito" che si ricolleghino ad una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto che presenti uno stretto collegamento con l'obbligazione extracontrattuale. Anche in tale ipotesi, infatti, viene indicata come legge regolatrice, in primo luogo, quella che disciplina detta relazione.
La disciplina di conflitto delle fattispecie di responsabilità riconducibili alla culpa in contrahendo
La coscienza da parte delle istituzioni comunitarie della delicatezza dei problemi ricordati – di delimitazione dell'area contrattuale da quella extracontrattuale – non emerge solo dalle disposizioni prima segnalate del progetto di Roma II. Si può anzi affermare come tale coscienza permei i due progetti ed emerga da tutta una serie di disposizioni che è mio compito perlomeno indicare.
Anzitutto, è da segnalare proprio l'introduzione, nel progetto di Roma II, dell'analitica disciplina di conflitto, già ricordata, delle obbligazioni extracontrattuali derivanti da "fatto lecito" – o meglio da "fatto diverso da illecito" – e, in particolare, di alcuni istituti come la gestione d'affari e l'arricchimento senza causa nel cui àmbito viene ricompreso anche il pagamento d'indebito.
Detta introduzione è sicuro sintomo – come rilevato dalla dottrina formatasi in argomento [nota 21] – della costante preoccupazione di superare i conflitti di qualificazione che derivano dalle profonde diversità, nelle discipline materiali di tali istituti, presenti nelle legislazioni degli Stati membri. Diversità che, riguardando anche la preliminare problematica della riconducibilità degli istituti in discorso all'area contrattuale o a quella extracontrattuale, avrebbero determinato problemi di coordinamento tra gli àmbiti di applicazione dei futuri regolamenti. Tutto ciò almeno sino all'eventuale definizione – e, soprattutto, generale accettazione, in via interpretativa, in assenza di definizioni legislative, di una "nozione comunitaria" in merito.
Nella stessa prospettiva deve essere esaminata la disciplina della responsabilità "precontrattuale", meglio definita nel progetto di Roma II come culpa in contrahendo, per la quale, peraltro, già esiste una nozione comunitaria con la correlata affermazione dell'appartenenza di tale istituto alla materia dei delitti o quasi delitti. Il tutto grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia formatasi in sede di interpretazione pregiudiziale dell'art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles del 1968 [nota 22].
Nei progetti qui analizzati questa fattispecie astratta risulta esplicitamente esclusa dall'àmbito di applicazione del futuro regolamento di Roma I (art. 1, par. 2, lett. i) ed è oggetto di una specifica disposizione di conflitto nel progetto di regolamento di Roma II (art. 12).
Tali soluzioni legislative appaiono particolarmente opportune perché la semplice esclusione della detta fattispecie dall'àmbito di applicazione di Roma I senza un esplicito inserimento nell'àmbito di applicazione del regolamento di Roma II avrebbe lasciato aperti seri problemi di coordinamento tra i due strumenti in presenza, anche qui, di chiari conflitti di qualificazione nelle discipline materiali dei diversi Stati membri.
Qualche dubbio può essere sollevato con riferimento alla sedes materiae nella quale viene inserita la disciplina di conflitto della culpa in contrahendo. Tale disciplina, infatti, è collocata nello stesso capitolo (Cap. III) in cui si rinviene la disciplina di conflitto dell'arricchimento senza causa e della gestione d'affari e non in quello relativo alla responsabilità da fatto illecito (Cap. II).
Questa scelta legislativa lascia perplessi perché – come risulta anche dalle decisioni della Corte comunitaria prima ricordate [nota 23] – la culpa in contrahendo, almeno nell'ipotesi tipica della responsabilità precontrattuale, difficilmente può essere inquadrata tra le ipotesi di responsabilità extracontrattuale da fatto lecito – o da fatto diverso da illecito [nota 24] – essendo, al contrario, una forma tipizzata di responsabilità da illecito che sorge per effetto della violazione dei doveri di correttezza e buona fede. Un maggior rigore sistematico sarebbe, quindi, auspicabile.
Comunque, indipendentemente dall'esatta collocazione, è da segnalare come anche questa disciplina di conflitto risenta di quel favor verso lo statuto contrattuale – già rilevato in precedenza – che, sul piano sistematico, costituisce un elemento di forte innovazione poiché si pone in controtendenza rispetto agli indirizzi dottrinari e giurisprudenziali prima ricordati. [nota 25]
L'impatto della nuova normativa – se adottata nei termini ad oggi noti – sarà sicuramente profondo con specifico riferimento all'ordinamento italiano; e ciò non tanto per la riconduzione della responsabilità precontrattuale alla materia della responsabilità non contrattuale – che costituisce jus receptum nella nostra dottrina e nella nostra giurisprudenza – quanto per gli effetti che deriveranno a seguito della presumibile contemporanea entrata in vigore del regolamento di Roma I.
Mi riferisco, in particolare, a quella disposizione del progetto di Roma I che riconduce alla competenza della lex contractus anche «le conseguenze della nullità del contratto» (art. 11 lett. e); disposizione questa che, già presente nella Convenzione di Roma del 1980 (art. 10, 1° co., lett. e), era stata oggetto di riserva da parte dello Stato italiano.
Orbene, risulta chiaro che l'adozione di un regolamento comunitario contenente la suddetta disposizione, per la stessa natura giuridica di tale strumento, è incompatibile – formalmente e sostanzialmente – con il mantenimento di una disciplina di conflitto interna differenziata come quella che era legittimata dall'indicata riserva [nota 26].
è noto, infatti, come detta riserva fosse stata formulata alla competente disposizione della Convenzione di Roma del 1980 proprio perché in Italia si è sempre ricondotta questa materia all'àmbito extracontrattuale [nota 27]. In particolare, con specifico riferimento alle problematiche relative ai conflitti di leggi, la stessa riserva determina che le conseguenze della nullità del contratto vengano generalmente ricondotte sotto la disciplina di conflitto delle obbligazioni ex lege (art. 61 legge n. 218/95) per gli effetti di tipo restitutorio e sotto quella della responsabilità ex delicto (art. 62 legge n. 218/95) per gli effetti di tipo risarcitorio [nota 28].
Per comprendere gli esatti termini del problema è da considerare come, soprattutto con riferimento agli obblighi risarcitori, la giurisprudenza italiana di diritto sostanziale riconduca al medesimo bene tutelato (correttezza e buona fede nella fase precontrattuale) sia l'ipotesi di cui all'art. 1337 c.c. [nota 29], sia quella dell'art. 1338 c.c. Disposizione quest'ultima che, riguardando la responsabilità della parte che, pur conoscendola e dovendola conoscere, non abbia reso partecipe l'altra parte incolpevole dell'esistenza di una causa d'invalidità del contratto, disciplina appunto un peculiare aspetto delle «conseguenze della nullità del contratto»
L'assimilazione delle due fattispecie e la riconduzione anche della seconda fattispecie all'area extracontrattuale avviene, a seconda dei casi, o affermando che la responsabilità ex art. 1338 c.c. costituisce una "specificazione" del genus "responsabilità precontrattuale" disciplinato in primis dall'art. 1337 c.c. [nota 30] oppure considerando ambedue le ipotesi disciplinate dalle disposizioni indicate come appartenenti al medesimo genus di responsabilità per culpa in contrahendo [nota 31].
Peraltro, la stessa giurisprudenza italiana, incentrando la propria attenzione sul bene tutelato (correttezza e buona fede), finisce con l'accomunare nel medesimo genus ipotesi di responsabilità per lesione di quel bene che, invece, senza questa assimilazione di tipo teleologico, apparterrebbero chiaramente all'area contrattuale. Mi riferisco a quella giurisprudenza che, alcune volte, accomuna alle ipotesi di responsabilità di cui agli articoli 1337 e 1338 c.c. anche quelle derivanti dalla violazione delle regole contenute negli articoli 1175, 1374 e 1375 c.c. [nota 32] e, altre volte, riconduce al medesimo genus di cui all'art. 1337 c.c. anche l'obbligo risarcitorio che sorge ex art. 1440 c.c. quando il comportamento doloso di una parte non abbia inciso in maniera determinante sul consenso dell'altra parte, ponendosi come causa di annullabilità del contratto (art. 1439 c.c.), ma abbia avuto effetti comunque pregiudizievoli sulla parte incolpevole [nota 33].
Risultano così chiari gli effetti che la nuova normativa comunitaria determinerà in un contesto interpretativo di questo genere. èineludibile, infatti, che la giurisprudenza italiana venga spinta da tale normativa comunitaria, almeno per quanto riguarda la disciplina di conflitto delle fattispecie in discorso, a rimeditare quel processo di assimilazione delle ipotesi di responsabilità prima individuato e, conseguentemente, a considerare separatamente le varie ipotesi riconducendo, ad esempio, solo la culpa in contrahendo di cui all'art. 1337 c.c. alla disciplina di conflitto specificamente indicata nel regolamento di Roma II. Infatti, l'indicata disposizione del progetto di Roma II, almeno nel testo attuale, dichiara chiaramente di volersi applicare solo alle obbligazioni non contrattuali sorte per effetto delle trattative effettuate prima della conclusione del contratto.
Invece, l'ipotesi di responsabilità di cui all'art. 1338 c.c. - e a fortiori quelle risultanti dagli articoli 1374, 1375 e 1440 c.c. - finiranno sicuramente nell'àmbito di applicabilità del regolamento di Roma I; quella dell'art. 1338 c.c. perché costituisce una delle "conseguenze della nullità del contratto", le altre perché intrinsecamente collegate ad un rapporto contrattuale in essere ponendosi nel sistema come responsabilità derivante dalla violazione di obblighi inseriti ope legis nel regolamento contrattuale.
Resta al momento sostanzialmente aperto il problema degli effetti restitutori derivanti dalla nullità del contratto visto che il regolamento di Roma I vuole applicarsi a tutte le conseguenze della nullità del contratto e il regolamento di Roma II contiene una disciplina di conflitto specifica degli istituti che normalmente governano tali effetti (arricchimento senza causa e pagamento d'indebito) [nota 34].
Il problema è delicatissimo e converrà rinviarne la soluzione al momento dell'adozione dei testi definitivi. Comunque, ritengo, prima facie e sulla scorta dei documenti provvisori qui esaminati, che – almeno con riferimento agli effetti restitutori della nullità del contratto "tipizzati" (arricchimento senza causa, pagamento d'indebito) – debba prevalere la disciplina di Roma II in quanto contenente disposizioni speciali specificamente dirette a fornire il regolamento di conflitto degli istituti in discorso.
Tutto ciò salvo che non si privilegi un'interpretazione strettamente letterale della disposizione di cui all'art. 10 del progetto di regolamento Roma II nel senso di considerare vincolante il riferimento ivi contenuto ad una relazione "esistente" e, quindi, valida se non addirittura in atto; interpretazione che escluderebbe dall'àmbito di applicabilità di tale disposizione l'arricchimento senza causa ed il pagamento d'indebito che trovino titolo in un contratto nullo [nota 35]. Ma una tale interpretazione risulta eccessivamente formalistica in quanto perde di vista il dato sistematico costituito dalla chiara volontà del legislatore comunitario di dettare una disciplina di conflitto specifica dell'arricchimento senza causa e del pagamento d'indebito che appare, allo stato, di portata assolutamente generale ed assorbente.
In ogni caso, l'aver individuato, in ambedue gli strumenti analizzati nel presente lavoro, soluzioni di conflitto che, nelle ipotesi segnalate, finiscono col ricondurre la disciplina delle fattispecie in discorso alla lex contractus attenua sul piano pratico il suddetto problema di coordinamento tra i due strumenti anche se non lo elimina del tutto in presenza di contesti diversi derivanti, appunto, dalla diversità degli strumenti in corso d'adozione.
Conclusioni
Abbiamo già rilevato come la coscienza, da parte delle istituzioni comunitarie, della delicatezza dei problemi di delimitazione degli àmbiti di applicabilità degli strumenti qui analizzati permei i due progetti ed emerga da tutta una serie di disposizioni.
Alcune disposizioni sono state individuate nei paragrafi precedenti. Altre ve ne sono altrettanto importanti sotto questo profilo in quanto sostanzialmente dirette a risolvere i problemi di coordinamento attraverso un processo di riallocazione della linea di demarcazione tra area contrattuale ed area extracontrattuale oggetto di secolari dibattiti. Mi riferisco, in particolare:
a. ai rapporti tra responsabilità extracontrattuale e contratto di assicurazione soprattutto con riferimento all'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore del responsabile nonché alla surrogazione dell'assicuratore del danneggiato nei diritti di quest'ultimo nei confronti del responsabile del danno. I relativi problemi di coordinamento tra le varie discipline in discorso, da un lato, sono enfatizzati per effetto della caduta, nel progetto di Roma I, dell'esclusione contenuta nell'art. 1, par. 3, della Convenzione di Roma del 1980 (contratti di assicurazione per la copertura di rischi localizzati nei territori degli Stati membri Ce). Dall'altro lato, detti problemi, sono attenuati – anche se non integralmente risolti [nota 36] – per effetto delle soluzioni adottate dalle disposizioni di ambedue i progetti di regolamento in materia di surrogazione e nel solo progetto di Roma II in materia di azione diretta;
b. al tema dei rapporti tra intermediario e terzo nel caso in cui il primo abbia agito come falsus procurator. Fattispecie che l'art. 7 del progetto Roma I riconduce nel proprio àmbito d'applicazione anche per quanto riguarda gli aspetti risarcitori che rientrerebbero, a nostro avviso, più propriamente nell'area extracontrattuale (v. art. 1398 c.c.) [nota 37].
Ma, per ragioni di brevità, devo rinviare a successivi studi l'approfondimento di queste ulteriori problematiche.
Non posso, peraltro, concludere senza ricordare come molti dei problemi di coordinamento presenti o potenziali potranno essere superati attraverso un'attenta opera interpretativa delle future disposizioni regolamentari da parte della Corte comunitaria che – come già per incidens rilevato – sicuramente finirà con l'incrementare il bagaglio di nozioni comunitarie soprattutto per quegli istituti la cui disciplina sostanziale è ben lungi dal potersi considerare armonizzata negli ordinamenti degli Stati membri.
Un processo del genere sarà sicuramente facilitato se potrà instaurarsi, anche in questa materia, quel proficuo dialogo tra giurisdizioni nazionali di merito e giurisdizione comunitaria realizzatosi in altre materie ma attualmente impedito dall'attuale formulazione dell'art. 68 Trattato Ce.
Come è noto, infatti, tale disposizione limita, per le materie di cui al titolo IV del medesimo Trattato, alle sole giurisdizioni nazionali di ultima istanza il potere di sollevare questioni pregiudiziali ai sensi dell'art. 234 Trattato Ce [nota 38].
Questa limitazione è illogica e foriera di pesanti costi sistematici, come abbiamo cercato di dimostrare in altro precedente scritto [nota 39]. Essa, del resto, sarebbe stata superata se fosse entrato in vigore il Trattato costituzionale del 29 ottobre 2004 [nota 40].
D'altro canto, in quest'opera di armonizzazione per via interpretativa, un ruolo altrettanto importante deve essere riconosciuto alla giurisprudenza interna che, per affrontare correttamente l'impatto innovativo derivante dall'adozione degli strumenti in discorso, dovrà fare corretto utilizzo, oltre che dei noti canoni ermeneutici relativi al rapporto tra diritto interno e diritto comunitario, anche di quegli altri canoni ermeneutici attualmente codificati in Italia nell'art. 2 legge n. 218/95. Canoni che costituiscono, a nostro avviso, attuazione del principio costituzionale di cui al testo novellato nel 2001 dell'art. 117, 1°co., Cost.
[nota 1] Più in particolare è metodologicamente corretto segnalare come, ai fini di questa relazione, sia stato utilizzato quale testo di riferimento del progetto di "Roma I" la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) adottata dalla Commissione Ce il 15 dicembre 2005, COM(2005) 650 definitivo, 2005/0261 (COD); vedilo in http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2005/com2005_0650it01.pdf. Per il progetto di "Roma II", invece, è stata utilizzata la Posizione comune n. 22/2006 adottata dal Consiglio dell'Unione Europea il 25 settembre 2006 in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali (Roma II); in G.U.U.E. 28 novembre 2006 n. C 289E, p. e 68 ss. nonché in http://eur-lex.europa.eu/ LexUriServ/ LexUriServ.do?uri=CELEX:52006AG0022:IT:HTML .
[nota 2] Trattato che modifica il Trattato sull'Unione europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, sottoscritto ad Amsterdam il 2 ottobre 1997. Esso è entrato in vigore, ai sensi dell'art. 14, il 1°maggio 1999. La legge italiana di autorizzazione alla ratifica e contenente l'ordine di esecuzione è la legge 16 giugno 1998 n. 209, in G.U. 6 luglio 1998 n. 155, suppl. ord.
[nota 3] Mi riferisco, in particolare, all'entrata in vigore, il 1°febbraio 2003, del Trattato di Nizza (sottoscritto il 26 febbraio 2001, reso esecutivo in Italia con legge 11 maggio 2002 n. 102, in G.U. 31 maggio 2002 n. 126, suppl. ord.), al superamento al 1°maggio 2004 del periodo transitorio previsto dal Trattato di Amsterdam che riservava agli Stati membri il potere d'iniziativa previsto dal primo comma dell'art. 67 Trattato Ce, all'entrata in vigore al 1°agosto 2004 dei protocolli relativi all'interpretazione della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile ai contratti nonché all'adozione da parte del Consiglio europeo del 5 novembre 2004 del Programma de L'Aja sul rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Vedi, anche per riferimenti, BARIATTI, «La futura disciplina delle obbligazioni non contrattuali nel quadro della comunitarizzazione del diritto internazionale privato», in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, p. 5 e ss.
[nota 4] Il testo del Trattato con un'ampia nota introduttiva è in Università degli studi di Bari – Dipartimento di diritto internazionale e dell'Unione europea, Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa a cura di Ennio Triggiani, Bari, 2004, p. 9 e ss. Sull'incidenza delle disposizioni del Trattato costituzionale nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile v. BARIATTI, op. cit., p. 7 e ss. e bibliografia ivi citata alla nota 5 di p. 7.
[nota 5] Per tale principio v. per tutti LAGARDE, «Le principe de proximitè dans le droit international privé contemporain», in Rec. des cours de l'Académie de droit international de La Haye, 1986, I, p. 25 e ss.
[nota 6] Per tutti, VITTA, Diritto internazionale privato, Torino, 1972, I, p. 10 e ss. e bibliografia ivi citata.
[nota 7] Per l'ampio dibattito dottrinario in argomento v. VITTA, op. cit., p. 134 e ss. e bibliografia ivi citata. Sullo stretto rapporto tra la soluzione del problema del richiamo degli ordinamenti plurilegislativi e le modalità – indicate nel testo – di funzionamento operativo delle norme di conflitto v. MORELLI, Elementi di diritto internazionale privato (1946), 12°ediz., Napoli, 1986, p. 70 e ss.; BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale privato, 2°ediz., Milano, 1950, p. 93 e ss. Alle indicazioni di questa dottrina ha attinto il legislatore italiano nella formulazione della disposizione contenuta nell'art. 18 legge 31 maggio 1995 n. 218.
[nota 8] Per tutti, MORELLI, op. cit., p. 60 e ss. In argomento, con riferimento alla Convenzione di Roma del 1980 e all'incidenza della relativa disciplina rispetto alle categorie giuridiche indicate nel testo, v. GAROFALO, «Volontà delle parti e norme imperative nella Convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti e nel nuovo sistema italiano di diritto internazionale privato», in Riv. dir. int. priv. proc., 1996, p. 469 e ss. e spec. p. 481 e ss.
[nota 9] Vedi BARIATTI, op. cit., p. 15 e ss.; POCAR, Concludig Remarks, in Malatesta (ed.) The Unification of Choice of Law Rules on Torts and Other Non-contractual Obligations in Europe, Padova, 2006, p. 301 e ss.
[nota 10] Vedi NOURISSAT e TREPPOZ, «Quelques observations sur l'avant-projet de proposition de règlement du Conseil sur la loi applicable aux obligations non contractuelles "Rome II"», in Journal du droit international, 2003, p. 7 e ss. e spec. p. 22 e ss. In generale, sui lavori di Roma II e sulle soluzioni di conflitto adottate nel relativo progetto, v. WEINTRAUB, «Rome II and the tension between predictability and flexibility», in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, p. 561 e ss.; KREUZER, Tort Liability in General, in Malatesta (ed.), The Unification of Choice of Law Rules on Torts and Other Non-contractual Obligations in Europe, Padova, 2006, p. 45 e ss. e spec. p. 59 e ss.; PETCH, «The Rome II regulation: an update», in Journal of Int. Banking law and regulation, 2006, p. 488 e ss. e p. 508 e ss.; SONNENTAG, «Zur Europäisierung des Internationalen außervertraglichen Schuldrechts durch die geplante Rom-II Verordnung», in Zeitschrift für Vergleichende Rects-wissenschaft, 2006, p. 256 e ss.; WAGNER, «Internationales Deliktsrecht, die Arbeiten an der Rom II-Verordnung und der Europäische Deliktsgerichtsstand», in IPRax, 2006, p. 372 e ss.
In effetti la rilocalizzazione delle fattispecie in esame a favore della lex loci damni è l'effetto di un processo, ormai risalente nel tempo, diretto a privilegiare l'aspetto indennitario - risarcitorio rispetto a quello dell'antigiuridicità del comportamento lesivo. L'antecedente logico della soluzione di conflitto in esame è nell'art. 5 n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (art. 5 n. 3 regolamento Ce n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 ) che, appunto, inserisce tra i fori speciali, per le controversie in materia di illeciti civili, quella del luogo in cui si localizza l'evento dannoso. Peraltro, tale localizzazione - operata ai fini della competenza giurisdizionale - è stata temperata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha ritenuto significativo il collegamento sia con il luogo in cui è avvenuto il fatto generatore del danno, sia con il luogo in cui si è verificato il danno stesso attribuendo all'attore la facoltà di scegliere l'uno o l'altro dei relativi fori (v., ex plurimis, Corte Giustizia Ce, 30 novembre 1976, causa 21/76, Handelsknekerij G. J. Bier e Fondazione Reinwater c. Mines de Potasse d'Alsace, in Racc. giur. Corte, 1976, p. 1735 e ss. e in Riv. dir. int. priv. proc., 1977, p. 187 e ss.).
[nota 11] Sull'incidenza del diritto comunitario nel campo dei conflitti di leggi sotto il profilo indicato nel testo v. GAROFALO, I contratti dell'e-commerce e i conflitti di leggi, in E-commerce. La direttiva 2000/31/Ce e il quadro normativo della rete, a cura di Antonella Antonucci, Milano, 2001, p. 303 e ss. e spec. p. 318 e ss. con bibliografia ivi citata.
[nota 12] Nell'ipotesi principale di questione regolata dal diritto comunitario l'interprete dovrà ricostruire la disciplina materiale della fattispecie unicamente nell'àmbito del relativo diritto non potendo usufruire di regole e princìpi di diritto nazionale nemmeno quando dette regole e detti princìpi siano compatibili con il diritto comunitario o, addirittura, ad esso complementari. Infatti, il ricorso al diritto nazionale è possibile, ai sensi della disposizione in esame, solo per le "questioni" non regolate dal pertinente strumento comunitario. Sull'argomento in generale e sull'utilità di formulare la disposizione di conflitto indicata nel testo v. KREUZER, La comunitarizzazione del diritto internazionale privato in materia di obbligazioni extracontrattuali, in Diritto internazionale privato e diritto comunitario, a cura di Paolo Picone, Padova, 2004, p. 421 e ss. e spec. p. 436 e ss.; PERTEGÁS, Intellectual Property and Choice of Law Rules, in Malatesta (ed.), The Unification of Choice of Law Rules…, cit., p. 221 e ss.; PETCH, op. cit., p. 512 e ss.
Per maggiori approfondimenti sulle metodologie di ricostruzione della regula juris del caso concreto nella nostra materia v. GAROFALO, Interpretazione e conflitti di leggi, Torino, 2002, p. 71 e ss.
[nota 13] V. per tutti FERRARI BRAVO, Responsabilità civile e diritto internazionale privato, Napoli, 1973, p. 37 e ss.
[nota 14] FERRARI BRAVO, Aspetti generali della disciplina della responsabilità per fatto illecito nel diritto internazionale privato, in Annali della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bari, 1962, XVII, p. 17 e ss. e spec. p. 56 e ss.; ID., Responsabilità civile…, cit., p. 100 e ss.
La "residualità" della disciplina in esame rispetto a quella contrattuale è stata affermata, ancorché in termini diversi e soprattutto con finalità diverse, anche nella giurisprudenza comunitaria. Vedi a tal proposito: Corte Giustizia Ce, 22 marzo 1983, causa 34/82, Martin Peters, in Racc. giur. Corte, 1983, p. 987 e ss.; Corte Giustizia Ce, 17 giugno 1992, causa C-26/91, Handte c.TMCS, in Racc. giur. Corte, 1992, I, p. 3697 e ss. e in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p. 453 e ss.; Corte Giustizia Ce, 17 settembre 2002, causa C-334/00, Fonderie Officine Metalmeccanniche Tacconi c. Heinrich Wagner, in Racc. giur. Corte, 2002, I, p. 7357 e ss.
[nota 15] In tale prospettiva veniva inquadrata (FERRARI BRAVO, op. loc. ult. cit.) la valorizzazione della lex loci executionis per la disciplina di conflitto della fase esecutiva di alcuni tipi di obbligazioni contrattuali su cui vedi CONFORTI, L'esecuzione delle obbligazioni nel diritto internazionale privato, Napoli, 1962, passim.
[nota 16] Per le relative definizioni v. GAROFALO, «Disciplina internazionalprivatistica e prassi contrattuale dei rapporti di lavoro in stato di insulation», in Riv. dir. int. priv. proc., 1976, p. 756 e ss.
è interessante segnalare a tal proposito come all'art. 18 dell'originaria proposta di regolamento "Roma II" della Commissione del 2003 fosse stata inserita una disposizione espressa che assimilava al territorio dello Stato « … a) gli impianti e le altre attrezzature destinati all'esplorazione ed allo sfruttamento delle risorse naturali che si trovano dentro, sopra o sotto la parte di fondale marino situata al di fuori delle acque territoriali di questo Stato, nella misura in cui esso sia autorizzato esercitarvi, in virtù del diritto internazionale, diritti sovrani ai fini dell'esplorazione e dello sfruttamento delle risorse naturali» (vedi COM 2003, 427 def.). Tale disposizione - sicuramente utile anche se discutibile nella formulazione proposta dalla Commissione - non compare più nella posizione comune del 2006.
[nota 17] GAROFALO, op. ult. cit., p. 763 e ss.
[nota 18] In argomento v. in generale, GAROFALO, «I conflitti di leggi in materia di sciopero», in Riv. dir. int. priv. proc., 1982, p. 725 e ss. con bibliografia ivi citata p. 740 e ss.
[nota 19] Le clausole di tregua, a loro volta, possono poi rilevare sotto il profilo della responsabilità dei sindacati per violazione di obblighi contenuti nei contratti collettivi; ma possono anche rilevare nell'àmbito dei contratti individuali di lavoro. Ciò accade quando tali ultimi contratti recepiscono le clausole del contratto collettivo, mutuandone il contenuto obbligatorio, o tramite il rapporto di rappresentanza associativa o per recezione negoziale o per obbligo di legge (contratti collettivi validi erga omnes).
[nota 20] GAROFALO, op. ult. cit., p. 748 e ss.
è da considerare, altresì, come, nella disciplina delle fattispecie indicate nel testo, giocheranno un ruolo preminente le regole relative all'incidenza delle disposizioni definite, negli strumenti in discorso, "imperative"- in quanto applicabili alle fattispecie da esse contemplate indipendentemente dalla legge dichiarata competente dalle disposizioni di conflitto rilevanti - o di "applicazione necessaria" nella dottrina comune. Come è noto, infatti, nella gran parte degli ordinamenti giuridici, il diritto di sciopero è inquadrato tra i diritti fondamentali ed è spesso garantito da norme di rango costituzionale. Tale inquadramento, al ricorrere delle relative condizioni, rileva anche in materia di conflitti di leggi attraverso le categorie giuridiche qui indicate o, in ultima analisi, tramite il limite dell'ordine pubblico internazionale.
Sulle regole contenute nel progetto di Roma II in materia di norme "internazionalmente" imperative e in materia di ordine pubblico internazionale v. WEINTRAUB, op. cit., p. 567 e ss.; BOGDAN, General Aspects of the Future Regulations, in Malatesta (ed.), The Unification of Choice of Law Rules…, cit., p. 32 e ss.
[nota 21] CARELLA, «La disciplina internazionalprivatistica delle obbligazioni da fatto lecito nella proposta di regolamento di "Roma II"», in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, p. 25 e ss.
[nota 22] Corte Giustizia Ce, 17 settembre 2002, causa C-334/00, Fonderie Officine Metalmeccanniche Tacconi c.Heinrich Wagner, cit. Critica la qualificazione operata dalla Corte, MARONGIU BUONAIUTI, Conseguenze della trasformazione della Convenzione di Roma in regolamento comunitario per il sistema italiano di diritto internazionale privato, in La legge applicabile ai contratti nella proposta di regolamento "Roma I" (Atti della giornata di studi. Rovigo 31 marzo 2006) a cura di Pietro Franzina, Padova, 2006, p. 140 e ss. e spec. p. 146 e ss.
[nota 23] V. supra nota n. 22
[nota 24] Come emerge dal considerando n. 27 del progetto di regolamento di Roma II.
[nota 25] V. supra par. 3. Questo favor ha consentito ad una parte della dottrina di individuare nel riferimento alla lex loci damni, da un lato, e alla legge della relazione di base, dall'altro lato, i criteri di collegamento principali utilizzati dal progetto di Roma II. Vedi NOURISSAT e TREPPOZ, op. cit., p. 22 e ss.
[nota 26] MARONGIU BUONAIUTI, op. cit., p. 150 e ss.
La Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali è stata resa esecutiva in Italia con legge 18 dicembre 1984 n. 975 (in Gazz. Uff. 30 giugno 1985 n. 25, suppl. ord.). Per ulteriori elementi v. GAROFALO, «Volontà delle parti…», cit., p. 469 e ss.
[nota 27] Vedi BARATTA, «Conseguenze internazionalprivatistiche delle riserve apposte dall'Italia alle convenzioni applicabili "in ogni caso" nella legge di riforma della materia», in Riv. dir. int. priv. proc., 1996, p. 749 e ss.
[nota 28] VILLANI, La Convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, 2°ediz., Bari, 2000, p. 189 e ss.
[nota 29] Vedi, di recente, TAR Campania, Salerno, Sez. I, 10 novembre 2005 n. 2450, in Foro amm. TAR, 2005, p. 3717; Cassazione, Sez. III, 7 febbraio 2006 n. 2525, in Giust. civ. mass., 2006, 2.
[nota 30] Cassazione, Sez. lav., 21 agosto 2004 n. 16508, in Giust. civ. mass., 2004, 7-8.
[nota 31] Cassazione, Sez. I, 7 marzo 2001 n. 3272, in Giust. civ., 2001, I, p. 2109; Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2005 n. 478, in Foro amm. CDS, 2005, p. 328.
[nota 32] Cassazione, Sez. II, 16 novembre 2000 n. 14865, in Corriere giuridico, 2001, p. 762 e ss.
[nota 33] Cassazione, Sez. I, 29 settembre 2005 n. 19024, in Giust. civ., 2006, p. 1526 e ss.
[nota 34] In argomento vedi NOURISSAT e TREPPOZ, op. cit., p. 25 e ss.
[nota 35] NOURISSAT e TREPPOZ, op. loc. cit.
[nota 36] Per le stesse ragioni sistematiche indicate al paragrafo precedente.
[nota 37] è da considerare, ai fini di una corretta interpretazione sistematica della disposizione di cui nel testo, il venir meno nel progetto Roma I dell'esclusione contenuta nell'art. 1, par. 2, lett. f della Convenzione di Roma del 1980.
Sulla funzione delimitativa ed eccettuativa della suddetta disposizione della Convenzione di Roma soprattutto con riferimento ai rapporti tra intermediario e terzo v. PARENTE, «La disciplina dell'agire rappresentativo nella Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali», in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p. 341 e ss. e spec. p. 345 e ss. nonché, in posizione critica rispetto alle tesi di quest'ultimo Autore, DE BELLIS, L'intermediazione in diritto internazionale privato, Bari, 2005, p. 90 e ss.
[nota 38] A parte la pletorica legittimazione riconosciuta al Consiglio, alla Commissione ed agli Stati membri dal terzo comma dello stesso art. 68 Trattato Ce.
[nota 39] GAROFALO, Sulla competenza a titolo pregiudiziale della Corte di Giustizia secondo l'art. 68 del Trattato Ce, in Il Diritto dell'Unione europea, 2000, p. 807 e ss.
[nota 40] V., anche per riferimenti, supra par. 2 note 3 e 4.
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